BOTTICELLI
Quadri dalla Divina Commedia
BOTTICELLI Testi di
Quirino Principe
Quadri dalla Divina Commedia di Dante Alighieri
SOMMARIO
6 25 © 2021 Editoriale Jaca Book Srl, Milano Tutti i diritti riservati Copertina e grafica Jaca Book / Paola Forini
Stampa e legatura E-Graphic Srl Viale Edison, 4 37059 Campagnola di Zevio (VR) giugno 2021 ISBN 978-88-16-60639-5 Editoriale Jaca Book via Giuseppe Frua 11, 20146 Milano; tel. 02 48561520 - 342 5084046 libreria@jacabook.it; www.jacabook.it ebook: www.jacabook.org Seguici su
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TREMANO LE CARTE
Inferno IN LUOGO D’OGNI LUCE MUTO Purgatorio ESTO VISIBILE PARLARE Paradiso IN FIAMMA FAVILLA SI VEDE
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NOTA DI LETTURA
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INDICE DELLE TAVOLE
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FOGLI E COLLOCAZIONE
TREMANO LE CARTE O bella bella bella madona […]
s’ eo la bella potesse avere en t[enim]ento
«Unca non azo ben né noite né die,
po’ i’ moriré con gaudimento.
ke le to bellece saço gran malvasia, [ke eo mo]rirè, dulce anima mia.
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Se m’amarè, bella, fari’ gran cortesia».
Frammento manoscritto (secolo xii o xiii)
Per […] non laxarè per auro né per argento
nell’Archivio Capitolare di Sant’Antonino in Piacenza, C. 49, fr. 10
N
essuno sa come oltrepassare i
dolenta, da sé stessa venduta all’obbligo di mentire, è la masna-
daganti, controllori d’ogni risma, frantumano, sbocconcellano e in-
essere risucchiati da un vortice, «[non] rari nantes in gurgite vasto».
confini dello spazio e del tempo.
da astuta, ora melensa ora delinquenziale, che perseguita, umilia
fine vomitano una simil-lingua “italiana”, malamente anglicizzata e
Rarissimi fra chi annaspa, ma forse non del tutto scomparsi, fra
Ma siamo noi lo spazio, noi siamo
e deruba i sudditi: quella variante di malgoverno dal fetido alito
perciò ridotta a maleodorante poltiglia. Chi voglia allontanarsi da
noi sono i reclusi cui torna alla mente la camera sprangata del vec-
il tempo. Costruiamo transenne e
di burocrazia che si autodefinisce “il Governo”, o “la Giustizia”, o,
questo buio magazzino, in cui marcisce un rimasuglio dell’idioma
chio e a suo tempo famosissimo romanzo poliziesco del 1891, The
le spostiamo per eluderle, innalziamo pareti impenetrabili ma per
semplicemente e spudoratamente, “lo Stato”, oppure, peggio, il
per noi generante e ontologico (prima esiste l’italiano, poi l’Italia),
Big Bow Mystery di Israel Zangwill. Sempre più ci sfugge il controllo
vincere l’ostacolo le progettiamo scorrevoli. Per consentire il movi-
“man”, l’impersonale “si” definito da Heidegger.
s’imbatte in ostacoli accumulati alla rinfusa, e inciampa e urta con-
dello spazio a noi concesso, e il tempo pare immobile: nessuna via
mento, inventiamo congegni che agiscano al momento giusto, e
E sempre, là dove si pretende di “governare” (in realtà, domi-
tinuamente contro spigoli di corroso mobilio, contro vetrame che
d’uscita si scorge, né si annuncia una liberazione, mentre avanzia-
programmiamo la durata e i limiti delle loro funzioni. Generiamo
nare) e “amministrare” (in realtà, opprimere), si avverte l’odore di
abrade e ferisce la pelle. Andando a tastoni, oppressi dalla tenebra
mo e inciampiamo e indietreggiamo. Tastando le pareti che tra
i nostri eredi e li lanciamo in un mondo che a essi promette, con
chiuso e di polvere, il tanfo delle cataste di faldoni. Eccole qua, le
di corridoi tagliati in due da imprevisti tramezzi, siamo costretti a
poco ci schiacciano, ci accorgiamo che siamo di nuovo là, da dove
ogni probabilità, il morbo, la morte, l’estinzione. Tale è il destino
vetuste moltitudini di fogli ancora scritti a mano, in cui gaglioffi e
piegare, svoltare, deviare, retrocedere. Perché stupirsi? Sapevamo
ci eravamo mossi. Si affaccia una paurosa realtà: siamo prigionieri
che ci fabbrichiamo. Tanto più lo è, quanto più l’inclinazione pre-
lestofanti infliggevano ai meno lestofanti e meno gaglioffi un desti-
da gran tempo che la diritta via era smarrita.
di un labirinto. Questa figura, al cui centro immaginiamo un piane-
valente in una cultura e in una civiltà è lo scivolare fuori dalla sfera
no bieco e feroce tutto configurato in mostruosi e ripugnanti strazi
Urtando contro pareti e sbarre, pieghiamo, svoltiamo per for-
ta di azoto congelato allo zero assoluto oppure un bulbo di plasma
dell’Essere e l’essere attratti dalla sfera dell’Avere e dai suoi emi-
dei corpi, sovente benedetti da gesti di orazione e di assoluzione
za, deviamo maledicendo, retrocediamo con disperazione. I nostri
ardente a un numero infinito di Kelvin, ha l’esattezza matematica
sferi speculari, il Potere e il Mercato. Così lo spazio, invaso dall’in-
delle anime. Poco più in là, ecco le nuove cataste di fogli ancora
passi nel buio sono una via contorta e spezzata, tutta angoli chiusi
di un incubo mai dissolto da alcun risveglio, com’è proprio di tutto
gombro e dal disordine, si rivela impervio, scostante, ostile. Una
lindi e odorosi di stampante, ricoperti da sproloqui d’involontario
tra segmenti a loro volta ritorti e arrotolati. Talvolta, è indubbio che
ciò che pensiamo esatto. Il cieco e veggente autore dei Nueve en-
fra le sue sembianze, forse la più immediatamente odiosa e frau-
umorismo in cui legislatori, gendarmi, gabellieri, sorveglianti, in-
stiamo camminando a spirale, e ci sentiamo stritolati, o prossimi ad
sayos dantescos ha creduto di trovare, nello spettro di un’immagi-
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ne labirintica, il nucleo intellettuale del poeta alla cui lettura anche
surare amaramente il tempo sprecato e i passi perduti. Vorrem-
dove lo cerchiamo per ucciderlo, e dove alla fine siamo uccisi. Sia-
bale su coloro che avevano cercato il mondo senza gente. Forse, è
noi abbiamo dedicato il meglio della nostra vita. Anzi, la fisiono-
mo che questo spazio mostruoso fosse l’universo, e che un caso
mo noi lo spazio, noi siamo il tempo. Nel labirinto, noi e non altri
la stessa montagna, gigantesco magnete, che attirò tutti i chiodi e
mia di quel poeta trasvolato dalla terra settecento anni fa ritorna
d’infinitesima probabilità ci immobilizzasse in un punto dal quale
strisciamo in bilico fra tombe scoperchiate, e se un’ombra emerge
tutto il metallo dalla nave di Sindbad, sfasciandola mentre i mari-
proprio in due “finzioni” dell’autore al quale alludiamo. La prima è
potrebbe balenare alla nostra mente, per un istante d’infinitesima
dal tenebroso orifizio il colloquio è funestato da dolenti equivoci.
nai annegavano. Siamo noi che abbiamo sognato di salvarci sulle
Abenjacán el Bojarí, muerto en su laberinto, dove l’ucciso non è chi
durata, la ratio dell’enigma: no, non quella ontologica e assoluta,
Camminiamo cauti sugli argini del Flegetonte dall’erba incenerita,
aiuole fiorite tra Lete ed Eunoe, e ci tingiamo di rossore quando
si nasconde nell’enigmatica struttura e là è scoperto e inchioda-
poiché ciò sarebbe impossibile in quanto contraddizione in termini
sfiorando il mai scongiurato pericolo della pioggia di fuoco, della
una voce che ci ha trafitti con il suo silenzio mette a nudo la nostra
to, bensì l’altro, attirato a tradimento dalla presunta vittima. Il se-
(chiave di qualcosa che non può essere il totalmente altro da quel
valanga di neve, del lago di ghiaccio che ci imprigiona, dello sterco
coscienza. Siamo umiliati ma sempre affascinati quando la stessa
condo racconto, fulmineo come un brivido, è Los dos reyes y los
qualcosa), bensì almeno la ratio matematica e cosmica. Ma non
che ci insozza, della melma che ci empie la strozza mentre gorgo-
voce, con fredda didattica e timbro ahinoi seducente, ci moritifica
dos laberintos, dove l’inestricabile intrico carcerario si trasforma,
sapremo mai se il labirinto sia il Tutto: la diritta via era smarrita
gliamo un inutile lamento, dei supplizi che ci capovolgono con la
costringendoci a specchiarci nella nostra ignoranza che prima cre-
a tradimento, in qualcosa di più terribile. A tradimento, poiché la
già al principio del viaggio nel buio, e la mappa, sia pure approssi-
bocca affondata nel fango o ci squarciano dalla gola all’inguine o
devamo ingegno. Siamo noi, sempre noi, anche quando, increduli
repentina metamorfosi ci pugnala alle spalle.
mativa e male orientata, avremmo dovuto osservarla dall’esterno,
ci tagliano il naso fin sotto le ciglia o ci costringono ad avanzare
dinanzi al paradosso, siamo incatenati a un castigo che dovreb-
Quale metamorfosi? È un “coup de théâtre”, o stiamo scivolan-
e soprattutto dall’alto. Ciò era ed è e sarà impossibile, poiché la
tenendo per la chioma la nostra testa mozza. Nostro è il sogno
be essere più crudele della privazione e della morte violenta, più
do lungo un anello di Möbius? Che cosa è più terribile della casa
mappa comprende noi, e non possiamo immaginarla né parlarne
in cui ci salviamo rivedendo le stelle e toccando terra su un’isola
crudele del nostro essere stati adulteri e soggiacenti alla libido, e
di Asterione? Il labirinto è la caotica somma di oggetti accatastati
come di un Tutto senza il dato di partenza: la mappa siamo anche
ai piedi di una montagna, probabilmente quella da cui il turbine
ci accorgiamo del mai sperato privilegio, a noi inflitto dall’impla-
e pigiati, e ogni rudere o rimasuglio ci obbliga a sbattere contro
noi, il labirinto non sarebbe ciò che è se non ne fossimo parte. Noi
si avventò sul legno che tre volte girò su sé stesso. Alla quarta, la
cabile giudice, per cui la bella persona che ci fu tolta è incollata a
qualcosa, a bloccarci, a deviare, a ritornare sui nostri passi, a mi-
siamo il Minotauro, noi siamo mortalmente feriti nella sua casa
nave s’inabissò a capofitto, e l’oceano si chiuse come lastra tom-
noi in eterno, in perenne bacio e amplesso e unione. Punizione o
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premio? Pare che l’universo sia spiraliforme, che il principio tenda
soluzione degli enigmi si rivelerebbe al termine di un lungo voyage
luce diffusa in questa sfera. Ma la necessità rimane oscura nella
opulento e reo di frode si ritorce la vendetta del re povero, bef-
a somigliare alla fine e il prossimo al remoto. Tuttavia, anche il
au bout de la nuit, tale da scavalcare gli ingannevoli Holzwege, e
sfera dell’Avere (e nella sua sottosfera del Potere che controlla e
fato e umiliato, che con pari frode conduce l’arrogante nel “pro-
dono a noi concesso dal “rex tremendae maiestatis” si rivela su-
destinato a dare ordine, senso logico e significazione alla caotica
perseguita), poiché qui la conoscenza è sostituita dalla famigerata
prio” dominio, immensa torrida sitibonda estensione di sabbia,
premo inganno, e Lucrezio ci rammenta l’eterna delusione: «sic
materia che riempie e ingorga il labirinto e ne ostruisce e para-
domanda prioritaria: «Was kommt danach?» (“E poi, quali possono
e lo abbandona là «donde no hay escaleras que subir, ni puertas
in amore Venus simulacris ludit amantis», e i due illusi dal desi-
lizza i percorsi, i passaggi e i canali, ottenebrando e occultando
essere le conseguenze?”) che Theodor Storm segnalava come tipi-
que forzar, ni fatigosas galerías que recorrer, ni muros que te
derio «adfigunt avide corpus iunguntque salivas / oris et ispirant
la ratio che speriamo di rintracciare. Questo, però, è possibile se
ca del “Knecht”, del lacchè, mentre il significato è sostituito dalla
veden el paso». Il labirinto è diventato il deserto.
pressantes dentibus ora / nequiquam…». Invano! Vorremmo final-
la visione si colloca nella sfera dell’Essere. Qui, la bufera infernale
menzogna o dalla calunnia o dall’adulazione.
mente essere Uno: l’Avere ci governa negli impulsi della libido, ma
che scuote gli amanti, e il Flegetonte, e le paludi di melma e di ster-
Falsificare i significati ha un esito: priva di Essere tutto ciò che
rinto, può dunque trasformarsi in un vacuum: l’odio, la fatica e la
l’Essere ci offre soltanto un’esistenza a Due. E l’Uno è insufficiente
co, e la testa mozza tenuta pendula per la chioma dal suo titolare
è nel labirinto. Ogni parvenza logica si sfascia, come nel celebre
paura possono tradursi in disperazione e in follia. Non corrono
poiché non può far a meno di cercare l’Altro, ma Due è troppo poi-
decapitato, e la faticosissima ascesa della montagna, e la supplica
“absurdum” in stile sofistico, nel quale si dimostra che 1 = 2, poi-
questo pericolo le visioni a noi lasciate in eredità unica nel suo
ché è “di troppo”, come il doppio e inverso esito, come il fastidioso
del poeta occitanico che poi «si ascose nel foco che li affina», e gli
ché con un gioco illusionistico si fa passare inosservata una di-
genere da Dante Alighieri, intelletto superiore, combattente civi-
benché irrisorio resto di una divisione che esigevamo esatta. Ap-
sferzanti giudizi scolastici di Lei che ci sorride soltanto alla fine e
visione per Zero (insensata), e lo Zero scivola via mascherato da
le della cui assenza oggi e da gran tempo soffriamo crudelmen-
punto, “esigevamo”, e sarebbe dovuta essere “esatta”. Il miraggio
da distanze cosmiche, tutti questi arredi del labirinto svelano la
binomio. Impossibile individuare nell’Uno il Tutto, anzi l’Uno non
te, talento insuperabile nell’arte poetica e nel pensiero sull’arte,
dell’esattezza ci ha suggerito la possibilità di scegliere tra l’Uno e
necessità del loro “fare sistema”, poiché ogni segno dell’insieme
è neppure sufficiente a recitare un ruolo. Lo Zero finisce per pre-
vero consapevole inventore della lingua italiana, del nostro gu-
lo Zero, e così configurando si potrebbe credere che l’Uno sia suf-
concorre a diventare e a dare conoscenza e significato, progres-
valere sull’Uno e sul Tutto. Come nel menzionato racconto del
sto, della più alta concezione di “nobiltà”. L’Italia che continua a
ficiente, anzi, che sia il Tutto, e lo Zero sia il Nulla. Se così fosse, la
sivamente, a mano a mano che ogni elemento si armonizza alla
bibliotecario cieco, Los dos reyes y los dos laberintos, contro il re
dimenticare e a tradire sé stessa, l’infelice, colpevole e umiliata
Un horror vacui complicato e folto, quale pareva essere il labi-
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Europa, il pavido e svigorito Occidente, non possono vivere e non
ne. Si configura, con pienezza di catastrofe, la tragedia finale della
questo immenso lavoro botticelliano, riferendone inoltre in misu-
ha funzione primaria un rapporto archetipico. L’incombenza di un
sono senza dare la mano a Dante, per trattenerlo a nostra guida
storia intesa come l’era, il saeculum, il καιρός, il funerale, l’attimo ir-
ra riduttiva: «Per essere persona sofistica, comentò una parte di
archetipo comune richiama in ogni caso una relazione di evidenza
e fonte di energia. E per esserne trattenuti e salvati come cultura
ripetibile? Una simile convergenza tra le arti del “dove” e del “quan-
Dante, e figurò lo Inferno e lo mise in stampa, anche se questa pas-
universale: il microcosmo ripete il macrocosmo e viceversa. La di-
e civiltà. Diremo anche: per essergli fedeli, e per meritare l’ine-
do” offrirebbe materia e argomenti, più di quanti non ne riceva,
sione per la Commedia fu causa di infiniti disordini alla vita sua».
mensione dell’osservatore è intermedia: è il suo “mesocosmo”, nel
stimabile privilegio di rispondere con il suo nome a un nuovo
ad alcune grandi sintesi di estetica generale a noi notissime, dal
Per quanto appaia banale, uno spoglio testuale della Comme-
quale il soggetto pensante e considerante non si sente né micro-
Farinata che a uno qualsiasi fra noi domandi: «Chi fuor li maggior
Laokoon di Lessing alla Ästhetik hegeliana al Système des Beaux-Arts
dia, interessato a raccogliere esempi “forti” di sinestesia dantesca
scopico né macroscopico. È un effetto, per così dire, telescopico.
tui?». Il deserto in cui si soffoca, gli odiosi labirinti in cui si smar-
di Alain fino agli scritti di italiani come Guanti, Givone, Agamben,
e situazioni topiche di rapporti tra il discorso poetico e le “arti del
La distanza tra i due termini del rapporto archetipico introduce
risce la libertà e si distrugge un’eredità intellettuale, sono l’unica
né possiamo trascurare pagine essenziali di Schopenhauer in Die
disegno”, è sin da principio un saccheggio di tesori a profusione.
o rafforza la temporalità che, agli occhi più attenti, scorre tra un
alternativa a quella fedeltà. Il deserto sarà la tragedia finale del
Welt als Wille und Vorstellung e di Wagner in Oper und Drama. Tut-
Esempi notissimi: «io venni in luogo d’ogni luce muto» (Inferno, v,
poema e una galleria di immagini. Nel nostro caso, l’archetipo e
mondo inteso come area, luogo, recinto, aiuola, zolla?
tavia, questa raccolta realizzata su commissione, fra le massime
28), «parlare e lacrimar vedrai inseme» (Inferno, xxxiii, 9), «…a’ due
la mimesi scorrono nel tempo, affiancati o in progressiva fusione.
I disegni di Sandro Botticelli per la Commedia di Dante sono di
espressioni creative del pittore fiorentino, non è certo fra le più
mie’ sensi / faceva dir l’un “No”, l’altro “Sì, canta”» (Purgatorio, x,
Potremmo dire che i due significanti si controllino restando indi-
per sé uno fra i massimi esemplari, nella storia delle arti d’Occiden-
conosciute, neppure nella cerchia dei botticelliani più appassiona-
59-60), «esto visibile parlare» (Purgatorio, x, 95). Ma è molto più
pendenti, e mirando non già a unificare il significato, né a limarne
te, della relazione felice e rivelatrice tra i diversi linguaggi artistici.
ti. È un dislivello cognitivo da colmare. Alla fine di questo volume
importante, e più generalizzata nel rapporto tra il testo dantesco e
e smussarne le differenze, bensì ad arricchirsi e a “sonorizzarsi”.
La qualità d’invenzione e d’artificio con cui essi mettono in scena
daremo notizie essenziali su Botticelli, ma qui ricordiamo soltanto
il “commento grafico” di Botticelli, la pressione che l’immagine bot-
Il labirinto e il deserto, ossia il male di vivere e il Nulla, un falso
l’altro labirinto, quello del tempo e della memoria, ravvivano il già
come anche l’inevitabile Giorgio Vasari (Arezzo, mercoledì 30 luglio
ticelliana esercita comunque sul lettore. In qualsiasi forma di con-
Uno-Tutto e uno Zero da incubo, sono l’orrore dello spazio-tempo.
arroventato e duplice sublime della parola poetica e dell’immagi-
1511 – Firenze, domenica 27 giugno 1574) collochi un po’ “a parte”
tatto e di apparentamento tra le arti visive e la poesia (o la musica),
Siamo abituati a pensarli mediante analogie di natura spaziale, ma
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sono possibili metafore temporali. L’orrore raddoppia se immagi-
do qualsiasi forzatura da parte nostra nell’enunciarle. Invito tutti a
accrescere la propria pienezza di significato: quando si sale lungo
ciarpame che ci ostacola e ci blocca, e su un’altura intravediamo
niamo un tempo caotico e labirintico, un magazzino polveroso
confrontarsi con il meraviglioso sforzo di Botticelli innamorato di
la scala delle grandezze (anche in senso metalinguistico ed espo-
un tumulo illuminato: là respira ancora ciò che del nostro Esse-
pieno di residuati di attese, speranze, timori, illusioni e delusioni.
Dante. «Pensa, lettor…!». Qualsiasi opera d’arte, sia essa un cosmo
nenziale) e ci si pone, per sensazione o per giudizio, in un ordine
re (non del nostro Avere) grazie alla memoria riconosciamo. Tutto
Sfioriamo la follia se un incubo ci fa sognare un tempo desertico,
senza limiti come il De Rerum Natura o La nascita di Venere o La Pri-
più complesso, come sarebbe il considerare unità cosmica non più
il resto non ci appartiene, anche se lo credevamo nostro. Nostri
assolutamente vuoto.
mavera o Erlkönig di Franz Schubert o le Duineser Elegien, oppure un
il proprio pianeta ma il proprio sistema stellare, o la propria galas-
sono i soli beni che giustifichino l’esistente: la memoria, le lingue
A noi, l’effetto di quella reciproca armonizzazione tra il disegno
manufatto di eccellente fattura e di gran pregio come la Saliera di
sia, e via ingigantendo ad infinitum. Nelle arti, il contatto dell’una
antiche e nobili che armano la memoria, i libri scritti in quelle lin-
e il verso poetico suggerisce parole come “vibrazione”, o “tremi-
Benvenuto Cellini (o come le scarpe che Hans Sachs faceva per Eva
sull’altra, la sinestesia, la scossa destabilizzante, e, appunto, la “vi-
gue compresa la nostra oggi ancora viva ma sconciata, i versi e i
to”. Non sfugga ad alcuno come Botticelli s’imponga una specie
Pogner…), è in sé compiuta, ci persuade e comunica sé a noi con
brazione” e il “tremito” di cui si diceva, non completano ciò che in
pensieri scritti in quei libri, le parole memorabili che da sole ci da-
di separazione dei ruoli, che crea differenza tra il caos della dan-
piena eloquenza. Purché il suo pubblico sia alfabetizzato, non le è
sé era già compiuto, non rivelano meglio ciò che era già evidente,
rebbero la forza di vivere, come il τέτλαθι di Odissea, xx, 18. «These
nazione da un lato e, dall’altro, il cosmo attraverso il quale e nel
necessaria alcuna esegesi né alcun commento decifratorio, pare-
ma ingigantiscono la percezione, e in particolare il senso del prima
fragments I have shored against my ruins», su questi frammenti
quale le anime si salvano. Nelle immagini per i canti dell’Inferno, la
netico, eccitante. Nessun’altra azione umana, al di fuori di un’arte
e del poi, κατὰ τὸ πρότερον καὶ ὕστερον. «Più ridon le carte / che
ho puntellato le mie rovine.
gestualità delle figure umane e l’espressione del volto, soprattutto
che raggiunga quel livello axiologico, può essere un simile opus
pennelleggia Franco Bolognese» dice Oderisi da Gubbio a Dante
nei contesti più tesi e drammatici, sono quelle di chi sta per fare
perfectum, un lavoro compiuto e dichiarato nelle minime frazioni
(Purgatorio, xi, 82-83). Qui, più che ridere le carte “tremano”.
qualcosa di decisivo. Nei fogli per il Purgatorio e il Paradiso, è diffuso
di ciascun minimo dettaglio. Anche per questo, l’arte è sempre in-
Così nel labirinto o nel deserto fluisce meglio ciò che spezza la
traumatizzanti per violenza figurativa, intensifichino molto il signi-
l’atteggiamento del corpo e del volto di chi ha deciso con sicurezza.
comparabilmente superiore alla vita. Ma è nostra radicata opinio-
prigionia: il tempo, che dà respiro alla memoria. Cominciamo a
ficato e l’icasticità della Commedia dantesca là dove essa tocca un
Confessiamo queste nostre sensazioni: sono soggettive, ma esclu-
ne che in una circostanza, una sola, anche l’opus perfectum possa
ricordare, finalmente solleviamo lo sguardo meno oppresso dal
triplice dominio poetico:
Qui si affaccia un delicatissimo tema di discussione. Osserviamo come gli scenari botticelliani, sorprendenti e talora persino
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(a) la sessualità come natura e oggetto di naturales quaestiones
gio: la coincidenza di tre supremi obiettivi, il felice appagamento
tra The Waste Land e vari luoghi dei Four Quartets, altro fuoco.
Oramai, è d’obbligo assumere come punto di riferimento l’im-
(b) la lussuria come vizio (“peccato”?) e le sue laide manife-
sessuale, la piena conoscenza di Dio, la santa beatitudine. I testi
Non esitiamo a indicare un esito analogo, come supremo piacere
menso lavoro di scavo e di analisi che ha compiuto e sta accre-
islamici più influenti si muovono sempre sul crinale tra ortodos-
della visione accesa dalla parola poetica, in illustri immagini del
scendo Enrico Malato: in particolare, i suoi Nuovi studi su Dante
(c) l’illuminata distinzione tra libido, eros e agàpe.
sia sunnita e “alcune licenze” eterodosse. Perciò la loro lettura
Quattrocento fiorentino. Fra tutte, il volto che dobbiamo, ancora
(Bertoncello Artigrafiche, Cittadella, Padova 2020).
Avviciniamo queste caratteristiche, e la loro drammatica evi-
dà felicità, e a Dante devono averne data molta, per quel tanto
una volta, a Botticelli: Simonetta Cattaneo Vespucci, ossia Venere
Non meno frequentata è la sovrabbondante bibliografia sul-
denza nei disegni botticelliani, all’idea di felicità che percorre la
o poco che del loro pensiero egli abbia potuto conoscere. Del
nascente. Una lunga catena che dà continuità (per ora?) all’esi-
le origini cristiano-esoteriche di quella linea nel pensiero di Dan-
poesia e la trattatistica amorosa in Europa e nel mondo mediter-
resto, un poeta sommo nella storia interculturale della civiltà,
stenza della Bellezza in seno all’amour et l’Occident. I versi “aristo-
te: itinerari per lo più francesi, franco-provenzali, italiani. Lungo
raneo, nei secoli tra il x e il xiv. Uno fra i temi primari degli studi
Omar Khayyām (1048-1131), ci dona già intera e luminosa («la
telici” di Omar Khayyām, «ci accese un Fuoco nel cuore l’Acqua
alcune generazioni, è stato un importante e talora imbarazzan-
su Dante e sulla Commedia è la ricezione e l’influenza dei poeti
sentencia es de Omar…») l’immagine nobile di ciò che chiamia-
degli occhi, / la vita al Vento gettammo, e poi ci accolse la Terra»,
te riferimento il filologo medievista Luigi Valli (Roma, 1878 – ivi,
e dei filosofi islamici, sia essa dichiarata o implicita: le allusioni
mo, riduttivamente e alla cieca, “i piaceri dei sensi”, trasfigurati
sembrano volare sulle elitre della memoria fino a suonare come
1931), stranamente trascurato dalle due più interessanti biografie
ricorrenti riguardano, soprattutto, l’autore che con nome abbre-
da un’estasi intellettuale. Azzardiamo un accostamento allo stil
eco nel Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo il Magnifico, cugino
di Dante fra quelle apparse dopo il 2010, quelle di Giorgio Inglese
viato identifichiamo come Ibn Ḥazm (994-1064) con il suo Ṭawq
novo (Guinizelli, Al cor gentil, la strofa finale), o al sublime occi-
del committente che affidò a Botticelli la realizzazione dei disegni
(2015) e di Alessandro Barbero (2020). Fra le pubblicazioni di Luigi
al-Ḥamāma (“Il collare della colomba”), e Avicenna (Ibn Sīnā, 980-
tanico di Arnaut Daniel, o al sublime “al quadrato” con cui Dante
per la Commedia di Dante.
Valli, che riguardo all’esoterismo fu ardente discepolo di Giovanni
1037) con il “manuale” sull’amore cortese Risȃla fȋ ‘l-‘išq. Il discor-
fissa in eterno lo stesso Arnaut: «…Poi s’ascose nel foco che li
Che una parte cospicua della filosofia di Dante sia un’eredità di
Pascoli, almeno una decina hanno il pensiero di Dante come obiet-
so, in quei testi, attraverso audaci irruenze e caute (“sagge”…!)
affina» (Purgatorio, xxvi, 148), un verso dal quale non a caso un
fonte islamica, da scritti orientali collocabili lungo i secoli x e xiii, è
tivo centrale. In particolare: Il segreto della Croce e dell’Aquila nella
correzioni delle correzioni, lascia intuire un meraviglioso mirag-
altro sommo come Thomas Stearns Eliot avrebbe sprigionato,
notissimo topos degli studi danteschi.
Divina Commedia (1925), e Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli
stazioni
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d’Amore (1927). Sull’appartenenza di Dante a una presunta set-
Scendiamo dalle cime «dove poter peccar non è più nostro»,
essenzialmente estetiche poteva essere considerato peccami-
sità ci indirizzasse anche verso una terza interpretazione, quella
ta esoterica chiamata “Fedeli d’Amore” si è discusso molto, con
inaccessibili ai mortali, un po’ “alla Parsifal di Wagner” (anzi, non
noso) un amore extraconiugale, e a noi suona come tristaniano,
musicale, si ascolti una buona volta il prezioso e trascuratissimo
benevola ironia, soprattutto da parte degli italianisti, invocan-
ne resta forse una tenue traccia nella “Shangri-La” di James Hil-
welsungico, wagneriano. La concezione dell’Amore coltivata da
Trittico botticelliano (1927) di Ottorino Respighi (Bologna, lunedì 9
do la debole e approssimativa preparazione filologica di Valli.
ton e Frank Capra, Lost Horizon?), e percorriamo le memorie stori-
Capellanus nei primi due libri può essere definita “un abbraccio
giugno 1879 – Roma, sabato 18 aprile 1936): La Primavera, L’adora-
Ma, per esempio, un superbo maestro come Gianfranco Con-
che di quei secoli e un loro lavoro in ombra, quello del precettista
di pensieri nascosti, nobile ma deciso a percorrere l’intera via di
zione dei Magi, La nascita di Venere. La contemplazione dei disegni
tini, notoriamente incline a considerare l’esoterico poemetto Il
amoroso. Valga un nome su tutti, in salda e indubbia relazione
un piacere che alla fine si trasfigura in felicità”. Nel iii libro del De
di Botticelli lascia un segno che non abbandona più la nostra me-
Fiore come opera probabilmente dantesca, aveva in merito una
con Dante, con la Vita nuova come con il Convivio e con le Rime d’i-
Amore, ecco un sorprendente capovolgimento: un’aspra censura
moria. Per chiunque accusi, al termine della propria vita, il peso
posizione personale assai meno drastica. Del resto, se ci spo-
spirazione stilnovistica e con la Commedia: l’ecclesiastico Andreas
colpisce l’adulterio, l’incesto, il sesso fuori dal matrimonio, il ve-
immane di una cultura occidentale (e planetaria) tutta storicizzata,
stiamo dai secoli x-xii ai secoli xii-xiv, incontriamo un energico
Capellanus (André le Chapelain, ca. 1150-1220), che fu segretario
stiario seducente, il belletto, la licenziosità nel parlare. I sugge-
la visione successiva e sempre più ravvivante dei fogli (purtroppo,
flusso di poemi e trattati d’Amore, tutti allegorici e folti di sim-
e forse proprio “cappellano” della contessa Marie de Champagne,
rimenti e i giudizi dei primi due libri sono demoliti e polverizzati.
meno di 100, poiché la storia è sovente crudele con la memoria)
bologia spesso indecifrabile, in cui le figure più enigmatiche
figlia di Luigi vii re di Francia e della terribile Eleonora d’Aquita-
Una retractatio in piena regola, probabilmente dovuta a timori
donati da Botticelli al nostro presente immeritevole agisce profon-
sono quasi sempre femminili. Nella stessa Commedia di Dante
nia. Dante conobbe a fondo il trattato in medio-latino De Amore,
suscitati da minacce ecclesiastiche.
damente soprattutto su una figura e sul suo carattere: Beatrice. I
non mancano eventi e figure di natura allegorica e di diffici-
scritto da Capellanus intorno al 1185. Nel De Amore di Andreas, in
A parte l’amara disavventura subìta dal libro di Capellanus, a noi
canti di Purgatorio xxx-xxxiii e di Paradiso i-xxxi, e persino il triste
le interpretazione: si pensi alla lunga presenza, sulla vetta del
tre libri, i primi due sono molto “aperti”: l’amore nobile e cortese
sembra che la visione d’insieme, risultante dall’armonizzazione tra
e meraviglioso inno e congedo “in modo minore” dei versi di xxxi,
Purgatorio e nell’Eden, della misteriosa Matelda (Purgatorio,
dev’essere sempre (per ragioni stilistiche: anche questa motiva-
le sceneggiature della Commedia dantesca e i disegni di Botticelli,
79-90, ci restituiscono una femminilità scostante, didattica, puni-
canti xviii-xxx).
zione era molto “laica”, in un’epoca in cui accampare esigenze
ci sospinga verso un approdo lievemente diverso. Se poi la curio-
tiva, controllatissima, sovente sarcastica e professorale, fredda se
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non gelida, che si riscalda soltanto se lancia un’invettiva politica
di una stella doppia, “das Ewig-Weibliche” insieme con “la donna
Così la libido, trasfigurata, non è più la tessera scartata del
vertiginosa, Dante Alighieri e Sandro Botticelli, abbiamo scelto
o (ahinoi!) morale, persino “monetario-teologica” (Paradiso, xviii,
mia quand’ella altrui saluta”. A un altro “altissimo poeta” abbia-
mosaico. La trinità precristiana tende a ricomporsi: l’impulso ses-
un minuscolo frammento cartaceo, staccatosi o strappato da un
133-136; xxx, 133-148).
mo alluso più volte in questa nota: Jorge Luis Borges, autore in
suale, non più peccaminoso, è anch’esso lo strumento che identi-
manoscritto, danneggiato e di conseguenza lacunoso. Malgrado
Molto diversa è Beatrice come appare nei fogli del Codice
tarda età dei Nueve ensayos dantescos. I due racconti che trema-
fica l’entelechia dell’Occidente, quale la desideriamo. La poesia di
ciò, si riconoscono elementi manoscritti di notazione musicale,
Hamilton: non ha mai lo sguardo assente né gelido, sovente
no dinanzi alle immagini del labirinto e del deserto si trovano
Dante e l’arte visiva di Botticelli riaccendono quel desiderio. Sono
e i rozzi versi che in ex-ergo abbiamo riprodotto. La loro invo-
ha i capelli scomposti, sciolti e ondulati, muove il corpo in tutte
nella raccolta borgesiana El Aleph. Il titolo del libro ripete quello
un inno a quella trinità, ai tre beni supremi: la conoscenza felice
cazione alla femminilità, probabilmente il più antico documento
le direzioni. Sovente è combattiva e accigliata, anche infuriata;
del penultimo racconto (l’ultimo è La intrusa), in cui è Aleph un
senza limiti, l’eros felice senza peccati, la civiltà felice senza vin-
scritto di poesia d’amore che abbia preso vita in lingua italiana, ci
raramente ha gli occhi di un giudice implacabile, non è tene-
punto arcano dell’universo dal quale si vede simultaneamente il
coli. Per questo, nel porre un ex-ergo a questa nostra nota e nel
porta lontano, e soprattutto molto in alto. Sia questo di conforto
ra con chi ha peccato, ma non è nemica. Crediamo che lo stile
Tutto, e si comprende Dio e il suo contrario con intelletto com-
pensare con commossa gratitudine alla cultura e alla civiltà italia-
a chiunque, non a torto, guardi in faccia la quotidianità dell’Occi-
di raffigurazione scelto da Botticelli sposti in misura sensibile
piutamente appagato. Palese l’allusione alla visione finale della
na, prima di tentare una meditazione su due intelletti dall’altezza
dente e ne abbia orrore.
l’icona dantesca verso la Gretchen che al termine del Faust di
Commedia di Dante, completata e ravvivata dall’altra citazione:
Goethe prega la Vergine di accogliere l’anima del peccatore da
“Beatriz Viterbo”, nome fittizio, ossia “la Beatrice di Borges”, è
lei sempre amato. Ci piace pensare che l’arte del pittore quasi
la donna amata dal protagonista del racconto, che si chiama
certamente innamorato di Simonetta Cattaneo sua modella e
esattamente “Borges”, ed egli piange interiormente dinanzi alla
sua Venere (e chi avrebbe potuto non innamorarsene?) sia per
fotografia di lei.
noi un invito a sognare, in interiore homine, l’immagine cosmica
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Inferno
Il Tempo, sia esso Kronos confuso con Chronos o Chronos mascherato da Kronos, lascia defluire l’acqua torbida dei vizi, delle debolezze, delle velleità, delle colpe, delle menzogne, delle frodi. Versa quell’acqua nell’Imbuto Infernale. A goccia a, goccia, essa scivola verso il fondo. L’Imbuto la stringe, la soffoca, la fa evaporare e svanire. Al centro della Terra è un punto. Senza misura, senza estensione. È il Nulla. L’acqua del malsano vivere non è più torbida: non c’è più. È questo il destino del Bene e del Male?
Inferno
IN LUOGO D’OGNI LUCE MUTO
26
C
ome la Commedia, così la glos-
Tutto, ossia del Cosmo. Ma 100 è il quadrato del 10, ossia della
Senza dubbio, «dies alles gibt es also», come scriveva Ernst
“geniale”, mentre un’irregolarità appena percepibile disturba e
sa che qui apriamo è tripartita
pitagorica τετρακτύς che è l’idea archetipica della totalità in
Jünger in exergo alla seconda versione di Das abenteurliche Herz:
infastidisce. Ricordate? Johann Wolfgang von Goethe, nel 1772,
e lievemente asimmetrica, poi-
nuce. Entra nel gioco anche il numero 11, abitualmente con-
«dunque, tutto questo è». Ma non crediamo che sia questa, nel-
osservando incuriosito da un’altura la cattedrale di Strasburgo
ché la considerazione sulla pri-
finato ai margini, ma importantissimo: esso è infatti il “primo
la struttura della Commedia dantesca, l’idea progettuale origi-
con la sua unica torre, volle disegnarla, e sul cavalletto la dotò
ma cantica è, in apparenza, più ingombrante delle altre due.
numero maestro”, ossia il primo elemento della nuova deca-
naria del 34+33+33 = 100. Essa implicherebbe nel “Kunstwollen”
di una seconda torre, venendo a scoprire in seguito che il pro-
A chiunque è evidente l’asimmetria: i 34 canti dell’Inferno, i 33
de. Come tale, nella sfera esoterica è il simbolo della Forza
di Dante una sorta di rinuncia, tanto più irritante quanto più
getto originario preparato cinque secoli prima dall’architetto
del Purgatorio, i 33 del Paradiso. Un minimo di metodicità esi-
che imprime una svolta produttiva alla vita: una μετάνοια in
lieve: non un difetto di statica, ma una protuberanza. Pur di sot-
gotico Erwin von Steinbach ne prevedeva proprio due.
ge il dubbio, ed ecco un’ipotesi immediata. Immaginiamo che,
vista della redenzione dall’errore o dal vizio. Anche nei Taroc-
tolineare la simbologia di quella somma con totale 100, Dante
Va dunque intesa così, come un numerologico compromes-
nelle scelte del poeta, sia evidente un intento: la perfezione
chi, l’arcano maggiore n. 11 personifica la Forza. La funzione
avrebbe accettato l’imperfezione, l’escrescenza in una forma
so, quella anomalia del 34, necessaria per ottenere la roton-
formale sia sacrificata alla simbologia numerologica, la linea-
esponenziale non è da meno. Nella serie delle potenze di 2,
conclusa. Chiunque sa per esperienza che una vistosa irregola-
da compiutezza del 100 da cui ogni anomalia è abolita1? Forse
rità del “Kunstwollen” si pieghi dinanzi alla precettistica che tre
che «più che ‘l doppiar de li scacchi s’immilla» (Paradiso, xxviii,
rità (tre o quattro colonne crollate, un capitello con uno strano
potremmo appellarci al principio d’indeterminazione, che è un
secoli dopo sarà consacrata da Pietro Bonghi nei suoi Numero-
93), 211 = 2048 apre la decade di successive potenze alla fine
numero di lobi in una chiesa catalana visitata da Marius Sch-
passepartout. Se poi ci è antipatico Heisenberg, pangermanista
rum Mysteria (Comino Ventura, Bergamo 1591). Il poema sacro
della quale il numero esplode. E già circa settant’anni prima, a
neider, una Venere ellenica sensuale ma decapitata e mutilata,
se non nazista, pensiamo a un austriaco fiammeggiante, Adal-
sfolgorerebbe in piena simmetria, con un 33 moltiplicato per
metà del secolo xiii, l’anonimo autore del Mare amoroso aveva
la grande Sfinge di el-Gizah con il naso amputato da una gra-
bert Stifter (1805-1868), che giudicava severamente gli artisti
il 3 che è la Perfezione. Ma un tollerabile sacrificio, l’aggiunta
scritto: «…il numer de lo scacchiere / che tanto cresce che non
nata napoleonica o, assai prima, da zelanti fedeli monoteisti…)
mediocri ai quali l’atteggiamento di “semplicità” e di linearità
rituale dell’Unità, trasfigura il 99 in un 100 che è simbolo del
truova fine» (vv. 314-315).
può risultare gradita e stimolare la fantasia, e apparire persino
offre soltanto una «maschera al loro vacuum»2. Continuiamo: in
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28
fondo, l’opus confectum è pur sempre un manufatto che affonda
129). Infine, la Commedia di Dante non è un prisma dalle facce
quale il poeta regola a distanza e senza affanno le funzioni
poiché è, insieme, il principio e la fine dell’anno. Nel roman-
le radici nella materia, e forse proprio questa è la sua calda bel-
cristalline e lisce, gelide e perfette: è un grande albero vivente,
vitali dell’immenso edificio. Parlavamo di una ragione arcino-
zo Der Mann ohne Eigenschaften (i, 8), Robert Musil ironizza:
lezza. Possiamo pensare che il suddetto compromesso numero-
o piuttosto una montagna di roccia infrangibile, popolata da
ta, di un ovvio rasoio di Occam. Abbiamo evitato l’aggettivo
nell’Impero austro-ungarico, l’Austria era nello stesso tempo
logico sia stato una fra le pietre di costruzione del «poema sacro
innumeri creature viventi.
“banale”, e quella motivazione non lo merita. Certo, ci è ve-
il Tutto e una parte del Tutto. Così, anche la porzione di 136
/ al quale ha posto mano e cielo e terra» (Paradiso, xxv, 1-2), e la
«Dies alles gibt es also», e alla domanda secca se falso o
nuta incontro innumerevoli volte dalle pagine dei commenti
endecasillabi che comincia: «Nel mezzo del cammin di nostra
mente corre subito al luminoso distico di Suger de Saint-Denis
vero, non diremmo: «Falso». Ma la motivazione che poco fa,
scolastici alla Commedia. Quei commentatori armati di rasoio
vita…» è nello stesso tempo, grazie anche a precise particola-
(1080/81-1151), abate cluniacense, reggente di Francia per il re
soltanto per ipotesi, abbiamo presentato come centrale e de-
ci spiegavano che Dante aveva avuto bisogno di un Prologo
rità, distinzioni dissociative e caratteri associativi, il i canto
Luigi vii durante la Seconda Crociata, e a come egli definisce la
cisiva, ora la collochiamo in secondo piano, sullo sfondo. È un
generale all’intero poema, e gli era giocoforza collocarlo quale
della Commedia e il i canto dell’Inferno, il quale è poi “il canto
porta aurea della bellezza: «Mens hebes ad verum per materia-
effetto, una conseguenza. Crediamo che sia un’altra la ragione
i canto dell’Inferno, sicché il preambolo specifico alla prima
in più”, poiché le sue “altre cose” mostrano come esso sia il
lia surgit / et demersa prius hac visa luce resurgit». Versi che en-
di quel 34, ed è semplice e arcinota come il rasoio di Occam.
cantica finiva per essere il suo ii canto. Ciò appare razionale
vero canto xxxiv.
tusiasmarono, in diversi contesti, Erwin Panofsky e Leo Spitzer.
Dante non accetta l’anomalia formale, non si rassegna a su-
e ben distribuito, e perciò “univoco”, ma non è esattamente
Ne consegue un’asserzione rischiosa: l’Inferno di Dante si
Dante stesso, poco meno di centosettant’anni dopo la morte di
birla. Dante vuole quell’asimmetria: la cerca, la perfeziona e
così. Orazio, nel Carmen saeculare (vv. 9-11), invoca: «alme Sol
annette alcuni contrassegni distintivi delle altre due cantiche3.
Suger, affida a Beatrice la postilla sulla “mens” resa “hebes” dal
la pone in cornice. La predilige, poiché essa, lungi dall’esse-
curru nitido diem qui / promis et celas aliusque et idem nasce-
Qui ritorna, come uno spettro, la “vexata quaestio” di cui Boc-
contingente e dall’indeterminato che si annidano nella corpo-
re un’imperfezione formale, è uno strumento che apre spazi
ris», sempre lo stesso corpo celeste… ma l’osservatore inge-
caccio è il maggior responsabile. Nel Trattatello in laude di Dante
reità: «…come forma non s’accorda / molte fiate a l’intenzion de
interni, non immediatamente visibili. Non una protuberanza,
nuo avrebbe il diritto di immaginare, a ogni nuovo sorger del
(capitolo xiv), l’autore del Decameron narra come Dino Fresco-
l’arte / perch’a risponder la materia è sorda» (Paradiso, i, 127-
ma una camera riservata, quasi una stanza dei bottoni dalla
Sole, un astro diverso. Il dio Giano (Ianus) è effigiato bifronte
baldi avesse recato a Dante, esule in Lunigiana alla corte di Mo-
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roello Malaspina, il manoscritto dei primi 7 canti dell’Inferno,
dalle pagine dell’Inferno e invada in parvenze non troppo celate
Paolo Malatesta. La perdita del relativo disegno botticelliano è
significa che Dio stesso ci lascia intendere come mitigare il Suo
abbandonato a Firenze nel frangente dell’esilio, mal custodito
anche le altre due cantiche. Questa “infernalità di fondo” della
fra le più dolorose che la raccolta ha sofferto. Forse, il segreto
rigore punitivo: basta che noi apriamo e leggiamo la pagina del-
da Gemma Donati moglie di Dante. Se l’episodio fosse vero,
Commedia, che è forse un nostro errore, coinvolge certamente
d’idea, di forma e di dinamica che quel foglio custodisce (uso
la Commedia e chiediamo ai due amanti (ora, liberi di esserlo), di
verrebbe da credere che in origine il poema sacro fosse inteso
l’immenso commento grafico di Botticelli, ed è probabilmente
il presente, qualora il disegno esista ancora in qualche aleph
“concederci udienza”.
esclusivamente come “Inferno”. In effetti, il palese disordine
una delle energie che conferiscono a questo lascito d’arte quasi
della Terra) ci rivelerebbe una chiave di lettura, o ci guidereb-
Parlavamo di una nostra sensazione legata, finora, soltanto
che c’è nei canti vii e viii, dove dovrebbero esserci e non ci sono
unico nel suo genere la coerenza e l’audacia di stile che qui si
be a qualche scoperta. Diciamo questo, poiché l’episodio in sé
al nostro leggere e rileggere il testo della Commedia, ossia una
gli invidiosi, e non è chiaro se Filippo Argenti sia un superbo
possono ammirare.
rovescia tutti gli schemi. Sono “peccatori”, Francesca e Paolo?
“infernalità di fondo” che ci sembra estendersi all’intero poema
o un iracondo, indurrebbe a crederlo. E sarebbe plausibile la
Senza scomodare la parola “sinestesia”, che ha nobile signi-
Sono davvero “puniti” dalla giustizia divina? Nel cerchio dei lus-
dantesco. Ora, percorrendo le immagini botticelliane, sentiamo
vulgata secondo cui la struttura attuale dell’Inferno e dell’intera
ficato e nobile suono ma è un po’ scientificamente “atteggia-
suriosi, avvinti in eterno e indissociabili («Questi, che mai da me
rafforzarsi quella convinzione. Essa però è bilanciata da un’im-
Commedia avrebbe preso forma dopo la lettura attenta dell’Eti-
ta”, rammentiamo che il tema centrale e quasi esclusivo di tutto
non fia diviso…») a perpetuo scorno dell’assassino Gianciotto,
pressione altrettanto forte, che agisce in senso contrario. Nelle
ca Nicomachea di Aristotele tradotta in latino ma non dal greco
questo libro, ossia il nesso semantico tra poesia e arte visiva
i due amanti, trafitti insieme e insieme sprofondati come una
immagini infernali di Botticelli sentiamo prevalere l’ironia, tal-
bensì dall’arabo o dall’ebraico?
considerato per exemplaria alla luce del rapporto tra due sommi
sola persona in quell’abisso di tempeste, non godono forse
volta macabra o delinquenziale, ma, più spesso, prossima de-
Su ciò non possediamo certezze. In compenso, non ci ab-
intelletti creativi, Dante Alighieri e Sandro Botticelli, potrebbe ri-
l’una dell’altro esattamente come avrebbero voluto godere in
cisamente al registro comico. Un esempio per tutti: la figura
bandona la forte sensazione che qualcosa del disperato stato
assumersi in un solo verso: «Io venni in luogo d’ogni luce muto»
vita? È un “castigo”, il loro? E che dire del vento infernale, che
di Gerione (Inferno, xvii), esilarante proprio per la serietà del
d’animo di solitudine, di perdita irreparabile, di soffocamento, di
(Inferno, v, 28), ossia l’incipit scenico e drammatico dell’episodio
certo li infastidisce, ma si calma del tutto, per gentile conces-
volto “signorile” e ipocrita, arieggiante a “intellettuale”, ornato
seppellimento prematuro, di amaritudine velenosa, trabocchi
di Francesca dei Signori da Polenta e del suo cognato e amante
sione dell’Altissimo, non appena un forestiero li interpella? Ciò
da una grigia barbetta a pizzo, insomma un professore oppure
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un magistrato colto e di buone letture, e sotto il collo, immedia-
ri. I problemi si acuiscono, e ci domandiamo verso che cosa si
tamente, accovacciato e strisciante su membra da rettile con
orientassero le predilezioni del pittore. La coerenza e la siste-
molteplici spire e zampette.
maticità dell’arte di Botticelli ci spingono, ora, a chiudere questa
Diverse e fondamentali questioni di estetica nascono quando il nostro occhio cade sulle (troppo poche!) immagini a colo-
glossa e confrontare ciò che si è detto sin qui con un esame più diretto delle immagini.
Ma poi, scusate: è davvero un corpo estraneo, questo 34 accolto di mala voglia? Non è forse, il 34, la chiave cifrata nel quadrato magico di Paracelso, quello che campeggia in una Melencholia di Albrecht Dürer? Infatti, 34 non è soltanto la somma dei numeri delle linee orizzontali, verticali e oblique, ma è 34 anche la somma dei numeri dei quattro settori quadrati in cui si può dividere il quadrato. Anche i quattro numeri al 1
centro, sommati, danno 34, così come i quattro numeri agli angoli... Basta, per favore, altrimenti la questione numerologica ingigantisce e ci esplode in mano! 2 Adalbert Stifter, Wiener Briefe über Literatur und Kunst, nel supplemento alla «Allgemeine Zeitung», n. 249, lunedì 6 settembre 1847; traduzione italiana di Maria Luisa Roli, Lettere da Vienna sulla letteratura e sull’arte, in Adalbert
Stifter, Saggi e note di letteratura e d’arte, Agorà Edizioni, Sarzana (La Spezia) 2004, p. 37. 3 Qualcosa di ciò su cui l’artista ha lavorato agli esordi si “attacca” sempre ai lavori successivi, anche in tarda età, e ciò avviene anche se l’artefice è deciso a smentire con rigore il proprio passato: è un pensiero sul quale si soffermò spesso Bertrand de Jouvenel (1903-1987). Di lui si legga in particolare L’art de la conjecture,
Éditions du Rocher, Monaco-Montecarlo 1961; traduzione italiana di Franco Viciani, L’arte della congettura, Vallecchi, Firenze 1967. In proposito, Jouvenel fa riferimento al tema dei presagi e dei compimenti, frequente nella celebre Concordia (1588) del teologo spagnolo Luis de Molina (1535-1600).
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Inferno
canto viii
Sono alla porta della città di Dite. Esseri sinistri e mostruosi, sembianze da incubo, bloccano il passaggio. Virgilio litiga con tre diavoli: uno è furioso, un altro è stordito, il terzo è arcigno. Sono come carte di briscola smazzate, l’uno addossato all’altro. Filippo Argenti è rimasto nella melma dello Stige: si sbrana con le proprie zanne.
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Inferno
canto x
Appare il colore, ma soltanto le vesti dei due poeti si accendono. La simbologia cromatica è intuitiva, ma soprattutto Virgilio è al di là, è antico, è un’ombra, non ha vene in cui scorra il sangue. Dante è al di qua, anche se visita l’aldilà. Ai dannati e ai dèmoni spetta il disegno a punta d’argento, ma non sono bidimensionali come i nobili poeti e cavalieri del Codice Manesse. Se osserviamo con attenzione il volto di Farinata degli Uberti, e badiamo che egli non stia osservando noi, lo vedremo vibrare. A destra, di guardia, la solita demoniaca sbirraglia: il Gran Capro, il Nano Scimunito, lo Strafatto di Birra, Testadicane.
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Inferno
canto xv
Divampa l'orrore in una visione monotematica e atroce: supplizio che cade, dilaga, strazia, ustiona. Pelle arsa, da rivelare la carne viva e scorticata. Tormento, orrore, disperazione: ma, a sinistra, lungo l’argine del Flegetonte, Brunetto Latini afferra per la veste l’antico discepolo, l’Alighieri, e i due intrecciano un dialogo socratico su temi alti. Parlano di virtù, sopportazione, solitudine. Alla fine, ser Brunetto allunga il passo e quasi corre come un atleta, nudo e ustionato, per raggiungere il “suo gruppo”. È un gran signore. Ma perché è collocato fra i sodomiti, se nulla di ciò lo ha mai riguardato? Forse perché, fiorentino, aveva scritto un trattato in francese? “Sodomia linguistica…”?
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Inferno
canto xviii
Seduttori, bugiardi, adulatori… puro sterco umano! Di nuovo, Botticelli usa il colore, e di nuovo la concezione figurativa è atrocemente monotematica. Il rosso, il fulvo e il sanguigno qui sono sostituiti da un bruno terreo, escrementizio. Quasi una sinestesia: un olfatto sensibile avverte l’odore nauseabondo.
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Inferno
canto xxvii
Le ombre si nascondono nel fuoco. I consiglieri di frode, come il mitico Ulisse nascosto insieme con Diomede nella stessa fiamma per avere macchinato concordemente un inganno (Canto xxvi), o come il peccatore “pentito” Guido da Montefeltro poi indotto dal papa Bonifacio viii a peccare di nuovo, sono falsificati nella loro sembianza. Hanno celato la verità: nell'Inferno, il fuoco eterno li avvolge abbagliando chi li guarda.
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Inferno
canto xxviii
Miserabile, ripugnante, la colpa dei seminatori di discordia. Hanno diviso i cittadini in fazioni, aizzato il principe erede contro il padre re, incitato l’ambizioso eversore a fare a pezzi lo Stato. Qui, un diavolo armato di una spada lunga e incredibilmente affilata li attende al varco, con la sinistra e macabra dentatura che ride. A mano a mano che gli passano accanto, li fa a pezzi, ed è il contrappasso. Squarcia Maometto dal mento al basso ventre sì che fuoriescono le interiora. (Ah, sì, l’interpretazione di Maometto come seminatore di discordia lascia perplessi i lettori della Commedia…). A Pier da Medicina, il diavolo amputa ora l’una ora l’altra orecchia (si diverte, la canaglia…!), a Curione taglia la lingua nella strozza, a Mosca dei Lamberti entrambe le mani, a Bertrand de Born la testa, che l’infelice tiene in mano per la chioma. Un corteo fa incubo: se ne ricorderà Howard Phillips Lovecraft.
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Inferno
canto xxix
Falsificatori di metalli, alchimisti: ma ciarlatani come Griffolino d’Arezzo e Capocchio da Siena che fu “di natura buona scimia”, non sarebbero i predecessori del disastro ambientale provocato dall’industria metallurgica, e della chimica e farmacologia probabilmente responsabili del Covid-19?
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Inferno
canto xxxi
È finita la visitazione dell’ottavo cerchio, dov’è incarcerata la marmaglia dei truffatori, dei venditori di merce taroccata, dei rei di pubblicità ingannevole, dei maghi di Trepuzzi o di Trebasèleghe, dei gestori di telecinesia, dei funzionari degli uffici axiologici e ontologici. I due poeti, che finora hanno strisciato e scarpinato e sono scivolati e talvolta si sono arrampicati, ora devono superare l’enorme dislivello tra l’viii e il ix e ultimo cerchio dell’Inferno. Possono, soltanto volando. Ma non hanno ali. Non resta che trovare un mezzo di trasporto, come era avvenuto con Gerione per la navigazione aerea tra il vii e l’viii cerchio. I due poeti si affidano ai Titani, eternamente di guardia al limite inferiore dell’viii. Nembrot li assale urlando fonemi privi di significato. Fialte è in depressione, neppure li ascolta. Sarà Anteo, esibizionista ma passabilmente cortese, colui che li prenderà entrambi con una sola mano, si chinerà, e li depositerà sul ciglio del ix cerchio. Poi, eccolo subito ritto come l’albero di una nave. Dante Alighieri confesserà di avere avuto paura.
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Inferno
canto xxxiv
Lucifero, signore dell’Inferno, è l’orrenda parodia della Trinità. Le sue tre bocche masticano, frantumano e divorano in eterno coloro che Dante considera i tre più neri traditori: Giuda, Bruto, Cassio. Lucifero è confitto nella materia terrestre: metà della sua figura parte dal centro della Terra ed è nell’emisfero boreale, la sua metà inferiore è nell’emisfero australe. In questo foglio, Lucifero è raffigurato (come già Farinata) dalla cintola in su.
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Inferno
canto xxxiv-2
In questo foglio, Lucifero è a figura intera. Tra questi due ultimi fogli, è riconoscibile un movimento. Dante e Virgilio discendono ancora aggrappandosi al vello di Lucifero. Giunti faticosamente e non senza ribrezzo al centro della Terra, si capovolgono, e, continuando nella stessa direzione, si trovano a salire verso il polo opposto della sfera. Alla fine, si staccano dal mostro, trovano un cammino naturale ed escono «a riveder le stelle» trovandosi esattamente al polo australe, sulla spiaggia dell’isola su cui si erge la montagna del Purgatorio.
Purgatorio
ESTO VISIBILE PARLARE
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Q
ualcosa, forse, abbiamo acqui-
l’esistenza del purgatorio, ma ascoltiamo Eugenio Montale: «E
suo divenire. Qui, nei disegni per l’Inferno, sembra prediligere gli
la figura intera. «Lo ’mperador del doloroso regno», in entrambi
sito. Siamo riusciti ad aprire
l’inferno è certo». È certo, poiché è qui, su questa terra.
estremi. Quelli in cui c’è un vuoto da incubo, sia di persone sia di
i fogli, è campato su una sfera euclidea (la Terra) il cui centro è
una sorta di passaggio segreto
Uno sguardo anche rapido ci rivela come Botticelli accentui
oggetti, insieme con gli altri che ci soffocano come affollatissimi
l’ombelico dell’essere orripilante. È orrendo come può esserlo un
per lasciar fluire, oltre i 34 canti
vistosamente questo fluire di tracce di “infernalità”, connaturate
grovigli di esseri multiformi, insieme sono la maggioranza. Gli
immenso e kafkiano insetto. Le ali di pipistrello, nei due diversi
dell’Inferno, nel corpo testuale del Purgatorio (con certezza!) e del
alla prima cantica, nel contesto delle altre due. I procedimenti
strumenti retorici, se fossero musica, qui alternerebbero l’adagio
fogli, sono tese in misura diversa, più raccolte con curioso “effet-
Paradiso (come insistente impressione nell’osservatore) quella
artistici adottati dal pittore si valgono, con dovizia inventiva, di
o meglio il largo (pianissimo) con il presto agitato (fortissimo). La
to ragnatela” nel primo foglio, più allargate nel secondo.
“infernalità” diffusa in tutto il poema dantesco, della quale osia-
figure retoriche: l’iperbole, l’anafora, l’omoteleuto da un lato, l’i-
gestualità, esprimente paura, orrore, deprecazione, inutile im-
mo farci interpreti. Non ne troviamo, per ora (ma indagheremo
ronia, la deformazione, la caricatura, il sarcasmo, la morfologia
pulso di salvezza, è sempre carica di teatralità, e ciò che nel testo
I diavoli sovrabbondano, al di là della loro presenza nel te-
in futuro ostinatamente), sufficienti formulazioni nel testo della
fantastica dall’altro. Là dove tutto ciò è connaturato al testo, nei
è sgradevole, nella figurazione diventa spesso mostruoso, ripu-
sto dantesco. Visti da vicino, sarebbero tali che non vorremmo
Commedia. Ma la avvertiamo come onnipresente stato d’animo.
disegni per l’Inferno, individuiamo subito quattro ambiti della
gnante, insostenibile alla vista. Esempio estremo è, né poteva
essere a breve distanza da loro. Ma Botticelli li raffigura quasi
Forse, a metà del Novecento e alle soglie dell’abissale tragedia
rappresentazione in cui l’artista agisce con sovrabbondanza in-
non esserlo, il foglio doppio per Inferno xxxiv, ossia Lucifero dalla
sempre a distanza, come servidorame di basso rango, o come
d’Europa, lo spirito della poesia italiana ha offerto all’autore della
ventiva: l’occupazione dello spazio, la gestualità, la fisionomia
cintola in su e Lucifero in figura intera, diviso in due metà dal
polverio o strascico di faville infernali, con un sorriso beffardo
Commedia un verso dantesco oltre Dante, agitato proprio da quel
demoniaca, e, dove c’è, il colore. Botticelli ci affascina nei sublimi
piano dell’equatore terrestre. Il primo foglio sembra uno studio
sempre in forma di mezzaluna coricata sulla gobba. Non resistia-
malessere. Lo ha scritto un poeta laico che sempre, soprattutto
fra i suoi dipinti come La Primavera o La nascita di Venere, poi-
preliminare, di prova. La concezione delle tre facce che divorano
mo alla tentazione di associare la mezzaluna (la “lulla”, da lunula,
con un verso conclusivo, sapeva colpire al cuore. Dio è un mi-
ché indovina rapporti spaziali tra figure vibranti e respiranti in
Giuda, Bruto e Cassio è sproporzionata dalle dimensioni eccessi-
nella similitudine riguardante Maometto, Inferno, xxviii, 22), qui
stero, il paradiso è un miraggio, qualche teologo cristiano negò
miracoloso equilibrio di sezioni auree e di movimento colto nel
ve rispetto all’estensione del foglio, che non potrebbe contenere
sigillo grafico del satanico sghignazzo, alla ridacchiante e dondo-
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lante dentatura dello Stregatto nel “cult movie” disneyano Alice in
è un consulente o addirittura un avvocato che alza la voce (la
tale di dieci diavoli in assetto di combattimento, armati di ele-
la galleria di orrori, Bertrand decapitato che cammina reggendo
Wonderland (1951) di Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred
immaginiamo chioccia e stridula…) e gesticola infuriato, anche
gantissimi roncigli, quasi armi da torneo regale. Qui però quasi
per i capelli la propria testa, non in primissimo piano, ma lungo il
Jackson. Anche il maligno e dispettoso felino, a modo suo, è di
perché rischia di apparire deludente agli occhi del suo protetto.
nessuno di loro sta ridendo: c’è poco da scherzare. L’espressione
percorso, eternamente ripetitivo. Solo che il contrappasso è, nel
lignaggio demoniaco. Da godere tutta è la scenetta raffigurata
I tre diavoli sono stretti e addossati l’uno all’altro come tre delin-
è seria, da soldati prima del segnale di assalto. Ma uno solo fra
xxviii, individualizzante come forse mai avviene nella Commedia:
nel foglio per Inferno viii. La barca di Flegiàs approda alle mura
quenti che bazzicano un locale equivoco e vogliono “buttar fuori”
loro, uno piccolo, quasi un bambino, con enormi orecchie, ride
«Così s’osserva in me lo contrappasso». Hanno il diritto di gridar-
della città di Dite, i due poeti scendono. È da notare (nei fogli co-
qualcuno, ma li vediamo in linea obliqua, come carte da gioco
beatamente mostrando la “mezzaluna”. Forse è Draghignazzo.
lo anche Maometto, anche Pier da Medicina e Curione e Mosca
lorati) l’abito azzurro cupo per Virgilio, rosso per Dante. Una cu-
parzialmente sovrapposte in mano al giocatore (quasi sempre,
riosità: Dante ha il mento aguzzo, il naso lungo e un po’ arcuato
baro). I tre figuri sono caratterizzati minuziosamente: il primo è
Una fra le scene disegnate da Botticelli evita gli estremi. È un
vidualmente irripetibile: alla prossima passeggiata circolare nella
come da tradizione, lineamenti fini e corporatura fragile da intel-
irato, il secondo è come assonnato e stordito, il terzo è arcigno.
esempio di diversità stilistica, e perciò va particolarmente am-
nona bolgia, il diavolo che è sempre in postazione con la spada
lettuale che si è macerato negli studi, mentre Virgilio è vecchiot-
Il realismo è stilizzato. Ma lo è meno, anzi ha quasi fetore di me-
mirata. Nel foglio per Inferno xxviii (la bolgia dei seminatori di
che taglia e mutila con ritmo immutabile provocherà altre ferite
to, corpulento, con il naso un po’ schiacciato, un’espressione ora
schina recriminazione espressa con turpiloquio (Inferno, ix, 44 )
discordie) le figure sono distanziate in modo tale da mostrare la
e altre amputazioni.
indispettita, ora divertita. Flegiàs con la sua barca che affonda la
nel foglio che ritrae «le feroci Erine»: Aletto, Tisìfone, Megera,
sequenza dei personaggi, da Maometto a Bertrand de Born, at-
chiglia nel fangoso Stige rimane sul lato sinistro del foglio (i fogli
scomposte, urlanti, con i seni vizzi e le bocche distorte dalla mal-
traverso Pier da Medicina (che evoca l’incarnazione del Male ovve-
Infine, il colore. I disegni colorati riguardano soltanto l’In-
si “leggono” da sinistra a destra, lungo la successione degli epi-
vagità. Ancora un’annotazione sul demoniaco secondo Botticelli:
ro Malatestino dall’Occhio), Curione, Mosca dei Lamberti. Nessun
ferno, e sono un’ipertrofia espressiva. Le scene colorate sono
sodi narrati nel relativo canto), e Virgilio litiga con tre dèmoni che
il magnifico foglio per Inferno xxii (bolgia dei barattieri immersi
personaggio ruba la scena a un altro. È una scelta coraggiosa,
poche. Appaiono all’improvviso quando già ci eravamo abitua-
non vogliono lasciar passare i due visitatori. Non è il “dolce duca”:
nella pece e custoditi dagli esseri infernali) ci dà la visione fron-
e artisticamente vittoriosa, collocare il “pezzo pregiato” di quel-
ti a immagini di forma e disegno, del tutto autosufficienti sen-
dei Lamberti. Solo che anche quel contrappasso è effimero, indi-
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za colore, e di piena eloquenza axiologica nel definire il bene
in trasparenze («oriental zaffiro»), bensì di un colore sfacciato e
nell’ambito di una filosofia della memoria storica. Il canto x del
organizzano, si fanno complesse. La statua finisce per diventare
e il male, la saggezza e la stoltezza, l’eleganza e la volgarità.
aggressivo, legato ad altre sensazioni non meno perturbanti: il
Purgatorio (v. 95) ci offre in tre parole, «esto visibile parlare», il
sapientissima, erudita: conosce l’universo, ma è un universo co-
Perciò, tanto più il colore in questi disegni, quando si avventa
colore della materia, del corpo, del sangue, del fuoco, della pel-
vivo nucleo di una fondamentale questione teoretica. È il passo
stituito da profumo, tanfo, sentor di bruciaticcio. Ed ecco, il suo
sui nostri occhi, ha un effetto traumatico. Lasciamo al lettore
le ustionata, del fango, dello sterco. Ma il lettore trova molto di
(vv. 31-96) in cui Dante e Virgilio vedono intagliati (in altorilie-
destino immette in essa una seconda sensazione: per esempio,
l’esperienza. A ogni immagine colorata, il mondo che si agita
più osservando le immagini che illustrano, parzialmente o inte-
vo?) nel candido marmo della prima cornice, quella dei superbi,
il tatto. Gradualmente, si riproduce nella coscienza della statua
in essa («ridon le carte» grazie al colore, ma ancor più “trema-
ramente, alcuni canti dell’Inferno (x, xv, xviii, eretici, sodomiti, se-
tre episodi molto vulgati di storia sacra o profana: l’annunciazio-
ciò che è avvenuto per l’olfatto, e poi, in fasi successive a catena,
no”) esce fuori dalla pagina e ci investe. Non risulterà difficile
duttori e adulatori), e in Purgatorio xxxi ci stupisce, soltanto per
ne dell’angelo a Maria, la danza rituale di David e il disdegno di
è il turno del gusto (che in realtà è quasi interamente un effetto
al lettore, senza che glielo indichiamo a dito, capire immedia-
un attimo, una nuvoletta dorata sul lato destro dell’immagine,
Micol, la giustizia resa da Traiano alla vedova. Quasi esitiamo a
olfattivo), dell’udito, della vista. La tesi di Condillac è che in una
tamente quale tipo o categoria di suggestione esercitata dalla
corrispondente al luogo dello spazio dal quale Beatrice svolge i
citare, tanto è ovvio, il pensiero del filosofo Étienne Bonnot de
fase qualsiasi, compresa quella sensibile soltanto agli aromi e ai
Commedia su di lui lo abbia attratto con più forza. Quale colo-
suoi capi d’accusa nei confronti di chi tanto l’ha amata.
Condillac (1714-1780), che nel suo Traité des sensations (Durand,
balsami e alle ventate d’aria fresca o viziata, e, peggio, agli sgor-
Londres et Paris 1754) immagina una statua priva, in origine, di
ghi, la statua conosca tutto l’universo per essa conoscibile, e
La visione dei disegni botticelliani, sovrapposta o intrecciata
qualsiasi facoltà sensoria. A un certo punto della sua vita non co-
non soltanto la quinta parte. Condillac è stato ed è deriso per
Salta agli occhi la ratio da cui fu guidato il pittore: colorare pro-
alla rilettura dell’intera Commedia, ci illumina, e a sua volta trae
sciente, viene immessa nella sua materia un’unica facoltà senso-
la sua astrattezza e per la fragilità filosofica dei suoi strumenti
prio gli episodi (e la sceneggiatura d’insieme del canto in cui com-
forza dal linguaggio poetico. Ma un nostro auspicio è che un si-
ria: l’olfatto. La statua acquisisce così una “conoscenza”, ma gli
critici. Crediamo, tuttavia, che il suo Traité sia una lettura indi-
paiono) in cui Dante parla egli stesso di colore. Beninteso, non di
mile esercizio di critica, essenziale alla nostra coscienza di italiani
odori sono l’unica realtà che essa “sa” e di cui ha coscienza. A
spensabile per chi voglia affrontare una difficile crux dell’esteti-
un colore generico («ciel ch’è pura luce») o definito ma cangiante
e di europei, sia anche uno stimolo alla costruzione di un’estetica
mano a mano, le sue nozioni e cognizioni olfattive crescono, si
ca. Com’è nostra convinzione, il Bello è ciò che ha significato e il
re, quale sua gradazione, e perché.
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Brutto è ciò che ne ha assai poco o non ne ha affatto. Dunque,
sia un sovrappiù di energia comunicativa. Ma se così è, perché
Certo, i misfatti scenici o registici o costumistici o illumi-
razione dovuta a Giuliano da Sangallo) ci aiuta a ricostruirla
l’estetica altro non è se non una scienza dei significati, una su-
dunque ci sentiamo felici e pieni di nuova energia dopo che
notecnici si consumano nell’ombra. Là devono rimanere. È
con la fantasia. Altri confronti a distanza ravvicinata tra poesia
per-semantica. Allora, un compositore il cui “Kunstwollen” crei
abbiamo avvicinato Botticelli a Dante? Esiste una formula che
umorismo involontario e macabro il parlare di arti visive e
e pittura s’innalzano sopra la linea divisoria tra ombra e pe-
qualcosa come la Nona Sinfonia di Anton Bruckner, o un pittore
possa classificare diversi livelli di legittimazione? Per favore,
considerarle come termine medio di un sillogismo o di una
nombra. Le incisioni di Felix Octavius Carr Darley e Granville
(appunto!) come Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi detto
nessuno si azzardi a rispondere: «Ebbene… insomma… c’è l’i-
proporzione matematica, se osiamo collocare sotto quella
Perkins per un’edizione di The Bells di Edgar Allan Poe (Porter
“Botticelli” ritragga in uno spazio simbolico Simonetta Catta-
dea di “Gesamtkunstwerk”…!». La musica dell’ultimo Wagner, a
medesima definizione la più recente scenografia (e regia) di
& Coates, Philadelphia 1881) ne sono un magnifico esempio.
neo Vespucci vestita (o svestita) da Venere, o un Raffaello Santi
partire da Tristan und Isolde, è al di sopra del sublime, e nessu-
Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai alla Scala, e il dise-
Quando due opere d’arte s’incontrano su un oggetto altissi-
(Santius) evochi in affresco La scuola di Atene, o un poeta come
no osi illustrarlo a noi. Ma la poesia dei libretti scritti da Wagner
gno botticelliano per il v canto dell’Inferno. È vero, quel dise-
mo e agiscono ciascuna come veicolo di tutto il significato,
Durante degli Alighieri (o Aldighieri o Altichieri) detto “Dante”
è di qualità media se non mediocre, e dal lavorìo scenico e re-
gno è andato perduto, e possiamo soltanto sognarlo. Forse,
balzando al di sopra della linea di confine tra penombra e
(appunto!) scriva la Commedia qualificata dai posteri a partire
gistico intorno ai “Musikdramen” sono usciti quasi sempre ob-
la grandiosa immagine a colori dell’imbuto infernale (nello
luce, diventa rischioso inventare uno statuto, una norma, una
da Boccaccio come “divina”, ecco, tutti costoro non sono forse
brobri indicibili, bestemmie fantasiose, mostri di Frankenstein,
stesso giro d’anni, 1480-1482, apparve la molto simile raffigu-
misura.
la prova tangibile che un artista possa, giunto al vertice, dare a
veri reati punibili (da giudici che siano appena un po’ attenti…)
noi e alla civiltà un Assoluto? Questo universo totale, se musi-
come “atti osceni in luogo wagneriano”. No, un tentativo con-
ca, non avrebbe bisogno della parola poetica o saggistica d’alto
vincente di risposta alla domanda che ci siamo posti poco fa, lo
bordo, se poema, non cercherebbe l’ausilio della pittura o della
attendiamo ancora.
musica, se arte visiva, non chiederebbe alla musica o alla poe-
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Purgatorio
canto ii
Gli incontri non sperati che illuminano una giornata! La spianata di sabbia, consueto approdo all'Isola dei Morti per le navicelle di cui gli angeli sono le lampeggianti polene, è affollata di anime in attesa. Tutti sognano di salire quei faticosissimi gradoni e di soggiornare per poco nell'Eden. Ma, ecco, uno sorride a Dante e gli dice piano: “Rammenti? Ti ero amico, lo sono anche ora che sei morto...”. Si è detto che Casella da Pistoia (o da Firenze?), morto prima del 1300, fosse stato il maestro di musica per Dante. Nella Biblioteca Vaticana si conserva, manoscritto, un testo poetico simile a un madrigale, con annotazione finale: “Et Casella diede il suono”. E il resto? Nulla: scomparso. Ma qui Casella suona e canta meravigliosamente Amor che nella mente mi ragiona, la seconda canzone del Convivio dantesco (Già!... Con quale musica?... Di chi?... Bella domanda!). Tutti, nella sala d'attesa del dentista (pardon... sulla spiaggia “alla Böcklin”), ne sono incantati. Ma ecco, arriva il castigamatti che già era stato ruvido e scostante nel Canto precedente: Catone Uticense. “Su, su, il regolamento eccetera, basta con le frivolezze...” (la musica, si sa, è un “intrattenimento”), “veloci, veloci, muoversi!”. Profondo significato dell'episodio: il sacrificio della propria vita di chi “libertà va cercando” non redime dall'ottusità né dalla maleducazione, virtù sovente coltivate dall'austero sbrigativo e laconico, dall'Uomo d'Ordine. Quello meno “serio” talvolta è meglio.
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Purgatorio
canto iii
Dante e Virgilio incontrano le anime di coloro che sono morti scomunicati. Fra essi c’è re Manfredi, figlio naturale e successore di Federico ii di Hohenstaufen, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia, il quale narra le circostanze della propria morte in battaglia.
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Purgatorio
canto vii
In una valletta, dove sostano i sovrani non tanto peccatori quanto negligenti nell’onorare la fede e il proprio rango, si svolge un dialogo tra i “due mantovani”, il poeta augusteo Virgilio e il trovatore lombardo Sordello.
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Purgatorio
canto x
Abbandonando la zona di sosta, o “antipurgatorio”, i due poeti finalmente cominciano a salire. Raggiungono il primo girone del Purgatorio. Qui espiano il proprio vizio i superbi, e per una forma di contrappasso di squisita fattura che esiste anche qui e non soltanto all’Inferno, camminano schiacciati da gravi pesi. Ciascuno dei sette gironi del Purgatorio presenta, in forme d’arte diverse, esempi della virtù opposta al vizio che si sta espiando. Qui, bassorilievi di squisita fattura evocano episodi di umiltà premiata: Maria che ubbidisce all’annunciazione dell’arcangelo, re David che si adatta a danzare in onore dell’Arca santa, l’imperatore Traiano che rinvia la partenza per la guerra poiché deve rendere giustizia a una vedova.
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Purgatorio
canto xviii
Girone degli accidiosi, puniti a un impulso che li costringe ad affannarsi. Virgilio spiega a Dante perché non vi sia contraddizione tra l’amore che Dio ha per noi e il libero arbitrio.
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Purgatorio
canto xix
Dante si addormenta. In sogno, vede una donna storpia, guercia e balbuziente, che diventa bella a mano a mano che lo sguardo di lui la trasforma; ma un’altra donna, sopraggiungendo, le squarcia il ventre, rivelando una disgustosa putredine. Una palese allegoria onirica, il cui significato è ancora oggi discusso. I due poeti salgono al girone dove stanno espiando gli avari e i prodighi.
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Purgatorio
canto xxiii
Girone dei golosi, il penultimo. Per contrappasso, gli espianti soffrono la fame e la sete. Dante incontra Forese Donati, che egli in gioventù aveva avuto avversario in una celeberrima tenzone poetica, combattuta senza esclusione di colpi e con toni anche molto triviali. In un passo commovente, i due si chiedono scusa reciprocamente.
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Purgatorio
canto xxv
Perché le anime dei golosi, pur non avendo alcun bisogno di mangiare, dimagriscono per fame e per sete? Dante lo domanda a Virgilio, il quale spiega ricorrendo anche a una sorta di conferenza sulla generazione e sulla sessualità.
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Purgatorio
canto xxxi
Superato anche l’ultimo girone, quello dei lussuriosi, i due poeti sono sulla vetta della montagna: nel Paradiso Terrestre. Beatrice, che velata era apparsa nel Canto precedente, rimprovera aspramente Dante per le sue colpe, poiché egli era caduto in tutti e sette i vizi capitali. Una donna, Matelda, la cui identità storica e il cui significato allegorico restano misteriosi, immerge Dante nell’acqua del Letè (il fiume dell’oblio), affinché egli cancelli dall’anima i peccati e le tentazioni. Le virtù chiedono a Beatrice di togliersi il velo. Ella accetta, e guarda Dante.
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Purgatorio
canto xxxii
La processione allegorica che aveva preso le mosse nel Paradiso Terrestre si arresta ai piedi dell’albero della scienza.
Paradiso
IN FIAMMA FAVILLA SI VEDE
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I
n questa terza, ultima e breve parte
bero appartenere a un attore hollywoodiano degli anni ’30-
BDFECA. Dopo di che, se continuassimo (ma non si conti-
nuovo nelle fiamme. Dante si volge ad Arnaut e gli si avvicina,
della glossa, vorremmo concentrare
’40. Pare che sia stato un rubacuori affascinante, un uomo
nua), avremmo l’ordine della prima strofa. Pare che il mec-
pregandolo di presentarsi. Arnaut gli risponde in lingua d’oc.
la riflessione su una figura che ci è
di mondo armato di astuzie amorose. Oltre alle donne (tan-
canismo gli sia stato ispirato proprio dalle facce dei dadi:
Questa celeberrima richiesta in provenzale, i lettori la conosco-
molto cara. Ci prendiamo questa li-
te!) amava l’azzardo. Da un testo attribuito a Raimon de Dur-
1+6 = 2+5 = 3+4 = 7.
no certamente, oppure la rileggono nel testo della Commedia.
bertà, per un piacere personale. È lecito? Arnaut Daniel –
fort, sappiamo che si ridusse in povertà a causa del gioco a
Fu grande poeta su temi amorosi e, talvolta, politici. Dante,
nei documenti del suo tempo, citato anche come “Arnaut
dadi. Ma proprio grazie ai suoi vizietti, le donne (troppe!) e il
che nella Commedia lo chiamò “Arnaut”, lo ammirò con fervore
«Tanto mi piace la vostra cortese richiesta, da indurmi a
Daniels”; Dante, che lo esalta in vari passi del De Vulgari Elo-
gioco d’azzardo, si riprese, e si inserì di nuovo nell’ambien-
e fedeltà. Lo lodò nel De Vulgari Eloquentia (libro ii, 2, 6, 10, 13),
dirvi tutto, poiché non posso né voglio rimanere anonimo per
quentia, lo chiama “Arnaldus Danielis” –, nacque tra il 1150
te di corte. Comunque declassato socialmente, cominciò a
citando la bella canzone L’aura amara. Soprattutto, è memorabi-
voi. Io sono Arnaut, io che soffro eppure sto cantando. Ri-
e il 1160 nel castello di Ribérac in Dordogne, circondario di
“servire” le belle dame appoggiandosi al loro censo: divenne
le l’incontro tra Dante e Arnaut in Purgatorio xxvi, 115-120, e poi
vedo, nella memoria, la mia trascorsa follia, e con gioia mi
Limoges, vescovado di Périgord, nella regione Aquitaine-Li-
una specie di gigolo.
136-148: una scena madre traboccante di pathos teatrale, e un
prefiguro quel giorno, che spero vicino. Ora però vi prego,
Noi vogliamo darvi la nostra traduzione italiana.
mousin-Poitou-Charentes. Morì non si sa dove verso il 1210.
Probabilmente, inventò la forma metrica che va sotto il
clamoroso e bilingue finale di quel canto. Poco prima, nel giro-
in nome di quella forza che vi guida a salire fino al sommo
La sua presenza nella cultura in lingua d’oc fu attiva tra il
nome di “sestina arnaldesca”: una strofa di 6 versi tutti con
ne in cui i lussuriosi si purgano del loro peccato (???) dominan-
della scala: quando volete, ricordatevi del mio supplizio e dite
1180 e il 1210. Di famiglia nobile e benestante, fu bello nella
desinenza diversa, moltiplicata per 6 (6 coblas con retrogra-
te lasciandosi arrostire tra le fiamme, un altro poeta immen-
una preghiera per me». Poi parla Dante in prima persona, e
persona. Una celebre miniatura lo ritrae in veste di poeta e
datio cruciata). Le rime sono dunque ABCDEF (ossia, non ci
so, Guido Guinizelli, gli aveva indicato Arnaut, «miglior fabbro
conclude il canto con il sublime verso che incantò Ezra Pound
gli attribuisce un’elegante figura virile e un volto da sedutto-
sono) nella prima strofa, e poi, nelle strofe successive, se-
del parlar materno». Guinizelli, uscito dalla cortina di fiamme
e Thomas Stearns Eliot: «Poi s’ascose nel fuoco che li affina».
re, con tratti (occhi, bocca, proporzioni facciali) che potreb-
condo la seguente ratio: FAEBDC, CFDABE, ECBFAD, DEACFB,
e bisognoso di refrigerarsi per qualche istante, si immerge di
Ma è evidente che il giorno di gioia tanto atteso sarà l’avvio
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di una tristezza senza fine. «Consiros vei la passada folor…»:
hanno donato al loro prossimo quanto più potevano di bel-
mati dall’Amore «che move il sole e l’altre stelle». Sappiamo
chiunque legga Dante, eretico cataro secondo gli studi di
lo sguardo nostalgico di Arnaut non si volge al fatto che la
lezza, di musica, di poesia, e, se è lecito, anche di piacere.
tutti che la celebre terzina di Paradiso viii, 16-19, e il verso
Maria Soresina, ha il diritto nonché il dovere di sospettare
“folor” sia “passada”. È evidente che la sua mente corre alla
Dall’altro, la fisionomia di Beatrice, descritta da Dante ge-
che la apre, «e come in fiamma favilla si vede…», allude a
l’esistenza di sottotesti e ipertesti.
“folor” soltanto per rimpiangerla. Il foglio di Botticelli per il
lida e antipatica, saccente e stizzosa; Beatrice che, all’inno
tutt’altra cosa, ossia alla nascita del discanto in musica. Ma
canto xxvi accentua il significato. La scena di folla dispera-
di Dante in Paradiso xxxi, 79-90, non sa rispondere altro che
ta, tutt’altro che rassegnata ad attendere con serafica pa-
con un sogghigno a denti stretti, volgendosi poi subito «all’e-
zienza quel giorno di gioia, suscita nell’osservatore (in noi,
terna fontana». Sarebbero queste le delizie del Paradiso?
per esempio) un’angoscia. Qui, nella raffigurazione, dov’è
Non c’è dubbio: qualcosa che Dante voleva dirci, lo ha det-
Arnaut? Ha già attraversato la cortina di fiamme? L’espres-
to in cifra. Se questo era un segreto, Botticelli potrebbe es-
sione disperata di queste anime che, si badi, sono all’ultima
sere l’imprudente genio che ci ha svelato il cifrario. Strana, la
stazione di sosta prima della beatitudine vale più di qualsiasi
“sua” Beatrice: guardate com’è sensuale, irrequieta, nevroti-
commento teologico o filologico. Dunque, la misericordia di
ca: osservate come tocca Dante, quando parrebbe che voglia
Dio sarebbe questo orrore di fuoco, di rogo, di un enorme
scuoterlo dalla sua storditaggine. Già, la maleducazione è
autodafé degno della peggiore Inquisizione? Da un lato, que-
una caratteristica di questi santi e beati. Lo avevate notato?
sta “punizione” inflitta a infelici che non hanno né ucciso né
Bene: osservate la scintilla di inquietudine che si nasconde
tradito né mentito, e che anzi sono stati benefattori poiché
nelle parole di quasi tutti i “beati”, ufficialmente arsi e consu-
Ora, «perché piene son tutte le carte»…
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Paradiso
canto ii
Beatrice e Dante entrano nel cielo della Luna. Pensate, quali vibrazioni! Un innamorato senza fortuna, una “immortale amata” suo malgrado… la Luna! Può immaginarsi un accordo più perfettamente dissonante? (Malgrado la gelida lezione di lei sulle macchie lunari).
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Paradiso
canto iv
Si può venir meno a un voto? Altra conferenza scientifica di Beatrice, dal taglio più filosofico che teologico, sottilissima e ricca di conoscenze, cordiale e affettuosa come un freezer. Ci rinfranca la digressione sulle anime e le stelle.
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Paradiso
canto v
Malgrado il gelo che ha brinato i loro primi contatti, quassù in cielo, Beatrice osa esordire: «S’io ti fiammeggio nel caldo d’amore…», quando gli spiega scientificamente perché egli non riesca a sostenere lo sguardo di lei.
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Paradiso
canto vi
I canti sesti di ciascuna delle tre cantiche sono allocuzioni o invettive politiche. Qui, nel cielo di Mercurio, l’imperatore Giustiniano occupa l’intero Canto, dalla prima all’ultima parola, narrando la storia di Roma e indagandone il significato.
98
Paradiso
canto xv
Nel cielo di Marte, entra in scena un guerriero, combattente per la fede, crociato. È Cacciaguida degli Elisei, trisavolo di Dante. In questo Canto e nei due successivi, egli si svela al lontano ma diretto consanguineo, e formula una terribile profezia: sconfitta politica, condanna, esilio per Dante.
100
Paradiso
canto xxiii
Beatrice indica a Dante, in una precisa zona del cielo, il trionfo di Cristo; poi, in un’altra plaga celeste, Maria Vergine e l’arcangelo Gabriele. La poesia d’Occidente ritroverà simili visioni nel finale del Faust di Goethe.
102
Paradiso
canto xxv
Nel canto xxiv, Dante era stato esaminato da san Pietro: materia dell’interrogazione, la Fede. Qui l’esaminatore è san Giacomo, che lo interroga sulla Speranza. Alla fine del Canto, appare san Giovanni evangelista. Esamina il poeta sulla Carità, ma Dante è distratto. Si sta domandando se sia credibile la leggenda secondo cui l’apostolo Giovanni sarebbe stato assunto in cielo con il corpo…
104
Paradiso
canto xxviii
Dante vede un punto luminosissimo: è Dio. Lo circondano nove cerchi di luce. Sono i cori angelici.
106
Paradiso
canto xxix
Beatrice spiega a Dante la creazione degli angeli (il loro numero supera quello di 263+1 nella fiaba degli scacchi). Gli spiega anche la caduta degli angeli e la ribellione di Lucifero.
108
Paradiso
canto xxx
L’Empireo, «ciel di pura luce». Il fiume di fuoco, abbagliante, pare la forma rettilinea e appare nella sua vera figura: il cerchio, la candida rosa, la circolarità.
NOTA DI LETTURA
L
110
a pubblicazione dei disegni bot-
In secondo luogo, i disegni botticelliani, realizzati nel pro-
ultimo, una parola sulla presente Nota di lettura. Il capitolo
Dante Alighieri, La Divina Commedia istoriata da Sandro Botticel-
ticelliani a commento della Divi-
babile arco di tempo tra il 1470 e il 1503, a illustrazione di un
introduttivo è dedicato agli Autori del Codice (autore del testo,
li…, proemio di Giovanni Boccaccio, commento di Isidoro Del
na Commedia di Dante rappre-
codice della Commedia di Dante, sono stati per secoli conser-
autore dei disegni, copista, committente), che a titolo diverso
Lungo, presentazione del poema di Salvatore Battaglia, nota
senta per più di un motivo un
vati nei codici Hamilton 201 (Kupferstichkabinett di Berlino, già
hanno partecipato alla realizzazione dell’opera. Il capitolo se-
storico-critica di Daniele Mattalia; La Divina Commedia di Dante
divisi tra i due omologhi e omonimi Istituti delle “due Berlino”,
condo si sofferma sull’arte di Botticelli, illustratore di Dante; il
illustrata da Sandro Botticelli, a cura di Jacqueline Risset e Peter
Anzitutto per i due autori a confronto. Botticelli illustra-
unificati dopo la caduta del Muro) e Reg. lat. 1896 (Bibliote-
terzo capitolo ripercorre la storia del codice, le vicende attra-
Dreyer, Le Lettere, Firenze 1996, 20082.
tore di Dante costituisce uno dei vertici dell’illustrazione
ca Apostolica Vaticana, Roma). Successivamente, in parte per
verso le quali i disegni botticelliani sono giunti fino a noi. La
Senza voler competere con queste opere magistrali, la pre-
libraria. Non solo il pittore osa confrontarsi con le visioni
ragioni di conservazione, in parte per motivi estetici, i codici
Nota non è certamente esaustiva, soprattutto dal punto di vi-
sente Nota vuole proporre un percorso lineare sottolineando
fantastiche, immaginarie e ultraterrene del poeta, ma, tra-
sono stati dissolti e i disegni vengono ora conservati singolar-
sta della storia dell’arte. A questo riguardo si possono consul-
la destinazione iniziale dei disegni e il rapporto sempre fecon-
scinato dalla passione politica e morale di Dante, si libera
mente tra lastre di Plexiglas. Si osserva: lungo 5 secoli, sono
tare opere ormai classiche quali Yvonne Batard, Les dessins
do e attuale di testo e disegno illustrativo.
della abituale cadenza troppo armoniosa per far emergere
state varie e tormentate, connesse con la tormentata storia
de Sandro Botticelli pour la Divine Comédie, Perrin, Paris 1952;
Il presente testo è basato sul commento del dr. Peter Dreyer
la volontà di rappresentazione, senza dubbio uno dei suoi
d’Europa e con la storia del Codice, le circostanze per cui i di-
Bernard Berenson, I disegni dei pittori fiorentini, 3 voll., Electa,
all'edizione realizzata nel 1986 dalle case editrici Besler Verlag
pregi maggiori. Non è dunque privo di fondamento il giu-
segni del Botticelli vengono conservati in parte nella Bibliote-
Milano 1961; Aldo Bertini, Drawings by Botticelli, Dover, New
e Jaca Book.
dizio di coloro che ritengono i disegni a illustrazione della
ca Vaticana, in parte nel Museo del Patrimonio prussiano di
York 1968 e soprattutto Kenneth Clark, The Drawings by Sandro
Commedia dantesca una delle opere maggiori del maestro
Berlino (un tempo, “una parte della parte”, anche nel gabinet-
Botticelli for Dante’s Divine Comedy after the Originals in the Ber-
della Primavera.
to delle incisioni del Museo Statale dell’allora Berlino Est). Da
lin Museums and the Vatican, Thames & Hudson, London 1976;
avvenimento editoriale.
111
112
CAPITOLO PRIMO
del giubileo, a 35 anni, la metà dei 70 considerati da Dante, iux-
dalla quale ebbe tre figli: Jacopo, Pietro e Antonia. La prima at-
solo affermare che la sua militanza era intesa a ripristinare con
GLI AUTORI DEL CODICE
ta Seneca, come durata media della vita umana. Incerti mese e
tività letteraria del poeta, tra il 1285 e il 1295, si accompagna a
passione più che con abilità l’ordine e la moralità civica di un
giorno: l’atto di nascita fu probabilmente distrutto insieme con
una intensa partecipazione alle tormentate vicende belliche e
passato non lontano.
quelli di altri capi dei Guelfi Bianchi, essendo il nome di lui con-
politiche della sua città. Dopo aver preso parte alla battaglia di
Scarse sono le notizie documentarie intorno al vagare di
tenuto nell’elenco dei cittadini banditi dal Comune dopo il colpo
Campaldino nel 1289, Dante si iscrisse alla corporazione dei me-
Dante per le piccole corti dell’Italia settentrionale alla ricerca
di Stato dei Guelfi Neri capeggiati da Corso Donati nel 1302.
dici e degli speziali. Era il passo necessario per svolgere un’atti-
di una sistemazione per sé e per i tre figli ai quali nel 1303 era
a) Biografia
I condannati a morte o all’esilio sono registrati nell’imponente
vità più strettamente politica. Negli anni successivi, difatti, Dan-
stata estesa la condanna all’esilio. Fu a Verona presso Barto-
Durante degli Alighieri (“Dante” in forma ipocoristica), figlio
e terribile Libro del Chiodo, custodito nell’Archivio di Stato a Fi-
te fece parte del Consiglio speciale del capitano del popolo, fu
lomeo della Scala, quindi nel 1306 alla corte dei Malaspina in
di Alighiero e di Bella (degli Abati?), nacque a Firenze nel 1265.
renze. Ma è certo che i versi 112-117 di Paradiso xxii, relativi al
uno dei Savi consultati per l’elezione del Priore, fece parte del
Lunigiana, mentre nel 1315 lo ritroviamo a Verona ospite di
L’anno è riferito da Giovanni Boccaccio nel Trattatello in laude di
segno zodiacale dei Gemelli, «O gloriose stelle…», alludano alla
Consiglio dei Cento che regolava la vita economica della città,
Cangrande della Scala. Nel 1320, infine, l’irrequieto poeta lascia
Dante (capitolo ii): «…negli anni della salutifera incarnazione del
fine di maggio 1265. Dante studiò le discipline del Trivio e del
infine nel 1300 fu eletto Priore di Firenze. Era il canto del cigno.
ancora Verona per stabilirsi a Ravenna. Qui muore, in seguito a
re dell’universo mcclxv, sedente Urbano papa quarto nella cat-
Quadrivio, a Firenze fu discepolo di Brunetto Latini, frequentò
Nella lotta tra i Bianchi (fautori di una politica autonoma) per i
una breve malattia contratta ritornando da Venezia ove si era
tedra di san Pietro…», ma forse lo stesso Boccaccio sta interpre-
l’Università di Bologna. Nel 1274, a nove anni, incontrò, sua co-
quali si era schierato Dante, e i Neri (sostenitori di una politica
recato in qualità di ambasciatore di Guido Novello da Polenta,
tando il primo verso della Commedia, «Nel mezzo del cammin
etanea, la bambina che sarebbe stata la donna della sua vita,
filopapale) i primi risultarono sconfitti e Dante dovette scegliere
signore di Ravenna. Ancora Boccaccio nel Trattatello (capitolo vi)
di nostra vita…», che significherebbe aver compiuto Dante il
Beatrice (Bice), figlia di Folco Portinari. Tuttavia non volle o non
l’esilio per evitare guai maggiori. Oggi non è possibile precisare
ci fornisce la data precisa, la notte tra domenica 13 e lunedì 14
viaggio nell’Aldilà, da lui esplicitamente collocato nel 1300 anno
poté sposarla. Si sposò, invece, nel 1295 con Gemma Donati
in tutti i dettagli i termini dell’impegno politico del poeta. Si può
settembre 1321: «…nel mese di settembre negli anni di Cristo
1. L’autore del testo: Dante Alighieri
113
114
mcccxxi, nel dì che la Esaltazione della santa Croce si celebra
sostanzialmente nuova in quanto è il primo a raggruppare in un
storia letteraria del Duecento. Anche quest’opera non fu portata
c) La Commedia
dalla Chiesa…»: Dante fu sepolto in un’arca di pietra nella chiesa
corpus le sue liriche iscrivendole in una storia d’amore che già
a termine dal poeta, dei 4 libri previsti egli scrisse solamente il
La fama universale di Dante, però, è dovuta senza dubbio alla
di san Francesco in Ravenna.
dal titolo è intesa come un itinerario spirituale.
primo e 14 paragrafi del secondo.
sua opera maggiore, la Commedia, scritta dal 1307 al 1320. Dante
Il Convivio è un libro di divulgazione in prosa volgare, inizial-
Il De monarchia, infine, è un trattato in lingua latina nel quale
stesso in una lettera a Cangrande della Scala la intitola sempli-
mente concepito in 15 trattati di taglio enciclopedico. A noi sono
Dante cerca di dare forma organica alle sue convinzioni politiche.
cemente Comedia, per il fatto che inizia con una visione amara e
b) Le opere minori
pervenuti solo i primi 3, scritti tra il 1304 e il 1307. Lo scopo della
Nei tre libri del trattato, egli riprende ed esalta l’idea medievale di
termina felicemente. L’appellativo “divina” fu apposto arbitraria-
La prima opera certa di Dante Alighieri è la Vita Nuova scritta
trattazione è quello di offrire a un vasto pubblico – di qui l’im-
una autorità universale che sola può garantire la pace attraverso
mente al titolo autentico nel 1555 da Ludovico Dolce. Il poema,
tra il 1292 e il 1293. Si tratta di una raccolta di 31 componimenti
piego provocatorio del volgare – un «banchetto» della dottrina e
l’imparziale amministrazione della giustizia. Meritano inoltre di
in lingua volgare, consta di 14.233 versi, suddivisi in cento canti
poetici (25 sonetti, 4 canzoni, 1 ballata, 1 stanza) intessuti in un
della scienza contemporanea ed antica. Alla fervida e appassio-
essere citate 2 egloghe in latino e una dissertazione geografica,
a loro volta raggruppati nelle tre Cantiche di Inferno, Purgatorio e
discorso in prosa, diviso in 42 brevi capitoli. La prosa, ispirata
nata esperienza giovanile della Vita Nuova succede una trattazio-
Quaestio de aqua et terra. Vanno infine ricordate le lettere in al-
Paradiso, composte ciascuna di 33 canti, più un canto d’apertura
da modelli provenienti dalla Francia, ha la funzione di illustrare
ne adulta e matura, così come all’amore per Beatrice si sostitui-
cune delle quali Dante si avvicina per passione morale e capacità
che funge da proemio. Rifacendosi a una tradizione che annove-
le situazioni e le circostanze autobiografiche dalle quali hanno
sce l’amore per la filosofia.
espressiva ai grandi capolavori dell’epistolografia cristiana (Paolo
rava esempi famosi quali la discesa agli Inferi di Enea nel sesto
e Agostino).
libro dell’Eneide di Virgilio e il Somnium Scipionis di Cicerone, il
avuto origine le liriche e contemporaneamente è una sorta di
Il De vulgari eloquentia è un trattato in lingua latina sull’ar-
commento dei versi. La poesia cerca ispirazione dalle esperien-
te del dire in volgare. Già con il Convivio, Dante aveva sfidato il
poema racconta di un viaggio nell’oltretomba avvenuto nell’anno
ze amorose del poeta incentrate sulla figura di Beatrice. Pur
mondo dei dotti, usando la lingua volgare a scopi scientifici, col
1300, quando il poeta aveva 35 anni («Nel mezzo del cammin di
seguendo i canoni del dolce Stil Novo, Dante compie un’opera
De vulgari eloquentia propone una prima riflessione critica sulla
nostra vita…»). Il racconto è condotto in prima persona e pren-
115
116
La Commedia si impose subito all’attenzione dei contempora-
de l’avvio dallo smarrimento del poeta in una selva dalla quale
tanano dal Creatore. Il Purgatorio, invece, è concepito come un
volta ritratte nella loro specificità terrena e ogni volta inserite nel
può uscire solo con l’aiuto di Virgilio. Questi, che rappresenta la
monte alla cui sommità è l’Eden. Si sale dunque dal basso dove
piano generale della Commedia.
ragione, guida Dante attraverso il regno delle anime dannate (In-
dimorano gli spiriti che si son pentiti in fin di vita e gli scomuni-
Nella prima cantica passioni e vizi di Francesca da Rimini, Filip-
siva, Petrarca e Boccaccio, a stabilirne il valore. Noi possediamo
ferno) ed espianti (Purgatorio) fino al Paradiso terrestre. Qui a
cati, verso l’alto alla balza dove dimorano gli accidiosi che hanno
po Argenti, Farinata degli Uberti, Pier delle Vigne, Ulisse e Ugoli-
una dimostrazione concreta dell’interesse per l’opera maggiore
Virgilio subentra Beatrice (la fede) che conduce il poeta attraver-
coltivato tiepidamente l’amore di Dio. Nel Paradiso, infine, le ani-
no sono scolpiti con fermezza e allo stesso tempo osservati con
di Dante nei 600 manoscritti in cui essa è giunta fino a noi. Se il
so il Paradiso fino all’Empireo dove san Bernardo prepara Dante
me dei beati, tutte dimoranti nell’Empireo e più o meno prossime
intensa partecipazione dal viandante poeta. Similmente è l’uomo
Rinascimento portò con sé un certo offuscamento della fama di
alla visione di Dio. I tre regni, di cui il primo e il terzo sono eterni,
a Dio a seconda del grado della loro felicità, vengono incontro al
Dante che svela il difficile percorso del processo di purificazio-
Dante, l’epoca romantica significò nuova vita per la Commedia.
sono costruiti secondo leggi allegoriche e numeriche. L’Inferno
poeta allo scopo di offrire l’immagine concreta della loro beatitu-
ne attraverso le figure del Purgatorio: Casella e Manfredi, Pia e
Fra i grandi contemporanei che si sono ispirati a Dante, pos-
è costituito da 9 cerchi più un vestibolo, il Purgatorio di 9 parti
dine e di rafforzare i suoi sensi visivi. Nella già ricordata lettera a
Oderisi. Anche nel Paradiso, infine, benché la gloria della visio-
siamo ricordare Ezra Pound, Thomas Stearns Eliot ed Eugenio
più il Paradiso terrestre, il Paradiso comprende i 9 cieli tolemaici
Cangrande della Scala, Dante stesso propone una duplice lettura
ne divina accomuni tutti i beati, Dante conferisce uno spessore
Montale.
più l’Empireo. All’interno dei regni le anime dei defunti sono di-
della Commedia: una lettura oggettiva che tenga conto, in ogni
oggettivo alle anime con la rievocazione della loro vita terrena.
stribuite rispettivamente secondo le colpe, le inclinazioni pecca-
periodo e per ciascun personaggio del valore storico dell’evento;
La descrizione delle virtù dei beati serve poi a Dante per indi-
minose e le attitudini virtuose. Nell’Inferno, concepito come un
una lettura allegorica dell’esperienza di chi si rende meritevole,
viduare le linee della redenzione personale e soprattutto della
gigantesco imbuto, si procede dall’alto verso il basso in stretta
con le sue azioni, del premio e del castigo eterno. Nell’intreccio
riforma della chiesa. E quanto è dato vedere attraverso la pre-
correlazione di colpe e pene, sempre più gravi a mano a mano
di questi due schemi, ambedue avvertiti con molta intensità dal
sentazione di figure come quelle di san Francesco, san Domeni-
che i 9 cerchi si restringono al basso verso il Maligno e si allon-
poeta, si sviluppa rigogliosa e fantastica la vita delle ombre ogni
co, san Benedetto, san Pier Damiani.
nei, ma furono soprattutto i letterati della generazione succes-
2. L’autore delle illustrazioni: Sandro Botticelli Alessandro (Sandro) di Mariano di Vanni Filipepi, detto “Botticelli”, nacque a Firenze lunedì 1° marzo 1445. Figlio di un con-
117
118
ciatore di Santa Maria Novella, ebbe una buona istruzione, e
dipinta la Nascita di Venere che presenta lo stesso tipo di stiliz-
ta, da altri detestato o anche esaltato come il simbolo dell’e-
lizzazioni. In una famosa lettera del 1360 a Giovanni Boccaccio,
questo spiega il suo interesse per Dante. In ogni caso ebbe le-
zazione, favorevole all’arabesco delle figure. Chiamato a Roma
stetismo fiorentino. Forse più correttamente si può dire che
il Petrarca si esprime sugli svantaggi della scrittura gotica, gra-
gami con decoratori, ricamatori, intarsiatori e con i pittori «il-
da Sisto iv nel 1481, partecipa alla decorazione della Cappella
Sandro Botticelli è un grande maestro del Quattrocento per il
devole all’occhio, ma difficilmente leggibile. Egli stesso si serviva
lustratori» del tipo del Pesellino e di Apollonio di Giovanni. Fu
Sistina con due affreschi concernenti la Storia di Mosè. Ritorna-
disegno dalla cadenza melodiosa e la candida volontà di rap-
di una scrittura, che doveva qualche chiarezza all’influsso del-
anche a bottega da Filippo Lippi e dal Verrocchio come dimo-
to da Roma, Botticelli attraversa un periodo di crisi artistica ed
presentazione.
la minuscola carolina. La ricerca di testi antichi dimenticati e la
strano chiaramente le prime opere. Verso il 1470 Botticelli si
esistenziale allo stesso tempo. La crisi artistica deriva dal tipo
costruzione di grandi biblioteche portò nel xiv e xv secolo a im-
mette in proprio ed ottiene immediato successo. Di questi anni
stesso della sua opera sviluppata nel senso del raffinamento
portanti scoperte di manoscritti, per lo più in tarda carolina, che
sono: L’Adorazione dei Magi, le Storie di Giuditta, il Ritratto di gio-
più che dell’innovazione; la crisi esistenziale è causata dalla
vane donna e l’Adorazione dei Magi degli Uffizi. Queste opere ri-
violenta e austera predicazione del Savonarola e dall’adesio-
velano la sua tendenza e la sua capacità a cogliere col disegno
ne del Botticelli alla setta dei «piagnoni». Il maestro trascorre
Non abbiamo notizie certe sulla persona che copiò il testo
quanto era una scrittura antica e in accordo con la moda. Così gli
la struttura lineare dei corpi. Negli anni seguenti le commissioni
dunque gli ultimi anni della sua vita nell’isolamento; egli era
dantesco illustrato dai disegni botticelliani. Diamo anzitutto, per-
scrivani del Rinascimento derivarono dalla Carolina e da modelli
si moltiplicano e Botticelli diviene un artista privilegiato della
rimasto un pittore del Quattrocento che non aveva saputo o
ciò, qualche indicazione sulla formazione della scrittura huma-
del x, xi e xii secolo ciò che essi chiamarono littera antiqua. La ri-
corte dei Medici. Ed è appunto per Lorenzo di Pierfrancesco, cu-
voluto adeguarsi alle nuove tendenze. Botticelli morì a Firen-
nistica del codice. Tale premessa ci permetterà poi di dire qual-
nascita della scrittura cominciò all’inizio del xv secolo con Poggio
gino di Lorenzo il Magnifico che Botticelli dipinge la Primavera,
ze venerdì 17 maggio 1510. L’alterno destino della vita si è
che parola sul probabile amanuense. L’evoluzione della scrittura
Bracciolini e l’evoluzione della humanistica ha potuto essere sud-
la prima grande composizione mitologica dell’artista e di tutta
ripetuto sulla valutazione della sua opera dopo la morte. Da
umanistica può essere seguita e periodicizzata in base a lunghe
divisa, in modo convincente, in tre periodi, di cui il primo, quello
la pittura fiorentina. Parimenti per Lorenzo di Pierfrancesco è
alcuni esaltato come rappresentante di un’arte soave e delica-
serie di manoscritti datati e firmati, e sono possibili anche loca-
di transizione (1345-1425), mostra ancora i segni dello sforzo di
3. II copista
veniva apprezzata e copiata per la sua chiarezza e semplicità e che doveva esercitare sullo scrivano un influsso tanto più forte in
119
120
staccarsi dall’abitudine alla scrittura gotica. Quello intermedio
maturo, ma le aste della «b», della «d», della «h» e della «l» con
stratore e l’editore fu stabilito che il codice non andava lavorato
copia del De rerum natura di Lucrezio che presenta molte somi-
(1425-1465), invece, elabora completamente la tipologia moder-
un trattino terminale rivolto verso destra, oppure la gamba della
orizzontalmente ma trasversalmente, di modo da permettere
glianze stilistiche con la scrittura del codice botticelliano. Si può
na. Gli scrivani, però, non hanno ancora piena dimestichezza con
«g», che non comincia più sulla destra della parte tonda come
un impiego più razionale dello spazio, in particolare per l’illu-
dunque ritenere con buona probabilità che fu Nicola Mangona
le loro nuove lettere. Soltanto nella fase definitiva (1465-1490)
nel periodo precedente, bensì nel centro o addirittura a sinistra,
strazione. Da parte sua lo scrivano dovette risolvere il non fa-
il copista amanuense della Commedia. Una raffinatezza: si usò
essi padroneggiano con facilità le forme tramandate, in parte
e la sua forma chiusa, oppure le «i» provviste quasi sempre del
cile problema di avere di volta in volta canti diversi da copiare,
un amanuense quando già esisteva la tecnica della stampa. In-
caroline, in parte gotiche. La scrittura umanistica, che si è affer-
puntino sono elementi sviluppatisi soltanto alla fine dell’evoluzio-
da un minimo di 115 versi a un massimo di 160. La soluzione
fatti, quando Mangona si mise all’opera, esisteva già la Divina
mata in questo periodo, diviene patrimonio comune degli scri-
ne. Non nella prima metà del Quattrocento, dunque, dobbiamo
escogitata dal nostro scrivano fu semplice e soddisfacente allo
Commedia stampata a Foligno da Johann Numeister (o Neumei-
vani e, in contrasto con la maggior individualità della scrittura
cercare lo scrivano del nostro manoscritto, ma verso la fine del
stesso tempo: dispose lo scritto su 4 colonne, ottenne così una
ster) da Mainz, che fu un probabile assistente di Johann Guten-
precedente, vincola gli scritti degli scrivani professionali in una
secolo. A questa prima osservazione bisogna subito aggiunger-
disposizione ottimale dello spazio e contemporaneamente un
berg, e da Evangelista Angelini da Trevi (sabato 11 aprile 1472).
misura che rende difficili le differenziazioni. L’accurata descrizio-
ne un’altra altrettanto importante: il copista del codice era per-
gradevole effetto estetico per cui la pagina del codice ha tutte le
Del resto, in un manoscritto anonimo conservato nella Bi-
ne delle variazioni caratteristiche di scrittura e forma delle lettere
sona esperta in grado di affrontare e risolvere diverse difficoltà
caratteristiche del prestigioso libro rinascimentale. Lo scrivano,
blioteca Nazionale Centrale di Firenze (Codice Magliabechiano
fra il periodo intermedio e quello definitivo permette di ascrive-
connesse con la copia del testo dantesco e la scelta di affiancare
dunque, seppure non ce ne è stato tramandato il nome, dovette
xvii, 17) e datato 1540, si ricorda che Lorenzo di Pierfrancesco
re ineccepibilmente la humanistica del manoscritto dantesco al
a ciascun canto la sua illustrazione. D’accordo con l’illustratore
essere persona di gusto e di sicuro mestiere. Qualche critico,
de’ Medici aveva commissionato un lussuoso manoscritto della
tempo successivo al compimento dell’evoluzione descritta. La
e l’editore fu stabilito che il canto andava scritto sul lato “pelo”
anzi, ha creduto di poterlo identificare con Nicola Mangona che
Divina Commedia, incaricando il copista Nicola (o Niccolò) Man-
quasi completa rinuncia a legature e abbreviazioni è comune alla
della pergamena lasciando all’illustratore il lato “carne” più mor-
fu attivo a Firenze nella seconda metà del Quattrocento per il
gona di scriverne il testo, e Sandro Botticelli di realizzarne le
minuscola umanistica sia del periodo intermedio che di quello
bido e quindi più adatto al disegno. Parimenti insieme con l’illu-
cardinale Giovanni d’Aragona. Egli ha lasciato in particolare una
illustrazioni, una per ogni Canto, oltre alla prima con lo spacca-
121
122
to dell’Inferno. Il periodo di vita in cui Mangona esercitò la sua
4. Il committente: Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici
professione sembra avere avuto, approssimativamente, una
banchieri. Dopo la morte del Magnifico, il figlio Piero fu chiamato
queste le condizioni politiche in cui Lorenzo di Pierfrancesco e
nel 1492 a ricoprire il ruolo del padre, ma perse ben presto pre-
suo fratello Giovanni cercarono di acquistare influenza sul siste-
fase culminante tra il 1475 e il 1490. Per esempio, egli fu eccel-
Altra figura importante connessa con il Codice è il committen-
stigio e popolarità con la sua condotta e la sua inadeguatezza po-
ma politico della repubblica di Firenze. Lorenzo era stato inviato
lente copista in uno splendido manoscritto del Ninfale Fiesolano
te, colui che ordina un Codice e ne sostiene le spese. Dalle notizie
litica. Vi contribuì la controversia con i cugini Lorenzo e Giovanni
nel 1483 alla corte francese per presentare le condoglianze per la
di Giovanni Boccaccio: il Codice Riccardiano 1503 custodito nel-
dell’Anonimo Magliabechiano apprendiamo che Botticelli illustrò
di Pierfrancesco, mentre l’infelice tattica impiegata con la Francia
morte di Luigi xi e per felicitarsi con Carlo viii per la sua ascesa al
la Biblioteca Riccardiana di Firenze. La data di conclusione del
un Dante su pergamena per Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici.
nel 1494 condusse infine alla perdita della sua signoria. Quando
trono, e anche nell’intrigo politico del 1494 egli parteggiò così co-
lavoro, 1482, non è congetturale bensì chiaramente espressa
Lorenzo, detto “il Popolano”, era un cugino di secondo grado di
Carlo viii si avvicinò alla Toscana con l’esercito francese per avan-
erentemente per Parigi insieme al fratello, che entrambi ospita-
nel verso del foglio conclusivo (carta 120, v.): «Nicolas Mangona
Lorenzo il Magnifico (1449-1492), e nacque a Firenze giovedì 4
zare verso sud e strappare il regno di Napoli alla casa d’Aragona,
rono a Cafaggiolo il rappresentante dei re, il vescovo di Saint-Ma-
presbyter transcripsit mcccclxxxii». Così l’annotazione ha an-
agosto 1463, figlio di Pierfrancesco il Vecchio e di Laudomia Ac-
Piero agì con estrema inettitudine.
lo. Questo fatto, insieme con un violento diverbio tra Giovanni e
che il merito d’informarci che Mangona era un ecclesiastico, e
ciaiuoli. Quello era il ramo cadetto dei Medici, detto “popolano”
Dapprima incline a parteggiare per Napoli, si dispose alla re-
Piero condusse i fratelli a un processo, in cui furono condannati
questo ci rallegra, se si pensa che il testo di Boccaccio narra gli
o “del Trebbio”. Lorenzo restò orfano all’età di 13 anni. Il cugino
sistenza; ma quando il re si inoltrò nel territorio della repubblica,
dapprima all’ergastolo e poi all’esilio da Firenze. Allora essi si re-
amori di Affrico e Mensola in termini di gioiosa e pagana licenza
Lorenzo il Magnifico si prese cura di lui e di suo fratello mino-
si affrettò all’accampamento francese per trattare le condizioni
carono da Carlo viii e lo pregarono di muovere verso la Toscana e
sessuale.
re, Giovanni di Pierfrancesco, ma i rapporti tra le due linee della
del transito e l’alleanza con la Francia. La signoria di Firenze trovò
di liberare Firenze dalla signoria di Piero de’ Medici. Dopo la fuga
famiglia si turbarono ben presto, tanto che dopo la morte del
opportuno escludere Piero de’ Medici dalle decisioni politiche, il
del cugino, tornarono in patria il 24 novembre 1494 e si fecero
Magnifico si giunse ad aperta ostilità. Firenze era una repubblica
popolo si ribellò contro di lui; nel novembre 1494, ancor prima
reintegrare nei loro antichi diritti; abbracciarono il partito del po-
le cui sorti da generazioni erano rette dai Medici, una famiglia di
dell’ingresso dei francesi nella città, egli fuggì da Firenze. Sono
polo e cambiarono il loro nome in “Popolano”. Lorenzo divenne
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uno dei 20 riformatori e accoppiatori. Nel 1495 fece parte dei
villa di Trebbio e nel 1497 per la villa di Castello acquistata
CAPITOLO SECONDO
parte di Dante et figurò lo inferno, et lo mise in stampa». Sem-
messaggeri che si congratularono con Carlo viii per la conquista
da Lorenzo due anni prima. Là, come riferisce l’anonimo Ma-
BOTTICELLI ILLUSTRATORE DI DANTE
bra anzi che Botticelli abbia perso tempo e prestigio in questa
di Napoli. Quando suo fratello Giovanni sposò Caterina Sforza,
gliabechiano, il Botticelli aveva dipinto dei quadri che vanno
figlia del duca di Milano, Giangaleazzo Sforza, Lorenzo fu sospet-
annoverati tra le sue opere più belle. Lorenzo di Pierfrance-
tato di voler divenire, con l’aiuto di Milano, tiranno di Firenze. Nel
sco è stato poeta lui stesso; alla lontana la sua opera lette-
1498 abbandonò la città per farvi ritorno nel 1499 riassumendo
raria deve essere stata influenzata da Dante. Personaggio
incarichi pubblici. Nel 1501 si incontrò in Francia con Luigi xii per
complesso, vicino tanto a Dante che a Botticelli, Lorenzo di
Nel precedente capitolo abbiamo già fatto riferimento
trattare, dietro incarico della signoria, sul futuro del regno di Na-
Pierfrancesco può essere considerato il committente ideale
all’interesse di Botticelli per Dante. Nel 1481 venne pubblicata
Successivamente o contemporaneamente alla serie di inci-
poli. Morì nella sua città natale sabato 20 maggio 1503.
per il codice dantesco.
a Firenze l’edizione a stampa della Commedia con il commento
sioni, Botticelli intraprese per Lorenzo di Pierfrancesco, il com-
impresa. 1. La serie di incisioni del 1481 2. Il codice con le illustrazioni del Botticelli
Lorenzo era un uomo colto e raffinato, uso a frequentare
Per Lorenzo di Pierfrancesco detto il Popolano, già sappiamo
di Cristoforo Landino. Fu un grande avvenimento editoriale
mento grafico di un codice della Commedia di Dante, che per
poeti, scultori e pittori, e uno dei più importanti commit-
che Botticelli realizzò due fra le sue opere più insigni: Pallade che
per il quale venne mobilitato il maestro della Primavera, invi-
molti aspetti è il suo capolavoro. Si tratta appunto del codice
tenti del Botticelli. Dal Vasari apprendiamo che per tutta la
doma il Centauro, e La Primavera, entrambe conservate agli Uffizi.
tato a completare l’opera con una serie di incisioni. Il proget-
botticelliano i cui resti, conservati in Vaticano e a Berlino, ven-
vita sovvenzionò il pittore che andava invecchiando. La Pri-
to era grandioso in quanto per ognuno dei cento canti era
gono pubblicati in edizione in facsimile. Come in poche altre
mavera e Pallade e il centauro sono registrati nel 1499 in un
previsto un commento grafico. Tuttavia solo a fatica Botticelli
opere abbiamo testimonianze sufficienti che ci permettono di
inventario della sua casa fiorentina. Possediamo documenti
realizzò le incisioni per i primi 19 canti. A questa circostanza
affermare con sicurezza che il codice in questione fu illustrato
su lavori del Botticelli per Lorenzo eseguiti nel 1495 per la
sembra far riferimento il Vasari quando scrive: «comentò una
da Botticelli.
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a) Uno dei disegni porta il nome del maestro: nella forma
tratteggio sono sicuramente del maestro fiorentino. Le linee pro-
mette inoltre di valutare nell’unità di pagina scritta e illustrata
miniatura. Tra queste due posizioni se ne è affermata una terza
«Sandro di Mariano». Esso si trova su una tavoletta nelle mani di
spettiche e architettoniche corrispondono totalmente a quelle
le caratteristiche dell’illustrazione del Botticelli. Altro particolare
avanzata da Friedrich Lippmann, che per primo pubblicò i dise-
un angelo nell’illustrazione per Paradiso xxvii.
delle tavole.
discusso riguarda la compiutezza o meno dell’opera. I disegni
gni berlinesi: «Come oggi l’osservatore, così anche l’artista du-
b) Sempre nel Paradiso al canto xiv troviamo l’iscrizione «Ales-
presentano in alcuni casi delle scalfitture preliminari, altrimenti
rante il suo lavoro deve aver avuto l’impressione che il soggetto
sandro» che può essere senz’altro interpretata in riferimento al
sono tracciati con una punta a secco, che lascia il segno anche su
della Commedia non sopportasse il realismo del colore. Soltanto
pergamena non preparata. La punta è di differente durezza, può
il semplice disegno su bianco e nero, con la sua incorporeità, è
lasciare un segno più o meno forte e in alcuni casi può addirit-
in grado di dare alla fantasia quella misura di libertà di cui ha
nome dell’artista.
3. Disegni o miniatura?
c) Un codice degli anni Quaranta del 1500, trenta anni quindi dopo la morte del Botticelli, presenta la seguente scritta: «dipin-
I 92 fogli con i disegni del Botticelli sono oggi conservati sin-
tura danneggiare la superficie della pergamena, strappandola e
bisogno per concretare oggetti soprannaturali. Il Botticelli appli-
se e storiò un Dante in cartapecora a lorenzo di piero francesco
golarmente tra lastre di Plexiglas tanto in Vaticano che a Berlino.
lasciando tracce di graffiature. Alcune illustrazioni sono rimaste
ca quindi tentativi di colorazione in un singolo disegno, e non li
de Medicj, il che fu cosa maravigliosa tenuta».
Il codice originario, dunque, non esiste più. È questo, forse, uno
allo stadio del disegno preliminare, la maggior parte, però, è ac-
ripete poi nelle successive illustrazioni».
dei motivi per cui i critici hanno volto la loro attenzione ai dise-
curatamente ripassata con penna e inchiostro, il cui colore varia
L’artista, dunque, avrebbe in un primo tempo pensato a com-
Da allora in poi la tradizione ha giustamente e ininterrotta-
gni quasi che essi fossero stati eseguiti senza riferimento a un
dal marrone pallido al nero profondo. Solo il foglio con lo spac-
pletare i disegni con il colore, vi avrebbe poi rinunciato vedendo
mente attribuito al Maestro della Primavera i disegni danteschi.
codice che contenesse tanto il testo che le illustrazioni. Tuttavia,
cato dell’imbuto infernale è interamente colorato, mentre altri
i primi risultati. Questa suadente supposizione è stata seguita
D’altro canto nel nostro caso la ricerca storico-artistica è una vol-
l’informazione dell’anonimo Magliabechiano, più sopra riportata,
pochi fogli presentano una sovrapposizione parziale di colore.
da molti critici, tuttavia alcuni dettagli inducono a una diversa
ta tanto concorde nell’attribuzione: tipi di viso, struttura delle
secondo cui Botticelli illustrò un codice per Lorenzo di Pierfran-
C’è allora da chiedersi se l’opera sia finita così come si presenta o
conclusione. La definizione a penna è per lo più molto precisa,
figure, drappeggi, accentuazioni di contorni e impostazione del
cesco de’ Medici non può essere messa in dubbio. Essa ci per-
se invece non era previsto il completamento con la tecnica della
tuttavia nella miniatura si presentano delle deviazioni dal dise-
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gno preparatorio. Per esempio, in Inferno xv le forme corporee
tendimento nell’operazione di pittura. Soltanto passandoci sopra
sono giunti, i disegni del Botticelli vanno annoverati tra i vertici
interpretazione dell’artista che in segno di rispetto per l’alto mini-
dei dannati, dopo la fissazione dello sfondo sono state in parte
con uno strato di pittura esse sarebbero scomparse completa-
dell’arte libraria in Occidente.
stero o, più probabilmente, nella convinzione che gli onori terreni
modificate nell’applicare il colore dell’incarnato. La pittura minia-
mente. È questa, forse, la prova più inequivocabile dell’intenzio-
non durano oltre la morte, evita volutamente di rappresentare la
ta conferisce ai corpi, grazie alle sfumature cromatiche, dei valori
ne di completare il disegno con un velo cromatico coprente.
tiara. Merita quindi considerazione la notizia del Vasari secondo
plastici che vanno ben oltre ciò che l’artista poteva ottenere con
Altro particolare degno di nota è l’accurata incorniciatura del
le sfumature a matita smussata. Si manifesta così dal primo pro-
campo figurativo di molti fogli. L’incorniciatura si spiega sola-
getto delle illustrazioni, attraverso l’accentuazione e la fissazione
mente quale indicazione per l’artista del limite dello sfondo non
di impianto compositivo e di particolari, fino all’esecuzione pitto-
disegnato.
4. Botticelli e il testo di Dante
la quale Botticelli «comentò una parte di Dante». Comunque si voglia intendere il termine «comentò», ne esce confermato l’in-
Le rappresentazioni dettagliate del nostro codice, la serie di
teresse di Botticelli per il testo dantesco. Il maestro fiorentino
incisioni e le diverse testimonianze dei contemporanei dimostra-
consultò probabilmente anche dei commentari già esistenti della
Dobbiamo dunque concludere che i disegni del Botticelli fu-
no il grande interesse di Botticelli per il testo della Commedia. Del
Commedia, scegliendo poi di seguire un commentario particolare
rono concepiti e realizzati a illustrazione di un codice della Com-
resto, al lato di precise concordanze con il modello letterario, si
nella sua illustrazione o giungendo addirittura a concezioni au-
media dantesca e che nella concezione dell’autore essi dovevano
possono cogliere diverse divergenze, solo in parte interpretabi-
tonome. Ai suoi tempi il commento della Commedia più famoso
Sempre nel contesto delle correzioni ai disegni già eseguiti a
essere completati con la colorazione. Per motivi che ci sono igno-
li come semplici errori. Segno evidente che Botticelli conosceva
e diffuso era quello di Cristoforo Landino e dobbiamo supporre
penna, si può osservare che tali correzioni, ricorrenti soprattut-
ti, l’opera rimase incompiuta e noi possiamo solo immaginare il
molto bene il modello letterario e qualche volta scelse di distac-
che il pittore l’abbia consultato tanto più che le sue incisioni eb-
to nel Paradiso, sono effettuate in modo tale che permettono
codice nello splendore delle illustrazioni colorate a piena pagi-
carsene. Ad esempio, nelle illustrazioni che ci sono giunte, nessun
bero origine proprio per l’edizione della Commedia commentata
ancora di riconoscere le forme cancellate. Esse erano cancellate
na, delle iniziali miniate e forse addirittura dei fregi ornamentali
papa tra i dannati dell’Inferno o fra i peccatori che si purificano
dal Landino. Tuttavia, in più di una occasione Botticelli sembra
in «modo visibile» per togliere al miniatore la possibilità di frain-
sulle pagine della scrittura. Tuttavia, anche nella forma in cui ci
nel Purgatorio è contraddistinto dalla tiara. È una vera e propria
distaccarsi dal commento del Landino per seguire con maggio-
rica, un continuo progredire che tratta liberamente la precedente stesura portandola alla perfezione artistica.
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re fedeltà il commento di Benvenuto Rambaldi da Imola. Se
precedenti illustrativi, in parte con la conoscenza della lettera-
fine consuete ingenue traduzioni in immagine del simbolo lette-
la peculiarità della rappresentazione della Commedia proposta
ne può dedurre che in generale il disegnatore seguisse le sue
tura secondaria.
rario, come la raffigurazione di Dante e Virgilio in una barca con
dal Botticelli. Qui non appaiono leggende di santi o magari l’in-
vele issate quale illustrazione dell’inizio del Purgatorio:
coronamento di poeti da parte di Apollo, con cui Giovanni di Pa-
proprie idee e la tradizione figurativa, solo di tanto in tanto cercando consiglio presso uno o parecchi dei primi commentatori. Non si può negare che Botticelli abbia commesso anche
olo arricchisce i canti poveri di azione. Quando, inoltre Dante 5. Caratteristiche dell’illustrazione del Botticelli
degli errori: per esempio nello spaccato dell’imbuto infernale
«Per correr miglior acque alza le vele
percepisce le anime come fiamme, vengono appunto disegnate
ormai la navicella del mio ingegno» (Purg. i, 1-2)
delle fiamme e non le figure dei beati. Per di più, le raffigurazio-
il pellegrinaggio verso l’Inferno si rivolge correttamente ver-
Botticelli può essere considerato il primo illustratore che ab-
so sinistra a partire dalle malebolge, ma nel singolo disegno il
bia rappresentato ogni singolo canto della Commedia. Prima di
Botticelli, invece, non solo commenta Dante canto per can-
tutte le altre, così che i malintesi sono rari. Il limitarsi al puro de-
percorso al bordo della quinta bolgia o il cammino degli ipocriti
lui gli illustratori si erano limitati a cogliere in disegni marginali
to ma si entusiasma a rappresentare l’azione descritta dal po-
corso dell’azione ha suscitato le maggiori difficoltà nell’illustra-
nella sesta è reso al contrario, così che la topografia del quinto
o spazi delimitati quanto si offriva alla rappresentazione. Inoltre,
eta. Certo, sono giunti a noi due codici che nella completezza
zione del Paradiso, e benché una tale coerenza potesse condurre
ponte crollato e del sesto si trova in contrasto con la rappresen-
frequente era il caso di illustratori che superavano l’ostacolo di
dell’illustrazione e nell’interesse figurativo all’andamento dell’a-
quasi all’impossibilità di rappresentare alcuni canti, il Botticelli
tazione generale dell’imbuto infernale. Anche nel Purgatorio la
canti particolarmente difficili da raffigurare con immagini allego-
zione anticipano il codice botticelliano. Si tratta del codice Ya-
vi ha tenuto fede. Nei suoi disegni sono accolti molti particolari
disposizione del cammino è spesso errata. Come già afferma-
riche quali la ruota della fortuna o le tre donne celesti. Venivano
tes-Thompson 36 della British Library con miniature di Priamo
del poema, come il rapido volger del capo, nel cielo della luna,
to, però, non tutte le deviazioni dalla lettera della Commedia e
poi raffigurate interpretazioni date dallo stesso Dante come, ad
della Quercia e Giovanni di Paolo e del codice Urb. lat. 365 della
quando Dante cerca l’oggetto che presume rispecchiato.
le apparenti incoerenze vanno attribuite a trascuratezza o ad
esempio, l’identificazione del papato, nel suo travisamento, con
Biblioteca Vaticana miniato da Guglielmo Giraldi e dalla sua bot-
Come già nelle incisioni, ma in maggior misura nelle illustra-
arbitrio del pittore; esse si possono spiegare in parte con dei
la bestia a sette teste dell’Apocalisse (Inf. xix, 106-111). Erano in-
tega. Proprio questi codici, però, fanno maggiormente risaltare
zioni del manoscritto, il Botticelli cerca di rendere in un solo qua-
ni del Botticelli sono estremamente più dettagliate ed esatte di
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dro non soltanto singoli episodi, ma, per quanto possibile, un
poema anche se, dovendo essere rappresentato il cammino dei
Così il Botticelli descrive i regni ultraterreni di Inferno, Pur-
di Dante era davanti agli occhi dei fiorentini nell’affresco di Do-
intero canto con tutti i suoi dettagli esteriori. Ciò appare con la
due pellegrini, non si poteva tener conto delle proporzioni del-
gatorio e Paradiso seguendo Dante con grande precisione e de-
menico di Michelino nel duomo di Firenze, che presenta il poeta
massima chiarezza nelle illustrazioni relative all’Inferno. E in quel-
la cavità gigantesca. E come le scene panoramiche dell’Inferno
dicando ai dettagli del testo, perfino al movimento delle dita, la
tra l’Inferno e la città di Firenze, davanti allo sfondo del Purga-
le del Purgatorio più chiaramente che nel Paradiso.
presuppongono le composizioni dei singoli fogli, così in questi
medesima attenzione che dedica alle sue grandi linee, con una
torio e sotto il corso degli astri. Essa aveva alle spalle una lunga
è sempre presente l’immagine dell’imbuto. Anche il Purgatorio
fantasia figurativa che fa apparire del tutto naturali anche cose
tradizione iconografica, che dall’affresco di Andrea del Castagno
Un’altra caratteristica delle illustrazioni di Botticelli è la loro
è realizzato con coerenza topografica con la sua spiaggia piatta,
mai viste, come gli alberi che crescono dall’alto verso il basso
nella villa Carducci in Legnaia, oggi in Santa Apollonia a Firenze,
precisione topografica. I manoscritti della British Library, dell’Ur-
la rapida salita verso la valletta dei principi negligenti, i gironi
(Purg. xxii-xxiv); presenta in modo convincente la grandezza dei
risaliva fino a Giotto. La figura del poeta e il suo abbigliamento
binate e della Vaticana presentano l’azione in paesaggi che non
per l’espiazione e il Paradiso terrestre. E come è rappresentato in
giganti e la colossale dimensione di Satana e sa rendere evi-
quali sono rappresentati dal Botticelli corrispondono ai modelli
hanno niente a che vedere con le descrizioni di Dante. Nel Giral-
prospettiva nella prima illustrazione, la topografia è presente in
dente l’immensità della rosa celeste limitando la sua raffigura-
del xv secolo e la sua visione complessiva del Purgatorio può
di colline, monti e fiumi costituiscono lo sfondo quasi gradevole
ogni singola scena. Per il Paradiso è difficile parlare di topografia,
zione alla punta di un unico petalo. Tuttavia l’arte del Botticelli,
essere direttamente debitrice al dipinto del duomo. Anche altri
dell’Inferno, l’Inferno e il Purgatorio di Priamo della Quercia sono
ma per lo meno il Botticelli non pone gli astri direttamente so-
pur con tutta la sua autonomia, si trova nella tradizione del xv
particolari delle nostre illustrazioni dimostrano familiarità con
circondati da montagne e il Paradiso di Giovanni di Paolo presen-
pra la terra, e nel limitare la rappresentazione dei cieli planetari
secolo. Il suo imbuto infernale, in cui l’osservatore penetra con
l’iconografia dantesca, dato che l’aspetto di Virgilio ha preceden-
ta le sfere dei pianeti subito al di sopra di paesaggi terreni, nei
alle sfere con cui sono delimitate le stelle, rende subito evidente
lo sguardo come in un modello tridimensionale aperto, prende
ti nel patrimonio figurativo librario e lo stesso vale per Satana.
quali il pittore situa le scene collaterali. Il Botticelli, invece, anche
l’isolamento dei corpi celesti: fra loro si devono superare in volo
probabilmente le mosse dal rilievo di Raggio sensale, descritto
nella descrizione topografica si attiene strettamente al testo di
distanze smisurate. Solo quando viene raggiunto lo zodiaco, il
dal Vasari nella vita di Filippino Lippi. La figura stessa di Dan-
Dante. Il suo imbuto infernale corrisponde alla descrizione del
pittore utilizza il nuovo foglio intero per le sue rappresentazioni.
te è debitrice della tradizione iconografica. Dal 1465 la figura
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6. Inferno, Purgatorio e Paradiso nella visione del Botticelli
colore coprente della miniatura e che, anche nei punti dove oggi
In alto a sinistra si trova l’ingresso al regno dei morti. Sotto la
sono tormentati gli eretici; segue poi il burrone fin giù al Flegeton-
sono ritornate visibili, solo in parte sono decifrabili. Secondo la
verde superficie della terra esso conduce in un luogo spazioso,
te, il fiume di sangue: siamo al settimo cerchio coi suoi gironi in
Non può certo essere compito della presente Nota descrivere
descrizione di Dante l’Inferno è costituito da una serie di cerchi
dove fra rupi strapiombanti e il primo fiume infernale, l’Acheronte,
cui soffrono pene eterne i violenti. Un baratro scosceso li separa
singolarmente i disegni del Botticelli: ci limitiamo, perciò, a una de-
suddivisi da gironi; restringendosi progressivamente, i cerchi
gli ignavi corrono dietro ad un’insegna, e dove le anime dei danna-
dai malfattori, che raggiunsero con la frode i loro malvagi scopi: di
scrizione dettagliata del foglio con lo spaccato dell’imbuto infernale
conducono al centro della terra formando una enorme cavità
ti si radunano per essere traghettate da Caronte. Rocce brune con-
questi, le anime di coloro che ingannarono gli estranei si trovano
– l’unico completato con il colore – e a una descrizione più veloce del-
sotterranea dalla approssimativa forma di un imbuto. La visione
ducono da un ripiano all’altro. Nel primo cerchio sotto l’Acheronte
nelle dieci fosse delle Malebolge, l’ottavo cerchio dell’Inferno. Se-
le prime illustrazioni rispettivamente del Purgatorio e del Paradiso.
complessiva di questo regno dei morti, miniato sopra un disegno
si trova il Limbo, una zona dove, senza pena né speranza, soggior-
gue poi il profondo pozzo lungo il cui bordo stanno ritti i giganti,
Esse non hanno il carattere di introduzione generale al canto come
preparatorio a punta metallica e penna, è anteposta al mano-
nano i bambini non battezzati, e dove a destra della figura sorge il
ed infine, in cerchi concentrici attorno alla smisurata figura di Lu-
nel caso dell’imbuto infernale, permettono però ugualmente di farsi
scritto con le sue illustrazioni; è presentata in sezione trasversa-
castello degli antichi eroi, ai quali mancò soltanto la fede cristiana
cifero, l’angelo caduto, ecco il Cocito, il gelido luogo di punizione
un’idea del Purgatorio e del Paradiso danteschi visti da Botticelli.
le, con una prospettiva leggermente rialzata, tanto da evidenzia-
per essere salvi. Un gradone di roccia più in basso, cominciano i
per i traditori, gli ingannatori di quanti si fidarono di loro: i parenti,
re ciò che avviene sulle singole terrazze, come pure le curvature
cerchi infernali coi loro tormenti. Qui siede Minosse, che giudica
la patria, gli ospiti e i benefattori.
dei cerchi attorno al centro cavo.
le anime sopravvenienti, e sotto di lui seguono i quattro cerchi per
Dante attraversa l’Inferno insieme a Virgilio, e la miniatura
Soltanto il nono cerchio, il più basso, il ghiaccio del Cocito, si
i peccati di incontinenza; essi terminano col secondo fiume infer-
presenta la coppia di poeti in diversi luoghi del loro viaggio, co-
presenta visto dall’alto. Una cornice dipinta, attraversata in alto
nale, lo Stige, che circonda la città di Dite. Qui viene punita la vera
minciando dal loro avvicinarsi alla porta. Vediamo i pellegrini che
dalla superficie della terra e in basso dal Cocito, contorna tutta
e propria malvagità (malizia). Subito dietro le mura della città con
mettono piede nel regno dei morti, si presentano a Caronte, di-
l’illustrazione.
le sue torri fiammeggianti, nelle tombe infuocate del sesto cerchio
scendono nel Limbo, incontrano i poeti dell’antichità, visitano il
7. L’imbuto infernale In diversi punti della rappresentazione il disegnatore ha riportato a penna delle didascalie che sono poi state nascoste dal
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castello degli eroi e dei saggi pagani e proseguono il loro cammi-
discordie nelle Malebolge: Bertram dal Bornio e infine, nelle
no fin nelle profondità dell’abisso. Sono rappresentati gli incontri
tre bocche di Satana, Giuda Iscariota, Bruto e Cassio.
La cornice a colori è completa. La lista bruna con doratura è intersecata in alto dal verde della terra, in basso dal freddo az-
ti; qualche doratura si trova perfino nei capelli e nelle frecce dei centauri, o ravviva le pareti rocciose dei cerchi infernali.
con Minosse, con Francesca e Paolo, con Cerbero e Pluto, e la
Alla precisione nella resa degli avvenimenti si aggiun-
zurro verdastro del Cocito. Il marrone, cupo nelle rocce e più
discesa allo Stige; troviamo i poeti davanti e dentro le mura di
ge una così esatta concordanza con alcune delle successi-
chiaro sulle terrazze, costituisce il tono fondamentale del grande
Dite, presso i sepolcri degli eretici e di fronte al Minotauro, sul-
ve illustrazioni per i singoli canti, che si può ipotizzare con
imbuto, che viene fortemente ravvivato e articolato nella metà
la via verso il Flegetonte e sulle rive di questo, al margine fra il
sicurezza che il panorama generale sia stato realizzato, nel
superiore dall’azzurro dei fiumi, in quella inferiore dal rosso del
bosco dei suicidi e il deserto dei violenti contro Dio e la natura; li
suo contenuto narrativo, soltanto dopo le rappresentazioni
Flegetonte e delle fiamme. Nella miniatura Dante porta un man-
Scritta: «l perchore miglior aqua».
vediamo poi sulle spalle di Gerione e al bordo delle Malebolge,
di dettaglio. L’esecuzione a colori è di estremo interesse, in
tello rosso sopra un abito verde, Virgilio un manto viola su veste
Su un’isola dalle rive piatte si innalza il monte della purifica-
presso i giganti e nel Cocito, mentre osservano Satana.
quanto può dare un’idea dell’aspetto che avrebbero dovuto
blu. Il colore fondamentale di Gerione è il verde. L’osservazione
zione, rigidamente suddiviso in tre parti: un ripido dirupo, una
avere i fogli relativi ai singoli canti, rimasti allo stato di dise-
dell’originale permette di rilevare un’incredibile finezza nella co-
zona appartata con una cavità a forma di cuore, dove le anime
gno preliminare a punta metallica e penna. Nelle rocce bru-
lorazione, che nessuna riproduzione può rendere perfettamente.
trascorrono il tempo prima di venire ammesse alla purificazio-
Anche le pene dei peccatori nei singoli cerchi sono rese con
ne, nel rosso del Flegetonte e degli abiti di Virgilio e di Dante
Così le anime nude, anche dove in linea di massima sfruttano il
ne, e il Purgatorio propriamente detto, che, custodito da un
esattezza, e in molti casi si possono riconoscere, anche in que-
il cromatismo progettato è controllabile anche nelle poche
fondo chiaro della pergamena, sono modellate da tenui ombreg-
angelo, si eleva in sette terrazze e porta sulla sua sommità il
sta rappresentazione generale, delle singole anime, come gli
illustrazioni singole dipinte almeno in parte, e presenta una
giature brune; le fiamme presso il castello del Limbo, sulle torri di
Paradiso terrestre.
antichi poeti nel Limbo, Francesca e Paolo, Ciacco, Lano da Sie-
notevole concordanza coi particolari corrispondenti della se-
Dite, nei sepolcri degli eretici, nella landa dalla pioggia di fuoco e
Dante, uscito dall’Inferno alla superficie della terra col suo
na e Jacopo da Sant’Andrea, Capaneo, perfino un seminatore di
zione generale.
nell’ottava fossa delle Malebolge sono provviste di lumicini dora-
accompagnatore, osserva le costellazioni del sud, e subito scor-
Sull’originale appare chiaramente perfino la discesa lungo il vello di Dite.
8. Purgatorio i
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ge un venerabile vecchio, Catone Uticense, davanti al quale
9. Paradiso i
egli si inginocchia e a cui Virgilio rende conto del motivo, della
CAPITOLO TERZO
dati certi, dallo stato attuale dei disegni cercando poi, attraverso
IL CODICE
una ricostruzione a ritroso, di giungere al codice quale fu ideato
via e dello scopo del loro viaggio, aggiungendo la preghiera di
Scritta: «1».
lasciar passare Dante attraverso i sette regni del monte su cui
Dante vede come Beatrice rivolge gli occhi direttamente al
Possediamo ormai alcune notizie fondamentali circa il Codice
Qualche dettaglio in più. Dunque, la silloge dantesca di Bot-
Catone stesso ha pieni poteri. Per ordine del vegliardo, Virgilio
sole. Il suo sguardo permette anche a Dante di guardare l’astro,
con le illustrazioni di Botticelli. Le riassumiamo, prima di affron-
ticelli è stata smembrata in due gruppi. Oggi, 7 pergamene (con
sulla riva pulisce con la rugiada il viso di Dante e lo cinge con
ma egli non ne sostiene a lungo lo splendore. Reso edotto da
tare altre questioni più strettamente connesse al codice, e riguar-
8 tavole), acquistate dal papa Alessandro viii nel 1669 e prove-
un giunco.
Beatrice sull’ordinamento divino del cosmo, egli sale con lei dal
danti i fogli pergamenacei di centimetri 32,5 per 47,5.
nienti dalla collezione della regina Cristina di Svezia, sono nella
Due scene del foglio si riferiscono al canto successivo: sulla
e realizzato da Botticelli.
Paradiso terrestre verso il cielo.
Biblioteca Apostolica Vaticana. Sono le illustrazioni per i canti i,
sinistra, si avvicina dal fondo una barca, che, guidata da un an-
Sotto le figure a penna, appare come uno specchio il disegno
a) Il codice conteneva sul verso dei fogli le illustrazioni di Bot-
ix, x, xii, xiii, xv, xvi dell’Inferno. Questi disegni sono stati identi-
gelo, porta delle anime alla purificazione; sempre a sinistra, sul
preliminare della coppia eseguito a punta e ruotato di 180 gradi.
ticelli, con punta d’argento e inchiostro su pergamena, sul recto il
ficati nel 1887 dallo storico dell’arte Josef Strzygowski (Bjelsko,
davanti, si vedono le ombre che lasciano la barca e scendono a
In un primo momento, dunque, quando iniziò il disegno, il Bot-
testo dantesco copiato probabilmente da Nicola Mangona.
Polonia, venerdì 7 marzo 1862 - Vienna, giovedì 2 gennaio 1941).
riva. Il banco di nubi che interseca il monte della purificazione
ticelli aveva davanti a sé il foglio rovesciato.
b) Il codice originario non esiste più. I disegni del Botticelli
Le altre 85 pergamene sono a Berlino, nel nuovo Kupferstich-
sotto i tre gradini della porta indica il limite superiore degli in-
sono conservati in parte in Vaticano, in parte a Berlino, singolar-
kabinett, che dopo la riunificazione della Germania nel 1989-1991
flussi atmosferici della terra, quali saranno descritti soltanto in
mente tra fogli di Plexiglas. Dobbiamo dunque interrogarci pro-
ha riunito le raccolte dei due Musei statali berlinesi. Nel 1854,
Purgatorio xxi, 46-54.
prio sulla sorte del codice e sul modo in cui i disegni botticelliani
queste pergamene furono identificate dallo storico Gustav Fri-
sono giunti fino a noi. Per correttezza scientifica partiamo dai
edrich Waagen (Amburgo, martedì 11 febbraio 1794 - Kjøben-
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havn [Kopenhagen], mercoledì 15 luglio 1868). Quei disegni era-
risalente al xix secolo. Gli scritti erano preceduti da un indice in
che le membra disiecta erano stati riuniti tra loro già prima dell’ac-
regina la maggior parte della raccolta di libri di Petau e fra questi
no a Glasgow, in possesso del duca William Alexander Archibald
inchiostro su carta, che documenta l’antica struttura del codice e
quisto del 1632. Si può però anche pensare che in un volume di
anche il volume della miscellanea. Così il manoscritto giunse a
di Douglas-Hamilton (Londra, martedì 19 febbraio 1811 - Parigi,
definisce le pagine del manoscritto dantesco «Dantis Aligerij pars
questo tipo la data indichi il momento in cui dei frammenti ac-
Stoccolma e, dopo la rinuncia di Cristina al trono di Svezia, prima
mercoledì 8 luglio 1863), undicesimo duca di Hamilton e ottavo
cantuum». La numerazione del codice si trova sul recto di ogni fo-
quistati in precedenza vennero rilegati e inseriti nella biblioteca.
ad Anversa (1655) e poi a Roma (1658). Cristina morì il 19 aprile
duca di Brandon. I fogli erano stati rilegati insieme nel 1803, con
glio in alto a destra e arriva fino a 127. All’inizio di ogni parte della
Tutti i titoli possono essere accertati in un catalogo manoscrit-
1689 e il suo erede, il cardinale Decio Azzolini, il 9 giugno dello
l’aggiunta di un indice (88 fogli di pergamena, di cui 85 illustrati).
miscellanea è riportato in inchiostro blu il numero 1896 e spesso
to della collezione Alexandre Petau in possesso della biblioteca
stesso anno. La bibliotheca Reginae Sueciae passò così in possesso
Nel 1882 furono acquistati in blocco dal Museo di Berlino.
anche il timbro della Vaticana. Le pagine del manoscritto dante-
dell’università di Leida: il codex Vossius quart. lat. 76, compilato nel
di Pompeo Azzolini dal quale la comprò il cardinale Ottoboni che
sco occupavano i fogli 97-103 ed erano rilegati per uno dei loro
1645 da un segretario del collezionista con correzioni e postille di
il 6 ottobre 1689 salì al trono pontificio con il nome di Alessandro
lati lunghi nel volume di grande formato. I testi potevano essere
Alexandre Petau e di una terza mano. L’inventario è ordinato per
viii. Il nostro volume finì così in quella parte della biblioteca che
letti a partire dal bordo del libro e muovendo verso la rilegatura,
argomenti, e perciò alcuni titoli si presentano più volte. L’indice
Ottoboni donò alla Vaticana e i cui codici vi costituiscono il Fundus
mentre le illustrazioni, a esclusione dell’imbuto infernale, presen-
del nostro Codex Reg. lat. 1896 è scritto dalla stessa mano del
Reginensis. Sotto Pio ix il codice ebbe una nuova rilegatura.
La Biblioteca Vaticana conserva 7 fogli di pergamena con dise-
tavano il loro margine inferiore sul lato esterno del codice. L’indi-
catalogo di Leida, alcune aggiunte e la registrazione degli exlibris
Nel periodo in cui fu prefetto Fritz Ehrle (1895-1914) i fram-
gni del Botticelli. I disegni, dal 1975 conservati singolarmente tra
ce del Codex Reg. lat. 1896 termina con lo exlibris del collezionista
sono dovute allo stesso Alexandre Petau. Non possiamo seguire
menti danteschi furono tolti dalla miscellanea e rilegati come Co-
fogli di Plexiglas, facevano prima parte di un codice miscellaneo
parigino Alexandre Petau e con la data 1632. Le datazioni sotto gli
il frammento della Commedia dantesca più all’indietro dell’anno
dex Reg. lat. 1896 A ovvero B. Dal 1975 essi sono conservati
che raccoglieva testi di vario argomento. Tale codice portava la
exlibris di Alexandre Petau dovrebbero indicare l’anno dell’acqui-
1632 e della collezione di Petau. Nel 1650 Isaac Voss, allora bi-
come fogli singoli tra lastre di Plexiglas, come già si è ricordato.
segnatura Reg. lat. 1896 e aveva una rilegatura di cuoio marrone
sto. Se questa ipotesi è corretta, nel nostro caso significherebbe
bliotecario di Cristina di Svezia, riuscì ad acquistare a Parigi per la
1. I frammenti del Codex Reg. lat. 1896
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Alla cantica dell’Inferno, ci mancano i canti n° 1-2-3-4-5-6-8-9-
milton (1811-1863). Il volume ricevette così la segnatura Ham. 201,
il Purgatorio a partire dal testo dell’viii canto e dall’illustrazione del
10-11-12-13-14-15, in tutto 14 canti. La cantica del Purgatorio e
ma restò a Hamilton Palace solo fino al 1882 quando, nonostante
ix, nonché i fogli del Paradiso provvisti di disegno sono conservati
I Musei Statali di Berlino, e precisamente il Kupferstichkabi-
quella del Paradiso sono intere. A ogni pezzo di pergamena ci è
l’interessamento della regina Vittoria, fu messo all’asta. Dietro le
a Berlino Est; i fogli con i testi di Paradiso xxii e xxxiii sono andati
nett conserva la maggior parte dei disegni superstiti del Bot-
arretro un disegno fatto da mano maestra della Scuola Fiorenti-
pressioni di Friedrich Lippmann, direttore del museo di Berlino,
perduti.
ticelli. Anche i fogli berlinesi al momento dell’acquisto erano
na, che si giudica essere o di mano di Sandro Botticelli, o di altro
l’opera fu acquistata dallo stato prussiano. Arrivato a Berlino all’i-
La data più antica sia per i fogli vaticani che per quelli berlinesi
ancora rilegati, precisamente in un volume di cartone rosa con
disegnatore di quell’ottimo tempo del disegno in cui fiorirono e
nizio del novembre 1882, il manoscritto dantesco fu catalogato in
ci riporta dunque a Parigi. Se questa provenienza non è casuale, si
dorso, angoli ed etichetta per il titolo in cuoio rosso. Il titolo
Michel Angiolo Buonarroti, e il Bandinelli, ed altri.
un primo momento «hb 438» e, in seguito, «Cim 33». Nel 1883 il
può supporre che l’opera sia giunta completa in Francia, portatavi
volume fu smembrato; ai fogli con le illustrazioni furono applicate
probabilmente dallo stesso Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici,
cornici in passepartout in modo da essere visibili singolarmente
forse come dono per un dignitario francese al momento della sua
e dai due lati. Nella rilegatura rimase almeno un foglio, quello col
missione nel 1501. Lì poi l’opera per circostanze avverse a noi igno-
testo di Paradiso xxx. Durante la seconda guerra mondiale, il tra-
te sarebbe stata smembrata una prima volta, dando vita alle due
Non si riesce a risalire più indietro nel seguire il frammento di
sporto del patrimonio del museo in diversi luoghi sicuri causò una
raccolte sopra ricordate e a una terza di 8 fogli andata perduta. Ciò
Dal carattere si giudica che sia stato scritto da qualche frate in
Berlino: nel 1803 esso si trovava, rilegato, nella libreria parigina di
suddivisione dei fogli berlinesi. La rilegatura, i fogli dell’Inferno (a
spiegherebbe anche il motivo per cui un’opera ritenuta «cosa ma-
Toscana fra gli anni 1400 – al 1450 – al più tardi. È scritto su per-
Giovanni Molini. Circa 15 anni dopo si può accertarne il possesso
eccezione del testo relativo a Inferno xxxiv e dell’illustrazione con il
ravigliosa» sia stata dimenticata così presto senza lasciare, a quel
gamena di forma oblunga, e ogni pezzo di pergamena contiene
da parte di Alexander Douglas (1767-1852), dal febbraio 1819 duca
Grande Satana) e l’inizio del Purgatorio fino all’illustrazione del can-
che ci è possibile constatare, alcuna influenza artistica.
un canto del poema, che le terzine sono divise in quattro colonne.
di Hamilton, padre e predecessore del summenzionato duca di Ha-
to viii si trovano oggi a Berlino Ovest; l’Inferno col Grande Satana,
2. I fogli berlinesi
impresso in oro sulla coperta anteriore era: «dante/manoscritto». Il codice dovette essere rilegato verso la fine del 1700. Nella coperta anteriore è incollato un foglio protocollo con le parole: «Manoscritto di Dante Alighieri.
Il numero de’ pezzi di pergamena, e dei disegni sono 88 in tutto. Verificato da me sottoscritto, Parigi li 27 di aprile 1803, Gio: Claudio Molini, Ljbraio»
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3. Descrizione codicologica
stra la diversa impostazione di scritto e immagine sul recto e il verso
essere anteriore a qualsiasi smembramento. I numeri «80» e «81»,
canto («Cap. viii Io dico seguita(ndo)»), con cui inizia ora il volume.
di ogni singolo foglio, il libro doveva essere sfogliato dal basso ver-
invece, sulle illustrazioni di Paradiso xviii e xix sono posteriori al pri-
In conclusione, a Berlino sono ora conservati 85 disegni di Bot-
I fogli del manoscritto sono di sottile pergamena di pecora e mi-
so l’alto. Una volta aperto, esso presentava in alto, cioè sui versi, le
mo smembramento. Se il grande Satana è considerato due fogli,
ticelli: i 28 di Berlino Ovest, più i 57 di Berlino Est. A essi vanno ag-
surano cm 32,5 × 47. Originariamente dovevano essere più gran-
illustrazioni, in basso, cioè sui recti, il canto relativo. Per ogni canto
nel codice completo il Paradiso xviiii doveva trovarsi sul foglio 87.
giunti i 7 della Biblioteca Vaticana per un totale di 92 fogli. I due Co-
di, come appare probabile per la differente distanza del compasso
era prevista un’apposita illustrazione a piena pagina. L’ultimo canto
Nella numerazione, perciò, dovevano già mancare 7 fogli, vale a
dici Reginensis e Hamilton contenevano 95 disegni (rispettivamente
dal margine del foglio e per il taglio dello scritto al margine destro
dell’Inferno presenta due illustrazioni. Sui fogli, oltre ai testi della
dire i fogli attualmente conservati in Vaticano.
7 e 88) per cui, in seguito allo smembramento effettuato a Berlino
dell’illustrazione di Paradiso xxviii.
Commedia e alle illustrazioni con scritte dell’artista vi sono anche
Per quanto riguarda il libro e la sua storia, dalle numerazioni
nel 1883 e alla ulteriore divisione per le vicende della seconda guer-
I testi sono scritti sul lato "pelo"; il lato "carne", più fine e privo di
aggiunte di mano più tarda: numerazioni, indicazioni del numero
risulta dunque da un lato che in origine il manoscritto era comple-
ra mondiale sono andati perduti 3 fogli mentre 8 erano già anda-
pori, è stato riservato alle illustrazioni. I due frammenti dei codici
dei canti e segni di lettura. Nei fogli vaticani le numerazioni sono
to, dall’altro che ne sono state distaccate due volte parti minori: in
ti dispersi in precedenza. L’opera che constava originariamente di
Reg. lat. 1896 e Ham. 201 contenevano in tutto 95 fogli, comincian-
scritte in parte sul lato carne, in parte sul lato pelo della pergamena
primo luogo i 7 fogli della Vaticana, in seguito gli 8 dell’Inferno oggi
103 fogli, è ora composta di 92. Gli 11 fogli dispersi rappresentano
do con la rappresentazione dell’imbuto infernale e con l’illustrazio-
e si riferiscono alla posizione dei fogli nel Codice Reg. lat. 1896. Sui
dispersi.
indubbiamente una grave perdita, tuttavia la serie di disegni botti-
ne di Inferno i sul verso dello stesso foglio e terminando con il testo
fogli berlinesi vi sono tracce di due diverse numerazioni. Un resto
L’indicazione sulle pagine del testo del numero dei canti si trova
celliani a commento della Divina Commedia costituisce una galleria
di Paradiso xxxiii, mentre 8 fogli erano già andati perduti in prece-
della prima numerazione si trova sul recto del Grande Satana sul
soltanto nelle parti berlinesi del manoscritto ed è dunque stata ap-
ammirevole di situazioni, ritratti e personaggi, un capolavoro dell’il-
denza.
cui lato superiore è presente il numero «35» che ha un significato
posta al più presto dopo la prima divisione.
lustrazione libraria anche se ora ammiriamo i disegni più come fo-
Sia il testo che le illustrazioni utilizzano la pergamena in formato
se lo si considera come resto della numerazione della serie, con-
Sul margine superiore della pagina di testo di Inferno viii è sta-
trasversale, i fogli erano rilegati in senso longitudinale. Come dimo-
servatasi ancora completa. Questa numerazione dovrebbe, quindi,
to annotato, probabilmente dopo lo smembramento, un cenno al
gli singoli che come parte di un codice grandioso per concezione e realizzazione.
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INDICE DELLE TAVOLE
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Inferno 147
Il corpus ritrovato delle illustrazioni di Botticelli alla Divina Commedia è composto da 92 tavole, realizzate e conservate presso il Gabinetto di Disegni e Stampe di Berlino (codex Hamilton 201 Cim. 33) e presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (Codex Reginensis Latinus 1896). I disegni illustrano novanta dei 100 canti della Commedia, la miniatura a destra apre la serie dell’Inferno e rappresenta il cratere. Una raffigurazione di Lucifero segue il canto xxxiv dell’Inferno ed è realizzata su un doppio foglio di pergamena. Otto illustrazioni di Botticelli sono andate perdute, quelle corrispondenti ai canti ii, iii, iv, v, vi, vii, xi, xiv dell’Inferno e due non sono mai state realizzate, relative ai canti xxxi e xxxiii del Paradiso.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, l'Abisso dell'Inferno (Imbuto infernale). Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana © 2021. Foto Scala, Firenze/Heritage Images.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto viii. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto x. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana © 2021. Foto Scala, Firenze/Heritage Images.
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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xv. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana © 2021. Foto Scala, Firenze/Heritage Images.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xviii. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxvii. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxviii. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxix. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxxi. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxxiv-1. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxxiv-2. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin.
Purgatorio 153
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia. Purgatorio, canto ii, Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv. Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia. Purgatorio, canto iii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv. Cim. 33. Foto: Philipp.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto vii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto x. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xviii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xix. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xxiii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xxv. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xxxi. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Foto: Joerg P. Anders. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xxxii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
Paradiso 159
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto ii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Joerg P. Anders.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto iv. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Joerg P. Anders.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto v. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto vi. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Joerg P. Anders.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto xv. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto xxiii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto xxv. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto xxviii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Firenze, Paradiso, canto xxix. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Botticelli, Paradiso 29. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto xxx. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv. Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.
ELENCO DEI FOGLI E LORO COLLOCAZIONE
recto Imbuto infernale Testo Inf. I Testo Inf. II Testo Inf. III Testo Inf. IV Testo Inf. V Testo Inf. VI Testo Inf. VII Testo Inf. VIII Testo Inf. IX Testo Inf. X Testo Inf. XI Testo Inf. XII Testo Inf. XIII Testo Inf. XIV Testo Inf. XV Testo Inf. XVI Testo Inf. XVII Testo Inf. XVIII Testo Inf. XIX Testo Inf. XX Testo Inf. XXI Testo Inf. XXII Testo Inf. XXM Testo Inf. XXIV Testo Inf. XXV Testo Inf. XXVI Testo Inf. XXVII Testo Inf. XXVIII Testo Inf. XXIX Testo Inf. XXX
verso illustrazione Inf. I illustrazione Inf. II illustrazione Inf. III illustrazione Inf. IV illustrazione Inf. V illustrazione Inf. VI illustrazione Inf. VII illustrazione Inf. VIII illustrazione Inf. IX illustrazione Inf. X illustrazione Inf. XI illustrazione Inf. XII illustrazione Inf. XIII illustrazione Inf. XIV illustrazione Inf. XV illustrazione Inf. XVI illustrazione Inf. XVII illustrazione Inf. XVIII illustrazione Inf. XIX illustrazione Inf. XX illustrazione Inf. XXI illustrazione Inf. XXII illustrazione Inf. XXIII illustrazione Inf. XXIV illustrazione Inf. XXV illustrazione Inf. XXVI illustrazione Inf. XXVII illustrazione Inf. XXVIII illustrazione Inf. XXIX illustrazione Inf. XXX illustrazione Inf. XXXI
Biblioteca Apostolica Vaticana perduto perduto perduto perduto perduto perduto Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Biblioteca Apostolica Vaticana Biblioteca Apostolica Vaticana perduto Biblioteca Apostolica Vaticana Biblioteca Apostolica Vaticana perduto Biblioteca Apostolica Vaticana Biblioteca Apostolica Vaticana Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett
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Testo Inf. XXXI Testo Inf. XXXII Testo Inf. XXXIII Testo Inf. XXXIV
166
Pagina vuota Testo Purg. I Testo Purg. II Testo Purg. III Testo Purg. IV Testo Purg. V Testo Purg. VI Testo Purg. VII Testo Purg. VIII Testo Purg. IX Testo Purg. X Testo Purg. XI Testo Purg. XII Testo Purg. XIII Testo Purg. XIV Testo Purg. XV Testo Purg. XVI Testo Purg. XVII Testo Purg. XVIII Testo Purg. XIX Testo Purg. XX Testo Purg. XXI Testo Purg. XXII Testo Purg. XXIII Testo Purg. XXIV Testo Purg. XXV Testo Purg. XXVI Testo Purg. XXVII Testo Purg. XXVIII Testo Purg. XXIX Testo Purg. XXX Testo Purg. XXXI Testo Purg. XXXII
illustrazione Inf. XXXII illustrazione Inf. XXXIII illustrazione Inf. XXXIV (1) illustrazione Inf. XXXIV (2) (foglio doppio) illustrazione Purg. I illustrazione Purg. II illustrazione Purg. III illustrazione Purg. IV illustrazione Purg. V illustrazione Purg. VI illustrazione Purg. VII illustrazione Purg. VIII illustrazione Purg. IX illustrazione Purg. X illustrazione Purg. XI illustrazione Purg. XII illustrazione Purg. XIII illustrazione Purg. XIV illustrazione Purg. XV illustrazione Purg. XVI illustrazione Purg. XVII illustrazione Purg. XVIII illustrazione Purg. XIX illustrazione Purg. XX illustrazione Purg. XXI illustrazione Purg. XXII illustrazione Purg. XXIII illustrazione Purg. XXIV illustrazione Purg. XXV illustrazione Purg. XXVI illustrazione Purg. XXVII illustrazione Purg. XXVIII illustrazione Purg. XXIX illustrazione Purg. XXX illustrazione Purg. XXXI illustrazione Purg. XXXII illustrazione Purg. XXXIII
Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett
Testo Purg. XXXIII Testo Par. I Testo Par. II Testo Par. III Testo Par. IV Testo Par. V Testo Par. VI Testo Par. VII Testo Par. VIII Testo Par. IX Testo Par. X Testo Par. XI Testo Par. XII Testo Par. XIII Testo Par. XIV Testo Par. XV Testo Par. XVI Testo Par. XVII Testo Par. XVIII Testo Par. XIX Testo Par. XX Testo Par. XXI Testo Par. XXII Testo Par. XXIII Testo Par. XXIV Testo Par. XXV Testo Par. XXVI Testo Par. XXVII Testo Par. XXVIII Testo Par. XXIX Testo Par. XXX Testo Par. XXXI Testo Par. XXXII Testo Par. XXXIII
illustrazione Par. I illustrazione Par. II illustrazione Par. III illustrazione Par. IV illustrazione Par. V illustrazione Par. VI illustrazione Par. VII illustrazione Par. VIII illustrazione Par. IX illustrazione Par. X illustrazione Par. XI illustrazione Par. XII illustrazione Par. XIII illustrazione Par. XIV illustrazione Par. XV illustrazione Par. XVI illustrazione Par. XVII illustrazione Par. XVIII illustrazione Par. XIX illustrazione Par. XX illustrazione Par. XXI illustrazione Par. XXII illustrazione Par. XXIII illustrazione Par. XXIV illustrazione Par. XXV illustrazione Par. XXVI illustrazione Par. XXVII illustrazione Par. XXVIII illustrazione Par. XXIX illustrazione Par. XXX pagina vuota illustrazione Par. XXXII pagina vuota pagina vuota
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Finito di stampare giugno 2021 ISBN: 978-88-16-60639-5
9
788816
606395
€ 100,00