INSEGNAREDUCANDO. N ° 13 - 11/2011

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News 13 re 2011 Novemb

In primo piano : Sommario Il coraggio dell’educare

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Senza desiderio non c’è educazione

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Chi è la vera vittima? Insegnanti al fronte

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Sfide educative: per vincerle ci vuole il NOI 6/7 Il Teatro dell’Oppresso L’Arte di Ascoltare”

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IL CORAGGIO DELL’EDUCARE Cari colleghi, scrive Luigi nella prefazione del suo ultimo libro: “Finché c'è vita c'è speranza. Il detto è molto antico ma vero solo per metà. Non basta infatti essere vivi, per sperare: bisogna anche credere nella giustizia e impegnarsi a costruirla. Non c'è speranza, senza speranza di giustizia. In un mondo d'ingiustizie sempre più intollerabili, la speranza rischia di diventare un bene alla portata di pochi. Vogliamo dire no a questa "falsa" speranza, esclusiva, fondata sulla disperazione degli esclusi. Ma soprattutto vogliamo esortare a costruire la speranza vera, la speranza di tutti. È un compito che richiede molto impegno. Non è sufficiente indignarsi, riempire le piazze, esibire mani pulite, un profilo morale trasparente. L'etica individuale è la base di tutto, la premessa per non

perdere la stima di sé. Ma per fermare il mercato delle "false" speranze bisogna trasformare la denuncia dell'ingiustizia in impegno per costruire giustizia. Quarantacinque anni di faccia a faccia con le persone mi hanno insegnato che la strada dell'impegno è scandita da tre parole: corresponsabilità, continuità, condivisione”. Questa News raccoglie l’invito di Luigi per legarlo strettamente a tante riflessioni che maturano nel mondo della scuola, nel cuore di chi ce la mette tutta per essere un “maestro” credibile. Ci vuole coraggio e tanta forza d’animo per non demordere, trovare il senso nella fatica e non perdere l’obiettivo. La news grida ”controcorrente” che l’insegnante

vero è un educatore, un camminatore di percorsi di speranza. Tutte le altre parole difficili e “vuote” con cui si riempiono convegni e dispense, sono solo speculazioni teoriche per giustificare chi si ritiene depositario del sapere, unico titolato a stare in cattedra e inculcare le proprie conoscenze nei “vasi vuoti” che ha davanti. “Bruciamoli!”, avremmo gridato anni fa! Oggi, tra mutismo e conformismo sociale, questa news vuole farsi voce “collettiva” che grida nel deserto a favore di chi si spende davvero, responsabilmente, come maestro, educatore e insegnante, fondendo in un unico modo d’essere tre aspetti diversi dell’educare, per un grande obiettivo: favorire passi di liberazione e promozione umana per tutti.


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Senza desiderio ... Sarà che hanno nominato vice Ministro all’Istruzione Marco Rossi Doria? Sarà che la sua carriera .scolastica inizia come Maestro di Strada con Cesare Moreno? Sarà che quando senti parlare i Maestri di strada, chini il capo e impari? Sarà che, se anche il progetto è stato ferito, tagliato, ucciso in tutti i modi, il sogno che ci ha regalato è ancora attualissimo? Ecco perchè la news dà spazio a questa bellissima riflessione di Cesare Moreno. Dal latino , ra de-side il termine desiderio gato sembra le . alle stelle

“Il desiderio è una affezione onnipotente, solo un potere sconfinato dà la possibilità di realizzare i desideri”. “Il desiderio appartiene al mondo dei sogni, al potere umano di immaginare le cose come non sono e di inventarle”. “Il desiderio appartiene alla condizione giovanile, ad una condizione mentale di mutabilità ”. L’educazione, se tale vuole essere, deve appropriarsi di tutte e tre queste caratteristiche: avere la presunzione onnipotente di poter cambiare i destini umani, essere capace di sognare le persone come non sono, essere capace di accogliere la mutabilità e la sperimentalità agita dei giovani. Poiché siamo saggi, sappiamo anche che l’onnipotenza pedagogica è una grave malattia, che scambiare i sogni per realtà lo è altrettanto e così il giovanilismo. Premesso, quindi, che siamo a conoscenza degli antidoti per i superdosaggi, occorre rivendicare all’educazione onnipotenza, sogno e mutabilità. Sono tre cose che ci aiutano ad elevarci, come dice Korkzak all’altezza del bambino o degli adolescenti, perché ci rendono simili a loro e capaci di assumerne il punto di vista(...)

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Come è possibile desiderare, sognare, essere giovani in un mondo in cui sogni e desideri sono vittime di un genocidio mentale conclamato? (...)Il primo punto è conservare la capacità di ‘guardare le stelle’ e orientarsi sui loro segni, questo è possibile solo attraverso rituali che consentono di tenere in vita ogni giorno la tensione verso la missione del lavoro educativo. Questo rituale è fondato sulla rilettura continua della realtà in movimento dei giovani che crescono(...) e sul processo educativo che ci coinvolge come attori e destinatari al tempo stesso. Il secondo è riuscire a scoprire in ciascun giovane il senso del sogno educativo, fargli sentire che qualcuno crede in lui e lo vede come non è ora(...) Il terzo è accogliere l’esperienza dei giovani, considerare i loro errori come fecondi, accogliere anche l’aggressività come espressione comunicativa da leggere per trovare un filo significativo nella convulsa vita giovanile.

Detto in modo diverso occorre costruire contenitori per le ansie degli educatori e dei giovani assieme, organizzare le attività in modo accurato, dotarsi di virtù passive quali l’osservazione e l’ascolto. L’attività riflessiva per gli educatori è il luogo fisico e mentale in cui il sogno si rinnova. Per questo è per noi fondamentale che il luogo di riflessione sia psicologicamente aperto, che assuma il dolore, il disagio, la rabbia, la frustrazione, l’aggressione, il conflitto, i silenzi, le urla come elementi del campo, perché sono le emozioni a rimettere in movimento il pensiero e ad imporci la ricerca di costrutti mentali adeguati a tenere insieme ciò che rischia di ‘scoppiare’(...) Tutte le volte che studiamo da vicino le dinamiche all’origine della dispersione scolastica noi entriamo in contatto con la macchina della follia, un sistema folle che genera contemporaneamente dolore ed espulsione per entrambi i protagonisti: dolore e fallimento nei docenti, dolore e fallimento nei giovani.


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Il binocolo

... non c’è educazione MAESTRI di STRADA? UN CONTINUO FEEDBACK Pubblicato su profilo FB Maestri di Strada 19 ottobre 2011 Il cammino dell’educazione non si realizza se non passando attraverso una continua e provvisoria perdita di equilibrio(...) che ci consente di guardare con sguardo solidale la sofferenza dei giovani insieme a quella degli adulti che gli stanno accanto a cominciare dai docenti e dagli educatori. E la ricerca di senso non è mai contro ma insieme. La nostra esperienza forse si distingue(...)perché abbiamo fatto a meno del nemico, della necessità di attribuire ad altri o ad altro le nostre difficoltà. Non è semplice farlo (...)partire sempre dall’interrogarsi su di sé, su come riusciamo a conservare noi stessi nelle avversità (...) è questa capacità di tollerare le frustrazioni, le sconfitte e le ingiustizie che ci avvicina veramente ai giovani che pretendiamo di educare. E solo scendendo nel loro inferno che noi ci eleviamo alla loro altezza e ci rendiamo capaci di guidarli fuori di esso.(…)

Si cerca di riannodare fili spezzati partendo dalla costatazione della rottura, e si stabilisce così un campo aperto, sconvolto e sconvolgente, che rende possibile un pensiero insieme accogliente e disincantato, flessibile ma rigoroso(…) E’ l’ascolto vero, sincero, di chi ha imparato a calarsi nella parte dei perdenti e degli sconfitti che ci ha consentito di capire come non possiamo sovrapporre i nostri desideri a quelli dei nostri allievi(...) Il desiderio è una disposizione emotiva che ci fa vedere come possibile un sogno. Il desiderio di cui parliamo non è solo quello dell’educatore che accompagna i giovani, ma quello dei giovani che crescono e richiede uno spazio interiore che le circostanze della vita hanno contribuito ad ostruire. I pregiudizi sociologici di troppi educatori impediscono di vedere le ostruzioni dell’animo dei ragazzi(...): un’allieva che abbandona il percorso, alla vigilia

del diploma, perché deve sposare ‘un bravo giovane’ (che è talmente bravo che non ritiene necessario che lei studi, meglio ancora glielo proibisce) si trasforma nella riflessione amara e al tempo stesso costruttiva che (...) ci aiuta a capire quanto sia importante proteggere in lei il seme della conoscenza e della libertà piuttosto che volerne assaporare in fretta frutti maturati artificialmente(…) Il successo è nella ritrovata connessione con tutte le proprie parti, come riassunte(...)da un giovane al ritorno del viaggio di formazione’: “Abbiamo camminato, abbiamo sudato e non abbiamo mangiato continuamente. Abbiamo ritrovato la voglia di esplorare il mondo, abbiamo smesso di dipendere dai bisogni primari”. Non lo hanno detto ma forse avrebbero potuto dire ci siamo conquistati la possibilità di desiderare’.

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Chi è la vera vittima? Nell’epoca del potere, il ruolo del “bullo” mafioso va per la maggiore. Che tristezza quando il bullo è il genitore! La storia di un collega amico ci interpella. L’educazione vera interroga, scuote, provoca, obbliga a riflettere, genera cambiamento. Se no… non è educazione. A volte è davvero difficile non demordere e continuare a crederci, soprattutto quando il contesto è ostile e mafioso da una parte, sordo e indifferente dall’altra. Così accade che un insegnante che ci crede possa venir minacciato…. ...di MORTE! ahahahhahahahahaha ahahahahahahhaa ahahahahahhahaah ahahahhahahahahaha ahahahahahahhaa ahahahahahhahaah ahahahhahahahahaha ahahahahahahhaa ahahahahahhahaah ahahahhahahahahaha ahahahahahahhaa ahahahahahhahaah ahahahhahahahahaha ahahahahahahhaa ahahahahahhahaah

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Ore 10, 20. La lezione di storia delle prime ore sta per concludersi e sono alle prese con un concetto importante che non ho ancora terminato. La campanella dell’intervallo irrompe, interrompe e autorizza(???) due allievi a scattare sull’attenti. - Eh, no, cari belli, non ho finito! Un attimo solo e… Ma i due restano in piedi…e naturalmente gli altri si alzano. Provo inutilmente a terminare. Poi autorizzo l’uscita per la pausa a tutti, ma non ai miei due amici che iniziano a lanciare invettive sempre più aggressive, minacciando di rivolgersi al Dirigente scolastico e far intervenire il padre. - Ma dai, il padre? Non siamo mica alla scuola materna, qui, siamo alle superiori! Mi spiace, ma state qui. E se provate a guadagnare terreno verso l’uscita, vi tengo per la giacca…

Così, ebbene sì, la mattina seguente ho il piacere di incontrare per la prima volta il padre di uno dei due che irrompe gridando di conoscere il migliore degli avvocati a cui rivolgersi qualora io avessi … “messo le mani addosso al figlio” . Provo a spiegare l’accaduto e …a ragionare. Non c’è spazio. “Tu lo sai di dove sono io?... Io ti ammazzo!... Esci fuori che ti faccio vedere … ne faccio arrivare 100 e ti facciamo fuori!... Ti faccio passare la voglia di venire a scuola!... Ti spezzo le gambe!... Veniamo a trovarti dove abiti!... A scuola non ci verrai più!” Mi pare una drammatica farsa. Provo a suggerire che, se il figlio sarà ancora arrogante, irriguardoso e aggressivo, il rischio è che veramente si vedrà mettere le mani addosso.


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La bussola

Insegnanti al fronte. Una storia vera che apre interrogativi... Se l’impegno nell’educare diventa un rischio? (continua dalla pagina precedente)

Con osce te e sper ienze simil i?

Qua li risp ost poss iamo e/riflessi oni sugg l ’a m erire ico c al olleg a ch scriv e ci e?

Il messaggio “educativo” è indirizzato all’allievo, a lui voglio spiegare a chiare lettere che “non ho paura”. Naturalmente ottengo un altro effetto sul padre il quale, quando mi ritiro, non prima di aver allungato la mano a salutare, mi rifiuta il saluto: “A quelli come te la mano non la do! … e guai a te se mio figlio dovesse subire conseguenze! … Se mio figlio non sarà promosso ti riterrò responsabile e ti uccido” Che fare? Le premesse per un lavoro educativo e di apprendimento col ragazzo paiono davvero sfumate. Il Consiglio d Classe si raduna e prende la decisione: il ragazzo verrà spostato. Accade però che… non accade nulla, né la settimana successiva, né il mese successivo. Che succede, mi chiedo? Intanto l’amico a scuola ci viene, con me sta al suo posto, con i compagni fa il bullo e con alcuni inse-

gnanti alza la cresta. Facciamo finta di niente? - Chiedo ai colleghi. Fanno spallucce. Il dirigente …dov’è? Cosa pensa? Mi manca un anno alla pensione. Lottare o lasciar passare la cosa? Un dubbio però: piccoli bulli crescono in questo modo e noi restiamo a guardare? Possiamo forse pretendere che un padre così “mafiosamente” minaccioso possa educare il proprio figlio alla socialità e alla cittadinanza responsabile? E se la scuola sta a guardare, chi lo educherà? No, perché alla fine della fiera, non sono io la vittima di questo alterco, sebbene mi abbia provocato un gran mal di stomaco e notti insonni: la vera vittima è lui, il ragazzo, “preso tra l’incudine” di un padre arrogante “e il martello” di una scuola sordomuta che non sa dare risposte e lo abbandona a se stesso su un sentiero sconnesso, senza chiare indicazioni stradali.

a solo! iamolo d c s la n o ante. N è import o t n o fr Il con

! Scrivete a

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La collezione

Sfide educative. Per una spiritualità nella scuola Piero Bruschini ha sempre avuto un sogno: “aiutare chi cresce a diventare pienamente se stesso. Aiutare, non sostituire. Rendere l’altro protagonista della propria crescita culturale e umana, non trattarlo come il destinatario passivo di regole e nozioni”. Dopo una vita dedicata alla scuola, padre Bruschini, 87 anni, ci regala le sue riflessioni “controcorrente” in un libro che ci conduce all’anima del processo educativo. Ecco alcuni passaggi dalla prefazioni di d. Luigi Ciotti e dal testo di Buschini.

ahahahhahahahahaha ahahahahahahhaa ahahahahahhahaah ahahahhahahahahaha ahahahahahahhaa La forza educativa ahahahahahhahaah dell’esperienza ahahahhahahahahaha va ben al di là ahahahahahahhaa di una semplice ahahahahahhahaah appropriazione ahahahhahahahahaha intellettuale. ahahahahahahhaa ahahahahahhahaah Ignazio Di Loiola ahahahhahahahahaha ahahahahahahhaa ahahahahahhahaah

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“Per una spiritualità nella scuola” L’anima del processo educativo. Piero Buschini - LDC A scuola serve il “noi” “Così come raccontata in queste pagine, quella educativa è una sfida fra le più difficili. E proprio per questo non può essere intesa come sfida individuale. Se, infatti, il singolo insegnante è un elemento prezioso – anzi, il più prezioso e indispensabile – del sistema formativo, non deve però credersi investito di questo delicato compito da solo. Il rischio, altrimenti, è che si senta impotente, inadeguato, schiacciato da una responsabilità troppo grande… È al “noi” che va coniugata ogni scelta educativa. Un “noi” che oltretutto non riguarda esclusivamente la scuola, perché la responsabilità educativa coinvolge la società nel suo insieme: dalle famiglie alle parrocchie, dalle istituzioni al mondo associativo”.

Educare alla libertà e alla responsabilità. La scuola oggi, dice chiaramente padre Bruschini, è chiamata soprattutto ad offrire un’educazione che “LIBERA”, che insegna ai giovani a guardare la realtà con spirito critico, a non dare mai nulla per scontato, a non fidarsi dei saperi superficiali, ma a cercare sempre in profondità la verità e la bellezza delle cose. L’educazione come cammino di conversione civile. L’educazione di cui abbiamo maggior bisogno oggi è allora proprio quella alla libertà, alla responsabilità, all’intelligenza critica. L’unica in grado di spezzare le catene del conformismo, della rassegnazione e quindi dell’ingiustizia. Dalla prefazione di L.Ciotti


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La collezione

Per vincerle ci vuole il “noi” L“’anima del processo educativo” è una sintesi perfetta tra tensione educativa e credo religioso nell’ uomo che Dio ha voluto libero e che ha diritto a crescere tale

L’educazione alla libertà. Non si tratta di una moda… ma della convinzione che una persona non è tale se non è libera. Quindi il rispetto della libertà è il problema fondamentale dell’educazione. Se le indicazioni che l’educatore (insegnante) passa e trasmette sono passivamente ricevute senza adesione ai loro contenuti, non c’è educazione. La scuola (dopo la famiglia) deve essere il luogo dove i giovani cercano e trovano un senso, cercano, trovano, vivono dei valori. Vivono. Non è sufficiente conoscere concettualmente i valori nella loro oggettività. Bisogna avere il coraggio di riconoscere che i giovani non devono riceverli, ma scoprirli e darseli. Questo è accesso alla libertà. Un’educazione integratrice. Educazione integratrice è quella il cui fine (conscio o inconscio)è quello di integrare l’individuo nella società, di inserirlo in un sistema di valori prestabilito, facendo di lui un figlio docile, un cittadino obbediente, un uomo di successo, mediante la trasmissione della cultura dominante (così si riproduce un sistema), mentre un’educazione liberatrice è critica nei confronti di questa cultura. La cultura dominante (è bene ricordarlo) non vuole persone mature e responsabili, ma individui che si inseriscono in un certo sistema.

Abbiamo paura della loro autonomia, paura che pensino con la loro tetsa, perché non li abbiamo aiutati a pensare bene, liberi da pregiudizi. Non riuscendo a passare idee forti si chiedono comportamenti! Sembrano più sicuri (disciplina, orari, gusti religiosi…) si ha paura del rischio. Per evitare errori si guidano i figli su vie già tracciate (spesso le nostre!) e collaudate (così pensiamo!). E’ un errore grave o una grave illusione. Per evitare ciò che riteniamo un errore impediamo ai figli di crescere. È meglio che sbaglino, offrendo, naturalmente, strumenti per capire e correggere il percorso. Sono grandi i rischi di I programmi. un’educazione troppo direttiva. Bisogna avere molto coraggio nella Anche a scuola si corrono gli stessi scelta dei contenuti: non molte infor- rischi. mazioni (subito dimenticate), ma Il nostro impegno deve essere poche cose approfondite, utili alla quello di evitare che la scuola, formazione umana dei giovani: che “strutturalmente”, eserciti una funcosa insegnare oggi? zione di freno nella maturazione dei giovani. I nostri ragazzi hanno troppa libertà? La scuola può essere il luogo…dove Non giochiamo con le parole. si protrae per anni, la dipendenza di Quella di cui godono non è libertà, un individuo dall’altro, …dove si abima dipendenza dalle mode, dalle tuano gli utenti a ricevere sanzioni e idee ambientali, da certe deformagratificazioni dall’autorità e non si zioni mentali che respirano ogni impara a ricavare conferma o giorno. Queste deformazioni fanno smentita dal reale. paura e così rinunciamo ad educarli alla libertà e alla responsabilità. Dal testo di P.Bruschini

Senza interiorità, senza assimilazione profonda non c’è educazione. Nella migliore delle ipotesi ci può essere solo “addestramento” P.Buschini

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Lo stuzzicadenti

Il teatro dell’oppresso 2° stage di formazione TdO

“L’arte

di ASCOLTARE”

per insegnanti ed educatori l 14/15 gennaio 2012 il Settore Insegnanti del Gruppo Abele propone "Il Teatro dell'Ascolto", corso di formazione per insegnanti, educatori ed animatori sociali. Lo stage residenziale verrà ospitato ad Avigliana (To), in una bellissima certosa nei pressi del monumento-simbolo del Piemonte, la Sacra di S. Michele. Il percorso (15 ore di formazione) verrà guidato da Paolo Senor, regista e responsabile formativo dell'ass. Livres como o Vento.

ttinata i e rà a z i m n i n ge io i Lo sta 14 genna o sabat nerà i iggio. e term ica pomer n ro d o me 60 eu = a t : ple costi ahahahhahahahahaha e co m e u r o n o i re . s pen ahahahahahahhaa e =50 31 dicemb n o i z o il formaahahahahahhahaah i entr 0 max s r e v i Iscrahahahhahahahahaha ti= 2 cipan e t r a P ahahahahahahhaa Per inform azioni e ahahahahahhahaah iscrizioni: ahahahhahahahahaha Angelo e G razia scuoahahahahahahhaa la@gruppo abele.org ahahahahahhahaah ahahahhahahahahaha 3 3 15 7 5 3 85 3 ahahahahahahhaa ahahahahahhahaah ahahahhahahahahaha OG: it IL B L E T tutti. ahahahahahahhaa A a T I d S r I a V irigu olac ahahahahahhahaah u c s la ww w

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O! TISSIM N A idee S ES stre R o E T v N I re” le te! osta p “ in re e e l t r e e t id Po ndiv to e co idea a ora L’ha zo, m n e i R noi. a de tutti a Emili e 8 n artie app

Iscrivetevi subito: i posti sono limitati!!! "Il teatro è uno specchio dove la natura si riflette", diceva Shakespeare. Uno specchio che permette di osservarci e, magari, un poco di comprenderci. Ma possiamo trovare ulteriori specchi nei quali rifletterci: gli altri, quando ci ascoltano con comprensione. Rimandandoci la nostra parola profonda, intuendo la nostra direzione, possono liberare in noi le risorse per riuscire ad evolvere, cambiare, trovare le nostre risposte. Lo stage, attraverso l'utilizzo di

diversi strumenti creativi, stimolerà i partecipanti a prendere coscienza della propria attitudine empatica ed intuirne le potenzialità all'interno di un processo di liberazione, sia personale che collettivo. Rifletterà infine sulla funzionalità di un atteggiamento pedagogico basato sull'ascolto: rapportandolo col Teatro dell'Oppresso e l'azione maieutica di chiunque, insegnante o educatore, si proponga di facilitare l'espressione e il processo di conoscenza delle persone.


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