ITJ Italiano N. 1

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Integral Transpersonal Journal di arti, scienze e tecnologie


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Lettera dal Nuovo direttore Ho accettato con grande piacere l’incarico di nuovo direttore editoriale dell’Integral Transpersonal Journal, una rivista che ha tra i suoi intenti quello di conciliare scienza, tecnologia, arte e poesia nel campo del transpersonale. Inizio allora presentandomi ai lettori di questo periodico ed ai diversi autori che offrono la loro collaborazione. Mi sono formata come medico psichiatra e ricercatrice nel campo delle neuroimmagini. Il mio percorso professionale può essere riassunto in poche parole: “Da terapeuta a guaritrice”. Ho cominciato come psichiatra per arrivare alla psicoterapia: lungo il cammino, il mio approccio alla dimensione psicologica è passato da quello biochimico a quello spirituale; dallo stato di vigilanza, come è definita la coscienza in termini medici, allo stato di coscienza. Dalla ricerca in campo psichiatrico con l’uso di tecniche di imaging cerebrale sono approdata ai metodi di ricerca qualitativa in psicoterapia. Trovo stimolante l’impegno, assunto dall’ITJ, di conciliare scienza e poesia. Si tratta di un’impresa non semplice, di una sfida resa ardua dal fatto che buona parte delle esperienze riportate in ambito transpersonale sono di carattere molto personale e difficili da considerare oggettivamente: molto spesso è problematico esprimerle con il linguaggio scientifico, che, per definizione, è scevro dell’ambiguità e dell’ambivalenza del linguaggio corrente e non lascia per nulla spazio alla metafora. Ce lo ricorda Janet Cohen: “Il linguaggio scientifico ha una digressione di zero gradi, mentre il linguaggio poetico ha il massimo di digressione”. Ritengo di fondamentale importanza offrire uno spazio nel quale gli psicoterapeuti transpersonali possano esporre in un linguaggio scientifico i risultati delle loro ricerche, e i filosofi transpersonali condividano i loro pensieri e le loro intuizioni in un linguaggio poetico e metaforico. Come è stato sottolineato nel primo numero di questa pubblicazione, “La visione transpersonale è ampia, profonda, integrale e integrante.”; transpersonale può essere definito tanto un approccio filosofico per descrivere l’esperienza della vita umana, quanto un metodo terapeutico per trattare disturbi psicologici e forse anche fisici. E’ evidente come, in quest’ultimo caso, ci si debba confrontare con l’ambiente medico scientifico, provare l’efficacia e la riproducibilità dei metodi utilizzati, essere pronti a difendere la propria professionalità e forse anche a rigettare l’accusa di ciarlataneria che talora viene formulata dall’istituzione III


accademica. Sono completamente d’accordo con l’intento dell’ITJ che, a questo proposito, dichiara: “Noi vorremmo contribuire a forgiare un’epistemologia che riconosca l’esperienza interiore trascendente e l’esperienza fenomenologica del mondo, della natura, della cultura e dell’ambiente, coscienza e materia; tutto può essere esaminato in una visione partecipativa”. Le pagine della rivista, che considero anche come un importante strumento per diffondere e promuovere la conoscenza nel campo della psicoterapia transpersonale, ospiteranno articoli nei quali si discuterà, con un linguaggio più scientifico, di metodi terapeutici. Ma accoglieranno con grande interesse contributi in forma di discussione filosofica, riguardo temi generali sull’essere umano, sull’ambiente, ecc. Ci sarà inoltre spazio per commenti su libri e articoli apparsi su altre pubblicazioni, sia relativamente ad argomenti di carattere transpersonale sia su questioni di interesse più ampio: in modo da favorire la loro diffusione tra i nostri lettori. Ritengo che, qualunque sia la nostra posizione nel campo del transpersonale, dobbiamo essere consapevoli del mondo intorno a noi, tanto di quello accademico e scientifico quanto di quello economico e lavorativo. Credo, del resto, che condividere i propri pensieri, idee e persino dubbi sia il modo migliore per favorire il progresso della conoscenza scientifica e “fare la differenza” nello sviluppo umano. Non vedo l’ora di coinvolgere in questa appassionante impresa il maggior numero possibile di lettori e autori.

Giovanna Calabrese

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EDITORIAL INFORMATION DIRETTORE SCIENTIFICO

Pier Luigi Lattuada

STAFF EDITORIALE

Giovanna Calabrese, direttrice editoriale

Ilaria Cislaghi, curatrice editoriale Eleonora Prazzoli, assistente editoriale Daniela Giovine, consulente editoriale Patrizia Rita Pinoli, consulente editoriale Claudia Castiglioni, grafica

COMITATO SCIENTIFICO

Ingo Benjamin Jahrsetz, Germany Jure Biechonsky, Estonia Bernardette Blin-Lery, France Gennady Brevde, Russia Steven Schmitz, USA Ingrida Indane, Latvia Dietrich Franke, Germany Magda Sole, Spain Lyudmila Scortesca, Moldova

TRADUZIONI

Giovanna Calabrese Ilaria Cislaghi

Luciano Ghisoni Daniela Giovine Patrizia Pinoli

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INTEGRAL TRANSPERSONAL JOURNAL VOLUME I, NUMERO I, 2011 Articolo speciale Intervista ad Ervin Laszlo sulla Coscienza Transpersonale ERVIN LASZLO

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Contributi Epistemologia della Seconda Attenzione: Verità e Realtà PIER LUIGI LATTUADA PH.D

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La Ricerca di Valori Universali STANLEY KRIPPNER, PH.D

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Il Modello di Guarigione degli Indiani Navaho STANLEY KRIPPNER, PH.D

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Psicoterapia Transpersonale: Un Processo Pscicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? JO E. SCHNORRENBERG PH.D

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Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale J. STANISLAV GROF, M.D

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Commenti A Proposito di Ricerca nel Campo del Transpersonale GIOVANNA CALABRESE

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Eurotas e relazioni Atp Appello per una Maggiore Collaborazione Internazionale STEVEN SCHMITZ PH.D

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La prossima uscita e le informazioni per aspiranti autori Stati Alterati di Coscienza in Psicoterapia

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Informazioni riguardo ITI

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Avvisi per gli abbonati

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Intervista ad Ervin Laszlo sulla Coscienza Transpersonale ERVIN LAZLO Il Dott. E. Lazlo, riconosciuto come il padre della Filosofia Sistemica e della Teoria dell’Evoluzione Generale, è il fondatore e l’attuale direttore della General Evolution Research. Nominato due volte per il Premio Nobel per la pace, è stato insignito di numerosi premi e riconoscimenti, tra cui quattro dottorati onorari. Autore di oltre settanta libri, tradotti in diciannove lingue, ha pubblicato più di quattrocento articoli di carattere scientifico e di ricerca. Gli incarichi, assunti in diverse università americane, europee e del Medio Oriente, riguardano diversi progetti di ricerca finanziati e docenze in ambito filosofico. Attualmente ricopre la carica di consulente per il direttore generale dell’UNESCO. È ambasciatore dell’International Delphic Council, membro dell’International Academy of Science, della World Academy of Arts and Science, della International Academy of Philosophy. Sito web: www.ervinlaszlo.com ABSTRACT Nel 2009, E.L. si è rivolto “virtualmente” alla XI conferenza EUROTAS, parlando di coscienza. Un cambiamento nella direzione della coscienza transpersonale è necessario per dare all’umanità una speranza di sopravvivere su questo pianeta.

Al giorno d’oggi, la Coscienza Transpersonale è estremamente importante. È di un’importanza cruciale, poiché dà accesso immediato a cose, eventi, informazioni che vanno oltre il mondo dei sensi, oltre gli immediati confini del cervello e della mente. Non si tratta di un processo meramente immaginario: ha una base nella realtà. Opera infatti in forza di una risonanza quantica, attraverso i più piccoli elementi delle sottostrutture neuronali che originano da campi olografici, là dove esistono informazioni di tutte le cose, dove tutti i quanti sono impressi, dove tutto il vivente partecipa. Ora si sa che questo posto, una volta ritenuto esplorabile sola da uomini di medicina, da sciamani, da guru e profeti è disponibile ad un numero sempre crescente di persone. Ed è un luogo di incomparabile importanza. Un mutamento della coscienza assume oggi una rilevanza cruciale e determinante. 8


Intervista ad Ervin Laszlo

Si tratta di una trasformazione che dipende dalla nostra abilità a connetterci con gli altri, con l’ambiente, con il pianeta, con l’intera comunità umana. Consideriamo le radici dei problemi che dobbiamo affrontare al giorno d’oggi. I cambi climatici e il riscaldamento globale sono solo alcuni di quelli visibili, ma ci sono anche questioni come la disponibilità dell’acqua, l’innalzamento dei livelli del mare, l’esaurimento dei terreni fertili, il sovraffollamento delle città, le situazioni di povertà tremenda e il divario tra i ricchi e i poveri, il diffondersi di malattie. Sono in atto tendenze che bisogna invertire. Qual è l’origine di tutto ciò? La risposta non può che essere la coscienza, la coscienza dominante, la tipica coscienza di quegli elementi della società che sono responsabili dell’economia, responsabili della produzione e del consumo, responsabili di imporre, o almeno suggerire, i modelli di vita e quindi i valori della popolazione. Ci comportiamo male, in maniera insostenibile per il pianeta; in questo modo, stiamo distruggendo l’ambiente da cui dipendiamo. Perché ciò accade? Qual è la differenza tra una civiltà, una società sostenibile ed una non sostenibile? La diversità è data dai valori che sono basati sulla visione di noi stessi, sulla nostra identità e, in generale, sulla percezione della nostra relazione con il mondo. Su cosa si basano questi fattori? Essi dipendono dal concetto di mondo, dalla nostra visione del mondo, dalla natura dominante della nostra coscienza. Se consideriamo la coscienza tipica dell’occidente negli ultimi 200-250 anni, notiamo che è una coscienza materialistica e riduzionista, secondo la quale siamo bloccati in una torre, abbiamo cinque fessure, i sensi, attraverso cui sperimentiamo il mondo. Questo tipo di coscienza crea separazione tra le persone, tra le persone e la natura, crea tutti i problemi che abbiamo perché spinge le persone a combattere, a procedere, sbandando, in direzione del proprio interesse personale, per la propria sopravvivenza, perché solo il più adatto sopravvive. In realtà Darwin non ha mai detto che solo il più adatto sopravvive, poiché per lui il più adatto era il più adattato, cioè quello più capace di cambiamento. Ma per i suoi seguaci l’adattato è diventato il più adatto, quello più forte e più sano che sopravvivrà. Ciò non è vero: è questo che crea una cattiva coscienza. Il concetto è stato espresso efficacemente da Thomas Huxley, il nonno di Aldus Huxley, il grande biologo di oltre 100 anni fa. Egli disse che se solo il più adatto sopravvive, allora la maggior parte non è fatta per sopravvivere. Questo è il problema al giorno d’oggi: la maggior parte non è adatta per sopravvivere; il nostro compito sarebbe di rendere questa maggioranza adatta a farlo, perché o sopravviviamo 9


Intervista ad Ervin Laszlo

tutti o nessuno. Quindi abbiamo un problema con la coscienza. Si tratta di superare la coscienza scientifica che è così erronea, non perché sia errata la scienza, ma perché considera la scienza sbagliata: fa riferimento alla scienza newtoniana, ormai superata, che non è neanche la scienza di Newton, ma quella dei suoi seguaci, proprio come la scienza darwiniana non è quella di Darwin, ma quella dei suoi successori. Questo tipo di coscienza ci sta portando verso una serie di problemi che mettono a rischio la nostra sopravvivenza su questo pianeta. Dobbiamo quindi agire in una nuova direzione, dobbiamo sviluppare un nuovo stile di vita. E non possiamo farlo semplicemente investendo più soldi e usando nuove tecnologie se le applichiamo con le identiche vecchie idee, con i soliti valori ormai inadeguati. Possiamo creare un nuovo mondo, un mondo più sostenibile e pacifico se cambiamo i nostri principi di base, e se i nostri principi, grazie a questo rinnovamento, mutano, ciò trasformerà la nostra coscienza. Qual è la natura di questa nuova coscienza? Lasciatemelo dire in una parola: transpersonale. La coscienza transpersonale è quel tipo di coscienza di cui abbiamo bisogno per sopravvivere su questo pianeta. Perché una coscienza transpersonale è oltre la mente, oltre i limiti dell’ego, oltre i limiti del corpo, rende un individuo parte della comunità, del suo ambiente, non lo separa come un’identità connessa agli altri tramite un network di reciproci, e spesso conflittuali, interessi. A proposito dell’avidità dominante, il mahatma Ghandi disse che a questo mondo c’è abbastanza da soddisfare le necessità di tutti, ma non abbastanza da soddisfare l’avidità del singolo; questa bramosia si basa sulla nostra coscienza. La coscienza transpersonale apre la mente, si apre agli altri, crea connessioni, empatia, simpatia, crea un senso di appartenenza, aspetto tipico delle grandi tradizioni spirituali, delle società tradizionali. Non sono mai esistite società non occidentali, società non moderne, organizzate in modo che una piccola parte per il suo proprio interesse distruggesse il resto. Ciò che accade oggi è che una porzione della società sta distruggendo l’ambiente, creando un divario tra il più ricco e il più povero. Non lo fa intenzionalmente, di proposito, non procede consciamente, ma opera con una mancanza di virtù che agisce come un cancro, invece di costituire una parte produttiva della società. È tipico nei tumori che un gruppo di cellule, cancerose, abbia un solo programma, quello di riprodursi: esse non fanno altro, non si adattano al sistema, all’organismo; l’unica cosa che fanno è riprodursi, alla fine arrivano ad un punto in cui l’organismo non è più disponibile e non può più sostenerle. Allo stesso modo un piccolo 10


Intervista ad Ervin Laszlo

gruppo di persone, ricche e potenti, opera come un cancro. Esse creano benessere nel breve periodo, ma creano problemi di non sostenibilità nel lungo periodo. Sfruttano l’ambiente, si approfittano eccessivamente degli altri; ogni loro azione è nel proprio egoistico interesse immediato. Ciò non può funzionare su un pianeta di circa sette miliardi di persone, dove viviamo vicinissimi al limite massimo di sostenibilità. Il cambiamento del clima produrrà un mutamento negli equilibri della natura, dalla quale dipendiamo. Tali equilibri si sono evoluti nel corso degli ultimi diecimila anni e sono rimasti relativamente stabili fin dall’ultima era glaciale; su di essi si basano tutti gli ambienti e gli schemi abitativi dell’uomo, le fonti di acqua e di cibo ed ogni mezzo di sussistenza. Un improvviso cambiamento di condizioni produrrà nuovi equilibri che non saranno in grado di reggere tutta l’umanità. Forse ciò sarà possibile solo nell’area artica e in quella antartica, più fresche. Secondo James Lovelock, l’autore delle teorie di GAIA, probabilmente non più di un miliardo di persone sarà in grado di sopravvivere su questo pianeta nei prossimi diecimila anni. È una visione pessimistica. Ma James Lovelock non considera, o forse non considera a sufficienza, la possibilità di un cambio di coscienza, di un’evoluzione grazie alla quale ognuno possa sviluppare un modo di agire differente, un modo diverso di relazionarsi con l’altro e con la natura. È una grande sfida quella che ci si presenta, ma è fattibile: non è un’impresa senza speranza o idealistica. È però fondamentale che impariamo a relazionarci con l’altro con un senso di armonia, con un senso di appartenenza, come hanno sempre fatto le culture tradizionali, le culture non-occidentali. Di sicuro anche queste hanno combattuto tra loro guerre e conflitti tribali, ma al loro interno, i membri erano solidali. Ora facciamo parte di una comunità globale e abbiamo bisogno di solidarietà al suo interno. Dovremmo allora agire con questo tipo di coscienza. Dovremmo usare le tecnologie e gli strumenti economici già disponibili: abbiamo le conoscenze, il software per organizzarci, l’hardware per usarle; siamo in possesso di strumenti e tecnologie talmente potenti da far sì che più di sette miliardi di persone vivano su questo pianeta nel benessere ed in pace. Ma perché questo avvenga dobbiamo cambiare. E ciò di cui abbiamo bisogno per questo cambiamento è una coscienza transpersonale: oltre la mente, per poter entrare in relazione con l’altro in pace, per renderci conto che ciò che facciamo agli altri lo facciamo a noi stessi, per comprendere che ciò che è bene per l’intero sistema è senz’altro bene anche per noi. Siamo collegati, siamo tutti sulla stessa barca, sulla stessa astronave, che oggi 11


Intervista ad Ervin Laszlo

è minacciata, ma questa minaccia non è il destino e c’è la possibilità di evitarla. Viviamo un’epoca di grave difficoltà, è vero. Dicono che la crisi finanziaria sia quasi superata, che a breve sarà finita, ma non è così: vorrei che lo fosse. In realtà, l’emergenza può anche essere utile perchè le crisi portano con sé un’incredibile occasione, un’opportunità. Ma se noi instaurassimo di nuovo lo stesso sistema, con le stesse vecchie dinamiche, dovremmo solo aspettare la prossima crisi. Oggi abbiamo l’opportunità di cambiare, di creare una nuova politica. Se lo comprendiamo, se cominciamo ad agire questa nuova coscienza che va oltre i ristretti confini del cervello e della mente, questa crisi è la nostra occasione. Per questo è così importante organizzare conferenze come questa, sulla coscienza transpersonale, che è la grande speranza per la sopravvivenza del genere umano su questo piccolo pianeta.

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Epistemologia della Seconda Attenzione: Verità e Realtà (Parte II)

PIER LUIGI LATTUADA Medico Chirurgo Ph.D in Psicologia Clinica Psicoterapeuta Presidente dell’Associazione per la Medicina e la Psicoterapia Transpersonale di Milano Fondatore della Scuola di Biotransenergetica e Transpersonale a Milano Membro della Federazione delle Associazioni Italiane di Psicoterapia Membro dell’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria di Roma Ex dirigente medico di Lifegate Holistic Medicine di Milano Sito internet: www.biotransenergetica.it; www.integraltranspersonal.com

ABSTRACT: L’autore affronta il dialogo tra Realtà e Verità proponendo di affiancare ad una Scienza della Realtà, una Scienza della Coscienza o della Verità. Prosegue l’esposizione dell’Epistemologia della Seconda Attenzione già presentata nel precedente articolo pubblicato sul numero zero dell’ ITJ. Delinea attraverso la definizione di concetti quali Passaggio dallo Zero, Sindrome Egoica di Identificazione, Configurazione Fenomenologica della Disidentificazione alcune linee guida per indagare con metodologia scientifica i territori della coscienza.

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Epistemologia della Seconda Attenzione: Verità e Realtà Il modo migliore per realizzare un sogno è svegliarsi Paul Valèry Verso una Scienza della Coscienza La scienza della coscienza si occupa della vera natura degli eventi, la sua giurisdizione si definisce pertanto in quella che potremmo chiamare l’area di confine tra Realtà e Verità. Impresa ardua dal momento che a ciascuno la propria Realtà appare come Vera. Di fronte alla difficoltà dell’impresa la scienza nei suoi oltre tre secoli di storia ha fino a pochi decenni or sono risposto eliminando dal suo ambito di ricerca la dimensione responsabile della difficoltà: la dimensione soggettiva della coscienza. Questa soluzione ha consentito alla scienza di procedere spedita producendo sul versante del Reale un progresso tecnologico stupefacente. Col tempo e soprattutto grazie alla contaminazione tra le nuove scoperte della fisica moderna coincidenti con le acquisizioni millenarie della filosofia perenne si è giunti a comprendere che la difficoltà andava affrontata in altro modo, il progresso tecnologico procedendo spedito si lasciava alle spalle voragini sul versante della Verità; diveniva sempre più chiaro che non si poteva negare il problema per risolverlo, snaturare la Vera Natura della Realtà per comprenderla. Infatti se è vero da un lato che per costruire ponti, navigare lo spazio, produrre energia, realizzare prodotti ad alta tecnologia o interventi di ingegneria genetica non è necessario conoscere la Vera Natura della Realtà, ma basta essere in grado di manipolarla, dall’altro ad un osservazione attenta l’universo appare sempre più come un tutto interconnesso attraversato da coscienza e gli individui e le società soffrono sempre più un senso di disumanizzazione e distanza dall’essenziale. Da più parti, fin dai tempi nei quali Maslow ( Maslow 1971) ormai decenni orsono auspicava che la scienza ampliasse i suoi metodi e la sua giurisdizione, ci si sta muovendo per l’affermazione di una Scienza della Coscienza. La Scienza Duplice Da parte nostra proponiamo il termine di Scienza della Realtà per definire 14


Epistemologia della Seconda Attenzione:Verità e Realtà la scienza del mondo fisico, quella che viene riconosciuta come la scienza propriamente detta, l’unica nota ai più, quella per intenderci fondata su concetti quali ripetibilità, misurabilità, falsificabilità. Proponiamo il termine Scienza della Verità, (o della Coscienza per chi si senta di osare troppo scomodando la Verità) per la nuova scienza emergente da una Nuova Visione che cerca faticosamente di dire la sua, con parole e strumenti nuovi, stretta tra l’arroganza dei Garanti della Realtà e gli anatemi dei Dogmatici della Verità. La scienza della Realtà propone una metodologia che attraverso l’esperimento vuole arrivare ad affermare con buone probabilità di certezza, ciò che è vero e ciò che è falso. Le garanzie richieste alla scienza della Realtà sono molto elevate, vicine alle certezze, verificabili, misurabili e ripetibili ed è doveroso che essa sappia fornirle. Compatibilmente con i suoi strumenti e i suoi metodi è giusto che essa sappia dirci cosa fare e cosa non fare. Tale metodologia e tali garanzie non possono però essere applicate e richieste alla Scienza della Verità. La Scienza della Verità si occupa di esperienze interiori per loro stessa natura incommensurabili e irripetibili, non le si può richiedere misurazione e ripetibilità, a meno di snaturarle facendole decadere sul piano della Realtà. La Scienza della Verità non ha e non può avere la pretesa di dire cosa sia la Verità, non si occupa di cosa sia vero o falso, si occupa di proporre una metodologia scientifica, cioè che fornisca garanzie di validità, in grado di suggerire come accedere alla Verità, a cosa essa assomigli o cosa essa non sia. La Vera natura di Realtà e Verità La proposta sarebbe però destinata a fallire se non si comprendesse e rispettasse la vera natura del dialogo tra Realtà e Verità, che è inclusivo e non esclusivo. Realtà e Verità esprimono infatti due mondi molto diversi tra loro i quali però sono inscindibilmente interconnessi. Per Realtà, dal latino res, cosa, intendiamo con Krishnamurti (Krishnamurti1977)”tutto quello su cui il pensiero interviene o riflette, o che inventa. ”Stiamo parlando del luogo degli oggetti, esterni o interni 15


Epistemologia della Seconda Attenzione: Verità e Realtà che siano, del mondo dei contenuti della coscienza. Il concetto di Verità richiede una riflessione più approfondita dal momento che definisce il versante del soggetto, cioè di colui che interviene sulla Realtà e soprattutto definisce il modo del soggetto di fare esperienza della Realtà. Nel nostro precedente articolo (Lattuada 2010) abbiamo introdotto la metafora del Padrone dei dati volendo con questo indicare la necessità di considerare, colui che elabora l’esperienza, cioè il suo modo di intervenire sulla Realtà, come parte integrante dell’evento sul quale si voglia indagare. Abbiamo poi individuato due modalità di conoscenza, quella logico razionale e quella intuitiva: Omino A e Omino B. (Lattuada 2010) La Realtà che i nostri sensi colgono può venire elaborata dal Padrone dei dati secondo una delle due modalità citate: la prima che tende a separare per comprendere, la seconda che tende a cogliere l’insieme, la prima che nasce dal pensiero, la seconda che nasce quando il pensiero si ferma. L’omino A tende ad affermare questo e questo, l’omino B tende ad affermare questo e quello, ci si trova di fronte a due modalità di conoscenza che determinano due visioni del mondo. Visioni che nella storia dell’umanità si sono rincorse contrastandosi il più delle volte, cercando una reciproca convivenza. Analizzando l’etimo del termine Verità ci accorgiamo dell’esistenza di un ambivalenza che potrebbe spiegare il dualismo strisciante che ha così spesso contraddistinto la giornata evolutiva del pensiero umano. Semplificando ai minimi termini potremmo concludere che si tratti del dualismo tra la Verità di Fede e la Verità di Ragione. La Fede, dominio della religione, caratterizza qualcosa di indimostrabile in cui bisogna credere, la Ragione, dominio della scienza, caratterizzata dal saper pensare, scopre la condizione che permette di definire la cosa e renderla vera grazie al logos, il ragionamento che la dispiega. Prima della nascita del pensiero scientifico, a disputarsi la scena sul palcoscenico della storia del mondo occidentale erano i filosofi e i padri della chiesa. Da un lato i concetti Aristotelici, Socratici e Platonici che ritenevano necessario l’ausilio dell’intelletto alla percezione sensibile, dall’altro la visione della chiesa che sosteneva l’irriducibilità della nozione di Verità a quella di dimostrabilità. 16


Epistemologia della Seconda Attenzione:Verità e Realtà Da un lato Agostino, Bonaventura, Cusano che concepivano la Verità come qualcosa di trascendente il pensiero logico-lineare afferrabile tramite l’intuizione che sfocia nella dimensione estatica, dall’altra il concetto di doppia Verità sostenuto nel medioevo da Averroè che riprendendo gli Aristotelici sosteneva che le Verità di Fede e di Ragione dovessero costituire un’unica Verità, conoscibile dai più semplici tramite la rivelazione e ai filosofi tramite la riflessione sulle Sacre Scritture. L’avvento del pensiero scientifico coincise con il patto tra chiesa e scienza che elevò il dualismo a metodo con la famosissima separazione di Cartesio tra Res extensa e Res Cogitans. Come abbiamo detto, questo compromesso aprì la strada alla scienza e al mondo come lo conosciamo oggi, ma contiene in sé un duplice errore che vogliamo qui sottolineare. L’errore materia/coscienza e l’errore uno/ molteplice. Da un lato, infatti, introdusse nella scienza il germe del materialismo del quale non si è ancora liberata, dall’altro tirando una riga tra materia e coscienza non si accorse che la coscienza non era unica bensì molteplice. Quanto meno duplice e lo vediamo calandoci nell’etimo del termine Verità. In greco antico verità si dice alètheia che viene da lanthano che vuol dire “coprire”, il quale lanthano proviene da Lete, il fiume dell’oblio, il fiume che copre. Alètheia, pertanto esprime esattamente il contrario di ciò che si copre, vero è ciò che si scopre. Il termine veritas, importato in civitas dalle periferie balcaniche dell’impero sta invece a significare fede, ad indicare che in origine si ritenesse vero ciò in cui si avesse fede.” Da un lato, quindi ciò che si vede, dall’altro ciò che si crede. Da un lato i Garanti della Realtà che credono solo a ciò che vedono dall’altro i Dogmatici della Verità che vedono solo ciò in cui credono. I primi, scettici impenitenti impegnati a dimostrare l’indimostrabile a misurare l’incommensurabile o a negarlo inesorabilmente, i secondi, determinati a escludere ogni conoscenza che contraddica il dogma della Verità Rivelata, quale che essa sia. I primi che davanti al Colosseo ancora non credono di essere a Roma se non lo verificano su di una mappa certificata e garantita da un atto notarile e poi nutrono ancora dubbi, i secondi che di fronte alla torre di Pisa ancora insistono di essere a Roma 17


Epistemologia della Seconda Attenzione: Verità e Realtà dal momento che lo hanno letto sulla mappa (sbagliata) che hanno in tasca. Così stando le cose non c’è da stupirsi che scienza e religione non riescano a dialogare, che i religiosi insistano sulla non discutibilità dei dogmi della fede e gli scienziati neghino l’esistenza dell’anima e trascurino gli studi sulla coscienza se non in quanto prodotto dell’attività cerebrale. Dialogo tra Realtà e Verità L’Epistemologia della Seconda Attenzione suggerisce una via per superare tale dualismo tra scienza e religione, tra fede e ragione, una via che passa dalla comprensione della vera natura di fede e ragione. In breve, la fede non si esaurisce nel credere, il pensiero non si esaurisce nella ragione. Ragione deriva dal latino ratus che significa determino, stabilisco, giudico. Fede, come Verità, presenta un etimo ambivalente, sia il latino fides che il greco feithè significano persuado, credo e sono fatti derivare dal sanscrito bandh che significa legare ma anche da budh-yathè che significa invece osservare, conoscere sapere da cui il greco phyt-anomay, conosco. L’Epistemologia della Seconda Attenzione suggerisce di affrontare il dialogo tra Realtà e Verità suggerendo l’esistenza di un versante transpersonale di fede e ragione, suggerisce al Padrone della Visione la possibilità di operare sulla sua attenzione per passare dal giudizio all’osservazione, cioè dalla ragione all’intuizione, e gli suggerisce di farlo senza escludere il giudizio o la ragione ma includendoli riconoscendone la loro vera natura, grazie alla purificazione di osservazione (senso visto) sensazione, (senso sentito) e azione (senso agito). Ipotesi dell’Epistemologia della Seconda Attenzione è che attraverso osservazione pura, sensazione pura e azione pura sia possibile trascendere la Prima Attenzione che coglie la Realtà e con essa si identifica nella Seconda Attenzione che osserva e si disidentifica. Tale operazione consiste in un dialogo incessante tra Realtà e Verità, dialogo che comprende oggetto e soggetto, evento e Padrone dei dati, confine e colui che ne fa esperienza, cosa e modo, versanti che coincidono sempre, qui e ora. Ogni cosa è nel suo modo, la cosa indica il versante della Realtà, il modo indica il versante della Verità. 18


Epistemologia della Seconda Attenzione:Verità e Realtà Il confine 1 tra cosa e modo, tra Realtà e Verità verrebbe pertanto definendosi come la madre di tutti i confini, il “confine immanente” 2, inerente 3 ad ogni evento. Confine che come ogni altro, in Realtà esiste ma in Verità non esiste, che da un lato indica la fine dall’altro indica l’inizio, da un lato preclude dall’altro indica, da un lato permane nel qui e ora dall’altro trascende se stesso nell’altrove. Ne consegue che ogni evento è ad un tempo immanente e trascendente, sostanziale ed essenziale, cosale e modale; ogni evento è Reale e Vero allo stesso tempo. Ipotesi dell’Epistemologia della Seconda Attenzione è che sia insita nel confine, cioè in ogni evento, la necessità di precludere (questo non è quello) o di includere e indicare (questo è quello). La necessità di indicare o precludere è insita nel confine, la responsabilità del fatto che indichi o precluda è insita nel Padrone della Visione, il soggetto dell’esperienza del confine il cui livello di attenzione determinerà la qualità del dialogo che si esprimerà alla superficie del contatto tra soggetto e confine. L’ipotesi è che la Prima attenzione precluda, la Seconda indichi e indicando includa, qui ed ora, sempre. L’errore epistemologico, si compie quando la Prima esclude la Seconda o la Seconda esclude la Prima. Nella Prima attenzione la sedia non è un albero, nella Seconda Attenzione sedia ed albero, sono, qui ed ora, e questa consapevolezza coglie la loro unità nell’essenza. Consapevolezza che non potrebbe essere raggiunta se la Prima Attenzione non tracciasse confini, discernendo tra sedia e albero. La scienza della Realtà propone una metodologia per interrogare la realtà che attraverso l’esperimento vuole arrivare ad affermare con buone probabilità di certezza ciò che è vero e ciò che è falso. La Scienza della Verità non ha la pretesa di dire cosa sia la Verità, non si occupa di cosa sia vero o falso, si occupa di proporre una metodologia che con buona probabilità sappia indicare come arrivare alla Verità. Nella Prima Attenzione la Realtà è Reale, nella Seconda Attenzione la Realtà svela la Verità, entrambe devono compiersi rispettose l’una 1 Dal latino confinem, linea che segna la fine dividendo un fondo da quello attiguo 2 Dal latino, immanentem, permanente nell’altro 3 Dal latino inhaerentem, attaccato, unito, insito

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Epistemologia della Seconda Attenzione: Verità e Realtà dell’altra. Il Padrone della Nuova Visione, opera per la coincidenza tra Realtà e Verità e riconosce tale coincidenza in ogni evento, ed è in grado di operare su di essi avendo a disposizione il know how necessario e sufficiente per comportarsi “come se” la Verità non avesse confini ma ad essa si accedesse riconoscendo l’esistenza di confini. Il Padrone della Visione sa e si comporta “come se” sapesse che la Realtà è logica e la Verità è paradossale, sa e si comporta “come se” sapesse che all’esperienza sconfinata dei territori della Verità si accede grazie alla conoscenza di buone mappe e al riconoscimento dei loro confini, qui e ora, grazie al pensiero e alla sua dissoluzione nell’intuizione. L’ Epistemologa della Seconda Attenzione opera per una Scienza della Verità che sappia distillare gocce di Verità dal mare magnum della Realtà. L’ipotesi è che la Verità, ineffabile per definizione, si sveli attraverso la Realtà quando viene rispettata la Legge. L’Epistemologia della Seconda Attenzione propone una fenomenologia per descrivere la Legge e riconoscerla, una cartografia per definirla, strumenti per rispettarla, mappe per elaborare i dati raccolti e riconoscerne o meno le garanzie di validità. Qui di seguito ci limiteremo a condividere una chiave di consapevolezza che abbiamo chiamato passaggio dallo zero. Una chiave che potrebbe dirci qualcosa su come tracciare linee guida per una scienza della verità. Passaggio dallo zero Come è noto da diversi decenni ormai la fisica moderna sostiene con la forza dell’evidenza sperimentale la centralità del concetto di vuoto. La ricerca su quello che veniva considerato “spazio vuoto” riservò delle sorprese. Nella loro indagine i fisici osservarono oltre ogni ragionevole dubbio alla creazione e alla scomparsa di alcune particelle apparentemente “dal nulla”. Lo spazio vuoto, ai loro occhi, si rivelò in realtà uno spazio creativo rigonfio di attività, configurandosi così come il luogo di tutti i campi e di tutti i fenomeni. Ogni centimetro cubo di spazio vuoto risulta contenere più energia dell’energia totale di tutta la materia nell’universo conosciuto! (Laszlo 1998) Viene in mente allora il passaggio dallo zero richiesto dalle diverse tradizioni della filosofia perenne come ad esempio la condizione vuoto e 20


Epistemologia della Seconda Attenzione:Verità e Realtà sveglio dello zen, lascia tutto e seguimi di evangelica memoria, questo è un buon giorno per morire dei nativi americani, so di non sapere di Socrate. Rivolgersi dentro e abbeverarsi alla fonte, sembra caratterizzarsi come la via maestra. Il passaggio dallo zero ci consente di riconoscere nel dialogo tra soggetto ed evento, una fenomenologia dell’identificazione distinguibile chiaramente da una fenomenologia della disidentificazione. Risulta evidente che la metodologia di una scienza che voglia dedicarsi allo studio del dialogo tra soggetto ed evento debba differenziarsi nettamente da una scienza che scelga di limitarsi allo studio degli eventi. Quella che stiamo chiamando scienza della coscienza o della verità estende la sua giurisdizione sui dati forniti dall’evento osservato, le Evidenze Cliniche Esplicate (ECE) e sui dati relativi a ciò che succede nel Padrone dei Dati, in quelle che abbiamo chiamato Inerenze Essenziali Implicate (IEI). I suoi strumenti di indagine sono rappresentati dall’ attenzione e più precisamente dalla Prima e dalla Seconda Attenzione. Alla Prima Attenzione verrà affidato lo studio dei dati di Realtà, al lordo potremmo dire di giudizi e pregiudizi, desideri e avversioni, bisogni e paure, proiezioni e identificazioni. (questo è questo) Alla Seconda Attenzione verrà delegato il compito di purificare la percezione della Realtà grazie a osservazione pura (senso visto), sensazione pura (senso sentito), azione pura (senso agito). Di fronte alla legittima domanda su quali siano le garanzie che consentano di affermare che siamo in presenza di osservazione pura, sensazione, pura, e azione pura proponiamo una mappa quantitativa e qualitativa, fondata su ECE e IEI. Così come in presenza di piazza Navona, del Colosseo e della Fontana di Trevi possiamo dire, con una certa garanzia di validità che ci troviamo a Roma, allo stesso modo la mappa che presentiamo vuole fornire garanzie di validità per consentirci di affermare che al cospetto di una certa fenomenologia di ECE e IEI, ci troviamo in presenza di identificazione o di disidentificazione. La Sindrome Egoica di Identificazione La mappa seguente suggerisce che l’identificazione, prodotta da attaccamento a giudizi e pregiudizi, desideri e avversioni, bisogni e paure, 21


Epistemologia della Seconda Attenzione: Verità e Realtà proiezioni e identificazioni determini un Isomorfismo del Malessere riconducibile a livello fenomenologico a quella che abbiamo chiamato Sindrome Egoica di Identificazione (SEI). La SEI a livello di senso visto, a tutti i livelli osservabili appare caratterizzata da: • asimmetria diffusa, contrazione, opacità, ammassi concentrati, presenza di intrusioni, interruzioni scure, scarsa mobilità, addensamenti, assenza di pulsazione, invadenza, mancanza di rispetto, interferenza. La SEI a livello di senso sentito, ad ogni livello sensibile appare caratterizzata da • tensione mentale, blocco cervicale, mandibola serrata, spalle contratte, stomaco chiuso, respiro interrotto, pancia gonfia, rigidità articolare, ipertonia muscolare arti inferiori. Fenomenologia che se persiste può condurre gradualmente verso la seguente sintomatologia: • cervicalgia, disturbi visivi, emicrania, bruciori di stomaco, eruttazioni, flatulenza, disturbi infiammatori e dolori articolari diffusi, lombosciatalgia, astenia, debolezza, ansia, irrequietezza, preoccupazione. Che aggravandosi può manifestare : • insonnia, nausea, vomito, problemi dentari e gengivali, vertigini, cefalea, acufeni, nevralgie, periartrite, ulcera gastrica, dispnea, alvo irregolare, coliche intestinali, epatiche o renali, spossatezza, depressione, confusione mentale. E precludere allo sviluppo di sindromi patologiche conclamate La Sei a livello di senso agito, ad ogni livello agibile, appare caratterizzata da: Inibizione dell’azione, repressione, blocco, cronicizzazione, circolo vizioso, Contrastare ciò che è, interferenza, mancanza di rispetto, distanza da se stessi, disarmonia, giudizio senso di impotenza, colpa, paura, ecc E precludere a comportamenti psicopatologici conclamati. 22


Epistemologia della Seconda Attenzione:Verità e Realtà La Configurazione Fenomenologica della Disidentificazione Allo stesso modo è possibile tracciare una mappa della disidentificazione la cui Configurazione Fenomenologica (CFD) raccolga le diverse manifestazioni di quello che possiamo chiamare Isomorfismo del Benessere prodotto da osservazione pura, azione pura e sensazione pura. La CFD a livello di senso visto, a tutti i livelli osservabili appare caratterizzata da: • Luminosità, fluidità, brillantezza, vivacità, armonia, libertà, rispetto, sinergia, condivisione, pulsazione e risonanza. La CFD a livello di senso sentito, ad ogni livello sensibile appare caratterizzata da • Occhi chiari, mente vuota, cuore leggero. • Espansione, fluidità, naturalezza, semplicità, benessere, armonia, calore, pienezza vuota, colore, pace, amore, condivisione, sorgente, casa, luce, amore. La CFD a livello di senso agito, ad ogni livello agibile, appare caratterizzata da: • Fare senza fare, scomparsa a sé stessi, nessuna strategia, qui e ora, naturalezza naturale, fluidità, circolo virtuoso, conformarsi a ciò che è, risonanza, interconnessione, persistenza del contatto, armonia, osservazione non giudicante, amore compassionevole, responsabilità, potere personale, fiducia, ecc. Seguendo queste linee guida il Padrone della Visione potrebbe arrivare a raccogliere dati e ad elaborarli in un modo che fornisca garanzie di validità a sostegno dell’importanza dell’osservazione e della disidentificazione per accedere ai territori ineffabili della Verità o se si preferisce al benessere.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Aivanhov O.M.,(1998), Centri e corpi sottili aura, plesso solare, centro hara, chakra, Edizioni Prosveta Avalon A., Il Potere del serpente, Ed. Mediterranee, Roma 23


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La Ricerca di Valori Universali STANLEY KRIPPNER, Ph.D. Professore di Psicologia presso l’Università di Sandybrook, San Francisco, è Membro Esecutivo di 4 divisioni APA (American Psychology Association) ed ex-presidente di due divisioni (la 30 e la 32). In precedenza è stato direttore del Centro degli Studi Infantili della Kent State University, in Ohio e del Laboratorio di Ricerca sui Sogni del Centro Medico Mairmonides, a Brooklyn, New York. Stanley ha diretto gruppi di lavoro e seminari sui sogni e/o l’ipnosi in diversi paesi (Argentina, Brasile, Canada, Cina, Italia…). È Membro Esecutivo della Società per gli Studi Scientifici sulla Religione e ha pubblicato alcuni studi interculturali sul contenuto spirituale dei sogni.

Co-autori: DANIEL B. PITCHFORD, PH.D JEANNINE A. DAVIES, PH.D (C) KISHOR ADHIKARI, M.A ABSTRACT: Così come ci sono diverse culture nel mondo, altresì esistono diverse usanze, credenze, miti e tradizioni all’interno di ogni cultura. Questi modi unici di essere possono spesso rappresentare delle difficili strutture di riferimento che potrebbero ostacolare la possibilità di ottenere una prospettiva nella sua interezza. Questo saggio esamina la formazione contestuale della cultura ed i fondamenti necessari alla ricerca di valori universali. Viene fatta luce anche su alcune delle principali ed estreme forme di usanze culturali che potrebbero creare difficoltà nel raggiungimento di tale obbiettivo.

Cultura ed Identità L’identità umana riflette un’espressione dinamica e complessa delle caratteristiche uniche dei singoli individui che si sono formate attraverso una miriade di livelli di influenza. Sebbene alcuni di questi fattori determinanti siano visibili, molti rimangono invisibili, e ciò rende le persone sono ancor più soggette alla loro influenza. I miti culturali condizionano i valori, le credenze, le preferenze degli individui e la loro percezione di ciò che sia giusto o sbagliato (funzionale o disfunzionale), 27


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così come i confini di ciò che considerano possibile. I valori riflettono ciò che viene considerato importante, etico e adeguato per una persona o un gruppo. La questione, quindi, è se un valore possa essere vissuto universalmente, in tutte le culture. La visione legata al “relativismo culturale” che ha dominato le scienze sociali nell’ultima parte del XX secolo, insisteva sul fatto che la cultura determinasse i valori, di conseguenza non c’era alcuna base logica per sostenere che una serie di valori fosse migliore di una qualsiasi altra se quelle usanze erano perdurate nel tempo all’interno di un determinato gruppo sociale. Il Relativismo Culturale Il relativismo culturale, che emerse nel 1887 attraverso la ricerca di Franz Boas, è un approccio antropologico che aderisce al principio che tutte le culture abbiano un equo valore, che le credenze e le azioni di un individuo debbano essere apprezzate attraverso la sua cultura e quindi studiate mantenendo un punto di vista neutrale. Per comprendere le complessità del relativismo culturale è necessario essere a conoscenza delle sue diverse tipologie: descrittivo, normativo ed epistemologico. Il relativismo descrittivo si basa sul presupposto che la cultura determina il comportamento sociale e psicologico. Di conseguenza non esistono regole di condotta universali visto che ogni cultura è differente. Il relativismo normativo afferma che non esistano standard interculturali che permettano di giudicare il valore o il merito. Inoltre non esistono standard connotanti che siano universalmente accettabili per poter giudicare “buono” e “cattivo”, “normale” e “anormale”. Il relativismo epistemologico afferma che con tutta probabilità le generalizzazioni sul comportamento umano sono incorrette. Qualunque teoria generale che pretenda di spiegare la natura umana è falsa e/o futile. Malgrado la prospettiva all’interno del relativismo culturale, è importante riconoscere che ci sono diverse pratiche culturali che potrebbero porre delle difficoltà significative verso una maggiore correlazione e comprensione dei valori. La Religione ed il Relativismo Culturale Quando gli europei arrivarono nel Nuovo Mondo, assunsero che il proprio modo di vivere fosse superiore a quello degli indigeni americani. Imposero la propria religione, l’abbigliamento, le abitudini sessuali e la medicina agli indigeni americani. Tuttavia, alcune tribù indigene americane avevano rimedi più efficaci (come riconosciuto dalla scienza medica moderna), un abbigliamento migliore e abitudini legate all’igiene personale piu’ sane, una 28


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visione del sesso più aperta e religioni meno dogmatiche (ad eccezione di alcuni gruppi quali i Maya ed Aztechi che praticavano il sacrificio umano). Quando l’antropologia divenne una scienza sociale, essa postulò che i valori culturali fossero relativi. Portarono questa dottrina con sé e la diffusero fra le tribù indigene che visitarono – in contrasto con ciò che fecero, ed ancora fanno, i missionari. Questa prospettiva fu un gradito antidoto all’egemonia imposta dalle religioni dogmatiche. Ciò nonostante esistono delle difficoltà significative verso l’attuazione di un vero relativismo culturale. Non solo la cultura individuale propria di ogni individuo rappresenta una potenziale barriera (in altre parole, pregiudizio) quando si considera un’altra cultura sconosciuta, ma può risultare difficoltosa e non necessariamente appropriata, o in qualche modo giustificabile, anche la comprensione, o persino la semplice adesione, ad un punto di vista neutrale, quando le azioni o la legge che vengono prese in considerazione collidono con ciò che viene percepito come “giusto”. Un’ulteriore difficoltà si presenta quando la nozione di giustizia stessa assume definizioni differenti che dipendono dalle circostanze contestuali. Martin Luther King Jr distinse la legge giusta da quella ingiusta nel seguente modo: “Qualunque legge che risollevi la personalità umana è giusta. Qualunque legge che degradi la personalità umana è ingiusta.” (King, 1963, par. 16). Ciò nonostante il nostro senso della giustizia deriva dalle nostre esperienze, la cui interpretazione è limitata all’interno del modello culturale di riferimento. Alcuni esempi di ciò sono evidenti nelle azioni di Adolf Hitler in Germania, che i suoi tribunali consideravano “legali”, mentre era considerato “illegale”, da parte degli stessi tribunali, fornire risorse o conforto agli ebrei. Consideriamo i seguenti esempi. Il Genocidio ed il Relativismo Culturale Una particolare sfida al Realtivismo Culturale è il genocidio. Il genocidio viene definito come l’intenzionale e sistematica distruzione di un gruppo etnico, razziale, religioso o nazionale. Per esempio lo sradicamento dei Tasmani da parte dei coloni britannici, i quali consideravano sparare ai nativi alla stregua di uno sport; la strage delle tribù indigene nell’ovest del Nord America durante gli ultimi anni del 1800 ed i primi del 1900, la persecuzione operata sistematicamente dai nazisti contro gli ebrei, gli slavi, gli zingari, gli handicappati mentali, gli omosessuali ed altri “gruppi inferiori” a metà del XX secolo. Più recentemente ci sono stati dei genocidi di gruppi etnici in Ruanda e nel Darfur. Malgrado le evidenti atrocità, 29


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molti importanti rappresentanti culturali, includendo alcuni leader religiosi, hanno permesso questi genocidi o rifiutato di pronunciarsi contro di essi. L’Abuso Infantile ed il Relativismo Culturale Un’altra importante sfida al Relativismo Culturale è il raggiungimento di una definizione universalmente concordata di ciò che costituisce l’abuso infantile. Come discusso da Korbin (1987), alcune culture non considerano il fare sesso con i bambini un abuso. Per esempio, in alcune cerchie buddiste nella cultura tibetana, è considerato un onore per una famiglia offrire la propria giovane figlia vergine ad un Lama molto riverito, questo per il bene della crescita spirituale di entrambi. Forse l’impatto ed il merito di alcune azioni possono essere misurati o resi visibili dal loro effetto. Un esempio di effetto può essere rilevato osservando che nelle culture in cui la madre usa il proprio figlio in sostituzione del proprio coniuge, il tasso di omicidi è più alto e le guerre più frequenti. (DeMause 2009). Ciò che viene considerato accudimento materno ha, anch’esso, diverse norme che dipendono dalla cultura. Gli antropologi, per esempio, hanno riferito di abitudini quali frequenti ed incessanti carezze ai bambini, masturbazione con baci della madre al pene del bambino, donne che si passano i bimbi maschi avanti ed indietro, succhiando il loro pene a turno, coricandosi sui loro figli nella posizione maschile, masturbandoli liberamente la notte, tutto questo nell’ambito di pratiche definite di accudimento. (DeMause, 2009, p. 194). Altri esempi possono essere presi dalla Nuova Guinea dove i tassi di infanticidio erano alti prima del contatto con l’Europa. Due bambini su tre venivano uccisi dai loro genitori e le bambine erano le vittime più frequenti. Le donne razionalizzavano questo atto attraverso la credenza che i loro mariti si sarebbero rivolti ad altre donne se avessero avuto troppi bambini da allevare o se, più semplicemente, i loro bambini avessero costituito un problema di troppo. Ancora una volta, osservando l’effetto di queste azioni in termine di merito, vale la pena notare che oggi c’è un tasso d’omicidi del 50 per cento in alcune società di piccola scala (Levinson,1989). Ricercando Valori Universali Cercare di superare queste numerose e complesse difficoltà potrebbe condurre molti a cercare una risposta su cosa sia giusto e sbagliato all’interno dei loro fondamenti religiosi o ad usarli come struttura per la costruzione di valori universali. Tuttavia, rifarsi alle principali religioni come mezzo per definire tali valori presenta delle ovvie difficoltà. Per esempio le religioni sono in disaccordo sulla maggior parte 30


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delle questioni (“la regola d’oro” può essere considerata una possibile eccezione, quantomeno in teoria se non in pratica). Oltre a ciò, come discusso negli esempi sopracitati, molte religioni aderiscono agli usi che sono alla base delle pratiche che il relativismo culturale, nella sua forma estrema, è portato a giustificare. L’ideologia religiosa tende verso la propagazione del concetto che ci sia una sola “popolazione prescelta” e che alle persone di altri contesti etnici non spettino gli stessi diritti. Un’ideologia troppo diffusa sostiene che alle donne non spettino gli stessi diritti degli uomini e che le mogli debbano essere subordinate ai loro mariti. In alcuni casi, si considera che le persone con preferenze sessuali divergenti vìolino l’”Ordine Divino” (vedi Romani 1:24-26, Nuova Versione Internazionale). Inoltre i figli devono ubbidire ai loro genitori ed essergli subordinati. Le regole ispirate dal divino riguardanti la dieta, l’abbigliamento e l’educazione devono essere seguite esattamente e coloro che divergono dall’Ordine Divino meritano di essere puniti. Nel 1991, comunque, Donald Brook scrisse il libro Human Universals nel quale esplorava le caratteristiche fisiche e comportamentali trovate fra tutte le culture. È nostra opinione che questo libro abbia sancito la fine del relativismo culturale, quantomeno della sua forma più estrema, dato che elenca circa 200 caratteristiche universali della cultura umana, della società, della lingua, del comportamento e della psiche. Queste spaziano dall’interpretazione dei sogni, al lutto, alle parole tabù, alla classificazione dei colori, alle espressioni facciali che riflettono le emozioni, alle pratiche dell’igiene personale. In questo modo Brown contestava l’opinione che l’attività umana fosse determinata da fattori ambientali e che i comportamenti non dovessero essere criticati anche se includevano la crudeltà, la violenza ed i pregiudizi. Il lavoro di Brown suggerisce che da qualche parte, sotto le stratificazioni della formazione contestuale dei valori, emerga l’eco di qualcosa di fondamentale, persino basilare: la consapevolezza che l’umanità sia collegata in modo inestricabile e perciò naturalmente connessa a tutte le culture esistenti (Davies, 2009). Come condiviso da Bugental (1984) “il fallimento della nostra specie nel riconoscere e dare valore all’unità è un’importante radice di molte delle tragedie da noi stessi causate… troppo spesso ci troviamo schierati.” (p. 6). L’Associazione Umanista Americana - Manifesto 1 (1993) I due Manifesti dell’Associazione Umanista Americana si basano sul principio che le religioni siano sempre state un mezzo per realizzare i più nobili valori della vita. Ciò non di meno è un errore fatale identificare la parola “religione” con delle 31


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dottrine che sono incapaci di risolvere i problemi contemporanei e che, il più delle volte, indottrinano i seguaci col dogma. Il Dalai Lama stesso ha affermato “tutti noi dobbiamo trovare una nuova spiritualità… una spiritualità che sia più umana… che si occupi delle necessità umane e delle questioni umane” (in Davies, 2000, p. 12). Quindi una nuova religione laica, che comprenda la dignità umana, l’elevazione dei diritti umani e la salvaguardia della libertà per tutti, è estremamente necessaria. Il primo Manifesto adottato nel 1933 introduce una base di principi che sostengono i valori umani fondamentali. Esso afferma, tra l’altro:

L’Umanismo crede che gli umani siano una parte della Natura e che, come tali, siano emersi da un processo continuo.

Niente è sconosciuto al religioso. Ciò include il lavoro, l’arte, la scienza, la filosofia, l’amore, l’amicizia, la ricreazione e tutto ciò che sia espressione di una vita umana intelligentemente soddisfacente. Non c’è distinzione fra il sacro ed il profano.

Gli Umanisti Religiosi mirano a promuovere i potenziali creativi umani ed incoraggiare i successi che si aggiungono alle soddisfazioni nella vita.

L’Umanismo Religioso, afferma la vita piuttosto che negarla, cerca di stimolare le possibilità della vita, non di fuggirle, fa tutto il possibile per stabilire le condizioni per una vita soddisfacente per tutti e non solamente per pochi.

La Seconda Associazione Umanista Americana - Manifesto 2 (1973) Il Secondo Manifesto afferma, inoltre: •

L’Umanità deve estendere l’uso del metodo scientifico, non rinunciarvi; deve fondere la ragione con la compassione per costruire dei valori sociali e morali edificanti; e per sfruttare a pieno il potenziale di crescita di ogni personalità umana, non solo di pochi prescelti.

Crediamo nella massima autonomia individuale consona alla responsabilità sociale. Il diritto al controllo delle nascite, all’aborto ed al divorzio dovrebbero essere riconosciuti. Invece di danneggiare gli altri o costringerli a farlo, dovrebbe essere permesso agli individui di esprimere le proprie tendenze sessuali e perseguire il loro stile di vita secondo i loro desideri. L’educazione

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morale per i bambini e gli adulti è un modo importante di sviluppare la consapevolezza e la maturità sessuale. •

Deploriamo l’antagonismo razziale, religioso, etnico e di classe. Sebbene crediamo nella diversità culturale ed incoraggiamo l’orgoglio razziale ed etnico, rifiutiamo le separazioni che promuovono l’alienazione e che pongono le persone ed i gruppi gli uni contro gli altri; auspichiamo una comunità integrata dove le persone abbiano la massima possibilità di associazione libera e volontaria.

Il principio di uguaglianza morale deve essere promosso attraverso l’eliminazione di ogni discriminazione basata sulla razza, la religione, il sesso, l’età e l’origine nazionale. Crediamo nell’equo diritto di uomini e donne di perseguire le loro carriere e potenzialità come credono opportuno, liberi da qualunque discriminazione causata da invidia.

La comunità mondiale deve rinunciare al ricorso alla violenza e alla forza come metodo di risoluzione delle dispute internazionali. La guerra è obsoleta. Così come l’uso di armi nucleari, biologiche e chimiche. Ridurre le spese militari ed utilizzare questi risparmi per usi pacifici e diretti verso le popolazioni è un imperativo mondiale.

Il pianeta terra deve essere considerato come un unico ecosistema. I danni ecologici, l’esaurimento delle risorse, l’eccessiva crescita della popolazione mondiale, devono essere controllati da accordi internazionali. La coltivazione e la tutela della natura sono un valore morale; dovremmo percepirci come parti integranti delle fonti della nostra esistenza in natura. Dobbiamo liberare il nostro mondo dallo spreco inutile e dall’inquinamento, difendendo e creando ricchezza sia naturale che umana responsabilmente. Lo sfruttamento delle risorse naturali, senza limiti posti dalla coscienza sociale, deve finire.

Dobbiamo imparare a vivere liberamente insieme o periremo insieme.

La Dichiarazione Universale dei Dirittti Umani delle Nazioni Unite La Dichiarazione Universale dei Dirittti Umani delle Nazioni Unite fu firmata nel 1948 come espressione globale dei diritti che spettano a tutti gli esseri viventi. La Dichiarazione, che è composta da 30 articoli, ed è il documento più tradotto al mondo. Nel 1966 furono aggiunte dall’Assemblea Generale dell’ONU, 33


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due convenzioni: la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici e la Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Culturali e Sociali. Nel 1976 la Dichiarazione è divenuta una legge internazionale. Secondo l’ONU questa rappresenta la prima espressione globale dei diritti che coerentemente spettano a tutti gli individui. Alcuni esempi fra i 30 articoli includono: •

Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento e punizioni crudeli, inumane o degradanti.

Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso di entrambi i coniugi che lo richiedono.

Ogni individuo ha diritto all’istruzione. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Tutti i bambini nati all’interno dell’istituzione del matrimonio o fuori di essa, devono godere della stessa protezione sociale.

La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni.

Questioni sollevate dalla Dichiarazione Universale Nel 2000 le nazioni musulmane che facevano parte dell’Organizzazione della Conferenza Islamica decisero di appoggiare una dichiarazione che stipulava la libertà ed il diritto per le persone ad una vita dignitosa in accordo con la legge islamica Sharia’ah. Ciò a seguito di una critica posta dall’Organizzazione al fatto che la dichiarazione non prendesse in considerazione i punti di vista culturali e sociali dei paesi islamici. Amnesty International e la War Resisters International hanno reclamato “Il Diritto al Rifiuto di Uccidere”. Inoltre alcuni sostenitori dell’educazione alternativa hanno protestato contro la difesa della educazione obbligatoria perorata dalla Dichiarazione. Alcuni ambientalisti hanno anche 34


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notato come nella Dichiarazione non si facesse accenno all’ecologia. Nel 1993, la Dichiarazione di Bangkok è stata adottata dai rappresentanti degli stati asiatici. Essa ha riaffermato il loro impegno verso i principi della dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Conclusione L’applicazione estrema del Relativismo Culturale ha cercato di promuovere il concetto che tutte le culture e tutti gli usi abbiano pari valore. In ogni caso, numerose dichiarazioni dei diritti umani hanno mirato a riconoscere i valori universali, quelli che forniscono una mappa della libertà, grazie alla quale la libertà di tutti sia salvaguardata, fatto che potrebbe essere essenziale alla nostra sopravvivenza. Nel suo senso più puro “La libertà permette alle persone di vedere le scelte che hanno a disposizione e di decidere sulla base di queste opzioni e, potenzialmente, di trasformare la propria vita” (Pitchford, 2009, p. 446). Questo processo richiede che gli individui diano più potere al pensiero critico, al discernimento saggio, ed ad una profonda indagine come mezzo per distillare una saggezza fondamentale che si innalzi oltre le illusioni ereditarie, le barriere culturali, le manipolazioni politiche le superstizioni dilaganti e accecanti ortodossie (Davies, 2006). La libertà non è legata all’identità, alla nazionalità o alla cultura. La libertà non è più vera in America che in Israele o in Germania o in Cina. Come diceva Noam Chomsky (1987- 1988): “Per coloro che testardamente ricercano la libertà non ci può essere compito più urgente se non quello di comprendere gli usi ed i meccanismi dell’indottrinazione, che è così semplice da riconoscere nelle società totalitarie, molto meno nei sistemi propagandistici a cui siamo sottoposti e che, troppo spesso, noi serviamo come strumenti volontari o inconsapevoli.” (paragrafo 22). Martin Luther King Jr, osservava che nel tentativo di realizzare una libertà superiore, la gente deve rendersi conto che “L’ingiustizia annidata in un qualsiasi luogo rappresenta una minaccia alla giustizia dappertutto. Siamo intrappolati in un’inevitabile rete di reciprocità, legati da un destino comune. Qualunque cosa riguardi un singolo individuo direttamente, riguarda tutti indirettamente.” (King, 1963, paragrafo 4). Abbracciare la diversità nelle sue forme più estreme, cercando di evitare il dolore e la sofferenza umana, richiede che le persone apportino saggezza e compassione ai modi di essere alternativi espressi nelle culture mondiali. Questo compito richiede di spingersi oltre la centricità di una cultura individuale per includere tutti gli esseri umani come degni di amore, dignità e rispetto. Nel riconoscimento della nostra comune umanità, l’amore può guidare una visione di come le culture agiscono 35


La Ricerca di Valori Universali

sugli individui e tra di loro. L’amore non è dolore, ma guarigione, protezione e nutrimento per la sacralità dell’essere vivi. Per usare le parole di un Premio Nobel, l’Arcivescovo Tutu (2009): “Sì, ci sono parecchi ostacoli. Ovviamente ci sono sempre dei blocchi sulla via della giustizia, ma Dio [o qualunque cosa significhi per voi la vostra esperienza di Dio] ci metterà il vento alle spalle ed una strada si spianerà di fronte a noi se lavoriamo gli uni con gli altri in Unità”. (Video Online) RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI: •

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Il Modello di Guarigione degli Indiani Navaho STANLEY KRIPPNER, PH.D.

ABSTRACT: In questo documento Krippner descrive le pratiche di guarigione Navaho, dalla diagnosi al trattamento. L’autore pone l’attenzione su quegli aspetti dei rituali di guarigione volti a potenziare il cliente, così che egli venga coinvolto in prima persona nel processo di cura. Maggiore importanza in questa procedura assume la partecipazione della famiglia e della comunità. Infine, Krippner descrive alcune somiglianze tra l’etnomedicina e la biomedicina, considerando le due discipline non in competizione, bensì complementari.

Il sistema di guarigione Navaho serve come esempio di applicazione del modello di Siegler e Osmond. Il termine “Navaho” (o “Navajo”) viene utilizzato dagli antropologi in riferimento alla più grande tribù di nativi americani negli Stati Uniti e deriva dall’espressione spagnola “le persone con i campi grandi”, anche se nella loro lingua i Navaho si definiscono popolo “Dineh”. La loro riserva, nella parte sudoccidentale del paese, comprende 16 milioni di acri. Essi sono membri del gruppo linguistico degli Athapaskan meridionali e occupano le pianure dell’Arizona nordorientale, che si sovrappongono nel Nuovo Messico e nello Utah. Geertz (1973) osserva che l’intero stile di vita di una cultura è costruito sulla sua visione mitica della “realtà”. L’etica dei Navaho si basa su valori come: “Calma determinazione, instancabile tenacia e dignitosa cautela”; la natura, invece, viene vista come: “Tremendamente potente, regolarmente meccanica ed estremamente pericolosa” (p.130). Mentre la cultura statunitense dominante si sforza di “addomesticare la natura”, la visione Navaho del mondo cerca di vivere in rispettosa armonia con essa. 37


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Le teorie della malattia e i metodi di guarigione costituiscono una larga parte di questa grande dicotomia; al cliente colpito viene dato un vocabolario di termini con cui comprendere la natura della propria sofferenza e rapportarla con il resto del mondo (Geertz, p.105), fornendo una spiegazione e traducendo l’energia in una forma di cura. Sandner (1979, pp.14 - 15) ha individuato i più importanti valori dei Navaho nella mitologia, come: l’acquisizione di potere soprannaturale (in particolare per il mantenimento della salute), la conservazione dell’armonia nelle relazioni familiari e il conseguimento dello status di adulto. Tuttavia, tale status opera in collaborazione con la famiglia, con il rispetto degli altri clan e degli altri membri della comunità. La diagnosi viene eseguita dal diagnosta in consultazione con il cliente e i suoi famigliari, i quali lavorano insieme per determinare la causa della malattia. Il ruolo del medico nella diagnosi è di solito limitato, in quanto si svolge successivamente alle istruzioni date dal divinatore (Sandner, p.35). Il popolo Navaho ha costruito tre grandi categorie diagnostiche di malattia mentale. “Follia della falena” descrive ciò che è caratterizzato da attacchi di comportamento incontrollato (ad esempio, saltare nel fuoco come una falena), rabbia, violenza e convulsioni; è una categoria attribuita alle attività incestuose. “Pazza violenza” mostra alcune delle stesse apparenti manifestazioni di “follia della falena”, ma è legata all’alcolismo. “Malattia del fantasma”, attribuita alla stregoneria, si manifesta negli incubi, nella perdita di appetito, nelle vertigini, nella confusione, panico ed ansia estrema. Quando qualcuno viola consapevolmente o accidentalmente dei tabù, oppure offende poteri pericolosi, l’ordine naturale dell’universo è rotto e le parole “contaminazione” o “infezione” appurano che deve essere ristabilito. L’eziologia è vista come un’”infezione” che distrugge la naturale armonia tra gli individui e il loro ambiente, in particolare la manifestazione di lampi, trombe d’aria o animali come orsi, cervi, coyote, istrici, serpenti e aquile che vengono impropriamente intrappolati, uccisi, mangiati o che appaiono nei sogni. Il contatto con gli spiriti dei morti è particolarmente pericoloso, in quanto si tratta di magia. L’indovino, l’uomo di medicina, il paziente e la sua famiglia, lavorano insieme per determinare la causa della malattia (Sander, p.35). Il comportamento del cliente determina quale “metodo di canto” sarà utilizzato nel trattamento. Ad una persona incapace di risolvere il proprio dolore, che nutre timore degli incidenti e che parla di dolori al petto, solitamente verrà detto che sarà sottoposta ad una cerimonia per “scacciare il Male”. I sogni del paziente sono 38


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un importante aiuto nella diagnosi; i sogni più inquietanti sono quelli di bruciare, cadendo da un dirupo e annegare; i sogni di parenti defunti sono particolarmente prodigiosi. Durante la cura, lo hataalii Navaho (o sciamano) utilizza un numero di procedure terapeutiche, in particolare uno dei 10 o più “metodi di canto” e i suoi dipinti di sabbia d’accompagnamento. Questi sono complessi rituali che si fondano sui miti culturali in cui gli eroi o le eroine viaggiarono attraverso reami spirituali per acquisire speciali conoscenze. I sintomi per cui viene prescritto un determinato canto sono basati sulle connessioni con lo specifico canto del mito. Per esempio la ”cura della grandine” è prescritta per stanchezza muscolare e indolenzimento, poiché l’eroe, il Ragazzo della Pioggia, soffriva di questi sintomi quando veniva attaccato dai suoi nemici; la “Cura della Grande Stella” protegge il cliente contro le potenti influenze delle stelle e i pericoli della notte. Il “metodo della Notte” si dice venga utilizzato nei casi di cecità, sordità e malattia mentale, in quanto l’eroe del “metodo della Notte” affrontò ciascuno di questi pericoli. La “via della Bellezza” è usata per i reumatismi, mal di gola, problemi digestivi ed urinari e malattie della pelle, difficoltà affrontate dall’eroe del canto. A contribuire all’efficacia di questo rituale è l’approccio multimodale che caratterizza i canti, così come la loro natura ripetitiva e il contenuto mitico delle parole che sono facilmente decifrate e spesso ripetute al momento opportuno da quei clienti ben calati nella mitologia tribale. Secondo Sandner (p.215), “Le immagini visive dei dipinti di sabbia e il body painting, la recitazione di preghiere e canzoni, il tocco del bastone del predicatore e le mani dell’uomo di medicina, il sapore del muschio cerimoniale e delle erbe mediche, e il profumo dell’incenso del canto, tutto si unisce per trasmettere la potenza del canto al paziente”. Lo hataalii , tra i Navaho, è un medico di sesso maschile; spesso dimostra uno sviluppato senso drammatico nello svolgimento del canto ma generalmente evita la sapiente abilità degli effetti delle mani che molti altri professionisti culturali di guarigione usano per dimostrare le loro abilità alla comunità. Il canto è considerato da Sandner un elemento in grado di facilitare la suggestione e coinvolgere i partecipanti mediante un cantare ripetitivo e l’utilizzo di temi mitici specifici della cultura. Queste attività preparano i partecipanti per una lunga cerimonia di guarigione che potrebbe coinvolgere immagini mitiche e racconti narrati durante i riti di purificazione o eseguiti in “dipinti di sabbia” composti di rena, semi, carbone e fiori. Alcuni dipinti, come quelli usati nel “metodo della Benedizione”, sono realizzati con ingredienti quali: farina di grano, petali di fiori, 39


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carbone. Da una prospettiva psicologica, i clienti “traducono” questi “simboli” e “metafore” nel momento in cui si siedono sui dipinti, ma secondo il loro personale punto di vista, stanno interagendo con alcune delle forze basilari della natura e con le sue energie. Sei sono le fasi del tipico rituale del “metodo del canto”: preparazione (in cui il paziente è “purificato”); presentazione del cliente agli spiriti della guarigione; evocazione di questi spiriti nel luogo della cerimonia; identificazione dei clienti con un tema mitico positivo; trasformazione dei clienti in una condizione in cui il tempo e lo spazio ordinario e mitico si fondono, portando a compimento una liberazione dal mondo mitico per tornare al mondo quotidiano, dove le trasgressioni passate vengono confessate, nuovi insegnamenti vengono assimilati, e in cui la vita giunge ad un cambiamento. La performance dello hataalii conferisce al cliente una “realtà mitica”, attraverso la creazione di un dominio alternativo della coscienza tramite l’uso di canti, danze e canzoni (spesso accompagnati da tamburi e sonagli), ballerini mascherati, purificazioni (ad esempio: bagni di sudore, emetici, fumiganti, lozioni, erbe mediche, bagni rituali, astinenza sessuale), e dipinti di sabbia. Nel contesto di questa “realtà mitica”, specialmente quella costruita nei disegni di sabbia dagli hataalii, il cliente viene mantenuto in un “tempo sacro” ed è in grado di prestare totale attenzione al rituale di guarigione. Il paziente segue uno specifico regime per i successivi quattro giorni, al fine di proteggere i membri della comunità dai suoi nuovi poteri acquisiti. Il ruolo della comunità è importante anche in un altro senso, ovvero: ai canti è presente un gran numero di persone, molte delle quali potrebbero essere chiamate a parteciparvi. Questo tipo di partecipazione sembra incrementare la personale sensazione di potere dei clienti, ingigantendo la loro immaginazione dal momento in cui partecipano al canto, contribuendo ad un rafforzamento sociale e ad un aumento della motivazione. Il praticante, il cliente e la comunità possono essere tutti colpiti dall’attuazione della cerimonia. Lo hataalii è spolverato con sabbia decorativa e i suoi clienti sostengono di sentire il potere emanato dal dipinto. Questa procedura assomiglia alla valorizzazione di comuni fantasie di svariati procedimenti ipnotici ed è probabile che aumenti ulteriormente grazie alla ripetitività del canto. Oltre al “metodo del canto”, ci sono altri rituali utilizzati dallo hataalii, uno dei quali è la sessione di preghiera. Ad esempio, in un momento di preghiera può essere sacrificato del polline di mais sacro, nel tentativo di compiacere gli spiriti necessari alla guarigione del paziente; questo rituale deve svolgersi perfettamente e a porte chiuse, spesso a casa del cliente. La porta della dimora oscurata (Hogan) 40


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è serrata per impedire alla preghiera di fuggire. Delle selci affilate sono usate per espellere il male sia dal cliente che dall’Hogan. Queste procedure riducono i sintomi del paziente nella misura in cui stabilizzano le condizioni sociali ed emotive della comunità. Ad esempio, lo hataalii istruisce la famiglia agli elaborati preparativi per la prossima “chiamata a casa”. All’arrivo, ai clienti viene detto che la prognosi è eccellente, in modo da promuovere aspettative positive (Torrey, 1986). Le persone più significative nella vita del paziente, spesso si uniscono nella preghiera, ribadendo la convinzione che egli si rimetterà. La prognosi, in larga misura, dipende dall’atteggiamento del cliente. Un praticante Navaho disse a Sandner (1979): “Se il paziente ha reale fiducia in me, allora guarirà....Se una persona viene morsa da un serpente, per esempio, possono essere utilizzati alcuni canti e preghiere, ma se il paziente non è abbastanza fiducioso, la cura non funzionerà”. (Pp.17 - 18). Morte prematura e suicidio sono attribuiti alla magia, al ritorno dei morti o alla presenza di estranei. Kluckhohn e Leighton (1962, p.141) hanno notato che i riti funebri sono mirati ad impedire o scoraggiare i defunti dal ritornare a minacciare i loro parenti. La paura della possessione spiritica è connessa al timore dei fantasmi, degli spiriti e dei defunti. Alti tassi di suicidio sono associati alle comunità Navaho segnate dalla perdita di un’identità tribale. Il setting del trattamento è solitamente l’Hogan, una speciale costruzione ottagonale con mura di ceppo, sigillate con mattoni di fango. La porta si apre verso Est, e un foro al centro del soffitto a cupola permette al fumo di uscire. Gli uomini siedono a Nord, le donne e i bambini a Sud; il dipinto di sabbia occupa gran parte del pavimento e il cliente siede al centro con la famiglia e gli amici accanto. Quando uno dei famigliari del malato ha stabilito che un praticante è necessario, è chiamato all’interno un hataalii (o “sciamano che canta”), spesso accompagnato da un erborista e/o da un diagnosta (entrambi di status inferiore). Ci sono circa 200 piante nella farmacopea Navaho; l’erborista raccoglie le piante e realizza le medicine, alcune delle quali vengono usate direttamente, mentre altre sono usate durante la cerimonia dallo hataalii. I diagnosti, o “divinatori”, sono solitamente delle donne e “ascoltano” gli spiriti che generalmente forniscono una dichiarazione del problema. Questo processo può essere accompagnato da diverse procedure diagnostiche come: mano tremante, osservazione di stelle, candele e cristalli, e tutto ciò che convoglia verso l’interno la messa a fuoco dell’attenzione del praticante, con l’obiettivo di facilitare la comprensione circa la 41


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natura del problema. Ciascun hataalii deve attraversare un lungo e difficile periodo di addestramento e apprendistato; deve guadagnare l’approvazione del proprio maestro e della comunità, dimostrando di poter agire con successo (Sandner, p.18). La memoria dello “sciamano che canta” deve essere impeccabile; lo sforzo richiesto per imparare uno tra i canti più importanti è stato comparato all’ottenimento di un titolo universitario (Sandner, p.27). Un cliente con una rottura o una frattura è di solito indirizzato ad un praticante allopatico, sebbene Sandner abbia osservato uno specialista Navaho rimettere insieme alcune ossa rotte in una “maniera realmente scientifica” (p.18). Nel sistema Navaho, la priorità dei clienti è quella del trattamento; essi assumono il ruolo di cooperanti con il praticante, prendendo parte attivamente alla diagnosi e alla cura stabilita. La priorità della famiglia dei clienti è cercare la diagnosi e il trattamento per i propri membri familiari indisposti, selezionando persone qualificate. É il ruolo della famiglia a determinare il pagamento, un’importante responsabilità poiché alcuni metodi di canto durano diversi giorni e l’onorario può essere superiore a svariati mesi di stipendio. Ciò che maggiormente conta per la comunità del cliente è supportare l’ammalato. Questo avviene frequentando il canto e facilitando il trattamento. La comunità svolge il ruolo di conservare le tradizioni e addestrare nuovi praticanti. Quest’ultimo compito è complesso, dato il costo elevato dell’apprendistato, specialmente per lo hataalii. L’obiettivo di questo modello di guarigione è l’integrazione nel quadro della cerimonia cosmica, e il rigetto degli effetti della stregoneria, considerati alieni a questa armonia (Sandner, p.138). Secondo Kluckhohn e Leighton (1962), i Navaho sono “generazioni avanzate” di medici statunitensi nel trattamento della persona; mentre Sandner (1979) descrive il fine della guarigione Navaho come un ripristino dell’armonia del cliente con la sua famiglia e con l’universo. Somiglianze fra Etnomedicina e Biomedicina: É evidente che i modelli etnomedici di guarigione condividono diverse somiglianze con la biomedicina. Torrey (1986) li ha raggruppati sotto quattro punti: * Una comune visione del mondo che rende possibile la diagnosi o il processo di 42


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denominazione; * Alcune qualità personali del praticante che sembrano facilitare la guarigione del cliente; * Le aspettative positive del cliente che lo aiutano nel recupero; * Un senso di padronanza che potenzia il cliente. Una visione condivisa facilita il processo di denominazione, uno dei principali elementi di qualsiasi tipo di trattamento. Raggiungere un accordo sul nome della condizione di un cliente è utile a convincerlo che qualcuno lo comprende, che non è il solo ad aver mai avuto quel problema e che c’è un modo per guarirne. L’identificazione del fattore di disturbo può generare una serie di idee, associate al complesso delle credenze del cliente, che producono contemplazione, assoluzione e catarsi generale. Un medico può prescrivere antibiotici ad un cliente con determinate tipologie di infezioni e quel cliente potrà probabilmente recuperare. Gli antibiotici non dipendono da un linguaggio comune o da una visione condivisa per la sua efficacia. Tuttavia, le concezioni di alcuni gruppi culturali implicano fattori eziologici che la medicina occidentale e la psicoterapia, con la loro dipendenza dalle spiegazioni biologiche alla malattia, non accettano. Per esempio, svariati etnofarmaci comportano uno squilibrio tra le forze yin e yang, una punizione dovuta alla violazione di tabù, oppure vari tipi di “perdita dell’anima” o di “possessione spiritica”. Frank e Frank (1991) spiegano come gli sciamani supportino i loro clienti con un quadro concettuale che dia senso ai sentimenti e alle esperienze che sono spesso caotiche e misteriose, suggerendo un piano d’azione che li aiuti ad acquisire senso direttivo e competenza. Gli sciamani hanno rappresentato e trasmesso la loro unificata e onnicomprensiva idea di comunità; un ruolo impossibile nelle società pluraliste di oggigiorno. Tuttavia, gli operatori sanitari collaborano ancora con il cliente per realizzare un programma di trattamento e ciò comporta la costruzione di un “circolo ermeneutico” (cioè, l’interpretazione dei significati latenti e degli accordi disposti nel trattamento). Questo “circolo” coinvolge sia il professionista che il paziente, nel tentativo di capire perché lo stato di salute del cliente in questione non è soddisfacente e per cercare di costruire una nuova direzione di cura. 43


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Le qualità personali di un professionista sono un’altra variabile che può facilitare od ostacolare il processo di guarigione, sia nell’etnomedicina che nella biomedicina. Esiste un consenso tra guaritori, psicoterapeuti e medici secondo cui alcuni professionisti hanno caratteristiche terapeutiche nella personalità, mentre altri no. Non solo l’effettivo carattere dei praticanti è importante; le qualità proiettate su di essi dal cliente sono altresì cruciali. Tale processo di proiezione è spesso denominato “transfert” dagli psicoterapeuti e può rappresentare un fattore saliente nel successo di un trattamento. L’importanza delle aspettative di un cliente è stata supportata da un’abbondanza di prove. Ciò che una persona si aspetta accada in un trattamento spesso avviene se l’anticipazione è sufficientemente forte. Frank e Frank (1991, p.139) descrivono il “messaggio simbolico” del placebo, e la sua capacità di evocare speranza. Almeno il 50% delle persone che ricevono un placebo riporteranno un significativo sollievo (p.140). Alcuni rimedi, come sangue di lucertola e denti di scrofa, non possiedono note proprietà medicinali, tuttavia sembrano aver agito positivamente per secoli, apparentemente perché i clienti e i loro guaritori avevano preannunciato che tali rimedi avrebbero funzionato. Torrey (1986) ha rintracciato svariati fattori atti a produrre aspettative nel cliente: speranza, fede, fiducia ed eccitazione emotiva. Frank e Frank (1991) hanno osservato che molte psicoterapie utilizzano quest’ultima come componente del trattamento, sia all’inizio della terapia, seguita da un sistemico rafforzamento delle nuove attitudini e competenze sviluppate, sia nei momenti finali del trattamento, cristallizzando il rendimento delle precedenti sessioni terapeutiche. L’emergente sensazione di padronanza da parte di un cliente, lo dota del sapere riguardo a come dovrà comportarsi in futuro per fronteggiare le avversità della vita. A seguito del recupero da una malattia psichica, il paziente potrà sentirsi meglio e tornare a lavorare. Inoltre, potrà aver appreso procedure di autoregolamentazione, regimi dietetici ed esercizio fisico, nonché altre tecniche per prevenire una ricaduta nella malattia. Se ci sono problemi psicologici, il cliente può aver imparato le preghiere utili a contrapporsi agli spiriti malevoli, i comportamenti sani contro la depressione e l’ansia, o i metodi d’interpretazione dei sogni che prevedono un potenziamento individuale. Ciascuna di queste tecniche ha il potenziale per rafforzare il senso di padronanza dei clienti e l’autoefficacia, assegnando loro un “mito” o uno schema concettuale che spiega quali sono i sintomi deleteri, e fornendo un “rituale” o una procedura con la quale superarli (Frank e Frank, 1991). Questi “miti” e “rituali” combattono la depressione 44


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attraverso il rafforzamento della relazione terapeutica, suscitando speranza, ispirando aspettative di assistenza, e offrendo opportunità di verifica ed esercizio. Apprendimento e padronanza sono componenti importanti del trattamento. Per di più, sono fattori significativi tanto nella “cura” (eliminando i sintomi di una malattia e rimettendo un cliente in salute), quanto nella “guarigione” (raggiungendo la pienezza di corpo, mente, emozioni, e/o spirito). Alcuni clienti potrebbero non essere in grado di essere curati perché la loro malattia è terminale. Eppure quegli stessi clienti potrebbero venir curati mentalmente, emotivamente, e/o spiritualmente, come risultato di un insegnamento da parte del professionista a rivedere la loro vita, trovando in essa significati, e riconciliandosi con la morte. I pazienti che sono stati “curati”, invece, possono imparare procedure che preverranno una ricaduta o la reiterazione dei loro sintomi. I corretti rimedi medicinali possono altresì potenziare il cliente. Nel 1925 un babalawo nigeriano o “padre dei misteri” fu convocato in Inghilterra per trattare un eminente connazionale che aveva subito una rottura psicotica. Il babalawo trattò con successo il suo cliente con la radice di rauwolfia, la miglior medicina di cui uno psichiatra inglese potesse disporre, in quanto solo nel 1950 è stata introdotta nella biomedicina occidentale la reserpina come tranquillante. Inoltre, molte procedure di trattamento dei Nativi Americani sono risultate molto efficaci, anche per gli standard attuali. Molti professionisti Nativi americani hanno spremuto foruncoli, rimosso tumori, trattato fratture e lussazioni, e pulito ferite con modalità più igieniche dei conquistatori europei. Gli Uroni usavano aghi sempreverdi, ricchi di vitamina C, per trattare lo scorbuto; gli Shoshone usavano granelli di pietra per produrre aborti spontanei; diverse tribù utilizzavano la corteccia di salici e pioppi, il cui principio attivo, la salicina, assomiglia all’odierna aspirina. Al 60% delle erbe utilizzate dalla tribù dei Rappahannock è stato più tardi riconosciuto un inconfondibile valore medicinale, un record leggermente superiore rispetto alle medicine portate dagli Europei in America (Stein, 1942). La prima farmacopea statunitense, pubblicata nel 1820, elenca 296 sostanze, 130 delle quali originariamente utilizzate dai Nativi Americani. Analisi farmacologiche delle erbe usate nella medicina cinese, tibetana e ayurvedica, oltre a quelle di altre tradizioni, rivelano che una quantità significativa ha proprietà mediche attive. La necessità di individuare una terapia è interculturale. La natura della malattia determina quali opzioni del trattamento sono disponibili. La natura, invece, delle condizioni del cliente, stabilisce se il disturbo deve essere curato e guarito. Le caratteristiche dell’ambiente determinano quanto una struttura culturale e 45


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familiare è disponibile ad aiutare il cliente nel suo recupero e nella sua crescita o integrazione. Questi fattori, singolarmente o combinati, accerteranno quanti dei quattro fondamentali principi di guarigione possono essere esercitati.

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Psicoterapia Transpersonale: Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? JO E. SCHNORRENBERG Nasce a Colonia nel 1942. Studia scienze della comunicazione, scienze linguistiche e psicologia. Lavora come assistente docente in alcune università tedesche; tra queste all’Univeristà di Marburg da 32 anni. Lavora come psicoterapeuta dal 1980, avendo iniziato con i metodi della psicologia umanistica. Grazie a un training in Psicoterapia Olotropica di Stanislav Grof e in Psicologia Quantistica di Stephen Wolinsky, sviluppa differenti metodi di psicoterapia del corpo e arteterapia. Contemporaneamente lavora come editor alla West German Broadcasting (WDR) a Colonia occupandosi di programmi di psicologia e psicoterapia. Durante lo sviluppo professionale diviene membro di diverse associazioni nazionali ed internazionali (DGHP, vice Presidente per alcuni anni; DVP, vice Presidente per alcuni anni e Presidente della commissione etica; IAGP, AHB, EAP, S.E.N., Network dell’Emergenza Spirituale). Infine, partecipa a conferenze nazionali ed internazionali ed è autore di numerose pubblicazioni. ABSTRACT: Questo simposio ha costituito parte del programma mattutino del meeting SEN tenutosi quest’anno. Il suo tema centrale è stato introdotto brevemente dal moderatore, che lo ha descritto come il tentativo di esaminare dall’esterno le prospettive critiche sull’approccio della psicoterapia transpersonale. Ciò è sembrato necessario e auspicabile (concetto assolutamente valorizzato durante il simposio) alla luce di una tendenza, da parte di psicoterapeuti con orientamento transpersonale, verso una continua mutua rassicurazione durante le interazioni alle conferenze e ai meeting. Mentre la decisione di ignorare parziali e generalizzate condanne alla psicoterapia transpersonale può essere giustificata, la tendenza di una parte del “movimento” transpersonale a fare ostruzionismo al criticismo esterno è controproducente: priva il concetto transpersonale delle potenziali opportunità di crescita per essere accettato all’interno della comunità psicoterapeutica, così come nella società in generale.

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Psicoterapia Transpersonale: Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? Report del simposio SEN 1 Come sappiamo, i sistemi tendono a diventare intricati in uno stato di omeostasi, sviluppando una tendenza all’irrigidimento e una resistenza alla turbolenza. Tuttavia, è proprio questa turbolenza che può suscitare problemi che, una volta trattati, permettono di raggiungere un equilibrio ottimale. I teorici dei sistemi parlano di “disturbi” indotti che hanno un effetto simile alla “crisi” sul piano affettivo. Tale disturbo, con effetto il più possibile benefico, dovrebbe rappresentare l’intento drammaturgico di questo simposio. Il maggior numero possibile di partecipanti dovrebbe abbandonare il convegno, sentendosi obbligato ad occuparsi di questioni complesse, piuttosto che - come spesso accade nella vita quotidiana ottenere semplicemente un rafforzamento delle loro risposte pre-esistenti. Impegnarsi in un simile processo di disturbo richiede volontà di affrontare dei rischi, così come reciproci rispetto e stima. Questi ultimi dovrebbero essere scontati tra gli psicoterapeuti. Tuttavia, l’esperienza ha dimostrato che, in particolare in questo campo, le persone sono spesso particolarmente suscettibili. Il processo di orientamento personale nel campo transpersonale è particolarmente connesso con profonde esperienze soggettive. Di conseguenza, un struttura teorica e un concetto personale della pratica psicoterapeutica basata su tali esperienze, possono talvolta arrivare ad essere subdolamente difesi da qualsiasi tipo di critica percepita come un attacco a quelle esperienze che hanno avuto un profondo significato a livello personale. Se la terapia transpersonale vuole essere accettata dalla più ampia comunità di terapeuti si deve misurare con gli standard di riferimento di questa comunità. Ciò non significa che i terapeuti transpersonali non possano a loro volta mettere in discussione questi standard. EUROTAS si sta attualmente battendo per essere riconosciuta all’interno della European Association for Psycotherapy (EAP). Dunque, è stata una decisione logica invitare al simposio uno degli scrutinatori nominati dalla EAP: Peter Schulthess, terapeuta della Gestalt di Zurigo, membro della EAP, presidente della European Association for Gestalt Therapy (EAGT) nonché presidente della Swiss Charta for Psycotherapy. Il Professore Emerito Wilfried

1 Simposio SEN, Kolping Hotel International, Colonia, Germania, sabato 18 settembre 2010

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Psicoterapia Transpersonale:Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? Belschner della Carl von Ossietzky University di Oldenburg si è assunto la responsabilità di rappresentare l’approccio transpersonale. Il suo compito è stato quello di esaminare le differenze senza considerarle difetti: cosa contraddistingue la terapia transpersonale? Wilfried Belschner ha intitolato la sua presentazione “Qual è la qualità curativa della psicoterapia transpersonale?” formulando inizialmente la seguente tesi: “La psicoterapia transpersonale richiede abilità maggiori e diverse rispetto a quelle della psicoterapia tradizionale”. Ciò ha costituito lo stile della sua presentazione. Belschner ha citato il concetto di J. D. Frank sugli elementi curativi in comune (1961). Inoltre, ha delineato l’immagine della psicoterapia agli occhi delle persone comuni (Fischer & Belschner, 2007), includendo una discussione delle nozioni preconcette dei clienti nei confronti della psicoterapia. Ad esempio, un senso di fallimento per il raggiungimento dell’autonomia (“Come adulto, io dovrei essere in grado di fronteggiare da solo i miei problemi invece di cercare aiuto all’esterno”), ma anche l’aspettativa di un risultato positivo (“Posso utilizzare la terapia come punto di partenza per cambiare una situazione insoddisfacente”). Si potrebbe anche percepire uno scetticismo rispetto a “una posizione d’inferiorità nell’interazione” (“Ciò che mi infastidisce rispetto alla terapia è che io non so che cosa mi stiano facendo”). Wilfried Belschner ha confrontato un possibile senso di “rafforzamento transpersonale” (“Facendo questo, sto dimostrando che ammetto e che voglio lavorare con i miei legami insoluti in accordo con la natura e l’ordine cosmico”) con un senso di “rafforzamento personale” (“Cercando l’aiuto psicoterapeutico, sto dimostrando un senso di responsabilità nei confronti di me stesso”). Il professore ha consigliato l’uso di un questionario durante la seduta al fine di valutare l’effetto delle aspettative del cliente nel corso della terapia e il conseguente risultato. Belschner ha citato la sua insoddisfazione riguardo la mancanza di un fattore d’unione tra le differenti teorie in campo psicoterapeutico – qualcosa che ha continuato a frustrarlo dopo che ha seguito differenti training professionali. Quale possibile soluzione ha suggerito l’incorporazione della nozione di “coscienza”, poiché questo permetterebbe l’inclusione di tutti i modelli esistenti di psicoterapia senza tralasciare la psicoterapia transpersonale. La coscienza ha lo status di una categoria antropologica 49


Psicoterapia Transpersonale: Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? di base. Allo stesso tempo, si possono distinguere vari livelli di coscienza: da quello ordinario di veglia, a un stato “alterato” di coscienza vigile. Mentre il prerequisito del primo è il dualismo soggetto-oggetto, il cambio di coscienza è l’esperienza della non-dualità. Allo stesso modo, lo spazio tridimensionale, il tempo lineare, la logica causale, così come il senso di sé, sono ulteriori caratteristiche dello stato ordinario di coscienza vigile. In analogia con la fisica, gli individui possono essere visti come funzioni d’onda indistintamente separate l’una dall’altra - ossia che non hanno un valore zero permanente e univoco su entrambi i lati. Un’immagine corrispondente potrebbe essere quella di una catena montuosa dove le singole vette possono essere distinte, ma tutte hanno origine dalla stessa base. Pertanto, Wilfried Belschner ha concluso che la connessione è la “condizione di base dell’esistenza umana” e, come tale, costituisce una “qualità della nostra vera natura che contraddistingue la nostra esperienza quotidiana”. Quindi, differenti esperienze possono essere individuate in un continuum tra due poli di coscienza (“dualità/non dualità”). Dal punto di vista di Belschner, il rilassamento, il “flusso”, e la corrente di pensieri che giungono ad una stasi, sono tutti ancora vicini al polo di coscienza ordinaria, mentre le esperienze intuitive, d’amore, di totale connessione fino al punto di “coscienza della pura qualità ed esperienze dell’unità”, sono situate vicino al polo degli stati “elevati di coscienza”; uno stato di “illuminazione”, inoltre, si colloca alla fine dello spettro. La capacità di raggiungere l’esperienza soggettiva di un allargamento degli stati di coscienza può essere ottenuta attraverso la pratica di vari metodi, come ad esempio la meditazione. Wilfried Belschner ha ulteriormente suddiviso questa topografia della coscienza in differenti aree, disponendole da “effettiva, razionale” passando per “discorso empatico” a “incontri fondati dall’esperienza delle qualità autentiche della coscienza” e “risonanza quale risultato di esperienza della non dualità”. Di conseguenza, i trattamenti psicoterapeutici sono sempre “specifici dello stato di coscienza del cliente e dipendono dalle caratteristiche della malattia correlata a quello stato di coscienza”. All’interno di questo processo, il decisivo cambiamento di prospettiva consiste nel trattamento dell’individuo “disturbato/malato” per arrivare ad un punto in cui esso è in grado di rivelare il suo pieno potenziale che può ridursi ad uno specifico 50


Psicoterapia Transpersonale:Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? desiderio: “Che cosa può essere portato nel mondo attraverso di me?”; “Chi sono io realmente, considerando che precisamente in questo momento il Creato si manifesta attraverso di me e solo attraverso di me?” Una possibile metafora di ciò potrebbe essere la scultura che è ancora intrappolata nel marmo, ma che è liberata, come crede Michelangelo, da una mano che segue la volontà del potere creativo (divino). Queste sono, allora, le qualità che distinguono i due poli della coscienza: coscienza ordinaria, - che, secondo il punto di vista di Wilfried Belschner, è determinata dalle “aspettative culturali” – e gli stati alterati di coscienza quale terreno per sperimentare la propria essenza, la propria “vera natura”. Nella psicoterapia transpersonale, l’individuo dovrebbe - anche - essere capito nella sua essenza e nel suo potenziale. Ciò significa che deve essere fornito “il contesto di uno stato di coscienza vigile che risulti appropriato alla situazione e che sia indotto da un professionista” - nello specifico, dovrebbero essere rese possibili esperienze di “coscienza delle pure qualità”. Obiettivo di tutto ciò è la “trasformazione auto-organizzata della persona sofferente”. Per questo lo psicoterapeuta transpersonale ha bisogno di avere sperimentato in prima persona diverse qualità di coscienza e deve essere in grado di navigare attraverso di esse con i clienti. Precisamente questo costituisce le “numerose e differenti abilità” che distinguono lo psicoterapeuta transpersonale dallo psicoterapeuta tradizionale. Secondo Wilfried Belschner l’efficacia di questo genere di psicoterapia, basata su nozioni del transpersonale, può essere dimostrata empiricamente. A seguito di questa presentazione e delle caratteristiche della psicoterapia transpersonale qui descritte, Peter Schulthess ha presentato le sue note critiche sotto il titolo “La terapia transpersonale trascende i limiti della psicoterapia”, che allo stesso tempo riassume le tesi di base della sua presentazione. In relazione alla sua tesi, egli ha posto una serie di domande iniziali: “La psicoterapia transpersonale è - Una via alla maturazione spirituale? - Una missione ed un percorso per un maggiore sviluppo dell’umanità? - Una religione? - Una forma di psicoterapia? - E quali sono le sue implicazioni teoriche e politiche?” Peter Schulthess ha rimarcato il problema delle definizioni incerte così 51


Psicoterapia Transpersonale: Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? come quello della confusione dei campi più disparati, iniziando con l’illustrare come il termine generico di terapia transpersonale accolga numerosi metodi che danno l’impressione di un gruppo eterogeneo di idee esoteriche e psicolitiche. I termini “religiosità” e “spiritualità” sono usate in modo interscambiabile. Più in generale, tanto per cominciare, Schulthess si è chiesto come le pratiche religiose siano diventate psicoterapia. La spiritualità può essere intesa come un’arte del vivere - con parole chiave come consapevolezza, meditazione, radicamento, connessione, impegno e trasformazione - ed è quindi distinta da una comprensione di questo concetto quale missione evolutiva, con lo scopo di portare le persone ad un più alto livello di sviluppo - un approccio programmatico allo sviluppo personale che è il contrario di uno sviluppo di una personalità matura. Schulthess ha visto il pericolo della vicinanza di questa seconda definizione alle ideologie dei sistemi totalitari (Socialismo Nazionale). Riguardo alla suscettibilità dei modelli di psicologia e psicoterapia a tali idee, egli ha riportato esempi dal suo campo, quello della terapia e della psicologia della Gestalt. In contrasto con la psicologia della Gestalt di Berlino (Wertheimer, Koffa, Kohler), con la sua enfasi sul senso dei confini personali, c’erano le scuole di psicologia Gestalt di Leipzig e Graz (Ehrenfels, Weinhandl), con le loro nozioni dei più alti livelli d’ordine, che incorporavano concetti ideologici come l’idea di un Aryan Volkskorper (corpo nazionale) o piani per la “sfida tedesca” per raggiungere uno stadio ultimo di evoluzione. Lo psicoterapeuta tedesco ha evidenziato l’impatto che queste idee hanno avuto, tra gli altri, su Graf Durckheim, e ha rilanciato la questione relativa al passato della psicoterapia transpersonale: fino a che punto è stato affrontato? In tale ambito, si è fatto portavoce delle critiche ai concetti e ai costrutti di Ken Wilber, considerato un mitico modello collettivo di evoluzione. Peter Schulthess lo ha messo a confronto con un riassunto dei credo centrali della psicologia umanistica: - Le persone devono essere considerate uguali e perfettamente sviluppate. Unicità dell’individuo. - Psicoterapia quale supporto per utilizzare il pieno potenziale dell’individuo. - Lo sviluppo dell’individuo ha luogo attraverso l’autodeterminazione, piuttosto che essere controllato dalla società. – L’obiettivo è aiutare i clienti a sviluppare i propri poteri di distinzione, 52


Psicoterapia Transpersonale:Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? coraggio e convinzione, le loro abilità a dire “no” o “sì” e a tracciare limiti. Consolidamento dell’individuo. - Consapevolezza di se stessi, un altro importante potenziale, e del proprio ambiente sociale ed ecologico. - Uguali gerarchie o addirittura nessuna gerarchia. Auto regolazione dell’organismo. Contrariamente a ciò, Schulthess ha una differente visione della psicologia transpersonale: - Trascende l’individualità. - Il soddisfacimento dei bisogni individuali è secondario ai bisogni di bene maggiore. - L’attenzione al transpersonale è più importante dell’attenzione all’interpersonale. - Enfasi sulla crescita spirituale. - Modello evolutivo. - Regressivo, a favore della convergenza. - Concetto di uno sviluppo diverso tra le persone. Disuguaglianza. Leader, studente-insegnante. Dipendenza. La psicologia transpersonale si è sviluppata dalla psicologia umanistica. Tuttavia, mentre la psicologia umanistica si è sviluppata in un contesto sociale di liberazione culturale, protesta e cambiamento, l’emergenza della psicologia transpersonale negli USA è avvenuta in un momento di conformismo e di una svolta politica a destra. Dietro le quinte Peter Schulthess vede, tra le altre cose, gli insegnamenti transculturali spirituali/ magici della russa Helena Blavatsky, che ha costituito una alternativa alla scienza razionalistica; una posizione che può essere vista come una regressione romantica per preservare il vecchio ordine e i vecchi valori. In questo contesto, Peter Schulthess ha mostrato le contraddizioni tra la psicologia umanistica (che è una psicologia emancipatoria) e la psicologia transpersonale. Mentre la psicologia umanistica è basata su un’idea che tutti gli individui sono uguali, per la psicologia transpersonale c’è una disuguaglianza; se la psicologia umanistica si è battuta per lo sviluppo dell’individuo, la psicologia transpersonale si focalizza sulla trascendenza dell’individuo. Per questa ragione Schulthess vede il rischio, da parte della psicologia transpersonale, nell’incoraggiare la dipendenza, a differenza dell’approccio di emancipazione legato alla psicologia umanistica. Al centro 53


Psicoterapia Transpersonale: Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? della visione umanistica dell’uomo c’è l’individuo, con una struttura dell’ego stabile e auto-responsabile nel rapportarsi agli altri, mentre la visione transpersonale dell’uomo si concentra, naturalmente, sul transpersonale, in cui le strutture dell’ego divengono più labili. Ciò che è visto come un senso d’integrazione su un piano spirituale/divino può, invero, richiedere regressione e confluenza. In un contesto socio politico, quello che da un lato è una democratica comprensione del processo di psicoterapia, dall’altro si associa al pericolo di una possibile deriva totalitaria. Lo stesso è vero per le strutture gerarchiche comuni ai gruppi transpersonali che non sono di nessun aiuto nello sviluppo dell’autonomia. Peter Schulthess ha sollecitato una dimensione politica della psicoterapia. Di conseguenza, la psicologia transpersonale e la psicoterapia dovrebbero esaminare le implicazioni del loro approccio considerando fino a che punto esse sono informate da una missione evolutiva con ”l’effetto collaterale” di incoraggiare la gente a limitare i propri bisogni nell’interesse di un bene più grande. Egli ha chiesto: “In quale modo vogliamo cambiare il mondo?” Con ciò Peter Schulthess è ritornato alla sua tesi iniziale circa il fatto che la psicoterapia transpersonale trascende i confini della psicoterapia tradizionale. In considerazione sia del suo punto di vista sull’uomo che dei suoi obiettivi terapeutici, lo psicoterapeuta ha argomentato che essa non può essere considerata fra le forme di terapia basate sul pensiero dell’era illuminista (“Aufklarung”). Inducendo stati alterati di coscienza attraverso le tecniche descritte da Wilfried Belschner, appartiene al campo della pratica spirituale o religiosa. Il professore ha argomentato a favore del mantenere separate le aree della psicoterapia e della religione. Nonostante consideri senza alcun dubbio l’accompagnamento spirituale un complemento ed un soccorso psicoterapeutico, Schulthess ritiene che questo debba essere distinto dalle tecniche rivolte a dissolvere le strutture dell’ego, fra le quali egli enumera la Respirazione Olotropica. Inoltre, con riferimento alla presentazione di Wilfried Belschner, ha espresso l’opinione che l’esplorazione di stati alterati di coscienza non costituisce di per sé un metodo per la psicoterapia. Si conclude così una sintesi del contenuto di entrambe le presentazioni. Ormai dovrebbe essere chiaro anche ai lettori che non erano presenti al simposio che questa configurazione ha davvero portato a un “disturbo” come l’abbiamo definito all’inizio - non da ultimo causato dal riferimento 54


Psicoterapia Transpersonale:Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? a certi termini controversi e ideologie che sembravano essere state associate al transpersonale. Ad alcuni colleghi ciò è sembrato così assurdo che si sono sentiti offesi personalmente. Questo ci ricorda la sensibilità menzionata all’inizio del report, che diventa particolarmente evidente quando le persone hanno l’impressione soggettiva che un’esperienza personale, diventata per loro significativa dal punto di vista esistenziale, è stata messa in dubbio. Personalmente, credo che non sia l’esperienza in se stessa ad essere stata messa in dubbio, ma piuttosto il suo collegamento con la psicoterapia. A prescindere dal fatto che, ad un’analisi più attenta del contenuto di queste presentazioni, non si evidenzia nessuna dichiarazione in cui si presume che i pericoli accennati siano intenzioni coscienti da parte di qualche psicoterapeuta transpersonale all’interno del SEN, o di un’associazione di psicoterapeuti praticanti, dobbiamo comunque chiederci come può nascere tale impressione. Dopotutto, per citare Robert Dilts, “Il significato della tua comunicazione è sempre la risposta che ricevi” – in altre parole: nella comunicazione, il fattore cruciale non è la nostra intenzione, bensì il messaggio che è stato recepito, che a sua volta può essere dedotto dalle risposte ricevute. Tuttavia, se non sospettiamo che chi ci critica abbia consciamente ed intenzionalmente distorto l’oggetto della critica, ciò significa che, in qualche modo, è scaturita un’impressione (e probabilmente non solo nei critici) che ha portato a queste conclusioni e sospetti. Pertanto, a mio avviso, rimane l’importante compito per gli psicoterapeuti transpersonali di prendere in seria considerazione queste critiche, nonostante non siano basate su una discussione dettagliata e sistematica di tutti i punti delineati da Wilfried Belschner e potrebbero perciò essere considerate di parte e focalizzate solo su un aspetto. Una critica non è resa irrilevante dal fatto che non considera tutti gli aspetti di un problema. Nel corso della discussione, Peter Schulthess ha risposto alla domanda se egli avesse avuto esperienze personali negative con gli stati alterati di coscienza. Agli occhi di alcuni colleghi sembra che questo lo abbia privato del diritto di prendere parte alla discussione sull’argomento. Permettetemi di azzardare un commento eretico: se solo le persone che hanno avuto esperienze transpersonali vicine al polo di “stati alterati di coscienza” fossero ammesse a parlare, sarebbe probabilmente molto semplice. Naturalmente tutti hanno il diritto di partecipare su un piano di discussione razionale al 55


Psicoterapia Transpersonale: Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? discorso relativo ad un concetto che si vuole far ammettere all’interno di una società come una forma indipendente di un approccio psicoterapeutico. La maggior parte delle persone nell’auditorium ha espresso la volontà di partecipare a questo tipo di discussione, soprattutto perché alcuni di essi sono a conoscenza, per esperienza personale, dell’esistenza del pericolo rimarcato da Peter Schulthess. A mio parere, le presentazioni contengono diversi punti di partenza per una ulteriore e più dettagliata chiarificazione. Come spesso accade, ciò dipende in primo luogo dalla varietà delle definizioni dei termini. Nella presentazione di Wilfried Belschner, per esempio, si è parlato di poli differenti sullo spettro dei vari stati di coscienza, tra i quali si potrebbe e si dovrebbe navigare (a seconda del processo in corso), ma c’era un’incontestabile differenza qualitativa nei termini usati: caratteristiche come “puro”, “vero”, “elevato”, “cosmico”, “completo” ed “essenza” sono state attribuite al polo degli “stati alterati di coscienza/non dualità”, che è stato rinforzato da connotazioni ed esperienze portate in tale contesto come particolarmente “illuminanti”. L’accenno nella tesi di Wilfred Belschner a “numerose e differenti capacità” che gli psicoterapeuti transpersonali dovrebbero avere a loro disposizione - e le quali allo stesso tempo li distinguono dagli psicoterapeuti “tradizionali”- trova posto in questo quadro. L’inversione di ruolo con un terapeuta “tradizionale” potrebbe rivelarsi come una gerarchizzazione di “migliore versus peggiore”, pur non essendo questa l’intenzione dell’autore (e di questo ne sono convinto). Il modello di pensiero “o/o” ha avuto un effetto di particolare divisione nella percezione reciproca. Le persone che hanno a che fare con i processi psichici sanno per esperienza personale che un tale paradigma non rende giustizia alla logica dei processi mentali. Allora perché ci poniamo domande quali: “Personale o transpersonale?”, “Individuazione o trascendimento dell’individuo?” ecc… A mio avviso la nozione di simultaneità appare più utile: usare l’esperienza di una dimensione transpersonale dell’esistenza per un ampliamento e un arricchimento della propria personalità, analogamente a come fa nel suo mitico viaggio “l’eroe”, che deve riportare l’esperienza della non-dualità nella “coscienza vigile ordinaria”, in cui realizza che “nulla è cambiato e ogni cosa è diversa”. Vorrei raccomandare un articolo su questo argomento di T. Izutsu (in: Y. Nitta: Japanische Bietrage zur Phanomenologie, Frieburg 1984); questo articolo parla del doppio fuoco 56


Psicoterapia Transpersonale:Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? della coscienza, per mezzo del quale il mondo empirico appare cambiato dopo l’esperienza di non-dualità. A questo punto vorrei segnalare che è stato scoperto un correlato neurofisiologico dell’esperienza soggettiva della non-dualità. Durante un esperimento con la meditazione buddista, i momenti di picco registrati sull’immagine dello SPECT (tomografia ad emissione di fotone singolo) hanno mostrato un effettivo cambiamento nel senso di una significativa riduzione dell’attività nelle aree associative dell’orientamento (OAA) situate nel lobo superiore parietale. Quest’area è responsabile della costruzione di un senso stabile dei confini tra il proprio corpo e il mondo esterno, attraverso il flusso costante degli input sensoriali. Senza di esso sarebbe praticamente impossibile muoversi nello spazio. Basandosi su questa scoperta, i ricercatori scientifici A. Newberg e E. d’Aquili sono arrivati alla conclusione che nei momenti religiosi più intensi, il confine tra sé e il mondo scompare e viene perso il senso dello spazio e del tempo. Naturalmente tale spiegazione biologica dell’esperienza di non-dualità non conduce necessariamente alla conclusione che queste esperienze non sono altro che un effetto neurofisiologico che può essere indotto con certe tecniche -né, del resto, è vero l’opposto. Queste esperienze richiedono sempre, da parte della persona coinvolta, un’interpretazione soggettiva che può variare di molto. Non è perciò possibile classificare il fenomeno in sé dall’esterno. (Fonte: Th. M. Schimdt/S. Lechtenbohmer: Gott als Produkt der Hirnaktivitat, in P. Kemper et al. (ed.): Wozu Gott?) Per ritornare alla discussione circa il modo corretto di trattare i diversi stati di coscienza: se si ritiene che un approccio appropriato sia in grado, se non di indurre, almeno di facilitare differenti qualità di coscienza - e questo è il modo in cui io interpreto Wilfried Belschner - l’attenzione ad un solo estremo a scapito dell’altro potrebbe portare ad uno sviluppo distorto e quindi diventare un fattore negativo. Peter Schulthess ci ha spinto a fronteggiarci con tale possibile aspetto negativo. Dovremo cercare bene dentro noi stessi prima che qualcuno ci colga in fallo dall’esterno. A questo punto bisogna aggiungere una nota circa una decisione che è stata presa durante il simposio SEN: durante una riunione a Parigi, lo EAP ha rifiutato l’accreditamento della psicoterapia transpersonale e ha espressamente incoraggiato ulteriori sviluppi del metodo in previsione di una nuova domanda di accreditamento. 57


Psicoterapia Transpersonale: Un Processo Psicoterapeutico, un Metodo Psicoterapeutico, una Tecnica Psicoterapeutica? Vorrei esprimere la mia speranza che il dialogo con rappresentanti di altre scuole di psicoterapia e altre discipline e professioni possa continuare anche su una scala di livello inferiore. Durante l’incontro EAP, Peter Schulthess ha esplicitamente cambiato il proprio punto di vista, originariamente radicalmente critico - ha fatto questo anche a causa della sua esperienza al simposio SEN a Colonia. Vorrei inoltre ringraziare Pieter Loomans per il suo incoraggiamento e l’attività di supporto durante la pianificazione e l’attuazione del simposio; una parola di ringraziamento è dovuta anche ai due oratori: Wilfried Belschner e Peter Schulthess, così come a tutti i partecipanti, i cui contributi hanno aiutato a costruire questo fruttuoso discorso circa gli aspetti critici del transpersonale e forse contribuiranno a continuarlo. Colonia, 19 Ottobre 2010 Jo E. Schnorrenberg

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Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale J. STANISLAV GROF, M.D. È uno psichiatra con più di cinque

decenni di esperienza nella ricerca di stati non ordinari di coscienza. In passato, è stato Principal Investigator in un programma di ricerca psichedelica presso l’stituto di Ricerca Psichiatrica di Praga, in Cecoslovacchia, capo della ricerca psichiatrica presso il Maryland Psychiatric Research Center, Professore Associato di Psichiatria presso la Johns Hopkins University di Baltimora, nel Maryland, e studioso presso l’Istituto Esalen a Big Sur, in California. Attualmente, è Professore di Psicologia presso il California Institute of Integral Studies (CIIS), conduce programmi di formazione professionale in respirazione olotropica e psicologia transpersonale, e tiene conferenze e seminari in tutto il mondo. É uno dei fondatori e teorici a capo della psicologia transpersonale, nonché presidente fondatore dell’Associazione Transpersonale Internazionale (ITA) Web site: www.stanislavgrof.com.

ABSTRACT: In questo articolo basato sulla lunga esperienza con gli stati olotropici della coscienza, Grof offre una panoramica sulle radici della violenza e dell’avidità umana, quali cause degli scenari apocalittici che minacciano la vita sul nostro pianeta, e su come possono contribuire a sviluppare una coscienza transpersonale per una sopravvivenza psicologica.

Le Radici della Violenza e della Bramosia dell’Uomo Tramite lo studio degli stati di coscienza olotropici è stata accumulata una ricca serie di osservazioni che hanno rivoluzionato la comprensione della psiche umana nella salute e nella malattia. L’importanza di molti di questi risultati va oltre il quadro della psicologia individuale, essi sembrano offrire una comprensione profonda della attuale crisi globale. Ci sono aspetti che finora sono stati trascurati, 59


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale che sembrano suggerire strategie potenzialmente utili per la risoluzione di tale crisi. In questo articolo, esplorerò queste nuove prospettive, con particolare attenzione su due forze elementari che hanno guidato la storia umana da tempo immemorabile fino ai giorni nostri: la propensione alla violenza sfrenata e all’insaziabile avidità. A causa dello sviluppo di armi di distruzione di massa, dell’implacabile esplosione demografica, del crescente sfruttamento sconsiderato delle risorse naturali, e dell’aumento dell’inquinamento industriale, questi due flagelli ora minacciano la sopravvivenza della specie umana e delle altre forme di vita su questo pianeta. La Violenza e l’Avidità Nella Storia Umana Il numero e il grado di atrocità che sono stati commessi nel corso dei secoli in vari paesi del mondo, molti dei quali in nome di Dio, sono davvero inimmaginabili e indescrivibili. Milioni di soldati e civili sono stati uccisi in guerre e rivoluzioni di tutti i tempi o in altre forme di atrocità. L’avidità umana ha trovato nuove forme, meno violente, di espressione: nella filosofia, nella strategia dell’economia capitalistica, sottolineando l’incremento del prodotto nazionale lordo, nella “crescita illimitata”, nello sperpero sconsiderato delle risorse naturali non rinnovabili, nel consumo cospicuo, e nell’obsolescenza programmata. Inoltre, gran parte di questa politica economica di sprechi ha conseguenze ecologiche disastrose ed è stata orientata verso la produzione di armi per aumentarne la potenza distruttiva. Considerando l’attuale crisi mondiale è evidente che i negoziati diplomatici, le misure legali e amministrative, le sanzioni economiche e sociali, gli interventi militari, e ogni altra misura di questo tipo hanno avuto pochissimo effetto per risolverla; a ben vedere hanno prodotto più problemi di quanti non ne abbiano risolti. È sempre più chiaro perché esse falliscano. Prima di tutto le strategie adottate per risolvere questa crisi hanno le radici nella stessa ideologia che l’ha determinata. Inoltre l’attuale crisi globale è di natura psicospirituale; riflette il livello evolutivo della coscienza del genere umano. È quindi difficile immaginare che possa essere risolta senza una radicale trasformazione dell’umanità su larga scala e senza innalzare la maturità emotiva e la consapevolezza spirituale. L’impresa di infondere nell’umanità un intero complesso di valori e scopi potrebbe apparire troppo irrealistico ed utopistico per fornire una reale speranza. Considerando l’eminente ruolo della violenza e della bramosia nella storia dell’uomo, la possibilità di trasformare l’umanità attuale in una specie di individui 60


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale capaci di coesistere pacificamente con i loro simili, uomini e donne, di qualsiasi razza, colore, e credo religioso e politico, certamente non sembra plausibile. Dobbiamo affrontare la necessità di instillare nell’uomo profondi valori etici, sensibilità ai bisogni degli altri, accettazione dell’onestà, e un acuto riguardo verso la difesa dell’ambiente. A prima vista questa impresa potrebbe apparire eccessivamente fantastica persino per un film di fantascienza. Tuttavia, benché grave e critica, la situazione attuale potrebbe non essere senza speranza come appare. Dopo più di 40 anni di studio con gli stati olotropici della coscienza, sono arrivato alla conclusione che i concetti teorici e gli approcci pratici sviluppati dalla psicologia transpersonale, disciplina che cerca di integrare la spiritualità con i nuovi paradigmi scientifici della scienza occidentale, possono aiutare ad alleviare la crisi che stiamo affrontando. Queste osservazioni suggeriscono che una radicale trasformazione psicospirituale dell’umanità non solo è possibile ma è già in atto. Il problema è solo se sarà sufficientemente rapida e globale per invertire questa corsa verso la distruzione dell’umanità stessa. Anatomia della Distruttività Umana Guardiamo ad uno dei “veleni”, la tendenza dell’uomo all’aggressione. Gli studi moderni del comportamento aggressivo iniziarono con le scoperte di Darwin nel campo dell’evoluzione a metà del secolo IX (Darwin 1952). I tentativi per spiegare l’aggressività umana sulla base della nostra origine animale hanno portato alla formulazione di teorie quali lo “scimpanzé nudo” di Morris (Morris 1967), l’idea del “comando territoriale” di Robert Ardrey (Ardrey 1961), del “cervello trino” di Paul MacLean (MacLean 1973), e la spiegazione socio-biologica di Richard Dawkins che interpreta l’aggressione in termini di strategia genetica del “gene egoista” (Dawkins 1976). Modelli più sofisticati sono stati sviluppati dai pionieri dell’etologia, come Konrad Lorenz, Nikolaas Tinbergen e altri, in cui l’enfasi sui meccanismi istintuali si completa con studi sugli elementi rituali e motivazionali (Lorenz 1963, Tinbergen 1965). Qualsiasi teoria sostenga che la tendenza dell’uomo alla violenza è puramente un riflesso della nostra origine animale è inadeguata e non convince. Tranne rare eccezioni, come attacchi di violenza tra gruppi di scimpanzé confinanti (Wrangham and Peterson 1996), gli animali non hanno comportamento predatorio nei confronti di elementi della stessa specie. Essi manifestano aggressività solo quando sono affamati, per difendere il territorio, o ai fini dell’accoppiamento. La natura e lo scopo dell’aggressività umana - che Erich Fromm chiama “l’aggressività maligna” 61


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale non ha paralleli nel mondo animale (Fromm 1973). L’evidenza che l’aggressività umana non può essere spiegata adeguatamente come risultato dell’evoluzione filogenetica ha portato alla formulazione di teorie psicodinamiche e psicosociali che considerano buona parte del comportamento aggressivo dell’uomo come un fenomeno appreso. Queste teorie hanno iniziato a svilupparsi nel 1930 sulla base dei lavori di Dollard e Miller (Dollard et al. 1939). Origini Biografiche dell’Aggressività Le teorie psicodinamiche cercano di spiegare l’aggressività dell’uomo come il risultato della frustrazione, del maltrattamento e della mancanza d’amore nel periodo neonatale e nell’infanzia. Tuttavia tali spiegazioni non spiegano le forme estreme di violenza individuale, come gli omicidi seriali dello strangolatore di Boston e Geoffrey Dahmer, o gli omicidi multipli da furia omicida. Le attuali teorie psicodinamiche e psicosociali poi sono ancora meno convincenti quando si considerino atti feroci commessi da interi gruppi, come il caso di Sharon Tate o le atrocità in occasione delle rivolte delle prigioni. Falliscono del tutto quando si passa a considerare fenomeni di massa che coinvolgono intere nazioni, come il nazismo, il comunismo o guerre sanguinarie, rivoluzioni, genocidi, e campi di concentramento. Negli ultimi decenni, ricerche nel campo delle esperienze psichedeliche e della psicoterapia esperienziale del profondo hanno gettato nuova luce sul problema dell’aggressività umana. Questi lavori hanno rivelato che le cause di questo problematico e pericoloso aspetto della natura umana sono molto più profonde e più terrificanti di quanto la psicologia tradizionale abbia postulato. Tuttavia questi lavori hanno anche scoperto un approccio estremamente efficace che ha la possibilità di neutralizzare e trasformare questi elementi violenti della personalità umana. Inoltre, queste osservazioni indicano che l’aggressività maligna non riflette la vera natura umana. È connessa con le dinamiche della sfera inconscia che ci separano dalla nostra più profonda identità. Quando raggiungiamo i reami del transpersonale che si trovano oltre questo schermo capiamo che la nostra vera natura è divina più che bestiale. Le Origini Perinatali della Violenza Non c’è dubbio che la “aggressività maligna” è connessa con il trauma e la frustrazione del bambino. Tuttavia, recenti ricerche sulla coscienza hanno rivelati ulteriori origini della violenza, altrettanto significative, che provengno 62


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale dai recessi più profondi della psiche risalendo a periodi antecedenti la storia biografica dopo la nascita legati al trauma della nascita biologica. Il rischio di vita, il dolore, l’esperienza di soffocamento vissuti per molte ore durante il parto biologico generano una quota enorme di ansia e senso di aggressione mortale che rimangono immagazzinati nell’organismo. Il rivivere la nascita sotto diverse forme di esperienza comporta non solo il rivivere concretamente le emozioni e le sensazioni dell’evento ma è tipicamente associato ad immagini provenienti dall’inconscio collettivo che rappresentano scene di inaudita violenza. Tra queste ci sono spesso sequenze molto forti di guerre, rivoluzioni, rivolte razziali, campi di concentramento, genocidio. L’emergere spontaneamente di queste immagini mentre si rivive la nascita è spesso associato a intuizioni riguardo all’origine perinatale di tali forme così estreme di violenza. Ovviamente le guerre e le rivoluzioni sono fenomeni estremamente complessi con una dimensione storica, economica, politica, religiosa. Non si intende qui offrire una lettura riduzionista che sostituisca tutte le altre cause, ma si vuole piuttosto aggiungere degli spunti sulla dimensione psicologica e spirituale di queste forme di psicopatologia sociale che finora sono state trascurate o considerate marginalmente dalle altre teorie. Le immagini di violenza socio-politica durante il rivivere la nascita avviene di solito in connessione con la IV matrice perinatale (BPMs). L’esistenza intrauterina della I matrice perinatale (BPMI), priva di fattori disturbanti, viene rivissuta con immagini di una struttura sociale ideale, di una cultura di completa armonia con la natura, o di una società utopica in cui tutti i conflitti sono stati risolti. Al contrario, il ricordo di una vita intra-uterina disturbata da sostanze tossiche, minacce o tentativi d’aborto, si associa ad immagini di gruppi umani in prossimità di aree industriali circondati da una natura inquinata e rovinata, o in società costruite sul sospetto e l’insidia sociale. Le esperienze della I fase del parto, quando l’utero si contrae ma la cervice è ancora chiusa, appaiono con immagini diametralmente opposte. Ci sono immagini di società totalitarie e dittatoriali, con i confini chiusi, che vittimizzano la popolazione e che soffocano le libertà individuali, come quelle zariste o comuniste, del terzo reich di Hitler, o i paesi dell’est europeo satelliti dell’URSS, le dittature del Sudamerica, l’apartheid sudafricano. Appaiono immagini dei campi di concentramento nazisti o dei gulag di Stalin. Mentre vediamo queste scene infernali ci identifichiamo con le vittime e proviamo una profonda simpatia per questi oppressi e diseredati. 63


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale Le esperienze che si accompagnano alla II fase, quando la cervice si apre, e continuano le contrazioni che spingono il feto verso lo stretto passaggio del canale del parto, mostrano una varietà di scene violente: guerre e rivoluzioni sanguinarie, animali e uomini al macello, mutilazioni, violenza sessuale e omicidi. Spesso queste scene contengono elementi demoniaci e motivi orripilanti di morte. Altre immagini frequenti sono quelle di città incendiate, lancio di razzi ed esplosioni nucleari. In queste immagini non siamo solo vittime ma possiamo partecipare di tutti e tre i ruoli: la vittima, l’aggressore o un osservatore che partecipa emotivamente. Gli elementi che caratterizzano il III stadio del parto (BPM IV), quello della nascita e della separazione dalla madre è tipicamente associato ad immagini di vittoria, liberazione di prigionieri, con movimenti collettivi di resistenza nazionale e patriottica. Possiamo sperimentare visioni di celebrazioni trionfanti, parate o una fase entusiasmante di ricostruzione da dopo-guerra. Nel 1975 ho descritto queste osservazioni che collegano eventi socio-politici con le fasi della nascita nel mio libro “Realms of the Human Unconscious” (Grof 1975). Poco dopo la pubblicazione ho ricevuto una lettera entusiastica da Lloyd de Mause, uno psicanalista e giornalista di New York. De Mause è uno dei fondatori della psicostoria, una disciplina che applica le scoperte della psicologia del profondo agli studi di storia e di sociologia. Gli psicostorici esplorano argomenti quali le relazioni tra l’infanzia dei leader politici e quale sistema di valori essi adottano nel prendere le decisioni; essi studiano l’influenza delle pratiche di educazione dei figli sulla natura delle rivoluzioni di un determinato periodo storico. Lloyd De Mause era molto interessato alle mie scoperte sul trauma della nascita e le sue possibili implicazioni socio-politiche, perché sembravano suffragare anche i risultati delle sue ricerche. Per un certo periodo de Mause aveva studiato la psicodinamica dei momenti immediatamente precedenti le guerre e le rivoluzioni. A lui interessava capire come i capi militari riuscivano a mobilitare le masse di civili pacifici trasformandole, quasi dall’oggi al domani, in macchine da guerra. Il suo approccio al problema era molto originale e creativo. Oltre all’analisi delle fonti storiche tradizionali derivava i dati di importanza psicologica rilevante dalle caricature e battute satiriche, dai sogni e dall’immaginario personale, lapsus e commenti degli oratori, e persino dagli appunti e dalle note a margine dei documenti manoscritti dei politici. Quando mi contattò aveva analizzato in questo modo diciassette momenti precedenti lo scoppio di guerre e rivoluzioni per un periodo storico di molti secoli dall’antichità 64


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale a periodi più recenti (De Mause 1975). Egli era stupito dalla ricorrenza in questo materiale di una straordinaria abbondanza di formule retoriche, metafore ed immagini che si ricollegavano alla nascita biologica. Capi militari e politici di ogni periodo per descrivere situazioni critiche o dichiarare guerra usavano termini che erano mutuati dalla descrizione degli eventi perinatali. Essi accusavano il nemico di soffocare e strangolare il loro popolo, farne esalare l’ultimo respiro, costringerlo, non lasciargli sufficiente spazio per vivere (Hitler parlava di “Lebensraum”). Altrettanto frequenti erano le allusioni ad una grotta scura, a tunnel, labirinti o abissi pericolosi con il rischio di cadere nelle sabbie mobili o in terrificanti gorghi. Allo stesso modo la risoluzione della crisi era rappresentata con immagini perinatali che descrivevano la promessa per la nazione di uscire dal labirinto, alla luce, dall’altra parte del tunnel e creare una situazione in cui l’aggressore o l’oppressore sarebbero stati sconfitti promettendo il ritorno ad una situazione in cui gli individui fossero di nuovo liberi di respirare. Lloyd De Mause portava come esempi personaggi storici quali Alessandro Magno, Napoleone, Samuel Adams, l’imperatore Guglielmo II, Hitler, Kruscev e Kennedy. Samuel Adams, parlando della rivoluzione americana, si riferì al “bambino dell’indipendenza che lottava per nascere”. Nel 1915 l’imperatore Guglielmo disse che”La monarchia è stata presa per la gola e forzata a scegliere tra il lasciarsi soffocare o compiere l’ultimo sforzo per difendersi dall’attacco”. Durante la crisi dei missili a Cuba, Kruscev scrisse a Kennedy augurandosi che le due nazioni non “arrivino allo scontro come due talpe cieche che combattono a morte in un tunnel”. Ancora più esplicito era il messaggio cifrato usato dall’ambasciatore giapponese Kurusu quando comunicò a Tokio che i negoziati con Roosevelt erano falliti e si poteva procedere al bombardamento di Pearl Harbour. Egli annunciò che “La nascita del bambino era imminente”. Quando dal Giappone per sapere come andavano le trattative gli chiesero: “Può nascere il bambino?” rispose “Sì, la nascita del bambino sembra imminente”. È interessante che il controspionaggio americano riconoscesse il significato del codice nascita-guerra. È possibile riscontrare esempi più recenti nelle registrazioni video di Osama Bin Laden dove egli minaccia di trasformare gli stati uniti in un “inferno soffocante” e nel discorso del segretario di stato americano Condoleezza Rice che descrive la crisi in Iraq come “doglie da parto nel Medio Oriente”. Particolarmente impressionante è l’uso del linguaggio perinatale in associazione all’esplosione della bomba atomica a Hiroshima. L’aeroplano aveva lo stesso 65


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale nome della mamma del pilota, Enola Gay, e sulla bomba era scritto il sopranome “The Little Boy” - ragazzo -, il messaggio concordato con Washington in caso di successo nel bombardamento era “il bambino è nato”. Non sarebbe troppo azzardato interpretare come un riferimento ad un neonato anche il sopranome della bomba di Nagasaki: “uomo grasso”. Dai tempi della nostra corrispondenza Lloyd De Mause ha raccolto molti altri esempi storici, rifinendo la sua tesi in cui sostiene che la memoria del trauma della nascita gioca un ruolo importante come ispirazione per la motivazione di attività sociali violente. La relazione tra la guerra atomica e la nascita è di una tale rilevanza che vorrei esplorare più approfonditamente l’argomento utilizzando il materiale dell’articolo di Carol Chon intitolato “sesso e morte nella guerra razionale e nella difesa intellettuale” (Chon 1987). La difesa intellettuale è costituita da civili che si muovono intorno al governo, lavorando talvolta come consulenti a volte si tratta di professori universatari che agiscono da pensatori. Essi creano le teorie su cui si basano le strategie della guerra nucleare e spesso le legittimano, per esempio con interventi riguardo alla corsa agli armamenti, ai deterrenti sull’uso delle armi nucleari, nelle campagne di informazione a supporto degli armamenti nucleari. Carol Cohn frequentò per due settimane i seminari estivi sugli armamenti nucleari, sulle teorie di strategia nucleare e sul controllo degli armamenti. Ne rimase tanto affascinata da immergersi per quasi un anno nelle attività dei gruppi di intellettuali della difesa, quasi esclusivamente maschili, fatta eccezione per le segretarie. Ha raccolto dati molto interessanti che suffragano la teoria di una dimensione perinatale della guerra nucleare. Si conferma soprattutto l’importanza della componente maschile della nascita e della procreazione. Tra gli esempi che lei riporta ci sono il telegramma che nel 1942 Ernest Lawrence inviò a Chicago al gruppo di fisici che lavoravano al progetto della bomba atomica: “Congratulazioni ai nuovi genitori. Non vedo l’ora di vedere il nuovo nato”. A Los Alamos ci si riferiva alla bomba atomica come al “Figlio di Openheimer”; e quando egli si allontanò da gruppo per la morte della moglie gli scrissero “il bambino dovrebbe nascere il tal giorno”. Nei laboratori di Lawrence Livermore la bomba ad idrogeno era chiamata “Il bambino di Teller”, e quando volevano sparlare di lui dicevano che non era il padre della bomba ma la madre. Dicevano, infatti, che Stanislav Ulam era il padre poiché aveva avuto le idee più importanti mentre Teller aveva solo condotto la gravidanza dopo di lui. I termini di riferimento alla cura e al maternage erano usati anche per parlare della manutenzione dei missili. 66


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale Il generale Grove per riferire del successo del primo test nucleare scrisse in un entusiastico messaggio cifrato al segretario di guerra Henry Stimson alla conferenza di Potsdam: “Il medico ha appena detto in tono entusiastico e sicuro che il bimbo è robusto come suo fratello maggiore. La luce del suo sguardo si può vedere persino da qui a Highhold (nel paese di Stimson) e ho udito le sue grida da qui”. Stimson a sua volta informò Churchill scrivendogli “Il bambino è nato bene”. William L. Laurence che assistette al test della prima bomba nucleare scrisse: “Si udì un grande scoppio dopo un lampo impressionante, come il primo vagito di un neonato”. Edward Teller annunciando a Los Alamos il successo del test della bomba ad idrogeno, “Mike”, nell’atollo di Eniwetok nelle isole Marshall, scrisse “è un maschio”. Ho già detto dell’uso dei sopranomi simbolici delle bombe di Hiroshima e Nagasaki. Secondo Carl Cohn “Gli scienziati, maschi, hanno dato luogo ad una progenie con l’intento di dominare la natura femminile”. Carol Cohn nel suo articolo cita anche numerosi esempi di simbolismi sessuali nell’uso del linguaggio degli esperti militari. In questo linguaggio c’è una forte correlazione tra il sesso e l’aggressività, il dominio e la scatologia, mostrando una profonda somiglianza con l’immaginario che si manifesta nella III matrice perinatale. Gli esempi riportati da Cohn sono: la dipendenza dell’America dalle armi nucleari è giustificata perché “ottieni uno scoppio maggiore per quello che hai sgobbato”. La spiegazione di un professore riguardo al posizionamento dei missili MX nel nuovo sito di Minuteman al posto dei vecchi meno precisi è stata: “Non metti i missili migliori in un buco (vecchia carampana)”. Ad un certo punto c’era una seria discussione riguardo al fatto che “Dobbiamo avere i missili più duri perché i Russi ce l’hanno più duri dei nostri”. Un consigliere militare Del National Security Council riferendosi al rilascio del 70-80 percento di megatoni parlò di “orgasmo cosmico”. I comunicati erano pieni di termini quali vettori di lancio eretti, comodo giaciglio, penetrazione profonda, il confronto tra un attacco protratto o lampo. Un altro esempio era l’usanza diffusa di chi visitava le basi sottomarine nucleari di palpeggiare i missili. Carol Cohn vede questi atteggiamenti come espressione di una supremazia fallica e di una tendenza omoerotica. In quest’ottica è appropriato parlare delle critiche femministe alla politica nucleare come di “invidia del missile” o di “atteggiamento fallico”. Un’ulteriore prova del ruolo determinante del dominio perinatale nell’inconscio della psicologia di guerra può essere estratto dal libro di Sam Keen “Il volto del Nemico” (Keen 1988). Keen ha raccolto un incredibile numero di poster di guerra, 67


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale immagini di propaganda e caricature in numerosi periodi storici e da diversi paesi. Egli dimostra che il modo in cui il nemico è descritto e rappresentato durante le guerre o le rivoluzioni è uno stereotipo con solo piccole variazioni e ha poco a che fare con le reali caratteristiche del paese e dei suoi abitanti. Tale materiale, inoltre, tralascia la diversità e l’eterogeneità tipica della popolazione di un paese e adotta delle vistose generalizzazioni: “Così sono i tedeschi, gli americani, i giapponesi, i russi”. Keen è stato anche in grado di dividere queste immagini in alcune categorie archetipiche in base alle caratteristiche prevalenti (per es. lo straniero, l’aggressore, il degno oppositore, il senza volto, il nemico di dio, il barbaro, l’avido, il criminale, il torturatore, il violentatore, la morte). Secondo lui le immagini del nemico sono essenzialmente proiezioni di ombre represse e misconosciute di aspetti del nostro inconscio. Benché noi possiamo trovare nella storia umana esempi di guerra giusta, coloro che iniziano una guerra di solito sostituiscono con target esterni elementi della propria vita psichica che dovrebbero essere affrontati in maniera appropriata in un’auto-analisi. La cornice teorica di Sam Keen non si rifà specificamente al periodo dell’inconscio perinatale. Tuttavia, l’analisi delle immagini del materiale da lui raccolto rivela una preponderanza di immagini simboliche che sono caratteristiche dalla fase II e III delle matrici perinatali. Il nemico tipicamente è rappresentato come una pericolosa piovra, un viscido drago, un’idra dalle molte teste, un’enorme tarantola velenosa, o un divorante mostro marino. Altri simboli usati di frequente sono felini feroci, uccelli. Squali mostruosi, serpenti minacciosi, come vipere e boa constrictor. Immagini dei tempi di guerra, rivoluzione e crisi politiche abbondano di scene che rappresentano strangolamenti, schiacciamenti, pericolosi vortici, infide sabbie mobili. La giustapposizione delle immagini che descrivono l’esperienza della nascita rivissute durante gli stati olotropici della coscienza e la rappresentazione iconografica documentata da Lloyd De Mause e Sam Keen di diversi periodi storici sono una forte evidenza delle radici perinatali della violenza umana. In accordo con questi recenti evidenze, fornite sia da studiosi degli stati di coscienza che da psicologi della storia, noi tutti portiamo nel profondo dell’inconscio potenti energie ed emozioni associate al trauma della nascita che non abbiamo adeguatamente affrontato e assimilato. Per alcuni di noi questi aspetti della nostra psiche possono essere completamente inconsci, almeno finché non le esploriamo con tecniche psichedeliche o con tecniche psicoterapiche come la respirazione olotropica o la rinascita. Altri possono avere diversi gradi di consapevolezza delle 68


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale emozioni e delle sensazioni fisiche archiviate ad un livello perinatale dell’inconscio. L’attivazione di questo materiale può portare a gravi psicopatologie individuali, compresa una violenza immotivata. Lloyd De Mause suggerisce che, per motivi sconosciuti, la consapevolezza degli elementi perinatali può manifestarsi in più individui contemporaneamente. Ciò crea un’atmosfera di tensione diffusa e ansia anticipatoria. Il capo è un individuo che è sottoposto ad un’influenza delle energie perinatali più intense della media degli individui. Egli ha anche l’abilità di disconoscere i suoi sentimenti inaccettabili (l’Ombra per usare una terminologia Junghiana) e di proiettarli sulle situazioni esterne. Il disagio collettivo è addossato al nemico e l’intervento militare è presentato come la soluzione. Richard Tarnas nello straordinario libro “Cosmo e psiche: dichiarazione di una nuova visione del mondo” ha aggiunto un’interessante dimensione alla tesi di De Mause. In questo meticoloso studio di ricerca Tarnas è stato in grado di dimostrare che attraverso la storia i periodi di guerra e rivoluzione si correlavano con specifici transiti astrali (Tarnas 2006) suggerendo la partecipazione di forze archetipiche in questi accadimenti. Guerre e rivoluzioni offrono un’opportunità per tralasciare le difese psichiche che di solito tengono sotto controllo le pericolose forze perinatali. Il super ego di Freud, una forza psichica che richiede un freno e comportamento educato, è sostituito da un super-ego di guerra. Riceviamo premi e medaglie per aver ucciso, distrutto indiscriminatamente, saccheggiato, tutti comportamenti che in tempi di pace sono inaccettabili e ci porterebbero in prigione. Allo stesso modo la violenza sessuale diventa una pratica comune in tempi di guerra ed è stata di solito tollerata. In realtà i generali hanno spesso promesso ai loro soldati un uso illimitato delle donne nei territori conquistati per motivarli alla battaglia. Una volta che la guerra è scoppiata, gli impulsi perinatali distruttivi e autodistruttivi sono agiti liberamente. I temi che di solito si incontrano in alcuni stadi del processo di esplorazione interiore e trasformazione (nella matrice II e III) ora diventano parte della nostra vita quotidiana, o direttamente o attraverso le notizie dei telegiornali. Durante le guerre e le rivoluzioni, diverse situazioni senza uscita, orge sado-maso, violenza sessuale, comportamenti bestiali e demoniaci, che liberano enormi energie esplosive e scatologiche, e appartengono all’immaginario perinatale, sono tutte agite con straordinario vigore e potenza. Durante le guerre e le rivoluzioni assistere a scene di distruzione o azioni di impulsi inconsci violenti, che accada su scala individuale o collettiva, non porta ad una guarigione e ad una trasformazione come accadrebbe se ci si confrontasse 69


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale con questi aspetti in un contesto di auto esplorazione durante un processo di terapia. L’esperienza non è generata dal nostro inconscio, manca degli elementi di profonda introspezione, e non porta ad intuizioni. La situazione è completamente rivolta all’esterno e la connessione con le profonde dinamiche psichiche manca. E, naturalmente, non c’è un intento terapeutico o una spinta motivazionale verso il cambiamento e la trasformazione. Così lo scopo della sottostante fantasia perinatale, che rappresenta la più profonda forza motrice di tali eventi violenti, non è raggiunto, anche se si giungesse alla vittoria della guerra o della rivoluzione. La più trionfante delle vittorie non conduce a ciò che ci si aspettava o si sperava, manca quel senso interiore di liberazione emotiva e rinascita psicospirituale. Dopo l’iniziale inebriante senso di trionfo arriva un primo sobrio risveglio ed in seguito un’amara delusione. E di solito non passa molto tempo che un altro sistema oppressivo simile al vecchio comincia a nascere dalle rovine di questo sogno infranto, poiché la stessa forza inconscia continua ad operare nell’inconscio profondo di chiunque sia stato coinvolto. Ciò sembra accadere continuamente nella storia dell’umanità, che si tratti della rivoluzione francese, della rivoluzione bolscevica in Russia, di quella comunista in Cina, o qualsiasi altra sollevazione violenta associata a grandi speranze e aspettative. Negli anni in cui ho condotto profondi lavori esperienziali a Praga, quando in Cecoslovacchia c’era il regime marxista, ho raccolto del materiale interessante riguardo alle dinamiche psicologiche del comunismo. Gli argomenti relativi all’ideologia comunista di solito emergevano nel trattamento dei miei clienti quando lottavano con le energie e le emozioni perinatali. Subito mi è stato chiaro che la passione che i rivoluzionari mettono nella lotta all’oppressore e il loro regime riceve un forte rinforzo dalla loro rivolta contro la prigione interiore rappresentata dalle loro memorie perinatali. E viceversa il bisogno di imporsi e dominare gli altri è una reazione esteriore al bisogno di superare la paura di essere sopraffatto dal proprio inconscio. Il complicato intreccio omicida dell’oppressore e del rivoluzionario è quindi una replica esteriore delle esperienze del canale del parto. La visione comunista possiede un elemento di verità psicologica che lo ha reso interessante per molte persone. La nozione basilare che sia necessaria una violenta rivoluzione per porre fine alle sofferenze di un’oppressione e istituire una situazione di maggior armonia è corretta se è associata ad un processo di rinnovamento interiore. Al contrario, è terribilmente sbagliata quando è proiettata all’esterno come un’ideologia politica che giustifichi una rivoluzione violenta. 70


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale L’errore sta nel fatto che ciò che ad un livello più profondo è l’archetipo di morte e rinascita spirituale è stato sostituito con un programma ateo e antispirituale. Per assurdo il comunismo ha molti aspetti in comune con un’istituzione religiosa che servendosi dei bisogni delle persone, non solo finge di soddisfarli ma ne nega la possibilità di ricerca sul piano più squisitamente spirituale. Il parallelo tra il comunismo ed una religione arriva fino alla dichiarazione di infallibilità che Stalin decretò al massimo del suo potere. Le rivoluzioni comuniste hanno avuto notevole successo all’inizio della loro fase distruttiva, ma poi, invece della promessa fratellanza e armonia, la vittoria ha condotto al governo dell’oppressione, ha portato crudeltà e ingiustizia. Oggi che la rovina economica e la corruzione politica dell’unione sovietica è arrivata al collasso e il mondo comunista è caduto, è chiaro a chiunque sia dotato di comprendonio che questo enorme esperimento storico condotto al prezzo di miliardi di vite umane e inimmaginabile sofferenza è stato un fallimento colossale. Se le osservazioni fatte in precedenza sono corrette non c’è intervento dall’esterno che possa cambiare il mondo migliorandolo, a meno che esso non sia associato ad una profonda trasformazione della coscienza umana. Le evidenze degli studi sugli stati olotropici gettano nuova luce anche sulla psicologia dei campi di concentramento. Per un certo numero di anni il professor Bastians in Leyden, Olandese, ha avuto in terapia con LSD persone che soffrivano della sindrome dei campi di concentramento, una condizione che si sviluppa in chi è stato tenuto prigioniero in questi campi per molti anni. Bastians ha lavorato anche con ex-kapo sul loro profondo senso di colpa. Una descrizione del suo lavoro la si può leggere nel libro Shivitti scritto da un ex-prigioniero, Ka-Tzetnik 135633 che era stato in cura con Bastians (Ka-Tzetnik 135633 1989). Lo stesso Bastians ha scritto un libro, intitolato “L’uomo nel campo di concentramento e il campo di concentramento nell’uomo”. In questo libro egli ha sottolineato come i campi di concentramento siano delle proiezioni di un dominio dell’inconscio umano: “Prima che ci fosse un uomo nel campo di concentramento c’era un campo di concentramento nell’uomo” (Bastians 1955). Gli studi con gli stati olotropici di coscienza hanno reso possibile identificare la realtà in cui hanno vissuto le persone che descrive Bastians. Un’attenta analisi delle particolari condizioni dei campi di concentramento rivela che essi erano dominati da un’organizzazione diabolica e l’atmosfera da incubo che li caratterizzava è tipica dei vissuti delle esperienze di nascita. Le barriere di filo spinato, le recinzioni elettrificate, le torri di guardia con le 71


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale mitragliatrici, i campi minati, i branchi di cani addestrati, creavano un ambiente infernale e quasi un’immagine archetipica di una situazione assolutamente senza speranza e senza alcuna via di uscita, caratteristiche dalla fase II delle matrici perinatali. Allo tempo stesso gli elementi di violenza, bestialità, scatologia e abuso sessuale di uomini e donne, con pratiche violente e sadiche, fanno anch’esse parte della matrice III. Nei campi di concentramento la violenza sessuale esisteva non in termini di casualità ma in contesti formali, nelle così dette “case di bambole” che provvedevano a soddisfare gli ufficiali. L’unica possibilità di sottrarsi alla violenza era la morte, con un colpo di pistola, per fame o soffocati nelle camere a gas. I libro di KaTzetnik 135633, “Casa di bambole” e “Alba sull’inferno” (1955 e 1977) offrono un’inquietante descrizione della vita nei campi di concentramento. La bestialità delle SS sembrava essere concentrata soprattutto sulle donne incinte e sui bambini piccoli, portando ulteriore sostegno all’ipotesi perinatale. Il passaggio più shoccante dal libro di Terence des Près “Il sopravvissuto” è, senza dubbio, la descrizione di un camion pieno di bambini gettato nel fuoco, seguito da una scena, in cui le donne in stato di gravidanza vengono picchiate con bastoni e fruste, dilaniate dai cani, trascinate per i capelli, prese a calci nello stomaco, e poi gettate nel forno crematorio, mentre ancora in vita (des Près 1976). La natura perinatale degli impulsi irrazionali, come si manifesta nei campi, è evidente anche nel comportamento scatologico dei kapò. Lanciavano ciotole di cibo nelle latrine chiedendo poi ai detenuti di mangiare, li costringevano ad urinare l’uno nella bocca dell’altro; tali pratiche colpiscono oltre che per la loro bestialità anche perché portavano il pericolo di epidemie. Se i campi di concentramento fossero stati semplicemente degli istituti d’isolamento dei nemici politici e campi di lavoro con schiavi a buon mercato, il mantenimento delle norme igieniche sarebbe stato un interesse primario, come accade in ogni struttura ricettiva di un gran numero di persone. Solo a Buchenwald, come risultato di queste pratiche perverse, ventisette detenuti annegarono nelle feci nel corso di un solo mese. L’associazione delle esperienze di violenza collettiva con il processo perinatale è talmente intensa, profonda e convincente che non si può pensare che essa sia fabbricata individualmente da fonti quali libri d’avventura, film e spettacoli televisivi, ma piuttosto abbia origine nell’inconscio profondo. Quando l’esperienza di auto esplorazione raggiunge la memoria del trauma della nascita, ci connettiamo ad un immenso bacino di ricordi dolorosi della specie umana e abbiamo accesso alle esperienze di altre persone che una volta erano in una situazione simile. Non è difficile immaginare che il livello perinatale del nostro inconscio che “conosce” così 72


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale intimamente la storia della violenza umana è in realtà parzialmente responsabile di guerre, rivoluzioni, e atrocità simili. L’intensità e la quantità delle esperienze perinatali raffiguranti varie brutalità della storia umana sono davvero sorprendenti. Christopher Bache, dopo aver analizzato attentamente i vari aspetti di questo fenomeno, è giunto ad una conclusione interessante. Egli ha suggerito che i ricordi delle violenze perpetrate nel corso di varie epoche della storia umana ha contaminato l’inconscio collettivo nello stesso modo in cui i traumi della nostra infanzia e la fanciullezza inquinano il nostro inconscio individuale. Secondo Bache, potrebbe essere possibile che quando si inizia ad avere queste memorie collettive, il nostro processo interiore trascende il quadro di una terapia personale e partecipa alla guarigione del campo di coscienza della specie. (Bache 1999). Il ruolo del trauma della nascita come fonte di violenza e tendenze autodistruttive è stato confermato da studi clinici. Per esempio, sembra esserci una correlazione importante tra parto difficile e criminalità (Litt 1974; Kandel e Mednick 1991; Raine, Brennan e Mednick 1995). In modo simile, l’aggressività diretta verso l’interno, in particolare il suicidio, sembra essere legata psicologicamente ad un parto difficile (Appelby 1998). Il ricercatore scandinavo Bertil Jacobson ha trovato una stretta correlazione tra la forma di comportamento autodistruttivo e la natura della nascita. Suicidi per asfissia erano associati con soffocamento al momento della nascita, i suicidi violenti con un trauma meccanico alla nascita, e la tossicodipendenza che porta ad un lento suicidio con gli oppiacei era associata alla somministrazione di barbiturici durante il travaglio. (Jacobsen et al. 1987). Le circostanze della nascita hanno un ruolo importante nella creazione di una disposizione alla violenza e alle tendenze autodistruttive o, al contrario, ad un comportamento amorevole e a sane relazioni interpersonali. L’ostetrico francese Michel Odent ha dimostrato come gli ormoni coinvolti nelle fasi del parto e nel comportamento di cura materna, partecipano a questo imprinting. Le catecolamine (adrenalina e noradrenalina) hanno giocato un ruolo importante nella evoluzione come mediatori dell’istinto aggressivo e/o protettivo della madre al momento della nascita quando questa avveniva in ambienti naturali non protetti. L’ossitocina, la prolattina e le endorfine sono note per indurre un comportamento materno negli animali e favorire la dipendenza e l’attaccamento. L’ambiente rumoroso e caotico di molti ospedali induce ansia, impegna inutilmente il sistema adrenalinico, ed imprime l’immagine di un mondo che è potenzialmente pericoloso e richiede risposte aggressive. Questo interferisce con gli ormoni che mediano un imprinting 73


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale interpersonale positivo. Sarebbe quindi, indispensabile prevedere per il parto un ambiente tranquillo, sicuro e privato (Odent 1995). Origini Transpersonali della Violenza Il materiale descritto in precedenza mostra come un quadro concettuale limitato alla biografia postnatale e all’inconscio freudiano non spiega adeguatamente forme estreme di aggressione umana su scala individuale e collettiva. Tuttavia, sembra che le radici della violenza umana raggiungano livelli psichici ancora più profondi di quelli perinatali. La ricerca sulla coscienza ha rivelato significative fonti di aggressività nel dominio transpersonale, con figure archetipiche di demoni e divinità irate, complessi temi mitologici di distruzione, e memorie di abusi fisici ed emotivi vissuti in vite passate. Carl Gustav Jung riteneva che gli archetipi dell’inconscio collettivo abbiano una forte influenza non solo sul comportamento degli individui, ma anche sugli eventi della storia umana. Da questo punto di vista, intere nazioni e gruppi culturali potrebbero inscenare nei loro comportamenti grandi temi mitologici. Nel decennio precedente lo scoppio della seconda guerra mondiale, Jung aveva trovato nei sogni dei suoi pazienti tedeschi molti elementi dal mito nordico di Ragnarok, o il crepuscolo degli dei. Sulla base di queste osservazioni, concluse che questo archetipo stava emergendo nella psiche collettiva della nazione tedesca e che avrebbe portato ad una catastrofe, che in ultima analisi si sarebbe rivelata autodistruttiva. James Hillman accumulò nel suo brillante libro “Un amore terribile per la guerra” prove convincenti che la guerra è una formidabile forza archetipica con un potere irresistibile sugli individui e sulle nazioni (Hillman 1994). In molti casi, i leader delle nazioni usano non solo immagini perinatali, ma anche immagini archetipiche e simboli spirituali per raggiungere i loro obiettivi politici. Ai crociati medievali era richiesto di sacrificare la loro vita per Gesù in una guerra che avrebbe liberato la Terra Santa dai maomettani. Adolf Hitler sfruttò i motivi mitologici della supremazia della razza nordica e dell’impero millenario, così come i simboli vedici della svastica e l’aquila solare. L’Ayatollah Khomeini e Saddam Hussein hanno acceso la fantasia dei loro seguaci musulmani con riferimenti alla jihad, la guerra santa contro gli infedeli. Il presidente americano Ronald Reagan si riferiva all’Unione Sovietica come all’Impero del Male, George W. Bush usava nei suoi discorsi politici il riferimento all’Asse del Male e ad Armageddon. Carol Cohn ha discusso nel suo lavoro non solo la simbologia perinatale, ma anche il simbolismo spirituale associato al linguaggio usato in relazione alle 74


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale armi nucleari e alla propaganda nucleare. Gli autori della dottrina strategica si riferivano ai membri della loro comunità come al “Sacerdozio nucleare.” Il primo test atomico è stato chiamato “Trinità - L’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, le forze maschili della creazione”. Dal suo punto di vista femminista, Cohn ha visto questo come un tentativo degli scienziati di sesso maschile di appropriarsi e rivendicare un effettivo potere creativo (Cohn 1987). Gli scienziati che lavoravano sulla bomba atomica e assistettero al primo test lo hanno descritto nel modo seguente: “E ‘stato come se ci trovassimo al primo giorno della creazione.” E Robert Oppenheimer pensò alle parole di Krishna ad Arjuna nella Bhagavad Gita: “Io sono diventato morte, il Distruttore dei Mondi”. Determinanti Biografici dell’Insaziabile Avidità Questo ci porta al terzo veleno del Buddismo Tibetano, una potente forza psicospirituale che unisce le qualità della lussuria, del desiderio e dell’avidità insaziabile. Insieme alla “aggressione maligna”, queste qualità sono certamente responsabili di alcuni dei capitoli più foschi della storia umana. Psicologi occidentali collegano i vari aspetti di questa forza alle pulsioni libidiche descritte da Sigmund Freud. L’interpretazione psicoanalitica della necessità insaziabile dell’uomo di raggiungere, di possedere e di diventare più di ciò che è, attribuisce questa forza psicologica alla sublimazione di istinti più bassi. Secondo Freud “Quello che appare come ... un impulso instancabile verso la perfezione ulteriore può essere facilmente inteso come una conseguenza della repressione istintuale su cui si basa tutto ciò che vi è di più prezioso della civiltà umana. La pulsione rimossa non cessa mai di lottare per la completa soddisfazione, nella ripetizione di un’esperienza primaria di soddisfazione. Nessuna formazione sostitutiva o reattiva, nessuna sublimazione, sarà mai sufficiente ad eliminare la persistente tensione dell’istinto represso” (Freud 1955). Più in particolare, Freud ha visto l’avidità come un fenomeno legato a problematiche che risalgono al periodo dell’allattamento. Secondo lui la frustrazione o eccessiva indulgenza durante la fase orale dello sviluppo libidico può rafforzare il primitivo bisogno infantile di incorporare gli oggetti a tal punto che in età adulta è trasferito in forma sublimata su una varietà di altri oggetti e situazioni. Quando la spinta acquisita si concentra sul denaro, gli psicoanalisti la attribuiscono alla fissazione sulla fase anale dello sviluppo libidico. Un insaziabile appetito sessuale è considerato come il risultato di fissazione fallica. Molti altri incessanti pulsioni umane sono interpretati in termini di sublimazione di tale sollecitazione istintuale 75


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale fallica. La moderna ricerca sulla coscienza ha trovato queste interpretazioni superficiali e inadeguate, e ha scoperto ulteriori fonti dell’avidità e della bramosia nei livelli perinatale e transpersonale dell’inconscio. Fonti Perinatali dell’Insaziabile Avidità Nel corso della psicoterapia orientata in senso biografico, molte persone scoprono che la loro vita non è stata autentica in alcuni specifici settori delle relazioni interpersonali. Per esempio, i problemi con l’autorità dei genitori possono portare a particolari modelli di difficoltà con le figure di autorità, ripetuti modelli disfunzionali nei rapporti sessuali possono essere ricondotte ai genitori come modelli di comportamento sessuale, i problemi con la fratria possono colorire e distorcere le future relazioni con i coetanei, e così via. Quando il processo di auto-esplorazione esperienziale raggiunge il livello perinatale, di solito scopriamo che la nostra vita fino a quel punto non è stata autentica non solo in alcuni segmenti parziali ma nella sua totalità. Scopriamo con nostra sorpresa e stupore che la nostra intera strategia di vita è stata male indirizzata, e quindi non è in grado di fornire soddisfazioni autentiche. La ragione di ciò si ha nel fatto che è stata principalmente motivata dalla paura della morte e da forze inconsce associate con la nascita biologica, che non sono state adeguatamente elaborate ed integrate. In altre parole, durante la nascita biologica, abbiamo completato il processo dal punto di vista anatomico, ma non da quello emotivo. Quando il nostro campo di coscienza è fortemente influenzato dal ricordo della lotta nel canale del parto, giungiamo ad una sensazione di disagio e di insoddisfazione per la situazione attuale. Questo malcontento può concentrarsi su un ampio spettro di situazioni: l’aspetto fisico insoddisfacente, risorse inadeguate e mancanza di beni materiali, bassa posizione e influenza sociale, insufficiente quantità di potere e fama, e molti altri. Come il bambino bloccato nel canale del parto, anche noi sentiamo un forte bisogno di arrivare ad una situazione migliore che si trova da qualche parte nel futuro. Qualunque sia la realtà della situazione attuale, non la troviamo soddisfacente. La nostra fantasia continua a creare immagini di situazioni future che appaiono più soddisfacenti di quelle attuali. Ci sembra che, fino a che non le raggiungeremo, la vita sarà solo la preparazione per un futuro migliore, non ancora “la cosa vera.” Ciò conduce ad un modello di vita che le persone coinvolte nelle esperienze di auto-esplorazione hanno descritto come esistenza tipo “tapis roulant”. Gli esistenzialisti parlano di “auto-proiezione” nel futuro. Questa strategia è un errore 76


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale fondamentale della vita umana. Si tratta essenzialmente di una strategia perdente, poiché che raggiungiamo o meno gli obiettivi che ci siamo prefissati, in ogni caso non otterremo mai la soddisfazione che ci aspettiamo da essi. Quando l’obiettivo non è raggiunto, la continua insoddisfazione è attribuita al fatto che non siamo riusciti a mettere in atto le opportune misure correttive. Quando riusciamo a raggiungere l’obiettivo delle nostre aspirazioni, di solito non ha molta influenza sulla nostra percezione della vita. La colpa della continua insoddisfazione è allora addossata al fatto che la scelta della meta non è stata corretta o che non era abbastanza ambiziosa. Il risultato è la sostituzione del vecchio obiettivo con uno diverso o l’amplificazione dello stesso tipo di ambizioni. Noi non possiamo ottenere ciò che in realtà non vogliamo o di cui non abbiamo bisogno. In ogni caso, il fallimento non è correttamente diagnosticato come un risultato inevitabile di una strategia fondamentalmente sbagliata, che in linea di principio non è in grado di fornire soddisfazione. Questo modello fallace applicato su larga scala è responsabile per la temeraria ed irrazionale ricerca di vari obiettivi grandiosi che si traduce in molte sofferenze e molti problemi in tutto il mondo. Può essere giocato su qualsiasi livello di importanza e ricchezza, dal momento che non porta vera soddisfazione. L’unica strategia che può significativamente ridurre questa irrazionale corsa è la piena e consapevole integrazione del trauma della nascita in una sistematica auto-esplorazione. Cause Transpersonali dell’Insaziabile Avidità Le moderne ricerche nel campo della coscienza e la psicoterapia esperienziale hanno scoperto che la più profonda fonte della nostra insoddisfazione, così come il nostro tendere alla perfezione, ha origini anche più profonde del dominio perinatale. Questo desiderio insaziabile che guida la vita umana è in ultima analisi di natura transpersonale. Nelle parole di Dante Alighieri, “Il desiderio di perfezione è quel desiderio che fa sempre apparire incompleto ogni piacere, perché non c’è gioia o piacere così grande in questa vita che possa colmare la sete della nostra anima” (Dante, 1990). In un senso più generale, le più profonde radici transpersonali dell’avidità insaziabile possono essere meglio comprese nei termini del concetto di Ken Wilber dell’Atman (Wilber 1980). La nostra vera natura è divina - Dio, il Cristo cosmico, Allah, Buddha, Brahma, il Tao - e, benché il processo di incarnazione ci separi e allontani dalla nostra fonte, la consapevolezza di questo fatto non 77


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale è mai completamente perduta. La forza più profonda che motiva la psiche, a tutti i livelli di evoluzione della coscienza, è quella di tornare all’esperienza della nostra divinità. Tuttavia, le condizioni vincolanti delle successive fasi di sviluppo si frappongono a questa esperienza. La trascendenza del reale richiede la morte del sé-separato, il morire al soggetto esclusivo. A causa della paura di annientamento e per l’attacamento all’Ego, l’individuo deve accontentarsi di sostituti o surrogati dell’Atman, che sono specifici per ogni particolare fase. Per il feto e il neonato ciò significa la soddisfazione vissuta nel grembo materno accogliente, o al seno. Per un bambino, questa è la soddisfazione delle diverse esigenze fisiologiche specifiche per ogni età. Per l’adulto la gamma dei possibili progetti Atman è ampia, comprendendo oltre al cibo ed al sesso anche i soldi, la fama, il potere, l’apparenza, la conoscenza, e molti altri. A causa del nostro profondo sentire che la nostra vera identità è la totalità della creazione cosmica e il principio creativo stesso, i sostituti di qualsiasi grado e portata - Progetti Atman - rimarranno sempre insoddisfacenti. Solo l’esperienza della propria divinità in uno stato olotropico di coscienza potrà mai soddisfare i nostri bisogni più profondi. Così la soluzione definitiva per l’avidità insaziabile è nel mondo interiore, non in occupazioni secolari di qualsiasi tipo e portata. Il grande mistico e poeta persiano del XIII secolo, Rumi, lo ha reso molto chiaramente: “Tutte le speranze, i desideri, gli amori, gli affetti, che la gente ha per le cose più diverse - il padre, la madre, gli amici, i cieli, la terra, i palazzi, le scienze, le opere, i cibi, le bevande - il santo sa che tutti questi non sono altro che il desiderio di Dio e tutte queste cose sono veli. Quando gli uomini lasciano questo mondo e vedono il re senza questi veli, allora sapranno che erano tutti veli e rivestimenti, e l’oggetto del loro desiderio non era in realtà che Una Cosa”. (Hines 1996) Scenari Apocalittici che Minacciano la Vita sul Nostro Pianeta In passato, la violenza e l’avidità hanno avuto conseguenze tragiche per le persone coinvolte negli scontri intestini e per le loro famiglie. Tuttavia, questi scontri non minacciavano l’evoluzione della specie umana nel suo complesso e certamente non rappresentavano un pericolo per l’ecosistema e per la biosfera del pianeta. Anche dopo le guerre più violente, la natura era in grado di rimediare a tutte le conseguenze e di recuperare completamente entro pochi decenni. Questa situazione è cambiata in modo radicale nel corso del ventesimo secolo. Il rapido progresso tecnologico, la crescita esponenziale della produzione industriale, 78


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale l’esplosione di massa della popolazione, e in particolare la scoperta dell’energia atomica hanno cambiato per sempre le equazioni coinvolte. Nel corso del ventesimo secolo, nel giro di un solo decennio, anche di un solo anno, abbiamo assistito a scoperte scientifiche e tecnologiche più importanti, di quelle a cui la gente nei periodi storici precedenti assisteva in un intero secolo. Tuttavia, questi sorprendenti successi intellettuali hanno portato l’umanità moderna sull’orlo di una catastrofe globale, poiché non erano accompagnati da una comparabile crescita di maturità emotiva e morale. Noi abbiamo il dubbio privilegio di essere la prima specie nella storia naturale ad aver raggiunto la capacità di sradicare e distruggere se stessa nel corso della sua vita su questo pianeta. La storia intellettuale dell’umanità è un trionfo incredibile. Siamo stati in grado di apprendere i segreti dell’energia nucleare, inviare astronavi e satelliti sulla luna e su tutti i pianeti del sistema solare, trasmettere immagini, suoni e colori in tutto il mondo e attraverso lo spazio cosmico, decifrare il codice del DNA, e cominciare a sperimentare con la clonazione e l’ingegneria genetica. Allo stesso tempo, queste tecnologie superiori sono utilizzate al servizio di emozioni primitive e pulsioni che non sono molto diverse da quelle che hanno guidato il comportamento delle persone nell’età della pietra. La scienza moderna ha sviluppato strumenti efficaci che possono risolvere la maggior parte dei problemi urgenti nel mondo di oggi: combattere la maggior parte delle malattie, eliminare la fame e la povertà, ridurre la quantità di rifiuti industriali, e sostituire i combustibili fossili distruttivi con fonti rinnovabili di energia pulita. I problemi che si frappongono non sono di natura economica o tecnologica; le loro cause più profonde si trovano all’interno della personalità umana. A causa di questi problemi, risorse inimmaginabili sono state sprecate nell’assurdità della corsa agli armamenti, nella lotta per il potere, e il perseguimento della “crescita illimitata.” E sono sempre loro che impediscono anche una più equa distribuzione della ricchezza tra gli individui e le nazioni, così come impediscono di riconsiderare gli interessi economici e politici per dare la priorità agli interessi ecologici che sono così critici per la sopravvivenza della vita su questo pianeta. Diamo uno sguardo alle comprensioni teoriche della ricerca olotropica e alle loro implicazioni pratiche per la nostra vita quotidiana. Possono le nuove conoscenze essere utilizzate in un modo che renderebbe la nostra vita più appagante e gratificante? Come potrebbe l’auto-esplorazione sistematica mediante stati olotropici migliorare il nostro benessere emotivo e fisico e favorire 79


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale la trasformazione positiva della personalità e indurre benefici cambiamenti nella visione del mondo e del sistema di valori? E, più specificamente, come potrebbe questa strategia contribuire alla riduzione della crisi globale e alla sopravvivenza della vita su questo pianeta? Maestri spirituali di tutte le età sembrano concordare sul fatto che la ricerca di obiettivi materiali, di per sé, non ci può portare soddisfazione, felicità e pace interiore. La crisi globale rapidamente crescente, il degrado morale, e il crescente malcontento che accompagnano l’aumento del benessere materiale nelle società industriali testimoniano questa antica verità. Sembra esserci un accordo generale nella letteratura mistica riguardo al fatto che il rimedio per il malessere esistenziale che affligge l’umanità sia quello di una trasformazione interiore, cercando le risposte nella nostra psiche, e subendo una profonda trasformazione psicospirituale. Non è difficile capire che un prerequisito importante per un’esistenza di successo è l’intelligenza generale, la capacità di apprendere e ricordare, pensare e ragionare, e rispondere adeguatamente al nostro ambiente materiale. Ricerche più recenti hanno sottolineato l’importanza dell’”intelligenza emotiva”, la capacità di rispondere in modo adeguato al nostro ambiente umano e gestire efficacemente le nostre relazioni interpersonali (Goleman, 1996). Le osservazioni provenienti dallo studio degli stati olotropici confermano il principio di base della filosofia perenne secondo la quale la qualità della nostra vita dipende in ultima analisi, da ciò che può essere chiamata “intelligenza spirituale”. L’intelligenza spirituale è la capacità di condurre la nostra vita in modo che rifletta una profonda comprensione filosofica e metafisica della realtà e di noi stessi. Questo, naturalmente, porta a porsi domande sulla natura della trasformazione psicospirituale che è necessaria per raggiungere questa forma di intelligenza, la direzione dei cambiamenti che dobbiamo mettere in atto, ed i mezzi che possono facilitare tale sviluppo. Una risposta molto chiara e specifica a queste domande si trova in diverse scuole del buddismo Mahayana. La Conoscenza Pratica e la Saggezza Trascendente Il vantaggio più evidente che possiamo ottenere da un lavoro esperienziale sul profondo è l’accesso alla conoscenza straordinaria su noi stessi, sulle altre persone, la natura e il cosmo. Negli stati olotropici, possiamo raggiungere una profonda conoscenza delle dinamiche inconsce della nostra psiche. Siamo in grado di scoprire come la nostra percezione di noi stessi e del mondo è influenzata 80


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale dai ricordi dimenticati o repressi fin dall’infanzia, dal periodo neonatale, dalla nascita, e dall’esistenza prenatale. Inoltre, in esperienze transpersonali possiamo identificarci con altre persone, animali, piante ed elementi del mondo inorganico. Esperienze di questo tipo rappresentano una fonte estremamente ricca di spunti unici per capire il mondo in cui viviamo e per trasformare radicalmente la nostra visione del mondo. Negli ultimi anni, molti autori hanno sottolineato che un fattore significativo nello sviluppo della crisi globale è stato il paradigma newtoniano-cartesiano e il materialismo monistico, che hanno dominato la scienza occidentale negli ultimi trecento anni. Questo modo di pensare comporta una netta dicotomia tra mente e natura e ritrae l’universo come un gigante, una supermacchina completamente deterministica governata da leggi meccaniche. L’immagine del cosmo come un sistema meccanico ha portato alla convinzione errata che esso può essere adeguatamente compreso sezionandolo e studiandone tutte le sue parti. Questo è stato un serio ostacolo alla comprensione dei problemi in termini di interazioni complesse in una prospettiva olistica. Inoltre, elevando la materia al ruolo di principio più importante nel cosmo, la scienza occidentale riduce la vita, la coscienza e l’intelligenza in sottoprodotti accidentali dei processi materiali. In questo contesto, gli esseri umani sembrano essere niente di più che animali altamente sviluppati. Questo ha portato all’accettazione dell’antagonismo, della competizione, e della “sopravvivenza del più adatto” di derivazione darwiniana, come principi guida della società umana. Inoltre, la descrizione della natura come prodotto dell’inconscio ha fornito la giustificazione per il suo sfruttamento da parte dell’uomo, seguendo il programma molto eloquente formulato da Francis Bacon (Bacon 1870). La psicoanalisi ha dipinto un quadro pessimista degli esseri umani come creature la cui forza motivazionale primaria risiede negli istinti animali. Secondo Freud, se non avessimo paura di ripercussioni sociali e non fossimo controllati dal Super-Io (interiorizzando le proibizioni e le ingiunzioni dei genitori), saremmo in grado di uccidere e rubare indiscriminatamente, commettere incesto, ed essere coinvolti nel sesso più sfrenato e promiscuo (Freud 1961). Questa immagine della natura umana ha relegato concetti come complementarietà, sinergia, rispetto reciproco e cooperazione pacifica nel campo delle strategie opportunistiche o di ingenue fantasie utopistiche. Non è difficile vedere come questi concetti e il sistema di valori ad essi associati abbiano contribuito a creare la crisi che stiamo ora affrontando. 81


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale Intuizioni provenienti dagli esperimenti con gli stati olotropici hanno portato un sostegno convincente per una comprensione radicalmente diversa del cosmo, della natura e degli esseri umani. Hanno portato la conferma esperienziale per i concetti formulati dai pionieri della teoria dell’informazione e la teoria dei sistemi, dimostrando che il nostro pianeta e l’intero cosmo rappresentano una rete unitaria e interconnessa di cui ognuno di noi è parte integrante (Bateson 1979, Capra 1996). Negli stati olotropici, possiamo ottenere una profonda conoscenza esperienziale dei vari aspetti della realtà materiale, della sua interconnessione, e dell’unità di base del mondo la cui separazione è solo un’apparenza. Tuttavia, l’ignoranza simboleggiata nel thangka tibetana dal maiale, non è l’assenza o la mancanza di conoscenza nel senso ordinario. Non si tratta semplicemente di una mancanza di informazioni riguardo vari aspetti del mondo materiale, ma di un’ignoranza molto più profonda e fondamentale. La forma di ignoranza che si intende qui (avidya) è un malinteso fondamentale, è la confusione sulla natura della realtà e della nostra stessa natura. L’unico rimedio per questo tipo di ignoranza è una saggezza trascendente (Prajna Paramita). Da questo punto di vista, è essenziale che il lavoro interiore che si ha negli stati olotropici offra più di un semplice incremento, approfondimento o correzione delle nostre conoscenze riguardanti l’universo materiale. È anche un modo unico per ottenere approfondimenti su temi di rilevanza trascendentale. Alla luce di questa evidenza, la coscienza non è un prodotto dei processi fisiologici nel cervello, ma un attributo primario dell’esistenza. La natura più profonda dell’umanità non è bestiale, ma divina. L’universo è intriso di intelligenza creativa e la coscienza è inestricabilmente intrecciata nel suo tessuto. Il nostro identificarci in questa separazione corpo-ego è un’illusione, la nostra vera identità è la totalità dell’esistenza. Questa comprensione fornisce una base naturale per il rispetto della vita, per la cooperazione e la sinergia, per il riguardo verso l’umanità intera ed il pianeta nel suo complesso, con una profonda coscienza ecologica. Lezioni da Parte degli Stati Olotropici per una Psicologia della Salvezza Alcune delle intuizioni delle persone che hanno sperimentato gli stati olotropici di coscienza riguardano direttamente l’attuale crisi globale e il suo rapporto con l’evoluzione della coscienza. È dimostrato che abbiamo esteriorizzato nel mondo moderno molti dei temi essenziali del processo perinatale, questi temi sono affrontati internamente da chi sia coinvolto in una ricerca spirituale e in una profonda trasformazione personale. Gli stessi elementi che noi incontriamo 82


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale nel processo di morte e rinascita psicologica nelle nostre esperienze visionarie riempiono i telegiornali della sera. Assistiamo allo scatenarsi degli impulsi aggressivi nelle tante guerre e sconvolgimenti rivoluzionari nel mondo, nella criminalità in aumento, l’esplosione del terrorismo e delle rivolte razziali. Altrettanto drammatica e sorprendente è, da un lato, la ripresa della repressione dell’atto sessuale, anche quando espresso in modo sano, e dall’altro la sua libera manifestazione in forme aberranti. Le esperienze e i comportamenti sessuali stanno assumendo forme mai viste in precedenza, non solo la libertà sessuale dei giovani e la liberazione degli omosessuali, ma anche la tendenza alla promiscuità, i matrimoni aperti, un alto tasso di divorzi, la quantità di libri, giochi e film a contenuto sessuale e sadomasochistico. L’elemento demoniaco sta diventando sempre più manifesto nel mondo moderno. La rinascita di culti satanici e di stregoneria, la popolarità di libri e film horror su temi occulti, il numero di crimini a sfondo satanico attestano questo fatto. Gli atti dei nazisti, comunisti e terroristi, inclusi gli attentatori suicidi, con la morte di migliaia di civili innocenti, certamente possono qualificarsi come comportamento satanico. La dimensione scatologica è evidente nel progressivo inquinamento industriale, l’accumulo di rifiuti su scala globale, e il rapido deterioramento delle condizioni igieniche nelle grandi città. Una forma più astratta della stessa tendenza è la corruzione e il degrado crescente negli ambienti politici ed economici. Molte delle persone con cui abbiamo lavorato hanno visto l’umanità ad un bivio critico: da un lato l’annientamento collettivo, dall’altro un salto evolutivo della coscienza di proporzioni senza precedenti. Terence McKenna lo ha espresso molto succintamente: “La storia della scimmia sciocca è finita, in un modo o nell’altro” (McKenna 1992). Sembra che siamo tutti quanti coinvolti in un processo che porta alla morte psicologica per una rinascita, tante persone lo hanno sperimentato internamente in stati olotropici di coscienza. Se continuiamo a seguire la strada di queste tendenze distruttive e autodistruttive che originano dalla profondità dell’inconscio, senza dubbio distruggeremo noi stessi e forse la vita su questo pianeta. Tuttavia, se riuscissimo a portare questo processo interiore su una scala sufficientemente grande, potrebbe determinarsi un progresso evolutivo di proporzioni senza precedenti. Per quanto utopistica possa apparire la possibilità di un tale sviluppo, potrebbe essere la nostra unica vera speranza per il futuro. Vediamo ora di esplorare come i concetti che sono emersi dalla ricerca sulla coscienza, dalla psicologia transpersonale, e dal nuovo paradigma della scienza potrebbero essere messi in atto nel mondo. Benché i progressi rivoluzionari in 83


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale molte discipline abbiano posto le fondamenta di una nuova visione scientifica, le nuove idee ancora formano un mosaico sconnesso, piuttosto che una nuova visione completa ed esaustiva dell’universo. Si deve ancora lavorare molto accumulando più dati, formulando nuove teorie, per raggiungere una sintesi creativa. Inoltre, le informazioni esistenti devono prima raggiungere un pubblico molto più grande per avere un impatto significativo sulla situazione del mondo. Ma persino un radicale cambiamento intellettuale verso un nuovo paradigma su larga scala non sarebbe sufficiente per alleviare la crisi globale e invertire il corso distruttivo in cui ci troviamo. Ciò richiederebbe una profonda trasformazione emotiva e spirituale dell’umanità. Utilizzando le prove esistenti, è possibile suggerire alcune strategie che possano agevolare e sostenere tale processo. Gli sforzi per cambiare l’umanità dovrebbero iniziare con la prevenzione psicologica in tenera età. I dati di psicologia prenatale e perinatale indicano che molto potrebbe essere raggiunto modificando le condizioni della gravidanza, del parto e del puerperio. Ciò dovrebbe includere il miglioramento della preparazione emotiva della madre durante la gravidanza, praticando il parto naturale, creando un ambiente di nascita che sia consapevole del piano psicospirituale, prestando cura all’aspetto emotivo del contatto di accudimento e nutritivo tra la madre e il bambino nel periodo post-partum. Molto è stato scritto circa l’importanza di crescere i figli, così come delle disastrose conseguenze emotive di eventi traumatici nel periodo perinatale e nella prima infanzia. Certamente questo è un campo che richiede continua formazione. Tuttavia, per applicare i principi teoricamente noti, i genitori stessi devono raggiungere una sufficiente stabilità emotiva e adeguata maturità. È noto che i traumi emotivi sono passati come una maledizione di generazione in generazione. La psicologia umanistica e quella transpersonale hanno sviluppato efficaci metodi esperienziali di auto-esplorazione, guarigione e trasformazione della personalità. Alcuni di questi provengono da tradizioni terapeutiche occidentali, altri rappresentano adattamenti moderni delle pratiche spirituali antiche. Oltre ad offrire guarigione emotiva, questi approcci possono favorire il ritorno di una genuina spiritualità nella cultura occidentale e rimediare all’alienazione dell’uomo moderno. Esistono approcci che si possono attuare nelle relazioni di aiuto tra figure professionali e clienti e altri che si possono praticare nel contesto di gruppi di auto-aiuto. Un lavoro sistematico in questo campo potrebbe far tornare i valori spirituali nella civiltà industriale e favorire una trasformazione dell’umanità assolutamente necessaria per la sopravvivenza della nostra specie. Perché ciò 84


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale abbia successo, sarebbe indispensabile coinvolgere i mass media e diffondere le informazioni su queste possibilità per convincere quante più persone ad interessarsene. Ci sembra di essere coinvolti in una drammatica gara contro il tempo, senza precedenti in tutta la storia dell’umanità. La posta in gioco è niente meno che il futuro della vita su questo pianeta. Se continuiamo con le vecchie strategie, le cui conseguenze sono chiaramente estremamente distruttive e autodistruttive, è improbabile che la specie umana sopravviverà. Tuttavia, se un numero sufficiente di persone subisse un processo di profonda trasformazione interiore, potremmo raggiungere un livello di evoluzione della coscienza così da meritarci il nome che abbiamo usato con tanto orgoglio per la nostra specie: “Homo sapiens sapiens”. Tecnologie del Sacro e Sopravvivenza Umana La scoperta che le radici della violenza umana e l’avidità insaziabile vanno molto più in profondità di quanto la psichiatria accademica abbia mai sospettato e che le loro riserve nella psiche sono davvero enormi, potrebbe di per sé essere molto scoraggiante. Tuttavia, ciò è bilanciato dalla scoperta emozionante di nuovi meccanismi terapeutici e dalle potenzialità di trasformazione che si rendono disponibili negli stati olotropici sui livelli perinatale e transpersonale della psiche. Io stesso ho visto nel corso degli anni una profonda guarigione emozionale e psicosomatica, così come una radicale trasformazione della personalità, in molte persone che sono state coinvolte in una ricerca interiore profonda e sistematica. Alcuni di loro erano meditatori e seguivano una pratica spirituale con regolarità, altri hanno provato in sedute assistite esperienze psichedeliche, altri ancora hanno partecipato a varie forme di psicoterapia esperienziale e di auto-esplorazione. Ho anche assistito a profondi cambiamenti positivi in molte ​​ persone che hanno ricevuto un adeguato supporto durante gli episodi spontanei di crisi psicospirituale. Come il contenuto del livello perinatale dell’inconscio è emerso alla coscienza ed è stato integrato, questi individui hanno subito radicali cambiamenti di personalità. Il livello di aggressività è di solito considerevolmente diminuito e sono diventati più tranquilli, in pace con se stessi, e tolleranti verso gli altri. L’esperienza della morte e rinascita psicospirituale, la connessione cosciente con ricordi positivi del post-natale o prenatale riduce la spinta irrazionale e le ambizioni. Si è avuto uno spostamento dell’attenzione dal passato e dal futuro, verso il momento presente, rafforzando la capacità di godere di situazioni di vita semplice, come le attività 85


Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale quotidiane, il cibo, l’amore, la natura e la musica. Un altro risultato importante di questo processo è stato l’emergere della spiritualità, di un carattere universale e mistico che era molto autentico e convincente, perché si basava su una profonda esperienza personale. Il processo di apertura e di trasformazione spirituale si è di solito approfondito ulteriormente a seguito di esperienze transpersonali, come l’identificazione con altre persone, interi gruppi umani, animali, piante, e anche materiali inorganici o con i processi in natura. Altre esperienze hanno fornito l’accesso consapevole ad eventi che si sono verificati in altri paesi, culture e periodi storici e persino nei regni mitologici e dei mondi archetipici dell’inconscio collettivo. Esperienze di unità cosmica e della propria divinità hanno portato alla crescente identificazione con tutto il creato accompagnate da un senso di meraviglia, amore, compassione e pace interiore. Quello che era iniziato come una ricerca psicologica dell’inconscio è spontaneamente divenuto una ricerca filosofica per il senso della vita e un viaggio di scoperta spirituale. Le persone che si sono connesse con il mondo transpersonale della loro psiche tendono a sviluppare un nuovo apprezzamento per l’esistenza e una venerazione per la vita intera. Una delle conseguenze più sorprendenti delle varie forme di esperienze transpersonali è stato lo spontaneo emergere e lo svilupparsi di profonde preoccupazioni umanitarie ed ecologiche con la necessità di essere coinvolti in attività aventi uno scopo comune. Questo si è basato su una consapevolezza quasi cellulare che i confini dell’universo sono arbitrari e che ognuno di noi è in definitiva tutt’uno con l’intera rete della vita. È stato subito chiaro che non possiamo fare nulla per la natura, senza fare qualcosa per noi stessi. Le differenze tra le persone, siano esse differenze di sesso, razza, colore, credo, lingua, convinzioni politiche o religiose, diventano allora interessanti e arricchenti, piuttosto che minacciose. È ovvio che se una trasformazione di questo tipo avvenisse su una scala sufficientemente grande potrebbe aumentare le nostre possibilità di sopravvivenza.

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Lezioni dagli Stati Olotropici per una Psicologia della Sopravvivenza da una Prospettiva Psicospirituale RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI:

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A Proposito di Ricerca nel Campo del Transpersonale GIOVANNA CALABRESE

Occuparsi di “transpersonale” significa interessarsi di esperienza interiore, di stati di coscienza alterati, di dimensione spirituale: temi che la scienza ufficiale esclude dal suo campo di indagine. Ciò risulta coerente con l’uso che è stato fatto, nell’era moderna, del termine “scienza” (dal latino, scientia/conoscenza). Esso è stato infatti utilizzato in riferimento allo studio dei fenomeni materiali dell’universo ed alle loro leggi. Conseguentemente, per essere considerato scientifico, un metodo di ricerca deve essere riproducibile, in grado di simulare eventi naturali in condizioni controllate. L’esplorazione della dimensione transpersonale necessita di un altro tipo di approccio, di metodi diversi, ha addirittura bisogno di un linguaggio differente. Sono molti gli autori che hanno cercato di definire una modalità adatta alla ricerca in campo transpersonale. Si possono citare, ad esempio, il libro di W. Braud e R. Anderson: Transpersonal research methods for the social sciences: honoring human experience, Sage 1998, e numerosi articoli, tra cui quello di Hartelius: Quantitative Somatic Phenomenology. Toward an Epistemology of Subjective Experience, pubblicato nel Journal of Consciousness Studies, 2007. Dopo aver illustrato i metodi scientifici che meglio si adattano a “descrivere e misurare gli oggetti e gli eventi del mondo al di fuori in termini di dimensioni fisiche, forma e struttura, frequenza e durata e posizione reciproca”, Hartelius, nell’articolo sopraccitato, mette in rilievo il fatto che, come risultato di questa prospettiva scientifica, “quei fenomeni dell’esperienza che si pensa siano stimolati da oggetti ed eventi al di fuori della mente del soggetto sono analizzati con metodi scrupolosi, e quei fenomeni che si ritiene originino solamente dalla mente del soggetto sono relegati al livello inferiore di realtà soggettiva”. Husserl aveva usato il termine fenomenologia (dal greco phainomenon/che appare) per indicare un metodo di indagine filosofica che conduce alla conoscenza basata 89


A Proposito di Ricerca nel Campo del Transpersonale

sull’esperienza vissuta dell’individuo; l’oggetto di studio non deve essere reale, ma può anche esistere nella coscienza del soggetto. Lo stesso approccio può essere utilmente applicato anche allo studio della dimensione della coscienza. Hartelius si spinge oltre fino ad indicare la possibilità di correlare le scoperte delle neuroscienze cognitive con i postulati fenomenologici: è la nascita della neurofenomenologia. Dal suo punto di vista, la riduzione fenomenologica di Husserl diventa un Gesto di Riduzione Fenomenologica (GPhR) che altro non è che un cambiamento dello stato di coscienza. Teoria e metodi si sviluppano intorno al concetto di stato di coscienza. Seguendo il modello di Washburn dello sviluppo post-convenzionale, Hartelius considera le qualità dello stadio mentale egoico in parallelo con quelle dell’osservazione scientifica: “una repressione delle capacità sensitive a favore delle attività mentali, ed una sufficiente distanza dalla consapevolezza del proprio corpo per cui l’ego immagina se stesso come un qualcosa di incorporeo, come l’ego cartesiano”. Questo ego mentale è collocato nella testa e corrisponde a quello stato di coscienza in cui solo gli oggetti nel mondo al di fuori possono essere studiati. Appare evidente che se vogliamo prendere in considerazione “eventi interiori, emozioni soggettive, sensazioni ecc.” dobbiamo sviluppare uno stadio “molto più adatto allo studio delle esperienze interiori”. Questo stadio è stato chiamato da Gendlin senso sentito: “ Il senso sentito raccoglie informazioni non solo dalla vita interiore ma anche dall’ambiente. Come tale, non è solamente una sensibilità introspettiva che coglie dati idiosincratici dall’esperienza intima, ma una sensibilità che chiama a raccolta un insieme di dati che derivano da entrambi gli aspetti di quello che viene definito come la dualità soggetto-oggetto. Detto questo, il senso sentito agisce meglio in uno stato di coscienza non ordinario, da ciò si può dedurre che la divisione soggetto-oggetto può essere poco più che un artificio dello stato di coscienza usato dal metodo standard di indagine razionale”. (Gendlin, 1999) Il processo della Fenomenologia Quantitativa Somatica, descritto da Hartelius, può in definitiva, essere chiamato osservazione del senso sentito “in cui esperienze cinestesiche specifiche di stato sono utilizzate non solo come una fonte d’informazioni riguardanti la mente incarnata del ricercatore, ma anche un metodo per raccogliere dati dall’ambiente.” “Osservazioni di senso sentito possono essere usate per scoprire eventi psicoemotivi che accadono in un’altra persona, forse attraverso i riflessi che questi 90


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eventi determinano nella mente del ricercatore.” “Un cambiamento nello stato di coscienza è richiesto per avere pieno accesso alle percezioni sensitive per cui questo cambiamento diventa chiaramente percepibile.” A partire dal riconoscimento di come una scienza che basi le sue funzioni sulla vista non risulti adatta alla ricerca di qualcosa che riguardi i sentimenti, Hartelius formula la sua proposta di un gesto in quattro movimenti corporei, precisando: “Un gesto corporeo non è un gesto di movimento fisiologico, ma piuttosto un cambiamento sperimentato come cinestesia all’interno dello spazio interiore del corpo”. I quattro movimenti sono: dalla narrazione alla sensazione, nel quale c’è uno spostamento dal parlare al sentire; dalla dispersione alla focalizzazione, in cui si sposta il focus sull’attenzione interiore; dalla anticipazione al tempo presente, nel quale viene superato il solo focalizzarsi sul qui e ora, l’attenzione viene fisicamente spostata sui centri del tronco encefalico preposti allo stato di vigilanza e coscienza; dal campo visivo al senso sentito, che consente di spostare l’attenzione dalla testa alla pancia. Questi movimenti sono pensati per indurre uno stato alternativo di coscienza, per raggiungere un livello in cui l’esperienza del senso interiore è accentuata. Va sottolineato che il punto di vista di Hartelius non è di opposizione alla scienza: egli non pretende di confutare alcun metodo scientifico così come è generalmente condiviso. In realtà, basandosi su un’analisi critica della letteratura e sull’assunto filosofico della fenomenologia, egli cerca di proporre un diverso metodo di studio del fenomeno della mente e della coscienza. Spiega: “L’ego situato fisicamente nella testa facilita l’esperienza del mondo come di un oggetto che è distinto dall’esperienza mentale dello stesso, mentre la condizione localizzata nel corpo porta ad un’esperienza in cui il corpo e l’ambiente non sono separati” (Hartelius, 2007). E’ inoltre significativo che, già in premessa, questo autore operi un superamento del dualismo mente-corpo, considerandolo, tra l’altro, più sul piano epistemologico che ontologico: “Da una certa angolatura la mente e la materia possono essere esperite come appartenenti a due dimensioni separate; da un altro punto di vista mente e materia sono meglio descritte come esperienze parziali di un processo più profondo che le contiene entrambe”. (Hartelius, 2007). È evidente come, dal punto di vista teorico, questo articolo offra molti spunti alla riflessione sulle possibili risorse della ricerca nel campo del transpersonale. Tuttavia non sono completamente d’accordo con le conclusioni a cui perviene: “Se la PhC si correla con una specifica variabile fisica, come è suggerito da questo articolo, e non può essere trovata nessuna impronta psicofisica stabile, allora il 91


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ragionamento sottostante alla QSP risulterebbe falsificato. Se è comprovato che l’induzione definita QSP è egualmente o maggiormente efficace di una tecnica di meditazione o di pratiche fenomenologiche, misurando indici quali la velocità di apprendimento e il grado di accuratezza nel mantenere uno stato di equilibrio per un certo lasso di tempo, allora sarebbe dimostrata l’efficacia del QSP nello stabilire una specifica piattaforma epistemologica”. (Hartelius, 2007). Non va innanzitutto dimenticato il fatto che qualsiasi tecnica stimoli la connessione con la sensibilità e l’esperienza interiore produca effetti fisiologici su parametri quali la pressione sanguigna, il battito cardiaco, il respiro e via dicendo. Inoltre, non ritengo necessario che la psicofisiologia e le neuroscienze provino la validità delle cosiddette pratiche di mindfulness o di tali attività mentali, comunque vogliamo chiamarle. L’integrazione tra diversi approcci, sempre considerando lo specifico ambito di ricerca, può essere utile, ma l’uso dei metodi quantitativi per validare la ricerca qualitativa è scorretto. A questo proposito, Braud e Anderson chiariscono: “I metodi quantitativi sono ben accetti, o mescolati agli altri metodi, quando sono appropriati al particolare contesto che si sta studiando. Cercare l’equilibrio tra i metodi quantitativi e qualitativi è un carattere distintivo della ricerca trans personale [...]. Combinare o mescolare metodi qualitativi e quantitativi fornisce un quadro ricco e complementare dell’argomento di ricerca. Ognuno a suo modo i diversi metodi di ricerca trans personale [...] incoraggiano l’espansione del discorso scientifico convenzionale e della conduzione della ricerca, specialmente nella concettualizzazione, l’analisi e l’espressione dei risultati della ricerca”. (Braud W., Anderson R., p.29)

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A Proposito di Ricerca nel Campo del Transpersonale

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI: • Braud W., Anderson R., Transpersonal research methods for the social sciences: honoring human experience, Sage, 1998. • Hartelius G. (2007), Quantitative Somatic Phenomenology. Toward an Epistemology of Subjective Experience, Journal of Consciousness Studies 14, No. 12, 2007, pp. 24–56. • Gendlin E.T. (1999), A new model, Journal of Consciousness Studies, 6 (2–3), pp. 232–37. • Washburn M. (1995), The Ego and the Dynamic Ground: A Transpersonal Theory Of Human Development, 2nd. ed., revised (Albany, NY: State University of New York Press).

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Appello per una Maggiore Collaborazione Internazionale STEVEN SCHMITZ PH.D

Voglio presentarmi ed introdurre questa colonna editoriale ai lettori di Integral Transpersonal Journal. Il periodico è nato da un brainstorming tra me e il Dott. Pier Liugi Lattuada mentre discutevamo lo stato attuale del campo transpersonale in psicologia. Tale ambito è in crescita, specialmente a livello internazionale e il nostro intento è quello di sostenerne lo sviluppo. Sono uno psicologo americano. Ho ricevuto il mio Ph.D. in Psicologia Transpersonale dall’Istituto di Psicologia Transpersonale (ITP) di Palo Alto, in California. Faccio parte del campo transpersonale dalla metà degli anni ‘70. Attualmente sono membro di Eurotas e dell’Association for Transpersonal Psychology (ATP). Ho partecipato alle conferenze di Eurotas ogni anno dal 2006 e ho fatto parte del comitato esecutivo per la Conferenza di Mosca dell’International Transpersonal Association (ITA). Inoltre, ho un’attività privata, spiego, insegno, e presento seminari a livello internazionale. Il mio interesse è nel sostenere la visione transpersonale a livello globale. La psicologia transpersonale ha circolato negli Stati Uniti per oltre 40 anni; affonda le sue radici nella Baia di San Francisco. Nel 1967, Abraham Maslow, Anthony Sutich, Stanislav Grof, James Fadiman, Miles Vich, and Sonya Margulies si incontrarono in California e istituirono l’Association of Transpersonal Psychology. Volevano andare oltre lo stato dell’arte della psicologia tradizionale. Erano interessati a riconoscere, indagare, ed istruire su argomenti transpersonali che la psicologia Americana tradizionale aveva trascurato nel tentativo di essere considerata una scienza legittima. I temi erano coscienza e spiritualità, che la psicologia transpersonale ritiene essere aspetti importanti e necessari della natura umana, dello sviluppo e del benessere. Nel 1975, Robert Frager e Jim Fadiman co-fondarono l’Institute of Transpersonal Psychology, in California, delineando i confini dell’educazione transpersonale, della ricerca e della terapia. 94


Appello per una Maggiore Collaborazione Internazionale

Da queste radici sono nate molte organizzazioni transpersonali nazionali e istituti universitari in tutto il mondo. In passato il campo transpersonale è stato anche criticato, essendo troppo isolato e non avendo una teoria uniformata, una definizione unificata, o una ricerca basata su risultati scientifici per supportare il suo lavoro. Tuttavia, ad oggi la Psicologia Transpersonale ha alle spalle più di 40 anni di sviluppo e di ricerca. Il comitato di EUROTAS sta attualmente redigendo un archivio con le proprie ricerche. William Braud e Rosemarie Anderson hanno pubblicato un autorevole libro sul metodo della ricerca transpersonale, Transpersonal Research Methods for the Social Sciences: Honoring Human Experience (1998). Un eccellente articolo, “Transpersonal Psychology: Defining the Past, Divining the Future” (2007) scritto da Glenn Hartelius, Mariana Caplan e Mary Anne Rardin, offre un’utile ed avanguardistica definizione del transpersonale. Personalmente, oggi vedo la Psicologia Transpersonale ad un punto importante del proprio sviluppo. Negli ultimi anni c’è stata una rinascita del settore. Nel 2008 l’ATP ha aiutato ad organizzare un Congresso Mondiale sulla Psicologia e la Spiritualità tenutosi a Delhi, in India, che ha avuto una buona partecipazione. Seguendo questa conferenza, Stan e Christina Grof, i cofondatori dell’International Transpersonal Association (ITA), l’hanno trasformata in un nuovo gruppo internazionale di psicologi e psicoterapeuti. Questo nuovo gruppo ha organizzato la diciassettesima Conferenza dell’ITA, che si è tenuta a Mosca nel giugno 2010. All’evento hanno partecipato più di 850 persone da 26 diversi paesi. Tale conferenza ha mostrato la rilevanza della Psicologia Transpersonale quale strumento scientifico, evoluto, progressivo, ed importante per molte delle importanti questioni che interessano il mondo attuale. Ciò che è risultato ovvio in quella sede, e che io stesso ho osservato ad ogni conferenza di EUROTAS, è stato il valore dell’incontro insieme e la condivisione delle diverse prospettive e ricerche nel campo. Molte recenti informazioni sono state condivise, come non poteva essere altrimenti. Da questo incontro fra persone differenti, sono nate molte nuove relazioni e collaborazioni. La costituzione dell’EUROTAS ha affermato due intenti che sono interessato a sostenere: (a) contribuire a stabilire una rete di organizzazioni attraverso l’Europa in ambito transpersonale; (b) supportare le relazioni e la cooperazione con altri gruppi e organizzazioni rappresentativi del movimento transpersonale nel mondo. Questo editoriale è un appello per una collaborazione più internazionale. In 95


Appello per una Maggiore Collaborazione Internazionale

qualità di membro scientifico dell’EUROTAS, con il ruolo di creare delle reti, di sviluppare e cooperare con istituzioni, nutro interesse nel promuovere una maggiore collaborazione in tutto il mondo. Se sei il presidente di un’organizzazione transpersonale nazionale o di un istituto transpersonale accreditato per gli studi universitari, ti invito a contattarmi, mettendomi a conoscenza di cosa ti occupi e dandomi notizie sulla tua organizzazione o istituto. Chiedo di indirizzare qualsiasi comunicazione con me alla mia casella EUROTAS: http://eurotas.org/about-us/contact-us/steven-schmitz.html.

Steven Schmitz, Ph.D.

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ITJ Prossima Uscita Stati Alterati della Coscienza in Psicoterapia L’argomento del prossimo numero, che sarà pubblicato in Marzo, verterà su “Stati alterati di coscienza in psicoterapia”. In psicoterapia transpersonale è cruciale l’uso degli stati alterati di coscienza, qualunque sia il metodo usato per indurli. Ci sono anche molti studi che hanno cercato di descrivere i processi neuro-chimici e neurofisiologici di tali stati. Questo argomento è stato discusso nell’ultima conferenza di EUROTAS e alcuni autori continueranno la loro discussione dopo la conferenza su queste pagine. Chiunque si occupi di psicoterapia transpersonale è invitato ad inviare manoscritti per descrivere la sua esperienza con gli stati di coscienza alterati in psicoterapia. Gli autori possono inviare articoli in una delle seguenti sessioni: Contributi originali: - Forum Transpersonale: in questa sessione sono accettati articoli che affrontano temi filosofici sul transpersonale. Il formato è libero, includendo i riferimenti bibliografici. - Report clinici o di ricerca: gli articoli per questa sessione devono essere scritti in un formato scientifico (introduzione, metodi, risultati, discussione bibliografia.) Report di EUROTAS In questa area saranno illustrati gli atti di convegni o eventi e pubblicazioni di EUROTAS Report dal Transpersonale In questa area saranno discussi gli atti di convegni o eventi e pubblicazioni riguardanti l’ambito transpersonale 97


Istruzioni per gli autori Formato del testo: Gli articoli devono essere scritti in italiano e/o in inglese, inviati al seguente indirizzo di posta elettronica: biotransenergetica@gmail.com. In un file separato indicare i nomi degli autori, il titolo dell’articolo e la sessione in cui si vorrebbe pubblicare l’articolo (forum transpersonale, report clinico o di ricerca, commenti, report di EUROTAS o report transpersonale) ed i recapiti dell’autore. In un file a parte inviare l’articolo con il titolo e l’abstract di 250 parole, indicando le parole chiave. I testi inviati per il forum transpersonale non devono superare le 5500 parole. I testi per i report clinici o di ricerca non devono superare le 1500 parole. I testi per i commenti ad articoli già pubblicati o a libri, i report di EUROTAS o sul transpersonale non devono superare le parole. Tutti i testi inviati per la pubblicazione saranno valutati dal comitato editoriale e i testi per il forum transpersonale e i report clinici e di ricerca saranno sottoposti a peer-review (revisione paritaria da esperti del settore). I riferimenti bibliografici devono essere stilati secondo i criteri dell’APA come segue: Articoli di riviste: Herbst-Damm, K. L., & Kulik, J. A. (2005). Volunteer support, marital status, and the survival times of terminally ill patients. Health Psychology, 24, 225–229. doi: 10.1037/0278-6133.24.2.225. Libri: Mitchell, T. R., & Larson, J. R., Jr. (1987). People in organizations: An introduction to organizational behaviour (3rd ed.). New York, NY: McGraw-Hill. Capitoli di libri: Bjork, R. A. (1989). Retrieval inhibition as an adaptive mechanism in human 98


memory. In H. L. Roediger III & F. I. M. Craik (Eds.), Varieties of memory & consciousness (pp. 309–330). Hillsdale, NJ: Erlbaum Dopo che l’articolo è stato accettato per la pubblicazione agli autori sarà richiesta una breve biografia del I autore (250 parole.) Regole di pubblicazione: I testi inviati per la pubblicazione in qualunque sessione devono essere originali, non devono cioè essere stati pubblicati o in via di pubblicazione in qualsiasi formato. L’autore che invia un manoscritto garantisce esplicito e irrevocabile permesso di pubblicazione su ITJ. Per gli articoli inviati per i report clinici e di ricerca l’autore deve dichiarare che ha seguito gli standard etici della BPS e APA per il trattamento degli individui o degli animali oggetto dello studio e che conserverà i dati dello studio rendendoli disponibili all’analisi per i 5 anni successivi alla pubblicazione.

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