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L’ECO DI BERGAMO DOMENICA 7 APRILE 2013

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I vostri pensieri per Ruggeri su www.ecodibergamo.it La notizia della morte di Ivan Ruggeri, purtroppo, non ha colto di sorpresa il mondo atalantino. Da ieri mattina sul sito www.ecodibergamo.it è disponibile uno spazio riservato ai lettori che vorranno inviare un pensiero, un ringraziamento, un ricordo dedicato all’ex presidente nerazzurro, che per ben 14 anni è rimasto alla guida della società atalantina

Il saluto della Sampdoria: «Era un combattente» «L’Uc Sampdoria si stringe attorno alla famiglia Ruggeri e all’Atalanta per la scomparsa dell’ex presidente Ivan. Aveva 68 anni e dal gennaio 2008, da combattente qual era, lottava per la vita (...). Ai suoi cari, alla società e ai tifosi nerazzurri le più sentite condoglianze da parte del presidente Edoardo Garrone, dell’amministratore delegato Rinaldo Sagramola e di tutti i sampdoriani»

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Addio Ruggeri Bergamo piange il presidente L’ex numero 1 atalantino è morto dopo 5 anni di coma Domani i funerali. Il cordoglio di Papa Francesco

risalendo la strada che porta alla villa di famiglia, su, quasi in cima alla Maresana. Ivan Ruggeri è partito, Ivan Ruggeri ha smesso di soffrire, Ivan Ruggeri è al centro della sala di casa, ora, con

Alessandro che lo guarda con due occhi grandi come il mare, attorno a lui la sorella Francesca, il nipotino Tommaso, alcuni amici. «Ha sofferto tanto, forse trop-

po», sussurra Alessandro guardandoti con uno sguardo profondo come questo silenzio. C’è una luce bianca in questa mattinata d’incerta primavera che per il Club Amici è iniziata prestissimo, per Carlo Valenti, l’amico e collaboratore storico, è iniziata all’alba con due telefonate della «Carlina», la signora Carla del centro sportivo di Zingonia. «Non ho fatto in tempo a rispondere ma ho capito subito e sono venuto qui». Dalle 9 qui, davanti al cancello d’ingresso della villa, Valenti comunica via radio con Dino, alla base della salita che s’arrampica da Monterosso. Gli Amici si sono mossi al tamtam, Lele Messina e Isidoro Fratus sono stati già qui mentre la gente passa, guarda, arriva al cancello e legge l’annuncio funebre. «Ivan Ruggeri, 68 anni, è mancato all’affetto dei suoi cari». Una signora torna indietro e dice che «il presidente m’incrociava e mi salutava sempre», ma ora

ciatori affamati di quattrini. Quando se li trovava di fronte Ruggeri non si tratteneva, e faceva quel che gli riusciva meglio: tirare fuori idee e carattere, a volte roventi, a volte gelidi, ma sempre veri. Peccato che Ivan Ruggeri non si sia potuto godere fino in fondo quel che aveva sognato e realizzato: un’Atalanta dignitosissima, molto spesso in A, quasi sempre in B da vincente. E comunque, al di là di categorie e risultati, un’Atalanta sempre rispettata, a testa alta, fuori dagli scandali che anche negli anni di Ruggeri hanno attraversato e sconvolto il calcio. Ivan Ruggeri è stato un buon presidente. Forse non ha saputo farsi amare, o forse

non lo abbiamo saputo amare. S’irritava se sentiva dire che l’Atalanta è di tutti. Sarà anche di tutti - mugugnava - ma il portafogli alla fine è il mio. E mal sopportava la diffidenza della gente, quel desiderio di sentirsi partecipi che i tifosi esprimono a volte bene, a volte male, ma che alla fine è il sintomo di quanto vogliano bene all’Atalanta. Peccato. Peccato che Ruggeri e i bergamaschi non siano mai entrati in sintonia fino in fondo. Certo, non con tutti è andata così. Ma c’era nei suoi confronti un fossato che pareva incolmabile: se l’Atalanta andava male la colpa era soprattutto sua, se andava bene i meriti erano soprattutto altrui. E questo non è stato giusto.

Come se fosse considerato un intruso in quel posto, come se l’intransigenza di fronte a certi compromessi che guastano il calcio lo costringesse a dimostrare sempre qualcosa in più. E Ruggeri di questo soffriva. Ricordiamo una sera, al telefono. Il giorno prima si era festeggiata una promozione in serie A, in una Bergamo davvero ricolma di gioia. Nessuno, forse per paura che dalla folla partissero comunque fischi o contestazioni, fece il suo nome. Lui stette zitto, covò il dispiacere per quasi 24 ore. Ma quando la pressione è troppa, alla fine il tappo salta. Fu un fiume in piena, ma un fiume colmo più di amarezza profonda che d’indignazione. Era un leone, ma un leone fe-

SIMONE PESCE

a Ciao papà. Alessandro non lo dice, ma sembra di sentirne il sussurro mentre lo guarda con un sorriso lieve sopra due occhi trasparenti. Sono le 11,30 di sabato mattina. Dalle 3,30 della notte Ivan Ruggeri, il papà di Alessandro, il papà dell’Atalanta per 14 anni, è su una nuvola sopra la Maresana, probabilmente con vista sul «suo» Comunale, sopra il grande faggio quattrocentesco in giardino. «Mio padre è un lottatore», disse Alessandro quel 16 gennaio 2008, quando la vita si prese il presidente e se lo portò a spasso nei meandri del silenzio, nel sottopasso dell’ignoto. Il lottatore Ivan ha lottato per cinque anni, con la testarda audacia di sempre, ma poi la vita si è arresa e ha deciso che l’alba sarebbe stata altrove. Oggi sui campi di serie A si giocherà col lutto al braccio, stasera a San Siro un minuto di silenzio prima di Inter-Atalanta ricorderà Ivan Rug-

IL COMMENTO ROBERTO BELINGHERI A

Quel grazie in ritardo che tutti noi adesso gli dobbiamo

Alessandro Ruggeri in compagnia di un amico ieri fuori dall’abitazione FOTO PAOLO MAGNI

geri e la sua anima così ferocemente, fieramente, integramente nerazzurra. «Ha sofferto tanto»

La notizia ha graffiato il risveglio

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van Ruggeri ha spento anche il cuore. Dopo che il buio ha pervaso mente e occhi, quasi cinque anni e mezzo fa, adesso anche il cuore ha smesso di combattere. Chissà se lì gli sarà arrivato tutto l’affetto che i bergamaschi gli hanno saputo esprimere in questo tempo di malattia. Quel che non gli sapevano dire quand’era presidente, gliel’hanno detto di fronte al dramma. Molti con sincerità, altri trascinati dall’onda emotiva. Peccato. Peccato che quest’uomo non sia stato capito fino in fondo quand’era in sella, e spesso combatteva da solo battaglie sacrosante. Quelle per un calcio più sano, meno prono di fronte ai violenti, ai potenti, ai procuratori, ai cal-

che il giorno è in cammino viaggiano ricordi e occhi lucidi. Quelli di Diego, il maggiordomo, per 20 anni sono stati lo specchio di quelli di Ruggeri. Li alza sorridendo lieve ed è come se lo rivedesse lì. «Diegoo, mi sembra di risentirne la voce che mi chiama. Aveva sempre un sorriso, sono arrivato qui con lui e agli ospiti diceva: buono questo piatto, l’ho insegnato io a Diego. Mi ha ascoltato e consigliato anche quando aveva pensieri sopra i capelli, era unico ma poca gente l’ha capito». Molta gente arriva ora, quando il pomeriggio si colora di un sole pallido che illumina i fiori al balcone della camera di Ivan Ruggeri. Guardi giù e vedi un pezzo di Comunale e il campanile della chiesa di Monterosso, proprio lì dove un anno fa Bergamo si spezzò il cuore per Morosini. C’era anche Alessandro, in quel pellegrinaggio sotto la pioggia per il Moro, e ora quel via vai

rito. Gli bastava un grazie, non ricevette nemmeno quello. La foga a volte lo portava a esagerare, a vedere fin troppi nemici. Ma se alzava la voce, se esagerava con i modi, lo faceva prima di tutto per difendere l’Atalanta, come un padre. Non le ha azzeccate tutte, ma tante sì. Forse non aveva il pregio della comunicatività, ma di certo aveva quello della verità. Che le due cose vadano a braccetto non è scontato. Pazienza, presidente. Alla fine restano i numeri, e quelli dicono che la sua Atalanta è rimasta tra le regine del calcio. A testa alta, con la schiena dritta e le mani pulite. Glielo diciamo adesso, a nome di tanti: presidente, grazie. ©RIPRODUZIONE RISERVATA


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