Ticino 7

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4 Illetteratismo. Leggere e scrivere non sempre è un piacere 10 Urbanistica: la Bicocca 14 Fausto Tenzi. Il segreto del successo

Villa Carlotta 39

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L’appuntamento del venerdì

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numero

Corriere del Ticino • laRegioneTicino • Giornale del Popolo • Tessiner Zeitung • CHF. 2.90


Redball

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numero 29 11 luglio 2008

Impressum

Agorà Illetteratismo. Leggere e scrivere non sempre è un piacere

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Arti “Amo Shakespeare”. Parola di Al Pacino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 Media 2001 e le scimmie di Kubrick

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Tiratura controllata 93’617 copie

Chiusura redazionale Venerdì 4 luglio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Direttore editoriale

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Società Urbanistica: La Bicocca

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Salute La calendula, un dono per la pelle Vitae Fausto Tenzi

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Reportage Villa Carlotta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Capo progetto, art director, photo editor

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Tendenze Moda mare. Tempo di spiaggia!

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Redattore responsabile

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Coredattore

Giochi

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Peter Keller

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Adriano Heitmann Fabio Martini

Giancarlo Fornasier

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Concetto editoriale IMMAGINA Sagl, Stabio

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Villa Carlotta Marte e Venere di Luigi Acquisti Fotografia di Adriano Heitmann

Libero pensiero

Egregio Direttore, Le scrivo, in quanto concordo pienamente con l’opinione espressa dal sig. E.G. di Giubiasco pubblicata sul numero n. 27 che si esprimeva riguardo all’articolo “Nuove montagne ticinesi”, precedentemente pubblicato dalla vostra rivista. Devo però dirle che il suo commento (mi scusi) mi è apparso un pochino “sottogamba”: chi critica dovrebbe rammentare, prima di esprimersi, dell’aforisma di Ippocrate secondo cui, la critica è benvenuta se propositiva e se sfocia in suggerimenti adeguati. Se ciò non avviene il rischio è quello di cadere in commenti inutili e sterili. Un mio amico olandese, qualche giorno fa, mi ha detto: “Voi svizzeri siete spesso negativi, peraltro senza vere ragioni. Parlate piuttosto dei vostri formidabili pregi, di ciò che funziona!”. Un’osservazione su cui meditare… Ossequi e cordialità M.S.M. (Pully) Cortese lettore, l’articolo sulle “Nuove montagne ticinesi” ha suscitato numerose reazioni e per tre settimane ha monopolizzato questo spazio, riservato al confronto con il pubblico. Lei rivolge un appunto al mio commento, giudicato “sottogamba”. In realtà, a differenza del signore di Giubiasco e del lettore ambientalista, non riesco ad assumere una posizione unilaterale.

Nell’affrontare i temi dell’ambiente e dello sviluppo, spesso in conflitto fra loro, credo infatti si debba tener conto di due concetti fondamentali, quello della “sostenibilità” ambientale e quello delle “opportunità” che da un determinato intervento possono prodursi. L’obiettivo, naturalmente, dovrebbe essere quello di operare in modo da sovrapporre queste condizioni e ottenere i massimi vantaggi con il minimo rischio di impatto ambientale. Resta il fatto che la lentezza decisionale dei politici, i fattori di natura speculativa e gli elementi legati all’imprevedibilità dei fenomeni sociali ed economici, rendono arduo l’instaurarsi di questo circolo virtuoso, a cui comunque, sempre e nonostante tutto, si dovrebbe tendere. Non è quindi una “faccenda” di equilibrismo o di timidezza critica, ma la constatazione di una condizione di complessità territoriale e globale, che non può essere elusa o ignorata, a meno di fare come le tre famose scimmiette. Riguardo al suo amico olandese, sono sostanzialmente d’accordo con lui: è vero, gli svizzeri si lamentano del loro paese, spesso senza conoscere a fondo le realtà presenti nelle altre nazioni. Ma l’idea di una Svizzera come isola felice mi appare poco credibile e veritiera, soprattutto di questi tempi. Con cordialità Fabio Martini


Leggere e scrivere non sempre è un piacere

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avanti a quel dannato formulario lo sguardo è smarrito, l’imbarazzo colora le guance e non si sa da che parte iniziare. Con gli occhi del medico puntati addosso, si accampano mille scuse per uscirne senza fare brutte figure: gli occhiali dimenticati a casa, quei dati che si fanno sempre beffe della memoria. La situazione peggiora con il nuovo farmaco tra le mani: i benefici e le controindicazioni rimangono un mistero anche dopo aver tentato di leggere il foglietto illustrativo. Piccoli gesti quotidiani che per quasi 800 mila persone in Svizzera, 40 mila in Ticino, significano sofferenza e umiliazione. È questa l’ampiezza del fenomeno sociale che prende il nome di illetteratismo o analfabetismo funzionale e riguarda gli adulti che, pur avendo frequentato i nove anni della scuola dell’obbligo, hanno difficoltà a leggere, scrivere e far di conto.

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Agorà

Difficoltà che spesso gli interessati nascondono a se stessi e agli altri per vergogna o per paura di non riuscire a superarle, oppure le fronteggiano solo quando non ne possono fare a meno (ad esempio, per motivi professionali o per seguire meglio i figli a scuola). “Le persone affrontano il problema attuando strategie diverse”, spiega Nunzia Bonaventura di Bellinzona, laureatasi nel 2004 alla facoltà di lettere di Friborgo con una tesi dal titolo L’illettrisme, ou le rêve d’écrire, per la quale ha intervistato dieci iscritti ai corsi dell’associazione romanda “Lire et Écrire”. “C’è chi cerca di evitare di essere giudicato incapace solo per il fatto di non saper leggere e scrivere correttamente, e così minimizza il problema dicendo che è in grado di cavarsela lo stesso. Chi, invece, attua la strategia più diffusa, quella della compensazione grazie ad altre qualità per-

sonali: non so leggere bene ma nel calcolo o nelle cose pratiche sono un genio. È in minoranza, invece, chi prova a rimettersi in gioco seguendo dei corsi”. Il timore di essere smascherati e magari derisi è un freno a uscire allo scoperto e affrontare quello che è ancora un tabù sociale. E allora scatta una serie di escamotage per sopravvivere anche senza queste competenze: “Una signora mi confidò di portare sempre con sé, sul posto di lavoro, un vocabolario”, racconta Bonaventura. “Lo teneva in tasca, in modo che, all’occorrenza, potesse scrivere correttamente una parola. Altri, invece, ammisero di chiedere aiuto ai figli”. In alcune situazioni, però, ci si ritrova soli a fare i conti con i propri limiti: “Penso, ad esempio, alla donna che mi raccontò di quando nella cabina elettorale non capì bene cosa doveva fare e votò in modo contrario


rispetto alle sue intenzioni”. Dietro a queste situazioni c’è molta sofferenza. “Prima di iniziare l’indagine, credevo che l’illetterato fosse un eroe, cioè una persona che riesce a fare tutto malgrado i suoi limiti. Invece, più che un eroe è una vittima, perché sotto sotto soffre per ciò che sente come un handicap, una condizione che gli ha impedito di essere diverso, forse migliore”. L’illetteratismo colpisce più o meno con la stessa entità tutti i Paesi industrializzati e nasce nell’ambito familiare, scolastico, personale e sociale. Non riguarda soltanto le fasce sfavorite della popolazione, ma anche il ceto medio e alto. Le conseguenze sono a livello individuale o microsociale (mancanza di fiducia in se stessi, difficoltà nella vita di tutti giorni, scelta professionale limitata) e macrosociale (diminuzione della coesione sociale, socie-

tà a due velocità, difficoltà nell’esercizio dei diritti civici). Da diversi anni la Confederazione, attraverso l’Ufficio federale della cultura e un’ampia rete di partner, sta cercando le soluzioni per combattere questo fenomeno, che oggi riguarda 366 mila persone di nazionalità svizzera nella fascia d’età tra i 16 e i 65 anni e oltre 415 mila stranieri. A questi si aggiungono circa 4-5 mila allievi che ogni anno lasciano la scuola dell’obbligo con un livello di conoscenze insufficiente, una condizione che pone in serio pericolo il successo nell’apprendistato professionale. A smuovere le acque e ad attirare l’attenzione sull’analfabetismo funzionale, che tocca anche un paese evoluto come la Svizzera, modello di efficienza e ricchezza, hanno contribuito la petizione dell’associazione “Leggere e Scrivere” del 1999 (“Leggere e scrivere, un diritto!”), e

l’inchiesta “Pisa” del 2000. I risultati dello studio, voluto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, hanno fatto molto discutere: al termine della scuola dell’obbligo il 20 per cento degli allievi riusciva a malapena a comprendere e interpretare un testo semplice e un terzo non aveva neppure queste modeste competenze. Nel 2006, con l’introduzione nella Costituzione federale dell’articolo 64a, che dà mandato alla Confederazione di promuovere il perfezionamento, è stato compiuto il primo passo verso la nuova legge sulla formazione continua, ancora in fase di elaborazione. Inoltre, lo scorso anno il Governo ha approvato un progetto di legge che prevede la possibilità da parte della Confederazione di prendere misure destinate alla lotta all’illetteratismo. La battaglia non si gioca soltanto sui banchi della politica. Molto si deve alla Federazione svizzera Leggere e Scrivere – www.lesen-schreiben-schweiz. ch, telefono 0840 47 47 47 –, che riunisce le associazioni delle regioni linguistiche. Tra i suoi obiettivi, l’accesso alla lettura e alla scrittura a tutti i livelli e la difesa del diritto a una formazione di base sufficiente. L’associazione ticinese – www. leggere-scrivere.ch, telefono 091 825 39 34 – si occupa principalmente dell’organizzazione di corsi per adulti a Bellinzona, Locarno e Lugano (l’iscrizione alle 30 serate di due ore ciascuna costa 200 franchi all’anno). Tra la quarantina di iscritti, però, figurano soprattutto persone di lingua straniera. “La maggior parte non è italofona, ma chiediamo che abbia una conoscenza di base dell’italiano”,

puntualizza Paolo Buletti, responsabile dei corsi con Fabio Nemiccola. “Le lezioni sono rivolte agli adulti che hanno difficoltà con il testo scritto. L’obiettivo è favorire la loro autonomia nella società”. Perché i ticinesi snobbano questi corsi? “C’è pudore nel riconoscere questa difficoltà”, risponde Buletti. “Molte persone si arrangiano con varie strategie, alcuni si affidano alla memoria, altri si fanno aiutare da amici o familiari”. La scarsa conoscenza di queste offerte potrebbe essere un altro motivo. “In effetti, a livello operativo ci sentiamo isolati. Per questo organizzeremo alcune giornate di sensibilizzazione per pubblici mirati, i cosiddetti mediatori, come i datori di lavoro e i collocatori: sono loro che possono segnalare le persone che hanno bisogno di recuperare le proprie competenze linguistiche. Purtroppo l’illetteratismo non è ancora sentito come un problema sociale consistente in grado di produrre conseguenze economiche per il nostro paese”. Se la Federazione Svizzera Leggere e Scrivere è attiva laddove i problemi sono già noti, altre istituzioni lavorano sulla prevenzione: la fondazione Bibliomedia, ad esempio, si occupa della promozione della lettura con libri in edizione facilitata per adulti che hanno difficoltà o stanno imparando di nuovo a leggere (www.bibliomedia.ch). I tre bibliocentri si trovano a Biasca, Soletta e Losanna. Inoltre, la fondazione ha lanciato in aprile, con l’Istituto svizzero media e ragazzi Ticino e Grigioni italiano, il progetto “Nati per leggere”: l’obiettivo è spingere i genitori a leggere ai propri figli già a pochi mesi dalla loro nascita.

Agorà

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» di Antonella Sicurello; illustrazione di Micha Dalcol

Viene definito “illetteratismo” o “analfabetismo funzionale”: un fenomeno che riguarda le persone che, pur avendo frequentato le scuole dell’obbligo, hanno difficoltà nella lettura e nella scrittura. In Ticino ci sono corsi che danno l’opportunità di recuperare queste capacità essenziali


Il mercante di Venezia Film del 2004 di Michael Radford. Vendetta, odio, emarginazione ebraica, interessi economici sono gli ingredienti dell’opera, ma per chi ama Al Pacino sono gli allegati quelli da non perdere.

Libri

Eduardo Ciampi La rete di Shakespeare Ed. del Giano, 2005 Sottotitolato “Destare la coscienza a teatro”, il volume utilizza elementi della straordinaria drammaturgia shakespeariana quali strumenti per una migliore conoscenza del “sé”.

uomo, un re). Un docu-drama di argomento teatrale che nasce da un’idea di estendere a un pubblico “allargato” il proprio amore per Shakespeare rendendolo popular. Ed è qui che Pacino dichiara la sua vera e propria “ossessione” per lo scrittore inglese: Cercando Riccardo, è un collage in cui si alternano frammenti di interviste, discussioni tra attori, prove in scena. Solo dopo nove anni ritorna al suo grande amore e accetta di vestire i panni del vendicativo Shylock ne Il Mercante di Venezia di Michael Radford. Una costosa produzione non così riuscita, una sorta di teatro filmato, ma che vale certamente la pena di essere visto, per la sua impareggiabile interpretazione: Pacino è uno Shylock umiliato e offeso che vale da solo tutta la fatica. Insomma il Caronte di Pacino ha reso un buon servizio a tutti noi, se questi sono i William Shakespeare diventa popular e il risultati. E se Looking mercato cinematografico si riappropria del for Richard, pellicola inconsueta, può sugGrande Bardo della letteratura inglese gerire a tutti l’amore nel 1996, si cimenta nella per il teatro, Il Mercante ci dice che esistono sua prima regia scegliendo, sì attori versatili, camaleontici, che passano guarda caso, proprio il sommo con grande perizia da ruoli di santi a quelli inglese per realizzare un prodi diavoli, ma poi esiste Al Pacino: uno degli getto sperimentale risalente ultimi depositari dei segreti della recitazioagli anni Settanta, Looking ne, uno dei pochi per cui “tutto il mondo for Richard (Riccardo III. Un è palcoscenico”.

» di Paola Tripoli

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non è stato uno qualunque ma il Grande Bardo: William Shakespeare. Ci scomettiamo: tra i due, l’uno inglese e l’altro americano, c’è stato e c’è del tenero. Lo svelano le parole dello stesso Pacino. In un’intervista rilasciata a Jenny Halper, l’italo-americano famoso in tutto il mondo parlava di Shakespeare in questi termini: “Io amo Shakespeare realmente, amo il suo lavoro, ma questo non basta perché si dica che io sono qui a rappresentare Shakespeare in tutto il mondo. Lui francamente non ha bisogno di me, non ha bisogno di nessuno”. E cosa sono queste parole se non sconfinata ammirazione e riverenza, anelito e desiderio? E lo dicono anche i fatti: del figlio dell’Actors’ Studio di Lee Strasberg restano infatti memorabili le interpretazioni teatrali nel Riccardo III e in Giulio Cesare del citato Shakespeare. Il suo desiderio varca poi i confini del teatro e arriva sugli schermi quando,

Looking for Richard Al Pacino cerca in questa lettura del tutto originale dell’opera shakespeariana (1996) un confronto con il personaggio. Un lavoro di scavo, un cammino a cerchi concentrici, a spasso per le strade di New York.

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Arti

Chi si scorderà mai dell’incorruttibile Frank Serpico, del folle gangster Scarface, di Michael Corleone della trilogia del Padrino fino all’adrenalinico Vincent Henna di Heat? Chi potrà essere in disaccordo con la rivista “Empire” che considera il protagonista di questi film quarto nella classifica delle maggiori stelle del cinema di tutti i tempi? E a questo punto, chi ha ancora bisogno di vedere nero su bianco il nome di uno degli attori che ha ricevuto nella sua carriera lunga circa quarant’anni ben otto nomination agli Oscar (di cui due vinti) e undici ai Golden Globe? Il suo nome è Alfredo, per gli amici “Al”. È nato ad Harlem (New York) da Salvatore, muratore di origini siciliane e Rose: lui è Al Pacino, l’attore cresciuto in una fattoria del South Bronx, il cui compenso ormai veleggia attorno ai 15-20 milioni di dollari a film. Ma quello che ci preme sottolineare, cosa che in pochi forse sanno, è che proprio grazie a lui cinema e teatro a volte sono andati a braccetto, evitando conflittuali rivalità: l’uno ricco e frivolo (il cinema) l’altro povero ma intellettuale (il teatro). A far da Caronte tra una riva e l’altra della scena, quella di legno dei palcoscenici e quella in celluloide della “fabbrica dei sogni”,

“Amo Shakespeare”. Parola di Al Pacino

Al Pacino a New York (immagine tratta da www.pozitifseyir.com)

Film


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Il Ticino e i suoi fotografi Giosanna Crivelli

Fotografia

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Dalla serie Ma quale paesaggio? “Stratificazioni, frammenti. Luoghi in attesa. Separazione e unità. Tutto esiste contemporanemente. Una biografia può essere raccontata in vari modi. La cronologia lineare non definisce il presente. Del passato sono importanti i frammenti che danno un impulso di trasformazione. I paesaggi sono il mio alfabeto. Un linguaggio in mutamento: paesaggi divenuti luoghi, meno assoluti, più articolati. Un presente caratterizzato da incertezze: non da risposte, ma da domande”. Giosanna Crivelli, apprezzata fotografa di natura e montagna, vive e lavora a Montagnola. Per maggiori informazioni: www.fotolife.ch.


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possibile far riferimento alle teorie del matematico russo Nikolai Kardashev, che nel 1964 elaborò una scala che identificava cinque differenti classi di civiltà sulla base della capacità di raccolta e sfruttamento dell’energia prodotta naturalmente. Ahimé… al livello 0 stiamo noi terrestri, in quanto civiltà non ancora in grado di sfruttare al meglio l’energia solare. Al livello 1 le civiltà in grado di sostenersi con l’energia prodotta dai loro soli (per Kardashev questo traguardo sarà raggiunto dagli uomini intorno all’anno 2200). Al livello 2 le civiltà estese a più sistemi stellari e in grado di sfruttare l’energia delle differenti stelle, mentre gli ultimi due livelli riguardano rispettivamente le civiltà galattiche e quelle universali. Questo modello speculativo sembra essere

CD

David Bowie Space Oddity Philips - RCA, 1969 Sull’onda delle suggestioni scaturite dal capolavoro di Kubrick, David Bowie realizzò uno dei suoi più sensazionali album, ancora oggi un classico del rock.

Clarke concepiva il suo 2001, l’incremento di consumo energetico stava crescendo esponenzialmente e una civiltà umana di livello 1, quella messa in scena nel film, era facilmente pronosticabile per il XXI secolo. Il monolite sarebbe invece una “sonda di Von Numann” (fisico e matematico ungherese) e cioè un dispositivo in grado di replicare copie di se stesso ricavando il materiale necessario da asteroidi o satelliti. Le copie si sposterebbero poi in nuovi sistemi, riproducendosi e diffondendosi a loro volta. Questo viene considerato come uno dei modelli piu efficienti per monitorare e colonizzare un’area spaziale in tempi brevi (500.000 anni), purché alle spalle vi siano civiltà di livello 2 o 3. Il compito di queste sonde è quello di trovare, aiutare e contattare altre specie. Nel film il monolite imprime ai nostri progenitori l’input per svilupparsi in una civiltà di livello 0 per poi ricomparire nel 2001 come “stimolatore” per un nuovo e ulteriore livello. E la sequenza finale? Si può speculare che la civiltà presentata nel film abbia subito, in una fase del suo sviluppo, quella che viene definita “singolarità tecnologica”, ovvero la crisi che inevitabilmente subentra quando l’intelligenza sintetica supera Qual è il senso della vicenda narrata da Ar- anche di poco quelthur C. Clarke e Stanley Kubrick in 2001 la dei suoi creatori. Odissea nello spazio? Un tentativo di spie- Infatti una “superintelligenza” accelera gazione alla luce delle teorie del matematico il passaggio agli stadi russo Nikolai Kardashev tecnologici superiori riducendo esponenin grado di spiegare i punti zialmente i tempi tra ogni fase. Ecco allora più misteriosi della vicenda che il protagonista, dopo il contatto con il di 2001 Odissea nello spazio: monolite nell’orbita di Giove, passa a un l’apparizione del monolite e nuovo stato di coscienza rappresentato dalla sequenza finale. Negli anni lo Starchild, il feto spaziale, con l’immagine Sessanta, quando Arthur C. del quale si conclude il film.

» di Ulrico Gonzato

gruppo di protoumani si agita dinanzi a un grande parallelepipedo nero. Il contatto con il misterioso oggetto sembra suscitare nuovi collegamenti nelle loro menti: prendono confidenza con oggetti fino a quel momento ignorati e trasformati in Media strumenti di caccia e in armi in uno scontro all’ultimo sangue con un gruppo antagonista. Qualche sequenza più tardi, dopo un sensazionale balzo temporale, ci troviamo in una base lunare, poco distante dalla quale un gruppo di scienziati cerca di comprendere l’origine e la natura di un artefatto analogo al precedente, definito “monolite”. La vicenda prosegue, portando lo spettatore su un astronave diretta verso Giove nella cui orbita è stato avvistato un secondo monolite. Ma il computer di bordo, Hal 9000, impazzisce innescando una lotta mortale fra l’uomo e la macchina. Fino alla criptica conclusione che ha suscitato interrogativi e curiosità nel pubblico di mezzo mondo. Questa, in sintesi, la trama del capolavoro di Stanley Kubrick, 2001 Odissea nello spazio, uscito nel 1968 e tratto dal romanzo dello scrittore inglese Arthur C. Clarke. In realtà, per tentare una spiegazione, è

2001 Odissea nello spazio MGM, 1968 Il film di Kubrick, oltre a stimolare riflessioni e interrogativi, diventerà un punto di riferimento tecnico e narrativo per la futura produzione cinematografica di fantascienza (inarrivabile!).

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Pliocene, 2.500.000 a.C. Un

2001 e le scimmie di Kubrick

Fotogramma tratto dal capolavoro di Stanley Kubrick

Film


spinas|gemperle Foto: Getty/Pier, Shutterstock (fotomontaggio)

Il meglio per entrambi. Il piacere del pesce con la guida WWF. Per tre quarti degli stock ittici utilizzati commercialmente la pesca eccessiva rappresenta una minaccia o è già una realtà. Per fermare il saccheggio dei nostri mari, c’è bisogno del tuo aiuto! Goditi tutto il piacere del pesce nel pieno rispetto dell’ambiente. Per conoscere i prodotti ittici raccomandati consulta la nostra guida o il sito wwf.ch/pesce.


Libri

Renzo Piano Che cos’è l’architettura? Luca Sossella Editore 2007 L’architettura è l’arte di dare rifugio alle attività dell’uomo: una definizione decisamente azzeccata, quella di Renzo Piano.

La Pirelli occupava 20.000 persone. Oggi le fabbriche si sono trasferite altrove, in Romania, in Polonia o chissà dove, e alla Bicocca sono rimasti solo alcuni uffici con circa tremila impiegati. La differenza, 17.000 persone, spiega il vuoto che ho trovato. Qualche mese fa un professore della Bicocca mi ha invitato a un seminario. Così, anni dopo, sono tornato in quel quartiere. L’università era piena di studenti, e per pranzo siamo recati nel vicino, e affollato, centro commerciale, che ospita anche una palestra e un cinema (multisala, ovviamente). La Bicocca era tornata a vivere, e così anche la stazione di Greco Pirelli, completamente ristrutturata. I treni che trasportavano gli operai adesso sono carichi di professori e studenti. Difficile tracciare un bilancio di questa metamorfosi: se da una parte il passaggio dalle fabbriche vere e proprie alle fabbriche della cultura viene presentato come un progresso, occorre anche tenere presente che quei 17.000 operai sono presumibilmente diventati 17.000 disoccupati. Oppure Le aree dismesse, tornate a nuova vita, non soaltrettanti posti di no più una novità. L’esempio milanese, tra lotte lavori irrimediabildi classe per il dominio dello spazio civile mente perduti. E questo non è certo me nella nostra Bellinzona un sinonimo di progresso. Sui banchi di – neppure poi così lontana scuola insegnano che nelle società ricche dalla realtà. Presto degli opedi oggi il settore dominante non è il seconrai si racconterà quello che, dario (le industrie) piuttosto il terziario (i nel Così fan tutte di Mozart, servizi). Avvocati, economisti, burocrati si dice degli amanti fedeli: e assicuratori… difficile chiamarla una “che ci siano ciascun lo di“società” civile, nella vicina penisola come ce, ove siano nessun lo sa”. nel nostro cantone.

» di Ivo Silvestro

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mattina e cercai un bar dove prendere un caffè. Ancora una volta, impresa vana. La Bicocca, come la vicina Sesto San Giovanni, erano cosparse di fabbriche. La Pirelli, appunto, ma anche la Breda e la Falck: nomi che hanno fatto la storia dell’industria italiana. Adesso, dalla storia sono passati all’archeologia: a Sesto San Giovanni, al posto della Breda, c’è un “Parco di archeologia industriale”. Gli operai sono ormai diventati una razza estinta, come gli egizi e i babilonesi? Gli Indiana Jones del futuro andranno alla ricerca di catene di montaggio e chiavi inglesi? Un’esagerazione, certo, ma a guardare quello che è avvenuto e sta succedendo un po’ ovunque – a Milano co-

La classe operaia va in paradiso Film del 1971 di Elio Petri con uno straordinario Gian Maria Volontè nel ruolo di Lulù, operaio alienato dal lavoro. La fabbrica nella cultura degli anni Settanta.

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Società

Alcuni anni fa, per finire uno dei capitoli della mia tesi, mi serviva un libro che, purtroppo, la biblioteca della mia università non aveva. Fortunatamente, questo testo era disponibile presso la neonata Università di Milano Bicocca. Ricordo ancora il viaggio per raggiungere la sede della Bicocca: di collegamenti diretti non ce n’erano, ma cambiando un paio di tram e coprendo l’ultimo pezzo a piedi, in “soli” tre quarti d’ora arrivai a destinazione. Ottenuti, non senza una certa difficoltà, i libri in prestito, cercai un posto dove mangiare un panino e bere qualcosa. Impresa vana: nei dintorni dell’università non c’era praticamente nulla. E non che all’interno vi fosse molta più vita: probabilmente perché non era periodo di lezioni e gli studenti preferivano studiare altrove, fatto sta che in tutta la biblioteca si contavano sì e no dieci persone. L’anno dopo, a causa di uno sciopero delle ferrovie, mi ritrovai a dover cambiare treno, invece che nella stazione di Milano Centrale, in quella di Milano Greco Pirelli, proprio a poche centinaia di metri dall’università. Era

Bicocca. La rinascita della storia

Bicocca (fotografia tratta da www.unimib.it)

Film


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Disegnare la vita

Design

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Se vi dovesse succedere, quest’estate, di voler dare un po’ di sollievo ai vostri polpacci, stancamente trascinati tra gli spazi espositivi del Lingotto di Torino o della Tate Modern di Londra, è molto probabile che un aiuto ve lo possa fornire una sedia. Ma non una sedia qualsiasi, piuttosto una Aluminium Chair. Prodotta in Europa dall’azienda Vitra a partire dal 1958, la Aluminium Chair era originariamente un oggetto di design già diffuso negli Stati Uniti e noto come Plywood Chair. Fu lo stesso Willi

Fehlbaum – fondatore dell’azienda svizzera – a rimanere colpito dalla sua struttura durante un viaggio a New York. Dall’americana Herrman Miller Furniture Company egli riuscì a ottenere i diritti di produzione che fu avviata in Europa nel 1957. Incaricati dall’azienda, i designer Charles & Ray Eames rivestirono la seduta con una striscia di tessuto o pelle tesa. Elastica e flessibile, ancora oggi l’Aluminium Chair si adatta in modo ottimale alle forme del corpo, garantendo un eccellente grado di

comfort. Ma a monte di questo progetto non sta solo lo studio di una sedia ergonomicamente ricercata; essa è piuttosto la concretizzazione del concetto secondo cui “i dettagli non sono dettagli, i dettagli sono il prodotto”. Parole degli Eames e paradigma della loro filosofia di vita. I dettagli: una perfetta combinazione di materiali avanzati, tecnologia e produzione industriale, la stessa che permette la razionalizzazione su larga scala dell’oggetto di qualità. E, naturalmente, il suo uso quotidiano.


Michael Castleman Le erbe curative Tecniche nuove, 2007 Il libro presenta le più recenti acquisizioni della ricerca scientifica sui più antichi rimedi della natura.

Alfredo Cattabiani Florario A. Mondadori, 1996 Cattabiani ci conduce attraverso i miti, le leggende e le simbologie legate al mondo vegetale. Un viaggio affascinante che sottolinea il profondo legame fra l’uomo e le piante.

rinascimentali come il Mattioli, lo Pseudo Apuleio e Castore Durante. Quest’ultimo ne tratta con le seguenti parole: “Fiorrancio, fior d’ogni mese, perché fiorisce ogni calenda si chiama ancor calendula: perché si gira al girar del sole è detta sposa del sole e orologio dei contadini”. Il rapporto con il primo del mese ha però valore allegorico e figurato, dato che essa fiorisce mensilmente solo durante la bella stagione. La raccolta delle sommita fiorite e delle foglie, che contengono le numerose sostanze attive (oli essenziali, carotene e betacarotene, saponine, acidi salicilici, vitamina C ecc.), avviene solitamente nel periodo a cavallo dell’estate. Le parti raccolte, essiccate lontano dal sole e a temperature non troppo elevate in modo da non alterare la colorazione dei petali, vengono poi conservate in sacchi di tela o in recipienti di porcellana o vetro. In realtà, il consiglio è quello di usare i fiori dato che una monografia terapeutica della Commissione teFiore estivo dal carattere gioioso, la calen- desca per la salute ne dula, denominata dai francesi “petit souci”, ha riscontrato sciensi caratterizza per le numerose proprietà tificamente l’efficacia, peraltro incerta per medicali e terapeutiche attestate da recenti quanto riguarda le fostudi scientifici e da un uso secolare da parte glie e altre parti della pianta. di medici ed erboristi Dal punto di vista sette centimetri di diametro strettamente erboristico e fitoterapico, il con disco purpureo o nerasuo uso come medicinale risale all’antistro. Dietro questa apparente chità e al Medioevo. Successivamente a semplicità in realtà la calenquesti periodi è stata usata soprattutto per dula cela numerose proprietà scopi ornamentali almeno fino ai tempi medicinali, cosa ben nota più recenti, quando l’interesse per la menell’antichità e ai naturalisti dicina naturale ne ha riscoperto il valore e

» di Giulio Carretti; illustrazione di Micha Dalcol

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dizionato, forse proprio in riferimento al dolore provato dalla dea greca. I nomi dialettali sono numerosi (fiorancio, calandria, garofano di Spagna, calta) mentre Kuhblume o Ringelblume sono le denominazioni usate nei paesi di lingua germanica, dove tradizionalmente i fiori di calendula ornano i buoi durante la Pfingst procession che si svolge in occasione della festa di Pentecoste. Pianta rustica annuale o perenne alta fino al metro, la calendula appartiene alla famiglia delle Composite ed è originaria nell’area mediterranea da cui poi è stata diffusa nelle Americhe e in Asia. I fiori possono raggiungere i

La calendula, un dono per la pelle

e amata un po’ in tutto il mondo, la calendula (Calendula officinalis) deriva il suo nome, secondo alcuni, dal laSalute tino calendae, il cui significato rimanda al primo giorno del mese. Secondo altri studiosi, il nome proviene dal greco kàlathos che significa “cesta, coppa”, forse in riferimento alla forma raccolta del suo semplice ma splendido fiore. Quest’ultimo, simile a quello della margheritona e dall’intenso colore gialloarancione, è stato spesso associato all’immagine del sole mentre nella tradizione delle isole britanniche, dove viene chiamato marigold, è ricondotto alla figura della Vergine Maria. Nell’antica Grecia la mitologia la lega alla figura di Venere-Afrodite che, afflitta per la morte di Adone, vide le sue lacrime cadute al suolo trasformarsi proprio in calendule. In Messico, il fatto che al tramonto il capolino si pieghi su se stesso, è invece interpretato come segno di tristezza e mestizia, tant’è che viene definita anche “fiore della morte”. D’altra parte, c’è chi l’ha collegata all’immagine dell’amore puro e incon-

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Erba spontanea, conosciuta

Libri


le proprietà. Che sono davvero svariate. A partire dalle capacità antisettiche, cicatrizzanti e antinfiammatorie che ne fanno un ausilio importante per problemi cutanei come arrossamenti, dermatiti o eczemi anche nei neonati e nei bambini. Adatta a idratare le pelli secche e screpolate ma anche a lenire lievi ustioni e i classici arrossamenti da pannolino, la calendula è utile in forma di pomata come cicatrizzante in quanto favorisce la granulazione (con un incremento del metabolismo delle glico proteine, nucleoproteine e collagene) e la produzione di nuove cellule, migliorando la circolazione sanguigna e inibendo i processi flogistici. Sotto forma di colluttorio può essere indicata per le affezioni delle vie aeree superiori come stomatiti, gengiviti, piorrea, afte, ascessi e paradontiti. Un ulteriore uso è quello oftalmico. Per calmare gli occhi stanchi o arrossati si può applicare un decotto concentrato preparato con un cucchiaio di capolini di calendula, uno di camomilla, uno di fiordaliso e uno di malva. Una volta raffreddato e filtrato, applicatelo con un batuffolo di cotone sugli occhi, il beneficio sarà immediato. Per quanto invece concerne l’uso interno, la calendula, sotto forma di tintura madre, viene considerata un efficace rimedio per regolarizzare il ciclo mestruale nella donna, diminuendone i fenomeni dolorosi. Essa offre anche modeste proprietà antibatteriche nei confronti dei batteri Gram positivi, staffilococco aureo e streptococco B-emolitico. A livello gastrointestinale protegge la mucosa dello stomaco e può essere di ausilio in caso di gastrite o di ulcere. Esercita inoltre un effetto astringente sull’intestino, aspetto che la rende consigliabile in caso di diarrea. Nella stagione fredda, in caso di raffreddore o influenza, una tazza di infuso prima di coricarsi può contribuire a una riduzione dei sintomi. Per quanto concerne la posologia, non ci sono controindicazioni riguardo l’uso esterno in quanto la calendula, applicata sotto forma di gel o pomata, non provoca effetti collaterali di alcun genere. Per l’uso interno, invece, in caso di tintura madre, si consiglia di non superare mai le 40 gocce al giorno e, nel caso si preferisca l’olio essenziale, assicurarsi sempre che si tratti effettivamente di calendula e non di tagete (simile nell’aspetto ma piuttosto tossico). Un’ultima curiosità. Anche in cucina la calendula può trovare un suo posto e non solo come surrogato dello zafferano (il colore dei suoi fiori tinteggia paste e risotti in modo analogo alla spezia) ma come vero e proprio ingrediente. I petali dei fiori freschi o essiccati possono essere aggiunti a minestre e insalate ma anche entrare come ingredienti di frittate, salse per pesci o carni.

Il piacere di provare e gustare il diverso I vini di M. Perler, Arzo - www.agriloro.ch

Salute

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» testo di Giorgia Reclari; fotografia di Adriano Heitmann

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questo periodo, per esempio, sto lavorando a delle registrazioni a Roma. Per essere felice mi basta poter continuare a cantare. Il giorno che mi ritrovassi qui a potare le rose sarei un infelice. Il canto fa bene e cantare all’opera è un esercizio fisico straordinario, uno sport vero e proprio: un Trovatore equivale a una scalata in montagna per quantità di adrenalina ed energia richiesta. Ho avuto molti maestri e molti esempi da seguire durante la mia carriera. Uno dei tenori che ho stimato di più è senza dubbio il grande Giuseppe Di Stefano, con il quale ho avuto un lungo e profondo rapporto di amicizia, terminato solo con la sua morte. L’ho inconHa fatto del canto il fulcro della sua trato grazie a Roberto Negri, vita e si è esibito come tenore nei più il pianista che accompagnava importanti teatri del mondo. Il segreto entrambi, purtroppo anch’egli del suo successo? Un valore che acco- scomparso. Con Di Stefano facevamo cene, feste, scorrimuna Verdi e tre Jaguar bande in macchina. Ma di lui cresciuto sotto il profilo musiconservo soprattutto il ricordo di un cantante cale e anche se non ho fatto irripetibile, inarrivabile, grandissimo. Ricordo molta gavetta, la mia carriera una volta, eravamo al Circolo della Stampa di mi ha portato subito a cantare Milano e lui mi presentò come un suo caro al top: mi sono esibito con le amico, lodando le mie qualità di tenore “Ma migliori orchestre, alla Scala, al ti manca qualcosa” ha aggiunto “devi copiarTheatre des Champs Élysées, al mi!”. In effetti, ho seguito il suo consiglio Metropolitan, all’Accademia e mi sono ispirato molto a lui, per esempio di Santa Cecilia, con i Berliner per Rodolfo nella Bohème o per De Grieux Philarmoniker a Berlino e ho in Manon Lescaut. Era davvero una persona realizzato incisioni delle opere molto generosa, acuta, intelligente, oltre che più celebri per diverse case diun grande cantante. scografiche, tra cui la Deutsche In futuro mi piacerebbe dedicarmi anche Grammophon. all’insegnamento, tralasciando però la diHo debuttato in teatro con il dattica di base e la tecnica per principianti Ballo in maschera di Verdi a per concentrarmi sui cantanti già di un certo Lucerna ed è stato un grande livello e lavorare sullo studio della psicologia successo e una forte emozione, e dell’interpretazione del personaggio. Perché soprattutto nella scena finale l’interpretazione non la fa il cantante o il di– una delle pagine più intense rettore d’orchestra ma è contenuta nel testo della letteratura lirica monstesso. Basta saper leggere davvero lo spartito diale – nella quale Riccardo per comprendere ciò che Verdi, Donizetti, (io) viene ucciso durante il Mozart e altri volevano. Se tu li leggi davvero, ballo. Ma la soddisfazione più ti dicono loro cosa fare. E qui sta la difficoltà. grande l’ho avuta a sipario Perché nel momento in cui il cantante non chiuso, quando la soprano mi rispetta i valori scritti dal compositore, l’interha detto “Stronzo, mi hai fatta pretazione salta. La grandezza di un direttore piangere davvero!”. In seguito, e di un cantante è determinata dal rigore, una ho interpretato numerose opevirtù per me fondamentale. Un’esecuzione è re di Verdi, Puccini, Mascagni, perfetta quando è rigorosa e cioè trasmette gli Leoncavallo e altri. Il personagstessi sentimenti e le stesse emozioni che sono gio che amo di più però resta contenute nel testo creato dal compositore. sempre Otello, in Verdi. L’altra mia grande passione sono le automobiOggi ho meno impegni rispetto li. Possiedo tre Jaguar d’epoca. E amo lucidarle agli anni passati, ma sono tutti (non si può avere una Jaguar polverosa!). Di appuntamenti di qualità. In nuovo, è tutta una questione di rigore...

Fausto Tenzi

Vitae

o mi alzo molto presto la mattina. La mia agente a Roma mi ha detto “Sei una persona anomala. Come fa un tenore a essere sveglio già alle 5?!” Eppure ogni giorno e con qualsiasi fuso orario io ho un orologio interno che mi fa alzare sempre alle 5, anche quando sono in viaggio. Se sono a New York mi sveglio alle 2 di notte. E ogni giorno, dal momento in cui apro gli occhi, sono tra le braccia di Euterpe, la bellissima Musa della musica, che mi accompagna sempre. Ho dedicato a lei la mia vita e tutt’oggi il canto rappresenta per me il punto più alto che l’uomo possa raggiungere. D’estate, qui (nel rustico riattato circondato da un grande giardino che possiede a Cadro ndr) mi posso esercitare tranquillamente, non mi sente nessuno! Il canto è una passione che mi accompagna fin da bambino, quando me ne stavo per ore attaccato alle radioline ad ascoltare le Ave Maria di Schubert. Dicevano a mia madre che avevo una bella voce, che dovevo studiare musica. Ma i miei genitori non erano musicisti, mio padre cantava per passione però doveva occuparsi della carrozzeria che gestiva. Io cantavo sempre, anche durante il servizio militare, tanto che il mio tenente mi ripeteva “Guarda che qui non siamo alla Scala”. In un certo senso ho cominciato tardi a studiare sul serio, solo dopo i vent’anni. Ho seguito le lezioni della Scuola Internazionale di Canto di Lugano (patrocinata da Herbert Von Karajan) ma poi ho subito puntato in alto. Bisogna avere il coraggio di buttarsi nella fossa dei leoni, perché solo così si può crescere. E così sono andato a Milano, per poter studiare con il maestro Cesare Chiesa. Al termine dell’audizione ho ricevuto la prima lezione di umiltà: il maestro mi ha guardato e mi ha detto “Te me piaset no”. Avevo cantato un brano al di sopra delle mie potenzialità di allora, come aver fatto correre una Panda a Monza. Ma gradualmente sono

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I


Villa Carlotta Una mattina di inizio estate a Villa Carlotta, a Tremezzo sul lago di Como. Per riscoprire una delle mete del Grand Tour. Fra incantevoli dimore e geometrie di luci sull’acqua

testo di Stefania Briccola fotograďŹ e di Adriano Heitmann

Reportage

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Villa Melzi e Bellagio vista dal giardino botanico in fiore di Villa Carlotta a Tremezzo


Entrata di Villa Carlotta vista dal terrazzo

Villa Melzi e Bellagio visti dal giardino botanico in fiore di Villa Carlotta a Tremezzo



Gesso della Musa Terpsychore di Antonio Canova

Palamede di Antonio Canova Amore e Psiche realizzato da Adamo Tadolini dall’originale di Antonio Canova


L’addio di Giuglietta e Romeo di Francesco Hayez, 1823

L’

avventura comincia sotto un cielo turneriano, fonte di preziose suggestioni per pittori, scrittori e maghi dello scatto. Mi tornano alla mente le parole di Alessandro Manzoni su “quel cielo di Lombardia, così bello quand’è bello, così splendido, così in pace” (da I promessi sposi), quando mi accorgo che la poesia della luce rarefatta tra la pioggia svela all’obiettivo del fotografo immagini di avvolgente sensualità. A farci da guida, lungo i due piani del museo di Villa Carlotta, è la conservatrice Serena Bertolucci che di questo luogo conosce ogni angolo. La sontuosa residenza a Tremezzo, commissionata dal marchese Giorgio Clerici alla fine del Seicento e circondata da un lussureggiante giardino, venne trasformata agli inizi dell’Ottocento in un museo da Gian Battista Sommariva, avvocato, mecenate, politico e grande amico di Napoleone, almeno fino a quando ai vertici della Repubblica italiana gli venne preferito nel 1802 il conte Francesco Melzi d’Eril. Sarà lui nel 1808 a commissiona-

re l’imponente Villa Melzi a Bellagio proprio di fronte a quella del suo acerrimo nemico, sulla riva opposta del lago di Como. Donata nel 1850 dalla principessa Marianna di Nassau, moglie di Alberto di Prussia, alla figlia Carlotta, prese da quest’ultima la sua attuale denominazione. Quell’anno Carlotta sposava Giorgio II, duca di Sassonia Meiningen, intellettuale e amante del teatro, al quale dobbiamo il gusto un po’ kitch degli arredi del secondo piano. La principessa morì giovanissima e nella villa a lei dedicata soggiornò più spesso il marito, poco incline alla vedovanza, visto che si risposò ben due volte. A quei tempi il lago di Como era il luogo prediletto dal mondo colto e dalla nobiltà internazionale e meta imprescindibile del Grand Tour. Nelle ville del Lario le grandi famiglie attendevano l’apertura della Scala di Milano, tenevano i salotti e si scambiavano talee da piantare nei giardini. Sta di fatto che Gian Battista Sommariva, nel tentativo di recuperare attraverso il “bello” il prestigio sfumato dopo il declino politico, trasformò la dimora in uno scrigno d’arte ottocentesca, rendendola meta non solo di viaggiatori illustri, come Stendhal e Lady Morgan, ma anche del vasto pubblico. Le sale, recentemente ripristinate secondo i dettami dell’antico proprietario, contengono opere d’arte neoclassica ricche di riferimenti alle gesta del Bonaparte. Nel salone centrale domina la scultura Marte e Venere eseguita nel 1805 da Luigi Acquisti con esplicito accenno alla pace napoleonica in Europa e lo straordinario fregio di Bertel Thorvaldsen L’ingresso di Alessandro Magno a Babilonia, 33 metri di marmo di Carrara finemente lavorati. Studi approfonditi hanno rivelato l’utilizzo di almeno venti modalità di lavorazione della pietra. Lo confermano gli innumerevoli dettagli dei cavalli della quadriga di Alessandro o l’elefante dalla pelle rugosa carico di trofei di guerra. L’opera, originariamente commissionata da Napoleone per il Pantheon di Parigi, fu acquistata nel 1818 a un prezzo folle da Sommariva che fece aggiungere al rilievo il suo ritratto vicino a quello del celebrato scultore danese. Straordinario per la resa del panneggio il modello originale in gesso della Musa Terpsychore di Antonio Canova. La vediamo nella sala dei gessi dove a distanza ravvicinata si notano ancora intatte le repere usate come punti di riferimento dagli allievi della premiata bottega del nuovo Fidia (Canova), al fine di trarne altre copie. Sommariva, che possedeva la scultura in marmo nel suo palazzo parigino, volle il gesso originale a tutti costi. Un’attenzione particolare merita Palamede, capolavoro unico di Antonio Canova, imbrigliato dal restauro in una rete di stucchi e circondato da quinte di specchi. La sala è dedicata esclusivamente al mitico inventore del gioco degli scacchi e scopritore dell’inganno di Ulisse. Il soggetto naturalmente esaltava Sommariva che preferiva apparire vittima innocente degli intrighi dei suoi nemici piuttosto che spregiudicato uomo politico quale in realtà era stato. L’entrata della sala alle spalle della statua enfatizza la perfezione scultorea della figura e la sua sensualità. Il Palamede era nello studio romano del Canova quando nel 1805 cadde a terra per l’inondazione del Tevere, frantumandosi in diversi punti. Lo scultore lo restaurò con lavoro certosino e ancora oggi si possono notare le tracce del suo intervento. Ecco perché è possi-


bile vedere Palamede solo a Villa Carlotta. La grande arte non si sposta facilmente e costringe gli appassionati a ricercarla con testardaggine. Vale la pena di ricordare che in queste settimane a Palazzo Reale a Milano sono esposti alcuni rari capolavori di Canova giunti dal Museo Ermitage di San Pietroburgo. L’ambizione di Sommariva come mecenate e il suo rapporto con lo scultore ben si riflette nella grande tela La lettura del sesto libro dell’Eneide del pittore francese Jean-Baptiste Wickar. Meticoloso fino all’inverosimile, questo originale collezionista volle un piccolo cabinet, stoffa di seta grigia alle pareti e uno specchio dietro la sua Maddalena, replica perfetta della statua più celebre del Canova. Altro dettaglio: Sommariva fece scomparire i piedistalli che reggono le sculture per favorire la fruizione dello spettatore. Dall’estetica neoclassica che raggiunge l’apice con Amore e Psiche, icona di passione e sensualità realizzata da Adamo Tadolini tra 1818 e il 1820 dall’originale di Canova, si scivola nella sensibilità romantica con un quadro memorabile L’addio di Giulietta e Romeo che suscitò scandalo quando Francesco Hayez lo dipinse nel 1823. È la prima opera romantica della pittura italiana, una sorta di manifesto. Da questo celebre bacio deriveranno tutti gli altri che Hayez riproporrà in quantità esagerata. A farle compagnia, L’ultima comunione di Atala di Pierre-Jérome Lordon, straordinario olio su tela del 1808, infarcito di romanticismo con al centro l’eroina morente tra le braccia dell’amato mentre riceve l’eucarestia. Di seguito, nella sala delle vedute domina la maestosa decorazione del soffitto commissionata nel 1910 dai Sassonia-Meiningen a Ludovico Poliaghi. Si possono ammirare i risultati di più tecniche, dal mosaico con le tessere in oro alla scultura fino alla pittura, nel tripudio di colori simili a ricami e di volte in cui sono “incastonate” piccole scene scolpite. Alle pareti spicca tra le altre una Veduta di Villa Sommariva dal lago di Giuseppe Bisi del 1823. Con quello che sembra essere il primo ascensore del lago di Como, voluto nel 1902 dal marito di Carlotta, si raggiunge il secondo piano del museo dominato dal gusto dei Meiningen. Viene riproposta la casa della principessa, con arredi neogotici, neomediovali e neoimpero. La spaziosa galleria centrale permette di godere della vista del parco anche in caso di pioggia. Affacciandosi al balcone si ammira la prospettiva verticale che dalla villa, attraverso le scale e la fontana, giunge al lago. Il vasto parco considerato una perla del Lario e famoso per la fioritura di azalee condensa diversi stili. Al giardino all’italiana con terrazze, aiuole, nicchie e fontane dalle ricercate geometrie si contrappone il parco romantico, dominato dal verde con alberi di alto fusto e scorci improvvisi. Infine, il giardino botanico con specie rare voluto dai Meiningen. Si conclude qui il mio itinerario alla riscoperta del Grand Tour, proprio dietro l’angolo di casa

Corridoio al secondo piano della villa

Reportage

45 Stanza da letto di Carlotta, da poco restaurata

Sala con il gesso della Musa Terpsychore di Antonio Canova


eccolo

arrivato anche per lui il momento di mettere in mostra il risultato di mesi e mesi di palestra, cioè di far guizzare i sartori, di pavoneggiarsi con i bicipiti. Meno male che i costumi da bagno attuali assecondano ogni performance ed esigenza. La ricerca punta, infatti, a confortevoli materiali high tech, alla totale praticità nello sport e alla disinvoltura nella vita balneare. I grandi marchi offrono un’ampia scelta che spazia dagli short ai parigamba, dai boxer ai bermuda da regata e da surf. Parah li realizza nell’innovativo tessuto Sensitive Power dalle basiche tinte unite, quali il blu copiativo, il rosso rubino e l’antracite, però con incursioni di colori forti per bande, zip e cuciture a contrasto. Oppure con righe sgranate e grafie anni Sessanta all over. Ma l’evoluzione del beachwear maschile in casa Parah si chiama HTB (High Technology Boxer) un boxer/ bermuda dalle finiture sartoriali che può essere indossato sia tra le onde che per l’happy hour più modaiolo. Paesaggi caraibici in chiave pop, mix di vitaminiche tonalità dal cedro al mango, dal pistacchio alla papaya e una gran voglia di passare le giornate “surfando” fra marosi e cavalloni, sono i temi swimmer Allen Cox. La stampa fotografica riproduce un accanito surfer con tanto di tavola sottobraccio, o lussureggianti palmeti. Ispirazione

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Tendenze

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Scappare dalle giungle metropolitane per ritornare all’elemento primordiale. Su una tavola da surf… in attesa della “grande onda”

surf e dintorni anche per Grigio Sport, includendo il nuovo wakeboard, cioè il surf con motoscafo. C’è un richiamo vintage al mito delle Hawaii con la stampa hibiscus e scritte a caratteri old fashion. Il beachwear si concede qualche incursione nel genere underwear, così lo slip ha modellazioni ispirate all’intimo più classico, però a tutto colore e con bordure e profili a contrasto. Ma ecco che Grigio Perla si concentra sugli estremi opposti dello stile da spiaggia e ci riporta negli anni Settanta tra Saint Tropez e Marrakech, accostando i dettagli glam più cool, quali intagli in PVC e piccoli accessori in argento, a suggestioni dalla temperatura più hot come il genere power flower in versione macro e il disegno paisley sovraricamato. Elegantemente sportivo, elegantemente maschile è la definizione che meglio descrive l’uomo a cui è ispirata la collezione Julipet Mare. Linee e modelli di gusto classic-sporty si associano a colori caldi e disegni nautici tra i quali le mille righe, ma non mancano fantasie floreali, specialmente sui bermudoni largotti che sfiorano il ginocchio. Dettagli pieni di brio come gli inserti in microrete e le tasche laterali si associano alla funzionalità dei costumi tagliati a calzoncino, sorretti da cinturina elastica. Si abbinano alla polo in piquet e a felpe dai bordi in tinta. La tropical mania da Papeete lascia spazio a ricordi di località più nostrane come Milano Marittima, citata nel logo jacquard, specialmente sulla novità della calda estate: il costume mix tra slip e parigamba. Il nostro tipo da spiaggia non si lascia però sfuggire il comfort del telo mare in spugna logata, in pendant con la T-shirt V neck, la sacca in canvas e gli infradito con logo in gomma tridimensionale... per lasciare ad ogni passo un personale segno nella sabbia


Splash

Spassi ma

za Gor a s i ar di M

quelli che devono vivere il mare in assoluta gioia e sicurezza sono i nostri piccoligrandi personaggi, cioè i bimbi. Non per niente la Chicco ha studiato capi anti UV che se ne prendono cura riducendo le dannose radiazioni in modo che possano correre, sguazzare, giocare e godersi le giornate assolate con la totale tranquillità della mamma. Per magliettine, salopette, freschi pagliaccetti e buffi costumini sono stati scelti i colori delle vitamine della crescita: verde, rosso, arancio, giallo... E se le femminucce sono coccolate con micro bikini in teneri quadretti Vichy, contornati 3 di Sangallo, accompagnati a copricostumi e vestine in jersey, i maschietti, impegnati tra splash e spassi sulla spiaggia, sopra il costume indossano la canotta da promettenti machos. Ed è quello di un giardino incantato, con una tavolozza bucolica, il tema svolto da I Pinco Pallino per il beachwear junior. Così le bimbe, che giocano a imitare “mammà”, possono sfoggiare il due pezzi o il pagliaccetto con fiorellini in rilievo, o con stampe rubate a un erbario old style. Ma il “pallino” del giardinaggio rivive anche nei costumi e nei fuoriacqua per sani ragazzi scavezzacollo che non vogliono rinunciare ai comodi bermuda pluritascati in tela grezza, dove è pennellata una corolla solitaria. Il Canottaggio e la Regata sembrano invece suscitare gli entusiasmi sportivi dell’allegra ciurma di 1950. Così i costumi nelle tipiche righe bianche e blu, interrotte da stemmi, si rifanno ai dolci 4 tempi di “Vestivamo alla marinara”. Bermuda che passione! Lungotti, largotti, in leggerissimo , popeline stretch, come piacciono ai ragazzi di Yamamay insieme agli stilemi da repertorio caraibico: palme, fiori di hibiscus e flaboyant e la tavola del windsurf per cavalcare le onde sulle ali del vento. Sulle ali della fantasia, il beachwear di Pin Up Stars Baby, dedicato alle piccole donne da 4 a 12 anni, si affolla dei protagonisti del mondo delle fiabe. C’è “il brutto anatroccolo” che si trasforma in cigno e saltella felice dal micro bikini all’accappatoio arricchito di pietre colorate, mentre una farfalla vanitosa vola sui piccoli pezzi da bagno ai minidress, dai parei alle T-shirt, ai cappellini coordinati e su tutto quello lo che serve a vezzose principessine del mare. Piuttosto scatenate anche le signorine in erba che indossano i costumini Poisson D’Amour, ma non senza quella vena romantica che fa apparire teneri pesciolini innamorati sul bikini a brassière e tra le maglie dell’olimpionico limpionico azzurro lavorato a crochet. Intanto la sirenetta bon ton di La Perla fa di tutto per farsi notare con il costume intero o dalle bande ba incrociate sul davanti e con applicazioni di fiori 3D in plexiglass trasparente. Proprio come quello della mamma o della zia sempre alla moda…

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Tendenze Tenden

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Giove in quadratura spinge i nati della seconda decade a scatti d’orgoglio rivolti al riconoscimento del proprio valore personale. Problemi di comunicazione familiare per i nati nella prima decade provocati dal transito di Mercurio.

Momento favorevole per la condivisione di progetti professionali con il partner. Grazie al moto retrogrado di Plutone i vostri interessi culturali si spingono verso territori inesplorati. Cercate di non perdere il vostro proverbiale equilibrio.

toro

scorpione

Momento favorevole per le vicende amorose. Venere, di transito nella quarta casa, e Marte, nella quinta solare, vi spingono verso un’accesa passionalità. Il momento è anche favorevole alla progettazione familiare.

Ormai avete deciso che in amore non ci si accontenta, soprattutto a scapito della passione. Grossi progetti professionali sono ormai in cantiere e stanno per prendere il via.

gemelli

sagittario

Venere, Marte e Saturno potrebbero spingervi verso una rivoluzione dei vostri equilibri familiari. State attenti a non coinvolgere, o a lasciarvi coinvolgere dai vostri congiunti nelle scelte affettive. Evitate stress inutili e un’errata alimentazione.

Se siete della terza decade, potrete sfruttare il moto retrogrado e irrepetibile di Plutone per raggiungere risultati inaspettati. Forte crescita del vostro magnetismo personale. Tornate a esprimere le emozioni che provengono dal profondo.

capricorno

Possibili sbalzi d’umore, soprattutto all’interno dei rapporti di coppia o delle relazioni professionali. Mercurio in larga opposizione con Giove, potrebbe inserirvi all’interno di un gioco di piccole o grandi truffe, fatte o subite. Attenzione!

Problemi di comunicazione con partner e soci provocati dal transito di Mercurio nella vostra settima casa solare. Non preoccupatevi! Gli astri sono dalla vostra parte. Momenti di passione per i nati in dicembre favoriti dal transito di Venere.

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Il transito di Venere nella vostra prima casa solare accresce il vostro fascino. E come se gli dei avessero deciso di sottoporvi a una straordinaria cura di bellezza. Incontri sentimentali per i nati della prima decade. Momenti di passione con i partner.

Indolenza e pigrizia per i nati in gennaio, sottoposti all’azione di Venere. Possibile trambusto nelle vicende matrimoniali. Osservate un’equilibrata dieta alimentare e controllate la vostra attuale tendenza a cedere di fronte al “dolce”.

vergine

pesci

Periodo importante segnato dalla doppia azione di Marte e Saturno. Durante la settimana potrebbe partire una progettazione con effetti di ampio respiro sui prossimi anni. Cambiamenti improvvisi per quanto riguarda la sfera matrimoniale.

Grosse svolte per i nativi della terza decade: cambio repentino di idee e amicizie. Momento cruciale, di verifica degli equilibri di coppia e matrimoniali per i nati in febbraio. Evitate di prendere una decisione solo in base al vostro orgoglio.

Elemento: Acqua - cardinale Pianeta governante: Luna Relazioni con il corpo: torace, seno, ventre Metallo: argento Parole chiave: sensibilità, emotività, inconscio

“Selene ruota con incessante amore intorno a Elio, e dall’unione riceve la capacità di generare”. Con queste parole Plutarco (46-127 d.C.) descrive la danza cosmica tra Sole e Luna, danza amorosa che si compie nei cicli mensili. Luna-madre, quindi, che cresce di volume quando è gravida e si assottiglia di nuovo dopo il parto. Così l’individuo del Cancro si realizza pienamente nella famiglia, ambito privilegiato in cui la fusionalità e l’empatia raggiungono il loro culmine. Nella quiete della casa, vissuta come luogo rassicurante, la madre-moglie ha sempre un ruolo predominante. Per i nati nel segno, la felicità è spesso rappresentata proprio dall’ambiente domestico all’interno del quale si intessono rapporti di profonda affettività. Insomma, la loro è una natura decisamente sentimentale e romantica che gli fa vivere l’amore come un’esperienza da affrontare con grande serietà e senso di responsabilità. Spesso timidi e in difficoltà a esternare le proprie emozioni, necessitano di continue rassicurazioni e conferme da parte degli altri. Le contrarietà a livello familiare e lavorativo vengono vissute con intensità, aspetto che tende a ripercuotere negativamente sull’umore e sull’emotività. Solitamente pigri e conservatori (detestano i cambiamenti improvvisi e la fatica fisica), alla vita mondana preferiscono una cerchia di amicizie ben selezionate e basate su rapporti di reciproca stima e affetto. La passione per il cibo e la buona tavola, unita alla tendenza alla sedentarietà, rappresentano fattori di rischio per i nati in Cancro, che non di rado soffrono di diabete senile nella seconda parte della loro vita.

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Il Sole transita nel segno del Cancro dal 22 giugno al 22 luglio

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“…alto silenzio fa la bianca luna”

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Âť Illustrazione di Adriano Crivelli


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1. L’orchidea detta anche cipripedio • 2. Un verbo di Figaro • 3. Chiedere la carità • 4. Volto • 5. Pari in pianti • 6. Città vallesana • 7. Silenzio complice • 8. Mezza nave • 9. Assumere un ruolo • 13. Nostri solo a metà • 16. Nome di donna • 18. Impreparazione, imperizia • 21. Rabbie • 22. Angoscia • 25. Uno detto a Zurigo • 28. Piccolo difetto • 34. Un distillato • 36. Nave da guerra a vela o remi • 37. L’Argento regista • 38. È simile alla foca • 40. Il casato di un San Francesco • 42. I confini di Tremona • 46. Consonante in legato • 48. Fine inglese • 50. Zambia e Lussemburgo.

Verticali

1. Quelle del tempo sono a cura del meteorologo • 10. Trasparenti come il vetro • 11. Uomo inglese • 12. Partecipazione, assenso • 14. Il Capitano di Verne • 15. Regole • 17. Era amata da Leandro • 19. Stelle del cinema • 20. La usa il calzolaio • 23. Pittore e scultore surrealista • 24. Il nome della Grandi • 26. Mira al centro! • 27. Inglobamento • 29. Lo era Diana • 30. Dipinto centrale • 31. Antico Testamento • 32. Il pupo dell’Iris • 33. Dittongo in beato • 35. Un’abbreviazione sulla busta • 37. Noto stilista • 39. Breve esempio • 41. Robusto e bello • 43. Il Sodio del chimico • 44. Il re di Shakespeare • 45. Una delle Kessler • 47. Il giorno trascorso • 49. L’indimenticato Clay della Formula 1 • 51. Oriente • 52. Il nome di Pacino • 53. Consegnar.

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La soluzione a Epigoni è: Il catino di zinco di Margaret Mazzantini (Marsilio, 1994).

Soluzioni n. 27

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Giochi

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Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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Il vincitore è: C.C., Lanzo d’Intelvi (I).

Epigoni A quale romanzo appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 31. Al vincitore andrà in premio “Gli uomini che fecero il Ticino” di Franco Celio, Edizioni laRegioneTicino, 2007. Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 17 luglio a ticino7@cdt.ch oppure su cartolina postale a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano. “Non fa niente. Non fa niente. Anche se non mi parli mai più lo sai che mantengo la tua parola. Lo sai. Lo sai che sono capace”. Alza la testa. “Va bene? Va bene?”.

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