I1 problema della collaborazione con il governo fascista d i tanto in tanto ritorna in campo sia nella stampa governativa che nell'altra, specialmente in confronto ai confederali e in confronto ai popolari. Anche liberali e democratici-sociali ne riparlano a modo loro. C'è una incomprensione tale dei veri termini della questione, che vale la pena affrontarla in pieno, anche perchè i l ritornello « collaborazionista » si fa insistente ora che bfontecitorio riapre i battenti e si appresta a votare volente o nolente - i pieni poteri. (*) Come intendono la collaborazione i fascisti? È presto detto: p e i loro non c'è una collaborazione bilaterale, a parità morale, sulla base di u n xdeterminato indirizzo, sul quale si formi il consenso dei vari gruppi parlamentari, partecipanti al governo. No: questa concezione è passatista, parlamentaristica, antinaziopale; oggi il partito al potere è il solo che ha il diritto ad avere una linea politica, a la fascista » ; un programma politico, (C il fascista D; il potere politico, a il fascista »; gli altri partiti o aderiscono, e possono collabora re,^ non aderiscono, e sono avversari anzi nemici. Non c'è posto per loro. Si tratta perciò d i adesione » non d i «collaborazione »: l'adesione può essere completa, intima, organiziata come è avvenuto dei nazionalisti che si sono fusi, creando il « nazionalfascismo n ; ovvero può essere giustapposta, convergente, subordinata, come fanno i liberali di Giovannini e i demosociali di Cesarò; in questo caso (salvo gli equivoci e i dissidi particolari) l'adesione si traduce in subordinazione politica e in collaborazione tecnica, perchè prevale in loro l'elemento di fiducia del fascismo, anche al disopra dei principi direttivi del liberalismo e della democrazia. Così espressa la collaborazione al governo non può dirsi politica, nel senso cioè che due politiche convergono in un'azione risul( 8 ) I1 ministero, dopo avere deciso la presentazione del disegno di legge sulla proroga dei pieni poteri, per ragioni non precisate, preferì chiudere la sessione parlamentare. (Nota alla 1. edizione, 1924).