BOTTICELLI. PAINTINGS FROM THE DIVINE COMEDY

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BOTTICELLI

Quadri dalla Divina Commedia


BOTTICELLI Testi di

Quirino Principe

Quadri dalla Divina Commedia di Dante Alighieri


SOMMARIO

6 25 © 2021 Editoriale Jaca Book Srl, Milano Tutti i diritti riservati Copertina e grafica Jaca Book / Paola Forini

Stampa e legatura E-Graphic Srl Viale Edison, 4 37059 Campagnola di Zevio (VR) giugno 2021 ISBN 978-88-16-60639-5 Editoriale Jaca Book via Giuseppe Frua 11, 20146 Milano; tel. 02 48561520 - 342 5084046 libreria@jacabook.it; www.jacabook.it ebook: www.jacabook.org Seguici su

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TREMANO LE CARTE

Inferno IN LUOGO D’OGNI LUCE MUTO Purgatorio ESTO VISIBILE PARLARE Paradiso IN FIAMMA FAVILLA SI VEDE

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NOTA DI LETTURA

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INDICE DELLE TAVOLE

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FOGLI E COLLOCAZIONE


TREMANO LE CARTE O bella bella bella madona […]

s’ eo la bella potesse avere en t[enim]ento

«Unca non azo ben né noite né die,

po’ i’ moriré con gaudimento.

ke le to bellece saço gran malvasia, [ke eo mo]rirè, dulce anima mia.

6

Se m’amarè, bella, fari’ gran cortesia».

Frammento manoscritto (secolo xii o xiii)

Per […] non laxarè per auro né per argento

nell’Archivio Capitolare di Sant’Antonino in Piacenza, C. 49, fr. 10

N

essuno sa come oltrepassare i

dolenta, da sé stessa venduta all’obbligo di mentire, è la masna-

daganti, controllori d’ogni risma, frantumano, sbocconcellano e in-

essere risucchiati da un vortice, «[non] rari nantes in gurgite vasto».

confini dello spazio e del tempo.

da astuta, ora melensa ora delinquenziale, che perseguita, umilia

fine vomitano una simil-lingua “italiana”, malamente anglicizzata e

Rarissimi fra chi annaspa, ma forse non del tutto scomparsi, fra

Ma siamo noi lo spazio, noi siamo

e deruba i sudditi: quella variante di malgoverno dal fetido alito

perciò ridotta a maleodorante poltiglia. Chi voglia allontanarsi da

noi sono i reclusi cui torna alla mente la camera sprangata del vec-

il tempo. Costruiamo transenne e

di burocrazia che si autodefinisce “il Governo”, o “la Giustizia”, o,

questo buio magazzino, in cui marcisce un rimasuglio dell’idioma

chio e a suo tempo famosissimo romanzo poliziesco del 1891, The

le spostiamo per eluderle, innalziamo pareti impenetrabili ma per

semplicemente e spudoratamente, “lo Stato”, oppure, peggio, il

per noi generante e ontologico (prima esiste l’italiano, poi l’Italia),

Big Bow Mystery di Israel Zangwill. Sempre più ci sfugge il controllo

vincere l’ostacolo le progettiamo scorrevoli. Per consentire il movi-

“man”, l’impersonale “si” definito da Heidegger.

s’imbatte in ostacoli accumulati alla rinfusa, e inciampa e urta con-

dello spazio a noi concesso, e il tempo pare immobile: nessuna via

mento, inventiamo congegni che agiscano al momento giusto, e

E sempre, là dove si pretende di “governare” (in realtà, domi-

tinuamente contro spigoli di corroso mobilio, contro vetrame che

d’uscita si scorge, né si annuncia una liberazione, mentre avanzia-

programmiamo la durata e i limiti delle loro funzioni. Generiamo

nare) e “amministrare” (in realtà, opprimere), si avverte l’odore di

abrade e ferisce la pelle. Andando a tastoni, oppressi dalla tenebra

mo e inciampiamo e indietreggiamo. Tastando le pareti che tra

i nostri eredi e li lanciamo in un mondo che a essi promette, con

chiuso e di polvere, il tanfo delle cataste di faldoni. Eccole qua, le

di corridoi tagliati in due da imprevisti tramezzi, siamo costretti a

poco ci schiacciano, ci accorgiamo che siamo di nuovo là, da dove

ogni probabilità, il morbo, la morte, l’estinzione. Tale è il destino

vetuste moltitudini di fogli ancora scritti a mano, in cui gaglioffi e

piegare, svoltare, deviare, retrocedere. Perché stupirsi? Sapevamo

ci eravamo mossi. Si affaccia una paurosa realtà: siamo prigionieri

che ci fabbrichiamo. Tanto più lo è, quanto più l’inclinazione pre-

lestofanti infliggevano ai meno lestofanti e meno gaglioffi un desti-

da gran tempo che la diritta via era smarrita.

di un labirinto. Questa figura, al cui centro immaginiamo un piane-

valente in una cultura e in una civiltà è lo scivolare fuori dalla sfera

no bieco e feroce tutto configurato in mostruosi e ripugnanti strazi

Urtando contro pareti e sbarre, pieghiamo, svoltiamo per for-

ta di azoto congelato allo zero assoluto oppure un bulbo di plasma

dell’Essere e l’essere attratti dalla sfera dell’Avere e dai suoi emi-

dei corpi, sovente benedetti da gesti di orazione e di assoluzione

za, deviamo maledicendo, retrocediamo con disperazione. I nostri

ardente a un numero infinito di Kelvin, ha l’esattezza matematica

sferi speculari, il Potere e il Mercato. Così lo spazio, invaso dall’in-

delle anime. Poco più in là, ecco le nuove cataste di fogli ancora

passi nel buio sono una via contorta e spezzata, tutta angoli chiusi

di un incubo mai dissolto da alcun risveglio, com’è proprio di tutto

gombro e dal disordine, si rivela impervio, scostante, ostile. Una

lindi e odorosi di stampante, ricoperti da sproloqui d’involontario

tra segmenti a loro volta ritorti e arrotolati. Talvolta, è indubbio che

ciò che pensiamo esatto. Il cieco e veggente autore dei Nueve en-

fra le sue sembianze, forse la più immediatamente odiosa e frau-

umorismo in cui legislatori, gendarmi, gabellieri, sorveglianti, in-

stiamo camminando a spirale, e ci sentiamo stritolati, o prossimi ad

sayos dantescos ha creduto di trovare, nello spettro di un’immagi-

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ne labirintica, il nucleo intellettuale del poeta alla cui lettura anche

surare amaramente il tempo sprecato e i passi perduti. Vorrem-

dove lo cerchiamo per ucciderlo, e dove alla fine siamo uccisi. Sia-

bale su coloro che avevano cercato il mondo senza gente. Forse, è

noi abbiamo dedicato il meglio della nostra vita. Anzi, la fisiono-

mo che questo spazio mostruoso fosse l’universo, e che un caso

mo noi lo spazio, noi siamo il tempo. Nel labirinto, noi e non altri

la stessa montagna, gigantesco magnete, che attirò tutti i chiodi e

mia di quel poeta trasvolato dalla terra settecento anni fa ritorna

d’infinitesima probabilità ci immobilizzasse in un punto dal quale

strisciamo in bilico fra tombe scoperchiate, e se un’ombra emerge

tutto il metallo dalla nave di Sindbad, sfasciandola mentre i mari-

proprio in due “finzioni” dell’autore al quale alludiamo. La prima è

potrebbe balenare alla nostra mente, per un istante d’infinitesima

dal tenebroso orifizio il colloquio è funestato da dolenti equivoci.

nai annegavano. Siamo noi che abbiamo sognato di salvarci sulle

Abenjacán el Bojarí, muerto en su laberinto, dove l’ucciso non è chi

durata, la ratio dell’enigma: no, non quella ontologica e assoluta,

Camminiamo cauti sugli argini del Flegetonte dall’erba incenerita,

aiuole fiorite tra Lete ed Eunoe, e ci tingiamo di rossore quando

si nasconde nell’enigmatica struttura e là è scoperto e inchioda-

poiché ciò sarebbe impossibile in quanto contraddizione in termini

sfiorando il mai scongiurato pericolo della pioggia di fuoco, della

una voce che ci ha trafitti con il suo silenzio mette a nudo la nostra

to, bensì l’altro, attirato a tradimento dalla presunta vittima. Il se-

(chiave di qualcosa che non può essere il totalmente altro da quel

valanga di neve, del lago di ghiaccio che ci imprigiona, dello sterco

coscienza. Siamo umiliati ma sempre affascinati quando la stessa

condo racconto, fulmineo come un brivido, è Los dos reyes y los

qualcosa), bensì almeno la ratio matematica e cosmica. Ma non

che ci insozza, della melma che ci empie la strozza mentre gorgo-

voce, con fredda didattica e timbro ahinoi seducente, ci moritifica

dos laberintos, dove l’inestricabile intrico carcerario si trasforma,

sapremo mai se il labirinto sia il Tutto: la diritta via era smarrita

gliamo un inutile lamento, dei supplizi che ci capovolgono con la

costringendoci a specchiarci nella nostra ignoranza che prima cre-

a tradimento, in qualcosa di più terribile. A tradimento, poiché la

già al principio del viaggio nel buio, e la mappa, sia pure approssi-

bocca affondata nel fango o ci squarciano dalla gola all’inguine o

devamo ingegno. Siamo noi, sempre noi, anche quando, increduli

repentina metamorfosi ci pugnala alle spalle.

mativa e male orientata, avremmo dovuto osservarla dall’esterno,

ci tagliano il naso fin sotto le ciglia o ci costringono ad avanzare

dinanzi al paradosso, siamo incatenati a un castigo che dovreb-

Quale metamorfosi? È un “coup de théâtre”, o stiamo scivolan-

e soprattutto dall’alto. Ciò era ed è e sarà impossibile, poiché la

tenendo per la chioma la nostra testa mozza. Nostro è il sogno

be essere più crudele della privazione e della morte violenta, più

do lungo un anello di Möbius? Che cosa è più terribile della casa

mappa comprende noi, e non possiamo immaginarla né parlarne

in cui ci salviamo rivedendo le stelle e toccando terra su un’isola

crudele del nostro essere stati adulteri e soggiacenti alla libido, e

di Asterione? Il labirinto è la caotica somma di oggetti accatastati

come di un Tutto senza il dato di partenza: la mappa siamo anche

ai piedi di una montagna, probabilmente quella da cui il turbine

ci accorgiamo del mai sperato privilegio, a noi inflitto dall’impla-

e pigiati, e ogni rudere o rimasuglio ci obbliga a sbattere contro

noi, il labirinto non sarebbe ciò che è se non ne fossimo parte. Noi

si avventò sul legno che tre volte girò su sé stesso. Alla quarta, la

cabile giudice, per cui la bella persona che ci fu tolta è incollata a

qualcosa, a bloccarci, a deviare, a ritornare sui nostri passi, a mi-

siamo il Minotauro, noi siamo mortalmente feriti nella sua casa

nave s’inabissò a capofitto, e l’oceano si chiuse come lastra tom-

noi in eterno, in perenne bacio e amplesso e unione. Punizione o

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premio? Pare che l’universo sia spiraliforme, che il principio tenda

soluzione degli enigmi si rivelerebbe al termine di un lungo voyage

luce diffusa in questa sfera. Ma la necessità rimane oscura nella

opulento e reo di frode si ritorce la vendetta del re povero, bef-

a somigliare alla fine e il prossimo al remoto. Tuttavia, anche il

au bout de la nuit, tale da scavalcare gli ingannevoli Holzwege, e

sfera dell’Avere (e nella sua sottosfera del Potere che controlla e

fato e umiliato, che con pari frode conduce l’arrogante nel “pro-

dono a noi concesso dal “rex tremendae maiestatis” si rivela su-

destinato a dare ordine, senso logico e significazione alla caotica

perseguita), poiché qui la conoscenza è sostituita dalla famigerata

prio” dominio, immensa torrida sitibonda estensione di sabbia,

premo inganno, e Lucrezio ci rammenta l’eterna delusione: «sic

materia che riempie e ingorga il labirinto e ne ostruisce e para-

domanda prioritaria: «Was kommt danach?» (“E poi, quali possono

e lo abbandona là «donde no hay escaleras que subir, ni puertas

in amore Venus simulacris ludit amantis», e i due illusi dal desi-

lizza i percorsi, i passaggi e i canali, ottenebrando e occultando

essere le conseguenze?”) che Theodor Storm segnalava come tipi-

que forzar, ni fatigosas galerías que recorrer, ni muros que te

derio «adfigunt avide corpus iunguntque salivas / oris et ispirant

la ratio che speriamo di rintracciare. Questo, però, è possibile se

ca del “Knecht”, del lacchè, mentre il significato è sostituito dalla

veden el paso». Il labirinto è diventato il deserto.

pressantes dentibus ora / nequiquam…». Invano! Vorremmo final-

la visione si colloca nella sfera dell’Essere. Qui, la bufera infernale

menzogna o dalla calunnia o dall’adulazione.

mente essere Uno: l’Avere ci governa negli impulsi della libido, ma

che scuote gli amanti, e il Flegetonte, e le paludi di melma e di ster-

Falsificare i significati ha un esito: priva di Essere tutto ciò che

rinto, può dunque trasformarsi in un vacuum: l’odio, la fatica e la

l’Essere ci offre soltanto un’esistenza a Due. E l’Uno è insufficiente

co, e la testa mozza tenuta pendula per la chioma dal suo titolare

è nel labirinto. Ogni parvenza logica si sfascia, come nel celebre

paura possono tradursi in disperazione e in follia. Non corrono

poiché non può far a meno di cercare l’Altro, ma Due è troppo poi-

decapitato, e la faticosissima ascesa della montagna, e la supplica

“absurdum” in stile sofistico, nel quale si dimostra che 1 = 2, poi-

questo pericolo le visioni a noi lasciate in eredità unica nel suo

ché è “di troppo”, come il doppio e inverso esito, come il fastidioso

del poeta occitanico che poi «si ascose nel foco che li affina», e gli

ché con un gioco illusionistico si fa passare inosservata una di-

genere da Dante Alighieri, intelletto superiore, combattente civi-

benché irrisorio resto di una divisione che esigevamo esatta. Ap-

sferzanti giudizi scolastici di Lei che ci sorride soltanto alla fine e

visione per Zero (insensata), e lo Zero scivola via mascherato da

le della cui assenza oggi e da gran tempo soffriamo crudelmen-

punto, “esigevamo”, e sarebbe dovuta essere “esatta”. Il miraggio

da distanze cosmiche, tutti questi arredi del labirinto svelano la

binomio. Impossibile individuare nell’Uno il Tutto, anzi l’Uno non

te, talento insuperabile nell’arte poetica e nel pensiero sull’arte,

dell’esattezza ci ha suggerito la possibilità di scegliere tra l’Uno e

necessità del loro “fare sistema”, poiché ogni segno dell’insieme

è neppure sufficiente a recitare un ruolo. Lo Zero finisce per pre-

vero consapevole inventore della lingua italiana, del nostro gu-

lo Zero, e così configurando si potrebbe credere che l’Uno sia suf-

concorre a diventare e a dare conoscenza e significato, progres-

valere sull’Uno e sul Tutto. Come nel menzionato racconto del

sto, della più alta concezione di “nobiltà”. L’Italia che continua a

ficiente, anzi, che sia il Tutto, e lo Zero sia il Nulla. Se così fosse, la

sivamente, a mano a mano che ogni elemento si armonizza alla

bibliotecario cieco, Los dos reyes y los dos laberintos, contro il re

dimenticare e a tradire sé stessa, l’infelice, colpevole e umiliata

Un horror vacui complicato e folto, quale pareva essere il labi-

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Europa, il pavido e svigorito Occidente, non possono vivere e non

ne. Si configura, con pienezza di catastrofe, la tragedia finale della

questo immenso lavoro botticelliano, riferendone inoltre in misu-

ha funzione primaria un rapporto archetipico. L’incombenza di un

sono senza dare la mano a Dante, per trattenerlo a nostra guida

storia intesa come l’era, il saeculum, il καιρός, il funerale, l’attimo ir-

ra riduttiva: «Per essere persona sofistica, comentò una parte di

archetipo comune richiama in ogni caso una relazione di evidenza

e fonte di energia. E per esserne trattenuti e salvati come cultura

ripetibile? Una simile convergenza tra le arti del “dove” e del “quan-

Dante, e figurò lo Inferno e lo mise in stampa, anche se questa pas-

universale: il microcosmo ripete il macrocosmo e viceversa. La di-

e civiltà. Diremo anche: per essergli fedeli, e per meritare l’ine-

do” offrirebbe materia e argomenti, più di quanti non ne riceva,

sione per la Commedia fu causa di infiniti disordini alla vita sua».

mensione dell’osservatore è intermedia: è il suo “mesocosmo”, nel

stimabile privilegio di rispondere con il suo nome a un nuovo

ad alcune grandi sintesi di estetica generale a noi notissime, dal

Per quanto appaia banale, uno spoglio testuale della Comme-

quale il soggetto pensante e considerante non si sente né micro-

Farinata che a uno qualsiasi fra noi domandi: «Chi fuor li maggior

Laokoon di Lessing alla Ästhetik hegeliana al Système des Beaux-Arts

dia, interessato a raccogliere esempi “forti” di sinestesia dantesca

scopico né macroscopico. È un effetto, per così dire, telescopico.

tui?». Il deserto in cui si soffoca, gli odiosi labirinti in cui si smar-

di Alain fino agli scritti di italiani come Guanti, Givone, Agamben,

e situazioni topiche di rapporti tra il discorso poetico e le “arti del

La distanza tra i due termini del rapporto archetipico introduce

risce la libertà e si distrugge un’eredità intellettuale, sono l’unica

né possiamo trascurare pagine essenziali di Schopenhauer in Die

disegno”, è sin da principio un saccheggio di tesori a profusione.

o rafforza la temporalità che, agli occhi più attenti, scorre tra un

alternativa a quella fedeltà. Il deserto sarà la tragedia finale del

Welt als Wille und Vorstellung e di Wagner in Oper und Drama. Tut-

Esempi notissimi: «io venni in luogo d’ogni luce muto» (Inferno, v,

poema e una galleria di immagini. Nel nostro caso, l’archetipo e

mondo inteso come area, luogo, recinto, aiuola, zolla?

tavia, questa raccolta realizzata su commissione, fra le massime

28), «parlare e lacrimar vedrai inseme» (Inferno, xxxiii, 9), «…a’ due

la mimesi scorrono nel tempo, affiancati o in progressiva fusione.

I disegni di Sandro Botticelli per la Commedia di Dante sono di

espressioni creative del pittore fiorentino, non è certo fra le più

mie’ sensi / faceva dir l’un “No”, l’altro “Sì, canta”» (Purgatorio, x,

Potremmo dire che i due significanti si controllino restando indi-

per sé uno fra i massimi esemplari, nella storia delle arti d’Occiden-

conosciute, neppure nella cerchia dei botticelliani più appassiona-

59-60), «esto visibile parlare» (Purgatorio, x, 95). Ma è molto più

pendenti, e mirando non già a unificare il significato, né a limarne

te, della relazione felice e rivelatrice tra i diversi linguaggi artistici.

ti. È un dislivello cognitivo da colmare. Alla fine di questo volume

importante, e più generalizzata nel rapporto tra il testo dantesco e

e smussarne le differenze, bensì ad arricchirsi e a “sonorizzarsi”.

La qualità d’invenzione e d’artificio con cui essi mettono in scena

daremo notizie essenziali su Botticelli, ma qui ricordiamo soltanto

il “commento grafico” di Botticelli, la pressione che l’immagine bot-

Il labirinto e il deserto, ossia il male di vivere e il Nulla, un falso

l’altro labirinto, quello del tempo e della memoria, ravvivano il già

come anche l’inevitabile Giorgio Vasari (Arezzo, mercoledì 30 luglio

ticelliana esercita comunque sul lettore. In qualsiasi forma di con-

Uno-Tutto e uno Zero da incubo, sono l’orrore dello spazio-tempo.

arroventato e duplice sublime della parola poetica e dell’immagi-

1511 – Firenze, domenica 27 giugno 1574) collochi un po’ “a parte”

tatto e di apparentamento tra le arti visive e la poesia (o la musica),

Siamo abituati a pensarli mediante analogie di natura spaziale, ma

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sono possibili metafore temporali. L’orrore raddoppia se immagi-

do qualsiasi forzatura da parte nostra nell’enunciarle. Invito tutti a

accrescere la propria pienezza di significato: quando si sale lungo

ciarpame che ci ostacola e ci blocca, e su un’altura intravediamo

niamo un tempo caotico e labirintico, un magazzino polveroso

confrontarsi con il meraviglioso sforzo di Botticelli innamorato di

la scala delle grandezze (anche in senso metalinguistico ed espo-

un tumulo illuminato: là respira ancora ciò che del nostro Esse-

pieno di residuati di attese, speranze, timori, illusioni e delusioni.

Dante. «Pensa, lettor…!». Qualsiasi opera d’arte, sia essa un cosmo

nenziale) e ci si pone, per sensazione o per giudizio, in un ordine

re (non del nostro Avere) grazie alla memoria riconosciamo. Tutto

Sfioriamo la follia se un incubo ci fa sognare un tempo desertico,

senza limiti come il De Rerum Natura o La nascita di Venere o La Pri-

più complesso, come sarebbe il considerare unità cosmica non più

il resto non ci appartiene, anche se lo credevamo nostro. Nostri

assolutamente vuoto.

mavera o Erlkönig di Franz Schubert o le Duineser Elegien, oppure un

il proprio pianeta ma il proprio sistema stellare, o la propria galas-

sono i soli beni che giustifichino l’esistente: la memoria, le lingue

A noi, l’effetto di quella reciproca armonizzazione tra il disegno

manufatto di eccellente fattura e di gran pregio come la Saliera di

sia, e via ingigantendo ad infinitum. Nelle arti, il contatto dell’una

antiche e nobili che armano la memoria, i libri scritti in quelle lin-

e il verso poetico suggerisce parole come “vibrazione”, o “tremi-

Benvenuto Cellini (o come le scarpe che Hans Sachs faceva per Eva

sull’altra, la sinestesia, la scossa destabilizzante, e, appunto, la “vi-

gue compresa la nostra oggi ancora viva ma sconciata, i versi e i

to”. Non sfugga ad alcuno come Botticelli s’imponga una specie

Pogner…), è in sé compiuta, ci persuade e comunica sé a noi con

brazione” e il “tremito” di cui si diceva, non completano ciò che in

pensieri scritti in quei libri, le parole memorabili che da sole ci da-

di separazione dei ruoli, che crea differenza tra il caos della dan-

piena eloquenza. Purché il suo pubblico sia alfabetizzato, non le è

sé era già compiuto, non rivelano meglio ciò che era già evidente,

rebbero la forza di vivere, come il τέτλαθι di Odissea, xx, 18. «These

nazione da un lato e, dall’altro, il cosmo attraverso il quale e nel

necessaria alcuna esegesi né alcun commento decifratorio, pare-

ma ingigantiscono la percezione, e in particolare il senso del prima

fragments I have shored against my ruins», su questi frammenti

quale le anime si salvano. Nelle immagini per i canti dell’Inferno, la

netico, eccitante. Nessun’altra azione umana, al di fuori di un’arte

e del poi, κατὰ τὸ πρότερον καὶ ὕστερον. «Più ridon le carte / che

ho puntellato le mie rovine.

gestualità delle figure umane e l’espressione del volto, soprattutto

che raggiunga quel livello axiologico, può essere un simile opus

pennelleggia Franco Bolognese» dice Oderisi da Gubbio a Dante

nei contesti più tesi e drammatici, sono quelle di chi sta per fare

perfectum, un lavoro compiuto e dichiarato nelle minime frazioni

(Purgatorio, xi, 82-83). Qui, più che ridere le carte “tremano”.

qualcosa di decisivo. Nei fogli per il Purgatorio e il Paradiso, è diffuso

di ciascun minimo dettaglio. Anche per questo, l’arte è sempre in-

Così nel labirinto o nel deserto fluisce meglio ciò che spezza la

traumatizzanti per violenza figurativa, intensifichino molto il signi-

l’atteggiamento del corpo e del volto di chi ha deciso con sicurezza.

comparabilmente superiore alla vita. Ma è nostra radicata opinio-

prigionia: il tempo, che dà respiro alla memoria. Cominciamo a

ficato e l’icasticità della Commedia dantesca là dove essa tocca un

Confessiamo queste nostre sensazioni: sono soggettive, ma esclu-

ne che in una circostanza, una sola, anche l’opus perfectum possa

ricordare, finalmente solleviamo lo sguardo meno oppresso dal

triplice dominio poetico:

Qui si affaccia un delicatissimo tema di discussione. Osserviamo come gli scenari botticelliani, sorprendenti e talora persino

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(a) la sessualità come natura e oggetto di naturales quaestiones

gio: la coincidenza di tre supremi obiettivi, il felice appagamento

tra The Waste Land e vari luoghi dei Four Quartets, altro fuoco.

Oramai, è d’obbligo assumere come punto di riferimento l’im-

(b) la lussuria come vizio (“peccato”?) e le sue laide manife-

sessuale, la piena conoscenza di Dio, la santa beatitudine. I testi

Non esitiamo a indicare un esito analogo, come supremo piacere

menso lavoro di scavo e di analisi che ha compiuto e sta accre-

islamici più influenti si muovono sempre sul crinale tra ortodos-

della visione accesa dalla parola poetica, in illustri immagini del

scendo Enrico Malato: in particolare, i suoi Nuovi studi su Dante

(c) l’illuminata distinzione tra libido, eros e agàpe.

sia sunnita e “alcune licenze” eterodosse. Perciò la loro lettura

Quattrocento fiorentino. Fra tutte, il volto che dobbiamo, ancora

(Bertoncello Artigrafiche, Cittadella, Padova 2020).

Avviciniamo queste caratteristiche, e la loro drammatica evi-

dà felicità, e a Dante devono averne data molta, per quel tanto

una volta, a Botticelli: Simonetta Cattaneo Vespucci, ossia Venere

Non meno frequentata è la sovrabbondante bibliografia sul-

denza nei disegni botticelliani, all’idea di felicità che percorre la

o poco che del loro pensiero egli abbia potuto conoscere. Del

nascente. Una lunga catena che dà continuità (per ora?) all’esi-

le origini cristiano-esoteriche di quella linea nel pensiero di Dan-

poesia e la trattatistica amorosa in Europa e nel mondo mediter-

resto, un poeta sommo nella storia interculturale della civiltà,

stenza della Bellezza in seno all’amour et l’Occident. I versi “aristo-

te: itinerari per lo più francesi, franco-provenzali, italiani. Lungo

raneo, nei secoli tra il x e il xiv. Uno fra i temi primari degli studi

Omar Khayyām (1048-1131), ci dona già intera e luminosa («la

telici” di Omar Khayyām, «ci accese un Fuoco nel cuore l’Acqua

alcune generazioni, è stato un importante e talora imbarazzan-

su Dante e sulla Commedia è la ricezione e l’influenza dei poeti

sentencia es de Omar…») l’immagine nobile di ciò che chiamia-

degli occhi, / la vita al Vento gettammo, e poi ci accolse la Terra»,

te riferimento il filologo medievista Luigi Valli (Roma, 1878 – ivi,

e dei filosofi islamici, sia essa dichiarata o implicita: le allusioni

mo, riduttivamente e alla cieca, “i piaceri dei sensi”, trasfigurati

sembrano volare sulle elitre della memoria fino a suonare come

1931), stranamente trascurato dalle due più interessanti biografie

ricorrenti riguardano, soprattutto, l’autore che con nome abbre-

da un’estasi intellettuale. Azzardiamo un accostamento allo stil

eco nel Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo il Magnifico, cugino

di Dante fra quelle apparse dopo il 2010, quelle di Giorgio Inglese

viato identifichiamo come Ibn Ḥazm (994-1064) con il suo Ṭawq

novo (Guinizelli, Al cor gentil, la strofa finale), o al sublime occi-

del committente che affidò a Botticelli la realizzazione dei disegni

(2015) e di Alessandro Barbero (2020). Fra le pubblicazioni di Luigi

al-Ḥamāma (“Il collare della colomba”), e Avicenna (Ibn Sīnā, 980-

tanico di Arnaut Daniel, o al sublime “al quadrato” con cui Dante

per la Commedia di Dante.

Valli, che riguardo all’esoterismo fu ardente discepolo di Giovanni

1037) con il “manuale” sull’amore cortese Risȃla fȋ ‘l-‘išq. Il discor-

fissa in eterno lo stesso Arnaut: «…Poi s’ascose nel foco che li

Che una parte cospicua della filosofia di Dante sia un’eredità di

Pascoli, almeno una decina hanno il pensiero di Dante come obiet-

so, in quei testi, attraverso audaci irruenze e caute (“sagge”…!)

affina» (Purgatorio, xxvi, 148), un verso dal quale non a caso un

fonte islamica, da scritti orientali collocabili lungo i secoli x e xiii, è

tivo centrale. In particolare: Il segreto della Croce e dell’Aquila nella

correzioni delle correzioni, lascia intuire un meraviglioso mirag-

altro sommo come Thomas Stearns Eliot avrebbe sprigionato,

notissimo topos degli studi danteschi.

Divina Commedia (1925), e Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli

stazioni

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d’Amore (1927). Sull’appartenenza di Dante a una presunta set-

Scendiamo dalle cime «dove poter peccar non è più nostro»,

essenzialmente estetiche poteva essere considerato peccami-

sità ci indirizzasse anche verso una terza interpretazione, quella

ta esoterica chiamata “Fedeli d’Amore” si è discusso molto, con

inaccessibili ai mortali, un po’ “alla Parsifal di Wagner” (anzi, non

noso) un amore extraconiugale, e a noi suona come tristaniano,

musicale, si ascolti una buona volta il prezioso e trascuratissimo

benevola ironia, soprattutto da parte degli italianisti, invocan-

ne resta forse una tenue traccia nella “Shangri-La” di James Hil-

welsungico, wagneriano. La concezione dell’Amore coltivata da

Trittico botticelliano (1927) di Ottorino Respighi (Bologna, lunedì 9

do la debole e approssimativa preparazione filologica di Valli.

ton e Frank Capra, Lost Horizon?), e percorriamo le memorie stori-

Capellanus nei primi due libri può essere definita “un abbraccio

giugno 1879 – Roma, sabato 18 aprile 1936): La Primavera, L’adora-

Ma, per esempio, un superbo maestro come Gianfranco Con-

che di quei secoli e un loro lavoro in ombra, quello del precettista

di pensieri nascosti, nobile ma deciso a percorrere l’intera via di

zione dei Magi, La nascita di Venere. La contemplazione dei disegni

tini, notoriamente incline a considerare l’esoterico poemetto Il

amoroso. Valga un nome su tutti, in salda e indubbia relazione

un piacere che alla fine si trasfigura in felicità”. Nel iii libro del De

di Botticelli lascia un segno che non abbandona più la nostra me-

Fiore come opera probabilmente dantesca, aveva in merito una

con Dante, con la Vita nuova come con il Convivio e con le Rime d’i-

Amore, ecco un sorprendente capovolgimento: un’aspra censura

moria. Per chiunque accusi, al termine della propria vita, il peso

posizione personale assai meno drastica. Del resto, se ci spo-

spirazione stilnovistica e con la Commedia: l’ecclesiastico Andreas

colpisce l’adulterio, l’incesto, il sesso fuori dal matrimonio, il ve-

immane di una cultura occidentale (e planetaria) tutta storicizzata,

stiamo dai secoli x-xii ai secoli xii-xiv, incontriamo un energico

Capellanus (André le Chapelain, ca. 1150-1220), che fu segretario

stiario seducente, il belletto, la licenziosità nel parlare. I sugge-

la visione successiva e sempre più ravvivante dei fogli (purtroppo,

flusso di poemi e trattati d’Amore, tutti allegorici e folti di sim-

e forse proprio “cappellano” della contessa Marie de Champagne,

rimenti e i giudizi dei primi due libri sono demoliti e polverizzati.

meno di 100, poiché la storia è sovente crudele con la memoria)

bologia spesso indecifrabile, in cui le figure più enigmatiche

figlia di Luigi vii re di Francia e della terribile Eleonora d’Aquita-

Una retractatio in piena regola, probabilmente dovuta a timori

donati da Botticelli al nostro presente immeritevole agisce profon-

sono quasi sempre femminili. Nella stessa Commedia di Dante

nia. Dante conobbe a fondo il trattato in medio-latino De Amore,

suscitati da minacce ecclesiastiche.

damente soprattutto su una figura e sul suo carattere: Beatrice. I

non mancano eventi e figure di natura allegorica e di diffici-

scritto da Capellanus intorno al 1185. Nel De Amore di Andreas, in

A parte l’amara disavventura subìta dal libro di Capellanus, a noi

canti di Purgatorio xxx-xxxiii e di Paradiso i-xxxi, e persino il triste

le interpretazione: si pensi alla lunga presenza, sulla vetta del

tre libri, i primi due sono molto “aperti”: l’amore nobile e cortese

sembra che la visione d’insieme, risultante dall’armonizzazione tra

e meraviglioso inno e congedo “in modo minore” dei versi di xxxi,

Purgatorio e nell’Eden, della misteriosa Matelda (Purgatorio,

dev’essere sempre (per ragioni stilistiche: anche questa motiva-

le sceneggiature della Commedia dantesca e i disegni di Botticelli,

79-90, ci restituiscono una femminilità scostante, didattica, puni-

canti xviii-xxx).

zione era molto “laica”, in un’epoca in cui accampare esigenze

ci sospinga verso un approdo lievemente diverso. Se poi la curio-

tiva, controllatissima, sovente sarcastica e professorale, fredda se

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20

non gelida, che si riscalda soltanto se lancia un’invettiva politica

di una stella doppia, “das Ewig-Weibliche” insieme con “la donna

Così la libido, trasfigurata, non è più la tessera scartata del

vertiginosa, Dante Alighieri e Sandro Botticelli, abbiamo scelto

o (ahinoi!) morale, persino “monetario-teologica” (Paradiso, xviii,

mia quand’ella altrui saluta”. A un altro “altissimo poeta” abbia-

mosaico. La trinità precristiana tende a ricomporsi: l’impulso ses-

un minuscolo frammento cartaceo, staccatosi o strappato da un

133-136; xxx, 133-148).

mo alluso più volte in questa nota: Jorge Luis Borges, autore in

suale, non più peccaminoso, è anch’esso lo strumento che identi-

manoscritto, danneggiato e di conseguenza lacunoso. Malgrado

Molto diversa è Beatrice come appare nei fogli del Codice

tarda età dei Nueve ensayos dantescos. I due racconti che trema-

fica l’entelechia dell’Occidente, quale la desideriamo. La poesia di

ciò, si riconoscono elementi manoscritti di notazione musicale,

Hamilton: non ha mai lo sguardo assente né gelido, sovente

no dinanzi alle immagini del labirinto e del deserto si trovano

Dante e l’arte visiva di Botticelli riaccendono quel desiderio. Sono

e i rozzi versi che in ex-ergo abbiamo riprodotto. La loro invo-

ha i capelli scomposti, sciolti e ondulati, muove il corpo in tutte

nella raccolta borgesiana El Aleph. Il titolo del libro ripete quello

un inno a quella trinità, ai tre beni supremi: la conoscenza felice

cazione alla femminilità, probabilmente il più antico documento

le direzioni. Sovente è combattiva e accigliata, anche infuriata;

del penultimo racconto (l’ultimo è La intrusa), in cui è Aleph un

senza limiti, l’eros felice senza peccati, la civiltà felice senza vin-

scritto di poesia d’amore che abbia preso vita in lingua italiana, ci

raramente ha gli occhi di un giudice implacabile, non è tene-

punto arcano dell’universo dal quale si vede simultaneamente il

coli. Per questo, nel porre un ex-ergo a questa nostra nota e nel

porta lontano, e soprattutto molto in alto. Sia questo di conforto

ra con chi ha peccato, ma non è nemica. Crediamo che lo stile

Tutto, e si comprende Dio e il suo contrario con intelletto com-

pensare con commossa gratitudine alla cultura e alla civiltà italia-

a chiunque, non a torto, guardi in faccia la quotidianità dell’Occi-

di raffigurazione scelto da Botticelli sposti in misura sensibile

piutamente appagato. Palese l’allusione alla visione finale della

na, prima di tentare una meditazione su due intelletti dall’altezza

dente e ne abbia orrore.

l’icona dantesca verso la Gretchen che al termine del Faust di

Commedia di Dante, completata e ravvivata dall’altra citazione:

Goethe prega la Vergine di accogliere l’anima del peccatore da

“Beatriz Viterbo”, nome fittizio, ossia “la Beatrice di Borges”, è

lei sempre amato. Ci piace pensare che l’arte del pittore quasi

la donna amata dal protagonista del racconto, che si chiama

certamente innamorato di Simonetta Cattaneo sua modella e

esattamente “Borges”, ed egli piange interiormente dinanzi alla

sua Venere (e chi avrebbe potuto non innamorarsene?) sia per

fotografia di lei.

noi un invito a sognare, in interiore homine, l’immagine cosmica

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Inferno

Il Tempo, sia esso Kronos confuso con Chronos o Chronos mascherato da Kronos, lascia defluire l’acqua torbida dei vizi, delle debolezze, delle velleità, delle colpe, delle menzogne, delle frodi. Versa quell’acqua nell’Imbuto Infernale. A goccia a, goccia, essa scivola verso il fondo. L’Imbuto la stringe, la soffoca, la fa evaporare e svanire. Al centro della Terra è un punto. Senza misura, senza estensione. È il Nulla. L’acqua del malsano vivere non è più torbida: non c’è più. È questo il destino del Bene e del Male?


Inferno


IN LUOGO D’OGNI LUCE MUTO

26

C

ome la Commedia, così la glos-

Tutto, ossia del Cosmo. Ma 100 è il quadrato del 10, ossia della

Senza dubbio, «dies alles gibt es also», come scriveva Ernst

“geniale”, mentre un’irregolarità appena percepibile disturba e

sa che qui apriamo è tripartita

pitagorica τετρακτύς che è l’idea archetipica della totalità in

Jünger in exergo alla seconda versione di Das abenteurliche Herz:

infastidisce. Ricordate? Johann Wolfgang von Goethe, nel 1772,

e lievemente asimmetrica, poi-

nuce. Entra nel gioco anche il numero 11, abitualmente con-

«dunque, tutto questo è». Ma non crediamo che sia questa, nel-

osservando incuriosito da un’altura la cattedrale di Strasburgo

ché la considerazione sulla pri-

finato ai margini, ma importantissimo: esso è infatti il “primo

la struttura della Commedia dantesca, l’idea progettuale origi-

con la sua unica torre, volle disegnarla, e sul cavalletto la dotò

ma cantica è, in apparenza, più ingombrante delle altre due.

numero maestro”, ossia il primo elemento della nuova deca-

naria del 34+33+33 = 100. Essa implicherebbe nel “Kunstwollen”

di una seconda torre, venendo a scoprire in seguito che il pro-

A chiunque è evidente l’asimmetria: i 34 canti dell’Inferno, i 33

de. Come tale, nella sfera esoterica è il simbolo della Forza

di Dante una sorta di rinuncia, tanto più irritante quanto più

getto originario preparato cinque secoli prima dall’architetto

del Purgatorio, i 33 del Paradiso. Un minimo di metodicità esi-

che imprime una svolta produttiva alla vita: una μετάνοια in

lieve: non un difetto di statica, ma una protuberanza. Pur di sot-

gotico Erwin von Steinbach ne prevedeva proprio due.

ge il dubbio, ed ecco un’ipotesi immediata. Immaginiamo che,

vista della redenzione dall’errore o dal vizio. Anche nei Taroc-

tolineare la simbologia di quella somma con totale 100, Dante

Va dunque intesa così, come un numerologico compromes-

nelle scelte del poeta, sia evidente un intento: la perfezione

chi, l’arcano maggiore n. 11 personifica la Forza. La funzione

avrebbe accettato l’imperfezione, l’escrescenza in una forma

so, quella anomalia del 34, necessaria per ottenere la roton-

formale sia sacrificata alla simbologia numerologica, la linea-

esponenziale non è da meno. Nella serie delle potenze di 2,

conclusa. Chiunque sa per esperienza che una vistosa irregola-

da compiutezza del 100 da cui ogni anomalia è abolita1? Forse

rità del “Kunstwollen” si pieghi dinanzi alla precettistica che tre

che «più che ‘l doppiar de li scacchi s’immilla» (Paradiso, xxviii,

rità (tre o quattro colonne crollate, un capitello con uno strano

potremmo appellarci al principio d’indeterminazione, che è un

secoli dopo sarà consacrata da Pietro Bonghi nei suoi Numero-

93), 211 = 2048 apre la decade di successive potenze alla fine

numero di lobi in una chiesa catalana visitata da Marius Sch-

passepartout. Se poi ci è antipatico Heisenberg, pangermanista

rum Mysteria (Comino Ventura, Bergamo 1591). Il poema sacro

della quale il numero esplode. E già circa settant’anni prima, a

neider, una Venere ellenica sensuale ma decapitata e mutilata,

se non nazista, pensiamo a un austriaco fiammeggiante, Adal-

sfolgorerebbe in piena simmetria, con un 33 moltiplicato per

metà del secolo xiii, l’anonimo autore del Mare amoroso aveva

la grande Sfinge di el-Gizah con il naso amputato da una gra-

bert Stifter (1805-1868), che giudicava severamente gli artisti

il 3 che è la Perfezione. Ma un tollerabile sacrificio, l’aggiunta

scritto: «…il numer de lo scacchiere / che tanto cresce che non

nata napoleonica o, assai prima, da zelanti fedeli monoteisti…)

mediocri ai quali l’atteggiamento di “semplicità” e di linearità

rituale dell’Unità, trasfigura il 99 in un 100 che è simbolo del

truova fine» (vv. 314-315).

può risultare gradita e stimolare la fantasia, e apparire persino

offre soltanto una «maschera al loro vacuum»2. Continuiamo: in

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28

fondo, l’opus confectum è pur sempre un manufatto che affonda

129). Infine, la Commedia di Dante non è un prisma dalle facce

quale il poeta regola a distanza e senza affanno le funzioni

poiché è, insieme, il principio e la fine dell’anno. Nel roman-

le radici nella materia, e forse proprio questa è la sua calda bel-

cristalline e lisce, gelide e perfette: è un grande albero vivente,

vitali dell’immenso edificio. Parlavamo di una ragione arcino-

zo Der Mann ohne Eigenschaften (i, 8), Robert Musil ironizza:

lezza. Possiamo pensare che il suddetto compromesso numero-

o piuttosto una montagna di roccia infrangibile, popolata da

ta, di un ovvio rasoio di Occam. Abbiamo evitato l’aggettivo

nell’Impero austro-ungarico, l’Austria era nello stesso tempo

logico sia stato una fra le pietre di costruzione del «poema sacro

innumeri creature viventi.

“banale”, e quella motivazione non lo merita. Certo, ci è ve-

il Tutto e una parte del Tutto. Così, anche la porzione di 136

/ al quale ha posto mano e cielo e terra» (Paradiso, xxv, 1-2), e la

«Dies alles gibt es also», e alla domanda secca se falso o

nuta incontro innumerevoli volte dalle pagine dei commenti

endecasillabi che comincia: «Nel mezzo del cammin di nostra

mente corre subito al luminoso distico di Suger de Saint-Denis

vero, non diremmo: «Falso». Ma la motivazione che poco fa,

scolastici alla Commedia. Quei commentatori armati di rasoio

vita…» è nello stesso tempo, grazie anche a precise particola-

(1080/81-1151), abate cluniacense, reggente di Francia per il re

soltanto per ipotesi, abbiamo presentato come centrale e de-

ci spiegavano che Dante aveva avuto bisogno di un Prologo

rità, distinzioni dissociative e caratteri associativi, il i canto

Luigi vii durante la Seconda Crociata, e a come egli definisce la

cisiva, ora la collochiamo in secondo piano, sullo sfondo. È un

generale all’intero poema, e gli era giocoforza collocarlo quale

della Commedia e il i canto dell’Inferno, il quale è poi “il canto

porta aurea della bellezza: «Mens hebes ad verum per materia-

effetto, una conseguenza. Crediamo che sia un’altra la ragione

i canto dell’Inferno, sicché il preambolo specifico alla prima

in più”, poiché le sue “altre cose” mostrano come esso sia il

lia surgit / et demersa prius hac visa luce resurgit». Versi che en-

di quel 34, ed è semplice e arcinota come il rasoio di Occam.

cantica finiva per essere il suo ii canto. Ciò appare razionale

vero canto xxxiv.

tusiasmarono, in diversi contesti, Erwin Panofsky e Leo Spitzer.

Dante non accetta l’anomalia formale, non si rassegna a su-

e ben distribuito, e perciò “univoco”, ma non è esattamente

Ne consegue un’asserzione rischiosa: l’Inferno di Dante si

Dante stesso, poco meno di centosettant’anni dopo la morte di

birla. Dante vuole quell’asimmetria: la cerca, la perfeziona e

così. Orazio, nel Carmen saeculare (vv. 9-11), invoca: «alme Sol

annette alcuni contrassegni distintivi delle altre due cantiche3.

Suger, affida a Beatrice la postilla sulla “mens” resa “hebes” dal

la pone in cornice. La predilige, poiché essa, lungi dall’esse-

curru nitido diem qui / promis et celas aliusque et idem nasce-

Qui ritorna, come uno spettro, la “vexata quaestio” di cui Boc-

contingente e dall’indeterminato che si annidano nella corpo-

re un’imperfezione formale, è uno strumento che apre spazi

ris», sempre lo stesso corpo celeste… ma l’osservatore inge-

caccio è il maggior responsabile. Nel Trattatello in laude di Dante

reità: «…come forma non s’accorda / molte fiate a l’intenzion de

interni, non immediatamente visibili. Non una protuberanza,

nuo avrebbe il diritto di immaginare, a ogni nuovo sorger del

(capitolo xiv), l’autore del Decameron narra come Dino Fresco-

l’arte / perch’a risponder la materia è sorda» (Paradiso, i, 127-

ma una camera riservata, quasi una stanza dei bottoni dalla

Sole, un astro diverso. Il dio Giano (Ianus) è effigiato bifronte

baldi avesse recato a Dante, esule in Lunigiana alla corte di Mo-

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roello Malaspina, il manoscritto dei primi 7 canti dell’Inferno,

dalle pagine dell’Inferno e invada in parvenze non troppo celate

Paolo Malatesta. La perdita del relativo disegno botticelliano è

significa che Dio stesso ci lascia intendere come mitigare il Suo

abbandonato a Firenze nel frangente dell’esilio, mal custodito

anche le altre due cantiche. Questa “infernalità di fondo” della

fra le più dolorose che la raccolta ha sofferto. Forse, il segreto

rigore punitivo: basta che noi apriamo e leggiamo la pagina del-

da Gemma Donati moglie di Dante. Se l’episodio fosse vero,

Commedia, che è forse un nostro errore, coinvolge certamente

d’idea, di forma e di dinamica che quel foglio custodisce (uso

la Commedia e chiediamo ai due amanti (ora, liberi di esserlo), di

verrebbe da credere che in origine il poema sacro fosse inteso

l’immenso commento grafico di Botticelli, ed è probabilmente

il presente, qualora il disegno esista ancora in qualche aleph

“concederci udienza”.

esclusivamente come “Inferno”. In effetti, il palese disordine

una delle energie che conferiscono a questo lascito d’arte quasi

della Terra) ci rivelerebbe una chiave di lettura, o ci guidereb-

Parlavamo di una nostra sensazione legata, finora, soltanto

che c’è nei canti vii e viii, dove dovrebbero esserci e non ci sono

unico nel suo genere la coerenza e l’audacia di stile che qui si

be a qualche scoperta. Diciamo questo, poiché l’episodio in sé

al nostro leggere e rileggere il testo della Commedia, ossia una

gli invidiosi, e non è chiaro se Filippo Argenti sia un superbo

possono ammirare.

rovescia tutti gli schemi. Sono “peccatori”, Francesca e Paolo?

“infernalità di fondo” che ci sembra estendersi all’intero poema

o un iracondo, indurrebbe a crederlo. E sarebbe plausibile la

Senza scomodare la parola “sinestesia”, che ha nobile signi-

Sono davvero “puniti” dalla giustizia divina? Nel cerchio dei lus-

dantesco. Ora, percorrendo le immagini botticelliane, sentiamo

vulgata secondo cui la struttura attuale dell’Inferno e dell’intera

ficato e nobile suono ma è un po’ scientificamente “atteggia-

suriosi, avvinti in eterno e indissociabili («Questi, che mai da me

rafforzarsi quella convinzione. Essa però è bilanciata da un’im-

Commedia avrebbe preso forma dopo la lettura attenta dell’Eti-

ta”, rammentiamo che il tema centrale e quasi esclusivo di tutto

non fia diviso…») a perpetuo scorno dell’assassino Gianciotto,

pressione altrettanto forte, che agisce in senso contrario. Nelle

ca Nicomachea di Aristotele tradotta in latino ma non dal greco

questo libro, ossia il nesso semantico tra poesia e arte visiva

i due amanti, trafitti insieme e insieme sprofondati come una

immagini infernali di Botticelli sentiamo prevalere l’ironia, tal-

bensì dall’arabo o dall’ebraico?

considerato per exemplaria alla luce del rapporto tra due sommi

sola persona in quell’abisso di tempeste, non godono forse

volta macabra o delinquenziale, ma, più spesso, prossima de-

Su ciò non possediamo certezze. In compenso, non ci ab-

intelletti creativi, Dante Alighieri e Sandro Botticelli, potrebbe ri-

l’una dell’altro esattamente come avrebbero voluto godere in

cisamente al registro comico. Un esempio per tutti: la figura

bandona la forte sensazione che qualcosa del disperato stato

assumersi in un solo verso: «Io venni in luogo d’ogni luce muto»

vita? È un “castigo”, il loro? E che dire del vento infernale, che

di Gerione (Inferno, xvii), esilarante proprio per la serietà del

d’animo di solitudine, di perdita irreparabile, di soffocamento, di

(Inferno, v, 28), ossia l’incipit scenico e drammatico dell’episodio

certo li infastidisce, ma si calma del tutto, per gentile conces-

volto “signorile” e ipocrita, arieggiante a “intellettuale”, ornato

seppellimento prematuro, di amaritudine velenosa, trabocchi

di Francesca dei Signori da Polenta e del suo cognato e amante

sione dell’Altissimo, non appena un forestiero li interpella? Ciò

da una grigia barbetta a pizzo, insomma un professore oppure

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un magistrato colto e di buone letture, e sotto il collo, immedia-

ri. I problemi si acuiscono, e ci domandiamo verso che cosa si

tamente, accovacciato e strisciante su membra da rettile con

orientassero le predilezioni del pittore. La coerenza e la siste-

molteplici spire e zampette.

maticità dell’arte di Botticelli ci spingono, ora, a chiudere questa

Diverse e fondamentali questioni di estetica nascono quando il nostro occhio cade sulle (troppo poche!) immagini a colo-

glossa e confrontare ciò che si è detto sin qui con un esame più diretto delle immagini.

Ma poi, scusate: è davvero un corpo estraneo, questo 34 accolto di mala voglia? Non è forse, il 34, la chiave cifrata nel quadrato magico di Paracelso, quello che campeggia in una Melencholia di Albrecht Dürer? Infatti, 34 non è soltanto la somma dei numeri delle linee orizzontali, verticali e oblique, ma è 34 anche la somma dei numeri dei quattro settori quadrati in cui si può dividere il quadrato. Anche i quattro numeri al 1

centro, sommati, danno 34, così come i quattro numeri agli angoli... Basta, per favore, altrimenti la questione numerologica ingigantisce e ci esplode in mano! 2 Adalbert Stifter, Wiener Briefe über Literatur und Kunst, nel supplemento alla «Allgemeine Zeitung», n. 249, lunedì 6 settembre 1847; traduzione italiana di Maria Luisa Roli, Lettere da Vienna sulla letteratura e sull’arte, in Adalbert

Stifter, Saggi e note di letteratura e d’arte, Agorà Edizioni, Sarzana (La Spezia) 2004, p. 37. 3 Qualcosa di ciò su cui l’artista ha lavorato agli esordi si “attacca” sempre ai lavori successivi, anche in tarda età, e ciò avviene anche se l’artefice è deciso a smentire con rigore il proprio passato: è un pensiero sul quale si soffermò spesso Bertrand de Jouvenel (1903-1987). Di lui si legga in particolare L’art de la conjecture,

Éditions du Rocher, Monaco-Montecarlo 1961; traduzione italiana di Franco Viciani, L’arte della congettura, Vallecchi, Firenze 1967. In proposito, Jouvenel fa riferimento al tema dei presagi e dei compimenti, frequente nella celebre Concordia (1588) del teologo spagnolo Luis de Molina (1535-1600).

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34

Inferno

canto viii

Sono alla porta della città di Dite. Esseri sinistri e mostruosi, sembianze da incubo, bloccano il passaggio. Virgilio litiga con tre diavoli: uno è furioso, un altro è stordito, il terzo è arcigno. Sono come carte di briscola smazzate, l’uno addossato all’altro. Filippo Argenti è rimasto nella melma dello Stige: si sbrana con le proprie zanne.


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Inferno

canto x

Appare il colore, ma soltanto le vesti dei due poeti si accendono. La simbologia cromatica è intuitiva, ma soprattutto Virgilio è al di là, è antico, è un’ombra, non ha vene in cui scorra il sangue. Dante è al di qua, anche se visita l’aldilà. Ai dannati e ai dèmoni spetta il disegno a punta d’argento, ma non sono bidimensionali come i nobili poeti e cavalieri del Codice Manesse. Se osserviamo con attenzione il volto di Farinata degli Uberti, e badiamo che egli non stia osservando noi, lo vedremo vibrare. A destra, di guardia, la solita demoniaca sbirraglia: il Gran Capro, il Nano Scimunito, lo Strafatto di Birra, Testadicane.


38

Inferno

canto xv

Divampa l'orrore in una visione monotematica e atroce: supplizio che cade, dilaga, strazia, ustiona. Pelle arsa, da rivelare la carne viva e scorticata. Tormento, orrore, disperazione: ma, a sinistra, lungo l’argine del Flegetonte, Brunetto Latini afferra per la veste l’antico discepolo, l’Alighieri, e i due intrecciano un dialogo socratico su temi alti. Parlano di virtù, sopportazione, solitudine. Alla fine, ser Brunetto allunga il passo e quasi corre come un atleta, nudo e ustionato, per raggiungere il “suo gruppo”. È un gran signore. Ma perché è collocato fra i sodomiti, se nulla di ciò lo ha mai riguardato? Forse perché, fiorentino, aveva scritto un trattato in francese? “Sodomia linguistica…”?


40

Inferno

canto xviii

Seduttori, bugiardi, adulatori… puro sterco umano! Di nuovo, Botticelli usa il colore, e di nuovo la concezione figurativa è atrocemente monotematica. Il rosso, il fulvo e il sanguigno qui sono sostituiti da un bruno terreo, escrementizio. Quasi una sinestesia: un olfatto sensibile avverte l’odore nauseabondo.


42

Inferno

canto xxvii

Le ombre si nascondono nel fuoco. I consiglieri di frode, come il mitico Ulisse nascosto insieme con Diomede nella stessa fiamma per avere macchinato concordemente un inganno (Canto xxvi), o come il peccatore “pentito” Guido da Montefeltro poi indotto dal papa Bonifacio viii a peccare di nuovo, sono falsificati nella loro sembianza. Hanno celato la verità: nell'Inferno, il fuoco eterno li avvolge abbagliando chi li guarda.


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Inferno

canto xxviii

Miserabile, ripugnante, la colpa dei seminatori di discordia. Hanno diviso i cittadini in fazioni, aizzato il principe erede contro il padre re, incitato l’ambizioso eversore a fare a pezzi lo Stato. Qui, un diavolo armato di una spada lunga e incredibilmente affilata li attende al varco, con la sinistra e macabra dentatura che ride. A mano a mano che gli passano accanto, li fa a pezzi, ed è il contrappasso. Squarcia Maometto dal mento al basso ventre sì che fuoriescono le interiora. (Ah, sì, l’interpretazione di Maometto come seminatore di discordia lascia perplessi i lettori della Commedia…). A Pier da Medicina, il diavolo amputa ora l’una ora l’altra orecchia (si diverte, la canaglia…!), a Curione taglia la lingua nella strozza, a Mosca dei Lamberti entrambe le mani, a Bertrand de Born la testa, che l’infelice tiene in mano per la chioma. Un corteo fa incubo: se ne ricorderà Howard Phillips Lovecraft.


46

Inferno

canto xxix

Falsificatori di metalli, alchimisti: ma ciarlatani come Griffolino d’Arezzo e Capocchio da Siena che fu “di natura buona scimia”, non sarebbero i predecessori del disastro ambientale provocato dall’industria metallurgica, e della chimica e farmacologia probabilmente responsabili del Covid-19?


48

Inferno

canto xxxi

È finita la visitazione dell’ottavo cerchio, dov’è incarcerata la marmaglia dei truffatori, dei venditori di merce taroccata, dei rei di pubblicità ingannevole, dei maghi di Trepuzzi o di Trebasèleghe, dei gestori di telecinesia, dei funzionari degli uffici axiologici e ontologici. I due poeti, che finora hanno strisciato e scarpinato e sono scivolati e talvolta si sono arrampicati, ora devono superare l’enorme dislivello tra l’viii e il ix e ultimo cerchio dell’Inferno. Possono, soltanto volando. Ma non hanno ali. Non resta che trovare un mezzo di trasporto, come era avvenuto con Gerione per la navigazione aerea tra il vii e l’viii cerchio. I due poeti si affidano ai Titani, eternamente di guardia al limite inferiore dell’viii. Nembrot li assale urlando fonemi privi di significato. Fialte è in depressione, neppure li ascolta. Sarà Anteo, esibizionista ma passabilmente cortese, colui che li prenderà entrambi con una sola mano, si chinerà, e li depositerà sul ciglio del ix cerchio. Poi, eccolo subito ritto come l’albero di una nave. Dante Alighieri confesserà di avere avuto paura.


50

Inferno

canto xxxiv

Lucifero, signore dell’Inferno, è l’orrenda parodia della Trinità. Le sue tre bocche masticano, frantumano e divorano in eterno coloro che Dante considera i tre più neri traditori: Giuda, Bruto, Cassio. Lucifero è confitto nella materia terrestre: metà della sua figura parte dal centro della Terra ed è nell’emisfero boreale, la sua metà inferiore è nell’emisfero australe. In questo foglio, Lucifero è raffigurato (come già Farinata) dalla cintola in su.


52

Inferno

canto xxxiv-2

In questo foglio, Lucifero è a figura intera. Tra questi due ultimi fogli, è riconoscibile un movimento. Dante e Virgilio discendono ancora aggrappandosi al vello di Lucifero. Giunti faticosamente e non senza ribrezzo al centro della Terra, si capovolgono, e, continuando nella stessa direzione, si trovano a salire verso il polo opposto della sfera. Alla fine, si staccano dal mostro, trovano un cammino naturale ed escono «a riveder le stelle» trovandosi esattamente al polo australe, sulla spiaggia dell’isola su cui si erge la montagna del Purgatorio.


Purgatorio


ESTO VISIBILE PARLARE

56

Q

ualcosa, forse, abbiamo acqui-

l’esistenza del purgatorio, ma ascoltiamo Eugenio Montale: «E

suo divenire. Qui, nei disegni per l’Inferno, sembra prediligere gli

la figura intera. «Lo ’mperador del doloroso regno», in entrambi

sito. Siamo riusciti ad aprire

l’inferno è certo». È certo, poiché è qui, su questa terra.

estremi. Quelli in cui c’è un vuoto da incubo, sia di persone sia di

i fogli, è campato su una sfera euclidea (la Terra) il cui centro è

una sorta di passaggio segreto

Uno sguardo anche rapido ci rivela come Botticelli accentui

oggetti, insieme con gli altri che ci soffocano come affollatissimi

l’ombelico dell’essere orripilante. È orrendo come può esserlo un

per lasciar fluire, oltre i 34 canti

vistosamente questo fluire di tracce di “infernalità”, connaturate

grovigli di esseri multiformi, insieme sono la maggioranza. Gli

immenso e kafkiano insetto. Le ali di pipistrello, nei due diversi

dell’Inferno, nel corpo testuale del Purgatorio (con certezza!) e del

alla prima cantica, nel contesto delle altre due. I procedimenti

strumenti retorici, se fossero musica, qui alternerebbero l’adagio

fogli, sono tese in misura diversa, più raccolte con curioso “effet-

Paradiso (come insistente impressione nell’osservatore) quella

artistici adottati dal pittore si valgono, con dovizia inventiva, di

o meglio il largo (pianissimo) con il presto agitato (fortissimo). La

to ragnatela” nel primo foglio, più allargate nel secondo.

“infernalità” diffusa in tutto il poema dantesco, della quale osia-

figure retoriche: l’iperbole, l’anafora, l’omoteleuto da un lato, l’i-

gestualità, esprimente paura, orrore, deprecazione, inutile im-

mo farci interpreti. Non ne troviamo, per ora (ma indagheremo

ronia, la deformazione, la caricatura, il sarcasmo, la morfologia

pulso di salvezza, è sempre carica di teatralità, e ciò che nel testo

I diavoli sovrabbondano, al di là della loro presenza nel te-

in futuro ostinatamente), sufficienti formulazioni nel testo della

fantastica dall’altro. Là dove tutto ciò è connaturato al testo, nei

è sgradevole, nella figurazione diventa spesso mostruoso, ripu-

sto dantesco. Visti da vicino, sarebbero tali che non vorremmo

Commedia. Ma la avvertiamo come onnipresente stato d’animo.

disegni per l’Inferno, individuiamo subito quattro ambiti della

gnante, insostenibile alla vista. Esempio estremo è, né poteva

essere a breve distanza da loro. Ma Botticelli li raffigura quasi

Forse, a metà del Novecento e alle soglie dell’abissale tragedia

rappresentazione in cui l’artista agisce con sovrabbondanza in-

non esserlo, il foglio doppio per Inferno xxxiv, ossia Lucifero dalla

sempre a distanza, come servidorame di basso rango, o come

d’Europa, lo spirito della poesia italiana ha offerto all’autore della

ventiva: l’occupazione dello spazio, la gestualità, la fisionomia

cintola in su e Lucifero in figura intera, diviso in due metà dal

polverio o strascico di faville infernali, con un sorriso beffardo

Commedia un verso dantesco oltre Dante, agitato proprio da quel

demoniaca, e, dove c’è, il colore. Botticelli ci affascina nei sublimi

piano dell’equatore terrestre. Il primo foglio sembra uno studio

sempre in forma di mezzaluna coricata sulla gobba. Non resistia-

malessere. Lo ha scritto un poeta laico che sempre, soprattutto

fra i suoi dipinti come La Primavera o La nascita di Venere, poi-

preliminare, di prova. La concezione delle tre facce che divorano

mo alla tentazione di associare la mezzaluna (la “lulla”, da lunula,

con un verso conclusivo, sapeva colpire al cuore. Dio è un mi-

ché indovina rapporti spaziali tra figure vibranti e respiranti in

Giuda, Bruto e Cassio è sproporzionata dalle dimensioni eccessi-

nella similitudine riguardante Maometto, Inferno, xxviii, 22), qui

stero, il paradiso è un miraggio, qualche teologo cristiano negò

miracoloso equilibrio di sezioni auree e di movimento colto nel

ve rispetto all’estensione del foglio, che non potrebbe contenere

sigillo grafico del satanico sghignazzo, alla ridacchiante e dondo-

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58

lante dentatura dello Stregatto nel “cult movie” disneyano Alice in

è un consulente o addirittura un avvocato che alza la voce (la

tale di dieci diavoli in assetto di combattimento, armati di ele-

la galleria di orrori, Bertrand decapitato che cammina reggendo

Wonderland (1951) di Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred

immaginiamo chioccia e stridula…) e gesticola infuriato, anche

gantissimi roncigli, quasi armi da torneo regale. Qui però quasi

per i capelli la propria testa, non in primissimo piano, ma lungo il

Jackson. Anche il maligno e dispettoso felino, a modo suo, è di

perché rischia di apparire deludente agli occhi del suo protetto.

nessuno di loro sta ridendo: c’è poco da scherzare. L’espressione

percorso, eternamente ripetitivo. Solo che il contrappasso è, nel

lignaggio demoniaco. Da godere tutta è la scenetta raffigurata

I tre diavoli sono stretti e addossati l’uno all’altro come tre delin-

è seria, da soldati prima del segnale di assalto. Ma uno solo fra

xxviii, individualizzante come forse mai avviene nella Commedia:

nel foglio per Inferno viii. La barca di Flegiàs approda alle mura

quenti che bazzicano un locale equivoco e vogliono “buttar fuori”

loro, uno piccolo, quasi un bambino, con enormi orecchie, ride

«Così s’osserva in me lo contrappasso». Hanno il diritto di gridar-

della città di Dite, i due poeti scendono. È da notare (nei fogli co-

qualcuno, ma li vediamo in linea obliqua, come carte da gioco

beatamente mostrando la “mezzaluna”. Forse è Draghignazzo.

lo anche Maometto, anche Pier da Medicina e Curione e Mosca

lorati) l’abito azzurro cupo per Virgilio, rosso per Dante. Una cu-

parzialmente sovrapposte in mano al giocatore (quasi sempre,

riosità: Dante ha il mento aguzzo, il naso lungo e un po’ arcuato

baro). I tre figuri sono caratterizzati minuziosamente: il primo è

Una fra le scene disegnate da Botticelli evita gli estremi. È un

vidualmente irripetibile: alla prossima passeggiata circolare nella

come da tradizione, lineamenti fini e corporatura fragile da intel-

irato, il secondo è come assonnato e stordito, il terzo è arcigno.

esempio di diversità stilistica, e perciò va particolarmente am-

nona bolgia, il diavolo che è sempre in postazione con la spada

lettuale che si è macerato negli studi, mentre Virgilio è vecchiot-

Il realismo è stilizzato. Ma lo è meno, anzi ha quasi fetore di me-

mirata. Nel foglio per Inferno xxviii (la bolgia dei seminatori di

che taglia e mutila con ritmo immutabile provocherà altre ferite

to, corpulento, con il naso un po’ schiacciato, un’espressione ora

schina recriminazione espressa con turpiloquio (Inferno, ix, 44 )

discordie) le figure sono distanziate in modo tale da mostrare la

e altre amputazioni.

indispettita, ora divertita. Flegiàs con la sua barca che affonda la

nel foglio che ritrae «le feroci Erine»: Aletto, Tisìfone, Megera,

sequenza dei personaggi, da Maometto a Bertrand de Born, at-

chiglia nel fangoso Stige rimane sul lato sinistro del foglio (i fogli

scomposte, urlanti, con i seni vizzi e le bocche distorte dalla mal-

traverso Pier da Medicina (che evoca l’incarnazione del Male ovve-

Infine, il colore. I disegni colorati riguardano soltanto l’In-

si “leggono” da sinistra a destra, lungo la successione degli epi-

vagità. Ancora un’annotazione sul demoniaco secondo Botticelli:

ro Malatestino dall’Occhio), Curione, Mosca dei Lamberti. Nessun

ferno, e sono un’ipertrofia espressiva. Le scene colorate sono

sodi narrati nel relativo canto), e Virgilio litiga con tre dèmoni che

il magnifico foglio per Inferno xxii (bolgia dei barattieri immersi

personaggio ruba la scena a un altro. È una scelta coraggiosa,

poche. Appaiono all’improvviso quando già ci eravamo abitua-

non vogliono lasciar passare i due visitatori. Non è il “dolce duca”:

nella pece e custoditi dagli esseri infernali) ci dà la visione fron-

e artisticamente vittoriosa, collocare il “pezzo pregiato” di quel-

ti a immagini di forma e disegno, del tutto autosufficienti sen-

dei Lamberti. Solo che anche quel contrappasso è effimero, indi-

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60

za colore, e di piena eloquenza axiologica nel definire il bene

in trasparenze («oriental zaffiro»), bensì di un colore sfacciato e

nell’ambito di una filosofia della memoria storica. Il canto x del

organizzano, si fanno complesse. La statua finisce per diventare

e il male, la saggezza e la stoltezza, l’eleganza e la volgarità.

aggressivo, legato ad altre sensazioni non meno perturbanti: il

Purgatorio (v. 95) ci offre in tre parole, «esto visibile parlare», il

sapientissima, erudita: conosce l’universo, ma è un universo co-

Perciò, tanto più il colore in questi disegni, quando si avventa

colore della materia, del corpo, del sangue, del fuoco, della pel-

vivo nucleo di una fondamentale questione teoretica. È il passo

stituito da profumo, tanfo, sentor di bruciaticcio. Ed ecco, il suo

sui nostri occhi, ha un effetto traumatico. Lasciamo al lettore

le ustionata, del fango, dello sterco. Ma il lettore trova molto di

(vv. 31-96) in cui Dante e Virgilio vedono intagliati (in altorilie-

destino immette in essa una seconda sensazione: per esempio,

l’esperienza. A ogni immagine colorata, il mondo che si agita

più osservando le immagini che illustrano, parzialmente o inte-

vo?) nel candido marmo della prima cornice, quella dei superbi,

il tatto. Gradualmente, si riproduce nella coscienza della statua

in essa («ridon le carte» grazie al colore, ma ancor più “trema-

ramente, alcuni canti dell’Inferno (x, xv, xviii, eretici, sodomiti, se-

tre episodi molto vulgati di storia sacra o profana: l’annunciazio-

ciò che è avvenuto per l’olfatto, e poi, in fasi successive a catena,

no”) esce fuori dalla pagina e ci investe. Non risulterà difficile

duttori e adulatori), e in Purgatorio xxxi ci stupisce, soltanto per

ne dell’angelo a Maria, la danza rituale di David e il disdegno di

è il turno del gusto (che in realtà è quasi interamente un effetto

al lettore, senza che glielo indichiamo a dito, capire immedia-

un attimo, una nuvoletta dorata sul lato destro dell’immagine,

Micol, la giustizia resa da Traiano alla vedova. Quasi esitiamo a

olfattivo), dell’udito, della vista. La tesi di Condillac è che in una

tamente quale tipo o categoria di suggestione esercitata dalla

corrispondente al luogo dello spazio dal quale Beatrice svolge i

citare, tanto è ovvio, il pensiero del filosofo Étienne Bonnot de

fase qualsiasi, compresa quella sensibile soltanto agli aromi e ai

Commedia su di lui lo abbia attratto con più forza. Quale colo-

suoi capi d’accusa nei confronti di chi tanto l’ha amata.

Condillac (1714-1780), che nel suo Traité des sensations (Durand,

balsami e alle ventate d’aria fresca o viziata, e, peggio, agli sgor-

Londres et Paris 1754) immagina una statua priva, in origine, di

ghi, la statua conosca tutto l’universo per essa conoscibile, e

La visione dei disegni botticelliani, sovrapposta o intrecciata

qualsiasi facoltà sensoria. A un certo punto della sua vita non co-

non soltanto la quinta parte. Condillac è stato ed è deriso per

Salta agli occhi la ratio da cui fu guidato il pittore: colorare pro-

alla rilettura dell’intera Commedia, ci illumina, e a sua volta trae

sciente, viene immessa nella sua materia un’unica facoltà senso-

la sua astrattezza e per la fragilità filosofica dei suoi strumenti

prio gli episodi (e la sceneggiatura d’insieme del canto in cui com-

forza dal linguaggio poetico. Ma un nostro auspicio è che un si-

ria: l’olfatto. La statua acquisisce così una “conoscenza”, ma gli

critici. Crediamo, tuttavia, che il suo Traité sia una lettura indi-

paiono) in cui Dante parla egli stesso di colore. Beninteso, non di

mile esercizio di critica, essenziale alla nostra coscienza di italiani

odori sono l’unica realtà che essa “sa” e di cui ha coscienza. A

spensabile per chi voglia affrontare una difficile crux dell’esteti-

un colore generico («ciel ch’è pura luce») o definito ma cangiante

e di europei, sia anche uno stimolo alla costruzione di un’estetica

mano a mano, le sue nozioni e cognizioni olfattive crescono, si

ca. Com’è nostra convinzione, il Bello è ciò che ha significato e il

re, quale sua gradazione, e perché.

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62

Brutto è ciò che ne ha assai poco o non ne ha affatto. Dunque,

sia un sovrappiù di energia comunicativa. Ma se così è, perché

Certo, i misfatti scenici o registici o costumistici o illumi-

razione dovuta a Giuliano da Sangallo) ci aiuta a ricostruirla

l’estetica altro non è se non una scienza dei significati, una su-

dunque ci sentiamo felici e pieni di nuova energia dopo che

notecnici si consumano nell’ombra. Là devono rimanere. È

con la fantasia. Altri confronti a distanza ravvicinata tra poesia

per-semantica. Allora, un compositore il cui “Kunstwollen” crei

abbiamo avvicinato Botticelli a Dante? Esiste una formula che

umorismo involontario e macabro il parlare di arti visive e

e pittura s’innalzano sopra la linea divisoria tra ombra e pe-

qualcosa come la Nona Sinfonia di Anton Bruckner, o un pittore

possa classificare diversi livelli di legittimazione? Per favore,

considerarle come termine medio di un sillogismo o di una

nombra. Le incisioni di Felix Octavius Carr Darley e Granville

(appunto!) come Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi detto

nessuno si azzardi a rispondere: «Ebbene… insomma… c’è l’i-

proporzione matematica, se osiamo collocare sotto quella

Perkins per un’edizione di The Bells di Edgar Allan Poe (Porter

“Botticelli” ritragga in uno spazio simbolico Simonetta Catta-

dea di “Gesamtkunstwerk”…!». La musica dell’ultimo Wagner, a

medesima definizione la più recente scenografia (e regia) di

& Coates, Philadelphia 1881) ne sono un magnifico esempio.

neo Vespucci vestita (o svestita) da Venere, o un Raffaello Santi

partire da Tristan und Isolde, è al di sopra del sublime, e nessu-

Francesca da Rimini di Riccardo Zandonai alla Scala, e il dise-

Quando due opere d’arte s’incontrano su un oggetto altissi-

(Santius) evochi in affresco La scuola di Atene, o un poeta come

no osi illustrarlo a noi. Ma la poesia dei libretti scritti da Wagner

gno botticelliano per il v canto dell’Inferno. È vero, quel dise-

mo e agiscono ciascuna come veicolo di tutto il significato,

Durante degli Alighieri (o Aldighieri o Altichieri) detto “Dante”

è di qualità media se non mediocre, e dal lavorìo scenico e re-

gno è andato perduto, e possiamo soltanto sognarlo. Forse,

balzando al di sopra della linea di confine tra penombra e

(appunto!) scriva la Commedia qualificata dai posteri a partire

gistico intorno ai “Musikdramen” sono usciti quasi sempre ob-

la grandiosa immagine a colori dell’imbuto infernale (nello

luce, diventa rischioso inventare uno statuto, una norma, una

da Boccaccio come “divina”, ecco, tutti costoro non sono forse

brobri indicibili, bestemmie fantasiose, mostri di Frankenstein,

stesso giro d’anni, 1480-1482, apparve la molto simile raffigu-

misura.

la prova tangibile che un artista possa, giunto al vertice, dare a

veri reati punibili (da giudici che siano appena un po’ attenti…)

noi e alla civiltà un Assoluto? Questo universo totale, se musi-

come “atti osceni in luogo wagneriano”. No, un tentativo con-

ca, non avrebbe bisogno della parola poetica o saggistica d’alto

vincente di risposta alla domanda che ci siamo posti poco fa, lo

bordo, se poema, non cercherebbe l’ausilio della pittura o della

attendiamo ancora.

musica, se arte visiva, non chiederebbe alla musica o alla poe-

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64

Purgatorio

canto ii

Gli incontri non sperati che illuminano una giornata! La spianata di sabbia, consueto approdo all'Isola dei Morti per le navicelle di cui gli angeli sono le lampeggianti polene, è affollata di anime in attesa. Tutti sognano di salire quei faticosissimi gradoni e di soggiornare per poco nell'Eden. Ma, ecco, uno sorride a Dante e gli dice piano: “Rammenti? Ti ero amico, lo sono anche ora che sei morto...”. Si è detto che Casella da Pistoia (o da Firenze?), morto prima del 1300, fosse stato il maestro di musica per Dante. Nella Biblioteca Vaticana si conserva, manoscritto, un testo poetico simile a un madrigale, con annotazione finale: “Et Casella diede il suono”. E il resto? Nulla: scomparso. Ma qui Casella suona e canta meravigliosamente Amor che nella mente mi ragiona, la seconda canzone del Convivio dantesco (Già!... Con quale musica?... Di chi?... Bella domanda!). Tutti, nella sala d'attesa del dentista (pardon... sulla spiaggia “alla Böcklin”), ne sono incantati. Ma ecco, arriva il castigamatti che già era stato ruvido e scostante nel Canto precedente: Catone Uticense. “Su, su, il regolamento eccetera, basta con le frivolezze...” (la musica, si sa, è un “intrattenimento”), “veloci, veloci, muoversi!”. Profondo significato dell'episodio: il sacrificio della propria vita di chi “libertà va cercando” non redime dall'ottusità né dalla maleducazione, virtù sovente coltivate dall'austero sbrigativo e laconico, dall'Uomo d'Ordine. Quello meno “serio” talvolta è meglio.


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Purgatorio

canto iii

Dante e Virgilio incontrano le anime di coloro che sono morti scomunicati. Fra essi c’è re Manfredi, figlio naturale e successore di Federico ii di Hohenstaufen, imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia, il quale narra le circostanze della propria morte in battaglia.


68

Purgatorio

canto vii

In una valletta, dove sostano i sovrani non tanto peccatori quanto negligenti nell’onorare la fede e il proprio rango, si svolge un dialogo tra i “due mantovani”, il poeta augusteo Virgilio e il trovatore lombardo Sordello.


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Purgatorio

canto x

Abbandonando la zona di sosta, o “antipurgatorio”, i due poeti finalmente cominciano a salire. Raggiungono il primo girone del Purgatorio. Qui espiano il proprio vizio i superbi, e per una forma di contrappasso di squisita fattura che esiste anche qui e non soltanto all’Inferno, camminano schiacciati da gravi pesi. Ciascuno dei sette gironi del Purgatorio presenta, in forme d’arte diverse, esempi della virtù opposta al vizio che si sta espiando. Qui, bassorilievi di squisita fattura evocano episodi di umiltà premiata: Maria che ubbidisce all’annunciazione dell’arcangelo, re David che si adatta a danzare in onore dell’Arca santa, l’imperatore Traiano che rinvia la partenza per la guerra poiché deve rendere giustizia a una vedova.


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Purgatorio

canto xviii

Girone degli accidiosi, puniti a un impulso che li costringe ad affannarsi. Virgilio spiega a Dante perché non vi sia contraddizione tra l’amore che Dio ha per noi e il libero arbitrio.


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Purgatorio

canto xix

Dante si addormenta. In sogno, vede una donna storpia, guercia e balbuziente, che diventa bella a mano a mano che lo sguardo di lui la trasforma; ma un’altra donna, sopraggiungendo, le squarcia il ventre, rivelando una disgustosa putredine. Una palese allegoria onirica, il cui significato è ancora oggi discusso. I due poeti salgono al girone dove stanno espiando gli avari e i prodighi.


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Purgatorio

canto xxiii

Girone dei golosi, il penultimo. Per contrappasso, gli espianti soffrono la fame e la sete. Dante incontra Forese Donati, che egli in gioventù aveva avuto avversario in una celeberrima tenzone poetica, combattuta senza esclusione di colpi e con toni anche molto triviali. In un passo commovente, i due si chiedono scusa reciprocamente.


78

Purgatorio

canto xxv

Perché le anime dei golosi, pur non avendo alcun bisogno di mangiare, dimagriscono per fame e per sete? Dante lo domanda a Virgilio, il quale spiega ricorrendo anche a una sorta di conferenza sulla generazione e sulla sessualità.


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Purgatorio

canto xxxi

Superato anche l’ultimo girone, quello dei lussuriosi, i due poeti sono sulla vetta della montagna: nel Paradiso Terrestre. Beatrice, che velata era apparsa nel Canto precedente, rimprovera aspramente Dante per le sue colpe, poiché egli era caduto in tutti e sette i vizi capitali. Una donna, Matelda, la cui identità storica e il cui significato allegorico restano misteriosi, immerge Dante nell’acqua del Letè (il fiume dell’oblio), affinché egli cancelli dall’anima i peccati e le tentazioni. Le virtù chiedono a Beatrice di togliersi il velo. Ella accetta, e guarda Dante.


82

Purgatorio

canto xxxii

La processione allegorica che aveva preso le mosse nel Paradiso Terrestre si arresta ai piedi dell’albero della scienza.


Paradiso


IN FIAMMA FAVILLA SI VEDE

86

I

n questa terza, ultima e breve parte

bero appartenere a un attore hollywoodiano degli anni ’30-

BDFECA. Dopo di che, se continuassimo (ma non si conti-

nuovo nelle fiamme. Dante si volge ad Arnaut e gli si avvicina,

della glossa, vorremmo concentrare

’40. Pare che sia stato un rubacuori affascinante, un uomo

nua), avremmo l’ordine della prima strofa. Pare che il mec-

pregandolo di presentarsi. Arnaut gli risponde in lingua d’oc.

la riflessione su una figura che ci è

di mondo armato di astuzie amorose. Oltre alle donne (tan-

canismo gli sia stato ispirato proprio dalle facce dei dadi:

Questa celeberrima richiesta in provenzale, i lettori la conosco-

molto cara. Ci prendiamo questa li-

te!) amava l’azzardo. Da un testo attribuito a Raimon de Dur-

1+6 = 2+5 = 3+4 = 7.

no certamente, oppure la rileggono nel testo della Commedia.

bertà, per un piacere personale. È lecito? Arnaut Daniel –

fort, sappiamo che si ridusse in povertà a causa del gioco a

Fu grande poeta su temi amorosi e, talvolta, politici. Dante,

nei documenti del suo tempo, citato anche come “Arnaut

dadi. Ma proprio grazie ai suoi vizietti, le donne (troppe!) e il

che nella Commedia lo chiamò “Arnaut”, lo ammirò con fervore

«Tanto mi piace la vostra cortese richiesta, da indurmi a

Daniels”; Dante, che lo esalta in vari passi del De Vulgari Elo-

gioco d’azzardo, si riprese, e si inserì di nuovo nell’ambien-

e fedeltà. Lo lodò nel De Vulgari Eloquentia (libro ii, 2, 6, 10, 13),

dirvi tutto, poiché non posso né voglio rimanere anonimo per

quentia, lo chiama “Arnaldus Danielis” –, nacque tra il 1150

te di corte. Comunque declassato socialmente, cominciò a

citando la bella canzone L’aura amara. Soprattutto, è memorabi-

voi. Io sono Arnaut, io che soffro eppure sto cantando. Ri-

e il 1160 nel castello di Ribérac in Dordogne, circondario di

“servire” le belle dame appoggiandosi al loro censo: divenne

le l’incontro tra Dante e Arnaut in Purgatorio xxvi, 115-120, e poi

vedo, nella memoria, la mia trascorsa follia, e con gioia mi

Limoges, vescovado di Périgord, nella regione Aquitaine-Li-

una specie di gigolo.

136-148: una scena madre traboccante di pathos teatrale, e un

prefiguro quel giorno, che spero vicino. Ora però vi prego,

Noi vogliamo darvi la nostra traduzione italiana.

mousin-Poitou-Charentes. Morì non si sa dove verso il 1210.

Probabilmente, inventò la forma metrica che va sotto il

clamoroso e bilingue finale di quel canto. Poco prima, nel giro-

in nome di quella forza che vi guida a salire fino al sommo

La sua presenza nella cultura in lingua d’oc fu attiva tra il

nome di “sestina arnaldesca”: una strofa di 6 versi tutti con

ne in cui i lussuriosi si purgano del loro peccato (???) dominan-

della scala: quando volete, ricordatevi del mio supplizio e dite

1180 e il 1210. Di famiglia nobile e benestante, fu bello nella

desinenza diversa, moltiplicata per 6 (6 coblas con retrogra-

te lasciandosi arrostire tra le fiamme, un altro poeta immen-

una preghiera per me». Poi parla Dante in prima persona, e

persona. Una celebre miniatura lo ritrae in veste di poeta e

datio cruciata). Le rime sono dunque ABCDEF (ossia, non ci

so, Guido Guinizelli, gli aveva indicato Arnaut, «miglior fabbro

conclude il canto con il sublime verso che incantò Ezra Pound

gli attribuisce un’elegante figura virile e un volto da sedutto-

sono) nella prima strofa, e poi, nelle strofe successive, se-

del parlar materno». Guinizelli, uscito dalla cortina di fiamme

e Thomas Stearns Eliot: «Poi s’ascose nel fuoco che li affina».

re, con tratti (occhi, bocca, proporzioni facciali) che potreb-

condo la seguente ratio: FAEBDC, CFDABE, ECBFAD, DEACFB,

e bisognoso di refrigerarsi per qualche istante, si immerge di

Ma è evidente che il giorno di gioia tanto atteso sarà l’avvio

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di una tristezza senza fine. «Consiros vei la passada folor…»:

hanno donato al loro prossimo quanto più potevano di bel-

mati dall’Amore «che move il sole e l’altre stelle». Sappiamo

chiunque legga Dante, eretico cataro secondo gli studi di

lo sguardo nostalgico di Arnaut non si volge al fatto che la

lezza, di musica, di poesia, e, se è lecito, anche di piacere.

tutti che la celebre terzina di Paradiso viii, 16-19, e il verso

Maria Soresina, ha il diritto nonché il dovere di sospettare

“folor” sia “passada”. È evidente che la sua mente corre alla

Dall’altro, la fisionomia di Beatrice, descritta da Dante ge-

che la apre, «e come in fiamma favilla si vede…», allude a

l’esistenza di sottotesti e ipertesti.

“folor” soltanto per rimpiangerla. Il foglio di Botticelli per il

lida e antipatica, saccente e stizzosa; Beatrice che, all’inno

tutt’altra cosa, ossia alla nascita del discanto in musica. Ma

canto xxvi accentua il significato. La scena di folla dispera-

di Dante in Paradiso xxxi, 79-90, non sa rispondere altro che

ta, tutt’altro che rassegnata ad attendere con serafica pa-

con un sogghigno a denti stretti, volgendosi poi subito «all’e-

zienza quel giorno di gioia, suscita nell’osservatore (in noi,

terna fontana». Sarebbero queste le delizie del Paradiso?

per esempio) un’angoscia. Qui, nella raffigurazione, dov’è

Non c’è dubbio: qualcosa che Dante voleva dirci, lo ha det-

Arnaut? Ha già attraversato la cortina di fiamme? L’espres-

to in cifra. Se questo era un segreto, Botticelli potrebbe es-

sione disperata di queste anime che, si badi, sono all’ultima

sere l’imprudente genio che ci ha svelato il cifrario. Strana, la

stazione di sosta prima della beatitudine vale più di qualsiasi

“sua” Beatrice: guardate com’è sensuale, irrequieta, nevroti-

commento teologico o filologico. Dunque, la misericordia di

ca: osservate come tocca Dante, quando parrebbe che voglia

Dio sarebbe questo orrore di fuoco, di rogo, di un enorme

scuoterlo dalla sua storditaggine. Già, la maleducazione è

autodafé degno della peggiore Inquisizione? Da un lato, que-

una caratteristica di questi santi e beati. Lo avevate notato?

sta “punizione” inflitta a infelici che non hanno né ucciso né

Bene: osservate la scintilla di inquietudine che si nasconde

tradito né mentito, e che anzi sono stati benefattori poiché

nelle parole di quasi tutti i “beati”, ufficialmente arsi e consu-

Ora, «perché piene son tutte le carte»…

89


90

Paradiso

canto ii

Beatrice e Dante entrano nel cielo della Luna. Pensate, quali vibrazioni! Un innamorato senza fortuna, una “immortale amata” suo malgrado… la Luna! Può immaginarsi un accordo più perfettamente dissonante? (Malgrado la gelida lezione di lei sulle macchie lunari).


92

Paradiso

canto iv

Si può venir meno a un voto? Altra conferenza scientifica di Beatrice, dal taglio più filosofico che teologico, sottilissima e ricca di conoscenze, cordiale e affettuosa come un freezer. Ci rinfranca la digressione sulle anime e le stelle.


94

Paradiso

canto v

Malgrado il gelo che ha brinato i loro primi contatti, quassù in cielo, Beatrice osa esordire: «S’io ti fiammeggio nel caldo d’amore…», quando gli spiega scientificamente perché egli non riesca a sostenere lo sguardo di lei.


96

Paradiso

canto vi

I canti sesti di ciascuna delle tre cantiche sono allocuzioni o invettive politiche. Qui, nel cielo di Mercurio, l’imperatore Giustiniano occupa l’intero Canto, dalla prima all’ultima parola, narrando la storia di Roma e indagandone il significato.


98

Paradiso

canto xv

Nel cielo di Marte, entra in scena un guerriero, combattente per la fede, crociato. È Cacciaguida degli Elisei, trisavolo di Dante. In questo Canto e nei due successivi, egli si svela al lontano ma diretto consanguineo, e formula una terribile profezia: sconfitta politica, condanna, esilio per Dante.


100

Paradiso

canto xxiii

Beatrice indica a Dante, in una precisa zona del cielo, il trionfo di Cristo; poi, in un’altra plaga celeste, Maria Vergine e l’arcangelo Gabriele. La poesia d’Occidente ritroverà simili visioni nel finale del Faust di Goethe.


102

Paradiso

canto xxv

Nel canto xxiv, Dante era stato esaminato da san Pietro: materia dell’interrogazione, la Fede. Qui l’esaminatore è san Giacomo, che lo interroga sulla Speranza. Alla fine del Canto, appare san Giovanni evangelista. Esamina il poeta sulla Carità, ma Dante è distratto. Si sta domandando se sia credibile la leggenda secondo cui l’apostolo Giovanni sarebbe stato assunto in cielo con il corpo…


104

Paradiso

canto xxviii

Dante vede un punto luminosissimo: è Dio. Lo circondano nove cerchi di luce. Sono i cori angelici.


106

Paradiso

canto xxix

Beatrice spiega a Dante la creazione degli angeli (il loro numero supera quello di 263+1 nella fiaba degli scacchi). Gli spiega anche la caduta degli angeli e la ribellione di Lucifero.


108

Paradiso

canto xxx

L’Empireo, «ciel di pura luce». Il fiume di fuoco, abbagliante, pare la forma rettilinea e appare nella sua vera figura: il cerchio, la candida rosa, la circolarità.


NOTA DI LETTURA

L

110

a pubblicazione dei disegni bot-

In secondo luogo, i disegni botticelliani, realizzati nel pro-

ultimo, una parola sulla presente Nota di lettura. Il capitolo

Dante Alighieri, La Divina Commedia istoriata da Sandro Botticel-

ticelliani a commento della Divi-

babile arco di tempo tra il 1470 e il 1503, a illustrazione di un

introduttivo è dedicato agli Autori del Codice (autore del testo,

li…, proemio di Giovanni Boccaccio, commento di Isidoro Del

na Commedia di Dante rappre-

codice della Commedia di Dante, sono stati per secoli conser-

autore dei disegni, copista, committente), che a titolo diverso

Lungo, presentazione del poema di Salvatore Battaglia, nota

senta per più di un motivo un

vati nei codici Hamilton 201 (Kupferstichkabinett di Berlino, già

hanno partecipato alla realizzazione dell’opera. Il capitolo se-

storico-critica di Daniele Mattalia; La Divina Commedia di Dante

divisi tra i due omologhi e omonimi Istituti delle “due Berlino”,

condo si sofferma sull’arte di Botticelli, illustratore di Dante; il

illustrata da Sandro Botticelli, a cura di Jacqueline Risset e Peter

Anzitutto per i due autori a confronto. Botticelli illustra-

unificati dopo la caduta del Muro) e Reg. lat. 1896 (Bibliote-

terzo capitolo ripercorre la storia del codice, le vicende attra-

Dreyer, Le Lettere, Firenze 1996, 20082.

tore di Dante costituisce uno dei vertici dell’illustrazione

ca Apostolica Vaticana, Roma). Successivamente, in parte per

verso le quali i disegni botticelliani sono giunti fino a noi. La

Senza voler competere con queste opere magistrali, la pre-

libraria. Non solo il pittore osa confrontarsi con le visioni

ragioni di conservazione, in parte per motivi estetici, i codici

Nota non è certamente esaustiva, soprattutto dal punto di vi-

sente Nota vuole proporre un percorso lineare sottolineando

fantastiche, immaginarie e ultraterrene del poeta, ma, tra-

sono stati dissolti e i disegni vengono ora conservati singolar-

sta della storia dell’arte. A questo riguardo si possono consul-

la destinazione iniziale dei disegni e il rapporto sempre fecon-

scinato dalla passione politica e morale di Dante, si libera

mente tra lastre di Plexiglas. Si osserva: lungo 5 secoli, sono

tare opere ormai classiche quali Yvonne Batard, Les dessins

do e attuale di testo e disegno illustrativo.

della abituale cadenza troppo armoniosa per far emergere

state varie e tormentate, connesse con la tormentata storia

de Sandro Botticelli pour la Divine Comédie, Perrin, Paris 1952;

Il presente testo è basato sul commento del dr. Peter Dreyer

la volontà di rappresentazione, senza dubbio uno dei suoi

d’Europa e con la storia del Codice, le circostanze per cui i di-

Bernard Berenson, I disegni dei pittori fiorentini, 3 voll., Electa,

all'edizione realizzata nel 1986 dalle case editrici Besler Verlag

pregi maggiori. Non è dunque privo di fondamento il giu-

segni del Botticelli vengono conservati in parte nella Bibliote-

Milano 1961; Aldo Bertini, Drawings by Botticelli, Dover, New

e Jaca Book.

dizio di coloro che ritengono i disegni a illustrazione della

ca Vaticana, in parte nel Museo del Patrimonio prussiano di

York 1968 e soprattutto Kenneth Clark, The Drawings by Sandro

Commedia dantesca una delle opere maggiori del maestro

Berlino (un tempo, “una parte della parte”, anche nel gabinet-

Botticelli for Dante’s Divine Comedy after the Originals in the Ber-

della Primavera.

to delle incisioni del Museo Statale dell’allora Berlino Est). Da

lin Museums and the Vatican, Thames & Hudson, London 1976;

avvenimento editoriale.

111


112

CAPITOLO PRIMO

del giubileo, a 35 anni, la metà dei 70 considerati da Dante, iux-

dalla quale ebbe tre figli: Jacopo, Pietro e Antonia. La prima at-

solo affermare che la sua militanza era intesa a ripristinare con

GLI AUTORI DEL CODICE

ta Seneca, come durata media della vita umana. Incerti mese e

tività letteraria del poeta, tra il 1285 e il 1295, si accompagna a

passione più che con abilità l’ordine e la moralità civica di un

giorno: l’atto di nascita fu probabilmente distrutto insieme con

una intensa partecipazione alle tormentate vicende belliche e

passato non lontano.

quelli di altri capi dei Guelfi Bianchi, essendo il nome di lui con-

politiche della sua città. Dopo aver preso parte alla battaglia di

Scarse sono le notizie documentarie intorno al vagare di

tenuto nell’elenco dei cittadini banditi dal Comune dopo il colpo

Campaldino nel 1289, Dante si iscrisse alla corporazione dei me-

Dante per le piccole corti dell’Italia settentrionale alla ricerca

di Stato dei Guelfi Neri capeggiati da Corso Donati nel 1302.

dici e degli speziali. Era il passo necessario per svolgere un’atti-

di una sistemazione per sé e per i tre figli ai quali nel 1303 era

a) Biografia

I condannati a morte o all’esilio sono registrati nell’imponente

vità più strettamente politica. Negli anni successivi, difatti, Dan-

stata estesa la condanna all’esilio. Fu a Verona presso Barto-

Durante degli Alighieri (“Dante” in forma ipocoristica), figlio

e terribile Libro del Chiodo, custodito nell’Archivio di Stato a Fi-

te fece parte del Consiglio speciale del capitano del popolo, fu

lomeo della Scala, quindi nel 1306 alla corte dei Malaspina in

di Alighiero e di Bella (degli Abati?), nacque a Firenze nel 1265.

renze. Ma è certo che i versi 112-117 di Paradiso xxii, relativi al

uno dei Savi consultati per l’elezione del Priore, fece parte del

Lunigiana, mentre nel 1315 lo ritroviamo a Verona ospite di

L’anno è riferito da Giovanni Boccaccio nel Trattatello in laude di

segno zodiacale dei Gemelli, «O gloriose stelle…», alludano alla

Consiglio dei Cento che regolava la vita economica della città,

Cangrande della Scala. Nel 1320, infine, l’irrequieto poeta lascia

Dante (capitolo ii): «…negli anni della salutifera incarnazione del

fine di maggio 1265. Dante studiò le discipline del Trivio e del

infine nel 1300 fu eletto Priore di Firenze. Era il canto del cigno.

ancora Verona per stabilirsi a Ravenna. Qui muore, in seguito a

re dell’universo mcclxv, sedente Urbano papa quarto nella cat-

Quadrivio, a Firenze fu discepolo di Brunetto Latini, frequentò

Nella lotta tra i Bianchi (fautori di una politica autonoma) per i

una breve malattia contratta ritornando da Venezia ove si era

tedra di san Pietro…», ma forse lo stesso Boccaccio sta interpre-

l’Università di Bologna. Nel 1274, a nove anni, incontrò, sua co-

quali si era schierato Dante, e i Neri (sostenitori di una politica

recato in qualità di ambasciatore di Guido Novello da Polenta,

tando il primo verso della Commedia, «Nel mezzo del cammin

etanea, la bambina che sarebbe stata la donna della sua vita,

filopapale) i primi risultarono sconfitti e Dante dovette scegliere

signore di Ravenna. Ancora Boccaccio nel Trattatello (capitolo vi)

di nostra vita…», che significherebbe aver compiuto Dante il

Beatrice (Bice), figlia di Folco Portinari. Tuttavia non volle o non

l’esilio per evitare guai maggiori. Oggi non è possibile precisare

ci fornisce la data precisa, la notte tra domenica 13 e lunedì 14

viaggio nell’Aldilà, da lui esplicitamente collocato nel 1300 anno

poté sposarla. Si sposò, invece, nel 1295 con Gemma Donati

in tutti i dettagli i termini dell’impegno politico del poeta. Si può

settembre 1321: «…nel mese di settembre negli anni di Cristo

1. L’autore del testo: Dante Alighieri

113


114

mcccxxi, nel dì che la Esaltazione della santa Croce si celebra

sostanzialmente nuova in quanto è il primo a raggruppare in un

storia letteraria del Duecento. Anche quest’opera non fu portata

c) La Commedia

dalla Chiesa…»: Dante fu sepolto in un’arca di pietra nella chiesa

corpus le sue liriche iscrivendole in una storia d’amore che già

a termine dal poeta, dei 4 libri previsti egli scrisse solamente il

La fama universale di Dante, però, è dovuta senza dubbio alla

di san Francesco in Ravenna.

dal titolo è intesa come un itinerario spirituale.

primo e 14 paragrafi del secondo.

sua opera maggiore, la Commedia, scritta dal 1307 al 1320. Dante

Il Convivio è un libro di divulgazione in prosa volgare, inizial-

Il De monarchia, infine, è un trattato in lingua latina nel quale

stesso in una lettera a Cangrande della Scala la intitola sempli-

mente concepito in 15 trattati di taglio enciclopedico. A noi sono

Dante cerca di dare forma organica alle sue convinzioni politiche.

cemente Comedia, per il fatto che inizia con una visione amara e

b) Le opere minori

pervenuti solo i primi 3, scritti tra il 1304 e il 1307. Lo scopo della

Nei tre libri del trattato, egli riprende ed esalta l’idea medievale di

termina felicemente. L’appellativo “divina” fu apposto arbitraria-

La prima opera certa di Dante Alighieri è la Vita Nuova scritta

trattazione è quello di offrire a un vasto pubblico – di qui l’im-

una autorità universale che sola può garantire la pace attraverso

mente al titolo autentico nel 1555 da Ludovico Dolce. Il poema,

tra il 1292 e il 1293. Si tratta di una raccolta di 31 componimenti

piego provocatorio del volgare – un «banchetto» della dottrina e

l’imparziale amministrazione della giustizia. Meritano inoltre di

in lingua volgare, consta di 14.233 versi, suddivisi in cento canti

poetici (25 sonetti, 4 canzoni, 1 ballata, 1 stanza) intessuti in un

della scienza contemporanea ed antica. Alla fervida e appassio-

essere citate 2 egloghe in latino e una dissertazione geografica,

a loro volta raggruppati nelle tre Cantiche di Inferno, Purgatorio e

discorso in prosa, diviso in 42 brevi capitoli. La prosa, ispirata

nata esperienza giovanile della Vita Nuova succede una trattazio-

Quaestio de aqua et terra. Vanno infine ricordate le lettere in al-

Paradiso, composte ciascuna di 33 canti, più un canto d’apertura

da modelli provenienti dalla Francia, ha la funzione di illustrare

ne adulta e matura, così come all’amore per Beatrice si sostitui-

cune delle quali Dante si avvicina per passione morale e capacità

che funge da proemio. Rifacendosi a una tradizione che annove-

le situazioni e le circostanze autobiografiche dalle quali hanno

sce l’amore per la filosofia.

espressiva ai grandi capolavori dell’epistolografia cristiana (Paolo

rava esempi famosi quali la discesa agli Inferi di Enea nel sesto

e Agostino).

libro dell’Eneide di Virgilio e il Somnium Scipionis di Cicerone, il

avuto origine le liriche e contemporaneamente è una sorta di

Il De vulgari eloquentia è un trattato in lingua latina sull’ar-

commento dei versi. La poesia cerca ispirazione dalle esperien-

te del dire in volgare. Già con il Convivio, Dante aveva sfidato il

poema racconta di un viaggio nell’oltretomba avvenuto nell’anno

ze amorose del poeta incentrate sulla figura di Beatrice. Pur

mondo dei dotti, usando la lingua volgare a scopi scientifici, col

1300, quando il poeta aveva 35 anni («Nel mezzo del cammin di

seguendo i canoni del dolce Stil Novo, Dante compie un’opera

De vulgari eloquentia propone una prima riflessione critica sulla

nostra vita…»). Il racconto è condotto in prima persona e pren-

115


116

La Commedia si impose subito all’attenzione dei contempora-

de l’avvio dallo smarrimento del poeta in una selva dalla quale

tanano dal Creatore. Il Purgatorio, invece, è concepito come un

volta ritratte nella loro specificità terrena e ogni volta inserite nel

può uscire solo con l’aiuto di Virgilio. Questi, che rappresenta la

monte alla cui sommità è l’Eden. Si sale dunque dal basso dove

piano generale della Commedia.

ragione, guida Dante attraverso il regno delle anime dannate (In-

dimorano gli spiriti che si son pentiti in fin di vita e gli scomuni-

Nella prima cantica passioni e vizi di Francesca da Rimini, Filip-

siva, Petrarca e Boccaccio, a stabilirne il valore. Noi possediamo

ferno) ed espianti (Purgatorio) fino al Paradiso terrestre. Qui a

cati, verso l’alto alla balza dove dimorano gli accidiosi che hanno

po Argenti, Farinata degli Uberti, Pier delle Vigne, Ulisse e Ugoli-

una dimostrazione concreta dell’interesse per l’opera maggiore

Virgilio subentra Beatrice (la fede) che conduce il poeta attraver-

coltivato tiepidamente l’amore di Dio. Nel Paradiso, infine, le ani-

no sono scolpiti con fermezza e allo stesso tempo osservati con

di Dante nei 600 manoscritti in cui essa è giunta fino a noi. Se il

so il Paradiso fino all’Empireo dove san Bernardo prepara Dante

me dei beati, tutte dimoranti nell’Empireo e più o meno prossime

intensa partecipazione dal viandante poeta. Similmente è l’uomo

Rinascimento portò con sé un certo offuscamento della fama di

alla visione di Dio. I tre regni, di cui il primo e il terzo sono eterni,

a Dio a seconda del grado della loro felicità, vengono incontro al

Dante che svela il difficile percorso del processo di purificazio-

Dante, l’epoca romantica significò nuova vita per la Commedia.

sono costruiti secondo leggi allegoriche e numeriche. L’Inferno

poeta allo scopo di offrire l’immagine concreta della loro beatitu-

ne attraverso le figure del Purgatorio: Casella e Manfredi, Pia e

Fra i grandi contemporanei che si sono ispirati a Dante, pos-

è costituito da 9 cerchi più un vestibolo, il Purgatorio di 9 parti

dine e di rafforzare i suoi sensi visivi. Nella già ricordata lettera a

Oderisi. Anche nel Paradiso, infine, benché la gloria della visio-

siamo ricordare Ezra Pound, Thomas Stearns Eliot ed Eugenio

più il Paradiso terrestre, il Paradiso comprende i 9 cieli tolemaici

Cangrande della Scala, Dante stesso propone una duplice lettura

ne divina accomuni tutti i beati, Dante conferisce uno spessore

Montale.

più l’Empireo. All’interno dei regni le anime dei defunti sono di-

della Commedia: una lettura oggettiva che tenga conto, in ogni

oggettivo alle anime con la rievocazione della loro vita terrena.

stribuite rispettivamente secondo le colpe, le inclinazioni pecca-

periodo e per ciascun personaggio del valore storico dell’evento;

La descrizione delle virtù dei beati serve poi a Dante per indi-

minose e le attitudini virtuose. Nell’Inferno, concepito come un

una lettura allegorica dell’esperienza di chi si rende meritevole,

viduare le linee della redenzione personale e soprattutto della

gigantesco imbuto, si procede dall’alto verso il basso in stretta

con le sue azioni, del premio e del castigo eterno. Nell’intreccio

riforma della chiesa. E quanto è dato vedere attraverso la pre-

correlazione di colpe e pene, sempre più gravi a mano a mano

di questi due schemi, ambedue avvertiti con molta intensità dal

sentazione di figure come quelle di san Francesco, san Domeni-

che i 9 cerchi si restringono al basso verso il Maligno e si allon-

poeta, si sviluppa rigogliosa e fantastica la vita delle ombre ogni

co, san Benedetto, san Pier Damiani.

nei, ma furono soprattutto i letterati della generazione succes-

2. L’autore delle illustrazioni: Sandro Botticelli Alessandro (Sandro) di Mariano di Vanni Filipepi, detto “Botticelli”, nacque a Firenze lunedì 1° marzo 1445. Figlio di un con-

117


118

ciatore di Santa Maria Novella, ebbe una buona istruzione, e

dipinta la Nascita di Venere che presenta lo stesso tipo di stiliz-

ta, da altri detestato o anche esaltato come il simbolo dell’e-

lizzazioni. In una famosa lettera del 1360 a Giovanni Boccaccio,

questo spiega il suo interesse per Dante. In ogni caso ebbe le-

zazione, favorevole all’arabesco delle figure. Chiamato a Roma

stetismo fiorentino. Forse più correttamente si può dire che

il Petrarca si esprime sugli svantaggi della scrittura gotica, gra-

gami con decoratori, ricamatori, intarsiatori e con i pittori «il-

da Sisto iv nel 1481, partecipa alla decorazione della Cappella

Sandro Botticelli è un grande maestro del Quattrocento per il

devole all’occhio, ma difficilmente leggibile. Egli stesso si serviva

lustratori» del tipo del Pesellino e di Apollonio di Giovanni. Fu

Sistina con due affreschi concernenti la Storia di Mosè. Ritorna-

disegno dalla cadenza melodiosa e la candida volontà di rap-

di una scrittura, che doveva qualche chiarezza all’influsso del-

anche a bottega da Filippo Lippi e dal Verrocchio come dimo-

to da Roma, Botticelli attraversa un periodo di crisi artistica ed

presentazione.

la minuscola carolina. La ricerca di testi antichi dimenticati e la

strano chiaramente le prime opere. Verso il 1470 Botticelli si

esistenziale allo stesso tempo. La crisi artistica deriva dal tipo

costruzione di grandi biblioteche portò nel xiv e xv secolo a im-

mette in proprio ed ottiene immediato successo. Di questi anni

stesso della sua opera sviluppata nel senso del raffinamento

portanti scoperte di manoscritti, per lo più in tarda carolina, che

sono: L’Adorazione dei Magi, le Storie di Giuditta, il Ritratto di gio-

più che dell’innovazione; la crisi esistenziale è causata dalla

vane donna e l’Adorazione dei Magi degli Uffizi. Queste opere ri-

violenta e austera predicazione del Savonarola e dall’adesio-

velano la sua tendenza e la sua capacità a cogliere col disegno

ne del Botticelli alla setta dei «piagnoni». Il maestro trascorre

Non abbiamo notizie certe sulla persona che copiò il testo

quanto era una scrittura antica e in accordo con la moda. Così gli

la struttura lineare dei corpi. Negli anni seguenti le commissioni

dunque gli ultimi anni della sua vita nell’isolamento; egli era

dantesco illustrato dai disegni botticelliani. Diamo anzitutto, per-

scrivani del Rinascimento derivarono dalla Carolina e da modelli

si moltiplicano e Botticelli diviene un artista privilegiato della

rimasto un pittore del Quattrocento che non aveva saputo o

ciò, qualche indicazione sulla formazione della scrittura huma-

del x, xi e xii secolo ciò che essi chiamarono littera antiqua. La ri-

corte dei Medici. Ed è appunto per Lorenzo di Pierfrancesco, cu-

voluto adeguarsi alle nuove tendenze. Botticelli morì a Firen-

nistica del codice. Tale premessa ci permetterà poi di dire qual-

nascita della scrittura cominciò all’inizio del xv secolo con Poggio

gino di Lorenzo il Magnifico che Botticelli dipinge la Primavera,

ze venerdì 17 maggio 1510. L’alterno destino della vita si è

che parola sul probabile amanuense. L’evoluzione della scrittura

Bracciolini e l’evoluzione della humanistica ha potuto essere sud-

la prima grande composizione mitologica dell’artista e di tutta

ripetuto sulla valutazione della sua opera dopo la morte. Da

umanistica può essere seguita e periodicizzata in base a lunghe

divisa, in modo convincente, in tre periodi, di cui il primo, quello

la pittura fiorentina. Parimenti per Lorenzo di Pierfrancesco è

alcuni esaltato come rappresentante di un’arte soave e delica-

serie di manoscritti datati e firmati, e sono possibili anche loca-

di transizione (1345-1425), mostra ancora i segni dello sforzo di

3. II copista

veniva apprezzata e copiata per la sua chiarezza e semplicità e che doveva esercitare sullo scrivano un influsso tanto più forte in

119


120

staccarsi dall’abitudine alla scrittura gotica. Quello intermedio

maturo, ma le aste della «b», della «d», della «h» e della «l» con

stratore e l’editore fu stabilito che il codice non andava lavorato

copia del De rerum natura di Lucrezio che presenta molte somi-

(1425-1465), invece, elabora completamente la tipologia moder-

un trattino terminale rivolto verso destra, oppure la gamba della

orizzontalmente ma trasversalmente, di modo da permettere

glianze stilistiche con la scrittura del codice botticelliano. Si può

na. Gli scrivani, però, non hanno ancora piena dimestichezza con

«g», che non comincia più sulla destra della parte tonda come

un impiego più razionale dello spazio, in particolare per l’illu-

dunque ritenere con buona probabilità che fu Nicola Mangona

le loro nuove lettere. Soltanto nella fase definitiva (1465-1490)

nel periodo precedente, bensì nel centro o addirittura a sinistra,

strazione. Da parte sua lo scrivano dovette risolvere il non fa-

il copista amanuense della Commedia. Una raffinatezza: si usò

essi padroneggiano con facilità le forme tramandate, in parte

e la sua forma chiusa, oppure le «i» provviste quasi sempre del

cile problema di avere di volta in volta canti diversi da copiare,

un amanuense quando già esisteva la tecnica della stampa. In-

caroline, in parte gotiche. La scrittura umanistica, che si è affer-

puntino sono elementi sviluppatisi soltanto alla fine dell’evoluzio-

da un minimo di 115 versi a un massimo di 160. La soluzione

fatti, quando Mangona si mise all’opera, esisteva già la Divina

mata in questo periodo, diviene patrimonio comune degli scri-

ne. Non nella prima metà del Quattrocento, dunque, dobbiamo

escogitata dal nostro scrivano fu semplice e soddisfacente allo

Commedia stampata a Foligno da Johann Numeister (o Neumei-

vani e, in contrasto con la maggior individualità della scrittura

cercare lo scrivano del nostro manoscritto, ma verso la fine del

stesso tempo: dispose lo scritto su 4 colonne, ottenne così una

ster) da Mainz, che fu un probabile assistente di Johann Guten-

precedente, vincola gli scritti degli scrivani professionali in una

secolo. A questa prima osservazione bisogna subito aggiunger-

disposizione ottimale dello spazio e contemporaneamente un

berg, e da Evangelista Angelini da Trevi (sabato 11 aprile 1472).

misura che rende difficili le differenziazioni. L’accurata descrizio-

ne un’altra altrettanto importante: il copista del codice era per-

gradevole effetto estetico per cui la pagina del codice ha tutte le

Del resto, in un manoscritto anonimo conservato nella Bi-

ne delle variazioni caratteristiche di scrittura e forma delle lettere

sona esperta in grado di affrontare e risolvere diverse difficoltà

caratteristiche del prestigioso libro rinascimentale. Lo scrivano,

blioteca Nazionale Centrale di Firenze (Codice Magliabechiano

fra il periodo intermedio e quello definitivo permette di ascrive-

connesse con la copia del testo dantesco e la scelta di affiancare

dunque, seppure non ce ne è stato tramandato il nome, dovette

xvii, 17) e datato 1540, si ricorda che Lorenzo di Pierfrancesco

re ineccepibilmente la humanistica del manoscritto dantesco al

a ciascun canto la sua illustrazione. D’accordo con l’illustratore

essere persona di gusto e di sicuro mestiere. Qualche critico,

de’ Medici aveva commissionato un lussuoso manoscritto della

tempo successivo al compimento dell’evoluzione descritta. La

e l’editore fu stabilito che il canto andava scritto sul lato “pelo”

anzi, ha creduto di poterlo identificare con Nicola Mangona che

Divina Commedia, incaricando il copista Nicola (o Niccolò) Man-

quasi completa rinuncia a legature e abbreviazioni è comune alla

della pergamena lasciando all’illustratore il lato “carne” più mor-

fu attivo a Firenze nella seconda metà del Quattrocento per il

gona di scriverne il testo, e Sandro Botticelli di realizzarne le

minuscola umanistica sia del periodo intermedio che di quello

bido e quindi più adatto al disegno. Parimenti insieme con l’illu-

cardinale Giovanni d’Aragona. Egli ha lasciato in particolare una

illustrazioni, una per ogni Canto, oltre alla prima con lo spacca-

121


122

to dell’Inferno. Il periodo di vita in cui Mangona esercitò la sua

4. Il committente: Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici

professione sembra avere avuto, approssimativamente, una

banchieri. Dopo la morte del Magnifico, il figlio Piero fu chiamato

queste le condizioni politiche in cui Lorenzo di Pierfrancesco e

nel 1492 a ricoprire il ruolo del padre, ma perse ben presto pre-

suo fratello Giovanni cercarono di acquistare influenza sul siste-

fase culminante tra il 1475 e il 1490. Per esempio, egli fu eccel-

Altra figura importante connessa con il Codice è il committen-

stigio e popolarità con la sua condotta e la sua inadeguatezza po-

ma politico della repubblica di Firenze. Lorenzo era stato inviato

lente copista in uno splendido manoscritto del Ninfale Fiesolano

te, colui che ordina un Codice e ne sostiene le spese. Dalle notizie

litica. Vi contribuì la controversia con i cugini Lorenzo e Giovanni

nel 1483 alla corte francese per presentare le condoglianze per la

di Giovanni Boccaccio: il Codice Riccardiano 1503 custodito nel-

dell’Anonimo Magliabechiano apprendiamo che Botticelli illustrò

di Pierfrancesco, mentre l’infelice tattica impiegata con la Francia

morte di Luigi xi e per felicitarsi con Carlo viii per la sua ascesa al

la Biblioteca Riccardiana di Firenze. La data di conclusione del

un Dante su pergamena per Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici.

nel 1494 condusse infine alla perdita della sua signoria. Quando

trono, e anche nell’intrigo politico del 1494 egli parteggiò così co-

lavoro, 1482, non è congetturale bensì chiaramente espressa

Lorenzo, detto “il Popolano”, era un cugino di secondo grado di

Carlo viii si avvicinò alla Toscana con l’esercito francese per avan-

erentemente per Parigi insieme al fratello, che entrambi ospita-

nel verso del foglio conclusivo (carta 120, v.): «Nicolas Mangona

Lorenzo il Magnifico (1449-1492), e nacque a Firenze giovedì 4

zare verso sud e strappare il regno di Napoli alla casa d’Aragona,

rono a Cafaggiolo il rappresentante dei re, il vescovo di Saint-Ma-

presbyter transcripsit mcccclxxxii». Così l’annotazione ha an-

agosto 1463, figlio di Pierfrancesco il Vecchio e di Laudomia Ac-

Piero agì con estrema inettitudine.

lo. Questo fatto, insieme con un violento diverbio tra Giovanni e

che il merito d’informarci che Mangona era un ecclesiastico, e

ciaiuoli. Quello era il ramo cadetto dei Medici, detto “popolano”

Dapprima incline a parteggiare per Napoli, si dispose alla re-

Piero condusse i fratelli a un processo, in cui furono condannati

questo ci rallegra, se si pensa che il testo di Boccaccio narra gli

o “del Trebbio”. Lorenzo restò orfano all’età di 13 anni. Il cugino

sistenza; ma quando il re si inoltrò nel territorio della repubblica,

dapprima all’ergastolo e poi all’esilio da Firenze. Allora essi si re-

amori di Affrico e Mensola in termini di gioiosa e pagana licenza

Lorenzo il Magnifico si prese cura di lui e di suo fratello mino-

si affrettò all’accampamento francese per trattare le condizioni

carono da Carlo viii e lo pregarono di muovere verso la Toscana e

sessuale.

re, Giovanni di Pierfrancesco, ma i rapporti tra le due linee della

del transito e l’alleanza con la Francia. La signoria di Firenze trovò

di liberare Firenze dalla signoria di Piero de’ Medici. Dopo la fuga

famiglia si turbarono ben presto, tanto che dopo la morte del

opportuno escludere Piero de’ Medici dalle decisioni politiche, il

del cugino, tornarono in patria il 24 novembre 1494 e si fecero

Magnifico si giunse ad aperta ostilità. Firenze era una repubblica

popolo si ribellò contro di lui; nel novembre 1494, ancor prima

reintegrare nei loro antichi diritti; abbracciarono il partito del po-

le cui sorti da generazioni erano rette dai Medici, una famiglia di

dell’ingresso dei francesi nella città, egli fuggì da Firenze. Sono

polo e cambiarono il loro nome in “Popolano”. Lorenzo divenne

123


124

uno dei 20 riformatori e accoppiatori. Nel 1495 fece parte dei

villa di Trebbio e nel 1497 per la villa di Castello acquistata

CAPITOLO SECONDO

parte di Dante et figurò lo inferno, et lo mise in stampa». Sem-

messaggeri che si congratularono con Carlo viii per la conquista

da Lorenzo due anni prima. Là, come riferisce l’anonimo Ma-

BOTTICELLI ILLUSTRATORE DI DANTE

bra anzi che Botticelli abbia perso tempo e prestigio in questa

di Napoli. Quando suo fratello Giovanni sposò Caterina Sforza,

gliabechiano, il Botticelli aveva dipinto dei quadri che vanno

figlia del duca di Milano, Giangaleazzo Sforza, Lorenzo fu sospet-

annoverati tra le sue opere più belle. Lorenzo di Pierfrance-

tato di voler divenire, con l’aiuto di Milano, tiranno di Firenze. Nel

sco è stato poeta lui stesso; alla lontana la sua opera lette-

1498 abbandonò la città per farvi ritorno nel 1499 riassumendo

raria deve essere stata influenzata da Dante. Personaggio

incarichi pubblici. Nel 1501 si incontrò in Francia con Luigi xii per

complesso, vicino tanto a Dante che a Botticelli, Lorenzo di

Nel precedente capitolo abbiamo già fatto riferimento

trattare, dietro incarico della signoria, sul futuro del regno di Na-

Pierfrancesco può essere considerato il committente ideale

all’interesse di Botticelli per Dante. Nel 1481 venne pubblicata

Successivamente o contemporaneamente alla serie di inci-

poli. Morì nella sua città natale sabato 20 maggio 1503.

per il codice dantesco.

a Firenze l’edizione a stampa della Commedia con il commento

sioni, Botticelli intraprese per Lorenzo di Pierfrancesco, il com-

impresa. 1. La serie di incisioni del 1481 2. Il codice con le illustrazioni del Botticelli

Lorenzo era un uomo colto e raffinato, uso a frequentare

Per Lorenzo di Pierfrancesco detto il Popolano, già sappiamo

di Cristoforo Landino. Fu un grande avvenimento editoriale

mento grafico di un codice della Commedia di Dante, che per

poeti, scultori e pittori, e uno dei più importanti commit-

che Botticelli realizzò due fra le sue opere più insigni: Pallade che

per il quale venne mobilitato il maestro della Primavera, invi-

molti aspetti è il suo capolavoro. Si tratta appunto del codice

tenti del Botticelli. Dal Vasari apprendiamo che per tutta la

doma il Centauro, e La Primavera, entrambe conservate agli Uffizi.

tato a completare l’opera con una serie di incisioni. Il proget-

botticelliano i cui resti, conservati in Vaticano e a Berlino, ven-

vita sovvenzionò il pittore che andava invecchiando. La Pri-

to era grandioso in quanto per ognuno dei cento canti era

gono pubblicati in edizione in facsimile. Come in poche altre

mavera e Pallade e il centauro sono registrati nel 1499 in un

previsto un commento grafico. Tuttavia solo a fatica Botticelli

opere abbiamo testimonianze sufficienti che ci permettono di

inventario della sua casa fiorentina. Possediamo documenti

realizzò le incisioni per i primi 19 canti. A questa circostanza

affermare con sicurezza che il codice in questione fu illustrato

su lavori del Botticelli per Lorenzo eseguiti nel 1495 per la

sembra far riferimento il Vasari quando scrive: «comentò una

da Botticelli.

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126

a) Uno dei disegni porta il nome del maestro: nella forma

tratteggio sono sicuramente del maestro fiorentino. Le linee pro-

mette inoltre di valutare nell’unità di pagina scritta e illustrata

miniatura. Tra queste due posizioni se ne è affermata una terza

«Sandro di Mariano». Esso si trova su una tavoletta nelle mani di

spettiche e architettoniche corrispondono totalmente a quelle

le caratteristiche dell’illustrazione del Botticelli. Altro particolare

avanzata da Friedrich Lippmann, che per primo pubblicò i dise-

un angelo nell’illustrazione per Paradiso xxvii.

delle tavole.

discusso riguarda la compiutezza o meno dell’opera. I disegni

gni berlinesi: «Come oggi l’osservatore, così anche l’artista du-

b) Sempre nel Paradiso al canto xiv troviamo l’iscrizione «Ales-

presentano in alcuni casi delle scalfitture preliminari, altrimenti

rante il suo lavoro deve aver avuto l’impressione che il soggetto

sandro» che può essere senz’altro interpretata in riferimento al

sono tracciati con una punta a secco, che lascia il segno anche su

della Commedia non sopportasse il realismo del colore. Soltanto

pergamena non preparata. La punta è di differente durezza, può

il semplice disegno su bianco e nero, con la sua incorporeità, è

lasciare un segno più o meno forte e in alcuni casi può addirit-

in grado di dare alla fantasia quella misura di libertà di cui ha

nome dell’artista.

3. Disegni o miniatura?

c) Un codice degli anni Quaranta del 1500, trenta anni quindi dopo la morte del Botticelli, presenta la seguente scritta: «dipin-

I 92 fogli con i disegni del Botticelli sono oggi conservati sin-

tura danneggiare la superficie della pergamena, strappandola e

bisogno per concretare oggetti soprannaturali. Il Botticelli appli-

se e storiò un Dante in cartapecora a lorenzo di piero francesco

golarmente tra lastre di Plexiglas tanto in Vaticano che a Berlino.

lasciando tracce di graffiature. Alcune illustrazioni sono rimaste

ca quindi tentativi di colorazione in un singolo disegno, e non li

de Medicj, il che fu cosa maravigliosa tenuta».

Il codice originario, dunque, non esiste più. È questo, forse, uno

allo stadio del disegno preliminare, la maggior parte, però, è ac-

ripete poi nelle successive illustrazioni».

dei motivi per cui i critici hanno volto la loro attenzione ai dise-

curatamente ripassata con penna e inchiostro, il cui colore varia

L’artista, dunque, avrebbe in un primo tempo pensato a com-

Da allora in poi la tradizione ha giustamente e ininterrotta-

gni quasi che essi fossero stati eseguiti senza riferimento a un

dal marrone pallido al nero profondo. Solo il foglio con lo spac-

pletare i disegni con il colore, vi avrebbe poi rinunciato vedendo

mente attribuito al Maestro della Primavera i disegni danteschi.

codice che contenesse tanto il testo che le illustrazioni. Tuttavia,

cato dell’imbuto infernale è interamente colorato, mentre altri

i primi risultati. Questa suadente supposizione è stata seguita

D’altro canto nel nostro caso la ricerca storico-artistica è una vol-

l’informazione dell’anonimo Magliabechiano, più sopra riportata,

pochi fogli presentano una sovrapposizione parziale di colore.

da molti critici, tuttavia alcuni dettagli inducono a una diversa

ta tanto concorde nell’attribuzione: tipi di viso, struttura delle

secondo cui Botticelli illustrò un codice per Lorenzo di Pierfran-

C’è allora da chiedersi se l’opera sia finita così come si presenta o

conclusione. La definizione a penna è per lo più molto precisa,

figure, drappeggi, accentuazioni di contorni e impostazione del

cesco de’ Medici non può essere messa in dubbio. Essa ci per-

se invece non era previsto il completamento con la tecnica della

tuttavia nella miniatura si presentano delle deviazioni dal dise-

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128

gno preparatorio. Per esempio, in Inferno xv le forme corporee

tendimento nell’operazione di pittura. Soltanto passandoci sopra

sono giunti, i disegni del Botticelli vanno annoverati tra i vertici

interpretazione dell’artista che in segno di rispetto per l’alto mini-

dei dannati, dopo la fissazione dello sfondo sono state in parte

con uno strato di pittura esse sarebbero scomparse completa-

dell’arte libraria in Occidente.

stero o, più probabilmente, nella convinzione che gli onori terreni

modificate nell’applicare il colore dell’incarnato. La pittura minia-

mente. È questa, forse, la prova più inequivocabile dell’intenzio-

non durano oltre la morte, evita volutamente di rappresentare la

ta conferisce ai corpi, grazie alle sfumature cromatiche, dei valori

ne di completare il disegno con un velo cromatico coprente.

tiara. Merita quindi considerazione la notizia del Vasari secondo

plastici che vanno ben oltre ciò che l’artista poteva ottenere con

Altro particolare degno di nota è l’accurata incorniciatura del

le sfumature a matita smussata. Si manifesta così dal primo pro-

campo figurativo di molti fogli. L’incorniciatura si spiega sola-

getto delle illustrazioni, attraverso l’accentuazione e la fissazione

mente quale indicazione per l’artista del limite dello sfondo non

di impianto compositivo e di particolari, fino all’esecuzione pitto-

disegnato.

4. Botticelli e il testo di Dante

la quale Botticelli «comentò una parte di Dante». Comunque si voglia intendere il termine «comentò», ne esce confermato l’in-

Le rappresentazioni dettagliate del nostro codice, la serie di

teresse di Botticelli per il testo dantesco. Il maestro fiorentino

incisioni e le diverse testimonianze dei contemporanei dimostra-

consultò probabilmente anche dei commentari già esistenti della

Dobbiamo dunque concludere che i disegni del Botticelli fu-

no il grande interesse di Botticelli per il testo della Commedia. Del

Commedia, scegliendo poi di seguire un commentario particolare

rono concepiti e realizzati a illustrazione di un codice della Com-

resto, al lato di precise concordanze con il modello letterario, si

nella sua illustrazione o giungendo addirittura a concezioni au-

media dantesca e che nella concezione dell’autore essi dovevano

possono cogliere diverse divergenze, solo in parte interpretabi-

tonome. Ai suoi tempi il commento della Commedia più famoso

Sempre nel contesto delle correzioni ai disegni già eseguiti a

essere completati con la colorazione. Per motivi che ci sono igno-

li come semplici errori. Segno evidente che Botticelli conosceva

e diffuso era quello di Cristoforo Landino e dobbiamo supporre

penna, si può osservare che tali correzioni, ricorrenti soprattut-

ti, l’opera rimase incompiuta e noi possiamo solo immaginare il

molto bene il modello letterario e qualche volta scelse di distac-

che il pittore l’abbia consultato tanto più che le sue incisioni eb-

to nel Paradiso, sono effettuate in modo tale che permettono

codice nello splendore delle illustrazioni colorate a piena pagi-

carsene. Ad esempio, nelle illustrazioni che ci sono giunte, nessun

bero origine proprio per l’edizione della Commedia commentata

ancora di riconoscere le forme cancellate. Esse erano cancellate

na, delle iniziali miniate e forse addirittura dei fregi ornamentali

papa tra i dannati dell’Inferno o fra i peccatori che si purificano

dal Landino. Tuttavia, in più di una occasione Botticelli sembra

in «modo visibile» per togliere al miniatore la possibilità di frain-

sulle pagine della scrittura. Tuttavia, anche nella forma in cui ci

nel Purgatorio è contraddistinto dalla tiara. È una vera e propria

distaccarsi dal commento del Landino per seguire con maggio-

rica, un continuo progredire che tratta liberamente la precedente stesura portandola alla perfezione artistica.

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130

re fedeltà il commento di Benvenuto Rambaldi da Imola. Se

precedenti illustrativi, in parte con la conoscenza della lettera-

fine consuete ingenue traduzioni in immagine del simbolo lette-

la peculiarità della rappresentazione della Commedia proposta

ne può dedurre che in generale il disegnatore seguisse le sue

tura secondaria.

rario, come la raffigurazione di Dante e Virgilio in una barca con

dal Botticelli. Qui non appaiono leggende di santi o magari l’in-

vele issate quale illustrazione dell’inizio del Purgatorio:

coronamento di poeti da parte di Apollo, con cui Giovanni di Pa-

proprie idee e la tradizione figurativa, solo di tanto in tanto cercando consiglio presso uno o parecchi dei primi commentatori. Non si può negare che Botticelli abbia commesso anche

olo arricchisce i canti poveri di azione. Quando, inoltre Dante 5. Caratteristiche dell’illustrazione del Botticelli

degli errori: per esempio nello spaccato dell’imbuto infernale

«Per correr miglior acque alza le vele

percepisce le anime come fiamme, vengono appunto disegnate

ormai la navicella del mio ingegno» (Purg. i, 1-2)

delle fiamme e non le figure dei beati. Per di più, le raffigurazio-

il pellegrinaggio verso l’Inferno si rivolge correttamente ver-

Botticelli può essere considerato il primo illustratore che ab-

so sinistra a partire dalle malebolge, ma nel singolo disegno il

bia rappresentato ogni singolo canto della Commedia. Prima di

Botticelli, invece, non solo commenta Dante canto per can-

tutte le altre, così che i malintesi sono rari. Il limitarsi al puro de-

percorso al bordo della quinta bolgia o il cammino degli ipocriti

lui gli illustratori si erano limitati a cogliere in disegni marginali

to ma si entusiasma a rappresentare l’azione descritta dal po-

corso dell’azione ha suscitato le maggiori difficoltà nell’illustra-

nella sesta è reso al contrario, così che la topografia del quinto

o spazi delimitati quanto si offriva alla rappresentazione. Inoltre,

eta. Certo, sono giunti a noi due codici che nella completezza

zione del Paradiso, e benché una tale coerenza potesse condurre

ponte crollato e del sesto si trova in contrasto con la rappresen-

frequente era il caso di illustratori che superavano l’ostacolo di

dell’illustrazione e nell’interesse figurativo all’andamento dell’a-

quasi all’impossibilità di rappresentare alcuni canti, il Botticelli

tazione generale dell’imbuto infernale. Anche nel Purgatorio la

canti particolarmente difficili da raffigurare con immagini allego-

zione anticipano il codice botticelliano. Si tratta del codice Ya-

vi ha tenuto fede. Nei suoi disegni sono accolti molti particolari

disposizione del cammino è spesso errata. Come già afferma-

riche quali la ruota della fortuna o le tre donne celesti. Venivano

tes-Thompson 36 della British Library con miniature di Priamo

del poema, come il rapido volger del capo, nel cielo della luna,

to, però, non tutte le deviazioni dalla lettera della Commedia e

poi raffigurate interpretazioni date dallo stesso Dante come, ad

della Quercia e Giovanni di Paolo e del codice Urb. lat. 365 della

quando Dante cerca l’oggetto che presume rispecchiato.

le apparenti incoerenze vanno attribuite a trascuratezza o ad

esempio, l’identificazione del papato, nel suo travisamento, con

Biblioteca Vaticana miniato da Guglielmo Giraldi e dalla sua bot-

Come già nelle incisioni, ma in maggior misura nelle illustra-

arbitrio del pittore; esse si possono spiegare in parte con dei

la bestia a sette teste dell’Apocalisse (Inf. xix, 106-111). Erano in-

tega. Proprio questi codici, però, fanno maggiormente risaltare

zioni del manoscritto, il Botticelli cerca di rendere in un solo qua-

ni del Botticelli sono estremamente più dettagliate ed esatte di

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dro non soltanto singoli episodi, ma, per quanto possibile, un

poema anche se, dovendo essere rappresentato il cammino dei

Così il Botticelli descrive i regni ultraterreni di Inferno, Pur-

di Dante era davanti agli occhi dei fiorentini nell’affresco di Do-

intero canto con tutti i suoi dettagli esteriori. Ciò appare con la

due pellegrini, non si poteva tener conto delle proporzioni del-

gatorio e Paradiso seguendo Dante con grande precisione e de-

menico di Michelino nel duomo di Firenze, che presenta il poeta

massima chiarezza nelle illustrazioni relative all’Inferno. E in quel-

la cavità gigantesca. E come le scene panoramiche dell’Inferno

dicando ai dettagli del testo, perfino al movimento delle dita, la

tra l’Inferno e la città di Firenze, davanti allo sfondo del Purga-

le del Purgatorio più chiaramente che nel Paradiso.

presuppongono le composizioni dei singoli fogli, così in questi

medesima attenzione che dedica alle sue grandi linee, con una

torio e sotto il corso degli astri. Essa aveva alle spalle una lunga

è sempre presente l’immagine dell’imbuto. Anche il Purgatorio

fantasia figurativa che fa apparire del tutto naturali anche cose

tradizione iconografica, che dall’affresco di Andrea del Castagno

Un’altra caratteristica delle illustrazioni di Botticelli è la loro

è realizzato con coerenza topografica con la sua spiaggia piatta,

mai viste, come gli alberi che crescono dall’alto verso il basso

nella villa Carducci in Legnaia, oggi in Santa Apollonia a Firenze,

precisione topografica. I manoscritti della British Library, dell’Ur-

la rapida salita verso la valletta dei principi negligenti, i gironi

(Purg. xxii-xxiv); presenta in modo convincente la grandezza dei

risaliva fino a Giotto. La figura del poeta e il suo abbigliamento

binate e della Vaticana presentano l’azione in paesaggi che non

per l’espiazione e il Paradiso terrestre. E come è rappresentato in

giganti e la colossale dimensione di Satana e sa rendere evi-

quali sono rappresentati dal Botticelli corrispondono ai modelli

hanno niente a che vedere con le descrizioni di Dante. Nel Giral-

prospettiva nella prima illustrazione, la topografia è presente in

dente l’immensità della rosa celeste limitando la sua raffigura-

del xv secolo e la sua visione complessiva del Purgatorio può

di colline, monti e fiumi costituiscono lo sfondo quasi gradevole

ogni singola scena. Per il Paradiso è difficile parlare di topografia,

zione alla punta di un unico petalo. Tuttavia l’arte del Botticelli,

essere direttamente debitrice al dipinto del duomo. Anche altri

dell’Inferno, l’Inferno e il Purgatorio di Priamo della Quercia sono

ma per lo meno il Botticelli non pone gli astri direttamente so-

pur con tutta la sua autonomia, si trova nella tradizione del xv

particolari delle nostre illustrazioni dimostrano familiarità con

circondati da montagne e il Paradiso di Giovanni di Paolo presen-

pra la terra, e nel limitare la rappresentazione dei cieli planetari

secolo. Il suo imbuto infernale, in cui l’osservatore penetra con

l’iconografia dantesca, dato che l’aspetto di Virgilio ha preceden-

ta le sfere dei pianeti subito al di sopra di paesaggi terreni, nei

alle sfere con cui sono delimitate le stelle, rende subito evidente

lo sguardo come in un modello tridimensionale aperto, prende

ti nel patrimonio figurativo librario e lo stesso vale per Satana.

quali il pittore situa le scene collaterali. Il Botticelli, invece, anche

l’isolamento dei corpi celesti: fra loro si devono superare in volo

probabilmente le mosse dal rilievo di Raggio sensale, descritto

nella descrizione topografica si attiene strettamente al testo di

distanze smisurate. Solo quando viene raggiunto lo zodiaco, il

dal Vasari nella vita di Filippino Lippi. La figura stessa di Dan-

Dante. Il suo imbuto infernale corrisponde alla descrizione del

pittore utilizza il nuovo foglio intero per le sue rappresentazioni.

te è debitrice della tradizione iconografica. Dal 1465 la figura

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6. Inferno, Purgatorio e Paradiso nella visione del Botticelli

colore coprente della miniatura e che, anche nei punti dove oggi

In alto a sinistra si trova l’ingresso al regno dei morti. Sotto la

sono tormentati gli eretici; segue poi il burrone fin giù al Flegeton-

sono ritornate visibili, solo in parte sono decifrabili. Secondo la

verde superficie della terra esso conduce in un luogo spazioso,

te, il fiume di sangue: siamo al settimo cerchio coi suoi gironi in

Non può certo essere compito della presente Nota descrivere

descrizione di Dante l’Inferno è costituito da una serie di cerchi

dove fra rupi strapiombanti e il primo fiume infernale, l’Acheronte,

cui soffrono pene eterne i violenti. Un baratro scosceso li separa

singolarmente i disegni del Botticelli: ci limitiamo, perciò, a una de-

suddivisi da gironi; restringendosi progressivamente, i cerchi

gli ignavi corrono dietro ad un’insegna, e dove le anime dei danna-

dai malfattori, che raggiunsero con la frode i loro malvagi scopi: di

scrizione dettagliata del foglio con lo spaccato dell’imbuto infernale

conducono al centro della terra formando una enorme cavità

ti si radunano per essere traghettate da Caronte. Rocce brune con-

questi, le anime di coloro che ingannarono gli estranei si trovano

– l’unico completato con il colore – e a una descrizione più veloce del-

sotterranea dalla approssimativa forma di un imbuto. La visione

ducono da un ripiano all’altro. Nel primo cerchio sotto l’Acheronte

nelle dieci fosse delle Malebolge, l’ottavo cerchio dell’Inferno. Se-

le prime illustrazioni rispettivamente del Purgatorio e del Paradiso.

complessiva di questo regno dei morti, miniato sopra un disegno

si trova il Limbo, una zona dove, senza pena né speranza, soggior-

gue poi il profondo pozzo lungo il cui bordo stanno ritti i giganti,

Esse non hanno il carattere di introduzione generale al canto come

preparatorio a punta metallica e penna, è anteposta al mano-

nano i bambini non battezzati, e dove a destra della figura sorge il

ed infine, in cerchi concentrici attorno alla smisurata figura di Lu-

nel caso dell’imbuto infernale, permettono però ugualmente di farsi

scritto con le sue illustrazioni; è presentata in sezione trasversa-

castello degli antichi eroi, ai quali mancò soltanto la fede cristiana

cifero, l’angelo caduto, ecco il Cocito, il gelido luogo di punizione

un’idea del Purgatorio e del Paradiso danteschi visti da Botticelli.

le, con una prospettiva leggermente rialzata, tanto da evidenzia-

per essere salvi. Un gradone di roccia più in basso, cominciano i

per i traditori, gli ingannatori di quanti si fidarono di loro: i parenti,

re ciò che avviene sulle singole terrazze, come pure le curvature

cerchi infernali coi loro tormenti. Qui siede Minosse, che giudica

la patria, gli ospiti e i benefattori.

dei cerchi attorno al centro cavo.

le anime sopravvenienti, e sotto di lui seguono i quattro cerchi per

Dante attraversa l’Inferno insieme a Virgilio, e la miniatura

Soltanto il nono cerchio, il più basso, il ghiaccio del Cocito, si

i peccati di incontinenza; essi terminano col secondo fiume infer-

presenta la coppia di poeti in diversi luoghi del loro viaggio, co-

presenta visto dall’alto. Una cornice dipinta, attraversata in alto

nale, lo Stige, che circonda la città di Dite. Qui viene punita la vera

minciando dal loro avvicinarsi alla porta. Vediamo i pellegrini che

dalla superficie della terra e in basso dal Cocito, contorna tutta

e propria malvagità (malizia). Subito dietro le mura della città con

mettono piede nel regno dei morti, si presentano a Caronte, di-

l’illustrazione.

le sue torri fiammeggianti, nelle tombe infuocate del sesto cerchio

scendono nel Limbo, incontrano i poeti dell’antichità, visitano il

7. L’imbuto infernale In diversi punti della rappresentazione il disegnatore ha riportato a penna delle didascalie che sono poi state nascoste dal

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castello degli eroi e dei saggi pagani e proseguono il loro cammi-

discordie nelle Malebolge: Bertram dal Bornio e infine, nelle

no fin nelle profondità dell’abisso. Sono rappresentati gli incontri

tre bocche di Satana, Giuda Iscariota, Bruto e Cassio.

La cornice a colori è completa. La lista bruna con doratura è intersecata in alto dal verde della terra, in basso dal freddo az-

ti; qualche doratura si trova perfino nei capelli e nelle frecce dei centauri, o ravviva le pareti rocciose dei cerchi infernali.

con Minosse, con Francesca e Paolo, con Cerbero e Pluto, e la

Alla precisione nella resa degli avvenimenti si aggiun-

zurro verdastro del Cocito. Il marrone, cupo nelle rocce e più

discesa allo Stige; troviamo i poeti davanti e dentro le mura di

ge una così esatta concordanza con alcune delle successi-

chiaro sulle terrazze, costituisce il tono fondamentale del grande

Dite, presso i sepolcri degli eretici e di fronte al Minotauro, sul-

ve illustrazioni per i singoli canti, che si può ipotizzare con

imbuto, che viene fortemente ravvivato e articolato nella metà

la via verso il Flegetonte e sulle rive di questo, al margine fra il

sicurezza che il panorama generale sia stato realizzato, nel

superiore dall’azzurro dei fiumi, in quella inferiore dal rosso del

bosco dei suicidi e il deserto dei violenti contro Dio e la natura; li

suo contenuto narrativo, soltanto dopo le rappresentazioni

Flegetonte e delle fiamme. Nella miniatura Dante porta un man-

Scritta: «l perchore miglior aqua».

vediamo poi sulle spalle di Gerione e al bordo delle Malebolge,

di dettaglio. L’esecuzione a colori è di estremo interesse, in

tello rosso sopra un abito verde, Virgilio un manto viola su veste

Su un’isola dalle rive piatte si innalza il monte della purifica-

presso i giganti e nel Cocito, mentre osservano Satana.

quanto può dare un’idea dell’aspetto che avrebbero dovuto

blu. Il colore fondamentale di Gerione è il verde. L’osservazione

zione, rigidamente suddiviso in tre parti: un ripido dirupo, una

avere i fogli relativi ai singoli canti, rimasti allo stato di dise-

dell’originale permette di rilevare un’incredibile finezza nella co-

zona appartata con una cavità a forma di cuore, dove le anime

gno preliminare a punta metallica e penna. Nelle rocce bru-

lorazione, che nessuna riproduzione può rendere perfettamente.

trascorrono il tempo prima di venire ammesse alla purificazio-

Anche le pene dei peccatori nei singoli cerchi sono rese con

ne, nel rosso del Flegetonte e degli abiti di Virgilio e di Dante

Così le anime nude, anche dove in linea di massima sfruttano il

ne, e il Purgatorio propriamente detto, che, custodito da un

esattezza, e in molti casi si possono riconoscere, anche in que-

il cromatismo progettato è controllabile anche nelle poche

fondo chiaro della pergamena, sono modellate da tenui ombreg-

angelo, si eleva in sette terrazze e porta sulla sua sommità il

sta rappresentazione generale, delle singole anime, come gli

illustrazioni singole dipinte almeno in parte, e presenta una

giature brune; le fiamme presso il castello del Limbo, sulle torri di

Paradiso terrestre.

antichi poeti nel Limbo, Francesca e Paolo, Ciacco, Lano da Sie-

notevole concordanza coi particolari corrispondenti della se-

Dite, nei sepolcri degli eretici, nella landa dalla pioggia di fuoco e

Dante, uscito dall’Inferno alla superficie della terra col suo

na e Jacopo da Sant’Andrea, Capaneo, perfino un seminatore di

zione generale.

nell’ottava fossa delle Malebolge sono provviste di lumicini dora-

accompagnatore, osserva le costellazioni del sud, e subito scor-

Sull’originale appare chiaramente perfino la discesa lungo il vello di Dite.

8. Purgatorio i

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ge un venerabile vecchio, Catone Uticense, davanti al quale

9. Paradiso i

egli si inginocchia e a cui Virgilio rende conto del motivo, della

CAPITOLO TERZO

dati certi, dallo stato attuale dei disegni cercando poi, attraverso

IL CODICE

una ricostruzione a ritroso, di giungere al codice quale fu ideato

via e dello scopo del loro viaggio, aggiungendo la preghiera di

Scritta: «1».

lasciar passare Dante attraverso i sette regni del monte su cui

Dante vede come Beatrice rivolge gli occhi direttamente al

Possediamo ormai alcune notizie fondamentali circa il Codice

Qualche dettaglio in più. Dunque, la silloge dantesca di Bot-

Catone stesso ha pieni poteri. Per ordine del vegliardo, Virgilio

sole. Il suo sguardo permette anche a Dante di guardare l’astro,

con le illustrazioni di Botticelli. Le riassumiamo, prima di affron-

ticelli è stata smembrata in due gruppi. Oggi, 7 pergamene (con

sulla riva pulisce con la rugiada il viso di Dante e lo cinge con

ma egli non ne sostiene a lungo lo splendore. Reso edotto da

tare altre questioni più strettamente connesse al codice, e riguar-

8 tavole), acquistate dal papa Alessandro viii nel 1669 e prove-

un giunco.

Beatrice sull’ordinamento divino del cosmo, egli sale con lei dal

danti i fogli pergamenacei di centimetri 32,5 per 47,5.

nienti dalla collezione della regina Cristina di Svezia, sono nella

Due scene del foglio si riferiscono al canto successivo: sulla

e realizzato da Botticelli.

Paradiso terrestre verso il cielo.

Biblioteca Apostolica Vaticana. Sono le illustrazioni per i canti i,

sinistra, si avvicina dal fondo una barca, che, guidata da un an-

Sotto le figure a penna, appare come uno specchio il disegno

a) Il codice conteneva sul verso dei fogli le illustrazioni di Bot-

ix, x, xii, xiii, xv, xvi dell’Inferno. Questi disegni sono stati identi-

gelo, porta delle anime alla purificazione; sempre a sinistra, sul

preliminare della coppia eseguito a punta e ruotato di 180 gradi.

ticelli, con punta d’argento e inchiostro su pergamena, sul recto il

ficati nel 1887 dallo storico dell’arte Josef Strzygowski (Bjelsko,

davanti, si vedono le ombre che lasciano la barca e scendono a

In un primo momento, dunque, quando iniziò il disegno, il Bot-

testo dantesco copiato probabilmente da Nicola Mangona.

Polonia, venerdì 7 marzo 1862 - Vienna, giovedì 2 gennaio 1941).

riva. Il banco di nubi che interseca il monte della purificazione

ticelli aveva davanti a sé il foglio rovesciato.

b) Il codice originario non esiste più. I disegni del Botticelli

Le altre 85 pergamene sono a Berlino, nel nuovo Kupferstich-

sotto i tre gradini della porta indica il limite superiore degli in-

sono conservati in parte in Vaticano, in parte a Berlino, singolar-

kabinett, che dopo la riunificazione della Germania nel 1989-1991

flussi atmosferici della terra, quali saranno descritti soltanto in

mente tra fogli di Plexiglas. Dobbiamo dunque interrogarci pro-

ha riunito le raccolte dei due Musei statali berlinesi. Nel 1854,

Purgatorio xxi, 46-54.

prio sulla sorte del codice e sul modo in cui i disegni botticelliani

queste pergamene furono identificate dallo storico Gustav Fri-

sono giunti fino a noi. Per correttezza scientifica partiamo dai

edrich Waagen (Amburgo, martedì 11 febbraio 1794 - Kjøben-

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havn [Kopenhagen], mercoledì 15 luglio 1868). Quei disegni era-

risalente al xix secolo. Gli scritti erano preceduti da un indice in

che le membra disiecta erano stati riuniti tra loro già prima dell’ac-

regina la maggior parte della raccolta di libri di Petau e fra questi

no a Glasgow, in possesso del duca William Alexander Archibald

inchiostro su carta, che documenta l’antica struttura del codice e

quisto del 1632. Si può però anche pensare che in un volume di

anche il volume della miscellanea. Così il manoscritto giunse a

di Douglas-Hamilton (Londra, martedì 19 febbraio 1811 - Parigi,

definisce le pagine del manoscritto dantesco «Dantis Aligerij pars

questo tipo la data indichi il momento in cui dei frammenti ac-

Stoccolma e, dopo la rinuncia di Cristina al trono di Svezia, prima

mercoledì 8 luglio 1863), undicesimo duca di Hamilton e ottavo

cantuum». La numerazione del codice si trova sul recto di ogni fo-

quistati in precedenza vennero rilegati e inseriti nella biblioteca.

ad Anversa (1655) e poi a Roma (1658). Cristina morì il 19 aprile

duca di Brandon. I fogli erano stati rilegati insieme nel 1803, con

glio in alto a destra e arriva fino a 127. All’inizio di ogni parte della

Tutti i titoli possono essere accertati in un catalogo manoscrit-

1689 e il suo erede, il cardinale Decio Azzolini, il 9 giugno dello

l’aggiunta di un indice (88 fogli di pergamena, di cui 85 illustrati).

miscellanea è riportato in inchiostro blu il numero 1896 e spesso

to della collezione Alexandre Petau in possesso della biblioteca

stesso anno. La bibliotheca Reginae Sueciae passò così in possesso

Nel 1882 furono acquistati in blocco dal Museo di Berlino.

anche il timbro della Vaticana. Le pagine del manoscritto dante-

dell’università di Leida: il codex Vossius quart. lat. 76, compilato nel

di Pompeo Azzolini dal quale la comprò il cardinale Ottoboni che

sco occupavano i fogli 97-103 ed erano rilegati per uno dei loro

1645 da un segretario del collezionista con correzioni e postille di

il 6 ottobre 1689 salì al trono pontificio con il nome di Alessandro

lati lunghi nel volume di grande formato. I testi potevano essere

Alexandre Petau e di una terza mano. L’inventario è ordinato per

viii. Il nostro volume finì così in quella parte della biblioteca che

letti a partire dal bordo del libro e muovendo verso la rilegatura,

argomenti, e perciò alcuni titoli si presentano più volte. L’indice

Ottoboni donò alla Vaticana e i cui codici vi costituiscono il Fundus

mentre le illustrazioni, a esclusione dell’imbuto infernale, presen-

del nostro Codex Reg. lat. 1896 è scritto dalla stessa mano del

Reginensis. Sotto Pio ix il codice ebbe una nuova rilegatura.

La Biblioteca Vaticana conserva 7 fogli di pergamena con dise-

tavano il loro margine inferiore sul lato esterno del codice. L’indi-

catalogo di Leida, alcune aggiunte e la registrazione degli exlibris

Nel periodo in cui fu prefetto Fritz Ehrle (1895-1914) i fram-

gni del Botticelli. I disegni, dal 1975 conservati singolarmente tra

ce del Codex Reg. lat. 1896 termina con lo exlibris del collezionista

sono dovute allo stesso Alexandre Petau. Non possiamo seguire

menti danteschi furono tolti dalla miscellanea e rilegati come Co-

fogli di Plexiglas, facevano prima parte di un codice miscellaneo

parigino Alexandre Petau e con la data 1632. Le datazioni sotto gli

il frammento della Commedia dantesca più all’indietro dell’anno

dex Reg. lat. 1896 A ovvero B. Dal 1975 essi sono conservati

che raccoglieva testi di vario argomento. Tale codice portava la

exlibris di Alexandre Petau dovrebbero indicare l’anno dell’acqui-

1632 e della collezione di Petau. Nel 1650 Isaac Voss, allora bi-

come fogli singoli tra lastre di Plexiglas, come già si è ricordato.

segnatura Reg. lat. 1896 e aveva una rilegatura di cuoio marrone

sto. Se questa ipotesi è corretta, nel nostro caso significherebbe

bliotecario di Cristina di Svezia, riuscì ad acquistare a Parigi per la

1. I frammenti del Codex Reg. lat. 1896

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Alla cantica dell’Inferno, ci mancano i canti n° 1-2-3-4-5-6-8-9-

milton (1811-1863). Il volume ricevette così la segnatura Ham. 201,

il Purgatorio a partire dal testo dell’viii canto e dall’illustrazione del

10-11-12-13-14-15, in tutto 14 canti. La cantica del Purgatorio e

ma restò a Hamilton Palace solo fino al 1882 quando, nonostante

ix, nonché i fogli del Paradiso provvisti di disegno sono conservati

I Musei Statali di Berlino, e precisamente il Kupferstichkabi-

quella del Paradiso sono intere. A ogni pezzo di pergamena ci è

l’interessamento della regina Vittoria, fu messo all’asta. Dietro le

a Berlino Est; i fogli con i testi di Paradiso xxii e xxxiii sono andati

nett conserva la maggior parte dei disegni superstiti del Bot-

arretro un disegno fatto da mano maestra della Scuola Fiorenti-

pressioni di Friedrich Lippmann, direttore del museo di Berlino,

perduti.

ticelli. Anche i fogli berlinesi al momento dell’acquisto erano

na, che si giudica essere o di mano di Sandro Botticelli, o di altro

l’opera fu acquistata dallo stato prussiano. Arrivato a Berlino all’i-

La data più antica sia per i fogli vaticani che per quelli berlinesi

ancora rilegati, precisamente in un volume di cartone rosa con

disegnatore di quell’ottimo tempo del disegno in cui fiorirono e

nizio del novembre 1882, il manoscritto dantesco fu catalogato in

ci riporta dunque a Parigi. Se questa provenienza non è casuale, si

dorso, angoli ed etichetta per il titolo in cuoio rosso. Il titolo

Michel Angiolo Buonarroti, e il Bandinelli, ed altri.

un primo momento «hb 438» e, in seguito, «Cim 33». Nel 1883 il

può supporre che l’opera sia giunta completa in Francia, portatavi

volume fu smembrato; ai fogli con le illustrazioni furono applicate

probabilmente dallo stesso Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici,

cornici in passepartout in modo da essere visibili singolarmente

forse come dono per un dignitario francese al momento della sua

e dai due lati. Nella rilegatura rimase almeno un foglio, quello col

missione nel 1501. Lì poi l’opera per circostanze avverse a noi igno-

testo di Paradiso xxx. Durante la seconda guerra mondiale, il tra-

te sarebbe stata smembrata una prima volta, dando vita alle due

Non si riesce a risalire più indietro nel seguire il frammento di

sporto del patrimonio del museo in diversi luoghi sicuri causò una

raccolte sopra ricordate e a una terza di 8 fogli andata perduta. Ciò

Dal carattere si giudica che sia stato scritto da qualche frate in

Berlino: nel 1803 esso si trovava, rilegato, nella libreria parigina di

suddivisione dei fogli berlinesi. La rilegatura, i fogli dell’Inferno (a

spiegherebbe anche il motivo per cui un’opera ritenuta «cosa ma-

Toscana fra gli anni 1400 – al 1450 – al più tardi. È scritto su per-

Giovanni Molini. Circa 15 anni dopo si può accertarne il possesso

eccezione del testo relativo a Inferno xxxiv e dell’illustrazione con il

ravigliosa» sia stata dimenticata così presto senza lasciare, a quel

gamena di forma oblunga, e ogni pezzo di pergamena contiene

da parte di Alexander Douglas (1767-1852), dal febbraio 1819 duca

Grande Satana) e l’inizio del Purgatorio fino all’illustrazione del can-

che ci è possibile constatare, alcuna influenza artistica.

un canto del poema, che le terzine sono divise in quattro colonne.

di Hamilton, padre e predecessore del summenzionato duca di Ha-

to viii si trovano oggi a Berlino Ovest; l’Inferno col Grande Satana,

2. I fogli berlinesi

impresso in oro sulla coperta anteriore era: «dante/manoscritto». Il codice dovette essere rilegato verso la fine del 1700. Nella coperta anteriore è incollato un foglio protocollo con le parole: «Manoscritto di Dante Alighieri.

Il numero de’ pezzi di pergamena, e dei disegni sono 88 in tutto. Verificato da me sottoscritto, Parigi li 27 di aprile 1803, Gio: Claudio Molini, Ljbraio»

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3. Descrizione codicologica

stra la diversa impostazione di scritto e immagine sul recto e il verso

essere anteriore a qualsiasi smembramento. I numeri «80» e «81»,

canto («Cap. viii Io dico seguita(ndo)»), con cui inizia ora il volume.

di ogni singolo foglio, il libro doveva essere sfogliato dal basso ver-

invece, sulle illustrazioni di Paradiso xviii e xix sono posteriori al pri-

In conclusione, a Berlino sono ora conservati 85 disegni di Bot-

I fogli del manoscritto sono di sottile pergamena di pecora e mi-

so l’alto. Una volta aperto, esso presentava in alto, cioè sui versi, le

mo smembramento. Se il grande Satana è considerato due fogli,

ticelli: i 28 di Berlino Ovest, più i 57 di Berlino Est. A essi vanno ag-

surano cm 32,5 × 47. Originariamente dovevano essere più gran-

illustrazioni, in basso, cioè sui recti, il canto relativo. Per ogni canto

nel codice completo il Paradiso xviiii doveva trovarsi sul foglio 87.

giunti i 7 della Biblioteca Vaticana per un totale di 92 fogli. I due Co-

di, come appare probabile per la differente distanza del compasso

era prevista un’apposita illustrazione a piena pagina. L’ultimo canto

Nella numerazione, perciò, dovevano già mancare 7 fogli, vale a

dici Reginensis e Hamilton contenevano 95 disegni (rispettivamente

dal margine del foglio e per il taglio dello scritto al margine destro

dell’Inferno presenta due illustrazioni. Sui fogli, oltre ai testi della

dire i fogli attualmente conservati in Vaticano.

7 e 88) per cui, in seguito allo smembramento effettuato a Berlino

dell’illustrazione di Paradiso xxviii.

Commedia e alle illustrazioni con scritte dell’artista vi sono anche

Per quanto riguarda il libro e la sua storia, dalle numerazioni

nel 1883 e alla ulteriore divisione per le vicende della seconda guer-

I testi sono scritti sul lato "pelo"; il lato "carne", più fine e privo di

aggiunte di mano più tarda: numerazioni, indicazioni del numero

risulta dunque da un lato che in origine il manoscritto era comple-

ra mondiale sono andati perduti 3 fogli mentre 8 erano già anda-

pori, è stato riservato alle illustrazioni. I due frammenti dei codici

dei canti e segni di lettura. Nei fogli vaticani le numerazioni sono

to, dall’altro che ne sono state distaccate due volte parti minori: in

ti dispersi in precedenza. L’opera che constava originariamente di

Reg. lat. 1896 e Ham. 201 contenevano in tutto 95 fogli, comincian-

scritte in parte sul lato carne, in parte sul lato pelo della pergamena

primo luogo i 7 fogli della Vaticana, in seguito gli 8 dell’Inferno oggi

103 fogli, è ora composta di 92. Gli 11 fogli dispersi rappresentano

do con la rappresentazione dell’imbuto infernale e con l’illustrazio-

e si riferiscono alla posizione dei fogli nel Codice Reg. lat. 1896. Sui

dispersi.

indubbiamente una grave perdita, tuttavia la serie di disegni botti-

ne di Inferno i sul verso dello stesso foglio e terminando con il testo

fogli berlinesi vi sono tracce di due diverse numerazioni. Un resto

L’indicazione sulle pagine del testo del numero dei canti si trova

celliani a commento della Divina Commedia costituisce una galleria

di Paradiso xxxiii, mentre 8 fogli erano già andati perduti in prece-

della prima numerazione si trova sul recto del Grande Satana sul

soltanto nelle parti berlinesi del manoscritto ed è dunque stata ap-

ammirevole di situazioni, ritratti e personaggi, un capolavoro dell’il-

denza.

cui lato superiore è presente il numero «35» che ha un significato

posta al più presto dopo la prima divisione.

lustrazione libraria anche se ora ammiriamo i disegni più come fo-

Sia il testo che le illustrazioni utilizzano la pergamena in formato

se lo si considera come resto della numerazione della serie, con-

Sul margine superiore della pagina di testo di Inferno viii è sta-

trasversale, i fogli erano rilegati in senso longitudinale. Come dimo-

servatasi ancora completa. Questa numerazione dovrebbe, quindi,

to annotato, probabilmente dopo lo smembramento, un cenno al

gli singoli che come parte di un codice grandioso per concezione e realizzazione.

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INDICE DELLE TAVOLE

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Inferno 147

Il corpus ritrovato delle illustrazioni di Botticelli alla Divina Commedia è composto da 92 tavole, realizzate e conservate presso il Gabinetto di Disegni e Stampe di Berlino (codex Hamilton 201 Cim. 33) e presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (Codex Reginensis Latinus 1896). I disegni illustrano novanta dei 100 canti della Commedia, la miniatura a destra apre la serie dell’Inferno e rappresenta il cratere. Una raffigurazione di Lucifero segue il canto xxxiv dell’Inferno ed è realizzata su un doppio foglio di pergamena. Otto illustrazioni di Botticelli sono andate perdute, quelle corrispondenti ai canti ii, iii, iv, v, vi, vii, xi, xiv dell’Inferno e due non sono mai state realizzate, relative ai canti xxxi e xxxiii del Paradiso.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, l'Abisso dell'Inferno (Imbuto infernale). Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana © 2021. Foto Scala, Firenze/Heritage Images.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto viii. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto x. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana © 2021. Foto Scala, Firenze/Heritage Images.


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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xv. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana © 2021. Foto Scala, Firenze/Heritage Images.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xviii. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxvii. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxviii. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.


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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxix. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxxi. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxxiv-1. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Inferno, canto xxxiv-2. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlin.


Purgatorio 153

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia. Purgatorio, canto ii, Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv. Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia. Purgatorio, canto iii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv. Cim. 33. Foto: Philipp.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.


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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto vii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto x. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xviii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xix. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.


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157

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xxiii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xxv. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xxxi. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Foto: Joerg P. Anders. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Illustrazione de La Divina Commedia, Purgatorio, canto xxxii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. © 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.


Paradiso 159

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto ii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Joerg P. Anders.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto iv. Berlino, Kupferstichkabinett – Musei statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Joerg P. Anders.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.


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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto v. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto vi. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Joerg P. Anders.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto xv. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto xxiii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.


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SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto xxv. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto xxviii. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Firenze, Paradiso, canto xxix. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv.: Botticelli, Paradiso 29. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.

SANDRO BOTTICELLI (1445-1510): Cod. Hamilton 201, illustrazione de La Divina Commedia, Paradiso, canto xxx. Berlino, Kupferstichkabinett ‒ Musei Statali. Inv. Cim. 33. Foto: Philipp Allard.© 2021. Foto Scala, Firenze/bpk, Bildagentur für Kunst, Kultur und Geschichte, Berlino.


ELENCO DEI FOGLI E LORO COLLOCAZIONE

recto Imbuto infernale Testo Inf. I Testo Inf. II Testo Inf. III Testo Inf. IV Testo Inf. V Testo Inf. VI Testo Inf. VII Testo Inf. VIII Testo Inf. IX Testo Inf. X Testo Inf. XI Testo Inf. XII Testo Inf. XIII Testo Inf. XIV Testo Inf. XV Testo Inf. XVI Testo Inf. XVII Testo Inf. XVIII Testo Inf. XIX Testo Inf. XX Testo Inf. XXI Testo Inf. XXII Testo Inf. XXM Testo Inf. XXIV Testo Inf. XXV Testo Inf. XXVI Testo Inf. XXVII Testo Inf. XXVIII Testo Inf. XXIX Testo Inf. XXX

verso illustrazione Inf. I illustrazione Inf. II illustrazione Inf. III illustrazione Inf. IV illustrazione Inf. V illustrazione Inf. VI illustrazione Inf. VII illustrazione Inf. VIII illustrazione Inf. IX illustrazione Inf. X illustrazione Inf. XI illustrazione Inf. XII illustrazione Inf. XIII illustrazione Inf. XIV illustrazione Inf. XV illustrazione Inf. XVI illustrazione Inf. XVII illustrazione Inf. XVIII illustrazione Inf. XIX illustrazione Inf. XX illustrazione Inf. XXI illustrazione Inf. XXII illustrazione Inf. XXIII illustrazione Inf. XXIV illustrazione Inf. XXV illustrazione Inf. XXVI illustrazione Inf. XXVII illustrazione Inf. XXVIII illustrazione Inf. XXIX illustrazione Inf. XXX illustrazione Inf. XXXI

Biblioteca Apostolica Vaticana perduto perduto perduto perduto perduto perduto Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Biblioteca Apostolica Vaticana Biblioteca Apostolica Vaticana perduto Biblioteca Apostolica Vaticana Biblioteca Apostolica Vaticana perduto Biblioteca Apostolica Vaticana Biblioteca Apostolica Vaticana Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett

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Testo Inf. XXXI Testo Inf. XXXII Testo Inf. XXXIII Testo Inf. XXXIV

166

Pagina vuota Testo Purg. I Testo Purg. II Testo Purg. III Testo Purg. IV Testo Purg. V Testo Purg. VI Testo Purg. VII Testo Purg. VIII Testo Purg. IX Testo Purg. X Testo Purg. XI Testo Purg. XII Testo Purg. XIII Testo Purg. XIV Testo Purg. XV Testo Purg. XVI Testo Purg. XVII Testo Purg. XVIII Testo Purg. XIX Testo Purg. XX Testo Purg. XXI Testo Purg. XXII Testo Purg. XXIII Testo Purg. XXIV Testo Purg. XXV Testo Purg. XXVI Testo Purg. XXVII Testo Purg. XXVIII Testo Purg. XXIX Testo Purg. XXX Testo Purg. XXXI Testo Purg. XXXII

illustrazione Inf. XXXII illustrazione Inf. XXXIII illustrazione Inf. XXXIV (1) illustrazione Inf. XXXIV (2) (foglio doppio) illustrazione Purg. I illustrazione Purg. II illustrazione Purg. III illustrazione Purg. IV illustrazione Purg. V illustrazione Purg. VI illustrazione Purg. VII illustrazione Purg. VIII illustrazione Purg. IX illustrazione Purg. X illustrazione Purg. XI illustrazione Purg. XII illustrazione Purg. XIII illustrazione Purg. XIV illustrazione Purg. XV illustrazione Purg. XVI illustrazione Purg. XVII illustrazione Purg. XVIII illustrazione Purg. XIX illustrazione Purg. XX illustrazione Purg. XXI illustrazione Purg. XXII illustrazione Purg. XXIII illustrazione Purg. XXIV illustrazione Purg. XXV illustrazione Purg. XXVI illustrazione Purg. XXVII illustrazione Purg. XXVIII illustrazione Purg. XXIX illustrazione Purg. XXX illustrazione Purg. XXXI illustrazione Purg. XXXII illustrazione Purg. XXXIII

Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett Berlino, Musei Statali, Kupferstichkabinett

Testo Purg. XXXIII Testo Par. I Testo Par. II Testo Par. III Testo Par. IV Testo Par. V Testo Par. VI Testo Par. VII Testo Par. VIII Testo Par. IX Testo Par. X Testo Par. XI Testo Par. XII Testo Par. XIII Testo Par. XIV Testo Par. XV Testo Par. XVI Testo Par. XVII Testo Par. XVIII Testo Par. XIX Testo Par. XX Testo Par. XXI Testo Par. XXII Testo Par. XXIII Testo Par. XXIV Testo Par. XXV Testo Par. XXVI Testo Par. XXVII Testo Par. XXVIII Testo Par. XXIX Testo Par. XXX Testo Par. XXXI Testo Par. XXXII Testo Par. XXXIII

illustrazione Par. I illustrazione Par. II illustrazione Par. III illustrazione Par. IV illustrazione Par. V illustrazione Par. VI illustrazione Par. VII illustrazione Par. VIII illustrazione Par. IX illustrazione Par. X illustrazione Par. XI illustrazione Par. XII illustrazione Par. XIII illustrazione Par. XIV illustrazione Par. XV illustrazione Par. XVI illustrazione Par. XVII illustrazione Par. XVIII illustrazione Par. XIX illustrazione Par. XX illustrazione Par. XXI illustrazione Par. XXII illustrazione Par. XXIII illustrazione Par. XXIV illustrazione Par. XXV illustrazione Par. XXVI illustrazione Par. XXVII illustrazione Par. XXVIII illustrazione Par. XXIX illustrazione Par. XXX pagina vuota illustrazione Par. XXXII pagina vuota pagina vuota

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Finito di stampare giugno 2021 ISBN: 978-88-16-60639-5

9

788816

606395

€ 100,00


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