Il Polietico 3

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Febbraio 2005, Anno II- N.3 Periodico di informazione

Riservato ai medici e agli operatori sanitari

Con il cuore e con il cervello

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entimento e ragione, così spesso simboleggiati da cuore e cervello, sono concetti solo in apparenza contrastanti. Qui, al Gruppo Policlinico di Monza, fin dall’inizio li abbiamo fatti coesistere: anzi, proprio il desiderio di trovare un giusto equilibrio fra loro è stata la molla che ci ha spinto a creare un modello nuovo di sanità, la società etica. Siamo partiti undici anni fa dalla persona, il paziente, che vive il momento difficile della malattia e ha diritto non solo alle cure più efficaci ma soprattutto al rispetto della sua dignità di uomo o di donna. A questo paziente abbiamo cercato di offrire un ambiente gradevole, in cui le attenzioni e la gentilezza del personale si accompagnassero a strutture - camere, ambulatori, sale d’attesa - esteticamente rasserenanti, a giardini dove possibile, a opere d’arte ovunque. Fin qui il cuore. E ora il cervello: abbiamo ricercato ottimi specialisti - medici, infermieri, tecnici - a cui offriamo aggiornamento, formazione e le migliori condizioni per crescere professionalmente, ci siamo dotati di apparecchiature d’avanguardia che rinnoviamo di continuo, e stiamo inaugurando un Centro Ricerche Neuro-bio-oncologiche a Vercelli. Cuore e cervello, che sono protagonisti anche di questo numero del PoliEtico, dedicato all’attività di Cardiologia e Neurochirurgia nelle cliniche del Gruppo. Buona lettura.

Il Presidente Gian Paolo Vergani

In questo numero:

Cardiologia, la sfida del nostro tempo pag. 2

Neurochirurgia: l’attività del Gruppo pag. 17

Centro Ricerche di NeuroBio-Oncologia pag. 21


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l professor Giuseppe Specchia è il responsabile del Dipartimento di Cardiologia del Policlinico di Monza. A lui chiediamo di illustrare la complessa “macchina” che nelle varie strutture del Gruppo collabora strettamente al fine di affrontare quello che è, e sarà, il maggiore problema sanitario della nostra società.

I Cardiologia, la sfida del nostro tempo

Professore, quali sono le nuove sfide che la cardiologia deve affrontare? “Nonostante gli enormi progressi ottenuti in campo diagnostico e terapeutico, le malattie cardiovascolari restano ancora la prima causa di morte e l'Organizzazione Mondiale della Sanità prevede che questo dato resterà invariato anche nel 2020. Il significativo aumento della vita media, che non interessa solo i paesi industrializzati, ma anche quelli in via di sviluppo, nei prossimi anni darà origine a una popolazione sempre più vecchia, inevitabilmente composta da un numero sempre maggiore di soggetti cardiopatici affetti da patologie via via più complesse: pazienti che già hanno ricevuto terapia cardiovascolare e portatori di altre co-morbidità, tra le quali prevarranno ovviamente quelle a patogenesi degenerativa”.

Il professor Giuseppe Specchia, Direttore del Dipartimento di Cardiologia del Policlinico di Monza

Qual è il ruolo della tecnologia in questo contesto? “In questa situazione, il progresso tecnologico diventa di cruciale importanza. I presidi diagnostici a disposizione del cardiologo verso la metà degli anni ’50 erano, infatti, estremamente poveri, così come poveri erano i mezzi terapeutici. In appena mezzo secolo elettronica e informatica hanno radicalmente cambiato il nostro approccio al paziente: la diagnostica strumentale si è completamente trasformata, e lo sviluppo tecnologico è diventato così tumultuoso che ormai diventa sempre più difficile tenerne il passo. Oggi, ad esempio, gli studenti di medicina possono studiare anatomia e patologia umana attraverso l’uso di sofisticate tecniche di immagine, al posto delle vetuste esercitazioni anatomiche su cadavere. Tuttavia, in questa continua evoluzione tecnologica è importante ribadire un concetto fondamentale: il progresso tecnologico deve sempre essere al servizio del paziente. Resta fermo, quindi, il dovere di ogni medico di non demandare mai il rapporto con il paziente a un anonimo, seppur sofisticato, dato di laboratorio, ma di mantenere costantemente intatto il proprio metodo clinico”. Tecnologia e professionalità umana: in che modo i Dipartimenti di Cardiologia del Gruppo Policlinico di Monza integrano questi due fattori? “Sin dall’inizio della loro attività, i dipartimenti di Cardiologia del Policlinico di Monza hanno associato alle apparecchiature e alle procedure tecnologicamente più avanzate, équipe mediche sempre attente a instaurare e mantenere uno stretto rapporto umano con ogni singolo paziente. Nel valutare ogni decisione, diagnostica o terapeutica, il nostro criterio è sempre quello di assicurare a ogni paziente, secondo il principio della medicina basata sull'evidenza, il trattamento più idoneo a evitare procedure ridondanti o addirittura inutili. Sulla base delle Linee Guida delle Società Scientifiche Nazionali e Internazionali - alla cui stesura hanno partecipato in prima persona anche alcuni cardiologi del Policlinico - e con il costante supporto dell'Amministrazione, cerchiamo di scegliere sempre la strategia di intervento più appropriata. Ricordo come la certificazione ISO 9002 e la successiva VISION 2000 abbiano validato, anche per il dipartimento di Cardiologia, sia la struttura disponibile sia la metodologia applicata”.


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Che rapporto avete con il territorio? “È stata nostra cura stabilire e mantenere un ottimo rapporto con i medici curanti presenti sul territorio di ciascuna delle cliniche. Le Cardiologie del Gruppo Policlinico sono strutture aperte, che i medici curanti hanno a disposizione per la cura dei loro ammalati. Per tutti noi la loro collaborazione è molto preziosa, dal momento che essi sono i soli ad avere un’estesa e minuziosa conoscenza dei loro pazienti. Tutti i medici curanti, inoltre, possono partecipare ai convegni e incontri informali che vengono frequentemente organizzati presso il Policlinico, qui a Monza, oppure alla Clinica San Gaudenzio di Novara. Si tratta di momenti importanti, il cui scopo è quello di fornire ai medici un necessario quanto utile aggiornamento, e che permette a noi di continuare a migliorare la nostra esperienza. Anche la risposta dei pazienti è stata positiva: attualmente, siamo lieti di poter offrire alla popolazione dell’area monzese e delle altre regioni d’Italia - da cui giunge ancora circa il 40% dei pazienti - un istituto dotato di strutture moderne e accoglienti, personale competente, risorse tecnologiche all'avanguardia, dove il rapporto umano che si instaura fra chi cura e chi soffre viene coltivato con attenzione”. Può darci un’idea del volume di attività del Gruppo?

Il dottor Gheorghe Cerin, responsabile del Dipartimento di Cardiologia della Clinica San Gaudenzio, Novara

“L’anno 2004 si è concluso con quasi 3500 ricoveri cardiologici. Nello stesso anno sono state eseguite 52.000 procedure di diagnostica ambulatoriale non invasiva, poco meno di 3500 esami diagnostici angiografici invasivi, 900 procedure interventistiche sulle arterie coronarie e periferiche, 686 fra studi elettrofisiologici e interventi di ablazione su pazienti aritmici. Lo spirito di autentica collaborazione che unisce i cardiologi operanti nelle varie strutture del Gruppo e gli specialisti delle altre discipline - emodinamica, elettrofisiologia, chirurgia endovascolare - unitamente alla grande esperienza diagnostica e terapeutica, e alla propensione di tutti al dialogo e al confronto, hanno permesso il raggiungimento di questi ottimi risultati, che superano di gran lunga le più ottimistiche previsioni. In proposito, ritengo opportuno illustrare l’attività nelle cliniche di Novara e Alessandria. Il Dipartimento di Cardiologia della Clinica San Gaudenzio di Novara, diretto dal dottor Gheorghe Cerin, offre assistenza clinica e strumentale sia nei reparti di Cardiologia e Cardiochirurgia sia in Sala Operatoria e Terapia Intensiva Post Operatoria, ma segue e assiste anche i pazienti trattati in Emodinamica ed Elettrofisiologia. Circa la metà dei pazienti ricoverati presso i dipartimenti di cardiologia e cardiochirurgia di Novara è stata sottoposta a operazioni in circolazione extra-corporea. Un grande sforzo viene quindi rivolto alla cura dei pazienti cardiochirurgici: in molti casi si tratta infatti di pazienti ad alto rischio operatorio, che devono essere sottoposti a più procedure chirurgiche, e spesso sono già stati rifiutati da altre strutture. Il tasso di successo operatorio del 97,9% costituisce pertanto un motivo di grande orgoglio. L’equipe cardiochirurgica operante alla San Gaudenzio può vantare un’esperienza riconosciuta a livello internazionale nel campo delle riparazioni valvolari, una tipologia di intervento in cui l’impegno del cardiologo ecocardiografista è di fondamentale importanza in ogni fase. I risultati di questa stretta collaborazione non sono mancati: negli ultimi due anni non è stato necessario eseguire alcuna sostituzione valvolare su decine di pazienti operati per insufficienza mitralica. Ciò non solo migliora notevolmente la qualità della vita dei pazienti, ma permette loro di evitare i rischi e i costi connessi alle terapie anticoagulanti e protesi meccaniche. L'imminente arrivo di una macchina ecocardiografica tridimensionale live


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La dottoressa Carla Bertucci, responsabile del Dipartimento Cardiovascolare della Clinica Città di Alessandria

consentirà alla Clinica San Gaudenzio di essere ancor più all'avanguardia nella cura dei pazienti cardiochirurgici, che richiedono un’attenzione particolare, sia nella fase preoperatoria che in quella postoperatoria. Anche l’attività ambulatoriale è intensa, e dallo scorso settembre, grazie al prezioso aiuto del dottor Toufic Kouri, è possibile eseguire presso l’ambulatorio le TAC coronariche multistrato, destinate a migliorare ulteriormente la diagnostica. Alla Clinica Città di Alessandria, il Dipartimento Cardiovascolare diretto dalla dottoressa Carla Bertucci svolge la sua attività in due campi principali: l’assistenza in reparto degenza e l’attività ambulatoriale vera e propria. L’attività assistenziale può contare sul supporto attivo di una Sala di Emodinamica e di Elettrofisiologia. I ricoveri comprendono varie tipologie di pazienti: dalla cardiologia interventistica (ischemica e cardiopatie congenite), ai pazienti con disturbi aritmici, fino alla gestione dei pazienti affetti da insufficienza cardiocircolatoria e cardiorespiratoria, con vari gradi di scompenso. L’attività ambulatoriale, che copre tutti gli ambiti diagnostici e viene espletata per cinque giorni alla settimana, comprende: visite cardiologiche con elettrocardiogramma, ecodoppler cardiogramma transtoracico e transesofageo, test ergometrico al cicloergometro, eco-stress-farmacologico ed Ecg dinamico Holter delle 24 ore. In particolare con il moderno ecocardiografo in dotazione è possibile valutare il flusso coronarico ed effettuare il Doppler tissutale”. E per il futuro, quali sono i vostri progetti? “I propositi continuano a essere ambiziosi. Siamo determinati a migliorare sempre più la qualità dell'assistenza, a mantenere l’eccellenza nelle nostre apparecchiature diagnostiche, e a disporre di ogni nuova procedura che permetta di ottenere risultati migliori. La cardiologia del terzo millennio diventerà, sempre di più, una cardiologia degli acuti e una cardiologia degli anziani. In futuro, e in particolare nel campo della malattia aterosclerotica, principale causa di morbilità, invalidità e morte, la vera sfida sarà costituita dalla realizzazione di un efficace sistema di prevenzione primaria e secondaria. Bisognerà cercare di privilegiare e diffondere tutte le misure atte a ridurre o ritardare la coamparsa di questo tipo di malattie e delle successive complicanze. Limitarsi a agire solo nel momento in cui la patologia è ormai in atto rappresenta, tutto sommato, già una sconfitta”. Intervista di Alessandro Cagliani

Imaging cardiaco: attualità e prospettive future

ttualmente nel mondo occidentale, a causa dell'aumento dell'età media, su 10 richieste di esami diagnostici 7 sono di tipo cardiovascolare. Si rendono quindi necessarie metodiche non invasive dal punto di vista procedurale o biologico come, sin dal 2000, due sistemi di provata affidabilità quali TAC ed RM. Le attuali TAC 16 strati, che hanno permesso di contenere i tempi di apnea fino ai 15-20 secondi consentendo l’accesso all’esame a molti pazienti, forniscono un corretto studio delle arterie coronarie in breve tempo con una dose di radiazioni simile a quella di un’angiografia tradizionale (decisamente più invasiva). Con le attuali Workstation (stazioni di elaborazione), in retrospettiva si ottengono delle immagini MIP, MPR e Volumetriche molto affidabili, così da divenire la metodica di scelta per il controllo di by-pass aorto- coronarici, specie i graft venosi e stent, nonché per indagini preliminari nei soggetti appartenenti a famiglie ad alto rischio. È importante segnalare che il costo economico di una TAC delle arterie coronarie è circa un quarto rispetto a una coronarografia tradizionale, e non necessita di alcun ricovero. Soprattutto, un’indagine TAC delle arterie coronarie fornisce anche informazioni diagnostiche molto valide per quanto concerne le quattro camere cardiache, arteria polmonare e i suoi rami, della totalità dell'arco

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Il dottor Toufic Khouri Direttore del Dipartimento di Diagnostica per immagini del Policlinico di Monza

aortico e aorta toracica, oltre a precise immagini del parenchima polmonare, il tutto nella medesima seduta, in circa 20 minuti. Le prospettive future vedono l’imminente arrivo, presso il Gruppo Policlinico di Monza, della nuova VCT (Volume CT), cioè una TAC multistrato 64 con una copertura di quattro centimetri ogni 350 millisecondi: ciò significa che per un esame cardiaco basta un’apnea di appena 5 secondi, una vera e propria rivoluzione per quanto concerne lo studio cardiovascolare non invasivo. Altra metodica non invasiva di grande attualità è la Risonanza Magnetica: presenta infatti una non invasività sia procedurale sia biologica (assenza di radiazioni), e permette un ottimo risultato riguardo la caratterizzazione del tessuto miocardico e le medesime camere cardiache. Lo stato dell'arte attuale consiste in un affidabile studio morfologico in Cine oltre a studi di perfusione a riposo e sotto stress farmacologico, rilevando eventuali assenze di perfusione e mettendo chiaramente in evidenza - con ottima sensibilità rispetto alla scintigrafia - le zone cicatriziali (delayed enhancement), quindi non adeguate a eventuale rivascolarizzazione sia con stent endovascolare sia mediante chirurgia di by-pass, che in questi ultimi casi non porterebbero alcun beneficio al paziente. Al momento attuale la RM non è in grado di fornire immagini delle Arterie Coronarie uguali a quelle rilevate con la TAC. In conclusione la TAC attualmente sta diventando di scelta per quanto concerne lo studio di controllo nei pazienti dopo By Pass Aorto Coronarico, Stent ed in soggetti appartenenti a famiglia ad alto rischio, mentre la RM è l'indagine di scelta per quanto concerne gli studi morfologici, cine, funzionale-perfusione e sotto stimolo farmacologico nonché per la rilevazione di zone necrotiche; mentre per lo studio dell'arco aortico, tronchi sovraortici e aorta toracica entrambe le metodiche sono pressoché ugualmente affidabili. Cardiologia: l’attività del Gruppo Policlinico di Monza

TIPO di PRESTAZIONE RICOVERI VISITE ANGIO-PLASTICHE CORONAROGRAFIE ANGIOGRAFIE INTERVENTI ELETTROFIS.

Ambulatorio di Diagnostica Cardiologica non Invasiva Policlinico di Monza

3481 13.555 912 3429 686

DIAGNOSTICA NON INVASIVA

51946

TOTALE delle PRESTAZIONI

74009

’Ambulatorio di Diagnostica di Cardiologia non Invasiva del Policlinico di Monza, parte integrante del Dipartimento di Cardiologia, è suddiviso in sette ambulatori in cui si effettuano visite cardiologiche, test ergometrici, ecocardiografia, tilting e urgenze. L’attività diagnostica copre sia le esigenze interne, dei reparti di Cardiologia e Cardiochirurgia, sia la richiesta di prestazioni dell’utenza esterna, ASL o privata. Gli esami svolti comprendono tutta la diagnostica cardiologica, dall’elettrocardiografia (ecg, ecg con potenziali tardivi, ecg dinamico sec. Holter, test ergometrico), a monitoraggio pressorio, ecocardiocolordoppler transtoracico, tilting test, fino alle metodiche più invasive come l’ecocardio transesofageo,

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l’ecostress farmacologico con dobutamina, con dipiridamolo e, per la valutazione della riserva di flusso coronarico, con adenosina; inoltre viene anche eseguito l’ecostress fisico per la valutazione dinamica dei vizi valvolari e negli sportivi. Ultima metodica entrata nella routine in collaborazione con il Dipartimento di Radiologia, ma con grandi potenzialità future, è la risonanza magnetica del cuore, sia quella morfologica sia quella che studia la perfusione miocardica, procedure eseguite in pochi Centri in Italia. Il dottor Daniele Poggio Ambulatorio di Diagnostica Cardiologica non invasiva del Policlinico di Monza

Cardiologia: il Reparto di Degenza

Il dottor Andrea Mortara Unità di Scompenso cardiaco, del Policlinico di Monza

Monza: l’Unità Scompenso Cardiaco

l reparto, di cui è responsabile il dottor Andrea Mortara dispone di circa 20 letti di degenza più 8 letti di UTIC. Fra le patologie, la cardiopatia ischemica rimane la più frequente: nel 2004 il 60% dei ricoveri della Unità Operativa di Cardiologia ha infatti riguardato la cardiopatia ischemica nei suoi aspetti sia diagnostici sia terapeutici. Particolare attenzione è dedicata allo studio delle valvulopatie che, sebbene in diminuzione soprattutto nelle forme reumatiche, rappresentano ancora il 15% dei ricoveri ospedalieri presso la nostra struttura. L’indicazione chirurgica per una valvulopatia è una scelta spesso delicata e difficile anche per un cardiologo esperto. In tutte le forme dubbie oggi si utilizzano test che permettono di studiare il funzionamento della valvola non solo in condizioni basali ma anche sotto sollecitazione emodinamica e questa informazione è risultata estremamente importante nel processo decisionale. Una moderna divisione di cardiologia è in grado di affrontare tutte le problematiche legate anche a patologie meno frequenti ma molto severe come i processi infettivi a carico di tutte le componenti del cuore (pericarditi, endocarditi e miocarditi), aritmie ipocinetiche e ipercinetiche più o meno associate a patologie organiche cardiache in collaborazione con il Centro Studi Aritmie, e il vasto mondo delle cardiomiopatie nell’Unità Scompenso Cardiaco. Lo scompenso cardiaco, sindrome molto diffusa ed in costante aumento, ha impegnato più del 20% dei posti letto della Divisione.

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on l’avanzare dell’età media della popolazione e con il miglioramento dell’efficacia della terapia delle malattie cardiache acute, la cardiopatia cronica, in particolare lo scompenso cardiaco cronico (SCC), hanno assunto dimensioni epidemiche. Lo SCC e’ attualmente la cardiopatia più diffusa nel mondo, la maggior causa di ospedalizzazione dopo i 65 anni, la patologia a più alto assorbimento di risorse. Poiché vari fattori rendono particolarmente problematico l’approccio diagnostico terapeutico allo SCC, la cura e la valutazione clinica devono tenere conto di questa complessità aggregando competenze diverse. E’ infatti ormai dimostrato che i pazienti con SCC, spesso ricoverati in passato in reparti di medicina generale, presentano una significativa riduzione della morbilità e mortalità se curati in unità specifiche, competenti e attrezzate adeguatamente per la cura di questa malattia. Tali Unità Operative hanno l’obbligo di legarsi saldamente al territorio collaborando con i medici di base, aiutandoli ad affrontare la quotidianità spesso travagliata e i notevoli imprevisti dei pazienti con SCC. L’Unità Operativa Scompenso Cardiaco interviene prevalentemente in due momenti: il ricovero ospedaliero e i controlli di follow-up. Il ricovero ospedaliero può avvenire per una corretta diagnosi e valutazione clinico-prognostica, o in

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seguito alla comparsa di segni di instabilizzazione. In seconda istanza vengono programmati brevi periodi di ricovero per indagini di secondo livello o per eseguire impianti di pace-maker o defibrillatori. Il controllo ambulatoriale può essere programmato oppure su richiesta del paziente o del medico curante. L’intento è quello di dare, in accordo con il medico di medicina generale che ha in cura il paziente, la massima continuità assistenziale per prevenire le fasi di instabilizzazione ed eventuali ricoveri ospedalieri. In caso però compaiano segni di aggravamento della malattia il paziente viene visitato anticipatamente portando le necessarie modifiche alla terapia farmacologica o allo stile di vita. Nei casi più avanzati, quando l’unica possibilità, è il trapianto cardiaco, l’Unità Scompenso del Policlinico di Monza opera in accordo con la Cardiologia e il Centro Trapianti dell’Ospedale di Bergamo, dove fino ad ora sono stati posti in lista di attesa 5 pazienti. All’interno dell’Unità Scompenso lavorano due medici cardiologi e due infermiere specializzate nella cura e trattamento di questa malattia. Sono disponibili 6-8 posti letto con possibilità di utilizzare letti con un elevato grado di monitorizzazione e assistenza in terapia intensiva cardiologica. A disposizione dei malati che vengono presi in cura dall’Unità Scompenso vi sono tutte le più moderne tecniche di diagnosi e trattamento con la possibilità di eseguire impianti dei più moderni pace-maker e defibrillatori insieme al Centro Studi Aritmie, utilizzare le apparecchiature TC e RMN di ultimissima generazione ed avere a disposizione qualsiasi nuova opzione chirurgica che possa migliorare la funzionalità cardiaca in quel determinato paziente. Nell’ambito della Cardiologia si sono sviluppate negli ultimi anni alcune discipline specifiche, complementari e indispensabili per un approccio totale ai problemi del sistema cardiocircolatorio: l’elettrofisiologia e l’aritmologia, l’emodinamica e la chirurgia endovascolare. Presso il Gruppo Policlinico di Monza i pazienti possono trovare queste specializzazioni in convenzione con il SSN, in particolare nelle strutture di Monza, di Novara e di Alessandria.

resso le Unità Operative di Emodinamica del Gruppo, l’attività copre tutto il campo della diagnostica e interventistica coronarica, e vengono eseguite sia le procedure elettive che quelle urgenti nei pazienti con angina instabile e infarto miocardico acuto. La rivascolarizzazione miocardica per via percutanea (PTCA) rappresenta ormai una metodica sicura con percentuale di successo immediato molto elevata e restenosi a distanza molto bassa grazie soprattutto all’estensivo utilizzo dei nuovi stent metallici e medicati. Vengono utilizzati, con indicazioni precise, gli stent a rilascio di farmaci antiproliferativi che hanno dimostrato, sia nelle lesioni de novo sia in quelle già precedentemente trattate, di offrire un grande beneficio in termini di restenosi a distanza e sopravvivenza. Particolarmente nei pazienti con restenosi intrastent sono stati utilizzati con successo gli stent medicati, i quali, impiantati nella stessa sede (all’interno dello stent andato incontro a riocclusione), hanno dimostrato significative percentuali di pervietà a distanza. (Foto 1 e 2) Viene routinariamente fatto ricorso alla metodica IVUS (ecografia intracoronarica) (foto 3) che permette una precisa definizione delle caratteristiche morfologiche della placca aterosclerotica ostruente il lume vasale in modo tale da poter decidere il miglior trattamento interventistico per ogni lesione. Particolare attenzione è riservata ai pazienti affetti da diabete mellito e a quelli già sottoposti a by-pass aorto-coronarico. La categoria dei pazienti diabetici è spesso affetta da patologia vascolare polidistrettuale per cui riceve un trattamento mirato per ogni distretto vascolare

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Emodinamica: l’attività del Gruppo Policlinico di Monza

Foto 1 e 2


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Foto 5 e 6

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interessato dalle lesioni aterosclerotiche mentre i pazienti già sottoposti a by-pass trovano nell’angioplastica coronarica un validissimo rimedio per il trattamento dei graft venosi e arteriosi che sono andati nel tempo soggetti a stenosi occlusive. Anche il paziente ultraottantenne con angina refrattaria alla terapia medica riceve un trattamento particolare dovuto alla coesistenza spesso di una malattia trivascolare e di diverse altre patologie (comorbidità) che aumentano in maniera significativa il rischio operatorio per intervento di by-pass aorto-coronarico: il trattamento con angioplastiche multiple su più vasi rappresenta una scelta preferenziale e ha dimostrato di avere basso rischio e alto beneficio. Una parte importante dell’attività del Laboratorio è rivolta ai pazienti affetti da cardiopatia dilatativa grave con scompenso cronico e indicazione al trapianto cardiaco: tali pazienti vengono valutati con lo studio emodinamico (cateterismo cardiaco destro) che permette una valutazione invasiva dei principali parametri emodinamici e la loro risposta a stimoli farmacologici. Come già sopra segnalato è molto frequente ormai il riscontro di una patologia ostruttiva arteriosa pluridistrettuale che pone problemi spesso di difficile soluzione per l’aumento del rischio periprocedurale complessivo in tali pazienti. Vengono frequentemente trattati pazienti ad alto rischio con doppia patologia coronarica e carotidea o pazienti con triplice patologia coronarica, carotidea e degli arti inferiori. Particolare attenzione viene dedicata ai pazienti diabetici con ischemia critica degli arti inferiori (piede diabetico): il ricorso alla terapia endovascolare dei distretti vascolari distali (poplitei e tibioperoneali) (foto 4) ha dimostrato grande beneficio con miglioramento e risoluzione di quadri patologici molto complessi. Grande impulso ha ricevuto altresì il trattamento della patologia ostruttiva carotidea con l’angioplastica e l’impianto di stent (foto 5 e 6); routinariamente tali procedure vengono eseguite con l’utilizzo di un sistema di protezione cerebrale che permette di ridurre significativamente il rischio di embolizzazione intraprocedurale; tale procedura è ormai di prima scelta nel paziente ad alto rischio per la chirurgia classica (tromboendoaterectomia carotidea - TEA) o nella restenosi dopo TEA. Sia nel 2003 che nel 2004 è proseguito lo studio ed il trattamento della patologia ostruttiva delle arterie renali che nel trattamento endovascolare con impianto di stent renale (foto 7 e 8) ha una sua soluzione a basso rischio con buoni risultati a distanza sulla funzionalità renale residua. A dimostrazione dell’utilizzo polidistrettuale della terapia endovascolare devono essere menzionati il trattamento delle ostruzioni dell’arteria mesenterica nell’angina abdominis ed i trattamenti di embolizzazione di emergenza per emorragia renale (foto 9 e 10) ed il trattamente delle steno-occlusioni della arteria succlavia in pazienti con sintomi da “furto vertebrale” (PTA succlavia).


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Policlinico di Monza, Laboratorio di Emodinamica

’attività del Laboratorio di Emodinamica del Policlinico di Monza ha avuto anche nel 2004 un incremento significativo delle procedure diagnostiche e interventistiche sia nel settore coronarico sia in quello vascolare periferico. L’attività è stata svolta dai responsabili, dottoressa Mariella Manfredi e dottor Filippo Scalise, che garantendo la reperibilità 24 ore su 24 hanno permesso di poter accettare e trattare, presso il Laboratorio, emergenze (infarto miocardico acuto ed angina instabile) provenienti sia dall’interno del nostro Ospedale che dagli Ospedali limitrofi. Per il 2005 l’obiettivo è di ampliare ulteriormente il campo dell’interventistica periferica con particolare riguardo alle procedure di salvataggio d’arto nei diabetici; per quanto riguarda l’interventistica coronarica, si prevede un aumento delle procedure d’emergenza per il trattamento dell’infarto miocardico acuto. Per quanto concerne la ricerca scientifica sono in via di definizione per i primi mesi del 2005 uno studio sulla genetica della patologia aterosclerotica dell’aorta e dei vasi periferici (in collaborazione con il dipartimento di Cardiologia) e uno studio sull’utilizzo degli stent medicati nelle angioplastiche sottopoplitee nei diabetici.

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Il dottor Filippo Scalise e la dottoressa Mariella Manfredi Servizio di Emodinamica del Policlinico di Monza

Clinica San Gaudenzio Sala di Emodinamica

Il dottor Giovanni Baduini, Servizio di Emodinamica della Clinica San Gaudenzio, Novara

a Sala di Emodinamica della Clinica San Gaudenzio di Novara, dotata di un impianto radiologico digitalizzato Advantix General Electric, lavora ormai a pieno ritmo: il numero di procedure cardiologiche invasive e interventistiche effettuate a Novara nel 2004 è più che raddoppiato rispetto all’anno precedente. Il Responsabile del laboratorio di emodinamica è il dottor Giovanni Baduini, e dal febbraio dello scorso anno la Clinica San Gaudenzio si avvale anche dell'opera del professor Carmelo Cernigliaro, cardiologo emodinamista. Insieme, i due cardiologi hanno affrontato coronarografie e angiografie diagnostiche, angioplastiche coronariche (nel 98% dei casi con impianto di stents), oltre ad angioplastiche periferiche, chiusure percutanee di difetto interatriale, impianti di stents carotidei e di endoprotesi aortiche. Grazie a questi risultati la Clinica San Gaudenzio, che è da tempo un centro cardiochirurgico di alto livello, si afferma anche in materia di interventistica coronarica invasiva. Sono infatti stati compiuti molti sforzi per garantire ai pazienti assistenza e cure di eccellente livello anche in questo campo. Nel 75% delle angioplastiche coronariche eseguite, infatti, coronarografia e angioplastica coronarica sono state effettuate nel corso della stessa seduta, attraverso una procedura “ad hoc” che evita ai pazienti il rischio, e i disagi, di doversi sottoporre a due distinti interventi, una coronarografia e un'angioplastica coronarica, eseguite separatamente e per di più in sedi differenti. Da meno di un anno, inoltre, presso la Sala di Emodinamica è possibile eseguire anche l'impianto di stent medicati (DES), in grado di ridurre la restenosi a meno del 5%. L'uso degli stents DES, particolarmente in caso di pazienti diabetici, con arterie coronarie di ridotte dimensioni, e in caso di restenosi intrastent, si è verificato nel 30% dei casi di impianto di stent.

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Il caso La stretta collaborazione con l'équipe cardiochirurgica e anestesiologica del dottor Diena ha contribuito a rendere la Clinica di Novara un polo d'eccellenza della cardiologia, e sono numerosi i pazienti che hanno potuto beneficiare di questo lavoro di squadra. E' il caso, recente, di un ex chirurgo ostetrico di 89 anni, affetto da angina pectoris debilitante, ma senza alcuna intenzione di rinunciare alla sua passione per i viaggi. Il paziente, pur soffrendo di malattia coronarica trivasale e di altre affezioni extracardiache, è stato trattato dal dottor Diena con una


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rivascolarizzazione miocardica chirurgica parziale a cuor battente, ha superato a distanza di un mese un intervento urologico, e ha infine completato con successo il processo di rivascolarizzazione grazie a un impianto di stent coronarico medicato, eseguito dal dottor Baduini su un'arteria raggiungibile chirurgicamente in assenza di circolazione extra-corporea. La proficua collaborazione fra le diverse équipe ha così permesso all'anziano medico, una volta ristabilitosi, di ricominciare a viaggiare. Destinazione: la sua amata Gerusalemme.

Il professor Carmelo Cernigliaro, Servizio di Emodinamica della Clinica San Gaudenzio, Novara

progressi degli ultimi anni stanno portando a una nuova era nell’approccio alle malattie vascolari che, lo ricordiamo, rappresentano la prima causa di morte e di invalidità nei paesi industrializzati e che saranno destinate ad assorbire risorse sempre crescenti in funzione del progressivo invecchiamento della popolazione. Per far fronte a questa sfida, indubbiamente impegnativa, occorre superare le vecchie divisioni fra specialità che si occupano di patologia vascolare (Chirurghia Vascolare, Radiologia e Cardiologia interventistica) e lavorare alla creazione di “team” multidisciplinari dove collaborino le professionalità migliori, giungendo, attraverso un idoneo percorso formativo, alla creazione di una figura di specialista vascolare in grado di utilizzare al meglio, a partire dall’iter diagnostico, le tecniche più appropriate per il singolo paziente, siano esse tradizionali o endovascolari. Ed è proprio in questa logica che si sono orientate le varie strutture piemontesi che fanno capo al Gruppo Policlinico di Monza, con la creazione di un Dipartimento delle Malattie Vascolari che ha lo scopo principale di collegare tutti gli specialisti che si occupano di queste patologie attraverso un confronto e una collaborazione costanti, che permettano di sfruttare e di razionalizzare al meglio tutte le professionalità, soprattutto in un campo dove le metodiche endovascolari stanno apportando modifiche quasi quotidiane al nostro atteggiamento terapeutico. E’ sufficiente pensare alle nuove metodiche utilizzate nel trattamento degli aneurismi aortici (toracici e addominali) nei pazienti ad alto rischio, e nella patologia cerebro-vascolare con particolare riferimento allo stenting della carotide.

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Oltre il cuore: la chirurgia endovascolare

li aneurismi (dilatazioni di un vaso sanguigno che, per l’indebolimento della sua parete si sfianca progressivamente sotto la spinta del sangue, perdendo la normale forma di un tubo e assumendo quella di un sacco) interessano abbastanza spesso l’aorta - l’arteria principale che prende origine direttamente dal cuore e dalla quale si dipartono tutti gli altri vasi arteriosi – sia nel tratto che attraversa il torace, sia nel tratto più basso, nell’addome. L’aneurisma dell’aorta è una malattia molto diffusa, ne è colpito il 6% della popolazione superiore ai 60 anni con netta prevalenza nel sesso maschile (gli uomini ne sono affetti 4 volte più delle donne), e subdola, perché in oltre la metà dei casi il paziente non avverte disturbi particolari fino a quando la dilatazione non arriva a dimensioni tali da rompersi con stato di grave emergenza per la vita. Il più delle volte, però, la diagnosi

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viene fatta occasionalmente grazie ad una ecografia prescritta per altri motivi oppure in seguito al riscontro di una massa pulsante quando il medico palpa l’addome. Una volta formulata la diagnosi, il paziente verrà sottoposto ad ulteriori accertamenti con TAC o Risonanza Magnetica per valutare con precisione il diametro e le caratteristiche dell’aneurisma. Se per le piccole dilatazioni che non danno sintomi può essere consigliato un monitoraggio ecografico, un attento controllo della pressione arteriosa e l’adozione di un adeguato stile di vita, per il paziente che accusa disturbi o è portatore di un aneurisma di diametro superiore ai 6 cm per gli aneurismi toracici o 4.5 cm per gli addominali è indicato l’intervento chirurgico.

Chirurgia Endovascolare al Policlinico di Monza

La dottoressa Melissa Fusari, Unità Operativa di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare II, del Policlinico di Monza

’attività della II Divisione di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare del Policlinico di Monza, operativa da circa un anno (responsabile la professoressa Melissa Fusari), comprende il trattamento delle diverse patologie vascolari: malattie dei vasi del collo (arterie carotidi), del torace e dell’addome (aneurismi) e degli arti superiori ed inferiori (varici, ulcere, etc.) sia con la tecnica chirurgica tradizionale, che consiste nel togliere completamente la dilatazione aneurismatica e sostituirla con una protesi di materiale sintetico, sia la tecnica endovascolare, che consiste nel portare, attraverso un foro nell'arteria femorale, con un filo metallico (guida), una protesi rivestita da una maglia metallica arrotolata su se stessa che viene rilasciata nella sede prestabilita, come un ombrellino che si apre, con dei ganci che la ancorano alla parete sana dell’aorta, a monte e valle dell’aneurisma. Il trattamento chirurgico tradizionale degli aneurismi dell’aorta addominale può essere considerato una procedura sicura con numero di complicanze minime presso questa nuova Unità Operativa così come presso gli altri Centri specialistici di eccellenza, nazionali e internazionali: i vantaggi del trattamento chirurgico sono la sicurezza, la disponibilità di materiali garantiti e, non ultimo, mezzo secolo di esperienza mondiale, poichè il primo intervento è stato fatto nel 1951. Nella II Divisione di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare, nel 2004, il 60% dei pazienti portatori di aneurisma sono stati trattati con la procedura chirurgica tradizionale, mentre il 40% sono stati sottoposti a trattamento endovascolare: infatti questa tecnica, in uso dal 1991, è nata per ridurre l’impatto psicologico e fisico dell’intervento su pazienti anziani e con gravi patologie associate (ridotto rischio chirurgico, anestesia locale, minor dolore post-operatorio, nessuna cicatrice sull’addome o sul torace, e dimissione del paziente dopo pochissimi giorni con veloce ritorno alla vita normale). I controlli (follow-up) a medio termine (5 anni) hanno mostrato successi comparabili con quelli della chirurgia, aprendo così nuovi orizzonti nei confronti delle indicazioni terapeutiche di pazienti affetti da aneurisma dell’aorta; purtroppo, questa procedura è idonea solo per aneurismi con particolari caratteristiche anatomiche, e sono ancora da verificare i risultati a lungo termine per quanto riguarda la durata del materiale usato. Presso il II Dipartimento di Chirurgia Vascolare ed Endovascolare ogni caso clinico di aneurisma dell’Aorta viene attentamente valutato e discusso con la collaborazione di specialisti di altre discipline a vantaggio del malato: la scelta dell’uno o l’altro trattamento dipende dall’età del paziente, dalle malattie associate, dalle caratteristiche dell’aneurisma e dalla volontà del paziente stesso, informato con chiarezza dei rischi e dei benefici di ciascuna tecnica: la scelta personalizzata per il paziente diventa vincente su una patologia così grave.

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resso la Clinica Eporediese di Ivrea dove, nell’ambito dell’Unità Funzionale di Chirurgia Vascolare diretta dal dottor Flavio Peinetti, è stato attivato dal giugno 2004 il Servizio di Emodinamica Diagnostica e Interventistica, gestito dai Chirurghi dell’U.F. di Chirurgia Vascolare in collaborazione con il dottor Paolo Cioffi, responsabile del Servizio di Emodinamica della Clinica Città di Alessandria. Alla Clinica Eporediese vengono eseguiti esami angiografici a carico del distretto cerebro-vascolare, aorto-iliaco e degli arti inferiori. Nel 50% dei casi sono state eseguite durante l’esame procedure di tipo interventistico (angioplastica, posizionamento di stent e di endoprotesi). Per quanto riguarda la patologia aneurismatica sono stati trattati con endoprotesi aneurismi dell’aorta addominale, dell’aorta toracica, poplitei, oltre a uno pseudoaneurisma dell’arteria tibiale anteriore. Nello stesso periodo la tecnica chirurgica tradizionale è stata impiegata per altri casi di aneurismi aortici e aneurismi dell’arteria poplitea. Per la patologia cerebro-vascolare sono state eseguite angioplastiche con stent a livello del distretto carotideo, mentre in altri casi è stato eseguito un intervento combinato con tecniche chirurgiche ed endovascolari per trattare lesioni associate della biforcazione carotidea e dell’origine dei vasi epiaortici. Il trattamento della patologia steno-ostruttiva degli arti inferiori ha rappresentato l’attività dominante del Servizio con procedure eseguite a livello del distretto aortico, iliaco, femoropopliteo e tibiale. Completano l’attività procedure di PTA e stenting eseguite a carico delle arterie renali.

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Chirurgia Endovascolare alla Clinica Eporediese di Ivrea L'equipe di Chirurgia Endovascolare della Clinica Eporediese durante un intervento

Le prospettive alla Clinica La Vialarda di Biella Chirurgia Endovascolare alla Clinica Città di Alessandria

Il dottor Paolo Cioffi, Servizio di Emodinamica della Clinica Città di Alessandria

n considerazione dei risultati ottenuti e dell’esperienza maturata presso la Clinica Eporediese, un analogo modello organizzativo verrà proposto a partire dal febbraio 2005 presso la Clinica La Vialarda di Biella dove, con l’accreditamento definitivo di Chirurgia Vascolare, diretta dal dottor Massimo Maione, sarà possibile soddisfare in maniera completa le esigenze del paziente cardiovascolare.

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lla Clinica Città di Alessandria, il servizio di Emodinamica diretto dal dottor Paolo Cioffi ha visto lo scorso anno un incremento delle procedure endovascolari, a riprova del fatto che sempre più spesso i cardiologi affrontano il trattamento della patologia aortica, soprattutto aneurismatica, la patologia carotidea e la patologia vascolare periferica. Oltre alle consuete procedure di trattamento della malattia coronarica, nelle sue varie forme cliniche, mediante PTCA e stent, e alla chiusura percutanea dei difetti interatriali, si è osservato soprattutto un incremento delle procedure effettuate come terapia della patologia carotidea. I risultati incoraggianti ottenuti con le prime esperienze di trattamento della restenosi chirurgica carotidea hanno consentito di ampliare le indicazioni anche nella patologia de novo della carotide soprattutto in pazienti ad alto rischio chirurgico, per la concomitanza di importanti comorbidità associate, quale soprattutto la malattia coronarica grave. È stato infatti eseguito un numero crescente di procedure in pazienti anziani soprattutto con gravi coronaropatie e necessitanti talora procedure combinate di PTA della carotide e PTCA o bypass aorto-coronarico. I risultati seppur preliminari sono molto incoraggianti sia in termini di complicanze immediate sia in termini di risultati a distanza in quanto la restenosi è particolarmente bassa. La maggior parte di questi pazienti viene quindi sottoposta prima alla PTA carotidea e poi se non vi sono situazioni di emergenza, a un by-pass coronarico successivo; ciò consente al paziente di evitare un ulteriore intervento chirurgico a carico della carotide tenendo poi presente che in questo caso le complicanze cardiache sono ridotte.

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Sicuramente per le procedure endovascolari l’applicazione alla patologia carotidea è quella più interessante perché un numero sempre crescente di pazienti verranno trattati con questa tecnica; la Chirurgia carotidea è ancora il golden standard come trattamento della stenosi carotidea, e il passo successivo sarà quello di capire quali saranno i pazienti che si gioveranno di una PTA carotidea e quali invece saranno quelli in cui sarà necessario l’intervento chirurgico. Per quanto riguarda il trattamento della patologia vascolare periferica grosse soddisfazioni sono state ottenute dal Laboratorio nel trattamento della patologia stenosante e anche occlusiva delle arterie iliache sia in termini di risultati immediati, anche in caso di lunghe occlusioni vascolari, sia in termini di bassa incidenza di riocclusione, oltre che di grosso beneficio clinico per il paziente. Sono state effettuate anche procedure di impianto di endoprotesi toraciche, ottenendo grosse soddisfazioni soprattutto nel trattamento di due pazienti, uno con dissezione aortica acuta dell’aorta discendente e l’altro con aneurisma dissecante sempre dell’aorta toracica che, considerati ad altissimo rischio chirurgico, sono stati invece trattati con successo con queste procedure endovascolari che hanno consentito il ritorno dei pazienti alla loro vita attiva. Si ritiene pertanto che nei casi in cui l’anatomia sia particolarmente favorevole, i pazienti con aneurisma toracico circoscritto o con dissezione aortica acuta possono effettivamente trarre dei notevoli benefici. Per quanto riguarda il trattamento della patologia aneurismatica dell’aorta addominale sottorenale, non si è assistito a un aumento numerico di tali procedure anche per gli ottimi risultati della Chirurgia Vascolare in questo settore, riservando l’opzione endovascolare solo quando vengono rispettate le indicazioni anatomiche ideali per l’impianto delle endoprotesi. Un commento finale: ci deve essere una fattiva collaborazione con il Chirurgo Vascolare, il quale non deve temere di venire relegato in un ruolo di secondo piano. Anzi, così come il Cardiologo ha acquisito pratica con queste tecniche, anche il Chirurgo, che già possiede l’enorme bagaglio delle tecniche chirurgiche, potrà indirizzarsi alle procedure endovascolari e potrà trarre i maggiori vantaggi nella pratica quotidiana; è solo dall’esperienza di un team multidisciplinare che può nascere la corretta indicazione di una procedura endovascolare.

entre un tempo la cura della tachiaritmie cardiache si basava essenzialmente sull’utilizzo di farmaci e, nei casi più gravi, mediante il ricorso a delicati interventi cardiochirurgici, nell’ultimo decennio si è assistito a un notevole sviluppo grazie all’avvento dell’ablazione transcatetere. Questa metodica consente attualmente di guarire definitivamente i soggetti affetti dalla maggior parte delle aritmie, liberandoli dalla schiavitù di farmaci da assumere spesso per tutta la vita. Le tachicardie parossistiche sopraventricolari, la sindrome di Wolff-ParkinsonWhite, il flutter atriale comune e alcune forme di tachicardie ventricolari possono essere risolte da questa metodica in modo efficace, con una percentuale di successo prossima al 100% e con una limitatissima percentuale di complicanze, sicuramente inferiore a quella legata alla aritmia stessa e alla cronica assunzione di farmaci antiaritmici. L’ablazione transcatetere, in queste forme di aritmia, è pertanto da considerarsi come il trattamento di prima scelta. Durante un breve ricovero, il paziente viene sottoposto a tale procedura per via percutanea (attraverso la puntura di una vena, con sottili sondini che raggiungono il cuore) e all’indomani può venir dimesso guarito e in grado di riprendere subito le normali attività quotidiane. La fibrillazione atriale rappresenta invece l’ultima frontiera dell’aritmologia

M Aritmie cardiache: come vengono affrontate nelle strutture del Gruppo


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interventistica in quanto le percentuali di successo con le attuali tecniche sono ancora inferiori al 90%, le procedure sono relativamente lunghe e non del tutto prive di complicanze. Per tali motivi il trattamento di prima scelta è ancora il trattamento farmacologico mentre l’indicazione all’ablazione transcatetere viene posta solo dopo il fallimento dei farmaci antiaritmici in pazienti di età inferiore ai 70 anni.

Il professor Cesare Storti, Centro Studi Aritmie della Clinica Città di Alessandria

Pace-maker e nuovi dispositivi

uando invece la frequenza cardiaca diminuisce in modo patologico per effetto di disturbi nella formazione o nella conduzione del normale impulso cardiaco, si rende necessario l’impianto di uno stimolatore cardiaco comunemente detto pace-maker. Anche in questo ambito negli ultimi anni vi sono stati notevoli sviluppi che hanno portato a una miniaturizzazione degli stimolatori cardiaci, a una maggior longevità e alla implementazione di sofisticati algoritmi di stimolazione, tali da rendere il ritmo stimolato il più fisiologico possibile. Accanto ai normali pace-maker si sono affiancate altre due importanti famiglie di dispositivi impiantabili, i defibrillatori automatici e gli stimolatori biventricolari. I primi sono dispositivi che, oltre ad avere le funzioni di un normale pace-maker, sono in grado di riconoscere e trattare in modo automatico e tempestivo le aritmie potenzialmente mortali (tachicardie ventricolari rapide e la fibrillazione ventricolare) non passibili di un trattamento farmacologico o mediante ablazione transcatetere. Gli stimolatori biventricolari sono invece sofisticati pace-maker che vengono utilizzati in pazienti affetti da scompenso cardiaco refrattario alla terapia farmacologia: mediante la stimolazione combinata di entrambi i ventricoli del cuore, consentono una resincronizzazione della contrazione cardiaca rendendola più efficace, permettendo così al cuore di pompare più vigorosamente il sangue nell’organismo.

Il Centro Studi Aritmie del Policlinico di Monza

a ormai 5 anni è in funzione presso il Policlinico di Monza il Centro Studi Aritmie, unità specializzata per la cura dei pazienti affetti da aritmie cardiache diretta dal professor Marcello Chimienti e dal dottor Massimo Arlotti. Presso il Centro sono disponibili tutte le apparecchiature più moderne, necessarie per un corretto iter diagnostico e per impostare la terapia più efficace.

Il professor Marcello Chimienti, Centro Studi Aritmie del Policlinico di Monza e della Clinica San Gaudenzio di Novara

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L’attività del Centro Studi Aritmie comprende tutte le procedure diagnostiche e terapeutiche più all’avanguardia; in particolare vengono eseguiti studi elettrofisiologici per la corretta diagnosi, la prognosi o la terapia di aritmie cardiache complesse; ablazioni transcatetere di tutti i substrati aritmici (tachicardie parossistiche sopraventricolari, vie accessorie nella sindrome di Wolff-ParkinsonWhite, flutter e fibrillazione atriale, tachiaritmie ventricolari, etc.); cardioversioni elettriche interne a bassa energia o esterne (anche nelle fibrillazioni atriali di vecchia data); impianto di pace-maker definitivi di ogni tipo (compresi i più moderni dispositivi biventricolari, usati nella terapia elettrica dello scompenso cardiaco); impianto di defibrillatori ventricolari automatici; impianto di dispositivi per la registrazione di eventi aritmici non altrimenti diagnosticati (cosiddetti “loop recorder”).


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l Centro dispone di una sala di altissima tecnologia, dedicata all’elettrofisiologia e all’elettrostimolazione, che consente di eseguire procedure invasive nella massima sicurezza per il paziente. Dall’inizio del 2002 è stato possibile eseguire due nuovi interventi terapeutici, altamente specialistici, che permettono al Centro Studi Aritmie del Policlinico di Monza di inserirsi tra i primissimi laboratori di elettrofisiologia nazionali. La terapia ablativa della fibrillazione atriale, che è oggi possibile effettuare solo in pochi laboratori in Italia, richiede la disponibilità di apparecchiature sofisticate e di elevata esperienza tecnica da parte degli operatori; la procedura viene compiuta nel laboratorio di emodinamica, con semplice anestesia locale, e consente di isolare elettricamente le porzioni di tessuto atriale aritmogeno, responsabili della fibrillazione atriale, sopprimendo in modo radicale l’aritmia. La terapia elettrica dello scompenso cardiaco refrattario, per mezzo di sofisticati stimolatori cardiaci, consiste nel collegare lo stimolatore a più elettrodi, di cui uno è in grado di stimolare direttamente il ventricolo sinistro, responsabile dello scompenso (normalmente tutti i pace-maker stimolano il ventricolo destro).

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Sala di Elettrofisiologia

Il Centro Studi Aritmie della Clinica S. Gaudenzio di Novara

el corso del 2004 il Centro Studi Aritmie ha iniziato a svolgere analoga attività diagnostica e terapeutica presso la Clinica San Gaudenzio di Novara, dove sono infatti disponibili le stesse apparecchiature necessarie per il moderno inquadramento clinico delle aritmie cardiache complesse. Presso la sala emodinamica della Struttura sono già stati effettuati, negli ultimi mesi dell’anno, i primi interventi, e per l’anno in corso si stanno programmando le sedute settimanali interventistiche.

Servizio di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione Clinica Città di Alessandria

resso il Sevizio di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione della Clinica Città di Alessandria, diretto dal professor Cesare Storti, vengono curati circa un centinaio di pazienti ogni anno. L’80% dei casi viene sottoposto a studio elettrofisiologico diagnostico e/o ad ablazione transcatetere per la cura di aritmie sopraventricolari (tachicardie reciprocanti, ectopiche e da sindrome di Wolff, Parkinson, White). Nell’ultimo anno le percentuali di successo sono state prossime al 100%, in un solo caso si è dovuto ripetere la procedura e non si sono mai verificate complicanze degne di rilievo. Nel rimanente 20%, circa il 50% dei pazienti è stato sottoposto a impianto di pace-maker convenzionali, mentre il restante 50% a impianto di defibrillatori automatici e stimolatori biventricolari.

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a Cardiologia Riabilitativa è riconosciuta scientificamente come parte integrante ed essenziale nell’iter di cura del paziente cardiopatico o a rischio, tant’è che i piani sanitari del Ministero della Salute danno particolare enfasi a Prevenzione, Educazione alla Salute e Riabilitazione. Ciò significa che è diritto del cittadino avere prestazioni di educazione e riabilitazione nel suo iter di cura, e dovere delle aziende sanitarie fornire queste prestazioni, in un approccio orientato verso la salute piuttosto che limitato al trattamento della malattia. E’ infatti compito della Cardiologia Riabilitativa preparare il paziente e i referenti sanitari territoriali alla massima consapevolezza sulla salute al fine di mantenere il massimo benessere psico-organico e di autonomia, una soddisfacente e dignitosa qualità di vita, e il minimo grado di rischio di evoluzione negativa della malattia, ovvero recidive, ulteriori ricoveri e disautonomia. Gli operatori sanitari, ovvero il medico e l’infermiere, devono avere una visione e una preparazione multidisciplinare ovvero essere medici della salute, e non medici della malattia. Il medico della riabilitazione deve anzitutto ascoltare, educare e comunicare con il paziente, valutare le componenti emozionali e

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La Cardiologia della Salute


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psicologiche, stratificare il rischio, valutare, applicare o far applicare la diagnostica appropriata in senso preventivo e applicare gli strumenti terapeutici disponibili nel modo più appropriato, saper coinvolgere il paziente e gli operatori nella soluzione dei problemi (problem solving). Per questo il coinvolgimento delle altre figure –dall’infermiere al tecnico di riabilitazione, allo psicologo della salute deve partire da una formazione culturale del medico, nello specifico dal cardiologo, che si sappia affiancare ad altre figure professionali dedicate: psicologo, infermiere, tecnico di riabilitazione, nutrizionista e altri specialisti strettamente pertinenti, coinvolti per problematiche specifiche a iniziare da endocrinologhi (per dismetabolismi, diabete e disendocrinie), neurologhi e in altra misura infettivologhi, nefrologhi per alcune particolari problematiche inerenti a pazienti più cronici (scompensati, trapiantati, anziani).

Il Centro Salute Cuore del Policlinico di Monza

Il professor Flavio Acquistapace, Direttore Dipartimento di Riabilitazione del Policlinico di Monza

l Centro Salute Cuore del Policlinico di Monza, nato nell’aprile 1999, è convenzionato con la Scuola di Specializzazione in Cardiologia dell’Università degli Studi di Parma. E’ parte integrante del Dipartimento di Riabilitazione e Cardiologia Riabilitativa diretto dal professor Flavio Acquistapace, e collabora strettamente con i Dipartimenti di Cardiochirurgia e Chirurgia Vascolare. I settori di attività comprendono: ricovero e cura (riabilitazione cardiologica e cardiochirugica post acuta intensiva), ambulatorio di cardiologia e riabilitazione, laboratorio di valutazione funzionale ed esercizio fisico (test cardiopolmonari, test del cammino), cardiologia clinica, laboratorio diagnostico, telemedicina, servizio di psicologia e psicologia della salute, dietistica e nutrizione, centro di educazione continua alla salute, centro valutazione qualità percepita. Prevenzione e salute sono gli obiettivi; educazione, ricerca e qualità gli strumenti. La persona è al centro della cura, e per aiutarla a mantenere e ripristinare il massimo grado di Salute (ovvero di autonomia, buona qualità di vita, benessere psicofisico e sociorelazionale), la si ascolta e la si educa, seguendo un percorso multidisciplinare che valuta costantemente le esigenze globali della persona in termini di profilo di rischio globale, patologia, qualità di vita, consapevolezza alla gestione della propria salute, stato di aderenza alle terapie e a comportamenti sani, appropriatezza degli interventi diagnostico terapeutici e assistenziali sulla persona, rispetto della dignità e dell’integrità psicofisica. Va rilevato come l’80 % dei pazienti, di qualsiasi provenienza, con punte sino al 98% per quanto riguarda i pazienti territoriali e regionali, transitati per le cure al Centro Salute Cuore continuino a scegliere questo e il Policlinico di Monza per i servizi.

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Una particolare esperienza, da anni condotta presso il Dipartimento, è il Test del Cammino per la valutazione della capacità di esercizio e funzionale. Questo test, semplice e di assoluta non invasività, si è dimostrato molto utile in vari ambiti della medicina cardiovascolare (prevenzione, cardiopatia ischemica, cardiochirurgia, insufficienza cardiaca e scompenso), in pneumologia e in medicina dello sport. La valutazione della capacità di esercizio tramite il cammino, l’attività più diffusa e fisiologica, fornisce infatti informazioni sulle terapie, sullo stato funzionale, su importanti parametri prognostici come indice di autonomia, durata del ricovero, complicanze, risposta alle terapie, indici di qualità di vita a breve, medio e lungo termine. Il Test del Cammino - di cui il professor Acquistapace ha recentemente redatto le linee guida su incarico della Società Italiana di Cardiologia - è riconosciuto dalla Regione Lombardia come prova di controllo per il riconoscimento delle prestazioni sanitarie, in quanto indicatore degli indici di autonomia e di riabilitazione del pazienze cardiopatico.


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’attività di Neurochirurgia è attualmente praticata in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale presso le strutture di Monza, Ivrea e Novara, dove vengono eseguiti complessivamente quasi 2500 interventi all’anno. Presso la Clinica Vialarda di Biella l’attività è invece esercitata in regime privatistico.

L Il Gruppo Policlinico di Monza e la Neurochirurgia

Il professor Alberto Dorizzi è il responsabile del dipartimento di Neuroscienze al Policlinico di Monza, dove opera dal 2002. Specializzato in malattie nervose e neurochirurgia e libero docente in neurochirurgia, è primario dal 1974, prima all’ospedale di Lecco, poi a Varese. Diventa in seguito direttore del Dipartimento di Scienze Neurologiche e Patologie cervico-facciali dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese. E’ stato presidente della SNO (Società dei Neurologi, Neuroradiologi e Neurochirurghi Ospedalieri) e della Società Italiana di Neurochirurgia. Cosa trova un paziente nei dipartimenti di Neurochirurgia del Gruppo Policlinico di Monza?

Il professor Alberto Dorizzi, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Policlinico di Monza

“Presso le Cliniche del Gruppo Policlinico di Monza viene privilegiato il rapporto diretto medico-paziente. Il paziente sceglie infatti il medico, e fra loro si instaura un rapporto interpersonale di fiducia che attraversa le varie fasi: il medico che ha posto l’indicazione all’intervento è infatti lo stesso che esegue l’atto operatorio. Viene naturalmente posta una costante e rigorosa attenzione all’indicazione, ossia alle motivazioni che portano all’intervento, e il paziente viene reso edotto circa le possibilità e i rischi legati all’intervento stesso (consenso informato). Desidero sottolineare che per le grandi patologie del sistema nervoso centrale, in particolare i tumori cerebrali e le malformazioni arterovenose siamo in grado di assistere i pazienti dalla fase diagnostica a quella riabilitativa”. Quali sono le tipologie di intervento maggiormente praticate? “Nelle cliniche del Gruppo Policlinico di Monza si effettuano tutti gli interventi di neurochirurgia, dalla chirurgia spinale ai tumori maligni (astrocitomi e glioblastomi) a quelli benigni, come meningiomi e neurinomi, o i tumori dell’ipofisi, in grado di incidere pesantemente sull’accrescimento con uno sviluppo esagerato di certe parti del volto, di mani e piedi (acromegalia). Nell’abito interventistico relativo al sistema spinale, ci occupiamo di artrodesi, ernie del disco, stabilizzazioni cervicali e della colonna, in tutti i casi in cui vi sia una compromissione, già in atto o possibile, del midollo o delle radici nervose. Il nostro compito è quello di salvaguardare la struttura nervosa all’interno della colonna e nelle aree periferiche, evitando qualsiasi rischio di danno. È infatti superfluo ricordare come ogni lesione spinale comporti conseguenze molto gravi, fino alla paralisi”. Come trattate l’artrodesi? “L’artrodesi è una fusione di due o più vertebre, in zona cervicale o lombare, il cui disallineamento minaccia l’integrità e il funzionamento delle strutture nervose. La causa può essere degenerativa, come conseguenza di artrosi, oppure traumatica. In quest’ultimo caso operiamo pazienti di tutte le età, anche molto giovani. L’intervento consiste nel riallineare le vertebre con l’aiuto di sistemi di fissaggio. Il paziente viene messo in posizione prona; si incide la cute sulla linea mediana e


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viene scollata bilateralmente la muscolatura paravertebrale. Quindi, sotto costante controllo amplioscopico, identificati i peduncoli (si devono assolutamente evitare le radici spinali!), si inseriscono negli stessi le viti che raggiungono così i corpi vertebrali. In genere si immobilizzano 2 o 3, talora addirittura 4, segmenti rispettivamente con 4, 6 o 8 viti di titanio. Nella testa di queste viti vi è un incavo in cui viene inserita bilateralmente e fissata una barra che solidarizza le varie viti fra loro al fine di impedire un nuovo scivolamento. I pazienti operati per artrodesi cervicale vengono dimessi in seconda giornata, mentre l’artrodesi lombare richiede un paio di giorni in più. Dopo la dimissione, è necessario portare un corsetto semirigido per 10-15 giorni, dopodiché è possibile iniziare - sempre che non ci siano controindicazioni - un percorso di riabilitazione con esercizi mirati”. Parliamo di operazioni craniche… “Effettuiamo interventi cranici di estrema elezione, al di fuori delle procedure d’urgenza tipiche del pronto soccorso. Trattiamo quindi gli aneurismi cerebrali, le varie forme di tumore già citate, ma anche malformazioni vascolari; in particolare, qui al Policlinico di Monza, abbiamo recentemente operato una donna quarantenne con una malformazione vascolare congenita di vene e arterie, scoperta in seguito a una crisi epilettica. Anche in questo caso la diagnostica per immagini si è rivelata una preziosissima alleata, sia per intervenire efficacemente sulla signora, sia per escludere, fortunatamente, analogo problema nella figlia. L’evoluzione della neurochirurgia degli ultimi vent’anni è andata in parallelo con quella della diagnostica per immagini, ormai sempre più affidabili nell’individuare e descrivere in dettaglio ogni patologia neurovascolare. Prima la diagnosi veniva effettuata solo sulla base di segni indiretti, con tutte le limitazioni che ciò comportava”. Professore, parliamo ora del Policlinico di Monza, la Struttura del Gruppo che probabilmente Lei conosce meglio. “Devo anzitutto dire che qui ho trovato una fortunata combinazione di eccellenze che ci permette di affrontare nelle migliori condizioni casi anche molto complessi: la Neurochirurgia, in cui lavorano 7 chirurghi specializzati, può infatti contare su un reparto diagnostico (Neuroradiologia) molto sviluppato e dotato di apparecchiature di assoluta avanguardia. Non solo: abbiamo la fortuna di avere al nostro fianco - anche “fisicamente” - i reparti di Terapia Intensiva Neurochirurgica, Neuroradiologia interventistica, Neurologia, Radioterapia e Radiochirurgia, e Riabilitazione Neurologica. Questa stretta collaborazione interdisciplinare ci consente un approccio globale, dall’individuazione del problema attraverso la diagnostica per immagini fino alle fasi post-chirurgiche, a tutto vantaggio del paziente. Faccio un esempio: un neurinoma, tumore benigno del sistema nervoso, può avere una collocazione delicata, ad esempio presso il nervo acustico. In qualche caso è più prudente asportare chirurgicamente la maggior parte del neurinoma, lasciando una piccola porzione vicina al nervo acustico, in modo da evitare lesioni che potrebbero causare gravi problemi uditivi ed estetici: sarà poi compito del radioterapista intervenire non invasivamente su ciò che resta”. E per quanto riguarda i rapporti con le Università e la ricerca? “Il professor Ceroni, associato di Neurologia, è il primario della divisione neurologica. Inoltre, uno specializzando in Neurochirurgia dell’Università La Bicocca frequenta costantemente la divisione neurochirurgica, prendendo parte ai programmi di ricerca. Una ricerca continua, che comprende tecniche operatorie microchirurgiche il meno possibile invasive (tecniche trans-sulcali,


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mappaggio corticale, monitoraggi intraoperatori) e nuovi approcci per la rimozione della lesione salvaguardando le aree critiche. Intendiamo sviluppare l’utilizzo della neuronavigazione e implementare le nuove strumentazioni con l’endoscopia e la terapia radiante di focolaio. Inoltre, stiamo avviando la ricerca per la rigenerazione dei vari tessuti lesionati con le cellule staminali, su progetto del professor Rondanelli, direttore scientifico del Gruppo Policlinico di Monza”.

Neurochirurgia alla Clinica San Gaudenzio, Novara

Il dottor Franco Regalia, U. O. Neurochirurgia della Clinica San Gaudenzio, Novara

Clinica Eporediese, Ivrea

lla Clinica San Gaudenzio, l’unità Operativa di Neurochirurgia è diretta dal dottor Franco Regalia, allievo del prof. Geuna della Scuola di Neurochirurgia di Milano. Lo coadiuvano il dottor B.G. Grimaldi, neurologo, e il dottor Andrea Zanetti per il servizio di Anestesia. L’attività operatoria svolta alla San Gaudenzio riguarda sia la patologia intracranica, soprattutto tumorale, sia extracranica, in particolare l’ernia del disco intervertebrale, che rappresenta la più frequente patologia degenerativa della colonna vertebrale. Il segmento della colonna vertebrale più frequentemente colpito da questa patologia è il tratto lombosacrale (circa il 90% dei casi), mentre è più rara la localizzazione cervicale (circa il 10%) e quella dorsale (meno dell’1% dei casi). Le tecniche chirurgiche variano a seconda del livello dell’ernia. Nel caso dell’ernia del disco cervicale, la decompressione della radice e del midollo si attua mediante l’asportazione del disco intervertebrale e di eventuali osteofiti; l’approccio chirurgico si avvale di due vie d’accesso: quella anteriore secondo Cloward (discectomia anteriore) e quella posteriore (laminectomia associata o meno a foraminotomia). Per l’ernia del disco toracico, le tecniche chirurgiche prevedono la laminectomia, la costotransversectomia e l’approccio transtoracico). Quando l’ernia del disco è lombosacrale: la tecnica chirurgica più frequentemente utilizzata per l’approccio posteriore alla colonna lombosacrale è la microdiscectomia, che si avvale dell’uso del microscopio operatorio e viene attuata attraverso una limitata incisione chirurgica, mediante approccio interlaminare, nel rispetto delle strutture osteoligamentose della colonna. Con questa tecnica chirurgica, attuata nel pieno rispetto dell’”ecologia” della radice e della statica della colonna vertebrale, è possibile una precocissima mobilizzazione e dimissione del paziente (di solito il giorno dopo l’intervento).

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’Unità Funzionale di Neurochirurgia della Clinica Eporediese, diretta dal dottor Corrado Musso, è particolarmente dedicata al trattamento delle patologie tumorali e vascolari del sistema nervoso, soprattutto del distretto encefalico. Nell’ambito delle neoplasie encefaliche, la struttura si avvale dei più recenti ausili tecnologici che consentono l’asportazione della massa tumorale limitando i rischi di arrecare danni neurologici da trauma chirurgico; in particolare il sistema di neuronavigazione permette di elaborare le immagini di TAC ed RMN dell’encefalo fornendo all’operatore una ricostruzione intraoperatoria del capo del paziente con un’accuratezza inferiore al millimetro. Da tale ricostruzione deriva la possibilità di localizzare con precisione ed in tempo reale la massa tumorale da asportare, evitando così di ledere strutture non coinvolte dalla neoplasia e riducendo il trauma chirurgico al tessuto cerebrale sano circostante la lesione. Sebbene particolarmente indicato per la patologia tumorale, il neuronavigatore può essere utilizzato per confezionare approcci mini-invasivi nella chirurgia vascolare encefalica e per la chirurgia protesica della colonna. Nell’ambito delle neoplasie cerebrali primitive il 40% circa era costituito da gliomi, prevalentemente ad alto

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L'equipe di Neurochirurgia della Clinica Eporediese diretta dal dottor Corrado Musso (al centro)

Neurochirurgia: i numeri del Gruppo

grado (astrocitomi anaplastici e glioblastomi), mentre nel restante 60% figuravano neoplasie benigne delle meningi (meningiomi). Nell’ambito delle patologie vascolari, il trattamento chirurgico ha riguardato sia aneurismi sacculari endocranici non sanguinanti, sia angiomi cavernosi e artero-venosi encefalici e midollari. In questo contesto va dato particolare risalto all’asportazione chirurgica di cavernomi situati nel contesto di strutture cerebrali profonde di difficile approccio, quali il tronco encefalico ed il talamo, con ottimi risultati in termini di morbilità post-chirurgica. La neurochirurgia del distretto encefalico e midollare risulta particolarmente impegnativa anche dal punto di vista della gestione post-operatoria dei pazienti, pertanto i buoni risultati ottenuti non possono prescindere dalla collaborazione con il servizio di terapia intensiva (4 unità dedicate), nel cui ambito si svolge la prima e più delicata fase di degenza, e con il servizio di neuroradiologia, che consente di effettuare gli esami strumentali di controllo a scadenze prestabilite per individuare quanto prima eventuali complicanze chirurgiche. Una parte consistente dell’attività chirurgica è rivolta al trattamento delle patologie degenerative e tumorali del rachide. Le patologie degenerative del rachide comprendono le stenosi del canale spinale cervicale, con conseguente sofferenza mielopatica o rizopatica, e del canale spinale lombare, le lombo-sciatalgie da ernia discale, la listesi con instabilità vertebrale. In questi casi tutti gli interventi vengono condotti in tecnica microchirurgica, ovvero con l’ausilio del microscopio operatorio, al fine di decomprimere le strutture nervose evitando di procurare danni alle stesse; nel caso delle listesi vengono effettuati interventi di stabilizzazione per via posteriore con apposite viti transpeduncolari, che fissano il segmento di rachide instabile evitando pericolosi scivolamenti delle vertebre. Come già accennato, per questo tipo di chirurgia protesica oggi il neurochirurgo si può avvalere dell’ausilio dell’apparecchio di navigazione, che consente di verificare passo dopo passo il posizionamento delle viti nel contesto dell’osso vertebrale eliminando la necessità di frequenti controlli radiologici intraoperatori. Per quanto riguarda i tumori del rachide, sono stati trattate neoplasie a partenza dalle strutture nervose o dagli involucri meningei (neurinomi e meningiomi spinali), malformazioni vascolari (angiomi cavernosi e artero-venosi), intramidollari, e localizzazioni secondarie vertebrali di neoplasie maligne primitive (metastasi) con conseguente compressione mielo-radicolare all’interno del canale spinale. L’Unità Funzionale di Neurochirurgia è formata da quattro specialisti: a fianco del responsabile, dottor Corrado Musso, lavorano i dottori Nicola Zullo, dei dipartimenti di Neurochirurgia del Gruppo Michele Caniglia e Laura L’attività Policlinico di Monza nel 2004 Raina. TIPO di INTERVENTO ANEURISMI E NEOPLASIE CEREBRALI

Sono quasi 2500 gli interventi chirurgici effettuati dai reparti di Neurochirurgia delle cliniche del Gruppo Policlinico di Monza. Il maggior numero di operazioni ha riguardato dorso e collo, ma vi è una significativa percentuale di interventi cranici, di artrodesi e di decompressione del tunnel carpale.

S

MIDOLLO SPINALE TUNNEL CARPALE

N° 142 43 269

SU NERVI PERIFERICI CRANICI

25

SU SURRENE E IPOFISI

10

ARTRODESI, DORSO E COLLO ALTRI INTERVENTI TOTALE degli INTERVENTI

1825 113 2427


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on il 2005 una grande novità viene ad arricchire il settore neuroscientifico del Gruppo: il 1° marzo entrerà infatti in funzione il Centro di Ricerche Neurobio-oncologiche, il laboratorio di indagini bio-patologiche e molecolari istituito dalla Fondazione Gruppo Policlinico di Monza presso la Clinica Santa Rita di Vercelli. Vi si svolgerà un’attività eminentemente di ricerca scientifica nel campo delle Neuroscienze. Si comincerà con l’attuazione di un piano di ricerca orientato sia verso le scienze di base sia verso la traslazione alla clinica delle malattie neurologiche e neurochirurgiche. Il piano di ricerca è focalizzato, nella sua fase iniziale, su un programma di studio dedicato all’origine e allo sviluppo dei gliomi cerebrali. L’origine di questi tumori, intesa come derivazione cellulare, rappresenta oggi un problema quanto mai vivo, perché rinverdito recentemente dalla rimessa in discussione delle cellule neuroepiteliali primitive dei centri germinativi, quali elementi indifferenziati di partenza delle proliferazioni gliomatose. Le conoscenze recenti dei loro meccanismi di differenziazione e di trasformazione tumorale stanno modificando la sistematica e anche la prognosi dei gliomi e aprono nuove possibilità terapeutiche. Le cellule progenitrici degli elementi adulti del sistema nervoso e dei gliomi, chiamate anche cellule neurali staminali erano già state studiate ampiamente una ventina di anni fa nell’ambito della produzione sperimentale di tumori cerebrali mediante etilnitrosourea transplacentare. Queste cellule verranno adesso studiate sia direttamente nei tumori stessi con tecniche immunoistochimiche, biologiche e di genetica molecolare sia in colture in vitro con formazione di neurosfere e successivo allestimento di linee cellulari con tutti i condizionamenti delle cellule che questo tipo di indagine comporta. L’obiettivo principale, in una prima fase, sarà quello di stabilire intanto se veramente esistano nei gliomi cellule staminali tumorali o se invece quelle che si comportano come tali per riaverne acquistate le proprietà, e cioè moltiplicazione all’infinito e responsabili delle recidive e delle invasioni tumorali, non siano altro che i cloni cellulari più maligni, selezionati per competizione sulla base dell’accumulo di mutazioni, secondo la teoria clonale della progressione tumorale. A questo tema generale sono subordinati temi secondari, più settoriali, che però rivestono oggi nella biologia dei tumori una notevole importanza prognostica e patogenetica, perché coinvolgenti vie molecolari anche suscettibili di essere manipolate a scopo terapeutico. Vi sono in prima linea il fenomeno dell’apoptosi, ormai arcinoto, e il nuovissimo problema riguardante il sistema ubiquitinaproteasoma che interviene nella degradazione di proteine, non solo patologiche o “misfolded”, ma anche cardinali nella regolazione del ciclo cellulare e quindi nella crescita del tumore. Fra queste proteine, due rivestono un significato particolare, perché ad azione opposta: la ciclina D1, che può avviare la proliferazione cellulare nei tumori, controllata dall’importante via mitogena RAS/MAPK discendente da TKRP, e la proteina p27/Kip.1 che invece può arrestare il ciclo cellulare. Il sistema ubiquitina-proteasoma può eliminarle entrambe, favorendo o sfavorendo la proliferazione cellulare.

C

Nasce a Vercelli il Centro Ricerche di NeuroBio-Oncologia

Il professor Davide Schiffer, Direttore del Centro di Ricerca di Neuro-bio Oncologia del Gruppo Policlinico di Monza

Diagnostica dei tumori cerebrali Rientra nel piano programmatico anche un’attività diagnostica dei tumori cerebrali che si avvarrà dei più recenti dati acquisiti dagli studi per arrivare a categorizzazioni e a prognosi più rispondenti ai bisogni attuali di terapia. Questa attività può essere svolta su prelievi operatori sia nell’ambito del Gruppo Policlinico di Monza che provenienti da altre neurochirurgie. Già ampiamente svolta in passato da parte dei ricercatori del Centro, potrà condurre a collaborazioni interne ed esterne che contribuiranno ad aumentare l’impronta scientifica delle prestazioni del Gruppo stesso. Studi sulle patologie neuro-degenerative L’attività scientifica si estenderà anche a campi non tumorali. Esistono infatti problemi neuro-biologici che oggi rappresentano vere sfide, insiti nella patologia più resistente alle terapie, quella neuro-degenerativa. L’apoptosi neuronale, quale


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variante di “morte programmata” e in genere la neurodegenerazione, come fenomeno cellulare regressivo, saranno oggetto di indagini che comporteranno molte collaborazioni interne ed esterne. La Fondazione e il Gruppo Policlinico di Monza si avviano così ad ampliare il fronte clinico, neurologico e neurochirurgico, già attualmente di grande rispetto, ma anche quello neuro-biologico, con un maggiore coinvolgimento nel novero delle Istituzioni dedicate alla Ricerca e all’approfondimento scientifico. Prima ancora dell’apertura il Centro è stato attivo con partecipazioni a congressi mediante comunicazioni o relazioni: International Congress of Cancer, Corfù (Grecia) ottobre 2004; Congresso della Società Francese di Neuropatologia, Parigi, 2004. Il Centro sarà poi presente al VIIIth Congress European Society of Neuro-Oncology, Edinburgh, maggio 2005; Congresso della Società Italiana di Neuropatologia, Saluzzo, maggio 2005, e ad altri importanti incontri internazionali.

l 2004 ha visto l’attività cardiochirurgica complessiva del gruppo Policlinico di Monza passare dai 1300 ai 1600 interventi con un incremento del 22% circa. In particolare è da segnalare il marcato incremento del numero degli interventi eseguiti presso il Policlinico di Monza, che è passato dai 316 del 2003 ai 535 interventi del 2004, mentre l’attività cardiochirurgica della Casa di Cura San Gaudenzio di Novara ha fatto anch’essa registrare un significativo aumento, passando dai 455 ai 540 casi. Nello stesso periodo, la Clinica Città di Alessandria si è attestata sul già ragguardevole livello dell’anno precedente con 521 interventi. Tra gli aspetti particolarmente significativi da rilevare è che l’attività cardiochirurgica delle tre strutture del gruppo, pur mantenendo una loro specificità in termine di diversa prevalenza del tipo di patologia trattata, presentano attualmente una notevole uniformità per quanto attiene sia al numero di casi trattati, sia all’eccellenza dei risultati clinici a fronte del progressivo e generalizzato aumento della complessità degli interventi e della gravità dello stato dei pazienti. Oltre a quanto esposto, meritano segnalazione alcuni aspetti specifici relativi alle singole strutture. Presso il Policlinico di Monza si è assistito ad un consolidamento dell’attività cardiochirurgica pediatrica.

I

Cardiochirurgia: l’attività 2003-2004 del Gruppo Policlinico di Monza 1600 1400 1200 1000 800 600

MONZA

NOVARA

ALESSANDRIA

2004

2003

2004

2003

2004

0

2003

200

2004

400 2003

Cardiochirurgia fra novità e sviluppo

GRUPPO


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Nella casa di Cura Città di Alessandria vi è stato un sistematico incremento delle procedure di angioplastica endoluminale nella patologia dei grandi vasi, inclusi l’aorta discendente e addominale e le arterie carotidi. Nella Casa di Cura San Gaudenzio di Novara è proseguita l’attività scientifica e didattica: l’attività scientifica con la presentazioni dell’esperienza clinica a prestigiose riunioni scientifiche internazionali, mentre l’attività didattica si è esplicitata con i corsi di cardiologia ad interesse cardiochirurgico accreditati dal Ministero della Salute con crediti formativi ECM. In conclusione, l’attività Cardiochirurgia del gruppo nell’anno 2004 si è dimostrata, ancora una volta, in continua crescita quantitativa, qualitativa e scientifica.

ECM: i corsi in programma Auditorium Clinica San Gaudenzio - Novara, Via Bottini 3

Sala Congressi Policlinico di Monza - Monza, Via Amati 111

“Nuove strategie nel trattamento medico e chirurgico dello scompenso cardiaco”

“Corso di Artroscopia d’anca”

Accreditato con 10 crediti formativi ECM

5 marzo 2005

23 febbraio 2005 “La chirurgia coronarica con condotti arteriosi” Accreditato con 12 crediti formativi ECM

Accreditato con 3 crediti formativi ECM

“La patologia dell’obesità” Rivolto a medici e infermieri

marzo 2005

23 marzo 2005 “Malattia diverticolare”

“L’Ortodonzia”

Crediti formativi ECM richiesti per medici chirurghi

Rivolto a medici e infermieri

30-31 marzo 2005

12 marzo 2005

“Diagnostica e terapia percutanea dell’arteriopatia coronarica e carotidea”

“Interventi proctologici su stipsi”

In fase di accreditamento

Rivolto a medici e infermieri

20 aprile 2005

maggio 2005

“Cancro del retto”

“L’Odontoiatria generale”

Crediti formativi ECM richiesti per medici chirurghi e infermieri

27-28 aprile 2005 “Incontinenza fecale” Crediti formativi ECM richiesti per medici chirurghi e infermieri

8-9 giugno 2005 “Fistole perianali complesse” Crediti formativi ECM richiesti per medici chirurghi e infermieri

11-12 ottobre 2005 Settimane di Coloproctologia Corso di 1°livello 7-11 marzo 2005 Corso di 2°livello 14-18 novembre 2005

Il calendario dei corsi ECM in programma nei prossimi mesi è consultabile sul sito www.policlinicodimonza.it

Rivolto a medici e infermieri

25 giugno 2005


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Anno I numero 3 - febbraio 2005 Autorizzazione del Tribunale di Monza n. 1724 del 5 marzo 2004 Direttore responsabile: Fabio De Marchi Stampa: Tipografia Gi & Gi srl - Tregasio di Triuggio (MI) Progetto grafico e impaginazione: Brunazzi&Associati, Torino Immagini: Policlinico di Monza


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