I Siciliani giovani - foglio aprile 2015

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IT 28 B 05018 04600 000000148119 IBAN Assoc.Culturale I Siciliani Giovani/ Banca Etica

aprile 2015

1 euro

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uschwitz può assumere tante forme, nella storia, e una è la nostra. Saremo ricordati con orrore, come noi ricordiamo i tedeschi degli anni ‘30. “Ma non ci abbiamo pensato, ma non ce n’eravamo accorti...”. Neanche loro se ne accorgevano, nè davano troppa importanza: “Perché dovremmo preoccuparci noi per gli ebrei?”. Il meccanismo è lo stesso: frustazione e paura. Isis, la Lega, il partito nazista, agiscono esattamente sugli stessi meccanismi. E nessuno dei tre è isolato, nessuno è il solo colpevole, forse neanche il maggiore. Folle di “volenterosi carnefici” aiutano, senza muovere un dito, a tagliare le teste, a aprire le camere a gas, ad annegare. Nessuno veniva arrestato, nella Germania nazista, perché incitava a fare strage degli ebrei. Oggi si può tranquil lamente esaltare la strage degli emigranti su facebook: c’è differenza? Davvero un Salvini è molto migliore di uno Streicher? “Sono solo parole..”. Certo: anche allora, all’ inizio, erano parole: e la gente le votava allegramente. *** In questa situazione è difficile provare emozioni per ciò che pure attendavamo da tanto tempo, un Ciancio trascinato davanti alla giustizia. E i suoi volenterosi aiutanti? “Ah, noi non sapevamo, noi non c’entriamo niente”.

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Da’ una mano

Il foglio de

“A che serve essere vivi, se non c’è il coraggio di lottare?” Giuseppe Fava

LA PRIMA APP ANTIMAFIA A PAG.8

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La città della tirannia condivisa CATANIA CAPITALE A PAG.2 _______________________________

Diritto d’asilo o altre stragi? DECIDERE ORA

A PAG.3

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Futuro?

Confiscati? Solo sulla carta

BENI SEQUESTRATI AI MAFIOSI: MA QUI, CHI LI HA VISTI? MAPPA E NOTE A PAG.4 _______________________________

Un’avventura di Mario Ciancio

AFFARI, ALBERGHI E CRONISTI IMBAVAGLIATI A PAG.6 _______________________________

La Resistenza che cos’è A PAG.8

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“MAFIOSI ACROBATI”, DI GIUSEPPE FAVA

mediterraneo

politica

Anti mafia socia le

Dieci obiettivi: ● Abolire il segreto bancario; ● Confiscare tutti i beni mafiosi o frutto di corruzione o grande evasione fiscale; ● Assegnarli a cooperative di giovani lavoratori, con aiuti per chi le sostiene; ● Anagrafe reale dei beni confiscati; ● Sanzionare le delocalizzazioni, l’abuso di precariato, il mancato rispetto dello Statuto dei Lavoratori o di accordi di lavoro. ● Separazione di capitale finanziario e industriale; tetto alle partecipazioni in editoria; Tobin tax; ● Gestione pubblica dei servizi pubblici essenziali: scuola,università,difesa, acqua, energia, strutture tecnologiche, credito internazionale; ● Progetto nazionale di messa in sicurezza del territorio, come volano economico soprattutto al Sud; moratoria edilizia; divieto di industrie inquinanti; ristrutturazione di quelle esistenti e bonifica del territorio a spese di chi ha inquinato; ● Applicazione dell'articolo 41 della Costituzione:

“L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

memoria

Trent’ anni Una lapide a Catania “Qui è stato ucciso Giuseppe Fava La mafia ha colpito chi con coraggio l’ha combattuta, ne ha denunciato le connivenze col potere politico ed economico, si è battuto contro l’installazione dei missili in Sicilia” Gli studenti di Catania 5 gennaio 1985

Un comunicato a Catania “In relazione alle notizie di stampa diffuse in data odierna da varie fonti in ordine all’esercizio dell’azione penale nei confronti di Mario Ciancio Sanfilippo ed alla avvenuta designazione del Giudice dell’Udienza Preliminare, si precisa che in data 1 aprile 2015 la Procura Distrettuale della Repubblica di Catania ha depositato presso la cancelleria del G.I.P. la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti del predetto imputato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e che la designazione del Giudice, non ancora effettuata, avverrà secondo le previsioni tabellari. Il Procuratore della Rapubblica Giovanni Salvi 10 aprile 2015


www.isiciliani.it DISEGNI DI GEORGE BIANI E MAURO GROSZ

CHE TI DICE LA PATRIA di Riccardo Orioles

L’Italia dei Mario Ciancio

Catania come metafora. Ascesa e caduta di una tirannia condivisa

Molti anni fa, a un ricevimento romano, il cavaliere del lavo -ro Rendo (uno dei quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa denunciati da Fava, dalla Chiesa e Carlo Palermo) si avvicinò a un ministro col solito sorriso e la mano tesa. Il ministro (Spadolini) lo squadra. Poi senza una parola si volta e se ne va. Quello resta là, col sorriso gelato e la mano per aria. Ecco, la storia dei cavalieri è non c'è stato nè sindaco nè Ciancio, pensatori di Cianfinita in quel momento lì. podestà (che poi qui diffecio (“Fava? Storia di fimRendo, nonostante le inchirivano solo di nome) nè vemine, fu!”), destr-sinistr di este, non fu mai arrestato e i scovo nè prefetto nè toghe Ciancio, persino uno stile Rendo contano ancora parecnè deputati; gli stessi boss architettonico ciancesco. chio (negli Usa, in Ungheria, della mafia, massima istituColpa di Santapaola (che in Est Europa). Ma il potere zione locale, comandavano pure col nostro eroe fu assoluto, nel loro paese, non fino a un certo punto, docul-e-camicia per tutto il l'hanno avuto mai più. vendosi rapportare a intetempo)? Questa è l'aria che tira in queressi ben superiori ai loro. No, no. Niente capri espiasti giorni nella capitale dell'IE condivisa perché tutti tori. La verità è che a Catatalia nascosta, che è Catania. costoro, e molti altri, non nia, per quarant’anni, non Non sappiamo se Ciancio, alobbedivano a bocca storta, c’è stato un Ciancio solo la fine di una delle inchieste violentati, ma con gioiosa ma ce ne sono stati ventiche lo riguardano, sarà arresollecitudine, certi di fare il mila: tutti coloro cioè che stato; del resto noi, alla sua bene proprio e della patria. hanno messo ogni mattina età, non gli augriamo certo la Immaturità democratica, una cravatta,se la sono angalera. ignoranza? Certo, di demonodata con serietà e attenMa potrebbe arrivare il mocratico qui non ci fu mai zione e si sono guardati almento, in nome del popolo niente, salvo qualche occalo specchio soddisfatti di sè italiano, in cui un magistrato sionale rivolta di plebe o e della propria importanza. emetterà, o per una cosa o per ciò che nei tempi moderni La borghesia mafiosa, dicel'altra,una condanna. A un mile si assomiglia; noi votiavano gli antichi maestri. nuto di carcere, non più: tanto mo, a Catania, solo perché *** da lasciar dire ai superstiti, gli americani, conquistata Eccezioni pochissime, e anche se tardi e inutilmente, la città, c'imposero con le quelle poche strane e origiche giustizia è fatta. armi la democrazia. nali. Dall’ingegnere Migne Cosa porta a pensieri del geMa, la spiegazione antromi, coi suoi su-e-giù in via nere? La cronaca giudiziaria, pologica non convince. Etnea col cartello “no alla certamente. Ma soprattutto il Perché Catania è città colspeculazione” al collo, ai fatto che da qualche tempo in tissima, ha dozzine di scrit preti di miseria come padre qua non si sente altro che tori e scrittrici che vanno Greco, agl’ingegneri ribelli "Ciancio? Mai visto, mai cosui giornali, opinion-maker come Pippo D’Urso, ai nosciuto!". Giornalisti, notadi Repubblica, un’universiprofessori selvatici come bili, cortigiani, affaristi, tutti tà del quindicesimo secolo Nino Recupero, ai giornalsotto il liotru prendono le di(ma i più accesi dicono dei isti scherniti come Giusepstanze. Chi rozzamente, chi tempi di Caronda) e uno pe Fava; ai parrocchiani di con letteraria eleganza. "Ma stuolo di intellettuali e badon Resca che denunciava chi erano i fascisti, in Italia?" roni in grado di disquisire Santapaola al posto di polisi chiedeva Churchill dopo il su qualunque argomento. zia e magistrati, ai volonta'45. Lo stesso, i cronisti futuri E con tanta cervella in giro, ri del Gapa, ai poveri giorstudiando le rovine di Catania come ha fatto un tirannello nalisti dei Siciliani, ai po(speriamo metaforiche) per le di provincia a imporre un’ chi compagni fedeli come generazioni che verranno. egemonia di quarant’anni Cosentino e Centineo; ai I quarant'anni di Ciancio, in su cotanta città? Professori giudici come Scidà, bruciarealtà, sono stati una tirannia di Ciancio (“Qua, la mafia to dalla pietà per i ragazzi condivisa. Tirannia perché non esiste!”), avvocati di dei ghetti; e pochi ancora. nella città, per quarant'anni,

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Tutti dimenticati, morti e vivi, allegramente digeriti dalla città grassa e crudele, non puttana simpatica come diceva Fava ma prostituta degli occupanti come nei centoventi giorni - qui, furono quarant’anni - di Pasolini. L'onore della città, in questa interminabile occupazione (che non è terminata: il dopo-Ciancio sarà più “democratico” ma non meno feroce) s'è rifugiato nei poveri e nei ragazzi. I poveri di Catania, ferocemente abbandonati all'ignoranza e ai loro ghetti, in guerra ogni santo giorno per il pranzo o la cena, tiranneggiati dalla mafia e costretti a fornirle parte dei propri giovani come in un tributo ottomano, eppure si ribellarono, nell'84 e nel '93, sia pure per pochi giorni. I giovani e giovanissimi, in quattro generazioni successive, crearono movimenti e si batterono, soli e senza potere,come leoni. Non furono colpa loro le sconfitte (incontri ai quattro angoli d'Italia emigrati che “io ero nei Siciliani”) né l'orrore sociale che, un decennio dopo l'altro, spremè ferocemente sangue e anima di quella che era stata la più allegra e spavalda città del Sud. Va bene: hai letto con civile attenzione, amico mio romano o milanese, ma ora cominci a chiederti: “E io che c’entro”?

Ma vedi: in realtà abbiamo parlato di Roma e Milano. Catania e la Sicilia sono state un punto d'inizio, ma ciò che era nato qui adesso è compiutamente e pienamente - perlomeno italiano. Dell'Utri, eletto a Milano, ha governato l'intera Italia (con altri, famosi e non) per un pieno ventennio; il suo “governo”, se è vero che Berlusconi è ancora socio in maggioranza, in un certo senso dura ancora. Questo nella politica, che è lo strato superficiale del potere: ma pensa agli “imprenditori” e alla finanza, a quelli che comandano davvero. Quanta percentuale di questo potere è “mafioso”? “Mafioso”, bada bene, non significa “che spara e ammazza” (per questo ci sono dei tecnici dedicati) ma che nel suo complesso, esercita una potestà sempre più piena e assoluta, non rifuggendo dalla violenza ma usandola con precisione chirurgica quando conviene. *** Il Sistema (che chiamare mafioso è ormai un po' obsoleto) è un mix di meccanismi sociali, egemonie culturali, violenze mirate e consenso artificialmente indotto. Noi, quaggiù, l'abbiamo visto crescere, a Palermo e Catania, ben prima di Berlusconi. Noi non ce l'abbiamo fatto a fermarlo, e ora è un problema vostro.


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MAI PIU’ NAUFRAGI! di Francesco Nicosia e Ivana Sciacca (Collettivo Scatto Sociale)

FOTO DI FRANCESCO NICOSIA

“Diritto d’asilo europeo!”

“Ma che vengono a fare qua che non possiamo campare più neanche più? Paghiamo le tasse per farli vivere nel lusso! Non siamo più padroni neanche a casa nostra!”. E anche: “Ben gli sta, loro che ammazzano i cristiani!”. Sono alcune delle frasi che circolavano su Facebook in questi giorni. Siamo “occidentali”, più evoluti quindi: ma è “Ma noi che ci possiamo davvero così? Siamo davvero fare?.Che possiamo fare se così civili, se non riusciamo a nelle loro terre vivono nell’ capire, per opportunismo o incubo di essere perseguiper ipocrisia, che la disperatati, torturati, uccisi, privazione costringe quelle ti di ogni minima libertà? persone ad abbandonare la Se non possono dormire di propria terra per cercare di notte per la paura di essere sopravvivere altrove, siamo bombardati, nemmeno lidavvero così civili? Se con beri di pensare e pregare? tutte le nostre nobili Carte Se debbono avventurarsi Costituzionali Europee non nelle mani di individui che riusciamo neanche ad in nome del dio denaro immaginare di poterle sono padroni del traffico mettere in pratica? delle vite umane?” La “solidarietà” a parole è *** tanta, ma senza una base base Voltarsi dall’altra parte non concreta, assume solo un si può. Fingere che ciò che sapore d’ipocrisia. accade a “casa d’altri” non Il Comitato Antirazzista il ci riguardi significa essere venti aprile ha presidiato il complici con tutto questo. porto di Catania attedendo i Non è possibile che un’Euventotto superstiti della sciaropa globalizzata, intercongura, alzando striscioni che nessa col mondo, che si dicevano “Mai più naufragi, vanta della libera circolazidiritto d’asilo europeo!”. Ma one di merci e capitali (ma è davvero una piccola minonon delle persone!) chiuda ranza in quest’Italia ormai gli occhi di fronte a ciò che allo sbando., noncurante della accade al suo vicino. Dopo propria cultura cristiana basatutte le guerre fatte per ta sull’amore verso il prossi“esportare la democrazia”, mo, assolutamente incoscienla democrazia dov’è? Chi te dei doveri morali di ogni la garantisce”. essere umano verso i propri Le frontiere non sono un simili, incapace di immedesiportone da sbarrare e promarsi nelle vite di questi diteggere. Casa nostra non è sgraziati. Eppure non è molto un muro chiuso: casa nolontano il ricordo delle dittatstra è il mondo, è la casa di ure e delle emigrazioni subite tutti. dai nostri nonni appena ieri.

QUALE SOLIDARIETA’ di Giovanni Caruso

Aspettando al porto

Giornalisti di tutto il mondo, uomini e donne dei movimenti sociali e antirazzisti, polizia, magistrati e perfino il governatore Crocetta attendono sul molo del porto di Catania l'arrivo della nave che porterà i superstiti del naufragio avIl procuratore della Repubvenuto l'altra notte in quel blica di Catania, Giovanni canale di Sicilia diventato Salvi, smentisce il capo del ormai un’immensa bara. governo secondo cui la stra Là giacciono uomini donne e ge sarebbe accaduta egualbambini, che oltre la vita mene anche se fosse contihanno perso ogni diritto a vinuata la missione "Mare vere in pace, in dignità. Nostrum". Salvi non è d'acFuggono da guerre e fame, e cordo, e lo dice coi dati alla pur di vivere vanno in terra mano: le nostre navi, che straniera. Senza sapere che a un anno fa andavano fin volte la terra che li dovrebbe sotto le coste libiche, allora accogliere li rifiuta, li consisalvavano molte vite umadera solo merce da sfruttare. ne. Ma forse Renzi deve Qui e oggi, in questo porto di giustificare gli sbagli dei Catania c'è un movimento suoi sei mesi di presidenza che li vuole accogliere, che italiana in Europa. denuncia le inefficienze di un Neanche il nostro governagoverno che piange lacrime tore - per carità, ha tutto il di coccodrillo buone solo a diritto di stare in quel molo insultare quei morti in fondo - spiega come fa a concilial Mediterraneo. are la sua commozione per

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queste novecento vittime e la sua arrendevolezza agli americani del Muos nella sughereta di Niscemi. Siamo ancora su questo molo ad aspettare la nave che porta un pugno di uomini scampati al naufragio. Solo uomini, perché tutte le donne e i bambini sono rimaste laggiù in quel freddo mare. I centri che dovevano accoglierli nella nostra città stanotte saranno più vuoti. Quei pescatori che sono partiti da Mazzara del Vallo, per salvare il più possibile di esseri umani, hanno detto piangendo: "Siamo arrivati e non c'era più nessuno da salvare”.


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BENI CONFISCATI/1

di Scatto Sociale

Regolamento? C’è solo sulla carta

Tra l’elenco dei beni immobili confiscati del Comune di Catania e le associazioni che risultano usufruirne c’è un reale riscontro? Una villetta e un appartamento in via Chiesa e un terreno in via Speri non sono assegnati, mentre il restante degli edifici risulta regolarmente utilizzato. Aver constatato che questi “palazzi reali” dei boss mafiosi oggi sono perlopiù adoperati per Per altre associazioni, coaiutare la collettività è stato me il Centro Astalli, i temconfortante. pi sono stati invece molto Naturalmente le condizioni di più brevi. ogni singolo immobile “Ma qualche istituzione variano a seconda dei casi. verifica - abbiamo chiesto Molti edifici sembrano – il regolare svolgimento abbandonati perché spesso le delle vostre attività, associazioni non hanno fondi almeno periodicamente?” a sufficienza per poter fare gli La risposta è stata univoca: interventi di ristrutturazione nessuno se ne occupa. Ciò necessari e quindi operano potrebbe avere delle consearrangiandosi, badando più al guenze e infatti qualche fine che al “mezzo”, come ad caso di assegnazione esempio la SiRu in via dubbia c’è. Segusio. Di fatto finché il Comune Stessa cosa per i tempi di non renderà operativo il reassegnazione: - “Noi golamento riguardo ai beni operiamo sul territorio da confiscati, la Commissione trent’anni ma ci è stata che dovrebbe vigilare sulla assegnata una sede solo negli sua corretta applicazione ultimi dieci” – dichiara il continuerà ad essere un Presidente della AVULSS in fantasma di carta. via Chiesa.

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BENI CONFISCATI

di Giovanni Caruso

Un diritto e un dovere politico

Quando fu approvata la legge La Torre-Rognoni, che introduceva il reato di associazione mafiosa e la confisca dei beni alle mafie, fu una grande vittoria in quanto colpiva il cuore del potere economico mafioso. L’attuazione di questa legge è stata però sempre resa difficile per l’eccesso di burocrazia e la mancanza di chiari regolamenti, ne è un esempio l’Agenzia Nazionale per i Beni Confi È anche vero che le scati alle Mafie, invenzione organizzazioni sociali, cooperative e di terzo del ministro Maroni. Un settore, per poca informaziorganismo definito dal one o per poca volontà, procuratore aggiunto di Regio non richiedono e non fanno Calabria, Nicola Gratteri “un fronte comune affinchè carrozzone vuoto" lento ed questo diritto e dovere di inefficiente. avere assegnato ciò che ci è Insomma, il percorso per stato tolto dalla mafia ottenere ed avere assegnato venga restituito alla società un bene confiscato è difficile civile. e rischia di vanificare la via Nel novembre del 2013 ci indicata da Pio La Torre, le fu un tentativo di creare un sue idee, il suo sacrificio. coordinamento di associazioni che chiedeva con *** forza l’assegnazione dei beni confiscati. Purtroppo Quella che vedete in questa molte di queste associpagina è la mappa da noi azioni hanno preferito realizzata che conta solo 29 arrendersi o trovare altre beni confiscati e assegnati vie per avere un luogo che alle associazionei dal comune gli permetta di operare. di Catania. Noi restiamo fermi nel Sono ben pochi rispetto a continuare questa battaglia, quello che risulta a noi, e che e ancora una volta non possiamo elencare in vogliamo chiedere con quanto la stessa Agenzia forza due beni confiscati Nazionale per i Beni Confische per noi sono dei cati alle Mafie nel suo sito, presidii di libertà: poco chiaro e trasparente, non ● una Casa dell’informadà altre indicazioni che il zione libera, intitolata a totale di tutti i beni confiscati Giuseppe Fava, dove nella regione Sicilia, che è di possano risiedere le 2928 beni. redazioni dei piccoli Il 17 giugno del 2014 anche giornali in contrasto al l’amministrazione comunale monopolio de La Sicilia; di Catania si è dotata di un ● una Casa delle Associregolamento per azioni, dove possano l’assegnazione dei beni coabitare le associazioni confiscati, ma è trascorso senza sede: e questa non pò quasi un anno e quel regolache essere intitolta a mento riposa ancora in un Giambattista Scidà, che cassetto, nè tanto meno il tanto lottò per i minori nei sindaco Bianco è in grado di quartieri popolari in mano rispondere alle domande delle alle mafie, sostenendo che associazioni che chiedono ciò accadeva a causa altri beni. dell’ingiustizia sociale provocata dallo Stato.

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SICILIA

di Luciano Mirone

Mica puoi stare sempre attaccato al telefono per dire agli editori amici di cacciare i cronisti maleducati. Perciò...

Un’avventura con Mario Ciancio Un giorno mi telefonò l’uomo più potente di Sicilia, il dottor Mario Ciancio in persona, colui che da editore dell’unico quotidiano di Catania, era riuscito a diventare nientemeno che presidente nazionale della Federazione editori giornali, predecessore addirittura di Luca Cordero di Montezemolo. L’amico di presidenti della Repubblica, di presidenti del Consiglio, di ministri, di sottosegretari, di presidenti di Regione, sindaci, di prefetti, di queDunque quel giorno mi stori, ma anche di boss, al arrivò questa telefonata di punto da essere incriminato Mario Ciancio, il quale mi per con corso esterno in assospiegava bonariamente che ciazione mafiosa; proprietario era cosa buona e giusta la di terreni agricoli trasformati realizzazione di questo in immensi centri commercia albergo in un posto dove li; unica persona della Sicilia un cittadino comune non orientale in grado di dare o di poteva modificare neanche negare visibilità a un politico, un balconcino. quindi l’unica persona in graIl Consiglio di giustizia do di orientare il voto di miamministrativa di Palermo, gliaia di elettori. Ma se quel accogliendo i ricorsi di politico si chiamava Claudio cittadini e albergatori, aveFava ed era stato il primo deva sospeso i lavori e Mario gli eletti in Sicilia, e magari Ciancio era incazzato perdenunciava la mafia e i guasti ché ci stava rimettendo un dell’informazione catanese ed sacco di soldi. Il problema era pure colpevole di essere il è che il Cga si era pronunfiglio di un giornalista ucciso ciato nello stesso giorno in dalla mafia, ecco, quel politicui Repubblica aveva pubco doveva essere assolutablicato la prima puntata mente ignorato. della mia inchiesta, con Ciancio era fatto così: aveva tanto di foto della costruziun’idiosincrasia per le persoone abusiva. Chi poteva ne con la schiena dritta. L’elevare dalla testa di Mario sperienza con Nino Milazzo Ciancio che si trattava di gli aveva fatto capire che biuna semplice coincidenza? sogna sempre diffidare dei In ogni caso, anche se sengiornalisti. A fine anni ‘80, tenza e articolo non fossero mentre Nino Milazzo era a usciti in contemporanea, Milano a fare il vicedirettore lui si sarebbe incazzato lo del Corriere, Ciancio lo chiastesso, per la semplice ramò per fargli dirigere La Sicigione che, essendo azionilia: “Fallo per amore della no sta di Repubblica, non postra città”. Milazzo si trasferì teva consentire che il giorin Sicilia ma fu cacciato ponale che lui negli anni ‘80, chi mesi dopo perché si era con voto determinante,avemesso in testa di denunciare aveva salvato dalle grinfie Santapaola e i Cavalieri, il di Berlusconi gli facesse che a Ciancio non stava bene. saltare uno degli affari più Stesso destino capitò, anni importanti della sua vita. dopo, a una dozzina di croniQuel voto aveva creato un sti di Telecolor, cronisti col rapporto nuovo fra il Grupbrutto vizio della verità. po Ciancio e il Gruppo De Per Repubblica, allora, mi Benedetti. L’occasione delstavo occupando dello scemlo sdoganamento di Cianpio edilizio che si stava percio si ebbe quando Repubpetrando nella zona di Taorblica decise di aprire a Camina. Per caso incappai in un tania una redazione per l’emega albergo che l’editore dizione siciliana. DeBenecatanese stava costruendo detti aveva fiutato l’affare: abusivamente in un luogo commercialmente parlanbellissimo, considerato do, Catania è la città più inedificabile dal piano vivace della regione, e regolatore

Non sia mai! La Sicilia deve continuare ad essere l’unico quotidiano della provincia, disse più o meno Ciancio. Se Repubblica sbarca a Catania mi toglie lettori. E questo l’editore più potente della Sicilia non lo poteva permettere. Dietro la paura della perdita di lettori c’era molto altro. Perché Ciancio, per promuovere i suoi interessi, ha sempre avuto bisogno del suo giornale. E te-: nere a bada i tuoi cronisti (magari autoproclamandosi direttore dopo la cacciata di Milazzo) è un conto, ma farlo con quelli degli altri è un altro: mica puoi stare sempre attaccato al telefono per dire agli editori amici di cacciare i cronisti maleducati. Perciò. niente redazione a Catania. La redazione siciliana si aprì a Palermo, ma a due condizioni: che Repubblica venisse stampata nello stabilimento catanese di Ciancio, e che nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa Repubblica uscisse sì, ma senza le pagine regionali. Se volevo leggere un mio pezzo pubblicato sulle pagine siciliane di Repubblica dovevo farmi duecento chilometri fra andata e riritorno fino a Giardini Naxos, al confine fra Catania e Messina, e comprare lì il giornale. Il Caso Catania non è solo la storia di una città che ha il primato europeo della criminalità minorile, dell’analfabetismo, dei senzacasa, di certi magistrati che acquistano casa dai mafiosi, o di un giornalista ucciso dalla mafia. Il caso Catania è anche una storia di disagio, di malessere, di solitudine in cui si trovano i cronisti che in quella città hanno il coraggio di dire no. Ma scrivevo per Repubblica e ne valeva la pena. Il giornale ospitava spesso inchieste, reportage, pezzi di cronaca scritti da me.

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Quel viaggio surreale fino a Giardini mi pesava fino a un certo punto perché scrivevo su un quotidiano sul quale valeva la pena di scrivere, il punto di riferimento di tante battaglie democratiche. Scrivere per Repubblica mi dava la possibilità di essere letto in tutte le città della Sicilia, tranne che nella mia. Avete presente l’inviato di un giornale che manda i suoi pezzi dal buco più impensato del mondo, dove non c’è telefono, luce elettrica, ufficio postale,e dove non arrivano neanche i giornali? Quello ero io! E così un giorno mi recai per la prima volta in redazione a Palermo. “Ooohma-sei-tu-Luciano-Mirone?-Che-piacere!-Noi-daqui-ti-seguiamo-sempre” Nel giro di dieci minuti si raccolsero una decina di giornalisti che mi chiedevano le cose più impensate. Il cronista di punta mi fece leggere in an- teprima il pezzo che stava scrivendo, “dimmi-cosa-ne-pensi”. Di assunzione manco a parlarne, “la-redazione-èin-sovrannumero”... Per un po’ fu il mio cruccio, poi mi accorsi che era il mio punto di forza: mi consentiva di essere libero da qualsiasi condizionamento. Dopo la prima puntata sull’abusivismo a Taormina mi accingevo a scrivere la seconda, dando la parola a tutti. Raccolta una notevole mole di materiali, telefonai al presidente dell’Unione albergatori (socio di Ciancio) che avevo intervistato in occasione della prima puntata. Era lui, assieme all’editore catanese, che a Taormina stava realizzando l’albergo abusivo. Quando gli spiegai i motivi della telefonata, garbatamente mi rispose: “A lei non rilascio interviste”. “Perché?”. “Perché il suo articolo ci ha causato un sacco di danni, lo sa quanti milioni?”.

“Mi dispiace, ma mi sono limitato a fare il mio lavoro”. “Lo so, e vedo che lo fa bene, ma mi consenta di dirle che a lei non rilascio dichiarazioni”. “Sto intervistando tutti, è giusto sentire anche lei”. “Lei è troppo di parte, so benissimo da quale parte sta, non mi faccia aggiungere altro”. “Guardi, io non sto da nessuna parte, sennò non l’avrei neanche chiamata”. “Mi dispiace. Se vuole posso farla parlare col mio socio, il dottor Mario Ciancio. Lo chiamo, fisso un appuntamento e le telefono subito”. Il dottor Mario Ciancio forse mi conosceva per avermi letto sui Siciliani o forse… ma sì, aveva letto Gli insabbiati. Ne era uscito a pezzi anche per il tentativo di gettare discredito su un “suo” cronista, Beppe Alfano, corrispondente da Barcellona Pozzo di Gotto. (Per Gli insabbiati, il presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia mi aveva proposto per il Premio Mario Francese: nel Consiglio dell’Ordine volarono le sedie, niente premio, ma questa è un’altra storia…). Dopo cinque minuti ricevet ti una telefonata. Non era il presidente dell’Unione albergatori ma Mario Ciancio in persona. Da noi un un giornalista che fa parte del sistema o aspira a farne parte, una chiamata del genere se la gioca: quello ti fa capire diplomaticamente di lasciar perdere, e tu altrettanto diplomaticamente gli fai capire che un favore è un favore... Ma per uno che come punto di riferimento ha Giuseppe Fava è un’altra cosa. Per uno così, la telefonata dell’ uomo più potente della Sicilia è una telefonata come le altre. “Le dicevo… A Taormina c’è un cretino che sta costruendo un albergo… Si renda conto, hanno fermato i lavori, tanti padri di famiglia in mezzo alla strada...”


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“Repubblica è democratica a Roma, ma a Catania è di destra...” “Mi dispiace. Però, dottor Ciancio, poco fa il suo socio mi ha detto che sto facendo l’inchiesta perché di parte.Lo pensa anche lei?”. “Assolutamente no. Il mio amico ogni tanto si fa prendere dalla foga”. Ciancio si dimostrava una persona affabile e simpatica, diplomatica. Non amava apparire,ma era il vero re di Catania. Tutti dovevano prostrarsi ai suoi piedi per farsi pubblicare una merda di comunicato stampa. Ma in questo caso era lui a cercare me. Evidentemente era in piena emergenza. Ma per cosa? Non lo disse, ma non era difficile intuirlo. Una cosa era chiara: voleva capire le mie intenzioni. “Dottor Ciancio, posso avere il piacere di venirla ad intervistare?”. Qui egli comprese che non mi sarei piegato. E soprattutto che stavo diventando pericoloso. E se un potente si sco moda per chiamare un illustre sconosciuto, o ottiene ciò che vuule o si organizza adeguatamente. Quell’albergo era nulla ririspetto agli affari che l’editore aveva in mente, a Taormina come altrove. E quando in affari non puoi permetteti ostacoli. Mario Ciancio capì, e impassibilmente ne prese atto. “Ma certo. Mi lasci vedere l’agenda. La richiamo”. Ovviamente non richiamò. Ma il bello doveva ancora venire. Scrissi la seconda puntata, più dirompente della prima. Carte, testimonianze, i nomi dei politici nazionali e locali che avevano coperto lo scandalo.

A Paler-mo cominciarono indecisioni e marce indietro. Prima pensarono di farmelo scrivere con un collega di Palermo. Poi con una firme nazionale. Poi... Poi niente. Sulla vicenda calò il silenzio. Eppure in redazione mi avevano avvisato: vedi che questo è uno pericoloso. Io non ci feci caso. Il pezzo restò nel cassetto. Pare che la succesiva telefonata non sia venuta dalla Sicilia ma da Roma. Qualche mese dopo il direttore della redazione palermitana, quello che mi aveva dato fiducia, fu trasferito. “Avvicendamento redazionale”. Da allora il silenzio calò non solo sulla mia inchiesta. ma anche su di me. Garbatamente mi spiegarono che non mi sarei più occupato di certi argomenti. “Tu sei adatto per la cultura”. Per la cultura, certo. Da ogni parte della Sicilia mi chiamavano per denunciare scandali, ma dovevo inven- tarmi scuse per non andare. Ormai mi occupavo solo di cultura... Poi Report di Milena Gaba nelli si occupò del caso Catania e tutta l’Italia seppe la storia dell’imputazione per concorso esterno in associazione mafiosa di Mario Ciancio, del monopolio dell’informazione, delle pagine siciliane di Repubblica che non dovevano essere lette a Catania. La società civile catanese, in un sussulto d’indignazione, raccolse migliaia di firme e le spedì a Repubblica: vogliamo l’inserto siciliano anche a Catania.

E il giornale, per evitare lo sputtanamento completo, non potè tirarsi indietro. Così finalmente i catanesi, come i siracusani e i ragusani, furono autorizzati a leggere qualcosa di diverso da La Sicilia. Dopo tanti anni di attese, finalmente l’inserto siciliano di Repubblica usciva anche dalle mie parti. La svolta! Mi sembrava un sogno. A dirigere la redazione di Palermo arrivò una firma da Roma, Sebastiano Messina, ovviamente - credevo - per rilanciare l’inserto. Andai a trovarlo. Fu gentilissimo. “Sì, certo. Scrivi pure. Inviami le proposte”. Cominciai con gli scandali del Teatro Bellini di Catania e con la cementificazione della montagna di Letojanni, sotto Taormina. Non so cosa sia successo dietro le quinte, anzi non so se veramente sia successo qualcosa. So solo che a poco a poco le cose cambiarono. Ero stato rimesso in gioco con le inchieste, di nuovo su un territorio off limits. Immagino le discussioni, ma appunto posso solo immaginare. A poco a poco Catania diventò un puntino invisibile sulla carta geografica di Repubblica. Qualche pezzo di cronaca ogni tanto, ma sempre scritto da altri. Io intanto venivo inviato ai convegni di neurochirurgia o alle gare fra muratori per chi riusciva a costruire la fioriera più bella. Sul tema dei poteri catanesi, la sintonia fra il giornale e la società civile a questo punto si interruppe.

7

E giù lettere di protesta: “Repubblica è democratica a Roma, ma a Catania è di destra”. Uscivano pagine e pagine sul mare invaso dalle meduse, sull’intonaco caduto dalla facciata, sul tombino scoppiato (a Palermo). Altro che svolta... Al nuovo direttore inviai una lettera accorata: il giornale ha i suoi progetti e non li discuto, Palermo al centro di tutto, e va bene, ma occupiamoci anche delle altre parti dell’isola, facciamo delle inchieste, raccontiamo delle storie, parliamo di certi personaggi... Silenzio. Ogni giorno inviavo proposte su qualsiasi cosa. A Paternò la Patrona sfila fra due ali di immondizia arrivate fino al primo piano. Silenzio. Posso fare un’inchiesta sugli Ato? Sullo scandalo dei termovalorizzatori? Silenzio. Posso fare un servizio sul Caso Catania? Silenzio. Hanno ammazzato un giovane urologo di Barcellona,si sospetta che la mafia. Silenzio. Ho uno scoop sulla morte di Mauro Rostagno. Silenzio. Alla fine scrissi al direttore a Roma. “Ho scritto un libro sull’argomento,ho fonti in tutta Italia, ho uno scoop sull’omicidio Rostagno, mi fa sapere per favore?”. Silenzio. Due giorni dopo, in prima di Repubblica uscì un’inchiesta sul caso Rosta gno. Firmato: il vicedirettore. Solita minestra riscaldata. Un segnale definitivo. Mi attacco al telefono. “Pronto, Palermo, la segreteria di redazione?

Potete riferire al capo che vorrei vederlo?”. Un mese di silenzio. Poi, trenta giorni dopo: “Parlo con la segreteria di redazione? Vi avevo detto che volevo vedere il direttore....”. “Il-direttore-si-è-preso-l’a ppunto-Ha-detto-che-ti-avr ebbe-richiamato-Non-lo-ha -fatto?-Glielo-diremo”. “Ditegli che è importante”. Silenzio. *** [“E’ stato-lui a-andarsene mica-l’abbiamo cacciatonoi Ma-no-che-non-è unacosa-personale...”] *** Magari il direttore non ha avuto il tempo di leggere. Magari le mie mail non le avrà ricevute. Magari mi voleva chiamare ma se n’è dimenticato. Magari l’appunto è volato via dalla sua scrivania. Magari.... Intanto le meduse (palermitane) infestavano il mare (palermitano), i muri (palermitani) delle scuole (palermitane) continuavano a scrostarsi e i tombini (paler mitani) scoppiavano dopo i temporali (palermitani), e intanto i catanesi si avvicendavano, non io, ma quelli - rigorosamente - del gruppo Ciancio... *** [“Ohhh... che-piacere-seiLuciano-Mirone?” “Lei-è-di-parte-un-sovver sivo!”. “Certo, consulto l’agenda -e-la richiamo...]


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Gli ebook dei Siciliani Dal Sud della Sicilia alla Germania: la storia di un giovane emigrante e del suo difficile ritorno. Un’inchiesta di Fabio D’Urso e Luciano Bruno, nella nuova serie “Illuminiamo le periferie”, in rete con Articolo 21, Libera e altre associazioni della società civile. Scaricala gratuitamente su www.isiciliani.it/ebooks

CON I SICILIANI

UN VOLANTINO dei “Siciliani”

La Resistenza che cos’è

[aprile ‘94]

"Non rompere le scatole al tuo padrone. Non parlare di mafia. Non chiedere i soldi che ti spettano. Non dire mai "i miei diritti". Perché tu di diritti non ne hai. Tu non conti niente. Tu non sei nessuno". Te lo dicono ogni giorno e se Per questo dicono che sono cose vecchie e superate,che non bastano le parole te lo non bisogna pensarci più. dicono a legnate. A Catania Ma noi invece ce le ricorCostanzo ha fatto sempre quello che ha voluto. Come i diamo. Molte persone come noi e democristiani e i socialisti come te hanno combattuto sotto Craxi. Come i gerarchi perché gli operai non venis fascisti sotto il fascismo. Quando cambia il vento, cam sero bastonati per la strada, -biano il colore della camicia perché i mafiosi come Co(viva il duce, viva Andreotti, stanzo fossero inseguiti e non protetti dalla polizia, viva Craxi, viva Berlusconi) ma restano sempre al potere. perché i ladri andassero in galera e non tornassero inResistenza vuol dire che per almeno una volta nella storia vece a governare sotto un'altra bandiera. E' grazie non è andata così. Che per una volta nella storia tu ti sei a loro che siamo un popoincazzato e hai detto: Adesso lo, nonostante tutto, e non basta. Voglio contare anch'io. un gregge. Un popolo può sbagliare una volta, può laQuesto è successo un venticinque aprile di molti anni fa. sciarsi imbrogliare. Ma alla I padroni e i gerarchi ne han- lunga, prima o poi, ragiona. no ancora paura. Perché se è Viva la Resistenza contro i successo una volta può succe- fascisti e i mafiosi Viva il Venticinque Aprile dere ancora. I Siciliani

facciamo rete!

Tanti giornali liberi in rete e per le strade I Siciliani giovani sono una rete di testate giovani di base, su carta e web, che fanno insieme un sito, una rivista pdf, una serie di ebook e questo foglio. E sperano, prima o poi, di riportare in edicola i Siciliani. In rete: I Cordai (Catania),Telejato (Partinico), StampoAntimafioso e WikiMafia (Milano), Filidicanapa (Canavese) Diecieventicinque (Bologna), Napoli Monitor e La Domenica Settimanale (Napoli), Generazione Zero (Ragusa), Il Clandestino (Modica), Tp24.it (Trapani), Mamma!, Antimafia Duemila, Liberainformazione, Reportage. Con: Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Giovanni Caruso, Giovanni Abbagnato, Francesco Appari, Gaetano Alessi, Lorenzo Baldo, Antonella Beccaria, Valerio Berra, Nando Benigno, Mauro Biani, Lello Bonaccorso, Giorgio Bongiovanni, Luciano Bruno, Anna Bucca, Daniela Calcaterra, Elio Camilleri, Giulio Cavalli, Arnaldo Capezzuto, Ester Castano, Salvo Catalano, Carmelo Catania, Giulio Cavalli, Antonio Cimino, Giancarla Codrignani, Andrea Contatto, Dario Costantino, Irene Costantino, Tano D’Amico, Fabio Michele D’Urso, Jack Daniel, Riccardo De Gennaro, Giacomo Di Girolamo, Alessio Di Florio, Tito Gandini, Rosa Maria Di Natale, Pierpaolo Farina, Francesco Feola, Norma Ferrara, Marino Ficco, Pino Finocchiaro, Paolo Fior, Enrica Frasca, Renato Galasso, Rino Giacalone, Marcella Giammusso, Giuseppe Giustolisi, Valeria Grimaldi, Carlo Gubitosa, Sebastiano Gulisano, Bruna Iacopino, Flavia Iraci, Sara Levrini, Alfredo Magnanti, Carlo Majorana, Sara Manisera, Stefania Mazzara, Max Guglielmino, Diego Gutkowski, Bruna Iacopino, Margherita Ingoglia, Kanjano, Gaetano Liardo, Sabina Longhitano, Luca Salici, Dario Lo Presti, Mattia Maestri, Michela Mancini, Sara Manisera, Antonio Mazzeo, Martina Mazzeo, Emanuele Midoli, Luciano Mirone, Pino Maniaci, Loris Mazzetti, Frances- co Moiraghi, Massimiliano Nicosia, Francesco Nicosia, Attilio Occhipinti, Salvo Ognibene, Antonello Oliva, Simone Olivelli, Riccardo Orioles, Maurizio Parisi, Salvo Perrotta, Giulio Petrelli, Aaron Pettinari, Giuseppe Pipitone, Domenico Pisciotta, Gaetano Porcasi, Antonio Roccuzzo, Alessandro Romeo, Vincenzo Rosa, Roberto Rossi, Luca Rossomando, Francesco Ruta, Giorgio Ruta, Marco Salfi, Daniela Sammito, Ivana Sciacca, Daniela Siciliano, Vittoria Smaldone, Mario Spada, Sara Spartà, Giuseppe Spina, Miriana Squillaci, Domenico Stimolo, Marilena Teri, Giuseppe Teri, Mara Trovato, Adriana Varriale, Lillo Venezia, Fabio Vita, Salvo Vitale, Patrick Wild, Chiara Zappalà, Teresa Zingale, Andrea Zolea.

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(1993)


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