Ticino7

Page 7

supportato – come già accennato dal professor Malacrida – dalla nuova legge sulla protezione degli adulti, che sostituisce il diritto tutorio in vigore dal 1912. Una legge nata con l’intento di promuovere il diritto all’autodeterminazione, mettendo a disposizione del cittadino due strumenti appropriati. Il primo è il mandato precauzionale1, in base al quale una persona capace di discernimento può dare disposizioni in vista di situazioni future nelle quali potrebbe insorgere un’incapacità di discernimento. Il secondo strumento è la direttiva vincolante del paziente (comunemente chiamato “testamento biologico”), con la quale la persona può designare i provvedimenti medici ai quali accetta o rifiuta di essere sottoposto nel caso in cui divenga incapace di discernimento. Allo stesso tempo, con questo strumento può segnalare una persona fisica che decida in suo nome. Ambedue gli istituti mirano a fornire al paziente i mezzi normativi per decidere come curarsi e fino a che punto accettare le terapie. In poche parole e semplificando, il cittadino possiede con il nuovo diritto alcuni strumenti per rifiutare l’accanimento terapeutico.

ciargliela in faccia, come uno straccio bagnato”. Credo che il punto decisivo sia rappresentato dal fatto che questa decisione deve essere presa insieme al medico o ai curanti. Il paziente non può essere lasciato da solo a leggere un foglio che elenca tutte le complicanze possibili, ma deve avere vicino a sé persone che gli possano spiegare che cosa significano alcune evenienze e quale importanza possono avere. La cosa fondamentale è appunto non fermarsi alla consegna di un foglio, ma fare in modo che il paziente possa conoscere la situazione reale e scegliere con consapevolezza. Un altro tema sensibile è quello relativo ai rapporti tra il medico e i familiari del paziente. Possono capitare situazioni in cui i parenti non siano d’accordo con le scelte del loro congiunto malato. Come ci si comporta di fronte a queste prese di posizione? Come ho già detto, se il paziente è capace di discernimento, l’opi­ nione dei familiari non può mutare la scelta del malato. In un certo senso si potrebbe dire che non conta da un punto di vista etico­giuridico, anche se naturalmente ha il suo peso sul piano psicologico, poiché è neces­ sario poi dedicare del tempo affinché i familiari comprendano che occorre rispettare l’opinione del loro caro e che debbono fare un passo indietro. Invece, nei casi in cui il paziente non è più capace di discernimento oppure è intubato o si sta sottoponendo a cure intensive, e quindi non può esprimersi, la nuova legge prevede che il suo volere sia rappresentato dalla persona che lui ha lasciato indicata dalle direttive anticipate, in cui si può stabilire che un familiare, un amico, o anche il medico di famiglia, possa decidere per il malato o possa far valere la volontà che aveva espresso. Nell’evenienza in cui non sia­ no disponibili delle direttive anticipate, viene chiamata in causa la persona considerata affettivamente più vicina, che è colei che si è presa cura e ha convissuto con il paziente per il più lungo periodo negli ultimi mesi. Quindi si va a vedere se è un fratello, piuttosto che un figlio, piuttosto che una moglie o una compagna, chi è stato più vicino al paziente.

“Sul fatto che è sempre il paziente a dover decidere non ci sono dubbi né di ordine giuridico, né etico. Alla base vi è appunto il principio dell’autonomia ai fini dell’autodeter­ minazione e la libertà del paziente di esprimere il proprio desiderio e la propria volontà”

Professor Malacrida, a suo parere è corretta la scelta del legislatore che affida al paziente – o a un suo rappresentante – la decisione sulle terapie cui sottoporsi? Sul fatto che è sempre il paziente a dover decidere non ci sono dubbi né di ordine giuridico, né etico. Alla base vi è appunto il principio dell’autonomia ai fini dell’au­ todeterminazione e la libertà del paziente di esprimere il proprio desiderio e la pro­ pria volontà. Questa autonomia però può essere messa in atto soltanto una volta appurata la capacità di discernimento da parte del paziente. Naturalmente vi sono determinate situazioni in cui non è sempre possibile scegliere con facilità. Penso soprattutto ai casi legati alla psichiatria o alle malattie della demenza, come per esempio l’Alzheimer, in cui diventa difficile capire qual è il limite della capacità di discernimento. Inol­ tre, per poter decidere, il paziente deve essere informato correttamente rispetto a ciò a cui può andare incontro: rischi, complicanze o altri segni prognostici. Solo a quel punto è in grado di deliberare in modo competente che cosa è bene e che cosa è male per lui.

Quello dell’informazione al paziente è un tema a lei molto caro. Secondo la sua esperienza, che cosa deve dire un medico al proprio paziente? Credo sia quasi più importante il modo in cui si danno alcune informazioni piuttosto che il loro effettivo contenuto. Al paziente bisogna dire la verità, se la desidera sapere, e talvolta occorre anche entrare in qualche particolare doloroso, oltre che spiegare i rischi che potrebbe correre, se intraprende una certa strada. D’altra parte, sempre legato allo stile e alle modalità di comunicazione, ritengo che anche il fattore del tempo abbia grande importanza. Non bisogna di­ re tutto e subito e concentrare la comunicazione in pochi minuti, ma è necessario lasciare il tempo al paziente di affrontare determinati ragionamenti che possono essere molto difficili. Mi piace ricordare lo scrittore Max Frisch quando scrive: “bisognerebbe porgere la verità all’altro come un mantello, in modo che possa infilarselo, e non lan­

Nella sua carriera di medico, le mai è capitato di essere in disaccordo rispetto alle scelte di un paziente? Per la verità molto raramente. Talvolta può accadere che vi sia una divergenza di idee all’inizio del colloquio, magari perché il paziente si è già creato una sua posizione autonoma o perché non è ancora adeguatamente informato. Oppure ancora perché non co­ nosce ancora bene come i medici intendano agire e le motivazioni di un determinato intervento. A parte la divergenza iniziale, con il tempo necessario e creando anche un ambiente di reciproca stima e fiducia, alla fine si è sempre trovato un compromesso dignitoso per il paziente. note 1 In base al mandato precauzionale, disciplinato nell’articolo 360 del Codice civile svizzero, chi è in possesso dell’esercizio dei diritti civili può incaricare una persona fisica o giuridica di provvedere alla cura della propria persona o dei propri interessi patrimoniali o di rappresentarlo nelle relazioni giuridiche, nel caso in cui divenga incapace di discernimento.

Agorà

7


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.