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GESTIONE DELLE RELAZIONI CON CLIENTI E CITTADINI

FOCUS

TELECOMUNICAZIONI

SALUTE

PUBBLICITÀ

Tempi duri? Tempi nuovi? Certamente tempi diversi per il telemarketing.

Quale e quanta banda per il futuro? E cosa potremmo fare con una banda illimitata?

Informazioni mediche su internet: quanto sono affidabili?

I testimonial in pubblicità: “stampella della creatività”?

LEAD GENERATION Ottimizzare gli strumenti aziendali potenziando la raccolta dei lead Pag 09

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WELCOME TO THE NANOTECH WORLD

7a EDIZIONE

micro e nanotecnologie: dove ricerca e impresa si incontrano

Roma, 14 e 15 Settembre 2011

Università La Sapienza di Roma, Facoltà di Ingeneria, via Eudossiana 18

Progetto e organizzazione:

INGRESSO GRATUITO PREVIA ISCRIZIONE: www.nanoforum.it

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CONTRIBUTORS

Maurizio Arata Da vent’anni iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti, ha collaborato con numerosi quotidiani, prestigiose riviste e tv. Si è occupato e si occupa di filosofia, cultura, moda, pubblicità, musica, cinema e fotografia. Svolge anche attività di pubbliche relazioni e comunicazione. Attualmente è giornalista di Iter e condirettore di VoiceCom news.

Marco Corna & Clara Dubbioso Fondano nel 2008 Housegrafik con l’intento di creare un network creativo multidisciplinare. Il loro è un approccio al progetto in cui la forma e il linguaggio sono sempre in funzione del messaggio. Si occupano di progetti di comunicazione visiva, corporate identity, editoria, advertising, multimedia e web. www.housegrafik.com Petra Invernizzi Dal 2007 si occupa di formazione organizzando corsi e seminari per professionisti e aziende. Dal 2008 cura anche la realizzazione di Voicecom News. Appassionata di tecnologia, ha un blog sulla formazione: http://petrainvernizzi.blogspot. com/ A questo numero hanno collaborato: Maurizio Arata, Sonia Avemari, Elisa De Portu, Paolo Della Sala, Antonino M. Grande, Petra Invernizzi, Umberto Raimondi, Alice Sabolla, Gabriele Santalini, Roberto Saracco, Simone Zanardi

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EDITORIALE

NUOVO LINGUAGGIO NUOVO VOICECOM NEWS Dopo dieci anni di attività, che ci ha visti come protagonisti nell’ambito del front office e della gestione delle relazioni con i clienti, e recentemente propostosi per la “GESTIONE DELLE RELAZIONI CON CLIENTI E CITTADINI”, la Voicecom news ha deciso di cambiare veste. Nell’era di internet, dove il mercato e le informazioni viaggiano in rete con modalità sempre più rapide e globali, e dove la ricerca e l’innovazione stanno diventando indispensabili per il nostro futuro individuale ed economico, abbiamo deciso di offrire la rivista anche online, accessibile gratuitamente a tutti. La versione cartacea, in edizione limitata, continuerà ad essere riservata esclusivamente agli abbonati. Già dagli ultimi numeri, inoltre, abbiamo deciso di arricchire i contenuti volgendo lo sguardo anche a tematiche nuove, differenti o comunque di attualità, per contribuire a nostro modo ad una sempre maggiore conoscenza di quanto accade attorno a noi, sia come cittadini che come aziende, avendo un occhio attento alla qualità dei servizi, ai loro cambiamenti, e alla loro continua evoluzione. Abbiamo poi aperto un nuovo spazio, il blog di Voicecom news: http://voicecomnews.blogspot.com. L’intento è creare un punto di incontro affinché ogni numero della rivista non si esaurisca alla sua uscita, ma possa essere aggiornato e commentato, discusso e perché no, anche confutato nel caso gli scenari trattati subiscano dei mutamenti. Per ogni articolo pubblicato, grazie al blog, potrete chiedere consigli e approfondimenti direttamente ai nostri autori. Scusandoci per il ritardo per questo 1° numero 2011, e ringraziandoVi per la gentile attenzione, Vi invitiamo altresì a volere partecipare alla diffusione online, nonché a contribuire con proposte editoriali, di comunicazione e pubblicità. L’editore e la redazione

Editore ITER srl - www.iter.it Redazione VoiceCom news Via Rovetta, 18 20127 Milano TEL: +39 02.28.31.16.1 FAX: +39 02.28.31.16.66 voicecomnews@iter.it www.iter.it/vcnews.htm Direttore responsabile: Domenico Piazza Condirettore: Maurizio Arata Direttore Contenuti: Petra Invernizzi Art Director: Clara Dubbioso Progetto Grafico: Housegrafik.com

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Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 157 del 7 marzo 1992. La tiratura di questo numero è di N. 10.000 copie. Pubblicità inferiore al 45%. Non si restituiscono testi e materiali illustrativi non espressamente richiesti. Riproduzione, anche parziale, vietata senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero di chi lo firma e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comporta alcuna responsabilità per l’Editore.

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SOMMARIO

APPROFONDIMENTI

MODA

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CINEMA

Cloud Computing ICT leggero come una nuvola

Le informazioni mediche su internet Sono sempre attendibili? come comportarsi?

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L’era telematica per i commercialisti Vantaggi e paradossi

SCENARI

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Evoluzione tecnologica e telecomunicazioni Quale banda per il futuro?

L’alta moda di Camillo Bona Intervista

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E il cinema italiano? In questo giro è rimasto a secco!

VIAGGI

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Il successo del turismo religioso Un modo diverso di concepire le vacanze

ESPERIENZE

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FORMAZIONE

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Registro Pubblico delle Opposizioni Il nuovo regime opt-out che dovrebbe allineare l’italia allo standard europeo

Front-Office d’eccellenza Il biglietto da visita di un’azienda vincente

La casa del cioccolato Dove la passione per il cioccolato diventa realtà

RECENSIONI

54 APPROFONDIMENTI

ATTUALITÀ

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Lead Generation Strategy Come ottimizzare i nostri stumenti aziendali, potenziando la raccolta dei lead

La Grande Muraglia geopolitica Un mondo in fermento

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Scrivere, linkare, comunicare per il web

RUBRICHE

56 PUBBLICITÀ

RECENSIONI

Il dilemma dell’Onnivoro

Piccole storie della tradizione italiana Da Armando

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Il testimonial in pubblicità Una scelta tra seduzione e intrattenimento

PILLOLE

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focus

PUBBLICO

DELLE OPPOSIZION

REGISTRO

IL NUOVO REGIME OPT-OUT CHE DOVREBBE ALLINEARE L’ITALIA ALLO STANDARD EUROPEO TESTO - Maurizio Arata

Tempi duri? Tempi nuovi? Certamente tempi diversi per il telemarketing. Dallo scorso 1 febbraio, è stato dato il via al Registro Pubblico delle Opposizioni. Uno stop, quindi, a tutte quelle chiamate fastidiose, invasive, ripetitive di promozioni varie, di offerte di nuove tariffe, nuovi prodotti, esortazioni al cambiamento di gestore per più convenienti soluzioni e tariffe, il tutto fatto per lo più attraverso un semplice e spesso poco chiaro coinvolgimento telefonico, da parte di qual si voglia operatore, magari giovane, magari

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extracomunitario, magari laureato, ma certamente sottopagato, senza garanzie e con contratto a termine. Alla domanda “per favore potete mandarmi la vostra offerta per iscritto?” troviamo sempre davanti un muro; “potete, per cortesia inviarmi una email, così da avere il tempo di leggere la qualità dell’offerta, nonché la sua convenienza?” altro muro. Allora, o si decide a vanvera, senza sapere esattamente cosa si è fatto, salvo accorgersene dopo averlo fatto, per lo più con risultato negativo, o si cerca di rifiutare un’offerta senza farsi abbindolare,

magari seccati dall’orario della chiamata, dal disturbo creato dalla stessa, in attesa che altro operatore Gino, Pino, Maria, Mariuccia, sempre della stessa compagnia o azienda, vi richiami il giorno successivo, oppure quello dopo. E senza timore di essere intercettati, e poi perseguiti per invasione della privacy, e rottura dei sacri zebedei. Di fronte a questa spesso invadente modalità di vendita di prodotti, che attualmente riguarda maggiormente la lotta fra i gestori di telefonia o di energia, ma che coinvolge anche molte piccole

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o medie imprese, per l’olio, per il vino etc., è stato concepito un nuovo servizio “Registro Pubblico delle Opposizioni”, appunto, per la tutela del cittadino presente negli elenchi telefonici pubblici che decide di non volere più ricevere telefonate commerciali o di ricerche di mercato. Per l’attuazione di questo servizio, il Ministero dello Sviluppo Economico- Diparti-

mento per le Comunicazioni ha affidato l’incarico, con contratto di servizio, alla Fondazione Ugo Bordoni, ente terzo, indipendente, impegnato in attività di pubblico interesse. Attraverso tale iniziativa si vorrebbe anche creare uno scenario di maggiore ordine e trasparenza per le imprese che hanno deciso di utilizzare gli strumenti del telemarketing; creando, in pari

tempo, un mercato più dinamico e competitivo. Per accedere al servizio vi sono diverse modalità, ovvero: modalità web modalità telefono modalità raccomandata modalità fax modalità email Insomma, lo scopo del Registro

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ATTRAVERSO TALE INIZIATIVA SI VORREBBE ANCHE CREARE UNO SCENARIO DI MAGGIORE ORDINE E TRASPARENZA PER LE IMPRESE CHE HANNO DECISO DI UTILIZZARE GLI STRUMENTI DEL TELEMARKETING Pubblico delle Opposizioni è quello di regolamentare e normalizzare l’attuale gestione del telemarketing e salvaguardare la privacy degli abbonati telefonici che decideranno di non rendersi più raggiungibili dagli operatori del settore. Tant’è vero che, pena sanzioni, gli operatori di teleselling saranno obbligati a consultare il Registro stesso prima di avviare qualunque tipo di operazione promozionale. Il Registro in questo senso vuole porsi come punto di difesa ed equilibrio, lasciando libero il contatto solo agli abbonati telefonici consenzienti, ovvero tutti coloro che non si sono iscritti al Registro Pubblico delle Opposizioni. A questo proposito vale la pena considerare la voce di Adiconsum, che ha dichiarato, tramite un lungo comunicato stampa “Chi non si iscrive potrà ora essere disturbato da innumerevoli proposte commerciali”. E questo è certamente l’altro lato della medaglia, vista la scarsità di informazioni che il cittadino ha ricevuto, e comunque non sta tuttora ricevendo a questo proposito. E soprattutto a proposito di un suo diritto che vorrebbe conoscere ben in chiaro. Ancora Adiconsum, attraverso un intervento del suo Segretario Nazionale, Pietro Giordano, fa rilevare che vi sono ancora molti dubbi sul sistema, che non tutelerebbe né il consumatore nel suo diritto a non essere disturbato, né tantomeno la sua privacy, “ si ha la netta sensazione che il Registro

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sia strutturato prevalentemente a tutela delle aziende e poco a tutela del consumatore”. Considerando anche il fatto che le Associazioni a difesa dei consumatori non sono neppure state consultate riguardo allo stesso provvedimento. Poiché parrebbe che l’iscrizione garantisca di fatto solo una diminuzione delle chiamate a fini commerciali, ma non venga escluso l’utilizzo di dati incrociati ricevuti dalle aziende attraverso differenti elenchi, che non sono le Pagine Bianche o Gialle. Si chiede infatti che l’iscrizione al Registro impedisca di ricevere totalmente le chiamate indesiderate ad uso commerciale. Peraltro le modalità di iscrizione, molto avanzate tecnologicamente, possono risultare difficili per gli anziani e le fasce deboli. C’è da dire anche sul monitoraggio del sistema, attualmente nelle mani della stessa Fondazione Ugo Bordoni, che gestisce il Registro stesso, e non in quelle di un’ulteriore ente terzo di controllo. Senza contare che ci pare constatare non esistano modalità o procedure di reclamo a fronte di un perpetrato disturbo, nonostante l’iscrizione. Aiutare i consumatori ad orientarsi fra tutte queste nuove regole, e fare sì che vengano rispettati orari certi e trasparenti, basati sul rispetto deontologico, è l’obiettivo che si è posto Asstel, promuovendo un codice di autoregolamentazione. Infatti si dovrà fare fronte al passaggio dal regime dell’opt-in, che prevede l’esplicito consenso del cliente ad

essere contattato telefonicamente, al regime opt-out, che contrariamente prevede il libero contatto di ogni abbonato, salvo che lo stesso si sia preventivamente iscritto al Registro delle Opposizioni. Questa nuova normativa, peraltro, allinea l’Italia al maggior numero di paesi d’Europa, dove il sistema opt-out è ormai il maggiormente adottato. Su queste basi dovrà altresì essere chiaro l’impegno da parte delle varie aziende che si promuovono tramite il telemarketing a fare rispettare le nuove regole ai rispettivi outsourcer, call center inclusi. Mi pare comunque anche doveroso segnalare che, dal momento dell’iscrizione, passeranno comunque una quindicina di giorni prima che una qualche tutela venga messa in atto. Contatto sì, contatto no… ma, come già segnalato, se poi un cittadino comune volesse reclamare nel caso di aziende che poi queste regole non hanno la volontà di rispettarle, che fare?

MAURIZIO ARATA Giornalista e Condirettore di Voicecom news


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approfondimenti

LEAD GENERATION STRATEGY COME OTTIMIZZARE I NOSTRI STUMENTI AZIENDALI, POTENZIANDO LA RACCOLTA DEI LEAD TESTO - Elisa De Portu

Chi si occupa di Lead generation sa che si tratta di un’attività molto onerosa che richiede non solo tempo ed energie, ma anche ottime capacità di analisi e progettualità. Le strategie, infatti, cambiano sensibilmente sulla base degli obiettivi e hanno spesso risultati variabili in un andamento tipico che va da lead “deboli” (numerose e poco costose, ma spesso non pronte all’acquisto) a lead “forti” (di numero inferiore, più onerose, ma più “hot”). La costruzione di un database è un argomento tutt’altro che banale. Così come non è banale tutto quello che sce-

glieremo di fare subito dopo la raccolta del contatto con l’idea di coltivarlo, ovvero il “lead nurturing” (mantenere la relazione nel tempo per tenere un lead caldo e “nutrito” fino a che non sarà pronto, per esempio, all’acquisto). Tutti sanno che spesso chi cerca on-line è in una fase di esplorazione e non sempre è pronto per sottoscrivere un contratto: la raccolta dei lead è strategica se siamo in grado di definire per quale scopo lo stiamo facendo e se ci sono chiare le modalità di scoring. Detto questo, prima di intraprendere progetti complessi e VoiceCom news 01.2011

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costosi, le aziende hanno una grande opportunità: quella di ottimizzare gli strumenti già nelle loro mani (sito web, campagne DEM, attività off-line..) potenziando al massimo la raccolta di lead. Partendo da questa base solida, è possibile disegnare un percorso per la costruzione del DB.

Questo articolo è un estratto del testo Best Practice di Lead Generation. Raccolta delle migliori tecniche per incrementare la propria lista contatti – un compendio che non ha la pretesa di essere esaustivo di tutte le strategie attuabili (proprio perché vanno definite e progettate a seconda dei modelli di business, i settori merceologici, gli obiettivi e le priorità), ma ha l’intento di raccogliere una serie di buoni consigli che aiutino nel riconoscere delle opportunità in quello che già si sta facendo, soprattutto perché non ci siano “occasioni perse”. Best Practice di Lead Generation è una raccolta di buone pratiche, uno strumento operativo per ottimizzare le campagne, una lista di cose da tenere in considerazione per massimizzare le performance. Tutto quello che lo staff di MagNews ha imparato in dieci anni di esperienza sul campo. La versione integrale è reperibile sul sito : www.magnews.it L’EFFICACIA DEL SITO WEB L’usabilità di un sito web è il punto centrale perché il funnel della lead generation porti alla conversione di un utente in lead. Determinare percorsi chiari con call to action altrettanto chiare è il progetto che sta a monte di ogni raccolta indirizzi. Ecco qualche semplice suggerimento: • Mettete l’iscrizione bene in evidenza e illustrate i vantaggi Sembra scontato, ma non sempre lo è. Scegliere dove e come posizionare la call to action di iscrizione al vostro programma di e-mail marketing è molto importante. Per questo valutate diversi spazi di visibilità dall’home page alle pagine interne. Quando si chiede a qualcuno di sottoscrivere una lista è decisivo saperne comunicarne bene i vantaggi e i contenuti. Cercate quindi di essere chiari con gli utenti sul perché vale la pena darvi l’indirizzo e con quali modalità utilizzerete i loro dati personali. Nel caso di una newsletter, una buona idea è inserire sul sito un archivio degli ultimi numeri. Un progetto di questo tipo vi garantisce l’effettiva volontà dell’utente a entrare nei vostri database, creando una lead forte. • Assicuratevi che ogni form sul sito abbia l’iscrizione alla newsletter e includetela in ogni occasione di sign up (es. webinar)

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Anche questo è un piccolo consiglio, ma alle volte non si sa mai, soprattutto nei casi di grandi aziende con tanti siti web e opportunità di registrazione. Il modo migliore per non dimenticare questo dettaglio è definire una check list di policy obbligatorie, da rispettare preferibilmente su tutti i formati (a meno che la mancanza del campo di iscrizione non sia una scelta consapevole). • Lavorate sulla call to action Il modo più efficace per scrivere una call to action è individuare le parole giuste che si riferiscono all’azione verso cui volete spingere l’utente es. iscriviti. È inutile fare tanti giri di parole, meglio essere chiari e diretti. • Rassicurate gli utenti sul rispetto della privacy Il rispetto della privacy è importante oltre che obbligatorio. Per rassicurare gli utenti è sempre consigliabile creare un link visibile alla propria policy, confermando che i dati verranno utilizzati esclusivamente per le comunicazioni e non saranno ceduti a terzi. Fate presente che la cancellazione è sicura e può avvenire in qualunque momento. • Testate, testate, testate! Capita di frequente che possa non essere facile stabilire a priori quale sia la pagina migliore da presentare agli utenti: • quanto contenuto testuale serve: meglio dilungarsi ed essere esaurienti o è preferibile la sintesi? • può essere utile mettere link su contenuti correlati, o è meglio collocare solo link utili alla conversione? • dove collocare la call to action? • è efficace mettere più call to action o è preferibile presentarne una sola? La conoscenza del prodotto o del servizio da parte dei visitatori può inoltre essere variabile, così come la competenza nell’utilizzo del web. Per questi ed altri motivi è saggio affidarsi a strumenti che rilevino il comportamento degli utenti, in modo da proporre soluzioni in grado di essere comprensibili e persuasive. Ecco le principali soluzioni: A/B test. È uno strumento che prevede di presentare agli


utenti, in modo casuale, due versioni di una stessa pagina, differenti per un’unica variabile per misurare quale garantisce le performance migliori. In questo modo si ottengono i dati necessari per costruire una pagina che soddisfi le esigenze della maggior parte degli utenti che la visitano. Analisi multivariata. È una forma di testing più evoluta: vengono individuate alcune sezioni della pagina da testare e per ciascuna vengono identificate delle varianti, presentate poi in combinazioni diverse agli utenti; grazie al supporto di software specifici, al termine del periodo di test si avrà la combinazione delle varianti più performanti, che verranno quindi visualizzate da tutti gli utenti. Test di usabilità (eventualmente con eye tracking). È lo strumento principe in sede di usabilità, e prevede di far provare la pagina a un gruppo selezionato di utenti, per rilevare quali eventuali problemi incontrino. Per questo tipo di pagine l’eye tracking è uno strumento complementare prezioso, perché stabilisce se la disposizione degli elementi risponde al modo in cui gli utenti prestano attenzione ai vari contenuti Esistono anche altri strumenti, che permettono di valutare l’efficacia della pagina verso i propri utenti: per esempio Crazy Egg o Userfly. Sono soluzioni che tuttavia possono avere dei limiti: in molti casi non spiegano il perché del comportamento degli utenti (si limitano a registrare cosa fanno), in altri casi non aggregano i dati tra più utenti, oppure forniscono una mole di dati che va comunque interpretata. OTTIMIZZARE LE LANDING PAGE La landing page è un aspetto decisivo per la conversione dell’utente in lead, in particolare quando si fanno campagne DEM oppure campagne di Keyword Advertising su Adwords. Ecco qualche consiglio per la costruzione del form di raccolta dati. • Non esagerate con le domande Il form di iscrizione a un programma di e-mail marketing deve essere intuitivo e ben organizzato per portare alla conversione del lead. Il processo di iscrizione a una lista deve essere semplice, veloce, in nessun modo faticoso. Chiedere troppe informazioni può scoraggiare gli utenti. Potrete recuperare ulteriori dati in un secondo momento, quando la relazione sarà avviata. Pertanto, limitatevi a poche informazioni che per voi sono importanti per una prima profilazione, definendo i principali obiettivi del programma. • Presentate il form in modo efficace Studi in materia di usabilità sui form indicano che nella gran parte dei casi è preferibile presentare i campi in modo verticale, in cui le label che descrivono il campo sono sopra il campo stesso: questo garantisce una migliore leggibilità, aumenta l’efficienza e risulta più intuitivo nella compilazione, anche se allunga lo spazio verticale della form.

• Prestate attenzione all’usabilità Compilare un form è un’attività che richiede tempo, perciò più ne fate risparmiare, più gli utenti vi saranno grati. Innanzitutto, scegliete bene quali sono le risposte multiple e quali i campi liberi. Nel caso di risposte su tendine valutate che tipo di database caricare. Facciamo l’esempio della nazionalità: non ha senso inserire una lunga lista di Stati dentro un campo Nazione se i vostri utenti sono unicamente italiani. • Implementate un data entry assistito In generale, una buona idea, quando possibile, è implementate un data entry assistito, in grado di riconoscere collegamenti tra i campi (es. il cap e la provincia). In questo modo avrete database sempre corretti e puliti. • Prevenite gli errori Dotate il form di controlli real time che permettano di verificare immediatamente eventuali errori di imputazione (es. formato e-mail errato). In tutti i casi in cui il valore da immettere possa essere inusuale o fraintendibile, prevedete icone o link che presentino istruzioni a riguardo. • Date incentivi a chi vi dà maggiori informazioni Considerate l’opportunità di definire dei piccoli incentivi per chi vi dà maggiori informazioni. Nel caso di un e-commerce, per esempio, potete suggerire all’utente di compilare il campo data di nascita, a fronte di un’offerta speciale nel giorno del suo compleanno. • Ottimizzate e testate Il tuning è un’attività molto raffinata e strategica per la riuscita delle attività on-line. Tenete sempre monitorati i risultati e se avete dubbi sulla strategia testate diverse soluzioni su una o più variabili, per trovare il giusto mix. VIRALITÀ: E-MAIL E SOCIAL MEDIA Mettere gli utenti in condizioni di condividere le e-mail ricevute (DEM, newsletter etc.) o singole parti di esse con la propria rete può aiutarvi nella diffusione dei vostri contenuti. Ecco alcune idee per facilitarli: • Inserite il pulsante “Forward to a Friend” Mostrare un’identità chiara nelle pagine di servizio è importante, soprattutto quando chi vi atterra non vi conosce. Quando una newsletter viene “inoltrata” da un amico è importante comunicare immediatamente che chi sottoscrive riceverà informazioni solo da voi e non da terzi. Inoltre, è sempre bene consentire agli utenti di inoltrare l’e-mail a più di un amico, inserendo facilmente indirizzi multipli e ottimizzando così il potenziale virale delle vostre comunicazioni. Può essere una buona idea suggerire una frase standard personalizzata (per es. “Giovanni pensa che questo articolo potrebbe interessarti…”). • Non dimenticate il pulsante “Share with” Negli ultimi anni, la diffusione dei social network ha facilitato moltissimo la condivisione di contenuti aumentandone il potenziale virale. Inserite questi link non solo VoiceCom news 01.2011

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su tutta la comunicazione, ma anche nei singoli contenuti, facilitando gli utenti nella condivisione. • Ottimizzate per mobile La diffusione degli smartphone consente agli utenti di visualizzare l’e-mail in ogni luogo. Oggi l’ideale è creare una versione della newsletter per mobile, tenendo conto dei limiti dello schermo. In questi casi, per aumentare la viralità è bene posizionare i link di condivisione in alto, evitando all’utente di scendere oltre la barra di scroll. • Non dimenticate le e-mail transazionali Le e-mail transazionali sono spesso e-mail trascurate, nonostante abbiano i tassi di lettura più alti. Approfittate di questo tipo di comunicazione per proporre agli utenti eventuali sottoscrizioni ad altri programmi. • Inserite un form di opt-in dove possibile Verificate sempre che ci sia la possibilità di inserire un form di opt in all’interno della vostra fan page in qualsiasi social network (Facebook per esempio lo consente). Non è detto, infatti, che i vostri fan siano anche iscritti alle vostre liste. In ogni caso, per essere sicuri di incrementare la raccolta di indirizzi, è importante offrire agli utenti contenuti differenziati rispetto a quelli che già sono postati sulla bacheca. Solo in questo modo potete incoraggiare le persone a restare in contatto con voi attraverso più canali. • Postate anteprime e invitate alla sottoscrizione Ogni tanto potete anche scrivere dei post dedicati in cui invitate gli utenti a registrarsi a fronte di un servizio interessante, eventualmente mostrando esempi di newsletter e anticipando alcuni contenuti (per esempio con un link su Twitter o su qualche gruppo di discussione su Linkedin). L’opportunità e il modo con cui farlo dipendono molto dal vostro business, ma non dimenticate che i social media sono comunità che rispondono alla reputazione e all’autorevolezza. LA PRIVACY In Italia esiste una normativa sulla privacy, contenuta nel D.Lgs. n. 196/2003 che, recependo la normativa europea, stabilisce che non è in alcun modo possibile spedire comunicazione a indirizzi e-mail senza un consenso informato. Vale a dire che il destinatario della e-mail deve essere a conoscenza di chi detiene i propri dati e a quale fine li raccoglie. Inoltre, gli interessati devono essere messi in condizione di accedere ai propri dati in qualsiasi momento e di richiederne la cancellazione. Rispettare la privacy delle persone è obbligatorio per legge, ma è anche decisivo per garantirsi una buona reputazione e anche per il successo di una campagna di e-mail marketing. Spedire e-mail a chi non desidera riceverle è costoso e inutile. Non solo: peggiora il vostro tasso di affidabilità, come mittente, presso i provider: un utente che riceve posta indesiderata spesso la sposta nella cartella spam, senza disiscriversi da una lista, con il risultato di venire bloccati e

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non riuscire a comunicare il proprio messaggio. Ecco alcune best practice per rispettare nel modo più trasparente e funzionale la privacy degli utenti. • Non Comprate liste indirizzi da sconosciuti Meglio un database piccolo e ben profilato che liste di indirizzi comprate da terzi e mai verificate. Solitamente questi indirizzi a pagamento danno risultati molto scarsi, sporcano le vostre banche dati e, non ultimo, rovinano la vostra reputazione. In ogni caso, se proprio dovete farlo, chiedete conto a chi vende gli indirizzi di mostrarvi il consenso degli interessati. Diversamente, state rischiando molto. • Non prendete indirizzi dalla rete Anche prendere indirizzi dalla rete è sbagliato. Comunque vale la regola già espressa prima: non spedire a utenti posta indesiderata. Piuttosto concentratevi di più sulle attività di lead generation, la visibilità sui motori di ricerca etc. • Verificare che gli editori abbiano il consenso privacy degli interessati Anche nel caso di DEM esterne, quindi affitto di liste da editori, consigliamo sempre di richiedere chiarimenti contrattuali sulla raccolta del consenso privacy. • Mettete sempre il testo completo del trattamento privacy La policy di trattamento dei dati personali va sempre messa ed è obbligatoria: inoltre, metterla bene in evidenza è un buon modo per rassicurare gli utenti della propria serietà. Quello che non deve mai mancare nel testo è il nome del responsabile legale di questi dati e le finalità con cui vengono raccolti. • Verificate le leggi internazionali Le leggi per la privacy dei dati sono molto diverse da paese a paese. Quella italiana è una delle più severe, ciò non toglie che quando si fanno attività di digital direct marketing all’estero è opportuno documentarsi su quali sono le leggi in vigore in ciascuna singola Nazione straniera. • Non mettere flag di default L’attivazione di default al consenso dei dati personali, ovvero una check box già flaggata sul sì, è sempre fortemente sconsigliabile (anche se in molti lo fanno). Non va bene perché non esprime il consenso volontario dell’utente a iscriversi: deve essere lui stesso a spuntare la casella. Solo in questo modo abbiamo la sicurezza che la stringa sia stata letta e la sua volontà rispettata. Ovviamente la spunta sul sì deve essere obbligatoria per poter procedere all’iscrizione.

ELISA DE PORTU Marketing Manager, Diennea


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recensioni

“Nessuno di noi, alle prese con un testo scritto su computer o dispositivo mobile, legge parola per parola o riga per riga, quanto piuttosto scorre il testo in modo quasi anarchico, seguendo le regole dell’ipertestualità, guidato da colori, grafica, link e altro. L’occhio percepisce significati guardando una serie di elementi assemblati. Il redattore elettronico dovrebbe tenere a mente che sullo schermo non si legge, ma si guarda”.

L’avvento del mezzo digitale sta sconvolgendo i canoni classici letterari, grammaticali, di struttura e di stile ereditati dal passato, e la scrittura si sta trasformando, adeguandosi al cambio del mezzo. Come si scrive un articolo online? In che modo dobbiamo predisporre il nostro testo affinché venga “visto” dal più alto numero di utenti, nel mare della gigantesca massa di informazioni di internet? Come assemblare efficacemente testi, link, grafica e immagini? Come rendere le nostre composizioni ipertestuali

corrette ed efficaci? “Scrivere, linkare, comunicare per il Web” è una utile guida alla costruzione di contenuti per il Web. Destinato a giornalisti, giornalisti on-line, web-editor e a tutti i professionisti che realizzano contenuti per il Web, ma anche a neofiti e apprendisti, il libro aiuta a capire i meccanismi di trasformazione della scrittura da una dimensione cartacea a una digitale e ipertestuale. Nasce un nuovo modo di fare giornalismo e comunicazione: internet avvicina chi legge e chi scrive, i ruoli si mescolano e si ridefiniscono, la scrittura diventa sempre più dialogica con l’utente.

Diventa quindi fondamentale, per stare al passo, imparare le regole della grafica on-line, gli stili della “iper-scrittura”, la miniaturizzazione del testo digitale, l’importanza e la centralità della configurazione dei link e dei search engines. Passo dopo passo, l’autore ci spiega come fondere in modo equilibrato i contenuti audiovisivi con il testo e la grafica , per giungere alla fine al vero linguaggio dei multimedia, che contempera tutti gli elementi della comunicazione fissabili su uno spazio visibile definito. P.I.

TRA I CONSIGLI DI ENRICO PULCINI: Scrivere partendo dal concetto chiave Spezzare in più paragrafi il testo Trovare il giusto equilibrio tra le varie componenti multimediali Le composizioni devono essere asciutte, secche, utili Evitare lo scrolling La grafica è essa stessa contenuto e deve essere funzionale Inserire il testo in colonne per agevolare i movimenti del bulbo oculare Guidare l’occhio dell’utente Targettizzare l’utenza per generare un flusso di visite fidelizzate

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“A che forma di comunicazione ci stanno portando gli schermi elettronici? Probabilmente a linguaggi segnici e simbolici nuovi, che non hanno precedenti nella storia dell’umanità. Scrivere e comunicare per lo schermo implica un rapporto del tutto diverso con la composizione. Le forme linguistiche assomigliano sempre più a quelle del parlato. Nascono neolinguaggi digitali perciò i testi devono essere adattati e trasformati alla loro vita iper”.

Enrico Pulcini è giornalista professionista. Lavora al Giornale Radio Rai per il quale si occupa di economia e innovazione tecnologica. È uno dei pionieri in Italia del giornalismo su Internet. Ha insegnato giornalismo online presso la Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Roma “La Sapienza” ed è stato consulente per i nuovi media della Fnsi. Ha pubblicato diversi volumi. Il suo sito: www.enricopulcini.it. SCRIVERE, LINKARE, COMUNICARE PER IL WEB di Enrico Pulcini Edizione: Franco Angeli Prezzo: € 19,00 ISBN 13: 9788856835243

“L’iperscrittura è un nuovo modo di informare. L’obiettivo rimane lo stesso: comunicare”.

“L’ipertesto è cultura, non tecnologia: un metodo di composizione e di visione dei contenuti interattivo e, quindi, innovativo”. VoiceCom news 01.2011

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APPROFONDIMENTI

ICT LEGGERO COME UNA NUVOLA

CLOUD

COMPUTING TESTO - Simone Zanardi

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el mondo della tecnologia e dell’informatica periodicamente salgono alla ribalta termini che “fanno tendenza”, parole o concetti dei quali spesso si abusa per cavalcare l’onda di un successo o di una moda. In questi ultimi mesi la palma del termine più in voga spetta certamente al cloud computing, un concetto tanto abusato quanto delicato e difficile da definire con precisione. Cerchiamo di capire di cosa si tratta e quali sono i reali benefici che l’uso di questa tecnologia può portare a un’azienda. Il termine cloud computing fa rife-

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rimento a una modalità di fornitura di risorse informatiche basata su una rete, tipicamente Internet. Per comprendere meglio di cosa si tratta è utile fare un parallelo con le reti telefoniche o con la fornitura di gas ed elettricità: l’utente preleva le risorse in base alle proprie esigenze attingendole direttamente (senza necessariamente sapere dove si trovano effettivamente le centrali a cui è collegato), a fronte di un abbonamento a costo fisso o a consumo. Il concetto chiave su cui si basa il cloud computing è la possibilità di trasformare alcune procedure di ela-

borazione in un servizio, indipendente dal contesto e dagli utenti che ne fanno uso. Il termine inglese As A Service (letteralmente “come un servizio”) viene dunque sfruttato per identificare le diverse architetture che possono essere utilizzate nella creazione di un’offerta cloud. In base al servizio offerto abbiamo dunque soluzioni Saas (Software As A Service), Iaas (Infrastructure As A Service) e Paas (Platform As A Service). Avremo modo di dettagliare in questo articolo le differenze e le caratteristiche di queste tre modalità di fornitura, che però hanno in


Casi particolari di architetture cloud sono poi lo Storage As A Service e Database As A Service: entrambi puntano a fornire all’utente non una macchina virtuale completa, ma più semplicemente un sistema di gestione e memorizzazione dei dati.

comune un abbattimento dei costi e una serie di potenziali e importanti vantaggi per chi ne fa uso.. L’architettura cloud Software As A Service (Saas, Software come servizio) consiste nella fornitura di applicazioni attraverso la rete. Si tratta dell’opzione più conosciuta e che per prima si è diffusa sul mercato. Un esempio in questo campo sono i software antivirus online, o i servizi di e-mail in hosting, come il noto Gmail di Google. In un’architettura Saas il software può essere fornito dal produttore stesso (Google, nell’esempio appena citato) o da un fornitore terzo, che in ogni caso si occupa di gestire aggiornamenti e mantenere il software. I vantaggi di una soluzione Saas sono l’abbattimento dei costi di manutenzione e la possibilità di ridimensionare con semplicità la propria infrastruttura in base alle esigenze, senza doversi sobbarcare un forte investimento iniziale. L’approccio Saas, d’altro canto, può rendere difficile l’interazione tra le applicazioni fornite come servizio sulla rete con quelle che risiedono al di fuori del cloud, ad esempio all’interno dell’azienda. Platform As A Service (Paas, Piattaforma come servizio) è invece un modello in cui il fornitore del servizio offre al suo cliente una vera e propria piattaforma di sviluppo con cui creare le applicazioni e i servizi necessari all’azienda. Si tratta sostanzialmente di una suite di sviluppo nel cloud, con strumenti di programmazione, test, debug e deployment, in cui anche tutte le macchine necessarie a far girare questi applicativi sono gestite dal fornitore del servizio. Si tratta di

una soluzione più radicale e potente, ma anche più rischiosa poiché crea una sostanziale dipendenza nei confronti del fornitore. Infatti in caso di passaggio a un altro provider la migrazione può essere complicata e onerosa. Esempi di piattaforme Paas sono Microsoft Windows Azure o Google App Engines. Le soluzioni Infrastructure As A Service (Iaas, Infrastruttura come servizio), prevedono infine la fornitura di tutta l’infrastruttura aziendale, dai server, ai dispositivi di rete: un parco macchine che resta residente presso il provider, ma è accessibile in remoto attraverso il cloud. Le macchine possono essere reali o, più spesso, virtuali (non ci dilungheremo qui sul concetto di virtualizzazione). In ogni caso comprendono generalmente la licenza del sistema operativo, di cui si fa carico il fornitore. Il vantaggio principale dell’architettura Iaas è la scalabilità: le macchine virtuali possono crescere in potenza e risorse in base alle esigenze del cliente, anche con procedure automatiche di potenziamento nei momenti di sovraccarico. Inoltre, il cliente può pagare in base al consumo, ad esempio con una tariffa oraria che varia a seconda delle caratteristiche dell’hardware richiesto. Lo svantaggio è che in alcuni casi la gestione dell’ecosistema software è a carico dell’utente (installazione e manutenzione delle applicazioni, tra l’altro). Un esempio di servizio Iaas è Amazon EC2. Casi particolari di architetture cloud sono poi lo Storage As A Service e Database As A Service: entrambi puntano a fornire all’utente non una macchina virtuale completa, ma più

semplicemente un sistema di gestione e memorizzazione dei dati. Nel caso dello storage si tratta essenzialmente di una Iaas limitato a una spazio di storage online, mentre il database è una vera e propria piattaforma di archiviazione e management di dati organizzati messa a disposizione in modalità Paas. L’abbattimento dei costi è dovuto principalmente a due fattori: da un lato l’abbassamento delle spese legate all’hardware (server, storage, apparati di sicurezza), al software (licenze software, aggiornamenti) e alla gestione e amministrazione dei medesimi. Un altro fattore di risparmio è la possibilità di pagare il servizio in base all’uso che se ne fa, riducendo così i costi fissi: un’azienda che necessita di risorse in un determinato periodo evita così di dover investire in apparati e applicativi che dopo poco tempo possono essere sovradimensionati o addirittura inutili. È anche possibile modulare la capacità e la potenza dei servizi in base alle proprie esigenze, per gestire ad esempio picchi di produzione. Come abbiamo già avuto modo di dire, il cloud computing prevede la fornitura di un servizio attraverso una rete. Questa non è necessariamente Internet, ma può trattarsi anche del network privato dell’azienda. Le aziende che sfruttano un cloud privato non sono soggette all’interruzione del servizio qualora ci siano problemi di connettività verso Internet. Il cloud pubblico, d’altro canto, offre una versatilità e una potenza di distribuzione molto maggiore. Visti i vantaggi e le caratteristiche peculiari di entrambi gli approcci, spesso può essere interessante l’utilizzo di VoiceCom news 01.2011

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un’architettura a cloud ibrido, in cui alcune risorse sono gestite sulla rete locale e altre su Internet. Il cloud computing non presenta però solo vantaggi: adottare una soluzione di questo tipo richiede infatti un’attenta analisi delle proprie esigenze e, soprattutto, la corretta determinazione di quali servizi e applicazioni vale la pena spostare effettivamente sulla “nuvola”. La prima criticità di un sistema cloud è legata proprio a Internet, e in particolare alla connettività di cui si dispone. Nonostante gli sforzi compiuti negli ultimi anni, l’Italia non è certo uno tra i paesi più virtuosi in termini di efficienza della rete a banda larga: oltre a numerosi piccoli comuni non ancora raggiunti dal broadband, la qualità delle linee Adsl non è sempre impeccabile. A tal proposito ricordiamo che l’utilizzo del cloud computing sfrutta in modo intensivo la connessione a Internet non solo in downlink (trasferimenti dal Web verso la rete locale), ma anche in uplink (dalla Lan a Internet). L’Adsl (Asymmetric Digital Subscriber Line, linea digitale asimmetri-

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ca) per sua stessa natura privilegia il downlink all’uplink. Spesso quindi si trovano sul mercato soluzioni di connettività con molta banda disponibile per i trasferimenti verso la rete privata, ma poca in senso opposto (il classico esempio sono le Adsl a 7 Mbps in downlink e 384 Kbps in uplink). Le aziende che ne avessero la possibilità dovrebbero quindi optare per accessi di buona qualità in entrambi i sensi o, ancora meglio, per tecnologie di connessione simmetriche come l’Hdsl o la fibra ottica. È bene anche dotarsi di una linea di backup che subentri in caso di guasti su quella principale; in questo ambito sono molto interessanti le soluzioni che sfruttano le reti cellulari di ultima generazione (3/4G) per connessioni senza fili in fail-over alle cablate tradizionali. Importante è poi verificare l’affidabilità del servizio dove i dati vengono ospitati. Tutti i fornitori di soluzioni cloud dispongono ovviamente di procedure di backup e ripristino (oltre che della cifratura dei dati), ma in caso di contenuti particolarmente critici una soluzione ibrida potrebbe rivelarsi la scelta migliore.

Ultime, ma non meno importante, sono le opzioni che permettono all’utente di abbandonare un servizio di cloud qualora si ritenesse insoddisfatto o decidesse semplicemente di far rientrare i propri dati su infrastruttura tradizionale: i meccanismi di passaggio ad altro fornitore o di ripristino in locale devono permettere queste operazioni in modo quanto più possibile semplice ed economico.

SIMONE ZANARDI Ingegnere delle Telecomunicazioni, collaboratore di PC Professionale


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approfondimenti

Le informazioni mediche su internet SONO SEMPRE ATTENDIBILI? COME COMPORTARSI?

TESTO - Antonino M. Grande

La medicina ha fondato la sua lunga storia sempre sulle scoperte scientifiche: dai primi studi anatomici, per studiare la struttura e le funzioni dell’organismo, allo stetoscopio, ai raggi X, alla Risonanza magnetica e la robotica. I medici hanno sempre accolto le nuove tecnologie per migliorare la cura dei propri pazienti, ma niente ha permesso di cambiare la pratica clinica in modo rivoluzionario come Internet: fino agli anni novanta le tecnologie e le scoperte scientifiche sono sotto il pieno controllo dei medici, invece, nell’era Internet sono anche nelle mani dei pazienti, ridefinendo il rapporto medico / paziente ed i loro rispettivi ruoli. Difatti, l’informazione tradizionalmente passava dal medico al paziente con la descrizione della natura di una malattia, del suo decorso e delle possibilità di intervento; il paziente poteva, poi, ricevere ulteriori informazioni da familiari e conoscenti, spesso in forma aneddotica, su persone che avevano affrontato problemi similari. Ora con un computer al Web, entrare in un motore di ricerca come Google o Yahoo, ed il materiale informativo che si può catturare è praticamente illimitato: nozioni mediche, diapositive di congressi, pubblicità più o meno occulte di tecniche o medicinali, filmati di interventi, linee guida per varie patologie. La quantità di informazioni è in continuo aumento esponenziale, basti pensare che digi-

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tando, sul motore di ricerca Google, la parola “Cancer”nel gennaio 2004 si ottengono 28 milioni di collegamenti, nell’anno successivo 82 milioni, che salgono a 299 milioni nel febbraio di quest’anno. La domanda di informazioni mediche in Internet si ritiene rappresenti, in ordine di frequenza, il terzo argomento richiesto da coloro che navigano nella rete1. Inoltre, le informazioni ottenute influenzano le decisioni terapeutiche successivamente adottate in circa il 70 % dei casi. Si comprende l’importanza di avere informazioni affidabili e di sapersi destreggiare tra le miriadi di siti che si incontrano. Molteplici studi hanno permesso di evidenziare che la qualità delle informazioni è spesso piuttosto scarsa2 ,3 e, d’altronde, seguire consigli sbagliati può essere molto pericoloso. Ad aggiungere ulteriore confusione sono le continue informazioni trasmesse dai mass media. Una rapida successione di esempi: la sostituzione ormonale riduce il rischio di malattia cardiovascolare nelle donne in menopausa, fino a quando uno studio più recente non afferma il contrario evidenziando un incremento del rischio di tumore al seno; una colazione abbondante è fondamentale per diminuire l’apporto calorico quotidiano, quando un altro recente studio afferma esattamente il contrario; contrariamente a quanto affermato universalmente, un importante studio, effettuato da Taylor F e coll.4, ha concluso che le statine (le statine sono farmaci che inibiscono la sintesi del colesterolo endogeno), se somministrate a scopo profilattico in soggetti senza sintomi cardiovascolari, non hanno un’azione preventive. Esaminiamo ora le spese per le statine: 20 miliardi di dollari ogni

anno, di cui circa la metà non necessaria. Ne deriva che le comunicazioni in rete sono svariate, difficili da controllare e devono essere considerate attendibili solo dopo adeguati controlli dei siti ove vengono lette. Nella Tab. I sono indicati i principali accorgimenti da prendere quando si leggono informazioni mediche in rete. È fondamentale controllare le generalità e le credenziali del sito, l’URL, sospettare se è del tipo commerciale. Importante il costante aggiornamento del sito, l’eventuale presenza di testimonianze di pazienti che sono a favore delle terapie proposte e, soprattutto, diffidare se non sono segnalati effetti collaterali. Facile cadere in siti a dir poco disonesti, come già rilevato da uno studio di oltre 10 anni su siti per informare sul trattamento della febbre in età pediatrica: su 41 siti identificati, 31 erano pubblicitari e gli altri curati da medici di famiglia, cliniche ed organizzazioni educative; tutte le informazioni sono state analizzate e confrontate con i trattamenti consigliati dalle linee guida delle società mediche: solo un decimo dei siti è risultato attinente alle linee guida, molti davano consigli anche pericolosi (ad esempio, somministrazione di acido acetilsalicilico in infanti), fornendo anche erronee informazioni su come rilevare la temperatura5. Del tutto simili i risultati conseguiti da McClung6 sull’analisi di siti che danno informazioni sul trattamento della diarrea nel bambino: su 60 siti, solo il 20 % presentava indicazioni in accordo con le linee guida della American Academy of Pediatrics. Tuttavia, il patrimonio di notizie presenti in rete non deve assolutamente andare perduto, si deve unicamente educare il pubblico a “navigare a vista” senza prendere come veritiere tutte le notizie acquisite. Si pensi a pazienti che si sono visti proporre un intervento chirurgico e

che, invece, dopo un’accurata ricerca sul Web sono riusciti a scoprire altre possibilità terapeutiche del tutto valide. Dall’altra parte, dopo la diagnosi di una malattia, vi è chi cerca freneticamente tutti i sintomi e le manifestazioni e ne risulta particolarmente colpito sul piano psicologico, entrando in un profondo stato depressivo. Cosa dire degli ipocondriaci: in questo caso la rete risulta estremamente pericolosa ed evidenzia, nel contempo, la necessità di un continuo dialogo con il proprio medico di fiducia, instaurando un rapporto che renda possibile avere il tempo di parlare, chiedere e ricevere spiegazioni, consigli adatti alla persona e che nel Web, naturalmente, non si possono ottenere. Consideriamo i casi di malattie non curabili ove possono essere indicate terapie del tutto irrazionali e contrarie ad ogni principio farmacologico, ad esempio: diete macrobiotiche per la cura di un Linfoma aggressivo, terapia iperbarica per la cura

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TAB. I. CONSIGLI PER VALUTARE LA SERIETÀ DEI SITI CHE AFFRONTANO PROBLEMI MEDICI Verificare chi ha ideato il sito, se è realmente un esperto nel settore e presenta credenziali valide e, soprattutto, presenta un indirizzo e-mail di un responsabile. Controllare l’URL (Uniform Resource Locator ) è una sequenza di caratteri che permette di identificare la posizione di un oggetto su Internet, il tipo di dominio, ad esempio: .edu = educational institution; .org = non – profit organization; .com = commercial enterprise;.gov = governmental body; .mil = military body. Le pagine del sito sono aggiornate, datate? Notare quando è stato effettuato l’ultimo aggiornamento. Dubitare immediatamente se vengono permessi acquisti vari sul sito, se sono presenti testimonianze favorevoli al trattamento proposto, se non vengono indicati eventuali effetti collaterali del trattamento. Verificare su PubMed (www.pubmed.org ) se effettivamente esistono le cure proposte in altri siti. PubMed è il database del National Institute of Health degli Stati Uniti per articoli scientifici e medici, contenendo citazioni da 4.600 giornali statunitensi e di altri 70 paesi. Oltre 12 milioni di citazioni sono disponibili, si usa come un motore di ricerca cercando le parole chiavi dell’articolo visto, il nome del medico, della patologia e della particolare terapia cercati.

dell’AIDS, tisane di cardo mariano (un fiore) per l’epatite cronica ed altre false terapie. Purtroppo, le notizie false si propagano nella rete con una velocità impressionante: una volta che si giunge su un sito che dà spazio ad una comunicazione infondata, vi sono decine di link (collegamenti) che portano su altri siti che la confermano con altre testimonianze ed affermazioni di sanitari e pazienti7 . Cosa dire, poi, della vendita di farmaci che possono essere del tutto fasulli oppure pericolosi per la salute, come nel caso di ormoni acquistati on line da culturisti. Come si è detto all’inizio, Internet ha profondamente cambiato il rapporto medico – paziente i pazienti contattano per e-mail altri medici, specialisti in altre parti del mondo, ricevendone spesso risposte anche esaurienti. Ma inviare una e-mail è ovviamente diverso dal contatto diretto con il proprio medico: oltre alla perdita dell’immediatezza, la risposta può ritardare di qualche giorno, la comunicazione può essere

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alquanto fredda mancando il tono della voce, i mutamenti del volto, degli occhi in particolare, le lacrime che possono accompagnare una discussione di vitale importanza per il paziente. La fiducia, la speranza di una cura possono essere carpite solo dal colloquio. Nel ciberspazio informazione e conoscenza sono alla portata di tutti, sempre con le dovute cautele sopra riportate, ma il rapporto con il proprio medico di fiducia non dovrà mai essere perso in quanto questi rappresenta la persona che, alla luce della propria esperienza, deve consigliare e guidare il paziente ad affrontare la malattia sfruttando nel migliore dei modi le opportunità offerte da Internet. NOTE 1 Fox S, Rainie L. Vital decisions. How Internet users decide what information to trust when they or their loved ones are sick. 2002 Pew Internet and American Life Project; May 22. 2 Biermann JSGGJ, et al. Evaluation of cancer information on the Internet. Cancer 2000; 86:381-390. 3 Lee CT, et al. Bladder cancer facts: accuracy of information on the Internet. J Urol 2003;

170:1756-1760. 4 Taylor F et al. Statins for the primary prevention of cardiovascular disease. Cochrane Database of Systematic Reviews 2011, Issue 1. Art. No.: CD004816. DOI: 10.1002/14651858. CD004816.pub4. 5 Impacciatore R, et al. Reliability of health information for the public on the World Wide Web: Systemic survey of advice on managing fever in children at home. Br Med J, Clinical research Edition, 1997; 314: 1875-1879. 6 McClung HJ, et al. The Internet as a source for current patient information. Pediatrics 1998; 101:e2. 7 Sunstein CR. On rumor: how falsehoods spread, why we believe them, what can be done. New York: Farrar, Straus & Giroux, 2009

ANTONINO M. GRANDE Dirigente Medico di Primo Livello, Divisione di Cardiochirurgia, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia


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approfondimenti

VANTAGGI E PARADOSSI

L’era telematica per i commercialisti TESTO - Gabriele Santalini

Telematica (o teleinformatica): telecomunicazione al servizio dell’informatica; strumento utilizzato al fine di inviare informazioni digitalizzate (file). Ebbene sì, siamo nell’era telematica e mi reputo abbastanza fortunato di avere consolidato la mia attività di Commercialista nel nuovo secolo. Rimango spesso sbalordito quando con curiosità ascolto qualche collega dalla grande esperienza che mi racconta come si compilavano manualmente i vari modelli e le code di ore e ore che si facevano agli sportelli per presentare la documentazione cartacea. Sembra preistoria, ma in realtà l’invio telematico è nato nella seconda metà degli anni ’90.

LA LOGICA Il processo di telematizzazione di tutti gli adempimenti fiscali (es. dichiarazione dei redditi) e civilistici (es. deposito bilancio di società di capitali) è un processo lungo e inesorabile. La logica è quella di una effettiva utilità degli adempimenti stessi. Il nostro sistema fiscale si basa sull’autodichiarazione e autoliquidazione delle imposte. Questo vuol dire che la Pubblica Amministrazione chiede ai contribuenti di dichiarare i propri redditi, calcolarsi le relative imposte e versarle. Qualora vi sia un rapporto di lavoro dipendente, queste funzioni vengono demandate al datore di lavoro che infatti assume la funzione di “sostituto d’imposta”. Alla Pubblica Amministrazione quin-

di rimane solo il compito di verificare la correttezza formale e sostanziale degli adempimenti ricevuti. Provate ad immaginare soltanto a tutte le dichiarazioni dei redditi di tutti i contribuenti italiani (persone fisiche e società). Pensate ad avere i modelli cartacei sparsi nei vari uffici sul territorio nazionale. Ora il vostro compito è quello di verificare che siano corrette e che nessuno abbia versato meno imposte del dovuto. Risultato? Impossibile! Al massimo si può procedere a campione e quindi si tralascia la maggioranza dei contribuenti e poi, quanto costa dedicare uomini e risorse a questo compito? A volte costa più di quanto si riceve in maggiori imposte da versare. VoiceCom news 01.2011

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Grazie al “telematico” tutti i dati vengono trasmessi direttamente dal contribuente o dall’intermediario incaricato (commercialista) e sono subito disponibili e verificabili dal sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate. Ad esempio si invia la dichiarazione dei redditi e il sistema legge quante imposte il contribuente deve versare. Se il versamento telematico coincide col dovuto, tutto procede per il meglio altrimenti si riceve una comunicazione di irregolarità. L’osservazione più importante è che queste verifiche vengono fatte direttamente da un software senza l’utilizzo di risorse umane (ad eccezione per la manutenzione del sistema stesso). Di converso non abbiamo risolto il problema più grosso: chi verifica la correttezza del contenuto delle di-

chiarazioni? Non esiste (per fortuna) alcun software che possa sostituirsi al cervello umano però l’informatica può aiutarci notevolmente. L’idea è che più comunicazioni si inviano con modalità telematica e più sarà semplice incrociare dati e verificare incongruenze per poi agire con il personale addetto sui casi più evidenti. In questo senso parlavo di processo inesorabile. Per esempio dal 2009 è fatto obbligo per le società di capitale di presentare il bilancio in Camera di Commercio in formato Xbrl. Cosa significa? Significa che prima di allora i bilanci si presentavano sempre telematicamente (quindi non era necessario presentarsi fisicamente negli uffici)

però veniva consegnato un semplice file PDF. Se utilizzo uno strumento intelligente come l’invio telematico e poi trasmetto un documento che è come se fosse una fotocopia statica, si ripropone il problema del cartaceo: chi controlla? Il formato Xbrl è un file da cui si possono ricavare i dati in automatico: il software “legge” il bilancio e ne comprende il contenuto. A questo punto la società avrà presentato, il bilancio, la dichiarazione, i modelli F24 per il pagamento delle imposte, il modello Intrastat per l’acquisto e la cessione di beni e servizi effettuati tra Stati membri della Comunità Europea. Tutti questi dati se correttamente compilati dovranno essere coerenti tra loro: se così non fosse ecco che scatta un “alert” che ver-

Grazie al “telematico” tutti i dati vengono trasmessi direttamente dal contribuente o dall’intermediario incaricato (commercialista) e sono subito disponibili e verificabili dal sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate.

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rà gestito dal personale competente. RISOLTA L’EVASIONE FISCALE? A questo punto la domanda sembra lecita: se è tutto informatizzato, se i controlli sono automatici, se vengono evidenziate le eventuali incongruenze, perché abbiamo ancora una percentuale di evasione fiscale tra le più alte d’Europa? Innanzitutto allo sforzo degli operatori del settore, quali i commercialisti, nell’adeguarsi a queste tecnologie non corrisponde un pari sforzo della Pubblica Amministrazione ad ottimizzare gli strumenti di verifica. In altre parole molti dei controlli incrociati che potrebbe essere utile effettuare non vengono ancora svolti in attesa delle necessarie implementazioni informatiche. Altro elemento fondamentale è l’evasione totale: i soggetti più dannosi per l’economia e la società del nostro Paese non si preoccupano certo dei controlli incrociati dato che non inviano alcun documento informatico e risultano completamente sconosciuti all’erario. Questo è il tipico caso in cui la tecnologia e i sistemi informativi possono fare veramente poco: occorre un lavoro investigativo esercitato da personale competente della Pubblica Amministrazione. I COSTI Come tutte le operazioni di larga scala anche la telematizzazione degli adempimenti fiscali e civilistici ha avuto un costo. Pensate soltanto allo sforzo di dover cambiare un modo di lavorare di tutti gli operatori fiscali. Se a questo aggiungete che non tutti i commercialisti sono giovanissimi e “masticano” computer e software da mattina e sera, capirete quanto sia stato difficile sviluppare l’intero sistema. Considerate anche che le case software hanno dovuto adeguare tutti i loro programmi al fine di ottenere il file telematico così come lo pretende l’Amministrazione Pubblica. Immaginate infine le ore e ore di corsi di aggiornamento che i commercialisti, ma anche gli addetti dei pubblici uffici, hanno dovuto svolgere in apposite sedi per prendere dimestichezza con questa nuova procedura. Il passaggio è stato dunque tutt’altro

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che indolore, ma oggi possiamo godere dei relativi vantaggi. I BENEFICI Sicuramente una volta appresa la tecnica vi è un notevole miglioramento del flusso di lavoro. Praticamente oggi il commercialista riesce a svolgere l’80% degli adempimenti fiscali e civilistici senza dover uscire dal proprio studio. Questo si traduce ovviamente anche in un minor costo che il commercialista addebita al proprio cliente. Altro vantaggio è la comodità di una ricevuta telematica: inviato qualsiasi documento si riceve in breve tempo la relativa ricevuta. Essendo tutto telematico è praticamente impossibile smarrire quello che una volta si consegnava a mano su un foglio di carta con un numero di protocollo e una data a volte poco leggibili. DEGENERAZIONE Abbiamo analizzato la logica, i costi e i benefici del sistema telematico però ciò che nasce con un preciso intento migliorativo della vita sociale di tutta la comunità, se male utilizzato, può degenerare in qualcosa di negativo. Ho cercato di dare una visione esterna del fenomeno di telematizzazione degli adempimenti, ma consentitemi per un attimo di riprendere la veste di commercialista e fare alcune osservazioni meramente pratiche. L’era telematica a conti fatti ha trasferito un’ingente mole di lavoro dalla Pubblica Amministrazione agli intermediari (commercialisti, consulenti del lavoro, ecc.). Questo significa che parte del lavoro che veniva espletato dai dipendenti pubblici oggi viene fatto dai commercialisti. Qui si apre una questione anche economica: se un lavoro viene tolto a Tizio per affidarlo a Caio ci si aspetta che anche la relativa remunerazione faccia lo stesso percorso. La realtà è che oggi i commercialisti si caricano sempre più di incombenze che fino a qualche anno fa rientravano nelle mansioni degli addetti dell’Agenzia delle Entrate, della Camera di Commercio, dell’Agenzia delle Dogane, dell’Inail, dell’Inps e chi più ne ha più ne metta. E la remunerazione? Nessuna. In teoria all’aumentare degli adem-

pimenti aumenta anche la parcella del professionista che li svolge, ma in realtà non è così facile spiegare o far accettare al cliente che una semplice apertura di partita Iva costa di più perché ci si impiega il triplo del tempo a predisporre la pratica così come la pretendono i differenti uffici. La seconda questione, legata alla prima, è come vengano utilizzate le risorse umane “liberate” da quegli adempimenti ora svolti dai commercialisti. La pratica correttamente compilata e inviata telematicamente dallo studio del commercialista viene recepita automaticamente dal sistema informatico e l’intervento umano è previsto solo nei rari casi di errori o incongruenze nella compilazione dei modelli. Da grande ottimista quale sono, voglio pensare che tutto il personale liberatosi da questi adempimenti venga utilizzato a fini nobili come il contrasto all’evasione. Se così non fosse ci troveremmo nel paradosso in cui il contribuente paga, tramite le proprie imposte, il personale pubblico per l’espletamento di una pratica e successivamente paga anche un commercialista per lo svolgimento del medesimo lavoro. Questa è sicuramente la più grande degenerazione del sistema telematico e solo attraverso una lungimirante strategia condivisa con tutti gli operatori si può sanare. IL BUON SENSO Tutte le migliori idee se prive di buon senso si trasformano in pessime realtà. Facciamo un esempio: un contribuente chiede al proprio commercialista di versare le imposte tramite modello F24. Il commercialista oltre a farsi firmare tutte le autorizzazioni del caso deve: • Generare il modello F24 con apposito software • Generare il file telematico con altro software “per intermediari” • Autenticare il file telematico con ulteriore software (il famoso Entratel) • Spedire il tutto sul sito dell’Agenzia delle Entrate • Attendere ricevuta • Scaricare la ricevuta • Autenticare la ricevuta (sempre tramite Entratel) • Abbinare la ricevuta al modello


“Oggi il commercialista riesce a svolgere l’80% degli adempimenti fiscali e civilistici senza dover uscire dal proprio studio” originariamente trasmesso • Archiviare il tutto. Questi i passi per un semplice versamento di imposte. Naturalmente ogni adempimento ha regole diverse, passaggi diversi, a volte software e siti internet diversi. Proviamo a fare un breve elenco degli strumenti telematici a disposizione del commercialista: • Entratel • Fedra • Dike • Comunica • StarWeb

• F24 on line • F24 on line per intermediari • Intr@web • Controllo UniEmens • Il sito dell’Agenzia delle Entrate • Il sito dell’Agenzia delle Dogane • Il sito dell’Inps • Il sito dell’Inail • Il sito di Telemaco Sicuramente ne ho saltati alcuni. Ora considerate che ogni software necessita di aggiornamenti periodici che nulla hanno a che fare con la semplicità e automatismo del classico

aggiornamento di Windows: occorre andare sul sito, verificare se c’è una nuova versione, scaricarla e seguire diverse modalità operative a seconda del software. Come se non bastasse alcuni software e siti in ottemperanza della normativa sulla sicurezza informatica, prevedono che ogni 90 giorni venga sostituita la password di accesso. A questo punto voi capirete che occorre decidere se continuare a fare la professione di commercialista oppure ripiegare a fare il perito informatico per assicurarsi il corretto funzionamento dell’invio telematico. Questo è il classico caso in cui si è perso di vista il buon senso. CONCLUSIONI Ho voluto illustrarvi l’utilizzo della telematizzazione nell’ambito della professione di commercialista con un po’ di ironia, ma sollevando anche questioni serie e ampi margini di miglioramento. Sono convinto che l’era telematica debba essere accettata con benevolenza da tutti perché porterà benefici diretti e indiretti a tutta la collettività, non di meno auspico una integrazione delle procedure volta a semplificare gli adempimenti. Il sogno sarebbe di arrivare ad un unico software ed un unico portale internet per comunicare qualsiasi adempimento nei confronti della Pubblica Amministrazione. Se da una parte è vero che il buon cittadino è colui che compie i propri doveri, è sicuramente vero che il buono Stato è quello che mette i propri cittadini nelle migliori condizioni per poterlo fare.

GABRIELE SANTALINI Dottore Commercialista, studio@santalini.it

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scenari

EVOLUZIONE TECNOLOGICA E TELECOMUNICAZIONI Quale banda per il futuro?

TESTO - Roberto Saracco

Il sistema delle telecomunicazioni è figlio delle invenzioni di molti attori, da Bell a Meucci, Strowger, Ericsson, Viterbi, Kao… e tantissimi altri ricercatori che nel tempo hanno dedicato il loro ingegno alla creazione di un sistema di comunicazione artificiale che nel giro di 150 anni ha cambiato radicalmente il mondo annullando le distanze. La capacità innovativa non ha rallentato la sua corsa e se si va ad osservare nel microcosmo dei sistemi di comunicazione scopriamo nuovi laser che

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continuano a moltiplicare la capacità di trasmissione sulle fibre ottiche (abbiamo superato i 6 .000 miliardi di bit al secondo con tempi di latenza che arrivano ormai vicini ai limiti fisici imposti dalla velocità di propagazione dello spettro elettromagnetico), nuovi sistemi di codifica dell’informazione su sistemi radio (siamo ormai vicini al limite di Shannon e già si intravvedono nuovi meccanismi di trasmissione e ricezione cooperativa che consentiranno di aggirare questi limiti) e tanto altro.

Anche a livello di investimenti tecnologici la corsa non si è fermata, sia in quei paesi una volta definiti del terzo mondo e che ora stanno rapidamente affiancando i paesi sviluppati (in Cina si attivano ogni mese 10 milioni di nuovi clienti radiomobile, 8 in India) sia in quelli in cui le telecomunicazioni hanno raggiunto una penetrazione vicina al 100% delle case, sul fisso, e al 100% delle mani, sul mobile. Il tema in questi ultimi è il passaggio da infrastrutture in rame ad infrastrutture ad altissima capacità in fibra, che per inci-


L’evoluzione nelle telecomunicazioni non è più guidata dai progressi nelle reti e nelle tecnologie di rete ma da quanto avviene ai bordi della rete.

so portano a minori costi di gestione e minori consumi energetici. Tuttavia, in questi ultimi anni, anche se per i più attenti i primi segnali vanno cercati nell’ultima decade dello scorso secolo con la massificazione di internet e l’esplosione del mobile, si sta assistendo ad un fenomeno nuovo. L’evoluzione nelle telecomunicazioni non è più guidata dai progressi nelle reti e nelle tecnologie di rete ma da quanto avviene ai bordi della rete. Ed è di questo che voglio trattare in questo articolo. LA SOGLIA ESTREMA: NOI Spesso mi sento domandare: quanta banda serve? Se si guarda al passato, quando siamo passati da 300 baud (molti, molti anni fa…) ai 16kbps e poi a 30 e 54kbps e in cui alcuni pensavano che a quel punto la banda fosse sufficiente (il video era inesistente….) e poi ancora a quando alcuni avevano connessioni a 1 Mbps mentre la maggior parte delle persone usava ancora il dial up e guardava ai pochi fortunati come al traguardo finale, verrebbe da dire che la banda non basterà mai, più ce n’è più se ne userà e sembrerà sempre limitata. In realtà credo che questo non sia vero. Quello che ci “serve” dipende dalla percezione che abbiamo e questa dipende dal cervello, è un elemento cognitivo, non fisico. Se il mio Mac risponde visualizzando la lettera che ho premuto sulla tastiera in 1 millisecondo o in 100 millisecondi la cosa mi è indifferente in quanto i miei sensi non sono in grado di apprezzare la differenza. Se, però, il mio eBook reader impiega mezzo secondo, orrore, a voltar pagina per il tempo di

refresh del sistema eInk, mi accorgo del ritardo e mi viene voglia di qualcosa che sia più veloce. In questo senso credo si possa affermare che nel momento in cui la banda disponibile equivale a quella che noi possiamo ricevere ed elaborare abbiamo raggiunto il limite. Quanta banda riusciamo a percepire? Grossolanamente è possibile fare una stima. I nostri occhi hanno una risoluzione equivalente di circa 8Mpixel, ne abbiamo due e quindi siamo in grado di ricevere una banda intorno ai 100 Mbps (16 Mpixel significa 8 volte la definizione di un televisore HD). Tuttavia i nostri occhi non stanno mai fermi e con i loro movimenti (saccadici) scansionano un quadro visivo molto maggiore e che è quello che il nostro cervello vede. Quindi a livello cerebrale possiamo dire di essere in grado di acquisire una banda intorno ai 400 Mbps. Il senso del tatto, con analoghi ragionamenti, arriva a “consumare” quasi 100 Mbps. Udito, olfatto, gusto e senso del self non arrivano tutti insieme neppure ad un Mbps. Possiamo quindi dire, grossolanamente, che una banda di 500 Mbps rappresenta il limite di quello che possiamo percepire (in realtà questa banda può essere ridotta di un 50% senza che uno si accorga della differenza grazie a piccoli trucchi). Se, quindi, avessimo disponibile una rete che ci offre 500 Mbps questa sarebbe equivalente ad una che ne offra 50 Gbps, dal nostro punto di vista. Questo è un primo risultato interessante.

DALLA RETE A NOI I bit che scorrono nella rete sono… invisibili ai nostri sensi. Per poterli percepire occorre avere dei trasduttori e questi si chiamano schermi, altoparlanti, aromatizzatori, accelerometri ecc. Siccome abbiamo visto che la stragrande maggioranza della banda che percepiamo è legata al senso della vista possiamo considerare l’evoluzione dei sistemi di visualizzazione per stimare con buona approssimazione quale sia la banda che può essere effettivamente fruita in un certo istante. Oggi i migliori schermi mass market sono quelli HD con 1920 per 1080 righe, cioè 2 Mpixel. Ad una risoluzione di 2 Mpixel corrisponde una banda massima per il trasporto di 16 Mbps (in realtà la maggior parte dei broadcaster utilizza sistemi di compressione che praticamente dimezzano questa banda con una riduzione di qualità non eccessiva, ma percepibile). Sono già disponibili in Giappone schermi 4k, con una risoluzione di 8 Mpixel (equivalente al ns occhio) e per questi la banda per il trasporto sale a circa 70 Mbps (anche qui accettando una piccola riduzione di qualità possiamo dimezzarla). Per risoluzioni maggiori, 8k cioè 32 Mpixel equivalenti a quello che il nostro cervello percepisce occorrerebbero 150 Mbps, ma per questi schermi occorre aspettare la prossima decade. La visione 3D raddoppierebbe la richiesta di banda, ma con le tecnologie attuali, anche quelle più sofisticate, l’effetto 3D viene ottenuto alternando i quadri e quindi lasciando immutata la quantità complessiva di informazioni trasmesse. I sistemi olografici sono ancora di là da VoiceCom news 01.2011

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venire e per tutta questa decade non si prevede diventino un prodotto mass market. Pensando ad un ambiente domestico in cui si abbia una fruizione in parallelo su più schermi e tenendo conto di fattori di distribuzione statistica dei consumi di banda siamo comunque ben sotto i 100 Mbps oggi, e sotto i 500 Mbps in questa decade per abitazione, ipotizzando oggi una fruizione contemporanea di 2 canali HD, nel 2015 2 canali HD e uno Super HD e nel 2020 di 2 HD, 2 Super HD e 1 Ultra HD. A tendere, sembra ragionevole ipotizzare una banda di 2 Gbps per casa in un contesto in cui gli schermi diventano soluzioni architettoniche di arredamento (simulando ad esempio delle grandi vetrate su una spiaggia tropicale o su un giardino botanico, un safari in Africa, Times Square in diretta…). Ci si colloca però intorno al 2030 quando saranno diffusi schermi a parete basati su nanotecnologie con prezzi paragonabili a materiali per edilizia. Un discorso parallelo va fatto per l’evoluzione nella densità dei pixel sugli schermi in quanto questa avrà un forte impatto sulla richiesta di banda sul mobile. Già oggi siamo arrivati a schermi (come l’iPhone 4 con tecnologia Retina) con una definizione di oltre 300 punti al pollice, superiore alla capacità di risoluzione del nostro occhio. Con i futuri schermi in tecnologia NED, Nano Emissive Display, si potrà arrivare a definizioni di 1000 punti al pollice. Questo accoppiato a sistemi di lenti (tipo quelle brevettate da Philips basate su liquidi a rifrattività variabile) permetterà di vedere lo schermo di un telefonino ingrandito, dando l’impressione di essere di fronte ad uno schermo da 20 pollici. Ovviamente la banda richiesta salirà al livello di quella richiesta da un laptop. Peraltro la diffusione dei tablet, ormai iniziata, aumenta la richiesta di banda in mobilità. NON CI SIAMO SOLO NOI… Il ragionamento fatto fino a questo

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punto ha tralasciato completamente l’utilizzo delle infrastrutture di comunicazione da parte di altri soggetti … non umani. Già oggi questo porta ad una sottostima: si pensi ai 6 milioni e più di telecamere di sorveglianza attive in Inghilterra, il che significa un 10% rispetto ai cittadini inglesi. Queste sono “accese” 24 ore al giorno mentre una persona è connessa per circa 5 ore (televisione, internet, telefono…) e quindi pur tenendo conto che la banda di ciascuna è contenuta (in genere risoluzione limitata e bianco e nero) siamo ad un traffico paragonabile quantitativamente a quello generato dalle persone. In prospettiva sembra ragionevole ritenere che ci sarà un’equivalenza tra numero di persone e numero di telecamere in termini di traffico (se ne ipotizzano ad esempio una per ogni auto) in quanto molte di queste saranno utilizzate in locale e non genereranno quindi traffico verso la rete. Meno rilevanti in termini di traffico, ma significativi in termini di transazione gestite dalla rete, saranno i sensori. Già oggi sono decine i sensori presenti nelle abitazioni anche se questi in genere non sono collegati alla rete. Nei prossimi anni ci si attende che il numero di sensori cresca in modo esponenziale e soprattutto che una buona percentuale di questi inizi ad essere collegato via rete. Il progetto CENSE di HP, un sistema nervoso per la Terra, immagina mille miliardi di sensori presenti a fine decade e di questi un centesimo saranno collegati in rete, il che significa 10 miliardi di sensori rispetto a 7,5 miliardi di persone al 2020. Parte di questi sensori saranno simbiotici con il nostro corpo, in grado di rilevare piccole variazioni al nostro “funzionamento” in modo da segnalare anomalie al nostro medico. Verso fine decade, inoltre, lo sviluppo della genetica porterà ad una scheda sanitaria che contiene il nostro DNA ed un certo numero di medici-

ne sarà sviluppato ad hoc sulla base del DNA di ciascuno. Questo richiederà sistemi di monitoraggio (tramite sensori embedded nella medicina stessa) che dialogano con centri di controllo per determinarne efficacia e posologia. In generale possiamo dire che nel settore della comunicazione tra sensori e in generale tra macchine attraverso una rete non si pongono particolari problemi di banda (questi sono legati sostanzialmente alla trasmissione di video). Esistono ovviamente eccezioni come ad esempio il trasferimento delle gigantesche quantità di dati prodotte dall’LHD (Large Hadron Collider al Cern che produce qualche TB al giorno), ma queste sono risolte con sistemi ad hoc (fibre dedicate, reti di ricerca quali GEANT in Europa o GENI in USA, in corso di evoluzione per gestire Tbps di traffico). LE NUOVE RETI Come rispondono gli Operatori a queste domande che arrivano dall’esterno, ai nuovi terminali in grado di utilizzare bande dell’ordine dei 10 Mbps e di una diffusione capillare del mobile che in alcuni paesi diventa anche il principale sistema di accesso ad internet? Ovviamente con un inserimento di nuove tecnologie, fibre e radio, nelle loro reti che nel tempo porteranno ad una quasi totale sostituzione delle attuali reti in rame e sistemi radio a bassa capacità. Ci sono molte discussioni su quale possa essere la migliore architettura per una rete di nuova generazione nell’accesso e parte di questi ragionamenti sono influenzati dal tipo di prodotti disponibili. Dal punto di vista di un Operatore è ovvio che i grandi investimenti da effettuarsi debbano per prima cosa garantire che la domanda dei prossimi 10-20 sia soddisfabile dalla infrastruttura che si va a costruire. Nel momento in cui questo è vero en-


trano in gioco altri parametri, quali il costo realizzativo, il costo di gestione, la flessibilità che offre… Ora, un’analisi della domanda potenziale porta ad una conclusione interessante e cioè che a livello servizi residenziali qualunque infrastruttura in fibra è a prova di futuro. Questo spinge quindi un Operatore a focalizzare l’attenzione sui costi realizzativi e su quelli di gestione. Tenendo conto di questi la scelta architetturale cade sulle GPON e sulle loro evoluzioni (sistemi multiLamba). E questo è quello che sta accadendo in gran parte delle realizzazioni in corso. La GPON, Gigabit Passive Optical Network, riduce l’ingombro in centrale (in quanto una singola attestazione di fibra serve 64/128 terminazioniabitazioni) e riduce anche il consumo energetico (questo dipende in buona parte dal numero di terminazioni e quindi nel caso di GPON in centrale occorre alimentare un’unica termi-

nazione per servire 64/128 clienti). Inoltre a livello di distribuzione è sufficiente trovare spazio per una singola fibra piuttosto che a un centinaio e questo permette di utilizzare sistemi di minitrincea, un solco inferiore a dieci centimetri al posto di uno di mezzo metro. Se oggi la GPON fornisce una banda di 2,5 Gbps a metà 2011 fornirà 10 Gbps per poi salire nel 2015 a 40 Gbps e a superare i 100 negli anni successivi. Con queste capacità si riesce a fornire una banda di 100 Mbps (statisticamente parlando) per cliente e nel tempo a garantirla, cosa che si renderà necessaria man mano che i clienti utilizzeranno in modo più intenso la connettività. In questo incremento di capacità non occorre sostituire la fibra, quella che si posa oggi andrà bene anche tra venti anni, ma solo le terminazioni, un pezzetto simile ad una presa che potrà essere spedito a casa dei clienti per una sostituzione

autonoma, così come oggi si cambia una lampadina. Per fine decade si prevede una fornitura di un Gbps a cliente e questo, come abbiamo visto, eccede la richiesta di banda “digeribile” dalla singola persona (500 Mbps) e anche, statisticamente parlando, quella di una abitazione. È quindi un sistema a prova di futuro.

ROBERTO SARACCO Direttore Future Centre, Telecom Italia

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COSA POSSIAMO FARE CON UNA BANDA ILLIMITATA? Se ci fossimo chiesti cosa sarebbe possibile fare introducendo un giroscopio in un telefonino credo che ben pochi sarebbero arrivati a compilare una lista con più di dieci servizi. Oggi esistono decine di migliaia di servizi che sfruttano l’accelerometro da quello che trasforma il telefonino in una livella a quello che stima il numero di calorie consumate nella giornata a quello che suggerisce il dosaggio di insulina per i diabetici all’altro che rileva la qualità di guida dell’auto. Questa premessa è necessaria per dire che la risposta alla domanda è da intendersi più in termini di suggestioni che non in termini fattuali e certamente non è da considerare in termini esaustivi. CONDIVISIONE FOTOGRAFIE FILMATI Tutti noi ormai scattiamo centinaia di fotografie e filmiamo sempre più momenti delle nostre esperienze in ogni vacanza il che significa qualche GB di dati. Trasferire un GB di dati su una connessione ADSL richiede circa 3 ore (con la migliore connessione disponibile, in quanto si deve tener conto dell’uso dell’upstream che nel migliore dei casi ha una velocità intorno ad 1 Mbps). La stessa quantità utilizzando una GPON può essere fatta in meno di due minuti. Come esempio pratico nelle recenti vacanze di Natale ho “prodotto” 8 GB di dati, il che significherebbe quasi una giornata di occupazione della linea ADSL di casa per il loro trasferimento ad un amico. GIOCHI IN RETE Si stanno diffondendo giochi multigiocatore, e lo vediamo in Corea del Sud dove la richiesta di fibra viene trainata da questi, in cui ciascun giocatore ha da tre a cinque schermi HD attorno a sé che gli consentono di entrare percettivamente nel gioco. Questo richiede una banda di circa 10 Mbps per ogni schermo, siamo quindi intorno ai 30-50 Mbps per ogni giocatore. Impossibile senza la fibra.

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REAL TIME GOOGLE EARTH Credo che tutti abbiano provato almeno una volta il fascino di navigare sulle immagini raccolte dal satellite di tutta la superficie terrestre e rese disponibili con un livello di dettaglio che arriva al metro tramite Google Earth. Nei prossimi anni l’aumento di telecamere presenti in tutto il mondo fornirà una copertura quasi totale di tutte le aree più interessanti del mondo. Avremo allora la possibilità di sovrapporre alle foto satellitari le visioni “live” prese dalle telecamere presenti in quella zona opportunamente depurate da informazioni sensibili, come ad esempio il riconoscimento di persone che si trovino sotto l’occhio della telecamera. Dal salotto di casa potremo collegarci con quel posto in cui i leoni vanno ad abbeverarsi e che avevamo visto per pochi minuti durante il safari. Ora sarà disponibile quando lo vogliamo. Alcuni posti saranno talmente interessanti, per noi, da essere visti in continuità tramite finestre virtuali. Quante? Difficile a dirsi, probabilmente si inizierà nel 2015 con una in cui useremo il televisore collegato ad internet che abbiamo comprato oggi, anziché buttarlo visto che a quella data ne acquisteremo uno in standard 4k, e così via. Banda? 10 Mbps per “finestra” fino al 2020, poi 70 Mbps quando le “finestre” diventeranno 4k (per la sostituzione dei televisori acquistati dal 2015 in poi. VIRTUAL REAL MASH UPS La disponibilità di collegamento video in tempo reale ad una varietà di ambienti svilupperà servizi di mash ups applicabili a diversi contesti dal gioco all’education, dal turismo a studi di marketing. Un esempio per tutti: come oggi è possibile usare Flight Simulator utilizzando il reale tempo meteo della località in cui si sta effettuando il volo e ascoltare le voci dei piloti che stanno atterrando su quell’aeroporto infilando il nostro aereo in uno slot di atterraggio disponibile (simulato, ovviamente!) così domani un Need for Speed darà la possibilità di fare corse pazze e gimcane sul traffico vero sulla quinta avenue a New

York così come è in quell’istante (i crash saranno fortunatamente sempre simulati e le auto sulla quinta avenue saranno all’oscuro delle nostre evoluzioni…). La banda? Una decina di Mbps estensibile fino a 150 a fine decade con l’avvento dei nuovi schermi immersivi. COMUNICAZIONE OLOGRAFICA L’olografia fotografica è stata inseguita per anni e … siamo ancora all’inseguimento. Sono stati risolti i problemi di cattura dell’immagine e del loro trattamento, ma non è ancora stato risolto in modo soddisfacente quello della loro riproduzione. Sappiamo però che qui si tratta di qualche centinaio di Mbps. Quello che è disponibile oggi sono dei sistemi olografici con una dimensione intorno ai 10-20 cm usati da case farmaceutiche per la progettazione al computer di nuovi farmaci (sostanze curative e vettori). Il progettista vede le molecole nello spazio tridimensionale e studia come farle combaciare. Questo processo è estremamente complesso e viene semplificato dalla possibilità di vedere lo spazio tridimensionalmente. Per il 2015 è ragionevole pensare ad una disponibilità in ambiente scolastico e anche nelle case per aiutare l’apprendimento di concetti di fisica e chimica, per la geometria e alcune parti dell’analisi oltre che per l’arte. Nel momento in cui questi inizieranno ad entrare a livello residenziale non è strano immaginare uno Skype olografico… Più in la nel tempo la disponibilità di smart materials che consentono di controllare la refrattività di strati di qualche micron di polimeri permetterà la realizzazione di ologrammi con dimensioni sempre maggiori. Siamo però nella terza decade di questo secolo se l’immaginazione ci porta all’holodeck dell’Enterprise. E la banda passa dalle decine di Mbps richieste dai sistemi di oggi a qualche centinaio per quelli di dopodomani. Aumenterà quindi la domanda di banda, ma la stessa fibra di oggi sarà in grado di soddisfarla agevolmente e continueremo a chiederci, allora come oggi, “come possiamo sfruttare questa banda?”


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formazione

FRONT-OFFICE D’ECCELLENZA IL BIGLIETTO DA VISITA DI UN’AZIENDA VINCENTE

TESTO - Petra Invernizzi

CASO 1: UFFICIO POSTALE Dopo aver pazientemente atteso il nostro turno, ci presentiamo allo sportello con il nostro numerino. Ci avviciniamo e diciamo: ‘Buongiorno’. (Silenzio.) ‘Devo inviare questa busta’. (Silenzio.) ‘Mi può fare una ricevuta?’. (Smorfia). ‘Grazie e arrivederci’. (Silenzio.) Uscendo speriamo di non dover tornare troppo presto a fare altre commissioni in quell’ufficio. CASO 2: MEDIA STORE Compriamo un prodotto digitale che dopo pochi mesi, ancora in garanzia, smette di funzionare. Lo portiamo nel negozio dove ci dicono che ci vorrà un mesetto. Dopo tre mesi e decine di solleciti ce lo sostituiscono con uno nuovo. Andiamo furiosi a ritirarlo e ci imbattiamo in un simpatico e sorridente commesso che ci lascia sfogare quel che basta e poi chiede scusa a nome del negozio e ridendo ci ricorda che, tutto sommato, dovremmo essere contenti perché abbiamo un prodotto nuovo di zecca. Usciamo sorridendo e, se prima di entrare a ritirare il prodotto avevamo giurato di non rimettere mai più piede in quel posto, ora non avremmo problemi a tornarci. Entrambe sono situazioni realmente accadute. Entrambi sono casi di front-office. Il primo caso, quello delle poste, un front-office decisamente inefficiente. Il secondo è un front-office d’eccellenza.

Quante volte ci è capitato di chiedere informazioni a uno sportello/reception e sentirci rispondere seccamente o in modo maleducato? Quante volte ci è capitato di chiamare un’azienda per delle informazioni e cogliere irritazione nella voce del centralinista oppure non ricevere risposta adeguata alle nostre richieste? Quante volte siamo entrati in un negozio e l’atteggiamento di un commesso ha fatto sì che non tornassimo più? E come ci siamo sentiti di fronte a tali atteggiamenti? Cosa abbiamo pensato dell’organizzazione che sta dietro questa “facciata”?

Queste esperienze, e pensandoci si potrebbero fare infiniti esempi, sono la testimonianza di quanto sia importante un front-office eccellente. MA COS’È ESATTAMENTE IL FRONT-OFFICE? Il front-office consiste nell’insieme delle strutture di un organizzazione che gestiscono l’interazione con il cliente. A volte si tende a confondere il concetto di front-office, identificandolo esclusivamente con il servizio di assistenza. Esso è invece, in prima

istanza e soprattutto, il luogo di accoglienza dei clienti, dove l’obiettivo non è solo soddisfare le loro esigenze, ma anche trasmettere una buona impressione. Si tratta pertanto di un lavoro che comporta responsabilità di relazione, d’iniziativa, di organizzazione e di presa di decisione. Il front-office è lo spazio in cui il cliente viene a contatto con la nostra azienda, e la prima impressione che ne riceve influirà sulle sue decisioni (o meno) di acquisto, sulla sua fiducia e fidelizzazione. Per questo, VoiceCom news 01.2011

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FRONT OFFICE VS BACK OFFICE Il Front-Office (o Front line) è la “facciata” dell’azienda, il lato visibile alla clientela e a contatto diretto con quest’ultima, come la reception, il centralino, l’ufficio marketing, il supporto clienti o il servizio post-vendita. Il Back Office, invece, indica l’insieme delle parti di una struttura alle quali l’utente finale non ha accesso. Si tratta delle sezioni che si occupano dei processi interni dell’azienda, quali ad esempio produzione, logistica, contabilità, ufficio risorse umane, etc.

un’azienda deve assicurarsi che l’immagine che sarà trasmessa al (potenziale) cliente sia la migliore possibile. Quanto detto è di fondamentale importanza per una azienda privata, ma non di meno lo è – o dovrebbe essere - per la Pubblica Amministrazione. Il front-office si contrappone al back office e insieme a quest’ultimo costituisce il cuore di una organizzazione. Il rapporto tra le due sezioni dell’azienda, separate e per certi versi contrapposte, ma comunque complementari, deve essere caratterizzato da una costante comunicazione bidirezionale. Solo in questo modo il gruppo di lavoro potrà dare il massimo dell’efficienza. Il FRONT-OFFICE INCLUDE DIVERSE FIGURE PROFESSIONALI Fondamentalmente si tende a sintetizzare il front-office come il lavoro quotidiano delle persone addette al ricevimento (reception) e al centralino. In realtà, esso può includere, nei diversi settori, numerose figure professionali: in un’azienda, ad esempio, oltre alla reception e al centralino, le divisioni marketing e vendite; nella Pubblica Amministrazione troviamo l’Ufficio per le Relazio-

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FRONT OFFICE E BACK OFFICE Back Office e Front Office non sono realtà del tutto separate. In un’azienda vincente, difatti, i due settori dovrebbero costantemente scambiarsi informazioni al fine di un miglioramento organizzativo continuo. Il front office dovrebbe sempre conoscere i diversi processi e lo stato dei lavori dei prodotti/servizi offerti. Viceversa, il back office dovrebbe sempre essere informato di eventuali problemi riscontrati dai clienti, dei commenti sui prodotti, delle esigenze riscontrate, tutti feed-back che solitamente riceve proprio il front office.

ni con il Pubblico e, più in generale, i vari sportelli; nel settore turistico si va dal ricevimento (figura-chiave delle strutture ricettive) al centralino, alla portineria, la cassa e la segreteria; nei siti web, gli strumenti per le informazioni e la consulenza verso l’esterno. ATTIVITÀ PRINCIPALI IN UN FRONT-OFFICE Il front-office (sia di persona, sia tramite telefono) di un’azienda può svolgere diverse attività relativamente al rapporto con la clientela: ricezione; ascolto finalizzato al rilevamento dei bisogni; informazioni e indirizzamento; assistenza; vendita; …. Per quanto riguarda le Pubbliche Amministrazioni, i servizi di accoglienza e informazione (sia telefonica, sia online, sia tramite sportello), sono fondamentali, in quanto assistono i cittadini nella comprensione delle procedure richieste per l’accesso ad un determinato servizio/diritto e nell’individuazione dell’ufficio competente preposto per l’erogazione di tale servizio/diritto. Il front-office nella PA, dunque, diventa fondamentale strumento per la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica e per l’accessibilità ai loro diritti, nel rispetto di quel tanto invocato principio

di trasparenza. E un front-office eccellente sicuramente servirebbe a contribuire al raggiungimento dei canoni di efficacia ed efficienza, previsti dalle diverse normative in vigore destinate alla Pubblica Amministrazione. SKILL CHE UN FRONTOFFICE D’ECCELLENZA DEVE POSSEDERE Chi lavora nel front-office deve saper accogliere e trattare in modo impeccabile il cliente, sia al box di ricevimento sia al telefono. Inutile dire quindi che una certa professionalità degli operatori addetti a tale compito è indispensabile. Escludendo cortesia ed educazione nei confronti della clientela (che non consideriamo capacità bensì qualità che dovrebbero essere implicite in qualsiasi lavoratore di qualsiasi settore) e un aspetto curato (anch’essa caratteristica che ci si aspetterebbe in qualsiasi reparto e funzione), ci sono alcune attitudini che l’operatore di front-office dovrebbe possedere o acquisire. Tra queste, indispensabili sono attenzione al cliente, prontezza nel fornire risposte e nel prendere decisioni, precisione, costante aggiornamento in merito ai prodotti/servizi offerti, chiarezza espositiva. Queste skill toccano alcune macro aree formative che si possono così riassumere: Comunicazione: comunicare efficacemente deve essere l’obiettivo di qualsiasi front-office. Non bisogna mai dimenticare che “Noi comunichiamo ciò che gli al-

tri capiscono, e siamo quindi gli unici responsabili del risultato della comunicazione”. Gestione dei rapporti interpersonali: c’è chi è più accondiscendente e chi meno, chi esterna maggiormente e chi è più chiuso. Un’analisi degli stili interpersonali e dei conseguenti accorgimenti da prendere con le varie tipologie di persone cui ci troviamo di fronte, sicuramente aiuta ad assumere l’atteggiamento più consono al fine di rapportarsi nel modo più opportuno, entrare in empatia ed interagire più efficacemente, e le probabilità di una comunicazione efficace aumentano notevolmente. Problem solving e tempestività di reazione: occorre individuare in modo rapido l’eventuale problema o situazione di conflitto, analizzarne le cause raccogliendo dati oggettivi, per poi applicare una serie di tecniche codificate prestabilite per trovare le migliori soluzioni nel rispetto delle aspettative ed esigenze del cliente. Negoziazione e gestione di contrasti e conflitti: l’atteggiamento ideale è cercare con l’altro le sinergie ottimali al fine di perseguire la reciproca soddisfazione. Gestione dello stress: lo stress riduce la serenità, l’efficienza e la produttività e influisce sulle relazioni con chi ci sta di “fronte”. Ogni addetto deve saper gestire correttamente qualsiasi tipo di relazione con il cliente si presenti, cercando di non perdere mai il controllo della situazione. VoiceCom news 01.2011

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Eppure, studi scientifici dimostrano che bastano solo sette secondi per inquadrare una persona quando la incontriamo per la prima volta. E l’impressione che riceviamo rimarrà nella nostra memoria almeno per i due anni successivi.

LA FORMAZIONE DEL FRONT-OFFICE Nelle imprese, come nella PA, l’importanza fondamentale del primo contatto fornito dall’azienda spesso è trascurata o sottovalutata. È così che voci annoiate e distratte, quando non addirittura svogliate e aggressive, visi disinteressati, accigliati ed ostili accolgono, talvolta, gli interlocutori al primo contatto con l’organizzazione. Proprio per questo motivo, il ruolo degli addetti al front-office non solo andrebbe tenuto in grande considerazione, ma anche perfezionato, attraverso una sensibilizzazione dell’atteggiamento degli addetti e un miglioramento delle loro tecniche di comunicazione e gestione dei rapporti interpersonali. Un comportamento sbagliato, che a volte si riscontra nei vertici di un’organizzazione, è la tendenza a sottovalutare il ruolo del personale front-office, concentrando le risorse destinate alla formazione prevalentemente in altri settori, quali ad esempio l’amministrazione, la comunicazione, il marketing… Al contrario, un investimento in formazione del front-office può rivelarsi molto vantaggioso in quanto consente di aumentare l’efficacia e l’efficienza delle relazioni con la clientela e porta, di conseguenza, ad una maggiore soddisfazione dei clienti e ad un rafforzamento dell’immagine stessa dell’organizzazione.

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Un buona formazione per gli addetti front-office si sviluppa prevalentemente su due fronti: reception/ rapporto vis-à-vis e centralino/ comunicazione telefonica. Occorre innanzitutto sensibilizzare il personale sull’importanza del proprio ruolo, in particolare in relazione all’immagine aziendale. Per quanto riguarda il rapporto “di persona”, occorrerà evidenziare gli aspetti relativi alla comunicazione contestuale all’accoglienza del cliente: i gesti e le parole che facilitano il contatto, i tre canali della comunicazione (parola, tono e gesto), il linguaggio del corpo, la centralità della voce e dell’aspetto fisico, l’ascolto, lo sguardo. Di altrettanto rilievo sarà poi la focalizzazione su come affrontare le situazioni difficili e gli interlocutori aggressivi, e come gestire i conflitti che possono scaturire. Un Cliente telefona e vi dice: “Ho un problema” oppure “Mi trovo in difficoltà”. Probabilmente rispondete: “Di che problema si tratta?”. La risposta non è sbagliata, ma ce n’è una migliore. Questa: “Lei si è rivolto alla persona giusta. Mi dica quali sono i suoi problemi e vedremo che cosa si può fare per risolverli”. Anche la qualità del rapporto telefonico con i clienti è data da una

serie di fattori. Al telefono occorre trasmettere e garantire professionalità, nonché rapidità, precisione e affidabilità nel fornire informazioni. Per creare un clima di fiducia, ed entrare in sintonia con l’interlocutore, è bene conoscere almeno alcune regole della comunicazione telefonica: ad esempio i segnali deboli, le parole ed espressioni positive e le frasi da evitare, il controllo di voce – tono – volume - ritmo, le cause di irritazione per chi chiama, la gestione di obiezioni e reclami, nozioni di marketing telefonico. In ultimo, da non dimenticare quando si telefona è il sorriso: perché anche se chi ci sta parlando non è davanti a noi, il sorriso rende la nostra voce più gradevole.

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attualità

La Grande Muraglia geopolitica UN MONDO IN FERMENTO TESTO - Paolo Della Sala

Scorrendo una carta geografica, si può notare che gran parte dei conflitti mondiali si svolge lungo una fascia orizzontale che va all’incirca dal 10 parallelo nord fino al 40°. Agli estremi si trovano Colombia e Venezuela da un lato, Afpak, Indocina e Coree dall’altro. Nell’occhio del ciclone si trovano le nazioni arabe, alle prese con diversi fattori di crisi: a) le rivolte antidispotiche nel Maghreb e in Iran; b) il conflitto tra sciiti iraniani e sunniti sauditi (nello Yemen, nel Bahrein, in Oman, nel nordest dell’Arabia). La Cina e l’India al momento non sono toccate dall’ondata riformatrice che sta abbattendo un Muro che è durato più di quello di Berlino, ma la Cina teme che la rivolta di piazza Tienanmen possa ripartire in tutto il territorio metropolitano, e teme anche le rivolte regionali, in Tibet e nel Turkestan orientale, popolato dagli uighur di etnia turca e di religione musulmana. Ovunque si combatte il dispotismo, nato in nazioni post coloniali grazie al gruppo sociale più forte, costituito da militari e burocrati di regime. Il pericolo dell’integralismo è limitato dal fatto che nel Maghreb i new media e le tv satellitari hanno esportato l’idea di società in cui religione e politica sono separate. Quasi sempre si tratta di Paesi produttori di idrocarburi. Invece di crea-

RETE RIBELLE Ormai tutto il Medio Oriente è in preda a sollevazioni popolari, quando non è di peggio, come il caso attuale della Libia. Ma esiste un rapporto fra i cosiddetti Social Network, la Rete, e tutto quello che sta avvenendo fra queste popolazioni in fermento, alla ricerca di nuove formule di governo e, ci si augura tutti, di una nuova e partecipata democrazia? Se sì, è positivo o negativo il ruolo che viene loro delegato di soluzione tecnologica utile a movimenti rivoluzionari? In realtà i Social Network, come Facebook o Twitter, sono ormai divenuti importantissimi strumenti di comunicazione e di informazione, e no, probabilmente non servono a fare la rivoluzione, servono invece a diffondere idee, a promuovere innovazione. L’impegno e i legami con i moti di rivolta, in verità non sono né previsti né permessi. Al contrario il Web 2.0 è un mezzo capace di fare comunicare nella vita reale persone, mondi e culture, che altrimenti non si sarebbero mai incontrate. Comunque mi pare corretto sottolineare il fatto che nella Rete, questo vento di rivolta che coinvolge soprattutto le giovani generazioni, abbia trovato l’informazione e gli aggiornamenti utili a comprendere i vari accadimenti.Tanto per fornire un esempio, in Libia è stato proprio Twitter a stabilire il primato delle informazioni passate attraverso la Rete, mentre per le informazioni televisive a tutto campo solo Al Jazeera International è stata in grado di fare fronte al moltiplicarsi degli eventi, tutto ciò in barba alle maggiori testate occidentali. In ogni caso, per avere notizie chiare e certificate, i punti di riferimento affidabili sono Reuters, la già citata Al Jazeera e, in Italia, Peace Report. Infatti, la cosa fondamentale resta la certezza e l’affidabilità delle fonti, soprattutto a fronte di un giornalismo partecipativo e di condivisione con i vari utenti. L’unica vera arma di cui disponiamo per comprendere quanto sta succedendo è una informazione costantemente aggiornata e preparata all’evoluzione dei fatti. Ovviamente le connessioni internet sono nel frattempo state tagliate, le compagnie di telefonia mobile libiche hanno cominciato a singhiozzare, ma Google ha fornito dei numeri di cellulare ove inviare sms tramutati in tweet. I rivoltosi hanno potuto comunicare attraverso degli hashtag, come #Libya,#Feb17…o #Bengasi, #Tripoli…, un modo creato appositamente, e seguito anche tramite Google Maps, per comprendere cosa stava accadendo, e dove e come stavano avvenendo gli scontri. In questo contesto anche lo staff di New Media Al Jazeera ha creato una dashboard ed un apposito monitoraggio sui tweet. Così, anche noi siamo qui, allarmati e in attesa, fra il rischio di radiazioni dovute al nucleare giapponese, alla sete di petrolio arabo, alle accise sulla benzina per dare soldi alla cultura (quelli tagliati), agli sbarchi che stanno per il momento soffocando Lampedusa. Ma poi? Unità di crisi? Nucleare? Clandestini o profughi? Da spargere in siti di controllo fra tutte le regioni? Da pagare affinché tornino a casa loro? Lo storico americano Robert Darnton ha detto che “una falsa coscienza del passato ci porterebbe a farci credere che la comunicazione non abbia una storia, o che prima della televisione o di internet non sia successo niente di importante.” M.A.

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re sviluppo, la rendita latifondista dei pozzi di petrolio, unita agli interessi dei monopolisti cinesi, russi e occidentali, ha contribuito al mancato sviluppo del libero mercato, frenando la crescita anche al nord del Mediterraneo, dove l’Italia potrebbe approfittare di una macroregione dove l’interscambio e il progresso economico darebbe nuovi sbocchi ai nostri prodotti, destinati a mercati ricchi. In altri casi, si tratta di crisi geopolitiche più complesse, come nell’area compresa tra Iran e Afganistan-Pakistan. GUERRA FREDDA SINO-OCCIDENTALE Recentemente si sono avute conferme delle ricchezze contenute nel sottosuolo della valle dell’Helmand, in Afganistan, dove si trova un tesoro di tremila miliardi di dollari in Terre rare, 17 minerali strategici utilizzati in ogni campo dell’elettronica, dai cellulari alle auto ibride, dai missili ai monitor. Fino a pochi anni fa il 97% della produzione di questi metalli era fornito dalla Cina a prezzi

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bassi. Di conseguenza gli Stati Uniti e altre nazioni avevano abbandonato le proprie miniere –scarsamente produttive. Nel 2009 la Cina ha avviato un programma di drastica riduzione dell’export di questo materiale strategico, e di conseguenza il mondo hi tech è entrato in fibrillazione, almeno finché non si sono avute conferme sui giacimenti afgani, che però si trovano in una provincia controllata storicamente dai talebani. Nelle vicende afgane affiora poi il Grande Gioco tra Occidente e Cina. Uno degli obiettivi non dichiarati della missione in Afganistan è il contenimento dell’espansione cinese: l’Afganistan è infatti un corridoio verso gli idrocarburi dell’Iran, un alleato in pectore di Pechino. Il generale Carlo Jean, sull’ultimo numero della rivista Aspenia, ha sintetizzato i possibili scenari di questo confronto. Il primo è Cindia, alleanza vincente in teoria ma impossibile in realtà, tra India e Cina. Vi è poi Cinrussia -l’accordo strategico con la Russia già avviato con la Shangai

Cooperation Organization. Un altro scenario possibile è Cinislam, accordo in funzione antioccidentale tra Cina confuciana e alcune nazioni islamiche, un’ipotesi di Samuel Huntington, teorico dello “Scontro di civiltà”. Vi è infine Chimerica, considerato lo scenario più probabile da Carlo Jean, il quale ritiene che -dopo la competizione per il controllo dei mercati e delle fonti energetiche globali- America e Cina troveranno la soluzione in un duopolio. Nel frattempo, la nuova Guerra Fredda prosegue ovunque. IL QUADRO IN ALCUNE NAZIONI ALGERIA Le rivolte rischiano di riproporre quanto visto nella Cina di piazza Tienanmen e nell’Iran del Movimento verde, dove è iniziato il movimento islamico per la libertà. In Algeria infatti ogni manifestazione è stata soffocata dal regime militare di cui il presidente Bouteflika è solo l’espressione formale. La Coordination


Mentre siamo in uscita con la rivista, la rivolta si sta estendendo anche in Siria, Yemen, Costa d’Avorio, Giordania e Bahrein. Sotto l’egida dell’Onu, e dopo varie peripezie ed equilibrismi, con comando Nato è stata avviata l’operazione nei confronti della Libia, denominata Odissea all’alba o Alba dell’odissea. Nella speranza che non debba durare vent’anni, come il viaggio di Ulisse… nationale pour le changement et la démocratie ha finora fallito e decine di militanti sono stati arrestati. Il presidente della Ligue algérienne pour les droits de l’homme Yahia Abdennour ha proposto invano di manifestare ogni sabato, finché la protesta non diventi di massa. Il tentativo di replicare il modello francese di welfare è drammaticamente fallito, anche se il socialismo nato al tempo della guerra contro la Francia ha reso forte il movimento sindacalista. Ma i sindacati autonomi non fanno altro che ricorrere allo sciopero e alla contrattazione, mentre il punto è politico: corruzione, repressione delle minoranze come quella dei Cabili, persecuzioni religiose ai danni di integralisti islamici e dei cristiani. Il socialismo algerino è più vicino al marxismo che alla socialdemocrazia. In politica estera l’opposizione è nettamente antiamericana e antiisraeliana. Pertanto in Algeria non c’è una protesta giovane e deideologizzata, ma un movimento legato ai partiti tradizionali, peraltro controllati e limitati. In questo modo l’opposizione si connota ancora in un modo vecchio: come antioccidentale, anticapitalistica, antiisraeliana, mentre il problema è politico e interno alla nazione. In questo modo l’opposizione algerina non dimostra di essere capace di gestire il cambiamento, mentre il vicino Marocco - con una monarchia di modello inglese - cresce a ritmi notevoli. Inoltre la protesta ha perso i fondamentali appoggi all’estero, a partire da quello di Parigi. Gli europei finora hanno ottenuto vantaggi dalla tirannia militare-burocratica, con speculazioni inter-Stati, avviate dai governi e gestite da imprese monopoliste. Sarà dura cambiare lo stato delle cose, laggiù.

ARABIA SAUDITA Dopo i malumori per l’alluvione di Gedda, il vento della protesta ha soffiato il 24 febbraio, quando hanno manifestato i giovani che chiedono riforme alla monarchia Saudi, e gli sciiti del nordest, dove vivono due milioni di sciiti. Il giorno seguente a Gedda ha manifestato il gruppo Jeddah Youth for Change. In questo caso si tratta dello stesso tipo di proteste cui abbiamo assistito in Tunisia ed Egitto. I Saudi sono legati alla teologia salafita: le donne non possono guidare l’auto, il controllo sui mezzi di comunicazione è soffocante e fuori dal tempo. Del resto se i Sauditi perdessero il controllo, sarebbe un disastro mondiale: il petrolio andrebbe alle stelle e gli americani perderebbero le principali basi aeronavali, in Bahrein nel golfo Persico, e tra Oman e golfo di Aden, da dove si controllano le rotte navali tra Oriente, Suez e Atlantico. IRAN Persino il presidente turco Gul, in visita a Teheran, si è schierato con gli oppositori, nonostante la Turchia stia intessendo legami e affari col regime dei pasdaran. Le milizie Basiji continuano a sparare sui giovani del Movimento verde. Arrestati i leader dell’opposizione, Mussavi e Karrubi. Nel contempo l’Iran si è dotato di una base navale permanente in Siria, cioé a due passi dall’Europa, dal Libano, da Israele. L’Occidente e la comunità internazionale non riescono a bloccare il programma atomico iraniano, destabilizzante per tutto il mondo. L’unica soluzione efficace è avvenuta al di fuori dell’ormai irrilevante diplomazia ufficiale (affondata definitivamente dal caso Wikileaks), tramite l’utilizzo di Stuxnet, un virus informatico che ha provocato un lun-

go stop all’arricchimento di uranio, necessario per attivare le centrali. Da più parti si è detto che il virus è stato gestito da mani israeliane, ma è probabile che ci sia anche la mano degli americani. LIBIA La Libia era divisa in tre nazioni -Cirenaica, Fezzan, Tripolitania- fino al colonialismo italiano. Sotto il dominio turco Tripoli era una città stato e fu attaccata dalla confederazione della Tripolitania (tribù varie, tra cui i Warfalla). La Cirenaica è la matrice della rivolta, essendo la patria del re Idris al Senussi, spodestato da Gheddafi nel 1969. Vi sono numerosi esempi della spinta autonomista della Cirenaica: tentativi di golpe repressi nel sangue, giornate di protesta… LE TRIBÙ LIBICHE Il conflitto libico è condotto in primo luogo dalle diverse tribù presenti nel territorio. Gli obiettivi sono due: eliminare il despota; autogestire le risorse degli idrocarburi. I Warfalla sono circa un milione, mentre i Qadadhifa sono la tribù più legata al regime e al clan dei Gheddafi. Vi sono poi i Magariha nella parte nordoccidentale e i Misurata in Cirenaica (questo nome non va confuso con quello della omonima città situata in Tripolitania e sede dei Warfalla).

PAOLO DELLA SALA Giornalista

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Il testimonial in pubblicità UNA SCELTA TRA SEDUZIONE E INTRATTENIMENTO TESTO - Umberto Raimondi

Nella storia recente e meno recente della pubblicità in Italia, un tema che ha sempre suscitato dibattiti e polemiche tra gli addetti ai lavori e apprezzamento o rifiuto tra i consumatori è l’uso di testimonial o presenter, più o meno famosi, per consigliare l’acquisto di un bene di consumo.

di detersivo – ed è quasi un must per le più svariate categorie merceologiche. In testa ci sono i gestori telefonici, le auto e i network tv, a ruota seguono la moda, i profumi, i gioielli, gli orologi, i cosmetici e naturalmente il food e i detersivi, ma non mancano esempi di banche, finanziarie e persino libri.

In ambedue i casi, ma soprattutto nel caso del testimonial, è una gara continua nel proporre sempre nuovi volti, nostrani o stranieri. Che siano attori o attrici, cantanti o conduttori, piuttosto che comici o addirittura imprenditori, ciò che più importa è che siano una sorta di calamita in grado di affascinare, interessare o divertire il grande pubblico. I pubblicitari da parte loro si dividono tra chi li gradisce e chi invece li osteggia, definendo, un po’ snobisticamente, il loro utilizzo, “la stampella della creatività”. In realtà, la maggior parte delle volte, è il cliente stesso che, nel dare il brief all’agenzia di pubblicità, chiede espressamente una proposta con un testimonial, che sia per tradizione del brand, o perché anche i diretti concorrenti lo usano.

Usare un testimonial famoso, che sia un attore hollywoodiano piuttosto che un comico o uno showman italiano, può talvolta essere un’arma a doppio taglio, e questa è la parte più delicata del lavoro per il team creativo che deve sviluppare la campagna. Il testimonial deve essere convincente e credibile nel suo ruolo, non deve “cannibalizzare il prodotto” – spesso sento persone che ricordano una gag o l’avvenenza di una modella, ma non ricordano assolutamente il prodotto o l’offerta che il personaggio veicolava - deve muoversi in modo naturale all’interno di una storia – sempre che ce ne sia una – e rendere credibili i dialoghi che il copywriter gli scrive. A volte non parlano neppure, per contratto o per scelta creativa, come il caso di una famosissima attrice americana ( Julia Roberts) che, calata nel teatrino del paradiso di una nota marca di caffè, fa grandi sorrisi, ma scena muta. Un altro caso che ha avuto un clamoroso successo, ma anche scatenato feroci critiche e anatemi fra i benpensanti, è quello dello spot per una marca di patatine, in cui appare

Ci sono anche casi di comunicazione in cui è lo stesso imprenditore che dà il nome alla marca, a comparire in video come testimonial di se stesso. L’utilizzo del testimonial o del presenter è sempre più diffuso, ha radici lontane – vedi “Carosello” o il celebre scambio rifiutato dei fustini

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un porno attore italiano di fama internazionale, almeno per i cultori del genere, Rocco Siffredi. Grazie a un testo ironico e allusivo e a un contesto che ricorda il mondo di Hug Hefner e le sue conigliette, il testimonial riesce a trasferire al prodotto un appeal un po’ trasgressivo, ma senza volgarità, intrattenendo in modo intrigante il pubblico. Questo è stato, fra i casi più recenti, uno dei modi migliori di trattare un testimonial e la forza di questo spot fu ulteriormente dimostrata quando, su pressanti richieste di varie associazioni di genitori, il Gran Giurì della Pubblicità fece ritirare lo spot. Rimandato in onda muto, ebbe ancora più successo sia di pubblico sia, soprattutto, di vendite. Un altro recente esempio di un riuscito connubio tra testimonial, idea creativa e prodotto è quello di una nota marca di caffè in cialde. Il contesto è ancora, non del tutto casualmente, un surreale paradiso in cui il defunto cliente (George Clooney) che ha appena acquistato una macchina per l’espresso si trova al cospetto di un San Pietro senza scrupoli ( John Malkovich), il quale pur di ottenere l’ambito acquisto è disposto a fare in modo che per il trapassato il paradiso possa attendere. Questo a mio avviso è un altro esempio di uso ironico e intelligente dei testimonial, come pure il seguito della saga in cui Clooney pensa di avere scampato il pericolo e sale su un taxi con il suo prezioso sacchetto


di cialde. Peccato che il guidatore sia ancora San Pietro/ Malkovich. Per questa campagna i creativi hanno fatto una scelta volutamente provocatoria, ambientando la storia ancora nel paradiso che, anche se rappresentato in modo molto diverso, è in teoria un territorio già presidiato dal caffè concorrente. Prevedibile la denuncia al Gran Giurì per il ritiro immediato dello spot. La polemica durò a lungo, con il risultato di accrescere l’interesse attorno allo spot e al prodotto. Il cliente vinse la querelle e lo spot fu rimandato in onda in quanto il paradiso, come qualunque altro luogo reale o astratto, non può essere reclamato come territorio esclusivo di una marca che ne voglia fare uso per la sua pubblicità. Anche negli Stati Uniti l’uso dei testimonial in pubblicità, sia televisiva che virale su Internet, è largamente diffuso. L’anno scorso lo spot di Old Spicy, prodotto per la cura del corpo maschile interpretato da Isahie Mustafa, ex star dell’NBA, nonché attore di una popolare serie TV, ha vinto il Gran Prix della Pubblicità a Cannes, oltre a fare impazzire con la sua prestanza milioni di donne americane. La rete ne ha amplificato enormemente la popolarità con decine di parodie sia del primo che degli altri spot della saga, caricate su YouTube dagli entusiasti fan della campagna che si rivolge ironicamente alle donne per un prodotto dal target maschile.

UMBERTO RAIMONDI Creativo pubblicitario

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moda

L’ALTA MODA DI CAMILLO BONA

Nato a Monterotondo, vicino a Roma, dopo un percorso di studi universitari in Storia dell’Arte, Camillo Bona frequenta l’Accademia di Alta Moda Koefia, dove si diploma nel 1983. Da qui tutto un percorso di creatività e romanticismo delle sue collezioni, lo porta al pubblico riconoscimento e ad illustri collaborazioni, come colle sorelle Fontana. Molte grandi dive del grande e del piccolo schermo hanno plaudito alle sue creazioni, basti citare Gina Lollobrigida o Anita Eckberg, fra le tante. Lo si è visto crescere grazie alla semplicità ed alla raffinatezza, nonché alla capacità di ricerca artistica che lo ha portato ad ispirare varie collezioni al Barocco, ai mosaici bizantini, o a grandi personaggi dell’arte, come Caravaggio.

www.camillobona .it

TESTO - Maurizio Arata

Nata negli anni ’50 a Firenze, l’Alta Moda italiana si è formata in risposta alla “haute couture” parigina, rivelando una fondamentale eleganza del Made in Italy, ma con prezzi più competitivi, pur restando nell’ambito delle creazioni di abiti di lusso. Dopo molti anni trascorsi con grandissimi interpreti ed affasci-

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nanti collezioni che hanno dato lustro all’Italia e alla sua capitale Roma, da sempre capitale anche dell’Alta Moda italiana, oggi è Altaroma ad avere raccolto il testimone di una eredità fatta di storia, eleganza, stile ed innovazione; e ad essere divenuta, dopo numerosi sforzi e fatiche, il nuovo vero punto di riferimento tanto per gli storici

creatori, che tutti bene o male conosciamo, quanto per più giovani ed emergenti realtà. Con la speranza che questa nostra importante tradizione possa continuare a perpetrarsi, sia per gli addetti ai lavori, sia per l’immagine stessa del nostro Paese nel mondo, abbiamo rivolto alcune domande allo stilista creatore Camillo Bona.


Quanto è importante per te, nell’ambito della creatività e della promozione del marchio, l’utilizzo di internet? Il mio rapporto con internet non è dei migliori e lo vedo come qualcosa che limita il mio concetto di creatività. Essere creativi significa riuscire a trasmettere una sensazione, un’atmosfera, a far si, insomma, che il “prodotto” abbia un’anima e questo va sicuramente al di là del prodotto creativo fine a se stesso.

meno ai miei principi. E devo dire che nel tempo sono stato premiato...ho una clientela che mi segue da anni. Cosa avrebbe bisogno da parte dello Stato una Azienda Artigianale che si muove nel settore moda? Manca totalmente un supporto da parte dello Stato nei confronti di aziende che ogni giorno faticano e rischiano in proprio per portare avanti il nostro Made in Italy. Ci vorrebbe un segnale forte e deciso per supportare tutto questo.

Come vedi oggi l’alta moda e quale rapporto hai con la clientela, in un particolare momento di crisi sociale? L’alta moda da me è sempre stata vista come massima espressione di cultura, artigianato, ricerca e tradizione. Oggi la vedo esattamente come lo specchio del tempo che stiamo vivendo, cioè volgare, cafona, priva di quelli che sono i principi fondamentali che dovrebbero caratterizzarla ed esaltarla. Ma anche in questo momento difficile cerco di mantenere un rapporto con le mie clienti fatto di fiducia, di competenza, cercando sempre di non venir

Sono cambiate molte cose dalle grandi sfilate sulla scalinata di Piazza di Spagna? Cosa pensi servirebbe oggi per mantenere visibilità e prestigio, in Italia e all’Estero? Servirebbe forse quasi un passo indietro...puntare in modo forte su quello che ci ha sempre contraddistinti e che in qualche modo si è perso: la nostra cultura e il nostro alto artigianato, troppo spesso offesi e dimenticati. Il mercato è cambiato nel tempo, vista la tendenza sempre più marcata verso la globalizzazione? Il mercato è cambiato...è sempre

cambiato e cambierà ancora, come è naturale che sia. Sta a noi ad avere la capacità di captare i segnali in anticipo ed essere in grado di offrire il prodotto giusto al momento giusto. Saremo capaci di portare avanti il nostro Made in Italy, e di mantenere il ruolo primario finora avuto a livello internazionale? Io me lo auguro più di ogni altra cosa... sarebbe veramente triste non essere capaci di esaltare e portare avanti quello che ci è sempre appartenuto e che ci ha invidiato tutto il mondo: il Made in Italy fatto di cultura artigianato classe ed eleganza. Purtroppo oggi manca la volontà di saper rischiare e sopratutto la capacità di crederci incondizionatamente.

MAURIZIO ARATA Giornalista e Condirettore di Voicecom news

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cinema Ormai sono diversi anni che l’Italia resta a secco nella notte più magica del cinema, per la precisione è dal 1999 che un film italiano non ottiene un importante riconoscimento.

E IL CINEMA ITALIANO? In questo giro è rimasto a secco! TESTO - Sonia Avemari

Il 27 febbraio scorso, al Kodak Theatre di Los Angeles, è andata in scena l’assegnazione dell’Academy Award, l’Oscar, la notte più importante dell’anno per il mondo del cinema. I premi vennero consegnati per la prima volta nella Blossom Room dell’ Hollywood Roosevelt Hotel di Los Angeles il 16 maggio 1929 e da allora la risonanza mediatica di questo riconoscimento non ha conosciuto crisi: anno dopo anno la febbre per la magica statuetta è rimasta immutata. Maestri di cerimonia di questa 83esima edizione, i due talentuosi e simpatici attori Anne Hathaway e James Franco. Giovani, carini e richiestissimi, hanno però in gran parte deluso le aspettative non offrendo momenti divertenti e di leggero intrattenimento. Forse alla base un problema di copione poco ispirato, a dispetto dei deliziosi promo nei quali i due hosts sembravano promettere ben altro. A dominare la serata è stato, come previsto, il molto british “Il discorso

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del re”, che su dodici nominations incassa “solo” quattro statuette, ma tutte di gran peso: miglior film, miglior regia (Tom Hooper), miglior attore protagonista (Colin Firth) e miglior sceneggiatura originale (David Seidler). Dispiace tuttavia che un film basato quasi essenzialmente sul magnifico lavoro degli attori sia stato premiato solo per l’eccezionale Colin Firth e non anche per i suoi altri splendidi comprimari Geoffrey Rush e Helena Bonham Carter, tra le più eleganti della serata, vestita completamente di nero come il marito, il mitico regista Tim Burton. Un solo Oscar guadagna il chiacchierato “Cigno nero”, già in concorso all’ultima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, acclamato in America, ma che ha fatto storcere a più di un critico il naso per la sua auto compiaciuta estetica. Fresco trionfatore dell’Indipendent Spirit Award, ha fatto vincere alla deliziosa Natalie Portman, vestita di viola e col pancione, il premio di migliore attrice protagonista dopo


Storie sempre troppo banali, attori non proprio eccellenti, ambientazioni mediocri, insomma nulla a che vedere con i tempi d’oro della Dolce Vita.

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gennaio La prima cosa bella un film di Paolo Virzì

una lunga serie di riconoscimenti internazionali. A quota quattro Oscar (su otto nominations), seppure di peso minore, si attesta anche il cervellotico “Inception” di Christopher Nolan (Batman, il cavaliere oscuro) con Leonardo Di Caprio (completamente a bocca asciutta anche questa volta): miglior fotografia, miglior sonoro, migliori effetti speciali visivi e sonori. Tre premi soltanto (su otto candidature) incassa invece il film preferito dalla critica, “The social network” di David Fincher, in un primo momento ritenuto il front-runner: miglior sceneggiatura non originale (Aaron Sorkin), miglior montaggio e miglior colonna sonora. Queste due pellicole hanno rappresentato, nella rosa dei dieci candidati all’Oscar per il mi-

glior film dell’anno, un modo certamente innovativo e moderno di fare cinema, contrapposto in parte a quello all’apparenza più classico e convenzionale del vincitore. Forse solo tra qualche anno potremo capire davvero in quale di queste opere risieda la modernità. Pensiamo all’esempio di Avatar, soltanto lo scorso anno: un modo nuovissimo e rivoluzionario di fare cinema al servizio di una storia banale e di una drammaturgia molto poco innovativa. Una domanda a questo punto sorge spontanea: e il cinema italiano? Quest’anno l’unica nomination per il bel paese è andata ad Antonella Cannarozzi per i costumi di “Io sono l’amore”, sconfitta dalla costumista di “Alice in Wonderland”. Il film italiano scelto per rappresentare il nostro paVoiceCom news 01.2011

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ISTI CORA V N A E T E LI AV SE NON DA NON PERDERE… The King’s Speech (Il discorso del re) di Tom Hooper, con Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter. Il film dell’anno ha commosso il mondo ripercorrendo la storia di Giorgio VI d’Inghilterra che, incoronato re dopo la morte del padre e l’abdicazione del fratello, deve combattere una forma debilitante di balbuzie. Cast eccezionale. Black Swan (Il cigno nero) di Darren Aronofsky, con Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis. Ambientato nel mondo della danza vede Natalie Portman nei panni di una ballerina che pur di ottenere la parte si immedesima anche troppo nel malvagio Cigno Nero. Dark e a tratti soffocante, con una grande protagonista. The Social Network di David Fincher, con Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Justin Timberlake. Tutti i retroscena sulla nascita del fenomeno globale mondiale Facebook, il social network creato da Mark Zuckerberg studente d’informatica di Harvard. Inception di Christopher Nolan, con Leonardo di Caprio, Marion Cotillard, Ellen Page, Cillian Murphy, Michael Caine, Ken Watanabe, Joseph Gordon-Levitt, Tom Hardy. Di Caprio è un abilissimo ladro, il migliore al mondo quando si tratta della pericolosa arte dell’estrazione: ovvero il furto di preziosi segreti dal profondo del subconscio mentre si sogna, quando la mente è al massimo della sua vulnerabilità. Visionario e originale.

ese, “La prima cosa bella” del giovane e talentuoso Paolo Virzì purtroppo non è rientrato nella cinquina finale per il miglior film in lingua straniera. Ormai sono diversi anni che l’Italia resta a secco nella notte più magica del cinema, per la precisione è dal 1999 che un film italiano non ottiene un importante riconoscimento. L’ultimo a trionfare fu infatti Roberto Benigni con il suo “La vita è bella”, che ottenne ben tre Oscar: miglior attore protagonista, miglior film in lingua straniera e miglior colonna

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sonora. Indimenticabile anche Sofia Loren che annunciò il premio con un accorato “Roberto!!!” e Benigni che saltò sulla poltrona ondeggiando sulle teste degli altri spettatori. Due anni fa tutte le speranze erano riposte nella pellicola evento “Gomorra” di Matteo Garrone, tratto dall’omonimo best-seller di Roberto Saviano. Un film duro, crudo, coraggioso, di denuncia e per questo anche di grande importanza sociale, ma anche nel 2009 niente nomination nonostante l’apprezzamento a livello internazionale dove ha vinto il Gran

Premio della Giuria al Festival di Cannes. Lo scorso anno sembrava la volta buona grazie all’ambizioso affresco “Baarìa” scritto e diretto da Giuseppe Tornatore, uno dei registi italiani più conosciuti all’estero. Le premesse per un successo internazionale c’erano tutte: un cast corale, una regia assolutamente di prim’ordine, il maestro Ennio Morricone autore della colonna sonora. Nonostante tutto questo Baarìa, dopo aver ottenuto la nomination al Golden Globe, non ha superato la selezione finale per l’Aca-


demy Award. I bei tempi del grande cinema italiano d’autore degli anni cinquanta, sessanta e settanta, quando gli studi di Cinecittà erano il centro del mondo cinematografico, quando tutti i divi passavano da Roma, quando i registi e gli attori italiani trionfavano alla notte degli Oscar, sono proprio finiti. Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Vittorio De Sica, Vittorio Gassman, Mario Monicelli, Dino Risi, Pier Paolo Pasolini, Luchino Visconti, Roberto Rossellini, Marcello Mastroianni, Sofia Loren, Anna Magnani, Claudia Cardinale, Alberto Sordi, sono solo alcuni dei nomi che hanno contribuito a rendere grande l’industria cinematografica italiana. Storie e personaggi indimenticabili sono nati da quel fermento artistico

che allora rappresentava l’eccellenza alla quale anche gli americani si ispiravano. Oggi la situazione si è essenzialmente capovolta, sono gli Studios di Hollywood a fare la parte del leone, con il cinema europeo che cerca di non perdere colpi. In effetti, inglesi, tedeschi, francesi - per non parlare degli spagnoli e dei Paesi dell’Est - negli ultimi anni hanno sfornato opere di tutto rispetto, basti pensare a questi Oscar 2011 dove ha trionfato un film inglese, o al tedesco “Le vite degli altri”, delicato e commovente, trionfatore come miglior pellicola in lingua straniera nel 2007. Il cinema italiano, invece, sembra privo di quella spinta innovativa capace di farlo tornare sul tetto del mondo. Storie sempre troppo banali, attori non proprio eccellenti,

ambientazioni mediocri, insomma nulla a che vedere con i tempi d’oro della Dolce Vita. Certo un ritorno a quei fasti è impossibile anche perché il modo di fare cinema è completamente cambiato, speriamo, tuttavia, che qualche nuovo talento riesca a portare una ventata di freschezza e buon gusto (non se ne può più dei cine-panettoni!) per ridare lustro al nostro cinema a livello internazionale.

SONIA AVEMARI Esperta di cinema e collaboratrice di Voicecom news

PROSSIMAMENTE AL CINEMA… La fine è il mio inizio di Jo Baier, con Bruno Ganz, Elio Germano, Andrea Osvart, Erika Pluhar, Nicolò Fitz-William Lay. Quando Tiziano Terzani si rende conto di essere giunto alla fine del proprio percorso, decide di raccontare a suo figlio Folco, che ha 35 anni, la storia della sua vita, le sue esperienze spirituali e come si stia preparando ad affrontare la morte. Kick-Ass di Matthew Vaughn, con Nicolas Cage, Mark Strong, Christopher MintzPlasse, Aaron Johnson. Un adolescente di nome Dave, grande appassionato di fumetti, è determinato a diventare un supereroe nonostante non abbia certo le attitudini fisiche per esserlo. Mia moglie per finta di Dennis Dugan, con Jennifer Aniston, Adam Sandler, Nicole Kidman, Nick Swardson, Brooklyn Decker, Bailee Madison, Griffin Gluck, Dave Matthews, Kevin Nealon, Rachel Dratch. Un uomo è talmente spaventato dalle relazioni a lungo termine da confessare alla sua fidanzata una bugia. L’uomo sostiene, infatti, di essere già sposato con figli. Il suo gioco diventa ancora più complicato quando la fidanzata, dopo aver tentato di lasciarlo, si reca da lui. The Next Three Days di Paul Haggis, con Russell Crowe, Elizabeth Banks, Liam Neeson, Olivia Wilde, Jonathan Brian Dennehy, RZA, Lennie James, Moran Atias, Jason Beghe. Quando sua moglie viene arrestata e condannata per un delitto che sostiene di non aver mai commesso, un uomo è costretto a tentare l’impossibile per liberarla. Lo stravagante mondo di Greenberg di Noah Baumbach, con Ben Stiller, Greta Gerwig, Rhys Ifans, Jennifer Jason Leigh, Brie Larson. Greenberg si trova a un bivio della propria esistenza. Dopo aver perso il lavoro e senza alcun interesse a cercarne uno nuovo, accetta di trasferirsi a casa del fratello minore di successo che vive a Los Angeles. Una volta insediatosi nella città degli angeli, il newyorkese Greenberg tenta di riavvicinarsi ...

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viaggi

IL SUCCESSO DEL TURISMO RELIGIOSO UN MODO DIVERSO DI CONCEPIRE LE VACANZE TESTO - Alice Sabolla

Numeri alla mano, quello del turismo religioso può ormai definirsi un vero e proprio boom. Già in occasione della Borsa Internazionale del Turismo del 2009 era emersa la nuova importanza di questo mercato, che muove più di 300 milioni di persone l’anno, con un giro d’affari di oltre 18 miliardi di dollari, di 4.5 unicamente dall’Italia. Nel 2010 poi la tendenza ha trovato pieno riscontro e l’imprenditorialità si è spalancata ad un settore turistico che sempre più si rivela meno sensibile all’attuale crisi, rispetto ai suoi ambiti vicinissimi. In effetti negli ultimi due anni il nostro Paese ha registrato un’impennata a superare addirittura il Giubileo del 2000, con più di 40 milioni di pellegrini per oltre 20 milioni di pernottamenti e una crescita totale del settore intorno al 20%. Il turismo religioso è interessante in primo luogo per le motivazioni che lo muovono, motivazioni su tutto spirituali. Per studiare il fenomeno quindi siamo partiti dalle sue origini. Storicamente il pellegrinaggio è forse l’esempio più semplice e immediato di turismo. Agli albori del Cristianesimo un viaggio del genere era sinonimo di avventura e pericolo, e proprio per le condizioni di imprevisto e fatica una

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I viaggiatori per fede di oggi sono spesso giovani, di cultura medio-alta, disinvolti con gli strumenti tecnologia d’avanguardia e ben informati.

sorta di impresa eroica che formava l’individuo, che in ogni caso non si scoraggiava, proprio in virtù delle motivazioni da cui era mosso. Per la rischiosità di tali viaggi esisteva un ben preciso codice di regole cui attenersi durante il cammino per avvicinarsi a Dio. Ce ne offre un assaggio E.J. Leed nel suo “La mente del viaggiatore. Dall’odissea al turismo globale”: i pellegrini “non dovevano portare armi e dovevano viaggiare scalzi, con la semplice veste lunga e sciolta di stoffa grossolana, il cappello a tesa larga e la bisaccia (…). Il pellegrino doveva evitare gli utensili di ferro, trascurare la cura dei capelli e delle unghie, ed evitare anche bagni caldi e letti soffici. La povertà era anche una protezione contro la soldataglia feroce e arrogante che infestava le strade, perché il pellegrino non poteva essere una preda redditizia per le bande e i predoni”. Risulta quindi evidente come le modalità del viaggio siano radicalmente cambiate - nulla a che vedere con le caratteristiche del moderno turismo globalizzato, che punta tutto sulla comodità - eppure, tornando alle motivazioni di tale risveglio spirituale, stupisce questo mettersi in moto (a costo anche elevato!) verso un Ideale. I pellegrinaggi medievali puntavano alle mete più significative della cristianità, da Gerusalemme a Roma e Santiago de Compostela. Eppure troviamo precedenti addirittura nelle culture precristiane, quando i fedeli dell’antico Egitto puntavano a Menfi, o come da sempre i fedeli di confessioni altre da quella cristiana VoiceCom news 01.2011

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Questo mercato muove più di 300 milioni di persone l’anno, con un giro d’affari di oltre 18 miliardi di dollari, di 4.5 unicamente dall’Italia.

si dedicavano al viaggio verso ben definiti luoghi di spiritualità, almeno una volta nella vita. O si pensi al fatto che in giapponese la parola “camminata” è la stessa che si usa in relazione alla pratica buddista. Vediamo allora che parecchie culture collegano il camminare alla meditazione e alla ricerca interiore, allo stesso modo in cui la pratica del pellegrinaggio nel mondo cristiano era legata alla preghiera. Gran parte dell’opinione pubblica definisce questo genere di turismo “alternativo”, nel senso che più che dalle suggestioni della moda questa nuova forma di turismo è caratterizzata da una volontà di ricerca personale, e di conseguenza dalla ricerca di una certa indipendenza nelle scelte che caratterizzano il viaggio. Tra l’altro, dati sempre alla mano, sarebbe un errore cadere nel vecchio stereotipo per cui il popolo del turismo religioso sia prevalentemente anziano. I viaggiatori per fede di oggi sono spesso giovani, di cultura medioalta, disinvolti con gli strumenti tecnologia d’avanguardia e ben informati. Sono visitatori consapevoli, che mostrano un tasso di soddisfazione e ritorno ben superiori alla media. Vorrei a questo proposito introdurre una piccola ma significativa parentesi per quella che è stata la mia esperienza personale. A 27 anni infatti mi sono trovata per una curiosa circostanza assolutamente imprevista a

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partire per un pellegrinaggio. Al di là del panico iniziale (è sempre meglio prepararsi spiritualmente!) la Turchia mi ha cambiato la vita. Non era la Turchia caratteristica e famosa dei bellissimi villaggi turistici di Bodrum. Era la Turchia più vera e sconosciuta di Adana, per poi viaggiare verso Iskenderun, Antiochia, Tarso, e ancora Efeso, Pamukkale, e infine si apriva lo scenario della spettacolare Istanbul. In tanta ricchezza di meraviglia, la vera essenza del viaggio cosiddetto religioso mi è stata chiara una sera, quando con i nuovi volti sempre più amici che mi accompagnavano e stavo piano conoscendo ci siamo trovati in un caravanserraglio a Konia, dove danzavano per noi i Dervishi. Quel tentativo commovente dell’uomo di avvicinarsi a Dio attraverso una melodia che è preghiera e una danza vorticosa che chiede insistentemente un di più, ci accomunava tutti. Era il senso religioso proprio di ogni cuore che si manifestava nella tradizione in una danza antica, e ancora oggi non smette di chiedere. L’esperienza si è ripetuta poi l’anno seguente in Russia e recentemente in Terra Santa, con relativi “miracolosi” incontri, volti sempre più commossi, paesaggi e luoghi dove si respira la spiritualità più genuina e profonda. Non è una ideologia. Gli amici del primo viaggio sono ancora in cammino, e dopo un’esperienza del genere risulta quasi difficile tornare a esperienze turistiche più commerciali. L’aspetto più interessante dal punto di vista imprenditoriale è che tale nuovo impulso sta portando ad una

massiccia rivalutazione del territorio, in termini culturali e turistici. I turisti infatti hanno mostrato enorme sensibilità non solo verso l’essenza religiosa del luogo, ma anche per la bellezza artistica, culturale e naturalistica di cui spesso sono intrise le principali mete. Alcune di queste sono Santiago de Compostela (primato europeo), Lourdes e Fatima per l’Europa – Roma, San Giovanni Rotondo e Loreto per la nostra Italia, oltreconfine la Terra Santa, ma anche Egitto, Giordania, La Mecca in Arabia Saudita e molte altre. La proposta è allora quella di lasciarsi provocare a intraprendere un viaggio religioso, e se anche questo non sazierà il nostro desiderio di spiritualità sarà pur sempre un’occasione per soddisfare la voglia di compagnia, appagare la ricerca della bellezza e recuperare un po’ di noi stessi.

ALICE SABOLLA Viaggiatrice e collaboratrice di Voicecom news


E

esperienze

LA CASA DEL CIOCCOLATO DOVE LA PASSIONE PER IL CIOCCOLATO DIVENTA REALTÀ TESTO - La Redazione

C’è un luogo a Perugia dove tradizione e modernità, arte e passione si incontrano. Un luogo dove è possibile scoprire, conoscere, giocare, imparare, gustare. Un luogo nato dalla voglia di condividere un patrimonio culturale in cui il cioccolato è il protagonista assoluto e Perugina è la sapiente regista che ne ha messo in luce tutte le straordinarie peculiarità, tanto da farlo diventare un pezzo della storia italiana. Questo luogo è la Casa Del Cioccolato Perugina, un luogo fisico ma soprattutto un percorso, un’esperienza ludica e conoscitiva nel mondo del cioccolato che si snoda tra il Museo Storico, La Scuola del Cioccolato, la fabbrica e il Gift Shop. Inaugurata nel 2007, in occasione del Centenario dell’azienda umbra, la Casa del Cioccolato è una meta ambita non solo dagli appassionati di cioccolato, ma anche da tutti coloro che riconoscono in Perugina un pezzo della storia imprenditoriale

italiana, un testimone dell’evoluzione del costume in termini di tendenze di consumo, abitudini, mode. La Casa del Cioccolato dà l’opportunità ai suoi visitatori di vivere esperienze diverse, saziare appettiti differenti da quelli prettamente della gola, che comunque in questa sede gode di un’attenzione davvero speciale! Infatti, il tour all’interno della Casa comincia con una visita al Museo Storico che nasce a Perugia nel 1997, in occasione del 90° anniversario della fondazione dell’Azienda in omaggio ad una storia imprenditoriale, familiare e cittadina. Strutturato in 30 teche ricche di foto, documenti, incarti e confezioni provenienti dall’ampio Archivio Storico Buitoni-Perugina è uno dei più completi Archivi d’Azienda arricchito da macchinari d’epoca. Il Museo Perugina consente di esplorare una delle più affascinanti

esperienze imprenditoriali da diverse angolazioni. Sono 4 le sezioni tematiche che lo compongono e che trasmettono la cultura di una realtà che ha saputo anticipare, cogliere, interpretare la più generale evoluzione socio economica italiana: dal cacao al cioccolato: scoperta, storia, leggenda di quel cibo degli Dei arrivato in Europa intorno al 1520, per scoprirne segreti e moderni processi di lavorazione; una storia d’Azienda: la storia istituzionale di Perugina, dal Laboratorio artigianale del 1907 alla moderna fisionomia aziendale; prodotti e reti di vendita: la storia commerciale di Perugina, dal Bacio al raffinato Nero Perugina; la comunicazione: ovvero la pubblicità, dalle prime inserzioni ai moderni spot. All’interno del Museo ci sono alcune postazioni video attraverso le VoiceCom news 01.2011

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quali è possibile vedere filmati di repertorio (filmati produttivi anni Trenta e Cinquanta); filmati pubblicitari (la réclame italiana dagli anni Cinquanta ad oggi) e filmati tecnici che ripropongono le varie fasi di lavorazione delle linee produttive più suggestive, come quella dei Baci Perugina. Il Museo, ai suoi circa 65.000 visitatori annui, offre un servizio di visite

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guidate (obbligatoria la guida per gruppi e percorso fabbrica), di percorsi differenziati per target, con filmati dedicati ai più piccoli e in differenti lingue per venire incontro al vasto numero di visitatori stranieri e di ingresso e degustazione gratuita. La Scuola del Cioccolato Perugina, invece, è dotata di 14 postazioni, complete della strumentazione necessaria alla lavorazione di questo

nobile elemento, così che ogni partecipante potrà realizzare con le proprie mani dei piccoli capolavori di bellezza e di bontà. Impastare, dare forma, giocare con gli ingredienti e inventare deliziose combinazioni di gusto sono, per gli “alunni”, momenti di vero piacere che continueranno a vivere anche una volta a casa grazie al simpatico grembiule griffato Scuola del Cioccolato e a un diploma di partecipazione rilasciati a fine corso dai Maestri Cioccolatieri, la cui autorevolezza in materia di cioccolato è riconosciuta in tutto il mondo. La Scuola offre un calendario di corsi molto fitto e diversificato per target, andando così incontro alle esigenze di un pubblico molto ampio. La Scuola del Cioccolato Perugina, a quasi 6 anni dall’apertura, ha registrato oltre 10.000 presenze e oltre 700 corsi. Tra i corsi più richiesti, il “Master”- che è il più completo in termini di ricette e tecniche di realizzazione dei cioccolatini - e il corso “Baci Perugina: dillo con un Bacio”


che rappresenta per i partecipanti la realizzazione di un sogno, quello di realizzare con le proprie mani il mitico cioccolatino degli italiani e di scoprirne tutti i segreti. I partecipanti, donne, uomini, ragazzi e famiglie con bambini vengono da tutta Italia, così come vengono gruppi di amici accomunati dalla voglia di scoperta di nuove emozioni e da associazioni enogastronomiche e culturali- artistiche che condividono valori in linea con quelli del cioccolato: cultura, arte, fantasia, gusto e sapori. Molti sono anche gli allievi degli Istituti Professionali Alberghieri che vengono per migliorare le loro conoscenze attraverso una vera e propria full immertion. Infine la Scuola del Cioccolato si rivela anche un valido strumento di aggregazione per lo stimolo di idee e valori comuni e si dimostra quindi un efficace strumento di team building.

I Corsi di Perugia: Master Di che piacere sei? Master Nero Baci Perugina: dillo con un Bacio Lezioni di Cioccolato: piccoli momenti d’estasi Crea e decora il tuo cioccolatino Creazioni Artistiche Alla scoperta del cibo degli Dei Collezioni di Cioccolato Corsi a tema Fantasie Natalizie Amor di Cioccolato L’Uovo di Pasqua dei tuoi sogni La mamma è sempre la mamma

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recensioni

“In un supermercato ci sono in media 45.000 prodotti e più di un quarto di questi contiene mais.” Non mangiate nulla che la vostra bisnonna non riconoscerebbe come cibo. È uno dei consigli di Michel Pollan, che si trasforma in «detective del cibo» per svelarci, nel suo libro, i segreti che si nascondono dietro quello che portiamo sulle nostre tavole. Cosa mangiamo, da dove proviene, come è arrivato a noi e qual è il suo vero prezzo? “Mi sono accorto di quanto poco sapessi del modo in cui viene prodotto il nostro cibo. La mia immagine mentale delle famigliole di campagna con gli steccati bianchi e i granai rossi, e gli animali felici sui pascoli verdi era drammaticamente passata di moda”. Esordisce l’autore. “Solo perché il cibo si trovava al supermercato non significava che fosse un bene man-

giarlo. Ho scoperto che, stranamente, la gente fa più attenzione nel scegliere un meccanico che la persona che produce i suoi alimenti. Grazie all’industria alimentare non sappiamo nemmeno cosa mangiamo. Maltodestrina? Glutammato monopodico? Acido ascorbico? Che roba è? E che mi dite della lecitina e dei mono-, di- e trigliceridi?”

macelli e piccole fattorie sono lo scenario di questo lungo viaggio che porta l’autore, e il lettore, verso una nuova consapevolezza. Per scoprire che non è realistico affidarsi ad una catena alimentare che avvelena il pianeta, non è realistico definire sistema alimentare qualcosa che sostituisce il cibo con dei prodotti industriali che non sono nutrienti e ci fanno ammalare.

Nel suo lungo viaggio, Pollan esaminerà quattro diverse catene alimentari: Industriale, Biologica industriale, Sostenibile locale, Caccia-Raccolta. Dovrà affrontare molte esperienze che lo metteranno a dura prova, dovrà combattere e accettare compromessi, forzare la sua indole e imparare a cacciare e a uccidere per nutrirsi. Fast food, supermercati, fabbriche,

Per sostenere la necessità di diventare consumatori attivi e consapevoli, di costruire una nuova catena alimentare, di ritrovare un legame diretto con ciò che mangiamo. Come? Il modo in cui decidiamo di spendere i soldi della nostra spesa, ad esempio, rappresenta uno dei più straordinari poteri di voto.

“Con i fertilizzanti chimici l’agricoltura non è più alimentata dal sole, ma dal petrolio, dal carbone e dal gas. L’agricoltura non è più un ciclo ecologico, è diventata una fabbrica.”

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P.I.


“Impachettare la lattuga (biologica) e spedirla a più di 5.000 km di distanza è biologico?” Se i 6 milioni e mezzo di ettari utilizzati negli Stati Uniti per coltivare il mais che nutre i bovini fossero convertiti a pascolo, si eliminerebbero dall’atmosfera circa 6 miliardi di chili di carbonio all’anno: sarebbe come togliere quattro milioni di auto dalla strada. Non ci sono scuse per la crudeltà che impera negli allevamenti industriali e nei recinti da ingrasso. È importante il modo in cui trattiamo questi animali quando sono vivi e il modo in cui li macelliamo. Conta prima di tutto il rispetto.

Michael Pollan è un affermato giornalista e professore dell’Università di Berkley. Collabora dal 1987 con il The New York Times Magazine ed è autore di quattro New York Times bestseller, tra cui Il dilemma dell’Onnivoro. Vincitore di numerosi Premi, Pollan è stato finalista per il National Book Critics Circle Award ed è apparso nella TIME 100: la classifica delle 100 personalità più influenti del 2010 del Time. Il suo sito: michaelpollan.com Il dilemma dell’Onnivoro VERSIONE PER GIOVANI ADULTI di Michael Pollan edizione: Giunti Editore - Contenitore Y prezzo: 13,50 euro ISBN: 978-88-09-74607-7

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gusto

PICCOLE STORIE DELLA TRADIZIONE ITALIANA

Armando Chimenti nasce nel 1909 a Spianate, una piccola frazione del comune di Altopascio in provincia di Lucca. Secondo di nove fratelli si sposa con Lina Matteoni, originaria della provincia di Firenze. Alcuni anni prima della guerra si trasferiscono a Milano e aprono una prima trattoria in via General Fara. Gli affari vanno bene con Armando in sala e Lina tra i fornelli. Durante i bombardamenti il loro ristorante viene raso al suolo. Sinistrati e senza più niente, la coppia lavora presso i vari fratelli Chimenti che, seguendo l’esempio del fratello maggiore, avevano a loro volta aperto dei locali a Milano. Armando e Lina riescono a risparmiare quel tanto che basta per comprare la licenza di una piccola trattoria ai confini nord della città, in via Marghera, 34. Era il 1951 ed oggi, nel 2011, quella trattoria esiste ancora. I coniugi Chimenti hanno tre figli; Enzo, Adelina e Tamara. Tra Enzo ed il padre Armando nascono spesso discussioni su come dirigere il locale. Come tutti i giovani, il figlio ha idee innovative, mentre il padre predilige il sistema classico della ristorazione: buoni bolliti, ottimi brasati, polli, piccioni, selvaggina, grandi zuppe e ribollite, insomma tutto ciò che poteva essere la cucina toscana. Enzo vede oltre…vuole una cucina diversa, basata sul pesce, piatti espressi, pasta cotta al momento, primizie, funghi, insomma tutto ciò che il boom economico stava portando nel nostro Paese. È così che nel 1968 Armando si ritira e lascia tutto in mano al figlio il quale, con la sorella Tamara e la moglie Elena, realizza il suo ideale di ristorazione. Nel giro di pochi anni

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la trattoria “Da Armando” diventa famosa e personaggi dello spettacolo, politici, pittori, scrittori fanno la fila per un tavolo. Enzo tratta tutti allo stesso modo, lui è un ristoratore e i clienti sono lì per mangiare, niente di più, niente di meno, ma trasmette la sua passione in tutto ciò che fa, così come Tamara e Elena nella creazione dei loro piatti. Arte, arte allo stato puro, da respirare, da vivere, da mangiare. Chiunque abbia conosciuto Enzo, ancora oggi non può fare a meno di ricordarlo con un sorriso. Alla sua morte nel 1990, la moglie Elena si ritira. Prosegue Tamara che ama la cucina, ma non ha la stessa passione per la sala e che quindi decide di affidarne la cura a Enzo Serioli,, che aveva lavorato con loro per più di vent’anni. Nel 2004 Tamara lascia le redini alla figlia Viviana, la quale, dopo 22 anni passati in cucina, si impegna a dirigere la sala.

DA ARMANDO

E oggi? “Mio padre – dice Viviana - è stato un maestro e la prima cosa che mi ha insegnato è di stare al passo con i tempi e, se possibile, precederli. Da un locale in cui si spendeva molto, ne ho fatto un luogo alla portata di tutti, dove a richiesta si può trovare qualsiasi delizia, ma con una spesa ragionevole. Ho impostato il menù di mezzogiorno adattandolo alle pause pranzo di chi lavora negli uffici e non può permettersi grandi spese; nello stesso tempo, il menù della sera soddisfa le necessità anche dei clienti più esigenti. Quando ho preso questa decisione molti dei miei colleghi sono inorriditi, ma oggi seguono l’esempio: ancora una volta Armando, in base agli insegnamenti di mio padre, ha fatto scuola. Quando qualcuno cerca lavoro e viene da me, non importa quello che sa fare, gli unici requisiti che richiedo sono il sorriso e la disponibilità nei confronti di chiunque, perché ciò che voglio trasmettere alla clientela è la serenità e la tranquillità di una serata passata tra amici. Accogliamo le persone con gentilezza, dando del tu e non per mancanza di rispetto, ma proprio per farle sentire maggiormente a loro agio. Chi hanno davanti non c’è un cameriere con i guanti bianchi, ma un amico che li guida in una serata spensierata e piacevole. La mia più grande soddisfazione? Quando al termine di una cena qualcuno mi dice “In questo posto ho mangiato benissimo e non bastasse sembra proprio di stare a casa”.


Pillole

50 MILIONI DI DOLLARI

~ Facebook vale 50 miliardi di dollari, Aol ha comprato l’Huffington Post per 315 milioni di dollari, Google potrebbe comprare Twitter. “La cosa divertente di questa pila di milioni”, scrive David Carr sul New York Times, “è che sono generati da persone che lavorano gratis”.

Finora il progetto di Google e Science ha permesso la digitalizzazione del 12 per cento dei libri pubblicati dal 1500.

La vendita di bevande alla spina potrebbe far risparmiare migliaia di flaconi di plastica, più della metà dei quali finisce in discarica invece di essere riciclata.

SOCIAL READING

QUORA

~ Un social network basato sulla condivisione del sapere di ogni iscritto. Dove si entra come in un club privato. Lanciato pochi mesi fa, è già diventato il nuovo fenomeno della Rete. Anche in Italia.

~ Anche in Italia il fenomeno del “social reading”: si compra on line un libro digitale scambiandosi commenti, note, appunti e altro. E nasce il primo sito per gli appassionati di questo fenomeno

IL LAMPIONE GENIALE

~ Illumina la strada, è ovvio. Ma serve anche per ricaricare le auto elettriche ed è perfino un hot-spot per internet senza fili. Poi, all’occorrenza, diventa una telecamera di sorveglianza. Grazie alla creatività di un’azienda romagnola.

La National Public Radio americana ha oltre un milione di fan su Facebook. A volte usano toni un po’ forti, racconta il community organizer Andy Carvin, ma scrivono cose intelligenti.

ALCOOL

~ Una serie di sensori sul volante e sulle maniglie “capiscono”quando il guidatore è alticcio. E impediscono al motore di accendersi. Ma l’invenzione, per ora solo sperimentale, sta già facendo discutere.


Pillole E l’e-mail perse il trattino. Prossima vittima: “Internet” IL CAPPELLO PENSANTE

~ Dall’Australia arriva il “cappello pensante” che promette di stimolare la creatività di chiunque lo indossi. Un congegno elettrico in grado di stimolare, attraverso piccole scariche, il lobo destro del cervello, collegato con la fantasia, “addormentando” temporaneamente il sinistro, che sovrintende alla conoscenza razionale.

USA

~ Negli Usa il numero di persone che si informano online ha superato quello dei lettori dei quotidiani tradizionali di carta, e lo stesso vale anche per gli introiti pubblicitari.

I GIOVANI DE LO SPAZIO DELLA POLITICA

GROUPON

CINA

~ Dopo il boom di Groupon, nascono decine di siti per fare acquisti on line pagando la metà

~ La Cina è diventata la seconda economia del mondo al posto del Giappone, che deteneva il titolo dal 1968.

~ Un pensatoio di giovani nato su Facebook per lanciare proposte e suggerire analisi. Così un gruppo di giovani laureati prova il confronto post ideologico on line


I T E R S E M I N A R I P RO F E SS I O N A L I

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Il seminario ha lo scopo di aumentare l’efficacia e l’efficienza delle relazioni professionali di a segretarie e assistenti di direzione, la cui funzione comporta degli elementi di relazione, d’iniziativa e di organizzazione.

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