Favole tra Secchia e Panaro, IV edizione

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Le favole tra Secchia e Panaro Il territorio modenese visto con gli occhi dei bambini. Favole scritte dalle classi terze e quarte, A/S 2013/14 delle scuole primarie di Modena e provincia.

Le favole tra Secchia e Panaro

Illustrazioni degli allievi dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.

Raccolta di favole realizzata da

4ÂŞ edizione


Questa raccolta di favole è stata realizzata grazie agli alunni delle classi terze e quarte delle scuole primarie di Modena e provincia (A/S 2013/14), e illustrata da allievi dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena. Copertina, illustrazione di: Chiara Pagani Quarta di copertina, illustrazione di: Enrica Martinelli Frontespizio, illustrazione di: Anita Accorsi Progetto promosso dal Centro Commerciale i Portali

grazie al sostegno di Eurocommercial Properties Italia e Coop Estense

con il contributo di CIR food

in collaborazione con Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena

e con il patrocinio del Comune di Modena e Provincia di Modena

Progetto grafico di Proxima S.p.A. - Modena La presente pubblicazione è distribuita in omaggio a fronte di una donazione che verrà devoluta alle scuole che hanno partecipato alla realizzazione di questa raccolta.


Le favole tra Secchia e Panaro Il territorio modenese visto con gli occhi dei bambini.

4ÂŞ edizione



L’iniziativa del Centro Commerciale iPortali denominata “Le Favole tra Secchia e Panaro” è ormai alla quarta edizione, per cui ritengo importante formulare un bilancio del progetto avviato nel 2011. Per ogni edizione sono state coinvolte 148 scuole primarie di Modena e provincia, per oltre 600 classi contattate. Nei quattro anni del progetto sono pervenute circa 300 favole, di cui 40 sono state pubblicate ed illustrate nei quattro libri. Le favole sono state illustrate da 75 studenti dell’Istituto Statale d’Arte Adolfo Venturi di Modena e, per la prima edizione, da neo-diplomati al master per l’editoria Ars in Fabula. Sono stati stampati 8950 libri e realizzati 300 dvd. Ogni favola pubblicata ha inoltre vissuto un momento di rappresentazione teatrale realizzato da bambini e insegnanti in ogni singola classe, con l’aiuto di un “giullare”; il tutto è stato poi trasmesso in prima serata durante il periodo natalizio dall’emittente televisiva locale TRC: “Una favola al giorno…”. Il ricavato dalla vendita dei libri è andato a favore dell’Ail di Modena, per la prima edizione, e ad alleviare il bilancio economico delle scuole che hanno contribuito alla realizzazione dell’iniziativa. Per tutto ciò è doveroso ringraziare i Patrocini di Regione, Provincia e Comune, gli sponsors, ma anche e soprattutto le insegnanti che, prendendo spunto dal progetto, hanno avuto l’opportunità di stimolare la fantasia dei loro alunni, per raccontare il territorio modenese attraverso i loro occhi.

Erio Baraldi Direttore del Centro Commerciale iPortali



Credo che vadano valorizzate tutte le iniziative orientate a stimolare la creatività dei bambini e a promuovere la scrittura. Inventare e scrivere favole è infatti un esercizio di grande valore educativo, specie in tempi dominati dalle tecnologie e dalla “rete” che fanno di tutti noi, e soprattutto dei bambini, dei formidabili consumatori passivi di messaggi e immagini riversati dagli schermi. Ben vengano quindi le proposte per sollecitare la fantasia e l’invenzione in gruppo, com’è accaduto nelle classi partecipi del progetto “Le favole tra Secchia e Panaro”. Se poi alla fantasia si chiede di “calarsi” nel territorio, ambientando storie e fiabe nella provincia di Modena, la proposta si arricchisce di un ulteriore merito: quello di incoraggiare la conoscenza, dal punto di vista dell’ambiente, della storia, delle tipicità ed eccellenze, del luogo in cui si vive. Mi sembrano i caratteri essenziali del bel progetto che propone ai bambini di terza e quarta elementare di inventare una fiaba “modenese”, con un esito particolarmente felice testimoniato da questo libro, che “premia”, pubblicandole, le fiabe migliori. Al progetto, e all’iniziativa editoriale che lo conclude, va il nostro apprezzamento, anche in considerazione della finalità di auto finanziamento delle scuole partecipi del progetto, a cui sono destinati i proventi della pubblicazione.

Gian Carlo Muzzarelli Sindaco di Modena Presidente della Provincia di Modena



“Sotto un nome diverso, la favola parla di te” Con grande piacere introduco questa raccolta di favole dei ragazzi della scuola primaria del nostro territorio. Come scriveva il celebre scrittore e narratore Gilbert Chesterton: “La favola è più storica di un fatto reale, perché il fatto ci racconta di un uomo, la favola ci racconta di milioni di uomini”. Come tutti sanno la favola sin dall’antichità è sempre stato un mezzo privilegiato per comunicare verità e insegnamenti che attraverso la narrazione potessero fornire motivo di riflessione e meditazione sui grandi temi della vita, sui valori che rendono il nostro vivere insieme più buono e più affascinante, sui pericoli che insidiano il cuore dell’uomo e sulle giuste battaglie che siamo chiamati ad affrontare per non compromettere il bene che ci è donato. Un grande maestro di sapienza osservava: “Si è soliti dire che le fiabe sono fatte per addormentare. Io invece dico che le fiabe sono fatte per strappare la gente dal sonno” (Rabbì Nahaman). È vero la favola parla di noi, così sentenziava Orazio: “Sotto un nome diverso, la favola parla di te”. Il racconto ci coinvolge, ci aiuta a identificarci con qualcuno dei personaggi, ci spinge a schierare il nostro cuore nelle vicende spesso tormentate della vita. I racconti di questi ragazzi si inseriscono con vivacità e anche grande fantasia in questa tradizione di antica sapienza e ci comunicano con la loro semplicità ciò che è nel loro cuore di ragazzi, quello che li preoccupa, ciò che desiderano e ciò per cui vale la pena lottare, e suggeriscono, inoltre, la strada da percorrere per affrontare i problemi e le difficoltà che inevitabilmente si incontrano nel cammino della vita. La cornice è quella delle nostre terre - dal Secchia al Panaro - la nostra terra con la sua storia antica, la sua geografia e le sue tradizioni, con i temi classici dei castelli, dei draghi e delle streghe cattive, fino ai giorni nostri con i nuovi mostri dell’alluvione e del terremoto. C’è, dunque, la consapevolezza che in ogni epoca l’uomo è chiamato a vivere non ignorando i pericoli e i problemi che di volta in volta si affacciano, ma al tempo stesso nel cuore dei nostri ragazzi c’è forte il desiderio di affrontare insieme queste battaglie. Da questi racconti emerge, infatti, la certezza che se mettiamo insieme le nostre risorse e i nostri doni, se combatteremo insieme contro l’avidità, l’ingiustizia, la superbia e l’orgoglio che spesso vivono nel nostri cuori, il nostro vivere insieme sarà un’avventura stupenda e affascinante. Un grazie di cuore a questi ragazzi che con la loro giovinezza e semplicità ricordano a noi adulti i grandi valori per cui vale la pena vivere e impegnarsi per rendere il nostro mondo sempre più simile a quel giardino lussureggiante che Dio ha pensato e creato per noi.

Antonio Lanfranchi Arcivescovo-Abate


indice

La mamma mongolfiera

pag. 12

Il vecchio castagno

pag. 20

Tra mito e realtà

pag. 28

Il cavaliere nella grotta del drago

pag. 36

Gli animali amici del fiume Secchia

pag. 40

Scritta da: classe 4ª B (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Enzo Ferrari” - Fiorano Modenese (MO) Illustrazioni di: Ye Suofeiya

Scritta da: classe 4ª E (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Guglielmo Marconi” - Acquaria (MO) Illustrazioni di: Gabriele Melegari

Scritta da: classe 4ª C (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Sant’Agostino” - Sassuolo (MO) Illustrazioni di: Sara Gombia

Scritta da: classe 3ª B (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Carlo Collodi” - Carpi (MO) Illustrazioni di: Carlotta Gallo

Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Gasparini” - Concordia sulla Secchia (MO) Illustrazioni di: Chiara Pagani


Come nacquero le castagne

pag. 48

Hansel e Gretel nelle terre tra Secchia e Panaro

pag. 54

I gattini terremotati

pag. 62

Le avventure di un coniglio intraprendente

pag. 66

Il drago del Panaro e la magia del Secchia

pag. 72

Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Istituto Comprensivo “Francesco Berti” - Prignano sulla Secchia (MO) Illustrazioni di: Giada Lanzotti

Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Giovanni Pascoli” VI circolo - Modena Illustrazioni di: Marco Rubbera

Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Guglielmo Marconi” - Campogalliano (MO) Illustrazioni di: Anna Pini

Scritta da: classe 4ª C e 4ª D (A/S 2013/14) - Istituto Comprensivo “Carlo Stradi” - Maranello (MO) Illustrazioni di: Morgana Volpi

Scritta da: classe 4ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Gianni Rodari” - Mortizzuolo (MO) Illustrazioni di: Fabiana Lo Verde


La mamma mongolfiera Scritta da: classe 4ª B (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Enzo Ferrari” - Fiorano Modenese (MO) Illustrazioni di: Ye Suofeiya

C’ 12

erano una volta, nel paese di Fiorano, due bambini: Mirò e Marì. Fratello e sorella, lui di nove e lei di sette anni, trascorrevano felici le giornate tra scuola e casa. A scuola ritrovavano gli allegri compagni di giochi, le premurose maestre, gli efficienti bidelli, la severa direttrice, mentre a casa ad aspettarli c’erano sempre la loro mamma, alta e snella, e il loro papà, con la barba e i capelli a spazzola.


Il papà, in verità, era spesso assente per motivi di lavoro, visto che era un rappresentante di piastrelle, e i due fratelli restavano con la mamma che, invece, lavorava part-time in una piccola rosticceria. Era un’ottima cuoca e a mezzogiorno Mirò e Marì non vedevano l’ora di fare ritorno a casa per assaggiare le deliziose pietanze da lei cucinate. L’unico problema era che lei, a casa così come sul lavoro, sfornava teglie e teglie di manicaretti di ogni genere e ogni volta sempre di più, sempre di più, sempre di più. Questo non perché i suoi familiari avessero una fame da lupi. Anzi, i due ragazzi non mangiavano mai grandi quantità di roba, giusto il necessario per crescere belli, sani ed energici. Quando sentivano la pancia piena, sapevano da soli che era il momento di smettere senza dover esagerare. Marì e Mirò d’altronde, adoravano la loro mamma e non volevano dispiacerle. Quindi spizzicavano un po’ di tutto, assaggiando questo e quello per abituarsi ad apprezzare sapori nuovi e diversi, ma poi, quando non ce la facevano più, recitavano in coro: “Satolli, siamo satolli saremmo dei folli a mangiare fino a scoppiare!”. Allora la mamma, sorridendo ai suoi due bei figlioli, rispondeva: “Basta, basta l’eccesso guasta! O pancia mia, ‘sta roba non si può buttare via!”. E così, incredibilmente, lei trangugiava tutti i rimasugli nei piatti e nelle pentole.

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La stessa scena si ripeteva in pizzeria o al ristorante. Anche là, dopo aver ordinato antipasti di affettati misti, tortelloni burro e salvia, carne all’aceto balsamico con scaglie di Parmigiano Reggiano, verdure grigliate, dolce mascarpone e frutta per finire, a neanche metà del pasto i ragazzini recitavano: “Satolli, siamo satolli saremmo dei folli a mangiare fino a scoppiare!”. E la madre a sua volta ribatteva: “Basta, basta l’eccesso guasta! O pancia mia, ‘sta roba non si può buttare via!”. E con grande scrupolosità, anche perché alla fine c’era il conto da pagare, si metteva a ripulire i piatti, facendo addirittura scarpetta con il pane di Verica contenuto nel cestino al centro del tavolo. Era ancora peggio, poi, quando andavano al fast food, dove tutto era BIG: BIG il panino imbottito che in inglese, come Mirò e Marì avevano studiato a scuola, si dice hamburger; BIG il drink; BIG le chips, BIG l’ice-cream. Inutile dire che cosa potevano mangiare di tutta quella roba i due fratelli. Insomma, facile a dirsi che volta dopo volta, la donna diventò sempre più grassa. Non riusciva neppure più a spostarsi bene per la casa perché s’incastrava in mezzo alle porte. Ma lei sembrava non farci caso e la vita trascorreva sempre nello stesso modo. 15


Una mattina i due bimbi le chiesero di organizzare un picnic alle Salse di Nirano. Ne fu entusiasta e iniziò subito a preparare il paniere. A mezzogiorno andarono al parco, dove la mamma cominciò a tirare fuori vassoi su vassoi. Per l’occasione erano state anche acquistate bottigliette di bibite gassate, perfette con quel loro sapore dolce e zuccherino e con quelle mille piccole bollicine frizzantine. Era davvero un picnic coi fiocchi. Il sole splendeva alto nel cielo e candide nuvole erano trascinate da una leggera brezza primaverile. “Come sono soffici!” Sospirò ad un tratto la signora con una punta di nostalgia nella voce. “Vanno tranquille, ovunque, libere, senza alcun ostacolo...” Quello che successe in seguito nessuno mai riuscì a spiegarlo: la mamma, tra un boccone e l’altro, cominciò a gonfiarsi a dismisura, come un grande pallone. Marì e Mirò la fissavano esterrefatti. Ad un tratto, poi, prese lentamente ad alzarsi da terra e, prima che fosse troppo tardi, riuscì ad infilare i piedi nei manici del cestone, esortando i figli a saltarci dentro. I due ubbidirono e in quattro e quattr’otto si ritrovarono a volare con la mamma mongolfiera nell’azzurro cielo pomeridiano. Fu così che iniziò un viaggio fantastico!

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Sorvolarono paesi e città, colline e pianure, fiumi e torrenti. La donna era al settimo cielo e i bambini erano felici nel vederla così.

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Giunse quindi la notte, e mentre vegliava sui propri figli, che dormivano accoccolati tra le braccia l’uno dell’altra, la mamma mongolfiera si saziava della luce della luna e delle stelle. Ogni cosa filava liscia quando, poco prima dell’alba, il cielo cominciò ad oscurarsi in modo preoccupante. All’orizzonte, infatti, era comparsa una gigantesca nube nera, che veloce e minacciosa avanzava inghiottendo tutto. Poi iniziò a scendere una sottile acquerugiola, che si trasformò rapidamente in un terribile acquazzone.


Le folate di vento diventarono all’improvviso indomabili e la mongolfiera fu sballottata sopra e sotto, a destra e a sinistra. I ragazzini si svegliarono e, spaventati, si aggrapparono saldamente alle gambe della madre, giusto un attimo prima che il cesto si capovolgesse, svuotandosi di ogni cosa e precipitando nel vuoto. Scossa da quella situazione, che oltretutto andava peggiorando, la mamma mongolfiera capì che era giunto il momento di fare qualcosa. Prese così a muoversi, lottando disperatamente e tenendo duro anche quando sentiva di non potercela fare: doveva assolutamente portare in salvo i suoi figlioli! E finalmente, in quella furiosa tormenta, scorse uno spiraglio di luce. Era un puntino luccicante, lontano, quasi impercettibile: era Venere, la “Stella del mattino”. Fissandola, piena di speranza, raddoppiò i suoi sforzi e spinse tutta se stessa verso quella direzione. Cosa realmente successe durante quel volo nessuno seppe mai dirlo con precisione. Quel che è noto, però, è che l’indomani mattina furono ritrovati, distesi sul prato del Castello di Spezzano, due bambini che dormivano avvinghiati alle gambe di una donna, alta e snella. La gente, che curiosa era accorsa a vedere, non riusciva a capire quella singolare scena. Il vocio, a poco a poco, risvegliò i tre, che sulle prime si spaventarono alquanto. Dopo un attimo, tuttavia, madre e figli si scambiarono un’occhiata e scoppiarono a ridere e, prima che qualcuno potesse chiedere qualcosa, dissero: “Basta, basta l’eccesso guasta!”.

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Il vecchio castagno Scritta da: classe 4ª E (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Guglielmo Marconi” - Acquaria (MO) Illustrazioni di: Gabriele Melegari

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aolo è un bambino di nove anni che vive in città e in vacanza va a Montecreto dai suoi nonni. Un giorno Paolo è a passeggio con il suo nonno; si ferma vicino a un vecchio castagno e gli chiede se quel castagno aveva davvero tanti anni e se era già lì quando lui era bambino.

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Il nonno, allora, comincia a raccontare al bambino la storia del Castagno: “A Montecreto, al centro del paese c’era un piccolo castagno, appena piantato; i bambini del paese si trovavano sempre lì intorno e a giocare a nascondino, a guardie e ladri e alla cavallina. A quel tempo la gente non aveva tanto cibo, in montagna di grano ce n’era poco, così si utilizzavano molto le castagne. Dopo averle essiccate al “metato”, si macinavano al mulino e, con la farina, si potevano fare i “ciacci”, le frittelle, il castagnaccio, la polenta, ecc. Quindi le castagne erano molto importanti per la sopravvivenza delle persone di montagna e tutti coltivavano i castagni ed avevano cura dei castagneti. Anche il nostro piccolo castagno cresceva e, dopo alcuni anni, iniziò a fare i ricci e le castagne: erano frutti grandi e saporiti… veramente buonissimi!”.



Nel frattempo Paolo e il nonno sono arrivati a casa. La nonna esclama: “Antonio, Paolo, siete arrivati finalmente! Forza, venite a tavola: la cena è pronta!”. Dopo cena il nonno continua a raccontare la sua storia… “Una notte il mago Migmagmug si fermò ad ammirare il castagno ed entrò dentro a una fessura del tronco per fare pensare alla gente che l’albero fosse magico, ma, il giorno dopo, quando volle uscire non ci riuscì: si era incastrato!

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Come tutti i giorni arrivarono i bambini a giocare, ma erano anche impazienti che le castagne maturassero. Tonino, che aveva tanta fame, espresse il desiderio che le castagne cadessero al più presto per poterle mangiare. Il mago lo sentì, avverò il suo desiderio e cominciò a far aprire i ricci per far cadere le castagne. I bambini iniziarono a raccoglierle ed andarono a casa con le tasche piene fino all’orlo.


Il giorno seguente Tonino litigò con dei suoi amici perché gli avevano rubato un trattorino di legno che gli aveva regalato il suo papà per Natale; il bambino lo considerava molto prezioso perché era l’unico gioco che aveva. Tonino andò a piangere sotto il castagno; il mago sentì i suoi singhiozzi, si commosse e fece una magia: i bulli gli restituirono il gioco, si scusarono con lui e tornarono amici”. Ma la nonna interrompe la narrazione. “Antonio, metti a letto Paolo, che domani dobbiamo alzarci presto per fare un’escursione sul Cimone!”. Una volta a letto Paolo chiede al nonno: “Nonno, e dopo che cosa è successo?”. Il nonno ricomincia: “Un giorno Tonino andò a vedere l’albero dove aveva pianto, sentì una vocina molto strana e guardò da tutte le parti pensando che fossero i suoi amici a fargli uno scherzo, ma non c’era nessuno. Allora si spaventò pensando che l’albero fosse stregato, bussò al tronco e chiese se c’era qualcuno; il mago, non sapendo chi fosse, si immobilizzò perché non voleva essere visto da nessuno. Il bambino pensò che fosse meglio andare via e raccontò ai suoi amici che il Grande Castagno era stregato. La voce si sparse per tutto il paese e la popolazione, per paura, decise di abbatterlo. Tonino non voleva che l’albero fosse abbattuto perché era speciale per tutti i bambini; ma i taglialegna non gli davano ascolto e lo volevano abbattere. I bambini cercarono in tutti i modi di difenderlo, dicendo che dovevano passare sul loro corpo, ma nessuno dava retta a dei marmocchi.

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Quando un taglialegna diede il primo colpo all’albero con la sua ascia, questa rimbalzò indietro come una palla! Il mago Migmagmug aveva fatto una magia!!! La popolazione decise di lasciar perdere e, dopo che tutti se ne andarono, Tonino rimase da solo con il Grande Castagno. A un certo punto il bambino si sedette e si appoggiò all’albero e cadde all’indietro dentro alla fessura. All’interno dell’albero Tonino vide il mago e si stupì moltissimo; il mago gli disse grazie per aver cercato di salvarlo: infatti se avessero abbattuto il Grande Castagno anche il mago sarebbe morto. Ma anche il bambino lo ringraziò per aver fatto la magia e aver salvato l’albero a cui lui e i suoi amici erano affezionati. Il mago chiese a Tonino come aveva fatto ad entrare e il bambino gli fece vedere l’apertura; il mago spiegò a Tonino che era molto vecchio, aveva dei problemi di vista, aveva perso la sua bacchetta magica ed era rimasto chiuso dentro il Grande Castagno. Ma Tonino aveva appena visto un bastoncino coperto di muschio e licheni da una parte, la porse al mago dicendo: “È forse questa?”. Il mago Migmagmug fece un salto di gioia: il suo amico Tonino gli aveva ritrovato la bacchetta magica!

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Il bambino propose al mago di uscire: era notte e non l’avrebbe visto nessuno! Ma il mago non poteva passare dal buco perché era troppo robusto; allora fece una magia a se stesso, diventò più magro e così uscì dall’albero. Il mago chiuse l’apertura in modo che nessuno ci potesse più cadere dentro: poi salutò il bambino e scomparve nella notte”.

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Dalla cucina si sente la nonna che sgrida il nonno: “Antonio, fai dormire quel bambino! Sempre a raccontare delle storie e delle fantasie!!”.


Il nonno spegne la luce, dà a Paolo il bacio della buonanotte e fa per uscire dalla camera, ma Paolo lo ferma: “Nonno, ma la nonna dice che racconti solo delle storie di fantasia! Ma Tonino è esistito o no?”. Il nonno risponde: “Ma non mi far ridere!! Tu hai mai visto un mago? Buonanotte!”. Paolo rimane solo nella camera dei nonni; dalla finestra socchiusa entra un raggio di luna che illumina una mensola su cui vede alcuni oggetti: la pipa del nonno, le pastiglie della pressione e… un piccolo trattore di legno scolorito e rovinato dal tempo!

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Tra mito e realtà Scritta da: classe 4ª C (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Sant’Agostino” - Sassuolo (MO) Illustrazioni di: Sara Gombia

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ord Seymour, primo ministro del duca d’Este di Modena nella metà del 1500, era un buongustaio e un ottimo bevitore. Seymour: “Buonissimo questo pollo, caro Duca.” Duca: “Sono contento che le piaccia, Lord Seymour. E del mio vino, cosa ne pensa?” Seymour: “Ottimo! Ottimo anche quello. Si sta così bene, qui da Lei.” Duca: “Certo, carissimo Lord Seymour, certo. Sicuramente non rimpiange la sua Inghilterra, vero?” Seymour: “Può dirlo forte, Duca!”

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Alla sua scomparsa, il Lord fu pianto da tutti, ma non si trattò di morte definitiva… Seymour, infatti, prima di morire, bevve un nocino molto speciale, preparato per lui da una sua carissima amica, una dama estense esperta di magia nera. E grazie a questo liquore, egli divenne un vampiro: il famoso Ruthwen!


La donna lo aiutò a entrare in gran segreto nella duecentesca, splendida Torre Ghirlandina, lÏ da dove Ruthwen usciva solo di notte, quando era impossibile sconfiggerlo, per assalire le sfortunate persone che divenivano il suo pasto!

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Ruthwen: “Signorina, venga qui, per favore, si avvicini.” Cittadina: “Chi mi chiama? Non vedo nulla… È così buio...” Ruthwen: “Non abbia paura! Sono solo un povero vecchio… Sono caduto… Mi aiuti, sia gentile.” Cittadina: “Va bene, ma niente scherzi, altrimenti urlo.” Ruthwen: “Grazie, signorina, grazie…” Cittadina: “Eccomi, signore. Prenda la mia mano… Così, bene... Ma come è fredda! Si sente be... Ma lei ė un vampiro! Aiutoooo! Aiut…” Ruthwen: “Ahahahahah! Molto gustosa, signorina, molto gustosa! Ahahahahah.” Le tantissime sparizioni gettarono nello sconforto l’intera città di Modena. Prima cittadina: “È sparita un’altra ragazza, questa notte.” Secondo cittadino: “Davvero?” Prima cittadina: “Sì! Non ė rientrata a casa e i suoi conoscenti non riescono a trovarla da nessuna parte.” Terza cittadina: “Mio Dio! Sono terrorizzata! È la quinta persona che sparisce in questo mese. Cosa sarà successo? Ho paura!” Secondo cittadino: “Non lo so, ma non si preoccupi, sicuramente ci sarà una spiegazione razionale.” Terza cittadina: “Lei crede? Io, invece, ho l’impressione che stia accadendo qualcosa di molto brutto.” Quarta cittadina: “Tutto è iniziato subito dopo la morte di Lord Seymour.” Quinto cittadino: “Ma è solo una coincidenza… Era una così brava persona, cosa dovrebbe c’entrare la sua morte con queste sparizioni?” Quarta cittadina: “Non lo so. Non so più che pensare…”

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Dopo quasi settant’anni di sofferenze, nell’anno 1620, un grande uomo modenese, il poeta Alessandro Tassoni, decise che bisognava risolvere il problema. Interrogò una signora molto vecchia, di quasi novant’anni, che gli disse che tutto era cominciato subito dopo la morte di Lord Seymour. Tassoni, incuriosito, si recò al Palazzo Ducale nel tentativo di scoprire qualcosa, quando, all’improvviso, si ritrovò tra le mani un diario chiuso a chiave! Forzò la serratura, aprì e lesse: era la confessione di una donna che diceva di aver preparato un nocino per tenere in vita il suo amore… Tassoni comprese subito tutto e, la mattina dopo, informò la città. Tassoni: “Cari concittadini! Da tanti anni, ormai, nella nostra città ci sono misteriose sparizioni.” Folla di cittadini: “Ė vero! Non se ne può più.” Prima cittadina: “Ma da cosa dipende tutto questo?” Tassoni: “Credo di aver scoperto tutto!” Folla di cittadini: “Davvero?” Tassoni: “Sì, amici. E le notizie non sono buone... Il punto è che la nostra Torre è abitata da... Da... Un vampiro!” Folla di cittadini: “Un vampiro?!” Secondo cittadino: “Ma i vampiri non esistono, signor Tassoni!” Tassoni: “Invece sì, cari concittadini. E uno di loro è proprio in quella torre, davanti a noi.” Terza cittadina: “Mio Dio! Svengo…” Quarto cittadino: “Ma è terribile! Scappiamo via, allora!” Tassoni: “Calmatevi! Il vampiro di giorno non si fa vedere...” 32

Quinto cittadino: “Ma chi sarebbe questo vampiro?”


Tassoni: “Si fa chiamare Ruthwen. In vita era Lord Seymour, ministro del Duca D’Este.” Folla di cittadini: “Oooohhh…” Secondo cittadino: “E che faremo, adesso?” Tassoni: “So che amava molto la nostra cucina. Se le cose non sono cambiate, avrei un’idea...” Folla di cittadini: “Ci dica tutto, signor Tassoni!” Tassoni: “Domenica organizzeremo un gustosissimo banchetto, proprio qui in piazza, di mattina, quando i vampiri sono vulnerabili. Dobbiamo sperare che l’odore del cibo costringa Ruthwen a scendere tra noi e...” Folla di cittadini: “Ma noi abbiamo paura! E se ci assale?! Ma non è rischioso?!”

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Tassoni: “Calmatevi, amici... Dicevo, dobbiamo sperare che scenda tra noi per mangiare e bere… L’ora, il cibo e il vino dovrebbero renderlo debole, così noi potremo sconfiggerlo.” Sesto cittadino: “Funzionerà, signor Tassoni?” Tassoni: “Io credo valga la pena provarci. Che ne dite?” Folla di cittadini: “Va bene! Non possiamo continuare a vivere nell’incubo!” Così, fu organizzato un meraviglioso pranzo in Piazza Grande, proprio ai piedi della Ghirlandina: gnocco fritto della trattoria Madonnina di Modena, tigelle di Pavullo, Salumi di Casamodena, Bensone di Nonantola e Lambrusco Rossofosco, di Formigine. Ruthwen non resistette a quei deliziosi profumini e, a mezzogiorno in punto, uscì dalla sua bara, lasciò la torre e si fiondò sui piatti tra lo stupore e il terrore dei Modenesi. Primo cittadino: “Eccolo!” Secondo cittadino: “È bruttissimo!” Terza cittadina: “È mostruoso!” Quarta cittadina: “Ho paura!” Quinta cittadina: “Io vado via...” I cittadini, però, si fecero forza, attesero che Ruthwen si fosse riempito di cibo e di tanto, tanto vino e, sorprendendolo sazio e quasi ubriaco, lo decapitarono, liberando quindi la Ghirlandina e l’intera città di Modena.

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Tutti, felicissimi, discussero di cosa fare della testa del vampiro: le idee furono tantissime, ma Tassoni, ricordando la meravigliosa opera che aveva scritto solo pochi anni prima, propose di sistemarla in una secchia molto speciale... la secchia rapita!


Il suggerimento del poeta fu accolto all’unanimitĂ , Tassoni fu portato in trionfo e la secchia, contenente ancora il capo di Ruthwen, è visitabile oggi al Palazzo dei Musei di Modena.

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Il cavaliere nella grotta del drago Scritta da: classe 3ª B (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Carlo Collodi” - Carpi (MO) Illustrazioni di: Carlotta Gallo

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anto tempo fa, a Carpi, nel grande castello dei Pio, viveva un valoroso cavaliere, con un’armatura d’oro e una spada di diamanti.

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Un giorno decise di scappare dal castello per rubare un tesoro nascosto in una grotta posta nel centro del Monte Cimone, dove però viveva anche un gigantesco drago che sputava fulmini. Per arrivare fino alla grotta, il cavaliere doveva superare quattro porte, ma questa prova era molto dura: avevano trovato la morte tanti altri cavalieri andati lì per lo stesso motivo.


Il cavaliere andò nei boschi dove, tra le radici degli alberi, era nascosta la chiave che serviva per aprire le quattro porte. Quando trovò la chiave, corse verso la prima porta, la aprÏ e vide tanti occhi rossi che lo guardavano: erano dei pipistrelli.

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Il cavaliere passò in mezzo a loro correndo e arrivò davanti alla seconda porta, la aprì e vide che per arrivare alla terza porta, doveva attraversare un corridoio pieno di lame. Il cavaliere riuscì ad attraversare il corridoio senza ferirsi, arrivò davanti alla terza porta e la aprì. A questo punto vide quattro corridoi: in uno di questi brillavano dei grandi occhi gialli. Il cavaliere li seguì e capì di avere scelto il corridoio giusto, che lo avrebbe portato nella grotta del drago. Alla fine del corridoio trovò l’ultima porta, la aprì e vide migliaia e migliaia di monete d’oro, ma due di esse avevano un punto nero al centro.

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Il cavaliere capì che erano gli occhi del drago, il quale spuntò all’improvviso dalle monete, emerse in tutta la sua imponenza, ma il cavaliere non esitò ad attaccarlo e gli tagliò di netto la testa con la sua spada. Poi rubò tutte le monete, ritornò nel suo castello e fece felici tutti gli abitanti della città di Carpi distribuendo loro il tesoro. Da quel giorno i carpigiani vissero felici e contenti.

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Gli animali amici del fiume Secchia Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Gasparini” - Concordia sulla Secchia (MO) Illustrazioni di: Chiara Pagani

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el mese di febbraio da giorni sul fiume Secchia, pioveva, pioveva con ritmo triste ed uguale. In una casupola, sulla riva destra del fiume, viveva la famiglia Castorini, con papà Casto, la mamma Rina e i tre figlioletti Maxi, Midi e Mini dal pelo lungo, fulvo con sfumature chiaro-scure. Trascorrevano le giornate a bagnarsi nelle acque fangose, ma si annoiavano e in coro chiesero al papà, che aveva una risposta per tutto: “Possiamo scavare buchetti? Ci divertiamo tanto!”. Al mattino presto di martedì, papà Casto annuì con la testina e loro tre, veloci come fulmini, corsero ad occupare un’ampia sponda del fiume cantarellando: “Trullallero trullallà noi andiamo a scavar…”

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Sedevano sulle zampe posteriori; con quelle anteriori prendevano velocemente il terriccio e, con i forti denti taglienti, ne spezzettavano le zolle.


Facevano le gare per creare gallerie nell’argine, intanto papà Casto raccoglieva la terra con una carriolina e la sistemava su una montagnola, mentre mamma Rina faceva da sentinella ai tre figlioli. Dopo alcune ore, si accorse che l’acqua del fiume iniziava a riempire le gallerie, li chiamò a raccolta e, velocemente tutti e cinque insieme, si misero a tamponare i buchetti fatti in mattinata sull’argine poi, avanti e indietro, continuarono finchè tutto il terriccio fu sistemato. Da allora capirono che quello era un gioco PE-RI-CO-LO-SO!

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Nell’acqua del fiume nuotava tranquillamente un pesciolino, ma il fiume, a mezzogiorno, ingrossava, ingrossava, l’argine iniziava a cedere e l’acqua stava per allagare le campagne… Il pesciolino si impaurì, ma dalle onde emerse un pesce grosso, Luccio, che lo invitò a salirgli in groppa: ”Dove mi porti?” chiese il pesciolino e Luccio rispose: “A chiedere aiuto!”. Con un colpo di coda prese il largo e si avvicinò ai cespugli dove si erano nascoste quattro grosse volpi, per sfuggire agli spari dei cacciatori. Le poverette, tremanti ed impaurite, furono attratte dal grosso pesce che, alzando la testa fuori d’acqua diceva: “Glu aiuto! Glu aiuto! Esce l’acqua, correte correte!”.


Subito con un morso dopo l’altro e l’uso delle zampette robuste, staccarono grossi rami, li nascosero nelle codone e di corsa seguirono dall’argine il pesciolone, che le diresse nel punto dove iniziava a zampillare l’acqua… Così vi deposero i rami e ne impedirono… la fuoriuscita. Le furbette con la fuga si sono salvate e sono state utili ai pesci.

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In un paese situato vicino agli argini del fiume Secchia, si era posizionato un circo che ospitava un cammello, che non aveva mai voglia di lavorare di pomeriggio. Quando il domatore lo invitava per addestrarlo, l’animale si lamentava: “Oooh… bah! Oooh… bah! Non ho voglia di lavorà! Mi diverto a passeggiar con le gobbe da portar! Tengo tanta sete or mi vado a dissetar! Oooh…bah!”. E lentamente si allontanò dalle tende, si avvicinò ballonzolante all’argine e alla vista di tutta quell’acqua iniziò a bere, bere, bere e… così la falda, in poco tempo, diminuì… poi ritornò al circo e si mise a lavorare.

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Nei pressi del ponte del fiume Secchia, si trovava una grande fattoria con molti animali domestici. Al mattino, Pippo porcello, mentre passeggiava, si diresse verso un’enorme pozzanghera, vi si tuffò per raccogliere una pallina di gomma, ma purtroppo scivolò e rimase intrappolato nel fango, non riusciva più a rialzarsi e a camminare; allora iniziò con un lamento: “Grong grong aiuto aiutooo sono intrappolato!” Ma nessun animale lo sentiva… Tommaso, il contadino, nel pomeriggio fece l’appello dei suoi animali, ma si accorse che mancava il maialino, immediatamente fischiò e due anatre selvatiche perlustrarono, in volo, la zona starnazzando: “Qua qua, qua maialino maialetto, dove sei benedetto?” e quando lo videro Pippo porcello, con voce flebile, grugniva: “Grong grong mi sono stancato! Grong grong sono malandato!” Zoom nel cielo, le due anatre come saette tornarono alla fattoria e con diversi: “Qui quo qua que” fecero capire che il porcellino era vivo, ma in difficoltà. Tutti gli animali della fattoria gridarono: “Evviva evviva corriamo a salvarlo!”. Guidati dal contadino, presero una corda, vi appesero tanti secchi e tirarono. Si misero in marcia verso il ponte, in fila indiana, in quest’ordine: anatre, cavallo Zietto, capretta Bianchina, cane Billo, somarello Gigetto, gattino Brunetto, mucca Nerina, coniglietto Giulio, gallina Caterina e in coro ognuno diceva la sua: “Qua qua qua! Ih ih ih! Bee bee bee! Bau bau bau! Iho iho iho! Mao miao miao! Muu muu muu! Squiz squiz squiz! Cooccodè cooccodè cooccodè!” e in coda il contadino Tommaso che borbottava: “Una piena così non s’era mai vista!”.

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In un angolo del ponte riempirono tutti i secchi, prosciugando pian piano buona parte dell’acqua che iniziava a straripare. Poi veloci marciarono dove c’era il maialino. Appena lo trovarono gli versarono addosso tutta l’acqua dei secchi, Pippo liberò dal fango le quattro zampette, lentamente si rialzò e riuscì a seguire tutti gli animali che, festosi, gli facevano compagnia nel ritorno alla fattoria. Al calar della sera pioveva, pioveva, pioveva… sull’argine sinistro del fiume Secchia da un boschetto sbucarono quattro leprotti sbalorditi: i viottoli che la sera prima erano asciutti, ora erano trasformati in fango e ruscelli. Sul ponticello di paglia che avevan pazientemente costruito, brillavano grandi pozzanghere come specchi. Saltellando, velocemente si misero a cantar: “Andiam andiam a chiamar i nostri amici riccetti che son furbetti, tutti i ranocchi che son quattr’occhi, i buchi riusciremo a tappar e insieme andremo a festeggiar!” Chiamarono a raccolta tutti gli animaletti della notte e, su un grosso tronco, il leprotto più anziano disse: “Amici miei stiamo uniti, teniamo botta così possiamo trovare la maniera per salvarci”. Non c’era tempo da perdere… Ai piedi di un alberello, i leprotti raccolsero funghetti e li lanciarono nei buchi dei sentieri, mentre i riccetti staccarono, con gli aculei, la corteccia degli alberi e la sistemarono sul ponticello. Nel pieno della notte i ranocchietti continuavano con insistenza a squarciagola: “groè cra groè cra groè”, così svegliarono il gufo e la civetta appollaiati sul ramo di un pioppo, che ancora sonnecchianti dall’alto, con i loro occhioni, capirono che c’era pericolo, dal fiume usciva acqua… IDEONA!

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I volatili si ricordarono che, nella cavità dell’albero, avevano nascosto le rimanenze di un pic-nic di una famigliola sbadata.


Con un battito d’ali si misero al suolo e con il becco trasportarono: una lattina vuota, un tappo per spumante, una pallina da ping pong, un bicchiere di plastica e le biglie di vetro tamponando un piccolo sentiero… poi tutti ritornarono a dormire. E così il fiume Secchia ha minacciato di inondare con le sue acque case, strade, campagne e fattorie, ma tutti gli animali della zona, si sono impegnati e, con il loro aiuto, la loro prontezza e le strategie di furbizia… l’hanno impedito. LA PAURA DELL’ALLUVIONE ERA PASSATA! Il giorno dopo fece capolino un timido sole e tutta l’acqua iniziò pian piano a rimanere nell’alveo.

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Come nacquero le castagne Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Istituto Comprensivo “Francesco Berti” - Prignano sulla Secchia (MO) Illustrazioni di: Giada Lanzotti

È

sera tardi, fuori è scoppiato un forte temporale. Un fulmine colpisce un palo della luce e fa saltare la corrente in tutto Prignano: “Uffa!” - dice Alessandro - “Adesso cosa faccio, volevo giocare con la WII… la batteria del DS è scarica, non si può neanche guardare la TV!”.

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Nonno Luciano lo consola: “Vieni qua sul divano, con me, ti racconto io una storia ambientata nel Bosco della Lama, quello che siamo andati a ripulire questa primavera, quello dove andiamo sempre a raccogliere funghi e castagne.”


CosĂŹ, nella penombra, il nonno comincia a raccontare: “Tanto e tanto tempo fa, quando si formarono il cielo e la Terra, la dea del giorno e della notte danzava attorno al mondo. La dea procedeva sempre in avanti e indossava un ampio mantello con due facce: una gialla come il sole, una blu come il cielo stellato. Col braccio apriva il mantello e illuminava la Terra, se lo chiudeva, calavano le tenebre. Ogni giorno la dea si adornava con gioielli diversi, fatti di pietre dei piĂš svariati colori.

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Un giorno si mise una collana di perle marroni e lisce, di forma schiacciata. Mentre camminava, però, inciampò in un sasso, cadde e la collana si ruppe. Le perle si sparsero rimbalzando in ogni direzione. Lei andò a cercarle. Le raccolse quasi tutte. Tre perle però non vennero ritrovate: una cadde nell’oceano e andò perduta, la seconda fu raccolta da un uomo che, vedendola così bella, la portò in dono alla divinità. La terza, infilata nella terra fertile delle colline che fiancheggiano il fiume Secchia, germogliò: la pianta crebbe e crebbe fino a diventare un albero enorme e fitto di rami e di foglie.

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Un giorno, dall’albero caddero palle verdi e spinose che si aprirono mostrando al loro interno perle lisce, marroni, di forma schiacciata. Uno scoiattolino, curioso e affamato, assaggiò uno di quei frutti e lo trovò delizioso e zuccherino. Così lo scoiattolo andò ad avvisare gli altri scoiattoli per condividere con loro la sua scoperta. Un uomo, osservando i graziosi animaletti, si domandò: “Chissà se anche noi possiamo mangiare questo cibo?”. Prese un frutto e lo assaggiò. Subito sentì la durezza della buccia e pensò: “Bleah!”. Poi percepì l’amarezza della pelle e pensò di sputarla ma assaporò la dolcezza croccante della polpa. Subito prese un altro frutto, lo sbucciò e lo pelò. Chiamò i suoi amici ed esclamò: “Venite, ho scoperto un cibo nuovo!”. Da quel giorno gli uomini impararono a consumare, coltivare, cucinare, conservare quei frutti cui diedero, osservandone il colore marrone lucido, il nome “CASTAGNA”. Fu grazie a ghiandaie e scoiattoli, che nascondevano le castagne come provviste per superare il freddo dell’inverno, che nacquero tante nuove piante. La dea, girando intorno al mondo, si sentì rallegrata per il dono che involontariamente aveva fatto agli uomini”. Nonno Luciano finisce così il suo racconto ma Alessandro sta già dormendo e sogna le immagini della storia.

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Hansel e Gretel nelle terre tra Secchia e Panaro Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Giovanni Pascoli” VI circolo - Modena Illustrazioni di: Marco Rubbera

C’

era una volta una povera famiglia che abitava vicino ad un grazioso paesino di campagna. La famigliola era composta dal padre, Leonardo, da due fratellini e dalla matrigna. Helen, l’arcigna matrigna, era una donna dall’aspetto robusto e da un appetito formidabile. Hansel aveva nove anni, era sempre sorridente e ricco di iniziativa. I capelli corti, ricci e castani erano pettinati in una piccola frangetta che, ricadendo sulla fronte, metteva in risalto i suoi occhi verde-azzurro come il cielo a primavera.

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La sorellina aveva dieci anni e portava i capelli raccolti in due treccine che ricadevano sulle spalle. Gretel era molto orgogliosa dei suoi capelli biondi come l’oro.


A volte si divertiva a fare dispetti al fratellino che piangendo correva dal papà per farsi consolare. Soffrivano, però, spesso la fame perché il papà non trovava più lavoro come scultore. Gretel si lamentava : “Ho tanta fame! Ma tanta!”. Hansel le faceva eco: “È tutta colpa di Helen!”. Un giorno la matrigna stanca di sentirli piagnucolare propose al padre: “Cosa ne dici se lasciassimo Hansel e Gretel nel bosco? Potrebbero trovare da mangiare e noi finalmente non dovremmo più sentirli!”. Leonardo con tono deciso urlò: “No, questo mai! I miei figli rimangono con noi! Piuttosto che abbandonarli, andrò a cercare lavoro altrove!”. E così dicendo uscì sbattendo la porta e lasciando Helen senza possibilità di replica.

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In quel paesino viveva un vecchio cantastorie che aveva esplorato quasi tutto il mondo ed era tornato da poco dalle terre tra il Secchia e il Panaro, i due fiumi che scorrono vicino ad un villaggio situato nella verde pianura Padana. Il vecchietto raccontò a Leonardo che proprio lì, Lanfranco, un famoso architetto, stava progettando la costruzione di una magnifica cattedrale e che stava cercando un capo - scultore. Allora Leo tornò da sua moglie e le disse: “In un villaggio chiamato Mutina stanno costruendo un edificio molto importante e cercano uno scultore provetto! Ho pensato di trasferirci là. Che cosa ne dici?”. La donna non era molto convinta, ma incominciava anche lei a soffrire la fame. “E se non ti assumeranno, cosa faremo? Almeno qui una casa l’abbiamo!” disse Helen. Ma il padre era sicuro e per convincerla spiegò: “Mi assumeranno, perché, lo sai, sono il migliore. Nessuno ha mai fatto sculture belle come le mie!”. Così dicendo, andò a comunicare la decisione ai figli.

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Leonardo con la sua famiglia partì per Mutina. Dopo un lungo viaggio arrivarono vicino alle sponde di un immenso fiume, proseguirono per altri giorni tra campi coltivati e boschi fitti di pioppi e salici e furono colpiti dalla dolcezza di quelle terre, rigogliose e forti. Finalmente videro in lontananza un villaggio. Superato il ponte alto entrarono ed incontrarono tante persone: erano arrivati a Mutina. Leo subito chiese della piazza grande e lì propose a Lanfranco di assumerlo come scultore. L’architetto disse: “Ma chi mi dice che sei veramente così bravo?”. Leo rispose: “Mettimi alla prova! Realizzerò una manticora.”


In breve tempo la scultura fu modellata e risultò tanto spaventosa che lasciò senza parole anche Wiligelmo. Era fatta. Leo aveva ottenuto il lavoro. Corse dalla famiglia che lo attendeva con ansia e diede la magnifica notizia. Si misero subito all’opera per costruire la loro casetta, mentre la matrigna era impaziente di mettersi ai fornelli per preparare un delizioso pranzetto. Helen aveva conosciuto un raffinato cuoco, un certo Massimilianum Botturarum, che possedeva una piccola, ma famosa bottega dove cucinava e da lui aveva appreso l’arte di preparare i piatti tradizionali del luogo. Leo degustò, così, la famosa salsa di mortadella; i fratellini mangiarono gnocco e tigelle farcite da buon prosciutto di Mutina e condirono le erbette fresche con alcune gocce di aceto balsamico. La matrigna divorò anche un piatto di tortellini, piccini, piccini, innaffiati dal Lambrusco delle terre di Sorbara. E per finire il dolce: crema di mascarpone per tutti. Poi la famiglia decise di andare a riposare. La matrigna e Leo russavano per l’abbuffata, mentre i bambini giocavano con le biglie. Ma si annoiavano a morte. Allora andarono a fare un giro per i dintorni e arrivarono sulle sponde di un fiume. Le acque erano fresche e limpide, i pesci nuotavano rapidamente e tutto attorno alberi e fiori. Ma i due bimbi si persero. Proseguirono fino ad un grande parco, dove al centro spiccava una grande casa, il tetto era tutto pieno di dolciumi, il camino di liquerizie arrotolate, le finestre di caramelle di gelatina, la porta di semifreddo al limone e i muri di lecca-lecca e caramelle gommose. Il sentiero che conduceva alla casa era di sassolini rossi, gialli,

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arancioni. A guardar bene erano tutti pacchi dono. I bimbi rimasero affascinati da quella vista, ma erano ancora sazi, quindi decisero di riposare all’ombra della quercia e gli occhi si chiusero. In sogno ad Hansel apparve un vecchio dalla barba bianca e dal sorriso bonario. Indossava una tunica anch’essa bianca, la mitria in testa e un bastone pastorale in mano. L’anziano era San Geminiano, protettore del villaggio, e raccontò che in quella casa di marzapane rosso viveva una malvagia strega che aveva imprigionato animali e persone che si erano avvicinate alla sua dimora e li aveva rese di pietra. Il vecchio disse che per non cadere prigionieri dell’incantesimo, dovevano bere una pozione magica. Al risveglio il bimbo raccontò tutto alla sorella e insieme andarono a cercare gli ingredienti: due squame di pesce del Secchia, sette zampe di ragno, un dente di pipistrello, il pungiglione di un’ape ed infine una piuma d’aquila. Hansel trovò un nido caduto, vi mise gli ingredienti, mescolò con un rametto e così ottenne un succo verdastro dal profumo di menta. I fratellini bevvero tutto d’un fiato.


All’improvviso si sentirono forti come la roccia. Allora entrarono in casa, videro un passaggio segreto che conduceva dai prigionieri, sorvegliati dall’orribile megera che subito lanciò il suo incantesimo. Ma Hansel la colpì con le sue biglie, la strega cadde a terra e svanì. I due bimbi liberarono i malcapitati, li accompagnarono fuori e pensarono al viaggio di ritorno. Improvvisamente nel cielo apparve una colomba bianca che si posò sulla spalla di Gretel e indicò la strada del ritorno. Era San Geminiano. Arrivati in piazza grande, Leonardo guardò con meraviglia quei personaggi e pensò di immortalarli nella pietra. Per primo realizzò l’ittiofago, testa d’aquila, corpo d’uomo e piede sinistro a forma di zoccolo, nel becco un pesce morto a penzoloni. Poi modellò la sirena bicaudata dal ghigno malefico incantatore, dalle gambe pinnate rivolte verso l’alto. Mentre giocavano, copiò i due giocolieri capovolti: erano gli antipodi. La fanciulla dalla morbida e lunga treccia si rivolgeva al fratello con sguardo pensieroso. Il giorno dopo si risvegliò dal suo lungo sonno la fanciulla gigante che raccontò la sua tormentata storia. A quel punto si fece avanti la ragazza dal terzo braccio mostrando con sfacciataggine la sua rara pergamena. Il più difficile da realizzare fu il ragazzo col drago, perché non stava mai fermo e il serpente draghiforme lanciava fiammate contro la folla sbalordita. Per ultimo si presentò uno strano personaggio, un uomo dai lunghi capelli che si muoveva con i piedi rivolti al contrario ed ebbe un successo strepitoso.

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Leo fu nominato “maestro delle metope” dai cittadini. Ancora oggi possiamo ammirare i suoi capolavori lassù, sulla sommità del duomo, a proteggere tutti i Modenesi.



I gattini terremotati Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Guglielmo Marconi” - Campogalliano (MO) Illustrazioni di: Anna Pini

C’

era una volta, nelle campagne di Campogalliano, verso il fiume Secchia, una casa colonica e vicino, una vecchia “barchessa” che il contadino usava come riparo per gli attrezzi, come fienile e legnaia. Proprio in un angolo della legnaia, una gatta randagia aveva scelto un angolino per far nascere la sua cucciolata.

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La casa era dei nonni di Alessandro, un bambino che aveva iniziato a frequentare la scuola primaria. Nei pomeriggi liberi andava spesso in campagna dai nonni e giocava con la gattina. Da qualche giorno aveva sentito diversi miagolii ma non si era avvicinato alla legnaia perché i nonni non volevano che andasse nella barchessa: c’erano troppi oggetti pericolosi per un bambino e il tetto era da sistemare. Erano giorni caldi, la primavera inoltrata faceva già pensare alle vacanze ormai vicine. La casa dei nonni era vicina al vecchio ponte “della Barchetta” chiamato così perché, una volta, per attraversarlo c’era un barcaiolo che, a pagamento, traghettava le persone e le cose da una sponda all’altra del fiume Secchia con una piccola barca. Ma… la notte del 20 maggio ci fu una forte scossa di terremoto, la scuola venne chiusa per controllare eventuali danni e Alessandro fu mandato dai nonni in campagna.

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La casa dei nonni era solida, non aveva avuto danni, invece la barchessa sì. Una parte del tetto era crollata, proprio sulla legnaia. La gattina randagia era riuscita a mettersi in salvo, ma i micini no, forse avevano ancora gli occhi chiusi. I loro miagolii si sentivano distintamente ora, forse chiamavano la mamma che non era in grado di raggiungerli. Alessandro chiese aiuto al papà che si rivolse ai volontari della protezione civile. Un suo amico venne a vedere la barchessa e propose ad Alessandro, al suo papà e ad altri bambini di fare una catena umana per rimuovere le tegole cadute. Il volontario, con l’elmetto protettivo e gli scarponcini adatti sarebbe entrato nella barchessa, gli altri, in sicurezza, avrebbero ammucchiato i mattoni e le tegole all’esterno.

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In poco tempo Alessandro radunò alcuni compagni di scuola e di gioco e insieme iniziarono a spostare le tegole liberando così i gattini: erano tre, un po’ ammaccati e affamati ma sani e salvi. I genitori di una compagna di Alessandro, veterinari di professione, visitarono i gattini e li tennero in ambulatorio qualche giorno per curarli.


Anche la gatta randagia fu catturata e portata dai veterinari insieme alla sua cucciolata. Dopo alcuni giorni tutti i gattini vennero riportati in campagna, nella casa dei nonni di Alessandro e adottati dai bambini che andavano spesso a vederli e a portare loro del cibo. Il 29 maggio un’altra forte scossa di terremoto fece crollare la barchessa. Per fortuna tutti i gattini erano in salvo.

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Le avventure di un coniglio intraprendente Scritta da: classe 4ª C e 4ª D (A/S 2013/14) - Istituto Comprensivo “Carlo Stradi” - Maranello (MO) Illustrazioni di: Morgana Volpi

Q

uando gli animali pensavano di governare la Terra, in un territorio dell’Appennino Modenese, precisamente, tra i boschi di Faeto, ricchi di abeti, pini, pioppi, castagni, tutti vivevano felici e facevano quello che desideravano. La vita qui scorreva calma, tranquilla e serena e il re di tutti questi animali era orgoglioso e contento dei suoi cari abitanti. Pensate, il re, che era un riccio e si chiamava Re Riccio Spinoso, non aveva mai ripreso nessuno dei suoi sudditi, perché tutti, ma proprio tutti, si comportavano correttamente. Questi animali non avevano mai sentito il bisogno di spostarsi dal loro amato bosco.

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Un giorno, però, si recò da Re Riccio il Coniglio Curiosone che si chiamava così perché era molto curioso e assai intraprendente. Così, un po’ agitato ed emozionato cominciò a parlare con il re e gli confidò: “Re Riccio sono stanco di vivere sempre tra questi alberi, sempre con gli stessi amici animali, sempre le stesse


abitudini, avrei proprio voglia di andare via di qui, di vedere posti nuovi. Puoi consigliarmi un posto più bello dove andare?”. Ma Re Riccio non sapeva cosa rispondere perché era sorpreso da questa inaspettata richiesta, dal momento che mai nessuno si era allontanato dal suo territorio. Così, anche se un po’ dispiaciuto, pensò di chiedere consiglio al suo fidato amico Piccione l’Impiccione che era un grande viaggiatore e conosceva tanti luoghi. Ma anche il Piccione non sapeva cosa dire, perciò chiese qualche giorno di tempo per pensarci. Passati due giorni il Piccione chiamò il Coniglio e gli consigliò un posto che lui conosceva e di cui non ricordava il nome, perciò, lo inviò dalla vecchia Cornacchia saggia So Tutto Io che viveva sul Pinone centenario di Pavullo. La Cornacchia, che era di vecchio stampo, non voleva che nessuno si allontanasse dal proprio territorio, perciò, ingannò il Coniglio e gli diede una mappa che lo avrebbe condotto in un posto dove non c’erano né cibo, né compagnia.

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Ricevuta la mappa, felice di partire il Coniglio si mise subito in cammino, ma la strada fu dura e faticosa perché incontrò tanti pericoli: dirupi, faine, volpi e lupi ed anche un grosso fungo velenoso che emanava un cattivissimo odore che faceva appassire tutti i fiori che nascevano lì intorno. A un certo punto, quando si trovò nei pressi di un piccolo borgo chiamato dagli umani Monfestino, dovette attraversare le Cascate del Bucamante: bellissime, ma assai pericolose. Il Coniglio sì, curioso, ma anche molto pauroso, quando si trovò lì, in quel luogo, ebbe quasi voglia di tornare indietro. Ma, ad un certo punto, fu sopraffatto da una grande forza ed avvertiva intorno a sé, una strana magia, uno spirito nuovo che lo invogliava a raggiungere il suo obiettivo….. Il Coniglio non capiva da dove venisse tutto quel coraggio che non aveva mai posseduto… Solo con il tempo, quando le sue avventure terminarono, capì che quella forza gli era stata donata dagli spiriti di Odina e Titiro. Infatti, correva voce che nel Medioevo in quei luoghi vivessero questi due personaggi. La leggenda racconta che i signori di Monfestino, Guidubaldo e donna Elvira, avessero una bellissima figlia, Odina, la quale insieme alla sua dama di compagnia faceva spesso passeggiate nel bosco sottostante.

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Un giorno, mentre la dama si riposava, Odina scese più in basso, verso il torrente, dove pascolava un gregge guidato da un incantevole pastorello: Titiro.


Gli sguardi si incontrarono e si innamorarono. Si rividero spesso ma ben presto li scoprirono. Così Odina fu rinchiusa nella torre del castello, però riuscì a fuggire per ritrovarsi con Titiro. A questo punto iniziarono a cercare i due innamorati. Loro si sentirono perduti: il latrato dei cani, lo scalpitio dei cavalli sempre più vicino, li fecero andare verso la grande cascata. Si abbracciarono stretti, gettandosi dall’alto, fra quelle acque scroscianti. Il loro peso formò una buca sotto alla cascata… da qui nacque “BUCA DEGLI AMANTI”, appunto “BUCAMANTE” dove lo spirito dell’amore continua ad aleggiare.

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E fu così che con un grande salto Coniglio Curiosone oltrepassò le cascate. Ma le sue avventure non erano terminate, prima di giungere alla meta altre prove lo attendevano. Infatti, dopo diverse ore di cammino si trovò di fronte al Ponte del Diavolo immerso nei boschi di Monzone e dovendo oltrepassarlo cominciò ad avere paura e le prime titubanze: stava facendo la cosa giusta? Anche questa volta avvertì delle strane emozioni, il ponte non era come tutti gli altri… ma scombinato e dalla strana forma, però anche questa volta la forza dell’amore e lo spirito del bene lo aiutarono ad affrontarlo. Sì, proprio la Forza del Bene perché questo ponte è proprio il simbolo della vittoria del bene sul male. Dovete sapere che la leggenda racconta che un capo muratore aveva iniziato a costruirlo ma, ben presto, si accorse che non sarebbe riuscito a completare l’opera per il giorno fissato e, preso dalla paura delle possibili conseguenze, si rivolse al Maligno chiedendo aiuto al fine di terminare il lavoro. Il Diavolo accettò di completare il ponte in una notte in cambio dell’anima del primo passante che lo avesse attraversato. Il patto fu siglato ma il costruttore, pieno di rimorso, si confessò con un religioso della zona che gli consigliò di far attraversare il ponte per primo ad un maiale. Il Diavolo fu così beffato e scomparve nelle acque del fiume. Quindi grazie alla magia, all’incantesimo di quei luoghi e alla sua curiosità il Coniglio riuscì ad arrivare sul posto indicato dalla mappa.

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Si trattava del Monte della Solitudine, il nome non preannunciava niente di buono, ma lui cominciò ad esplorare il nuovo ambiente. Dopo pochi passi si accorse che lì non c’era nulla. Era un posto disabitato.


Tuttavia non si fece prendere dallo sconforto, anzi, era contento perché c’erano silenzio e pace, e non sentiva più la confusione dei passeri, dei picchi, delle gazze di Faeto che cantavano sempre. Ma dopo qualche giorno di tanta tranquillità e di pancia vuota, cominciò a sentire la noia e la malinconia. Per fortuna gli amici del suo vecchio Bosco lo avevano seguito e aspettavano il momento giusto per sostenerlo perché sapevano benissimo che il suo bellissimo bosco e il canto degli uccellini che aveva tanto disprezzato gli sarebbero mancati. Così appena videro la disperazione del Coniglio gli si avvicinarono e lo consolarono. Gli raccontarono che il bosco, dal quale si era voluto allontanare, stava donando loro tanti frutti: castagne, funghi, pinoli, noci ed era un rifiorire di colori, profumi e sapori che risvegliavano sensazioni ed emozioni meravigliose. Il Coniglio tornò con la mente e con il cuore al suo bosco e non ci pensò un attimo a tornare a casa con i suoi amici animali. Capì di essere stato troppo intraprendente e che tutto ciò che desiderava: l’amicizia, la diversità dei profumi, le sfumature dei colori, la bontà del cibo erano lì, nel luogo in cui aveva sempre vissuto e da cui si era allontanato. Questa avventura gli fece capire che è importante imparare ad apprezzare quello che si possiede.

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Il drago del Panaro e la magia del Secchia Scritta da: classe 4ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Gianni Rodari” - Mortizzuolo (MO) Illustrazioni di: Fabiana Lo Verde

C’

era una volta un drago che viveva in un fiume chiamato Panaro, non aveva ali ma aveva pinne, con le pinne si muoveva velocemente. Quel drago si chiamava Jio-Jio, era bellissimo: aveva una cresta verde luminosa, sputava fuoco azzurro e il suo corpo era ricoperto di squame azzurre e celesti. Aveva dei pesci come amici, li aiutava, li proteggeva e insieme giocavano tutto il giorno.

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Lì vicino, c’era un altro fiume molto importante: il Secchia. Esso aveva un potere fortissimo: se qualcuno diventava cattivo il Secchia provocava una leggera inondazione e bagnando con le sue acque il personaggio cattivo, lo faceva ritornare buono. Jio-Jio faceva spesso visita al Secchia e di tanto in tanto,




portava qualche animaletto perfido per fargli fare un bagnetto e diventare un po’ più buono. Accadde però che, facendo la muta, le squame diventarono rosse e la cresta azzurra. Jio-Jio era diventato ancora più bello e per questo motivo attirò l’invidia degli altri abitanti di quel posto, in particolare nutrie ed uccelli. Le nutrie vivevano nel Panaro insieme al drago ma venivano spesso ostacolate da lui per i loro giochi piuttosto dannosi per le sue rive. Una notte le nutrie scavarono dei buchi nel fiume. Il giorno dopo il drago vide quel disastro e iniziò a sospettare delle nutrie, ma non sapendo cosa fosse successo realmente, decise di fare un’indagine insieme ai pesci. Jio-Jio chiamò le nutrie e fece loro delle domande: “Siete state voi a fare quei buchi?”. Le nutrie, con risposta poco convincente, risposero: “No, non siamo state noi!”. Il drago non sapeva se crederci o meno e rimase un po’ perplesso, ma loro finsero di essere sue amiche e allora il drago le perdonò e disse che potevano rimanere a vivere nel Panaro. Un giorno gli uccelli, svegliatisi di buon mattino e vedendo che il Panaro era avvolto da una fitta nebbia, decisero di approfittarne per mangiare un bel po’ di pesci di nascosto dal drago. Quando Jio-Jio si svegliò e vide quello che stavano facendo gli uccelli, andò in soccorso dei pesci, perché erano suoi amici. Alcuni uccelli vennero uccisi e nel fiume Panaro si vide un’immensa pozza di sangue, i sopravissuti andarono a chiamare rinforzi per uccidere il drago o per catturarlo. Quindi decisero di fare amicizia con le nutrie e si misero d’accordo per imprigionare il drago che non permetteva loro di fare ciò che volevano; così fissarono un giorno per catturarlo. 75


Quel giorno, era il 10 giugno, fu un giorno molto felice per gli uccelli e per le nutrie, perché riuscirono a rapire Jio-Jio, lo intrappolarono in una rete magica e finalmente, poterono fare quello che volevano: gli uccelli cacciarono tanti pesci e le nutrie ripresero a scavare tantissimi buchi sotto terra.

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Un pesce gatto scoprì il nascondiglio in cui era stato imprigionato il drago, così passò parola ai suoi amici per provare a liberarlo, ma c’erano le nutrie che facevano la guardia, perché l’avevano imprigionato in un buco scavato da loro stesse. Jio-Jio continuava a chiamare aiuto, i pesci lo sentirono e cercarono di aiutarlo, provarono e riprovarono, ma inutilmente, non ci riuscirono perché la rete aveva una magia forte: se la toccavi ti dava la scossa.



I pesci si parlarono e chiesero aiuto a tutti gli animali, perché gli uccelli e le nutrie continuavano a mangiarli, così decisero di andare dal fiume Secchia. Mentre gli uccelli stavano banchettando con la loro pesca fortunata, le nutrie sentirono che dicevano: “Quando cattureremo tutti i pesci ci sbarazzeremo delle nutrie!”. A quel punto le nutrie decisero di allearsi con i pesci per liberare il drago e disfarsi degli uccelli, perché avevano capito che non erano loro amici. I pesci ci rifletterono su, e dissero alle nutrie: “Sì, potete stare con noi ma a una condizione: dovete aiutarci a catturare gli uccelli!” e le nutrie accettarono. Pesci e nutrie arrivarono insieme dallo Spirito del Secchia, per chiedere il suo aiuto e lui rispose: “Fatemi solo sapere dov’è e il mio incantesimo arriverà direttamente dal drago!”. La magia del Secchia fece assopire tutti gli uccelli, così gli altri animali riuscirono a liberare Jio-Jio che poté tornare al suo Panaro. Quando gli uccelli si svegliarono, vedendo che il drago era scappato, si infuriarono e volarono subito verso il Secchia per divorare tutti i pesci che avevano chiesto il suo aiuto. Ma appena immersero il becco nell’acqua del Secchia, si compì la grande magia, gli uccelli diventarono buoni e cominciarono a beccare le foglioline che erano rimaste sulle sponde di quel grande corso d’acqua. L’incantesimo, non durò per sempre e ben presto ricominciarono i bisticci, così, ancora oggi, il drago è ancora nel Panaro con i suoi amici pesci e continua a salvarli dalle brutte avventure portando, di tanto in tanto, qualcuno a far visita al Secchia, ma se ne sta sempre ben nascosto, perché non vuole più farsi catturare da nessuno. 78



Gli autori delle favole

in ordine alfabetico

“La mamma mongolfiera”

Scritta da: classe 4ª B (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Enzo Ferrari” - Fiorano Modenese (MO) Insegnanti: Milena Mazzini, Silvia Bondi

Albano Asia Andreoli Luca Bursi Rebecca Carboni Edoardo Centolanza Mirko Chiletti Lucia Chroukate Amin Deiana Elisa Fanelli Armando Ferrante Nicole Ferrari Gabriele Gaballo Luca Galliano Francesca Ignoti Fabio Karif Yassine Malygin Daniil Manfredini Elisa Mariucci Chiara

Marzola Michael Mastropieri Eleonora

Meto Davide Opoku Gyamfi

Saba Lorena Spac Oleg

“Il vecchio castagno”

Scritta da: classe 4ª E (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “G. Marconi” - Acquaria (MO) Insegnanti: Patriarca Giovanni, Rossi Silvia, Vecchi Cristina Antoni Pierre Rocchi Mattia Bonucchi Martina Santi Nicolò Burgoni Alessia Seghi Matteo Burgoni Elena Clementini Tommaso Corsini Tania Dinarica Edon Doddi Sara Ferrari Emanuele Luppi Lucrezia

“Tra mito e realtà”

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Scritta da: classe 4ª C (A/S 2013/14) Scuola Primaria “Sant’Agostino” Sassuolo (MO) Insegnante: Gianfranco Rinaldi Bance Bayame Guazzi Lucia Bertoni Chiara Lebchir Ibitissam Bigi Samuele Lorandini Guglielmo Bimbi Mattia Manattini Alice Canalini Martino Masini Luca Capotorto Giulio Mussini Alessia D’onofrio Emanuele Palazzi Manuela Dotto Luca Pinto Sara Franchini Matteo Sabaghe Amin Goldoni Valentina Valmori Alessandro


“Il cavaliere nella grotta del drago”

Scritta da: classe 3ª B (A/S 2013/14) Scuola Primaria “Carlo Collodi” Carpi (MO) Insegnanti: Maria Rosa Bolla, Valentina Quinci, Daniela Ferrari, Rossella Prandi Afriyie Willhmina Al Samamah Rayan Besutti Simone Carretti Kiran Manuele Yanki Casarini Federico Desiato Nicola D’Orso Valentino Freda Angela Ghermandi Arianna

Iqbal Hejab Loh Yu Li Masetti Martina Morgotti Caterina Perrucci Giorgia Pettenati Tommaso Raheel Alyshba Righi Emma Rivalini Lorenzo

Saltini Claudia Salvarani Mirko Spaggiari Giulio

Tegani Matilde Tonet Sara Venosa Rebecca

Zafar Rameen Zini Edoardo

“Gli animali amici del fiume Secchia”

Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Gasparini” - Concordia sulla Secchia (MO) Insegnanti: Maurizia Bellintani, Giulia Beltrami Andriolo Lucia Balmache Sabrina Bertolasi Gaia Bussei Alice Catozzi Alyson De Benedetto Vincenzo Doubaj Youssef Ercolani Niccolò Florio Valerio Gennari Gloria Michelle Hu Sandro Kacmaz Havana Laura Linares Felipe Alberto

Liu Alessio Manicardi Alessia Martone Sara

Neri Tomas Romdhani Takoua Silvestri Francesca

Smerieri Marta Stefanini Nicolò Zulfiqar Furqan

“Come nacquero le castagne”

Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Istituto Comprensivo “Francesco Berti” Prignano sulla Secchia (MO) Insegnanti: Simonetta Costi, Maria Bussoli, Giovanna Orlandi, Irene Tirrito, Elisa Mariani Bianco Noemi Canali Gabriele Canali Simone Cantelli Simone Casini Davide El Khyat Safia Fiandri Laura Gravina Davide Labidi Nancy Leghouris Amina Mediani Samuel Orlandi Barbara Valentini Alessandra

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“Hansel e Gretel nelle terre tra Secchia e Panaro” Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Giovanni Pascoli” VI circolo Modena Insegnanti: Umbertina Bucci, Annarosa Cavazzuti

Barozzi Matteo Caselli Massimiliano Cassanelli Damiano Castro Soto Fiorella Cervantes Gabriel Julian Delmonte Flavio Dragutan Alexandra Faraguti Francesco Faraguti Sofia Ferrari Amorotti Filippo Carlo Gatti Niccolò Ghencea Andrei Iurcovschi Dumitrita

Larocca Alice Luppino Tommaso Olivieri Simone Poberezhna Nataliya Vaccari Giovanni Vitale Violetta

Wang Tingru Alunni assenti Anqat Abdullah Datinguinoo James Carl Hamouda Anwar Louki Yassmine

“I gattini terremotati” Scritta da: classe 3ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Guglielmo Marconi” Campogalliano (MO) Insegnanti: Carri Susanna, Perrone Rosamaria

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Bossa Maria Francesca Boudjella Amira Codeluppi Sara Cossu Jago Dallari Fabio Debbi Alex

Destino Angelica Diala Cristina El Hannat Youssef Ferraioli Daniel Frongia Jacopo Gobbi Luca

Guaitoli Giulia Vittoria Iotti Margherita Kayahan Bikem Mazzucchi Samuele Kisito Meninno Giulia Montanini Alessandro

Schenato Lucia Soussia Ayoub Tommasini Mattia Topal Muhammet Zottoli Chiara


“Le avventure di un coniglio intraprendente” Scritta da: classe 4ª C e 4ª D (A/S 2013/14) - Istituto Comprensivo “Carlo Stradi” Maranello (MO) Classe 4ª C Insegnanti: Nunzia Rosa, Helen Cerfogli, Lorella Beneventi Classe 4ª C Asare Glenn Bossi Ludovica Campana Fede Carreri Penelope Celeste Francesco Colombini Davide Cuoghi Alessandro Durini Mirko Erdag Dilan Farina Alex Farina Andrea Franchi Marta Fontanesi Daniele Jarmouni Nadia Lombardi Giusy Mazzi Matilde Pelliciari Elena Rosi Francesco Russo Simone Vacante Sharon Visconti Antonino Vivi Mattia Classe 4ª D Classe 4ª D Abdellaoui Driss Merlino Mattia Giovanardi Deborah Cottington Lorenzo Angjeliu Iris Palladino Nicola Gualco Matteo Edward Asti Giovanni Panzera Domenico Lusoli Silvia Dahi Doaa Canosa Samuele Petracca Alice Macaluso Giuseppe Diana Simone Caselli Alexia Pinchiorri Beatrice Manfredini Irene Franciosi Sofia Ciancio Davide Pramazzoni Ilenia Mazzi Greta Ganassi Marika

“Il drago del Panaro e la magia del Secchia” Scritta da: classe 4ª A (A/S 2013/14) - Scuola Primaria “Gianni Rodari” Mortizzuolo (MO) Insegnanti: Manuela Rizzo, Gabriella Mambrin, Chiara Baldoni, Laura Benedusi, Orsola Smeragliuolo, Elisabetta Maino Barbieri Lorenzo Bevilacqua Jonathan Calabrese Valerio Caleffi Beatrice Cazzuoli Alice Consorzi Elettra D’Onghia Francesco Domi Emily El Maghfour Manal Haghel Elisa Mihaela Hu Andrea Marchesi Francesco Pluvioli Gabriele Sgarbi Anita Hu Stella Marsala Dennis Poletti Filippo Zavatta Chiara

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Gli illustratori della scuola...

Nata nel 1994, frequenta l’indirizzo figurativo all’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena. È molto indipendente, intraprendente e non si tira mai indietro per nuove conoscenze o esperienze. La sua passione è l’arte in tutte le sue forme, specialmente il disegno tradizionale, la musica e il cinema. Ha partecipato al laboratorio di teatro della scuola. Non vede l’ora di continuare a viaggiare e imparare nuove culture e lingue.

Sara Gombia

Nato a Carpi nel 1996, da sempre ha avuto la passione per il disegno e i libri. Frequenta l’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena ed è all’ultimo anno, ma certo non si fermerà con la strada del disegno! Gli piace sperimentare nuove tecniche e affrontare sempre temi nuovi. E andare a caccia di zombi occasionalmente.

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Nata nel 1997 a Castellarano, frequenta l’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena. Ha partecipato al concorso per la copertina del libro “Le favole tra Secchia e Panaro”. Le sue passioni sono il disegno e la moda. Da grande vorrebbe lavorare con il Boss delle torte a New York!

Gabriele Melegari

Ye Suofeiya

Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi


Nata nel 1997 a Pavullo nel Frignano, vive a Serramazzoni; sta attualmente frequentando il quarto anno dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena nel corso di arti figurative. Partecipa a diverse iniziative scolastiche, nel 2011 per la realizzazione della mascotte di una manifestazione sportiva organizzata nel paese dove vive, nel 2013 per l’illustrazione della copertina del libro “Racconti fuori classe” a cura dell’Associazione Editori Modenesi. Le sue passioni sono il disegno, la fotografia e la scrittura. Le piacerebbe in futuro continuare a lavorare in campo artistico, soprattutto come illustratrice.

Marco Rubbera

Carlotta Gallo

Nata nel 1997 alle isole Mauritius, ama le sue origini e ne va molto fiera. Frequenta il Liceo artistico indirizzo arte figurative. Ha partecipato al concorso per la copertina del libro “Le favole tra Secchia e Panaro”. Ha sempre avuto passione per il disegno e ogni momento è buono per schizzare e inventarsi storie illustrate. Un sogno: aprire una gelateria alle Mauritius.

Giada Lanzotti

Chiara Pagani

Nata a Modena nel 1997, frequenta il corso di arti figurative all’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena. Le sue passioni sono la pallavolo e l’arte. Ama mangiare, suonare la chitarra, viaggiare e conoscere gente nuova.

Nato a Modena nel 1998. Nel 2012 ha partecipato come illustratore al concorso “Racconti fuori classe” a cura dell’Associazione Editori Modenesi, l’anno successivo per il medesimo concorso viene scelta la sua copertina. Ha illustrato per “Le favole tra Secchia e Panaro” 3°edizione 2012/2013. Nell’estate del 2014 partecipa alla fiera di Spilamberto, esibendo i suo disegni in via Obici. Sogna di poter lavorare per la Disney.

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Fabiana Lo Verde

Nata a Sassuolo nel 1998 frequenta il 3° anno all’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena, perché appassionata al disegno sin da piccola. Frequenta corsi di nuoto. Da grande vorrebbe diventare illustratrice di libri per bambini.

Nata nel 1998, sta attualmente frequentando la terza classe all’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena. Il disegno è sempre stata la sua passione da quando il padre e il fratello l’hanno stimolata in questa disciplina. Attenta ai particolari e amante dei ritratti. Anita ha già partecipato nel 2013 al concorso “Favole tra Secchia e Panaro” e esternamente alla scuola ad “Ean 2014”. Spera di poter continuare i suoi studi all’Accademia delle Belle Arti e diventare un giorno illustratrice.

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Morgana Volpi

Nata a Correggio nel 1997. Le sue passioni sono cantare, disegnare. Frequenta il quarto anno all’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena con indirizzo Arti Figurative. Nell’ambito dell’ editoria modenese, ha partecipato nel 2013 alle illustrazioni per la copertina di “Racconti di Classe” e alle illustrazioni del libro “Favole tra Secchia e Panaro”.

Anita Accorsi

Anna Pini

Nata a Pavullo nel 1998 frequenta il 4° anno all’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena. Ama i videogiochi e le serie tv, appassionata dello studio del linguaggio del corpo e delle espressioni facciali. Sogna, dopo l’università, di trovare la sua strada, in Italia o all’estero.


Enrica Martinelli

Nata a Carpi nel 1998, sta frequentando il 3° anno dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena. Nel 2012/2013 ha illustrato per il libro “Le favole tra Secchia e Panaro”. Ama la natura e i suoi colori, i sentieri di montagna, i fiori, i pesci sul fondo del mare e da piccola disegnava con i gessi colorati sulle pietre del cortile. Da grande vorrebbe continuare a disegnare e fare la restauratrice.

Per educare un figlio ci vuole un villaggio…dice un proverbio africano. Nei villaggi si incontrano le generazioni. Anche questo libro di favole è un villaggio, quello del territorio modenese, raccontato con gli occhi dei bambini e disegnato con quelli dei loro fratelli adolescenti un poco più grandi: probabilmente dentro a questo villaggio di favole c’è anche la generazione dei nonni, con le storie raccontate a questi bambini e ragazzi. Nei villaggi si cresce, reciprocamente ci si aiuta a vivere e a trovare un senso condiviso alle cose che si fanno. I disegni degli studenti dell’Istituto d’Arte Venturi che accompagnano questo libro sono preziosi: hanno dato loro la possibilità di mettersi in gioco, di imparare facendo, di aprire la mente e il cuore alla realtà con tutta la sua ricchezza, di “abitare” un poco del villaggio modenese. Perché ogni ragazzo ha bisogno di vedere che è capace di usare la propria creatività, di far nascere bellezza, di sentirsi parte di un tutto. Ecco, siamo contenti come scuola di ricevere dal territorio queste “committenze” che danno la possibilità ai nostri studenti di imparare facendo crescere tutte le dimensioni della persona, mente, cuore, mani. Poi i ragazzi ci aggiungono del proprio: lavorano d’estate, in autonomia, per realizzare questi disegni, perché la vacanza non è il vuoto, ma la possibilità di esprimere fantasia e creatività. Se i nostri ragazzi sono in grado di tirar fuori questi disegni, è anche perché dietro c’è il lavoro appassionato di tanti insegnanti, uno di questi è Margherita Mantovani, docente di Discipline pittoriche: qualcuno che ti aiuta a tirar fuori il meglio di te, a intravedere un orizzonte di possibilità e a mettere insieme competenze e abilità per fare bene e “bello”. Perché in un villaggio non si cresce da soli!

Giovanna Morini Dirigente scolastico Istituto Superiore d’Arte Venturi di Modena

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Questa pubblicazione raccoglie solo 10 delle tante fiabe giunte alla Direzione del Centro Commerciale i Portali. Cogliamo questa occasione per porgere un ringraziamento speciale a tutte le classi delle scuole primarie di Modena e provincia che hanno preso parte all'iniziativa. Solo grazie a loro la 4ÂŞ edizione di "Le favole tra Secchia e Panaro" ha preso vita con entusiasmo, fantasia e grande creativitĂ .


Le favole tra Secchia e Panaro Il territorio modenese visto con gli occhi dei bambini. Favole scritte dalle classi terze e quarte, A/S 2013/14 delle scuole primarie di Modena e provincia.

Le favole tra Secchia e Panaro

Illustrazioni degli allievi dell’Istituto Superiore d’Arte Adolfo Venturi di Modena.

Raccolta di favole realizzata da

4ÂŞ edizione


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