Technopolis 44

Page 1

www.technopolismagazine.it

NUMERO 44 | NOVEMBRE 2020

STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE

IL DNA DELLE BANCHE DIVENTA DIGITALE Il cambiamento in atto negli istituti di credito è talmente profondo da modificarne per sempre l'identità. Protagoniste sono tecnologie come cloud e intelligenza artificiale

LE REGIONI SMART

24

La PA locale ha accelerato il percorso verso la trasformazione digitale, e non solo a causa dell'emergenza pandemica. I casi più virtuosi.

I CONFINI DELL’A.I.

30

Gli algoritmi possono riuscire nell'impresa di redistribuire il benessere sul nostro pianeta? Il ruolo delle macchine intelligenti.

EXECUTIVE ANALYSIS Il complicato viaggio verso l'azienda data-driven e le metodologie di sviluppo software agili e collaborative.


The Innovation Group Innovating business and organizations through ICT

È la Lombardia la protagonista della quinta tappa del Progetto “Digital Summit Territoriali”, promosso da The Innovation Group. Il “Lombardia Digital Summit” si propone di: • Attivare un confronto tra i soggetti attivi nell’innovazione istituzionale, organizzativa e tecnologica della Regione, della PA locale, delle Imprese, dell’Università, della Ricerca e del Terzo Settore per realizzare un primo bilancio dei risultati prodotti dall’Agenda Digitale Regionale e delle politiche di innovazione promosse nei vari comparti; • Evidenziare l’importanza delle tecnologie digitali e delle reti per consentire una rapida trasformazione dei modelli di business, dei processi della Pubblica Amministrazione, della Sanità, dell’organizzazione del lavoro e delle imprese in risposta alla drammatica emergenza dovuta alla diffusione della pandemia; • Individuare, valutare, valorizzare e rendere pubbliche le migliori pratiche di sviluppo e di innovazione regionale, affinché siano conosciute a livello territoriale e nazionale ed operino in un contesto di collegamento e sinergia; • Offrire una importante occasione di accountability, attraverso cui i vertici politici regionali possano rendere conto ai cittadini di quanto fatto e condividere le linee guida per la crescita, lo sviluppo e l’innovazione della Regione Lombardia in un’ottica di programmazione futura.

segreteria.generale@theinnovationgroup.it | www.theinnovationgroup.it

#TIGDIGITALY #LOMBARDIADIGITALE


SOMMARIO 4 STORIA DI COPERTINA STORIE DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE

N° 44 - NOVEMBRE 2020 Periodico mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n° 378 del 09/10/2012 Direttore responsabile: Emilio Mango

Cloud e AI, i geni del Dna digitale

Le “tre R” dell’economia nell’era del covid

Le molte sfide del post pandemia

Le nuove frontiere dell’innovazione

Un rapporto sempre più omnicanale

11 IN EVIDENZA

Passare dalla teoria ai fatti per un Paese digitale

Coordinamento: Valentina Bernocco Hanno collaborato: Roberto Bonino, Federico Butera, Carmen Camarca, Valentina Frediani, Piero Poccianti, Giovanni Ricci, Elena Vaciago, Ezio Viola

Cyberwar, alle aziende manca una strategia di difesa

Le alleanze che semplificano il cloud

Supply chain alle prese con il “new normal”

Le regole e le “zone grigie” del trattamento dei dati

Progetto grafico: Inventium Srl Foto e illustrazioni: Istockphoto, Adobe Stock Images, Shutterstock

24 ITALIA DIGITALE

Regioni italiane, dal lockdown al futuro

Trasformare (davvero) il lavoro e gli uffici

Verso la “nuova normalità”

30 AI

Editore e redazione: Indigo Communication Srl Via Palermo, 5 - 20121 Milano tel: 02 87285220 www.indigocom.it Pubblicità: The Innovation Group Srl tel: 02 87285500 Stampa: Ciscra SpA - Arcore (MB) © Copyright 2020 Indigo Communication Srl Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica riservati. Il Sole 24 Ore non ha partecipato alla realizzazione di questo periodico e non ha responsabilità per il suo contenuto. Pubblicazione ceduta gratuitamente.

Alla guida del pianeta Terra

32 INFRASTRUTTURE

Red Hat e Kubernetes verso l’edge computing

L’automazione è il segreto della velocità

34 CYBERSECURITY

Le nuove priorità del lavoro smart

Sicurezza IT e privacy, indietro non si torna

Per i dati, il viaggio Europa-Usa diventa più difficile

38 EXECUTIVE ANALYSIS

L’accidentato percorso del “data-driven”

Innovazione fa rima con applicazione

46 ECCELLENZE

Primadonna - Ibm Cloud

Esselunga - Satispay

Illimity - MongoDB

Unicoop Tirreno - Siav


STORIA DI COPERTINA

CLOUD E AI, I GENI DEL DNA DIGITALE

Non solo nuove tendenze, ma un cambiamento profondo nell'identità delle banche: se ne è parlato al "Banking Summit" di The Innovation Group.

N

elle banche italiane l’utilizzo dei canali digitali è destinato a crescere. Già oggi circa l’80% dei clienti usufruisce di servizi online come pagamenti mobili, gestione del risparmio e credito retail , mentre è ancora limitato lo spettro di servizi online di finanziamento alle imprese. Una carenza, questa, che è apparsa evidente proprio durante l’emergenza, in un lockdown che ha costretto le banche a gestire con 4

| NOVEMBRE 2020

difficoltà un picco di attività per le richieste legate ai decreti liquidità del Governo. Al “Banking Summit” sono stati evidenziati alcuni trend, condivisi tra i presenti, che saranno parte dei cambiamenti permanenti nelle abitudini dei clienti bancari. Scende il contante, sale l’online banking

Durante il lockdown c’è stata una diminuzione radicale dei prelievi da Atm e dei pagamenti cash, e le restrizioni potranno anche in futuro disincentivare il ricorso ai contanti. Inoltre, la crescita a due cifre dell’e-commerce ha permesso anche a nuovi clienti di utilizzare servizi online. Un ulteriore stimolo potrà derivare, in particolare per chi usa poco carte o pagamenti digitali, dagli incentivi previsti dal Governo nel piano Cashless. Anche il ricorso all’online

banking è cresciuto significativamente per l’impossibilità di contatti sui canali fisici: una quota tra il 15% e il 20% è stata rappresentata dai “first-time user”. In ogni caso si amplierà la gamma di servizi utilizzati. Il modello incentrato sulle filiali è in declino e lo sarà ancora più in futuro: aggregazioni e riduzione di costi renderanno inevitabile un processo di riduzione delle filiali. Ci sarà un’evoluzione del loro ruolo, ancora tutta da disegnare riguardo ad alcuni processi e servizi bancari che cambieranno in base alla maturazione dei comportamenti dei clienti che la crisi ha reso evidenti. La testimonianza di Alfa Bank, la più innovativa tra le banche russe, lo ha mostrato con diversi scenari di customer journey. L’uso sinergico dii strumenti tecnologici e metodi tradizionali può rafforzare il rapporto tra banca e cliente, moltiplicando le occasioni di


contatto e semplificando l’operatività. La sfida sarà coniugare in modo efficace queste due sfere, in una relazione ibrida fisica/digitale. Il Web come canale di comunicazione

Videoconferenza e altri strumenti digitali sono diventati popolari come mezzi di contatto con i clienti e di collaborazione interna. Significativo, per esempio, è il modo in cui le strutture commerciali e le reti di promotori hanno dovuto riadattare le modalità d’interazione con i clienti in sessioni più frequenti e brevi. Il tema della relazione con i clienti, il suo riposizionamento tramite piattaforme di “digital advisor” è stato diverse volte evidenziato. Per tutte le linee di servizi bancari alcune realtà stanno spostando sul digitale le attività prettamente gestionali e operative, lasciando alla relazione personale quelle in cui il fattore umano è un valore aggiunto. Questo, oltre a consentire maggiore efficienza, permette di erogare un miglior servizio alla clientela. In tale processo le filiali bancarie devono diventare un punto di accesso ai servizi a valore aggiunto, che richiedono un maggior livello di specializzazione. I mutui e in generale i servizi di investimenti erogati da banche o reti di promotori rimarranno centrati sul supporto al cliente attraverso il consulente o gestore (che comunica anche da remoto, sia da casa sia dalle filiali). Smart working e distanza sociale

È plausibile che una maggiore cautela nelle abitudini del personale e dei clienti impatterà sui format e su un utilizzo più flessibile degli uffici e delle agenzie sul territorio. Molte delle banche erano già preparate allo smart working ma hanno dovuto, in emergenza, estendere il lavoro da remoto a un maggior numero di dipendenti; in alcuni casi i processi operativi si sono rivelati inadeguati,

evidenziando dei gap da colmare con il digitale. Soprattutto i grandi gruppi, ma in generale un po’ tutte le banche, stanno valutando o adottando strategie mirate a garantire sicurezza, produttività e soddisfazione dei dipendenti. Una digitalizzazione incompleta

Molte banche non hanno ancora completato la digitalizzazione dei processi“end-to-end”, integrando cioè front-end e back-office: dall’on-boarding all’apertura di conti, fino alla finalizzazione di transazioni e contratti per prodotti e servizi più complessi (come finanziamenti o investimenti). In assenza di questa totale digitalizzazione, customer journey digitali e fisici non integrati si interrompono, non possono essere completati online. Con il crescere della maturità digitale del settore e con la maggiore automazione dei processi bancari, anche i servizi più complessi potranno guadagnare efficienza, mentre resteranno alle persone le attività a maggior valore. Inseguendo la personalizzazione

La personalizzazione del servizio è uno tra gli obiettivi centrali che molte banche stanno cercando di realizzare mediante un impiego più esteso e profondo dei dati, attraverso tecnologie di analytics e intelligenza artificiale che aiutano ad avere una migliore conoscenza del cliente. Ciò richiede di creare delle fondamenta tecnologiche e architetturali come una data platform per l’integrazione e la governance dei dati. Tutte le industry stanno ripensando i customer journey in una dimensione in cui l’esperienza digitale svolge un ruolo centrale. L’industria bancaria non può fare eccezione, perché sono i clienti a pretenderlo: il risparmiatore che si reca allo sportello o che incontra il suo consulente finanziario è lo stesso che fa la spesa o guarda la Tv online. In ogni

momento si trova a confrontare l’experience bancaria con quella degli altri fornitori di servizi. Il “passaggio del Rubicone” delle banche

Anche per le realtà italiane tradizionali − e non solo per le “new bank” come ilimity, Banca Progetto e Fabrica, presenti al summit − è importante un utilizzo strategico del cloud e dei nuovi servizi di Open Banking. Quest’ultimo può diventare una fonte di opportunità per le banche più innovative e visionarie, che possono ambire a porsi come dei veri e propri “hub” di servizi a valore aggiunto verso la clientela. Esse possono sfruttare il contributo delle molte eccellenze che compongono la galassia del fintech, anche in Italia. Molte banche stanno facendo ancora i primi passi: ad esempio, permettono ai clienti di rivolgersi a un’unica piattaforma Web per operare su tutti i propri conti correnti. Il modello “aperto” pone la sfida di dover rivedere nel profondo anche l’architettura dei sistemi informativi. La strategia da adottare per modernizzare i sistemi legacy bancari, compatibilmente con i rischi e i costi che decisioni di questo tipo richiedono, è ancora un cantiere aperto per molte banche. Una scelta diventerà cruciale per quelle medio-piccole, che dovranno valutare se e come potranno permettersi in futuro i costi di gestione, manutenzione ed evoluzione dei loro vecchi sistemi legacy customizzati. In tempi di forte incertezza, bisognerà accelerare l’innovazione e migliorare la capacità di gestire rischi in precedenza sconosciuti. Il “Banking Summit” ha messo in evidenza che la crisi attuale pone le banche davanti a un passaggio del Rubicone: dovranno superarlo per poter gestire la “nuova normalità” dei loro dipendenti e clienti. Ezio Viola, cofondatore di The Innovation Group 5


STORIA DI COPERTINA

LE “TRE R” DELL’ECONOMIA NELL’ERA DEL COVID Lo scenario macroeconomico attuale e l'industria bancaria: l'analisi di Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo

R

ecessione, ripresa, rischio. Sono le “tre R” con cui potremmo sintetizzare l’attuale scenario macroeconomico italiano: la recessione, ormai superata, ha lasciato il posto a una ripresa la cui intensità dipenderà, tuttavia, dall’entità della nuova ondata della pandemia di covid-10. Tale situazione va a inserirsi in un contesto internazionale ancora molto incerto, caratterizzato da forti tensioni geopolitiche, da un andamento del commercio internazionale che, sebbene migliore delle attese, chiuderà comunque l’anno con un calo del 10,5% e dalle continue oscillazioni osservabili negli indicatori dell’eurozona. In particolare, per l’Europa si prevedono uno scenario di base con decrescita del Pil dell’8,2% per l’anno in corso e aumento del 5,9% nel 2021 e uno negativo con calo di Pil del 9,1% per il 2020 e ripresa del 3% per il prossimo anno. Sono queste alcune delle principali evidenze relative al contesto economico globale emerse dai dati presentati da Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, nel corso del “Banking Summit 2020” di The Innovation Group. Un futuro incerto

Nonostante le performance negative del primo trimestre dell’anno (-5,5% su base trimestrale) e del secondo (-13%), analizzando gli indici di fiducia e i dati della 6

| NOVEMBRE 2020

produzione industriale è possibile stimare per il terzo trimestre italiano un aumento del 10%, con parziale recupero del deficit accumulato nella prima metà dell’anno. Permane tuttavia una situazione di incertezza, dovuta soprattutto alle numerose incognite che caratterizzano il quarto trimestre: se anche non si arriverà a un nuovo lockdown generalizzato con chiusura totale delle attività produttive, si profilano restrizioni circoscritte a settori come turismo, cultura, ristorazione, trasporti, ambiti che rappresentano una parte significativa del Pil italiano. Quest’ultimo, secondo le stime di Banca Intesa, diminuirà del 9,5% nel 2020, per poi mostrare nel 2021 un aumento significativo (che rappresenterebbe però un recupero incompleto), pari al 6,5%. La resilienza del sistema bancario

La ripresa in parte dipenderà dalla capacità di allocare in maniera efficiente le risorse del Recovery and Resilience Facility. In tale contesto di profonda incertezza, l’industria bancaria mostra una maggiore resilienza rispetto al passato e affronta le sfide della pandemia partendo da una condizione migliore di quella rilevata negli anni della grande crisi finanziaria. Le politiche del governo volte al sostegno alla liquidità hanno provocato una forte accelerazione (+6% anno su anno nel mese di agosto 2020) dei prestiti alle società non finanziarie. L’attività delle banche è stata, del resto, fondamentale per garantire alle imprese la continuità del proprio business. In particolare, è stato rilevato un costante aumento dei prestiti erogati con garanzia pubblica: a metà settembre erano

stati erogati 62,5 miliardi di prestiti assistiti dal Fondo di garanzia per le Pmi e 13,9 miliardi alle imprese più grandi, garantiti tramite Sace. Viene rilevato, invece, un forte rallentamento dei prestiti alle famiglie (+1,1% ad aprile 2020), un dato su cui ha inciso principalmente il crollo al credito del consumo (si consideri che l’acquisto dei beni durevoli è quasi del tutto scomparso); è poi seguito un recupero graduale, fino all’1,9% di crescita anno su anno di agosto. Aumentano i prestiti alle imprese

Con riferimento all’attività di raccolta, si rileva un forte aumento nel flusso dei depositi: su quelli bancari di società non finanziarie italiane sono affluiti 59 miliardi di euro, contro i 21 miliardi dello stesso periodo del 2019. Una tendenza da ricondurre al forte aumento dei prestiti erogati alle imprese, una parte significativa dei quali è stata depositata come giacenza (scelta derivante dalla volontà delle banche di disporre, nel momento di incertezza, di un buffer di liquidità a condizioni estremamente vantaggiose). La vera incognita sarà comprendere se e come tali risorse saranno impiegate. Infine, un aspetto importante riguarda l’asset quality e l’andamento dei crediti deteriorati (Npl). Nonostante le numerose incognite sullo scenario economico del Paese pongano dei rischi al riguardo, le banche italiane si presentano con una patrimonializzazione e una qualità del credito migliori del passato: allo stato attuale si rileva un tasso dei Npl di diversi punti percentuali più alto della media europea, ovvero 53,8% contro 46%. C.C.


LE MOLTE SFIDE DEL POST PANDEMIA Le banche hanno saputo affrontare il lockdown, ma ora devono continuare a trasformarsi. Per Giovanni Sabatini, direttore generale di Abi, bisogna agire su più fronti.

L

a resilienza con cui le banche stanno affrontando la crisi (secondo i dati della Bce, il CET1 ratio è intorno al 15%) ha consentito all’industry di svolgere un ruolo strategico nella gestione dell’emergenza. Già da prima nel settore erano in corso processi di riorganizzazione, poi accelerati negli ultimi mesi. Adesso, superata la fase iniziale e avendo dimostrato di poter assicurare la continuità operativa e i servizi essenziali, le banche devono tirare le somme. Che cosa occorre fare, dunque, guardando al futuro? Diverse indicazioni le ha fornite Giovanni Sabatini, direttore generale di Abi (Associazione Bancaria Italiana), ospite lo scorso 8 ottobre al “Banking Summit Live 2020” di The Innovation Group. Nell’attuale contesto bisognerà innanzitutto evitare un improvviso accumulo di crediti deteriorati, un fenomeno che in una certa misura sarà reso inevitabile dal forte rallentamento del Pil (stimato per l’anno in corso intorno al 9%) e non mitigato dal forte rimbalzo atteso per il 2021. Per evitare ciò bisogna, da un lato, continuare ad assicurare la flessibilità al quadro regolamentare e di supervisione (riconoscendo che molti settori versano ancora in una situazione di incertezza causata da variabili esogene, quali l’andamento dei contagi) e dall’altro rivalutare l’effetto di alcune modifiche normative (si pensi al

calendar provisioning). Bisogna, altresì, definire un quadro regolatorio omogeneo per le asset management company nazionali, identificando quando tali soggetti intervengono sul mercato in quanto operatori di mercato (che seguono quindi logiche di mercato) e quando agiscono all’interno di piani di risanamento concordati con le autorità. Al riguardo bisognerebbe chiarire che in determinate situazioni la stabilità è un bene pubblico e individuando una migliore linea di demarcazione tra i ruoli delle autorità. Interventi con finalità pubbliche ma che avvengono tramite strumenti di mercato sono di estrema rilevanza, e un esempio virtuoso è rappresentato dal Fondo Italiano di Investimento, che ha svolto un ruolo importante durante gli anni della grande crisi finanziaria. Ma l’obiettivo fondamentale dev’essere individuare il giusto equilibrio tra le due dimensioni. Un altro aspetto concerne la gestione degli elevati livelli di debito delle imprese lasciati in eredità dalla crisi: una problematica che richiede un adeguato supporto nei processi di capitalizzazione e una corretta valutazione di interventi pubblici per ridurre gli oneri del debito. In questo contesto, si possono rilevare delle prime disposizioni nei diversi decreti adottati dal governo italiano: si pensi, ad esempio, all’articolo 27 del Decreto Rilancio, secondo cui “al fine di attuare interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da covid-19”, Cassa Depositi e Prestiti è autorizzata a costituire un fondo denominato “Patrimonio Rilancio”. La banche svolgeranno un ruolo im-

portante anche nell’attuazione del Piano Nazionale di Recovery (l’impiego delle risorse europee sarà un elemento cruciale per far tornare a crescere la domanda di credito per gli investimenti) e nell’allocazione delle risorse, che andranno indirizzate verso le linee guida indicate dalla Commissione Europea. A tal proposito possono essere studiati incentivi per favorire gli investimenti “verdi” con il meccanismo Green Supporting Factor. Infine, una grande sfida è rappresentata dalla trasformazione digitale. Digitalizzarsi per le banche vuol dire lavorare su tre filoni: migliorare la relazione con il cliente, efficientare i processi e accelerare la velocità di trasformazione. Una delle principali difficoltà al riguardo sarà reperire le figure professionali più adeguate per gestire la rivoluzione digitale, e al contempo individuare le migliori modalità per realizzare percorsi di reskilling dei dipendenti: sebbene durante il lockdown si siano verificati “esperimenti forzati”, la strada da percorrere è ancora lunga. Carmen Camarca, analista di The Innovation Group

7


STORIA DI COPERTINA

LE NUOVE FRONTIERE DELL’INNOVAZIONE Intelligenza artificiale, analytics, biometria: le tecnologie d’avanguardia nel settore dei servizi finanziari non mancano.

P

er restare al passo con una competizione non più solo interna al settore bensì aperta ad altri operatori (fintech in testa), le banche stanno guardando con attenzione crescente alle potenzialità offerte dalle tecnologie di frontiera: su tutte, intelligenza artificiale, blockchain, tokenizzazione, biometria e denaro digitale. Di queste tematiche si è occupato il “Banking Summit 2020” organizzato da The Innovation Group, nella sessione intitolata “L’innovazione radicale è possibile già ora? Quali use case sono già concreti negli ambiti AI/machine learning, blockchain, digital money & tokenization, biometrics?”. Non si tratta di temi astratti o ancora teorici. Lo dimostra per esempio l’Innovation Center che Intesa Sanpaolo ha creato per esplorare le potenzialità dell’impiego (non solo a uso interno) di tecnologie di intelligenza artificiale e neuroscienza, in collaborazione con partner scientifici come l’Institute for Scientific Interchange di Torino (con sede anche a New York) e la Scuola di Studi Avanzati di Lucca. “Lavoriamo partendo dalle sfide proposte dalle business unit per individuare sviluppi che spaziano dal deep learning al reporting interattivo, dalla robotica umanoide alle interfacce uomo-macchina a supporto dell’esperienza utente”, ha raccontato il responsabile della Innovation Research and Development, Luigi Ruggerone. Andrea Coppini, responsabile

8

| NOVEMBRE 2020

della Divisione Digital Innovation e multichannel di Iccrea Banca, ha invece puntato l’attenzione sulla velocità di alcuni cambiamenti: “L’intelligenza artificiale comincia ad avere un ruolo rilevante nella proposition ai clienti e la blockchain cambierà a livello mondiale le infrastrutture dei pagamenti. Ma è soprattutto grazie all’arrivo di nuovi soggetti nel mercato che si sta assistendo all’unbundling dei servizi bancari. Oggi lavorano realtà molto innovative, che però si concentrano su un tema verticale. Nel tempo il modello non sarà sostenibile e si assisterà al rebundling dei servizi, offrendo alle banche un ruolo importante, anche in partnership con i soggetti più solidi che sopravviveranno”. A conferma di quanto concreti siano già gli sviluppi basati sull’intelligenza artificiale, Matteo Baido, head of IT Innovation di Ubi Banca Group, ha citato l’esempio dell’ottimizzazione delle giacenze negli Atm, costruita sull’analisi dei dati estratti dalle operazioni svolte durante la settimana e nei weekend. “Si tratta solo di un esempio”, ha precisato Baido, “poiché l’analisi combinata di testi scritti, tracce audio, immagini e video tramite intelligenza artificiale ha portato alla realizzazione di applicazioni d’avanguardia in ambiti come il riconoscimento facciale per onboarding e autenticazione dei clienti, il riconoscimento emozionale per gestire l’interazione, e l’analisi di profili e comportamenti per personalizzare le esperienze”. Per

un service provider come Cedacri, invece, l’innovazione è portata avanti su un modello “aperto”, basato sul cloud ed end-to-end. “Abbiamo aggiornato i canali digitali per avere un focus sul continuo miglioramento della customer experience””, ha descritto Michele Dotti, responsabile direzione architetture e innovazione tecnologica di Cedacri. “Ci siamo aperti all’esterno con la creazione di un layer esteso di Api di integrazione e abbiamo arricchito il data lake per garantire la fruibilità dei dati e l’integrabilità di soluzioni di machine learning e intelligenza artificiale”. L’offerta di un’infrastruttura flessibile e modulabile come quella di Amazon Web Services (Aws) ha già prodotto esempi di soluzioni innovative. “Nexi ha creato con noi un Data Lab scalabile per analizzare le informazioni sui pagamenti digitali”, ha illustrato Antonio D’Ortenzio, manager solutions architecture di Aws, “mentre a Banca Progetto abbiamo fornito quanto necessario per creare una moderna esperienza di onboarding verso i nuovi clienti”. R.B.


UN RAPPORTO SEMPRE PIÙ OMNICANALE La relazione tra banche e cliente diventa sempre più ricca, complessa e differenziata, sfruttando in combinazione i canali di contatto tradizionali e quelli digitali.

L

a relazione tra banche e la loro clientela ha un ruolo centrale nell’ambito del più ampio processo di trasformazione digitale in corso. Numerosi fattori stanno concorrendo a un cambiamento già avviato e destinato a proseguire: le evoluzioni tecnologiche degli ultimi anni, la maturazione culturale di almeno una parte degli utenti, il mutamento di scenario imposto da normative come il regolamento Gdpr (sulla protezione dei dati personali) e la direttiva Psd2 (sui pagamenti digitali) e nuovi attori come banche digitali e fintech. Questi fattori hanno già creato nuove modalità di interazione, in linea di massima aggiuntesi a quelle tradizionali e per servizi di primo livello. La spinta derivata dagli effetti del covid-19 sulle modalità di lavoro dei dipendenti e sulle abitudini della clientela sta facendo il resto. Il lockdown dei primi mesi del 2020 ha certamente prodotto effetti di accelerazione o adeguamento di processi nell’ottica dell’utilizzo o fruizione da remoto. Giocoforza, le banche hanno dovuto adattarsi, rafforzando la capacità di relazione a distanza con la clientela e portando in digitale processi che seguivano ancora modalità tradizionali. Dei temi che oggi sono sul

ni. La funzionalità Easy Contact, che abbiamo introdotto nei nostri servizi, automatizza la memorizzazione dei contatti con il consulente di fiducia, agevolando un rapporto più diretto e personalizzato”. Una convivenza possibile

tavolo tanto degli strateghi quanto dei responsabili tecnologici degli istituti di credito si è discusso al “Banking Summit 2020” organizzato da The Innovation Group, in particolare nella sessione intitolata “Relazione con il cliente: dare concretezza all’omnicanalità, integrando canali digitali, reti distributive fisiche, contact center e il rapporto di fiducia con il consulente”. Il segreto è differenziare

La differenziazione delle modalità d’interazione con i clienti è una delle chiavi per comprendere il percorso attuale e futuro di una digitalizzazione estesa al portafoglio dei prodotti e servizi, ma anche all’organizzazione stessa delle banche. Ivan Barcellona, head of Crm e campaign management di Crédit Agricole italia, ha voluto sottolineare come al centro dei processi relazionali ci sia il Customer Relationship Management, destinato a evolvere da strumento di supporto per la rete commerciale a “cabina di regia” di un sistema omnicanale. “I contatti”, ha spiegato, “sono oggi guidati dai bisogni finalizzati al cross selling e allo sviluppo delle relazio-

Il mondo fisico e quello digitale sono destinati a convivere e a interagire, e non vanno, quindi, visti come elementi contrapposti. “Progettare l’omnicanalità significa selezionare pochi customer journey in grado di accompagnare il cliente secondo la propria indole, self-service o relazionale, nel raggiungere facilmente il proprio obiettivo”, ha sottolineato Matteo Coppari, head of digital marketing & sales di Bnl, Gruppo Bnp Paribas. Le due dimensioni, dunque, si devono integrare per costruire un unico customer journey e per soddisfare una domanda a oggi ancora poco assecondata. “Molti clienti lamentano di non poter eseguire operazioni complesse attraverso i canali digitali”, ha rilevato Andrea Buffoni, regional vice president di Salesforce, “e sta crescendo anche la richiesta di offerte personalizzate. Ecco perché le banche devono lavorare su questo fronte con una piattaforma unica di customer engagement”. Il fine di costruire un customer journey evoluto ha spinto alcune realtà a creare team interni cross-funzionali, deputati a supportare il lavoro delle business unit attraverso il potere dei dati. “Lo sfruttamento di questo potere, in combinazione con gli strumenti sempre più evoluti e intelligenti contenuti nei Crm, dovrebbe poi portare a una maggior personalizzazione digitale del rapporto con una clientela”, ha concluso Federico Tota, country manager di Adobe. Roberto Bonino

9


LO SMART MANUFACTURING SOSTENIBILE

OLTRE IL COVID-19

Un approccio olistico alla digitalizzazione delle operations WEBINAR - 27 novembre 2020 - www.theinnovationgroup.it In un momento dove il presidio e la gestione H24 dei processi produttivi sono resi ancora più critici dalle limitazioni dovute alla pandemia, la capacità di digitalizzare rapidamente l’ecosistema di fabbrica è la chiave per continuare a competere nell’attuale scenario di incertezza e coglierne anche le possibili opportunità. Sponsor:

The Innovation Group Innovating business and organizations through ICT

In particolare, il webinar affronterà i seguenti temi: ■ L’alta affidabilità dei sistemi di produzione ■ Le soluzioni distribuite Remote Office Branch Office (RoBo) di Nutanix ■ Una scalabilità senza precedenti per estendere velocemente la capacità produttiva ■ Le architetture Enterprise Cloud Platform per i MES (Manufacturing Execution Systems) ■ Le soluzioni infrastructure as a code ■ Nutanix CALM: con l’Application Lifecycle Management è più semplice ■ La metodologia di implementazione e rollout del MES, nel quadro della trasformazione dell’Industry 4.0

INFORMAZIONI ED ISCRIZIONI www.theinnovationgroup.it segreteria.generale@theinnovationgroup.it


IN EVIDENZA

l’analisi

PASSARE DALLA TEORIA AI FATTI PER UN PAESE DIGITALE Nel “Digital Italy Summit 2020” di The Innovation Group, l’appello alla collaborazione e all’interconnessione tra Paesi e tra pubblico e privato.

Tre giorni di confronto, 14 sessioni, 30 ore di diretta streaming con oltre 130 relatori e più di 900 spettatori. Bastano i numeri a descrivere il successo dell’edizione 2020 di “Digital Italy Summit”, organizzata in forma ibrida e poi convertita in “total digital” in extremis a causa del Dpcm emanato domenica 18 ottobre. Ma i numeri non dicono una cosa importante. Non dicono che quest’anno, ancora più che nelle altre edizioni, l’evento è stato un vero e unico momento di confronto tra tutti i leader dell’italia digitale: ministri, amministratori delegati, responsabili delle organizzazioni più coinvolte nella trasformazione del nostro Paese hanno risposto all’appello di The Innovation Group per discutere di come realizzare questo ambizioso ma indispensabile progetto. Non per niente la “call to action” pensata da Roberto Masiero, presidente di Tig e padre del Digital Italy, era “Execution: l’innovazione digitale del Paese. Dai piani ai fatti.” Ha aperto i lavori lunedì 19 il Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, Paola Pisano, che tra le altre cose ha messo l’accento sulla necessità di operare in modo interconnesso tra settori e Paesi diversi, oltre a stimolare la crescita del “capitale umano”, che in Italia deve colmare un gap con le nazioni più avanzate per poter efficacemente supportare il cambiamento. Anche il professor Carlo Alberto Carnevale Maffè ha sostenuto

Roberto Masiero

l’importanza di una crescita e di un percorso omogenei, almeno in Europa: “Il digitale è come il socialismo, non si può costruire in un solo Paese”, ha detto, usando una delle sue apprezzate ed efficaci metafore. Una nota di ottimismo, anche se con prudenza e con il consueto rigore per le cifre, è arrivata da Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, che ha mostrato come la ripresa industriale in Italia sembri più forte rispetto a quella di altri Paesi e ha messo in evidenza il ruolo fondamentale della Pubblica Amministrazione come trigger della risalita (prevista comunque in tempi molto lunghi), ovviamente utilizzando nel modo giusto il fondo Next Generation Eu. Una reazione, quella alla pandemia, che per Enrico Giovannini, economista e docente all’Università di Tor Vergata, dovrebbe diventare sistemica in tutta Europa, in previsione di altri shock che

potrebbero colpire l’economia e la società. Un concetto molto vicino a quello di resilienza, che coinvolge non solo gli aspetti tecnologici ma anche quelli organizzativi dell’intera struttura delle imprese e della Pubblica Amministrazione. A proposito di energie, secondo JeanBernard Auby, professore emerito della Science Po Paris, le smart city sono la base su cui ricostruire un’idea di società digitale e intelligente, facendo molta attenzione però alle interconnessioni tra infrastrutture. Il fattore umano è stato, infine, il focus dell’intervento di Sabino Cassese, giurista e giudice emerito della Corte Costituzionale, secondo cui l’inerzia all’interno della PA è l’ostacolo principale alla trasformazione. Un’inerzia che però, secondo Cassese, potrebbe essere vinta ricorrendo alle stesse “energie positive” già esistenti all’interno dell’apparato statale. La prima giornata del “Digital Italy Summit” è stata chiusa dal Ministro per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, che ha ribadito il ruolo centrale delle competenze (già in parte presenti nei gangli della PA) che possono essere incentivate a crescere da un più intenso dialogo tra pubblico e privato. Emilio Mango Sul prossimo numero di Technopolis il racconto più dettagliato e la sintesi delle altre giornate di lavoro del Digital Italy Summit.

NOVEMBRE 2020 |

11


IN EVIDENZA

CYBERWAR, ALLE AZIENDE MANCA UNA STRATEGIA DI DIFESA Secondo un’indagine di Bitdefender, un terzo dei Ciso italiani non ha posto in atto misure strutturate contro i pericoli derivanti dalle guerre informatiche, che pure vengono percepite come foriere di danni potenzialmente seri per le aziende. Il concetto di guerra informatica richiama quello di guerra fra Stati, combattuta però con armi tecnologiche. Ma si tratta di una minaccia percepita come molto pericolosa anche per chi lavora in azienda. Lo dimostra lo studio “10 in 10”, realizzato da Bitdefender su un campione di oltre 6.700 Ciso e Cio di imprese di varie nazionalità, anche italiane. In particolare, nel nostro Paese il 32% dei manager afferma di non avere una strategia di difesa ben definita, pur essendoci un 71% che si preoccupa dei pericoli che ne possono derivare. Il mutamento di scenario globale imposto dal covid-19 certamente contribuisce ad aumentare la percezione delle minacce derivanti dalle cyberwar: “Poiché la maggioranza delle aziende ha dovuto riorganizzarsi con ambienti di lavoro remotizzati”, ha notato Liviu Arsene, global cybersecurity researcher di Bitdefender, “il 53% dei Ciso a livello globale teme di doversi occupare di violazioni alla propria rete, a causa del cyberwarfare. Il panorama della sicurezza si sta evolvendo rapidamente per adattarsi alla nuova normalità, fatta di forza lavoro distribuita e relative minac-

12 |

NOVEMBRE 2020

Liviu Arsene

ce. Le guerre tecnologiche fanno parte di questo scenario, accentuando lacune e impreparazioni da colmare”. Non ci sono solo i problemi di natura globale a generare preoccupazioni. Il ransomware non è affatto una minaccia debellata, tant’è vero che il 44% dei manager italiani interpellati ne ha registrato un’impennata nel 2020 e l’aspettativa è di un aumento nei prossimi 12 mesi (55% da noi, 70% a livello mondiale). Il 42% arriva a temere di dover chiudere se un attacco andasse a buon fine e se gli investimenti per la difesa non si fossero di pari passo adeguati. Anche nel caso del ransomware, il lavoro da remoto potrebbe essere la principale causa della recrudescenza, poiché non tutte le postazioni collegate in rete sono protette a dovere e, inoltre, c’è ancora una cospicua quota di società disposta a pagare pur di prevenire la pubblicazione di informazioni sensibili. D’altra parte, la colpa non è solo dei massimi responsabili, poiché il 54%

dei Ciso e Cio italiani ritiene che occorra cambiare il modo di comunicare le problematiche di sicurezza per poter ottenere maggior attenzione e, quindi, risorse economiche. Il 37% comprende di dover utilizzare un linguaggio meno tecnico, mentre il 35% sottolinea la necessità di dover puntare di più sul concetto di “rischio aziendale” per ottenere una maggiore sensibilizzazione. Il deficit di competenze resta un tallone d’Achille per le aziende e il 59% del campione nazionale sostiene che questo tema comprometterà gravemente il settore se proseguirà per i prossimi cinque anni. Ma Bitdefender rileva un altro aspetto da tenere in considerazione: “Dobbiamo iniziare a pensare di colmare il gap di competenze in un modo diverso, concentrandoci sulla diversità, e in particolare sulla neurodiversità, se vogliamo mantenere la nostra posizione e provare a debellare la criminalità informatica”, ha concluso Arsene. Roberto Bonino


LE ALLEANZE CHE SEMPLIFICANO IL CLOUD A undici anni dalla nascita, Nutanix non accenna a invecchiare. Anzi, il dinamismo e il cambiamento sembrano far parte del Dna della multinazionale specializzata in infrastrutture iperconvergenti e servizi cloud. Da pochi mesi Dheeraj Pandey, il fondatore e Ceo, ha annunciato a sorpresa che per motivi personali uscirà dall’azienda. Più o meno negli stessi giorni, Bain Capital Private Equity ha annunciato un investimento di 750 milioni di dollari per l’acquisizione di una quota di minoranza. Nemmeno il tempo di digerire queste importanti novità che sono arrivati i risultati del quarto trimestre, con un dato decisamente interessante: l’88% del fatturato deriva ormai dagli abbonamenti ai servizi cloud e software. Una quota cresciuta a discapito di hardware e licenze. Il fenomeno è talmente impattante da aver fatto dichiarare recentemente ad Andrew Brinded, vice president e general manager Emea: “La nostra trasformazione prosegue: dopo essere passati da hardware a software company, ora stiamo diventando una multi-cloud subscription company”. Il tono e l’accezione erano ovviamente positivi, perché molti parametri indicativi dello stato di salute dell’azienda sono in crescita, nonostante le rilevanti perdite registrate trimestre dopo trimestre: la proiezione annuale dell’Acv (il valore annualizzato dei contratti a canone) cresce del 29%, mentre la percentuale di nuovi prodotti e servizi acquistati dai clienti si attesta al 36%. Più in generale, la società si sta comportando meglio di quanto non prevedessero gli analisti, e ha evidenziato un fatturato trimestrale di 327,9 milioni (+9% anno su anno) e perdite in calo rispetto all’analogo periodo del 2019

Andrew Brinded

(185,3 milioni di dollari contro 194,3 milioni). Su base annua, il fatturato è di 1,31 miliardi (+6%), mentre e le perdite nette crescono (872,9 milioni contro i 621,2 del 2019). Questo non sembra preoccupare gli analisti, probabilmente in virtù del fatto che la multinazionale sta percorrendo la strada giusta nella direzione di un oligopolio (di fatto, quasi un duopolio con Vmware) nel sempre più strategico settore delle infrastrutture convergenti e del multi-cloud. In sintesi, Nutanix sta acquisendo quote di mercato sacrificando i conti, ma rassicurando Wall Street sulla raggiungibilità degli obiettivi di questa strategia. La strategia multi-cloud si delinea anche attraverso le partnership strette con Microsoft per Azure e con Amazon per Aws. Per dare ai clienti la massima libertà di scelta sulle infrastrutture su cui poggiare le proprie applicazioni (legacy o cloud- native), Nutanix ha stretto alleanze con gli hyperscaler per mettere a disposizione sui loro ambienti i Nutanix Clusters, che funzionano in modo analogo alle infrastrutture installate on-premise. Con Nutanix Clusters su Azure le aziende possono utilizzare un unico stack che integra elaborazione e storage e assicura operazioni unificate

tra cloud pubblici e privati, networking integrati con quelli dei cloud provider, portabilità delle licenze da cloud privati a pubblici, gestendo così le principali problematiche tecniche e operative degli ambienti IT ibridi. Inoltre sarà possibile gestire server, container e servizi dati sull’infrastruttura iperconvergente Nutanix, on-premise o in Azure, attraverso il piano di controllo Azure Arc. Tale integrazione permette ai clienti di estendere i servizi chiave di Azure ai loro ambienti Nutanix. Importanti novità riguardano anche Kubernetes: il motore di orchestrazione per container ora può essere usato in modalità Platform-as-a-Service (PaaS). e questo permette di creare e implementare applicazioni in modo più semplice e rapido attraverso i container e il modello DevOps. Al debutto anche la soluzione di servizi gestiti Karbon Platform Services, una PaaS multicloud basata su Kubernetes, con sicurezza automatizzata gestita dal sistema. “Con Karbon Platforms Services”, ha detto il Cto di Nutanix, Rajiv Mirani, “puntiamo a facilitare lo sviluppo e l’orchestrazione delle applicazioni, semplificando al contempo il rapporto fra l’IT e i team di sviluppo, per supportare le strategie DevOps dei nostri clienti”. Altra novità è Xi Calm, una versione hosted della soluzione Nutanix per la gestione e orchestrazione delle applicazioni su metodo DevOps. Sul fronte dell’iperconvergenza, infine, sono state annunciate diverse migliorie dell’architettura Hci (per adeguare i sistemi alle più recenti tecnologie di storage), e una nuova versione Ultimate del software Prism, che aggiunge capacità analitiche e funzioni automatizzate per la risoluzione dei problemi. E.M.

13


IN EVIDENZA

SUPPLY CHAIN ALLE PRESE CON IL “NEW NORMAL” Il lockdown primaverile e l’onda lunga che ne è seguita stanno spingendo processi di modernizzazione in molte aree. Fra le più colpite c’è senza dubbio la logistica, alle prese con cambiamenti legati allo scenario di mercato (e-commerce, pressione competitiva, stagionalità) ma anche alla pandemia. Per il direttore Emea industry solutions di Zebra Technologies (azienda specializzata in dispositivi e soluzioni per retail e logistica), Daniel Dombach, oggi c’è una necessità di avere magazzini moderni, per assicurare la continuità operativa: “Negli ultimi tempi abbiamo assistito a importanti cambiamenti, generati proprio dagli effetti del covid-19, in particolare con un aumento del numero degli ordini, ma per contro molte operazioni sono oggi ancora gestite manualmente”. Un bisogno di modernizzazione

Ma quale può essere considerata la nuova normalità della supply chain? Zebra rileva, in base a uno studio commissionato a Mc Kinsey, come ci siano un turnover degli operatori di circa il 30% all’anno, un impegno nella formazione che può arrivare a 90 giorni e picchi di attività sempre più frequenti. Mentre la supply chain diventa sempre più complessa, le operazioni di magazzino devono fronteggiare problemi crescenti: “Molti sistemi restano isolati e questo genera difficoltà di visibilità”, aggiunge Mark Jolley, transportation & logistics solutions sales director Emea di Zebra. “A ciò si associano penuria di manodopera, operatori e flussi di lavoro spesso scollegati, colli di bottiglia e punti morti

14 |

NOVEMBRE 2020

nell’asset inventory, una complessità crescente dei flussi di lavoro acuita da errori e non conformità”. Dalla citata ricerca “Warehousing Vision Study”, realizzata prima della pandemia, emerge una consapevolezza di dover modernizzare le operazioni, di aggiungere nuove tecnologie, di rendere i processi più intelligenti, rapidi e sicuri. Se però l’80% del campione analizzato ammetteva di dover fare passi in tali direzioni, il 50% indicava di utilizzare ancora la carta per gestire gli inventari e i cicli di approvvigionamento: “Si tratta di attività spesso aggiornate con molto ritardo, per cui non è improbabile trovarsi con informazioni inesatte nei warehouse management system”, sottolinea Jolley. Una maturità in cinque fasi

Zebra Technologies ha elaborato un “Warehouse Maturity Model” per aiutare i responsabili dei magazzini a comprendere le tappe di una corretta trasformazione digitale. Il punto di partenza è legato alla cattura dei dati (inizialmente manuale, con scansione dei codici a barre), dove intervenire per migliorare l’efficienza e la produttività degli operatori. Si entra così nella seconda fase con l’introduzione di tecnologie connesse, come i terminali indossabili (che lasciano le mani libere) o il picking vocale, utili per ottimizzare il lavoro degli operatori e migliorare la produttività di squadra. Si passa poi al recupero dei dati, da ottenere in modo automatico con strumenti di cattura in tempo reale, per avere migliore visibilità e utilizzo degli asset. La quarta fase concerne la localizzazione in tempo

reale, con la generazione di alert automatici, per arrivare, infine, all’impiego di robot e cobot che assistano i lavoratori con un’automazione intelligente. “La maggior parte delle aziende è ancora nelle fasi 1 o 2, ma il numero è destinato a diminuire entro il 2024”, rileva Dombach. “Nella fase 5 oggi si trova solo il 7% delle realtà esaminate, ma arriveremo al 20% in pochi anni”. L’87% dei responsabili logistici interpellati sta già ampliando i magazzini o prevede di farlo entro il 2024. Se oggi solo il 35% ha una comprensione chiara di come avviare un processo di automazione spinta, il 61% prevede nei prossimi anni di appoggiarsi alla collaborazione fra uomini e macchine e il 27% si spingerà fino all’automazione totale. Infine, entro cinque anni il 68% punta a concentrarsi sul miglioramento della visibilità, l’orientamento in tempo reale e le performance fondate sui dati. In risposta alla pandemia Zebra ha sviluppato MotionWorks Proximity: un software di rilevamento della prossimità e di contact tracing, che controlla in modo anonimo l’insieme di individui entrati in contatto ravvicinato con una persona contagiata. R.B.


NUOVE SOLUZIONI PER LA SCRIVANIA VIRTUALE Cyber Protect si integra con Citrix Workspace per fornire agli Msp una soluzione di sicurezza adatta ai tempi. La “nuova normalità” si basa massicciamente sul lavoro remoto, come sappiamo. E questo crea alle aziende preoccupazioni di sicurezza supplementari, poiché il dispositivo usato da casa non è sempre fornito (e quindi controllato) dai datori di lavoro. In una recente ricerca di Acronis, “Cyber Readiness Report”, il 47% dei telelavoratori, a livello globale, ha segnalato una carenza di indicazioni da parte dei team IT su come operare da casa. Questo li rende vulnerabili ad attacchi che non solo incidono sulla loro produttività, ma mettono anche a repentaglio i dati e i sistemi strategici dell’azienda. Per questo Acronis e Citrix hanno sviluppato una

Serguei Beloussov

soluzione che integra le tecnologie Cyber Protect e Workspace, rivolgendosi in prima battuta alla rete di managed service provider (Msp) impegnata a proteggere gli ambienti desktop virtuali dei propri clienti. L’avanzata tecnologia antimalware di Cyber Protect usa i driver a livello del kernel per impedire la modifica di file e voci del registro di sistema e l’iniezione

di codice dannoso. La collaborazione fra Acronis e Citrix è destinata a estendersi ed è già previsto che nel 2021 Cyber Protect si integri nelle app virtuali e nelle soluzioni desktop di Citrix, mentre l’hypervisor potrà sfruttare la tecnologia di backup agentless. In parallelo Acronis ha ampliato anche la piattaforma Cyber Cloud, che offre agli Mps gli strumenti per fornire servizi di backup, disaster recovery, antimalware, collaborazione sicura sul luogo di lavoro e autenticazione dei dati basata su blockchain, il tutto attraverso un unico pannello di controllo. Progressivamente saranno attivati cento micro data center in varie zone geografiche. Tra le soluzioni a cui potranno accedere i service provider tramite i nuovi siti c’è Acronis Cyber Protect Cloud, un’integrazione esclusiva di strumenti di backup, disaster recovery, antimalware di ultima generazione, cybersecurity e gestione degli endpoint.

UN’OFFERTA “SARTORIALE” PER IL MADE IN ITALY Per Centric Software, aziende specializzata in Plm (Product Lifecycle Management) per il fashion, il mercato italiano è talmente importante che, in occasione dei dieci anni di attività nel nostro Paese, è stata annunciata un’offerta tagliata su misura per le imprese del made in Italy. Tenendo conto dei feedback ricevuti dalle imprese del nostro territorio, Centric Software ha creato un’offerta modulare in linea con le esigenze dei diversi comparti e specializzazioni, visto che ogni settore (che si tratti di cuoio, pelletteria, tessile, calzature, occhialeria o altro ancora) ha una propria tradizione, unicità di stile, manifattura e design. In conferenza stampa virtuale, lo scorso ottobre, in collegamento dalla Silicon Valley il Ceo,

Chris Groves, ha sottolineato l’importanza del mercato nostrano: “I dieci anni di presenza in Italia”, ha detto Groves, “ci hanno fatto capire a fondo le peculiarità del mercato del fashion: dinamico, innovativo e fortemente legato alla tradizione artigianale di questo Paese. Salvaguardare questo patrimonio è la sfida tutta italiana che si aggiunge a quelle tipiche di timeto-market, marginalità, gestione della complessità”. Centric Software (società la cui la cui quota di maggioranza è detenuta da Dassault Systemes) fornisce una piattaforma di trasformazione digitale alle più prestigiose aziende operanti nei settori della moda, del retail, delle calzature, dei prodotti per l’outdoor, dei beni di lusso e di

largo consumo. Centric 8, la piattaforma Plm di punta, offre funzionalità enterprise di pianificazione del merchandise, sviluppo prodotto, sourcing, gestione della qualità e delle collezioni, specifiche per i beni di largo consumo. Centric Smb propone tecnologie Plm innovative e importanti best practice di settore, indirizzate ai brand emergenti. Centric Visual Innovation Platform (Vip), infine, offre un’inedita esperienza completamente visiva e digitale per la collaborazione e il processo decisionale; al suo interno include la Centric Buying Board, per trasformare le sessioni interne d’acquisto e massimizzare il valore del retail, e la Centric Concept Board, per promuovere la creatività e l’evoluzione del concept di prodotto.

15


IN EVIDENZA

SERVICENOW TRASFORMA I WORKFLOW NELL’ERA DEL POST PANDEMIA La fase emergenziale della prima parte del 2020 ha sensibilmente accentuato la necessità di collaborare a distanza fra colleghi e persone legate da rapporti di business. Dal punto di vista IT, questo si traduce in una forzata accelerazione di alcuni processi di digitalizzazione che stanno caratterizzando anche questo periodo di cauto ritorno a una normalità definita “nuova” da più parti, a sottolineare che alcuni aspetti sono destinati a perdurare nel tempo. La necessità di automatizzare il più possibile i workflow aziendali è, dunque, balzata in cima alle agende dei Cio impegnati nella revisione delle priorità collegate alla trasformazione digitale. Di questo vorrebbe beneficiare uno specialista come ServiceNow, non a caso già pronto con la nuova release Paris della propria piattaforma Now. “La pandemia di covid-19 ha messo in luce la presenza di collegamenti deboli e silos nella catena del valore delle aziende”, ha commentato Paul Smith, senior vice president e general manager Emea della società. “Non è possibile essere agili quando si hanno diversi sistemi specializzati in un solo compito, che si tratti di vendite, risorse umane o servizi finanziari. Noi vogliamo fare da ponte fra le piattaforme oggi presenti in molte realtà”. La nuova release si pone l’obiettivo di supportare le aziende che devono adattarsi alle attuali pratiche di lavoro, e propone sei nuovi prodotti che rafforzano il service management fra le organizzazioni. Ovvero i flussi di lavoro IT e quelli dei dipendenti, ma anche quelli indirizzati alla clientela. Una prima novità deriva dall’acquisizione di Fairchild Rs e va in direzione della business con-

16 |

NOVEMBRE 2020

Paris, l’ultimo aggiornamento della piattaforma Now, accelera sul fronte della resilienza del business e dell'automazione dei workflow, per consentire alle aziende di conservare la propria agilità in questa delicata fase congiunturale. tinuity. La soluzione, già presente come app ma ora totalmente riscritta, integra la capacità di identificare rischi, determinare obiettivi di recovery, creare piani concreti di ripristino basati su differenti scenari ed effettuare test in fase di simulazione di eventi. Inoltre, se già 18 mesi fa ServiceNow aveva rilasciato un software asset management per i team IT, ora viene aggiunta anche la componente hardware, proprio per aiutare le aziende a gestire una complessità che la pandemia ha accentuato in termini di luoghi in cui le risorse aziendali risiedono. “Si

tratta di una sfida paragonabile a quella delle supply chain”, ha spiegato Chris Pope, vice president Innovation di ServiceNow. “Occorre una maggior capacità di pianificazione e questo parte dalla comprensione di ciò che si ha, di dove si trova e di come può essere sostituito rapidamente in caso di necessità”. Paris contiene anche una soluzione specifica per i dipartimenti legali delle aziende. L’intento è di semplificare i workflow in ambiti come quello contrattuale, anche attraverso integrazioni con soluzioni di terze parti. “Non vogliamo essere un repository per la gestione documentale”, ha precisato Pope, “ma ci proponiamo di gestire i processi che ruotano intorno alla produzione dei documenti”. Tre nuove declinazioni verticali si aggiungono all’offerta ServiceNow, indirizzate ai servizi finanziari, al service management e alla gestione delle performance di rete delle Telco. Completa il quadro Automation Designer, una funzionalità che integra strumenti visuali e collaborativi per creare workflow complessi e si indirizza soprattutto ai dipartimenti di customer service e risorse umane. R.B.


TECHNOPOLIS PER PUBBLIRED WOLTERS KLUVER

LA SOLUZIONE GESTIONALE IN CLOUD GENYA SI AMPLIA Debuttano nuovi strumenti digitali per semplificare, snellire e automatizzare gli studi professionali e le imprese.

La missione di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia è di porsi come partner di riferimento dei propri clienti, professionisti o aziende, contribuendo al successo del loro business e a quello dei loro clienti finali. In quest’ottica la software house ha introdotto una serie di nuove soluzioni cloud end-to-end, sviluppate nell’ecosistema della suite Genya. ll professionista deve oggi assecondare, anche grazie alle soluzioni digitali, la trasformazione del proprio lavoro: sarà sempre meno concentrato sugli adempimenti e sempre più diventerà un “chief financial officer in outsourcing” delle aziende sue clienti. Con tali presupposti la suite Genya si arricchisce di soluzioni che automatizzano e semplificano obblighi normativi nel campo della conservazione e archiviazione documentale, così come nell’ambito dei corrispettivi e dei telematici. La soluzione Genya Corrispettivi SMART, presente nel portale di collaborazione Genya One Click, permette, ad esempio, di recuperare e importare in contabilità i dati dei corrispettivi dei clienti dotati di registratore telematico, minimizzando perdite di tempo ed errori. Allo stesso tempo Genya Corrispettivi SMART offre ai professionisti opportunità di servizi di consulenza sull’andamento delle attività dei loro clienti, grazie

all’output della soluzione di analisi e statistiche, che fanno da base alla consulenza strategica, gestionale e finanziaria. Altro esempio è la nuova soluzione Genya Conservazione e archiviazione documentale, che raggruppa e consolida, con un’interfaccia utente intuitiva e immediatamente accessibile, le più avanzate tecnologie di conservazione documentale. Grazie anche alle esperienze tecnologiche di ARKon, inoltre, con il Document Management System (DMS) di Genya, lo studio professionale dispone da oggi di un applicativo cloud end-to-end che agevola i processi quotidiani in modo intelligente, con soluzioni intuitive e funzionali che supportano le attività del professionista e del suo Studio. Il tool digitale favorisce l’efficienza grazie alla digitalizzazione a norma di fatture elettroniche, delle relative ricevute, dei documenti fiscali per cui occorre conservare una copia originale e di qualsiasi altro documento. Il nuovo software integra la soluzione BPM (Business Process Management), che in modo sorprendentemente semplice e veloce consente di trasformare qualsiasi procedura documentale in un flusso informatico. Va a completare le novità in ambito dell’ecosistema Genya la soluzione Genya Telematici: questo tool digitale è arricchito con immediate e comprensibili dashboard che consentono il monitoraggio delle scadenze e dell’avanzamento delle attività di invio e recupero ricevute dello studio (dichiarativi e deleghe), oltre alla verifica dello stato di avanzamento delle attività per singolo cliente. Genya Telematici permette anche di importare le forniture generate con altri applicativi e di gestirne l’invio. Il nuovo software migliora la memorizzazione delle credenziali e consente un più agevole accesso al Cassetto Fiscale del cliente. Pierfrancesco Angeleri, managing director di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia ha sottolineato: “La crisi economica e il difficile contesto causato dall’emergenza sanitaria di questi mesi stanno accelerando il processo di trasformazione digitale, rendendo necessario fornire ai professionisti e alle aziende strumenti efficaci per affrontare le nuove sfide e consolidare sempre più il rapporto consulenziale tra loro. Due sono stati i principi ispiratori della realizzazione delle nuove soluzioni digitali: l’incremento di efficienza operativa e la creazione di nuovi strumenti a valore. La missione di Wolters Kluwer Tax & Accounting Italia è di porsi come partner di riferimento dei propri clienti, siano essi professionisti o aziende, e di contribuire al successo del loro business e a quello dei loro clienti finali”. 17


IN EVIDENZA

LA BUSINESS INTELLIGENCE È IPERCONVERGENTE E IN TEMPO REALE La strategia di Tibco è centrata su un approccio unificato, in cui la data visualization si integra con l'analisi del flussi di dati in real time. Il mondo della Business Intelligence è in continua evoluzione. Lo dimostrano gli sviluppi dell’offerta di Tibco, multinazionale specializzata in software per l’integrazione, l’analisi e la visualizzazione dei dati: sviluppi basati sui tre pilastri che l’azienda chiama “Connect, Unify e Predict”. Nell’edizione 2020 (naturalmente virtuale) della conferenza TibcoNow uno dei temi portanti è stato quello dell’iperconvergenza applicata all’area della data integration e non più semplicemente all’infrastruttura. Tibco ha declinato e fatto proprio questo tema, introducendo il concetto di Hyperconverged Analytics. Partendo dalle proprie radici, ancorate all’integrazione dei dati, e assommando gli sviluppi aggiunti nel tempo in direzione della classica Business Intelligence (con l’acquisizione di Jaspersoft) e della data visualization (Spotfire), il vendor ha proposto una visione basata sulla convergenza dello streaming, della data science e della visualizzazione dei dati. Spotfire diventa, in sostanza, un ambiente federatore, attraverso il quale gli utenti possono riprodurre il proprio ambiente di data science e analytics in cloud, senza dover scrivere alcuna linea di codice. Al centro troviamo lo streaming dei dati

18 |

NOVEMBRE 2020

in tempo reale, per il quale Tibco ha messo a punto Cloud Data Streams: uno strumento visuale e automatizzato di ingestione di dati real time. Il vendor ha rafforzato anche la propria strategia di data management con Any Data Hub, una soluzione che centralizza i processi di gestione dei dati, basandosi sulla piattaforma Data Virtualization 8.3 “Occupiamo una posizione importante nell’analisi dei flussi di dati”, rileva Gianfranco Naso, regional vice president South West Emea di Tibco. “Una parte crescente delle aziende ha necessità di integrare informazioni operative e di contesto in tempo reale per prendere decisioni, e noi siamo in grado di fornire le giuste risposte”. Tibco ha voluto rendere più semplice e accessibile l’analisi dei dati, combinando la data visualization e il machine learning alla cattura dei dati in tempo reale attraverso strumenti che

necessitano poco o niente di generazione di codice. L’intento è quello di mascherare la complessità delle infrastrutture dei dati e di offrire agli utenti, neofiti o avanzati, la possibilità di svincolarsi dagli sviluppatori per progettare analisi partendo da fonti eterogenee. “Non ci interessa sapere dove si trovino i dati utilizzati per le analisi”, sottolinea Naso, “perché siamo in grado di creare viste virtuali per eseguire le correlazioni necessarie e a questo aggiungiamo la sicurezza, la modalità self-service e la capacità di normalizzare i dati per avere visibilità sull’impatto nei processi aziendali. Le nostre caratteristiche in Italia ci hanno già messo in posizione forte su mercati molto competitivi, come le telecomunicazioni, le utilities e il finance. Ora ci aspettiamo di poter aiutare nei processi di trasformazione anche mercati come la Pubblica Amminsitrazione e le assicurazioni”. R.B.


LA DIGITALIZZAZIONE RICHIEDE CEO ESPERTI DI TECNOLOGIA Secondo uno studio di VMware, l'amministratore delegato e altre figure dirigenziali dovrebbero avere un background tecnologico. Per guidare con successo un’azienda nell’era digitale, il ruolo di amministratore delegato e altre posizioni di senior management dovrebbero essere occupati da persone con un background tecnologico. Questo è il messaggio centrale di uno studio condotto a livello europeo da Vanson Bourne per conto di Vmware, realizzato intervistando 2.250 decisori, suddivisi fra manager, responsabili IT e sviluppatori di applicazioni. Il campione è stato costruito su realtà con almeno 500 dipendenti e ha coinvolto anche l’Italia. Il nostro Paese è fra quelli dove è stata espressa maggior convinzione sulla tesi di fondo: l’81% ritiene sia un fattore di successo avere un Ceo con esperienza tecnologica, indicando quali benefici prevalenti il miglioramento dell’efficienza aziendale (51%), la maggiore agilità (44%), il più ampio potenziale di innovazione (42%) e la customer experience più evoluta (40%). Le dichiarazioni degli intervistati risultano particolarmente interessanti rispetto al contesto attuale: l’indagine è stata condotta fra marzo e aprile 2020, quando la pandemia in Europa aveva raggiunto il suo apice. Secondo lo studio, la trasformazione digitale - attraverso la possibilità di modernizzare il modello di business utilizzando la tecnologia - fornisce un importante contributo per consentire alle aziende di adattarsi più rapi-

Raffaele Gigantino

damente alle dinamiche di mercato e ai cambiamenti fondamentali del business. Per gli executive italiani, i vantaggi delle applicazioni moderne giocano un ruolo importante nel migliorare le prestazioni e la resilienza della propria azienda: oltre al funzionamento affidabile dei sistemi IT (segnalato dal 72%, la percentuale più alta in Emea), le aziende beneficiano soprattutto di applicazioni moderne che consentono ai dipendenti di lavorare da casa o in movimento (41%). In effetti, più di tre quarti (80%) degli sviluppatori di applicazioni e dei responsabili IT ritiene che le aziende non saranno in grado di offrire ai propri clienti un’esperienza utente ottimale senza aver prima modernizzato con successo le proprie applicazioni: “Nel 2009 si contavano nel mondo circa 52 milioni di applicazioni, mentre oggi siamo oltre 300 milioni e la tendenza è a salire con questo ritmo”, rileva Raffaele Gigantino, country manager di Vmware Italia. “La loro modernizzazione è alla base della trasformazione digitale e consente, per il 51% dei manager italiani, anche di ridurre i costi. Oltre a questo, natu-

ralmente, occorre un’adeguata capacità di execution, poiché saper sviluppare, implementare, far funzionare e tenere in sicurezza le applicazioni rende di successo i progetti”. Il tempo attuale, ancora sotto l’influenza del rapido mutamento di scenario imposto dal covid-19, accresce la rilevanza di elementi come l’agilità e la capacità di adattamento per attutire gli effetti economici della pandemia e riorganizzare l’azienda in logica più smart e technology-oriented. Una testimonianza in questo senso arriva da Roma Capitale: “Tutto va verso il digitale e i player devono supportare gli obiettivi delle aziende”, spiega il Cio, Stefano Iacobucci. “Nel nostro caso, circa ottocento persone sono state in grado di connettersi alla propria postazione virtuale nelle stesse condizioni di lavoro tradizionali. Ora anche aggiornamenti tecnici e applicativi avvengono centralmente con grandi vantaggi. Poco tempo prima del lockdown avevamo aveva iniziato a lavorare con Vmware Horizon 7 per testare lo smart working e questo è stato di estrema utilità per sostenere l’impatto della chiusura totale”.

19


IN EVIDENZA

-

l’intervista

VIDEOSORVEGLIANZA OLTRE LA SICUREZZA Dal marketing alle smart city, con l’evoluzione delle tecnologie si è allargato l’ambito di applicazione delle soluzioni video basate su IP. Ne parliamo con Milestone Systems

Un tempo l’immagine di una videocamera di sorveglianza evocava solamente un’idea: quella di una maggiore sicurezza. Ma la tecnologia negli ultimi anni si è evoluta al punto da sviluppare anche altre vocazioni, pur senza perdere quella originaria. Ne abbiamo discusso con Alberto Bruschi, Emea leader, community business di Milestone Systems, società danese di soluzioni di gestione video basate su IP. Che cos’è oggi la videosorveglianza?

Il termine videosorveglianza si è ampliato notevolmente. Oltre che per attività legate alla sicurezza, oggi viene impiegata sempre più spesso per videoverifiche, monitoraggio dei flussi di persone, analisi di vario tipo. E in alcuni settori verticali, in particolare, stanno crescendo gli utilizzi evoluti. Noi di Milestone, per esempio, lavoriamo molto per gli ambiti smart city, retail, trasporti e infrastrutture critiche, per i quali stiamo sviluppando soluzioni a pacchetto, basate su casi d’uso.

pico esempio di attività che va oltre la sicurezza è il marketing nei centri commerciali: il sensore video viene usato per vari scopi, tra cui l’analisi delle heatmap, cioè i punti in cui la gente si ferma di più o di meno, o della demografia dell’utenza. Attività che possono essere fatte in conformità con il Gdpr, perché i dati confluiscono in statistiche e non vengono ricondotti a persone identificabili. Quali tecnologie hanno reso possibili queste evoluzioni?

Alberto Bruschi

Sicuramente la videoanalitica e l’intelligenza artificiale, per le quali va fatta una distinzione. La prima è legata a parametri ben definiti, rispetto ai quali possono essere rilevate delle eccezioni: questo è sufficiente, per esempio, per videosorvegliare un’area in cui non debbano accedere estranei. L’intelligenza artificiale invece è predittiva e può individuare comportamenti fuori dalla norma o mai successi: pensiamo, per esempio, a un sistema che sorveglia i flussi in una stazione della metropolitana e rileva eventuali pericoli.

quanto disponiamo oggi di piattaforme che possono gestire entrambi gli aspetti con lo stesso hardware.

A che punto siamo in Italia?

Qual è il vostro modello di offerta?

Siamo relativamente avanti sulle tecnologie ma un po’ indietro sull’infrastruttura necessaria per gestire le applicazioni. Faccio l’esempio del retail: per un sistema di analisi dei flussi di clientela serve una piattaforma in grado di gestire sia la sicurezza dei dati sia gli analytics. L’idea di fare un investimento solo sull’una o sull’altra area è abbastanza datata, in

Alcuni vendor spingono sulle soluzioni end-to-end, mentre noi ci focalizziamo sulla nostra competenza, cioè sulla gestione di dati video, e lavoriamo con una community di partner e di sviluppatori per integrare altre tecnologie all’interno di una soluzione realmente adatta alle esigenze del cliente. Valentina Bernocco

Il covid-19 ha impatti sul settore?

Di certo ha creato maggiore consapevolezza sul fatto che la tecnologia può essere un’amica e non un costo, può aiutare a risolvere problemi. Il controllo da remoto di un ambiente permette di non andare fisicamente a controllare sul posto. Ricevere un alert che segnala un problema prima era un’opzione, oggi magari è una necessità.

Ci fa un esempio?

In città la tecnologia video su IP può essere usata nel digital signage, dunque non solo per acquisire dati ma anche per diffondere informazioni. O per rafforzare la percezione di sicurezza di una strada. Allo scorso Smart City Expo di Barcellona ha attratto molta attenzione un’installazione con panchina e palo della luce interattivi, con integrati dei sistemi di analisi automatica. Altro ti-

20 |

NOVEMBRE 2020


l’opinione

LE REGOLE E LE “ZONE GRIGIE” DEL TRATTAMENTO DEI DATI Le linee guida della European Data Protection Board parlano chiaro, ma lasciano anche spazio alla discrezionalità.

Lo European Data Protection Board (Edpb), organismo tecnico dell’Unione Europea competente per la protezione e il trattamento dei dati personali, ha rilasciato le Guidelines relative al Titolare del trattamento, al Responsabile del trattamento e al concetto di titolarità congiunta del medesimo. La loro pubblicazione a distanza di qualche anno dall’entrata in vigore del Gdpr mostra che questi concetti sono non solo centrali, ma anche di difficile comprensione. Chi è il Titolare del trattamento? L’art. 4.7 del Gdpr lo definisce come la persona fisica o giuridica o l’entità che determina, da sola o congiuntamente ad altri, le finalità e i mezzi del trattamento dei dati personali. In forza di quale potere o diritto, in primo luogo, un soggetto determina le finalità ed i mezzi del trattamento? Al riguardo, le Guidelines chiariscono che tale attitudine può derivare da un fonte legale/giuridica, che attribuisce esplicitamente a un determinato soggetto detto potere, oppure (ed è questo l’aspetto più rilevante) dal ruolo e dalle responsabilità che un soggetto ha nei fatti. Dunque il datore di lavoro, in quanto tale, ha il potere di determinare finalità e mezzi del trattamento dei dati dei suoi dipendenti. In secondo luogo, un minimo di attenzione dev’essere dedicata ai concetti di finalità e mezzi del trattamento. In sintesi, si può dire che è titolare del trattamento chi decide sia il perché sia il come del medesimo. In quest’ambito un’area grigia esiste quando il Titolare del trat-

Giovanni Ricci

tamento è affiancato dal Responsabile dello stesso, poiché quest’ultimo a sua volta ha il potere di decidere con quali mezzi effettuarlo. Sono mezzi essenziali, di esclusiva competenza del Titolare, il tipo di dati da trattare, la durata del trattamento, chi potrà accedere ai dati, e di quali soggetti si tratteranno i dati. I mezzi più prettamente tecnici di trattamento (come il melange di hardware e software utilizzato) in linea generale sono da considerare non essenziali e rientrano nell’area di influenza del Responsabile. La titolarità congiunta si realizza quando vi sia codeterminazione sia degli scopi sia dei mezzi del trattamento. Essa si può realizzare mediante una decisione comune, oppure (ed è questa l’ipotesi più complessa) grazie a più decisioni convergenti, che devono essere tutte essenziali ai fini della determinazione di scopi e mezzi del trattamento. È importante sottolineare che la titolarità congiunta non implica di per sé responsabilità identiche

in capo ai contitolari: al contrario, queste ultime devono sempre essere accertate e valutate sulla base delle concrete caratteristiche della situazione. Quanto all’interesse perseguito, vi è sua determinazione congiunta sia quando più entità perseguono un medesimo interesse sia quando esse perseguono interessi diversi e complementari. Nella determinazione dei mezzi la contitolarità si può configurare come condivisione di mezzi diversi oppure come concessione di taluni mezzi da una parte e dei dati da trattare dall’altra parte. Si può giungere a una situazione ove tutti i mezzi (dati compresi) siano messi a disposizione da un unico soggetto, mentre l’altro esercita un’influenza sugli stessi, semplicemente decidendo di utilizzarli. Per l’art. 4.8 del Gdpr, il Responsabile del trattamento è la persona fisica/giuridica o l’entità, diversa e autonoma dal Titolare, che presiede al trattamento per conto del medesimo. Sul Responsabile gravano sia gli obblighi propri della sua specifica posizione sia l’obbligo di attenersi alle istruzioni del Titolare. Realizzare il trattamento per conto del Titolare implica che il Responsabile operi senza perseguire un interesse proprio e attenendosi alle istruzioni dell’altro. Un ambito di discrezionalità, tuttavia, permane in capo al Responsabile quanto alla gestione e organizzazione dei mezzi secondari usati per il trattamento, ovvero l’insieme degli strumenti tecnici. Avv. Giovanni Ricci, partner dello studio legale Edoardo Ricci Avvocati

21


IN EVIDENZA

-

l’intervista

FABBRICA 4.0, PER LE PMI NON UN MIRAGGIO Le esigenze e le tecnologie di Industria 4.0 sono le stesse per le grandi e per le piccole e medie imprese: la vera sfida riguarda la cultura e le competenze. La testimonianza di Ally Consulting.

“Vedere per credere” potrebbe essere lo slogan giusto per le imprese manifatturiere che ancora non sanno orientarsi nel magico mondo della trasformazione digitale. Technopolis ha intervistato Paolo Aversa, managing director di Ally Consulting. Qual è il vostro target primario?

Sono le Pmi del settore manifatturiero, che rappresentano quasi l’80% del tessuto imprenditoriale italiano in questo comparto; la quota restante è composta da aziende di grandi dimensioni, che dal punto di vista finanziario e delle competenze sono perfettamente in grado di percorrere da sole la strada della trasformazione digitale. Che cosa differenzia le due categorie?

Come dicevo, la capacità finanziaria, la cultura e le competenze. Perché dal punto di vista tecnologico e organizzativo le problematiche delle Pmi sono le stesse affrontate dalle grandi imprese: raccogliere dati sul campo, trasformarli in informazioni corrette e riuscire poi ad analizzarle in modo efficace, attuando infine le azioni più corrette. Che cosa intende per “cultura”?

Ad esempio la capacità di comprendere e sfruttare le best practice, o i principi che stanno alla base della trasformazione digitale, o prima ancora di quelli di Industria 4.0. Molte aziende si sono affannate a mettere in rete gli impianti, anche con spese importanti, ma sono

22 |

NOVEMBRE 2020

Paolo Aversa

state meno brave nel capire come questi asset andassero poi sfruttati per rientrare prima e meglio negli investimenti. Come aiutate le Pmi in tale percorso?

Il nostro ruolo, prima ancora di disorientare l’imprenditore con acronimi e tecnologie, è proprio di aiutarlo a comprendere il valore futuro degli investimenti. Nelle Pmi del manifatturiero è difficile trovare la giusta seniority nell’ambito dell’innovazione, molto spesso si incontrano persone esperte ma che hanno un approccio tecnico e non consulenziale. Allora il nostro metodo è quello di spiegare il come e il perché della trasformazione. Prima facciamo formazione e solo dopo introduciamo la tecnologia. Quindi il vostro non è un approccio completamente “as a service”…

Il nostro è un approccio consulenziale, tutto quello che è visto come “as a service” lo consideriamo una commodity.

Nel manifatturiero la gestione di dati e informazioni è strettamente legata ai processi, e i processi sono gestiti dalle persone. Solo le persone, una volta capito che l’impianto da loro realizzato per operare al 90% sta funzionando al 70%, possono intervenire per migliorare l’efficienza. Insegniamo alle Pmi a fare questo, a capire le informazioni e ad agire implementando nuove possibilità. Lo facciamo parlando la loro stessa lingua, quella del manufacturing, con un approccio concreto e con numeri alla mano. Ed è un approccio che funziona?

È un processo certosino ma fattibile, che non spaventa l’imprenditore lungimirante, quello che capisce che, in fondo, il potenziale umano è il fattore più importante della sua azienda. Il nostro approccio richiede tempo e competenze, ma ci permette di avere risultati concreti, misurabili, di fidelizzare i nostri clienti e vederli crescere. Facendogli toccare con mano i risultati. La tecnologia passa in secondo piano?

Non è proprio così, perché per fare funzionare meglio le aziende le tecnologie sono indispensabili. Però è vero che tutta la tecnologia di cui si parla oggi è disponibile per le piccole imprese esattamente come per le grandi, l’innovazione è alla portata di tutti. Capire come usarla per trarne vantaggi competitivi ed efficienza è la vera sfida. Emilio Mango


TECHNOPOLIS PER INFINIDAT

DIFENDERE IL PATRIMONIO DEI DATI Le cyber minacce non accennano a diminuire, mentre il valore dei dati diventa sempre più importante per la competitività delle imprese. Lo storage è un anello fondamentale nella catena: come preservarne le prestazioni proteggendo al contempo le informazioni? Gli attacchi alle imprese e alle organizzazioni sono sempre più frequenti e dirompenti. Donato Ceccomancini, country manager di Infinidat, spiega come conciliare prestazioni molto elevate degli storage con la protezione dei dati in esse contenuti. Qual è lo scenario delle cyber-minacce e delle tecnologie di difesa dei dati? Le soluzioni di cybersecurity sono in continua evoluzione, ma anche attacchi sempre più sofisticati e risorse a disposizione dei criminali non accennano a diminuire, prova ne sia il proliferare di violazioni dei dati a livello mondiale che ha colpito anche aziende e organizzazioni a tutti i livelli. Un fattore di complessità aggiuntivo è dato dal sempre maggior valore strategico dei dati e anche dalle vulnerabilità generate da processi e organizzazioni aziendali, soprattutto per le imprese di maggiori dimensioni, dove la complessità è più evidente. Come può aiutare la tecnologia? Bisogna fare una premessa: più in alto nella catena dell’infrastruttura IT si trovano i dati personali o sensibili, più strati vengono protetti. Ciascun livello dell’infrastruttura rappresenta un possibile strato che può essere criptato. Questo vuol dire che con una crittografia esclusivamente a livello dello storage (che sta in basso nella piramide) si riesce a proteggere i dati solo quando questi vengono scritti sullo stesso lasciando il dato non crittografato negli strati superiori. Eppure questo rappresenta il metodo di sicurezza comunemente usato (e spesso l’unico). Esattamente, qual è il punto debole? Un punto di debolezza è l’adozione da parte delle aziende degli All Flash Array (AFA). Per quanto la maggior parte (se non tutti) offrano una

Donato Ceccomancini, country manager di Infinidat crittografia a livello di disco, questo è l’unico livello di crittografia consentita da questi dispositivi. Se i dati sono criptati altrove, gli AFA non possono effettuarne la deduplica e il loro rapporto prezzo/prestazioni diventa impraticabile. Infatti gli AFA per essere sostenibili economicamente devono affidarsi alla riduzione dei dati in un rapporto compreso tra 3:1 e 6:1. E la soluzione? La soluzione ideale non esiste, ma sicuramente una crittografia end-toend a livello applicativo, realizzata a livelli superiori nello stack tramite un approccio a più punti, può aiutare molto a difendere il patrimonio più importante di ogni azienda, mantenendo alte le prestazioni erogate. Il primo punto è la granularità. Più alto è il livello della crittografia nello stack, migliore è la granularità: un’applicazione può soltanto criptare Informazioni Personali Identificabili in quanto “capisce” il contesto e il significato dei dati. Anche questo porterà a minori costi complessivi. Se andiamo a un livello inferiore, il Database Administrator (DBA) può fornire un table space criptato e un table space non criptato, e collocare i dati giusti nello spazio giusto. Il secondo punto è la “cloud readiness”. Spostare la crittografia ai livelli più alti dello stack è un prerequisito per qualsiasi migrazione al cloud nel caso in cui i dati debbano mantenere lo stesso livello di protezione anche sulla rete (Wan). I dati criptati possono spostarsi o entrare nel cloud in sicurezza senza necessità di ulteriori meccanismi di sicurezza (quale la gestione della crittografia a livello di cloud). Il terzo e ultimo punto è la facilità di integrazione. Integrare i livelli Os, Db o hypervisor ha un vantaggio: ci sono pochi flavor di ciascuno di essi, a fronte di molte applicazioni nell’ambiente. Da un punto di vista delle operazioni, ciò può ridurre la complessità. 23


ITALIA DIGITALE

REGIONI ITALIANE, DAL LOCKDOWN AL FUTURO Dalla Liguria al Veneto, dalla Toscana alla Puglia: esempi di Pubblica Amministrazione in cui la tecnologia sta trasformando il modo di lavorare. Non solo come risposta all’emergenza.

L

a Pubblica Amministrazione spesso è tutt’altro che sinonimo di tecnologia all’avanguardia o di innovazioni spinte. Specie in Italia, a questa sfera della nostra società associamo più facilmente l’idea di una lenta burocrazia e di disservizi che complicano la vita dei cittadini, più che semplificarla. Ma lo stereotipo non sempre corrisponde alla realtà: almeno a livello regionale, durante il lockdown di primavera non sono mancati esempi virtuosi di amministrazioni che hanno reagito rapidamente al contesto della crisi sanitaria, sfruttando a piene mani la tecnologia. The Innovation Group ha raccolto diverse testimonianze di quanto lo smart working abbia aiutato le Regioni a restare operative, compatibilmente con l’esigenza di contenere i contagi di coronavirus. Diversi i punti in comune: l’importanza di fare leva sul percorso di innovazione già avviato e l’intenzione di andare avanti, ben oltre l’emergenza, sia 24 |

NOVEMBRE 2020

nello smart working sia nello sviluppo di nuovi servizi digitali. Se così sarà, lo portà dire solo il tempo. La lungimiranza di Regione Liguria

“Nel nostro caso eravamo pronti già prima del covid-19 in quanto lo smart working è iniziato in Regione Liguria nel 2018”, testimonia Paolo Sottili, direttore Generale, direzione centrale organizzazione di Regione Liguria. “Stavamo già lavorando allo smart working, ma il progetto ha subito una brusca accelerazione a seguito della tragedia del crollo del Ponte Morandi. L’emergenza sanitaria ha dato poi un forte impulso alla diffusione di questa modalità di lavoro”. Già prima del lockdown della scorsa primavera un centinaio di collaboratori dell’ente ligure poteva lavorare da remoto attraverso un sistema di Virtual Desktop Infrastructure, accedendo con le proprie credenziali a banche dati e applicazioni. Con l’emergenza covid-19 il numero degli smart worker è più che decuplicato, passando a oltre 1.200 (dei quali 400 operativi attraverso Vdi e i restanti abilitati all’accesso tramite Vpn). “Inutile dire che lo smart working emergenziale ha dato una fortissima spinta alla digitalizzazione delle attività e allo sviluppo delle relative competenze”, sottolinea Sottili. “considerato che l’età media nella PA è tipicamente alta e molti dipendenti, se non vi fossero stati costretti, non avrebbero

mai fatto questa esperienza. Lo smart working richiede un particolare sforzo, prima in termini di programmazione delle attività e di definizione degli obiettivi e poi in termini di monitoraggio e controllo dei task svolti da remoto dai collaboratori. Ma chi ha sperimentato questo cambiamento vuole far sì che il lavoro agile diventi un modo di essere diffuso e strutturale dell’organizzazione della Pubblica Amministrazione: si sono create tutte le condizioni perché, una volta terminata la fase emergenziale, ciò accada”. Dalla formazione alla pratica in Regione Veneto

In Veneto l’amministrazione regionale aveva avviato un progetto di formazione sullo smart working ben prima dell’emergenza sanitaria. “Lo scorso anno è stato avviato un percorso di accompagnamento della Pubblica Amministra-


zione, volto innanzitutto a promuovere la formazione e la cultura tra i dipendenti pubblici sui temi della digitalizzazione”, racconta Idelfo Borgo, direttore Ict e Agenda Digitale di Regione Veneto. “In collaborazione con altre Regioni, capofila l’Emilia-Romagna, abbiamo partecipato a un progetto nazionale di smart working che si è concretizzato nella creazione di gruppi multidisciplinari, grazie ai quali comprendere che cosa significasse realmente lavorare in condizioni di smart working e quali ne fossero le implicazioni In questo modo è stato possibile creare quello che è stato definito “kit di riuso”: una ‘scatola degli attrezzi’ che comprende la disciplina, le tecnologie, il piano comunicativo, i moduli formativi, eccetera. Questo ha permesso ancora prima del periodo di emergenza di avviare un percorso di accompagnamento ai cambiamenti in atto nel territorio”. Grazie a questa attività

la Regione non è stata colta alla sprovvista dal lockdown ed è stato possibile trasferire rapidamente in smart working circa 2.500 dipendenti. E non solo: anche circa duecento piccoli Comuni hanno potuto utilizzare strumenti di videoconferenza per non interrompere il normale calendario dei consigli comunali. Inoltre circa 85mila dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni venete hanno potuto lavorare da casa, all’occorrenza, utilizzando un’insieme di applicazioni di collaboration in cloud. “La lezione più importante appresa durante il lockdown”, riflette Borgo, “è che un cambiamento di vasta portata, come quello che potrebbe generare un’adozione più diffusa dello smart working, avrebbe inizialmente degli inevitabili impatti dal punto di vista tecnologico ma comporterebbe poi un più ampio ridisegno degli approcci organizzativi e un forte cambiamento culturale. La

digitalizzazione del settore pubblico non implica, infatti, soltanto l’utilizzo e l’applicazione di determinati strumenti e soluzioni ma necessariamente passa dalla rivisitazione dei processi e da una certa dose di buonsenso, fondamentale nei momenti di crisi”. Regione Veneto ha anche creato un gruppo di lavoro multidisciplinare permanente sullo smart working. La sanità digitale di Regione Toscana

“L’attività svolta già prima della diffusione della pandemia sull’Agenda Digitale ci ha consentito di affrontare la fase di emergenza in parte preparati”, testimonia Sauro Del Turco, responsabile attuazione Agenda Digitale Toscana e Innovazione Digitale nella PA di Regione Toscana, “grazie soprattutto agli interventi sulle infrastrutture abilitanti (su cui si lavora da tempo), sugli stan25


ITALIA DIGITALE

della PA toscana disponibili su open.toscana.it e ora anche sull’app ufficiale di Open Toscana. disponibile sugli store. La fase della ripresa, seppur meno complessa sotto diversi aspetti, richiederà comunque un impegno straordinario, oltre che il proseguimento dell’adozione di metodi di lavoro e strumenti alternativi”. Da Spid alle app, la risposta di Regione Puglia

dard, sulla sicurezza in rete e sui servizi di connettività. Un contesto su cui gravano i ritardi accumulati nell’ambito del Piano Nazionale della Banda Ultra Larga, una problematica segnalata anche nella conferenza tra le Regioni dal presidente Stefano Bonaccini, che ha evidenziato la necessità di un intervento tempestivo, in modo particolare in relazione alle scuole”. Tra le iniziative sviluppate dalla Regione Toscana durante il lockdown spiccano quelle dell’ambito sanitario: la raccolta dei dati sui tamponi, sui contagi e sui posti letto in terapia intensiva, naturalmente, ma anche un’applicazione di monitoraggio (#acasainsalute). “Un’iniziativa di particolare successo”, racconta Del Turco, “grazie a cui è stato evitato alle persone di recarsi presso gli studi medici, è stato l’invio delle prescrizioni mediche via Sms. Fatto utile soprattutto per le persone anziane o per chi, non dispo26

nendo di un Pc o di uno smartphone, aveva difficoltà ad accedere alle ricette presenti nel fascicolo sanitario elettronico”. Non è stata una sperimentazione di nicchia, tutt’altro: tra il 12 marzo e i primi giorni di giugno sono stati inviati in regione 1.850.000 Sms contenenti prescrizioni mediche. In parallelo è stata sviluppata un’applicazione per la lettura delle ricette mediche, rivolta ai farmacisti. Per quanto riguarda lo smart working, invece, la quota di dipendenti della Regione operativi da casa è balzata dal 12% precedente al lockdown a oltre il 95%, grazie a un’estensione dei collegamenti in Vpn e del ricorso a strumenti di videoconferenza. “Nei mesi del lockdown”, conclude Del Turco, “la Regione è riuscita a fare fronte alla fase emergenziale, garantendo l’operatività e la continuità di molte attività pubbliche. In piena fase di chiusura abbiamo rinnovato il portale dei servizi digitali

Anche In Puglia la PA ha potuto reagire all’emergenza facendo leva sulla trasformazione digitale già realizzata negli anni precedenti. “La Regione non è stata colta impreparata dalle sfide che la pandemia ha posto in essere”, assicura Adriana Agrimi, dirigente del Dipartimento sviluppo economico, innovazione, istruzione, formazione e lavoro di Regione Puglia. “Ciò è avvenuto principalmente perché era stato avviato da più di un decennio lo sviluppo di un percorso digitale complessivo, grazie a cui è stato possibile individuare e applicare soluzioni che hanno facilitato attività quali la gestione digitale della sanità, l’accesso remoto ai servizi della Pubblica Amministrazione, la transizione allo smart working dell’attività dell’amministrazione regionale. A dimostrarlo sono dati quali l’aumento dell’attivazione del Sistema Pubblico di Identità Digitale (Spid) nei fascicoli sanitari elettronici e il picco di accessi rilevati al nuovo portale regionale, che durante l’emergenza si è rivelato un importante strumento di colloquio sia con i cittadini sia con tutto il sistema regionale”. Tra i nuovi strumenti attivati c’è anche un’app, PugliaSalute, utilizzata come servizio di segnalazione per il rientro dalle altre regioni. Attraverso il sistema informativo regionale Giava covid-19, inoltre, sono stati creati report giornalieri a uso e consumo della protezione civile, delle prefetture e dei sindaci. V.B.


ITALIA DIGITALE

Infrastrutture, organizzazione, mentalità e altro ancora: Federico Butera, presidente di Fondazione Irso, illustra i temi con cui lo smart working dovrà confrontarsi.

TRASFORMARE (DAVVERO) IL LAVORO E GLI UFFICI

S

ullo smart working, le opinioni sullo scenario che si verificherà una volta terminata l’emergenza divergono. A un estremo c’è chi ritiene che verrà ripristinato lo status quo (in cui il lavoro smart coinvolgeva principalmente alcune grandi imprese), all’altro chi propone di far continuare a lavorare da remoto tutti. Probabilmente ciò che avverrà sarà la costituzione di un nuovo equilibrio tra il lavoro in sede e quello da remoto, un lavoro “ubiquo”. Le applicazioni del lavoro ubiquo, smart o agile sono in realtà opportunità o necessità per cambiare profondamente le organizzazioni: al management spetta il compito di avviare e condurre i profondi processi di cambiamento necessari, con i supporti professionali appropriati; alle Istituzioni, di predisporre le infrastrutture materiali, finanziarie e formative per favorire questi

sviluppi. La sfida principale sarà quella di estendere in maniera adeguata lo smart working anche alle Pmi e alle organizzazioni della Pubblica Amministrazione di minori dimensioni (che, si ricorda, insieme rappresentano la grande maggioranza degli occupati e del PIL italiano), realtà che prima del lockdown avevano rispettivamente il 15% e il 16% di dipendenti in smart working. Perché ciò accada bisognerà innanzitutto supportare chi intende intraprendere un tale percorso di cambiamento, tenendo conto soprattutto delle differenze che caratterizzano queste imprese e Pubbliche Amministrazioni. Dodici temi su cui riflettere

Proponiamo dodici aree di azione per condurre correttamente questi sviluppi, tenendo conto dei singoli contesti. La prima riguarda la concezione dello

smart working: bisogna innanzitutto convenire su cosa sia realmente lo smart working per il management, se lavoro da remoto oppure una nuova filosofia manageriale o un nuovo modo di gestire l’impresa. Occorre tener conto di molti aspetti legali: ad esempio, la sicurezza dei dati, la protezione della privacy dei lavoratori, le responsabilità del datore di lavoro per eventuali incidenti e molto altro. La seconda area d’azione riguarda le infrastrutture, che oggi sono disponibili in modo ineguale nelle diverse aree del Paese. Le connessioni al centro di Milano non sono uguali a quelle dei paesi dell’entroterra ligure: occorre progettare gli sviluppi considerando realisticamente la disponibilità di infrastrutture. La terza area abbraccia le tecnologie di supporto e la cybersecurity: senz’altro i cambiamenti in atto non potrebbero avvenire NOVEMBRE 2020 |

27


ITALIA DIGITALE

senza l’attività dei provider di tecnologia, che però propongono strumentazioni necessarie ma non sufficienti. Occorre anche disporre di competenze su impresa, organizzazione, lavoro, formazione, bilanciamento vita-lavoro, competenze che i provider per lo più non hanno. Bisogna quindi pensare - il quarto tema - alle modalità di gestione dell’equilibrio tra vita e lavoro. In questi mesi è avvenuto un esperimento che ha coinvolto oltre otto milioni di persone. Alcuni ne sono stati felici, altri hanno dichiarato gravi problemi di sovraccarico, interferenza tra vita e lavoro, stress. Sono stati penalizzati le donne con bambini e chi abita in case piccole. Un nuovo modo di lavorare che concili vita personale e professionale nello stesso luogo va concepito, progettato, negoziato e condiviso nei singoli contesti, attivando percorsi di formazione dei dirigenti e di partecipazione dei dipendenti. La quinta area d’intervento è la mentalità: smart worker non si nasce ma lo si può diventare. Non ci si può improvvisare, ma c’è bisogno di formazione e apprendimento. Il sesto tema è la proporzione fra lavoro in sede e remoto. Una volta terminata l’emergenza, la occorrerà riproporzionare queste sfere, coinvolgendo

28 |

NOVEMBRE 2020

inevitabilmente dimensioni economiche strutturali imponenti: utilizzo degli spazi aziendali, trasporti, gestione dei servizi di ristorazione e alberghieri intorno alle sedi e molto altro. Questa è materia di politiche pubbliche, ma forte è il ruolo delle rappresentanze delle imprese. Il settimo sviluppo riguarda la concezione degli uffici. Quello composto da esperti e professionisti è già da tempo avvezzo a lavorare in remoto, così come lo è l'ufficio “direzionale”, da cui è possibile fornire indicazioni e orientamenti anche a distanza. La vera problematica è rappresentata dagli ”uffici-fabbrica”, che poco si prestano a lavorare per obiettivi e competenze . Si verifica ora un’importante occasione per ridurre il peso degli uffici fabbrica e muoversi verso assetti organizzativi autoregolati e professionalizzazione delle persone. L’ottavo tema è l’interior design degli uffici: le esigenze di distanziamento fanno sorgere nuove idee su come organizzare il layout, oltre gli uffici singoli e oltre gli open space. Il nono aspetto è il ridisegno degli spazi casalinghi: molti lavoratori hanno bisogno di consulenza e di risorse per ristrutturare gli spazi domestici. Numero dieci, occorre sviluppare forme organizzative differenti da quelle concepite finora e

basate sull’idea che l’ufficio sia solo una porzione di un organigramma in cui vengono gestiti compiti e mansioni . Occorrono forme di sistemi socio-tecnici che gestiscano processi e risultati con meccanismi di continuo adattamento all’ambiente esterno. Ciò richiede una riconfigurazione dei processi, delle tecnologie della cooperazione, della concezione delle microstrutture, dei sistemi di controllo di gestione e di visual management. Senza tali cambiamenti sarà ben difficile concepire il lavoro sulla base del raggiungimento di risultati e obiettivi (in chiave smart, come si vorrebbe). L’undicesimo passo riguarda il sistema professionale: vanno modificate le attuali modalità di svolgimento del lavoro, soprattutto negli uffici-fabbrica, modalità basate su compiti, mansioni, livelli, indennità. Andrebbe sviluppata una concezione basata su ruoli caratterizzati da risultati, da controllo sui processi, da forme di cooperazione autoregolata, dal padroneggiamento delle tecnologie, da competenze di dominio e competenze sociali. In molti casi il lavoro va fatto evolvere verso mestieri e professioni a larga banda, con un potenziale di flessibilità e di adattamento al variare dei ruoli e dei contesti. Infine, le relazioni industriali: dovranno diventare “propositive”, cioè il sindacato o le rappresentanze dovranno partecipare attivamente ai processi di cambiamento e non affrontarli quando sono già in corso. Per agire sulle su queste aree occorre attivare percorsi progettuali volti a modificare le strutture dell’organizzazione, del lavoro e delle relazioni. Serviranno alcune (poche) norme e alcuni (pochi) accordi cornice, ma soprattutto molti “cantieri di progettazione”, innovativi e partecipativi. (tratto da un intervento di Federico Butera, professore emerito di Scienze dell’Organizzazione e presidente di Fondazione Irso)


VERSO LA “NUOVA NORMALITÀ” Da una parte la pressione imposta dalla pandemia, dall'altra le resistenze al cambiamento. Anche le banche sono di fronte a una sfida epocale, che coinvolge i clienti ma anche i dipendenti. Lo shock dell’emergenza sanitaria è stato per le banche italiane un fattore di decisa accelerazione del loro processo di trasformazione digitale. Esse hanno superato un test significativo nel garantire i servizi ai propri clienti e nel mettere il personale in condizioni di lavorare in modo sicuro. Si è partiti da qui nell’edizione 2020 del “Banking Summit” di The Innovation Group, che ha visto confrontarsi i rappresentanti del management, del business e dell’IT delle principali banche italiane con le aziende protagoniste del settore Ict. Quasi tutte le realtà presenti hanno affermato che i loro investimenti e programmi legati alla trasformazione digitale si focalizzeranno sulle aree che garantiscono maggiori ritorni di efficienza nei processi interni di back office e commerciali, e maggior creazione di valore nella relazione con i clienti. L’intervento dell’Abi ha sottolineato come le banche siano state chiamate dalle politiche governative a giocare un ruolo chiave nell’affrontare la crisi economica e a essere protagoniste della ripartenza del Paese. Ciò continuerà anche nel contesto delle politiche d’intervento governative e in quelle d’investimento previste

dal Recovery Fund europeo. Dalle testimonianze dei relatori sono emerse alcune evidenze. Numero uno: la capacità di estrarre valore dai dati per le banche farà la differenza. Potranno essere impiegati analytics e intelligenza artificiale per accrescere il valore della relazione con i clienti, ottimizzare i processi interni e incrementare la capacità di valutazione del rischio (in particolare, di credito). Una seconda evidenza è il fatto che la trasformazione digitale provochi la necessità di un’equivalente trasformazione dell’IT, riguardante i suoi processi di sviluppo e operations tecnologiche sempre più complesse, che devono essere resilienti e sicure, garantire business continuity e saper fronteggiare le minacce informatiche amplificate dall’utilizzo esteso dello smart working. Quest’ultimo ha permesso

nell’ambito IT di alcune banche la nascita di una nuova normalità che privilegia processi agili, flessibili e scalabili, e nella quale il cloud diventa un forte abilitatore. Una terza considerazione riguarda proprio il cloud: non solo si è dimostrato uno strumento utile per gestire gli shock esterni, ma permette lo sviluppo di nuovi servizi attraverso piattaforme integrate, con un time to market più veloce. Inoltre apre le banche all’ecosistema dell’innovazione del fintech, oltre a essere la piattaforma d’elezione per le nuove realtà digitali e specializzate come illimity, Banca Progetto, Flowe e Fabrick, presenti al summit. Infine, è evidente come la mancanza di capacità nuove e di una forte cultura del cambiamento sia il principale ostacolo alla trasformazione digitale. Ezio Viola

29


AI

ALLA GUIDA DEL PIANETA TERRA Fondare nuovi modelli per l’economia mondiale, con una maggiore redistribuzione del benessere, è uno degli obiettivi più ambiziosi delle tecnologie di AI.

“C

hi svilupperà la migliore intelligenza artificiale diventerà il padrone del mondo”. Queste le parole pronunciate da Vladimir Putin nel 2017, davanti a una platea di 16mila studenti riuniti l’evento “Knowledge Day” per l’inizio dell’anno accademico. “È il futuro, non solo per la Russia ma per tutta l’umanità. Con enormi opportunità, ma anche minacce difficili da prevedere”. Su quest’ultimo punto si sono pronunciati molti governi di tutto il mondo, compresi quello europeo e quello italiano, producendo più di novanta documenti istituzionali. Grazie all’analisi approfondita dei paper e alle competenze di AixIA (Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale), è stato possibile individuare alcune linee guida per favorire un uso corretto di queste tecnologie. Bisogna però innanzitutto definire che cosa si intenda con il termine intelligenza artificiale.

raggiungere, gli strumenti a disposizione e i vincoli da rispettare, quali la scarsità delle risorse. Sulla base di queste descrizioni, effettuate tramite linguaggi dichiarativi o esempi, la macchina crea un algoritmo per trovare la soluzione. È quindi fondamentale comprendere il contesto, le risorse, i vincoli e gli obiettivi e se si sbaglia a rappresentarli si otterranno degli effetti distopici. Uno di questi potrebbe essere il fatto che il mezzo venga confuso per il fine. Un esempio attuale di quanto appena dichiarato è fornito dal modello economico: per favorire l’aumento del benessere, infatti, viene erroneamente impiegata l’economia tradizionale (che, invece, considera solamente la crescita del PIL) come obiettivo per distribuire equamente la ricchezza. Bisogna riformulare le teorie economiche e ad affermarlo non sono solo i Nobel della disciplina.

I confini dell’AI

Il Financial Times a fine 2019 ha lanciato un nuovo obiettivo chiamandolo “Capitalism: time for a reset” ed è un termine, quest’ultimo, impiegato anche in informatica quando si decide di resettare il computer perché non funziona più. Il fine ultimo da raggiungere tramite il cambiamento delle attuali dinamiche economiche deve dunque essere la corretta ripartizione del benessere tra

La disciplina, appartenente all’informatica, si diversifica da altri paradigmi della Computer Science perché è una tecnologia dichiarativa: questo significa che, a differenza di quanto si possa immaginare, la macchina non esegue le istruzioni che le vengono impartite. Nell’AI è infatti necessario fornire il contesto del problema, gli obiettivi da 30 |

NOVEMBRE 2020

Salviamo l’astronave


le persone, senza però (riprendendo la teoria dell’economista Kenneth Boulding) distruggere “l’astronave Terra”. I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu possono rappresentare la giusta direzione per guidare la “navicella”, da soli però non bastano. In questo nuovo cruscotto, infatti, vanno integrati anche i costi non più dettati dalle regole di mercato bensì dall’impatto ambientale. La rotta e gli obiettivi da inseguire

Oggi l’AI può giocare un ruolo fondamentale, contribuendo non solo a indicare al Pianeta Terra l’esatta rotta da intraprendere ma anche a determinare i giusti obiettivi da perseguire e, contemporaneamente, a diminuire i costi in termini ambientali. Attualmente esistono macchine capaci di ragionare, imparare, percepire la realtà, eseguire diagnosi, comprendere il linguaggio scritto e parlato, rispondere a domande, individuare particolari situazioni, intuire i sentimenti attraverso l’analisi di linguaggio, posture corporali e espressioni facciali, risolvere problemi complessi e molto altro ancora. Risultati significativi raggiunti grazie al contributo della ricerca, che deve abbracciare diversi orizzonti temporali, come ad esempio il lungo, medio e breve termine, e al contempo coinvolgere diversi attori quali le università, gli enti governativi e le aziende. È quindi la corretta definizione degli obiettivi la chiave per ottenere un giusto impiego dell’intelligenza artificiale. Uno strumento che solo se usato correttamente può aiutare l’uomo a perseguire lo scopo ultimo di favorire e aumentare il benessere, sia quello del Pianeta sia quello delle stesse persone e degli altri esseri viventi che lo popolano. Piero Poccianti, presidente dell’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale (AIxIA) 31


SPECIALE SICUREZZA INFRASTRUTTURE

RED HAT E KUBERNETES VERSO L’EDGE COMPUTING Dopo l’anteprima avvenuta a KubeCon, è ora disponibile in Italia la versione 4.5 della piattaforma OpenShift. Oltre al mondo IoT, l’attenzione è sugli ambienti di virtualizzazione.

D

opo l’anteprima presentata in estate alla manifestazione “KubeCon” (evento, quest’anno forzatamente virtuale, dedicato al mondo Kubernetes), è da poco disponibile in Italia la versione 4.5 di Red Hat OpenShift, ricca di novità. In particolare, l’ultima release della piattaforma basata su Kubernetes e creata per il supporto di applicazioni tradizionali e cloud-native si indirizza ora con maggior attenzione alle problematiche collegate all’edge computing. “Ormai sono numerosi i settori coinvolti dall’utilizzo di oggetti connessi e scambio di dati fra periferia e centri di elaborazione”, ha spiegato Natale Vinto, principal product marketing Manager di Red Hat OpenShift, “e fra questi troviamo le telecomunicazioni con il 5G, le industrie con l’automazione delle supply chain o i trasporti con l’ottimizzazione dei motori”. In linea generale, l’edge computing lavora in un ambiente con un numero limitato di risorse, ma la nuova versione di OpenShift può funzionare addirittura con tre sole macchine, tra le quali sono combinati i ruoli di nodo master e di lavoro. Questo approccio rende OpenShift adatto a operare in ambienti edge. Red Hat ha lanciato anche Advanced Cluster Manager, un tool che consente di registrare e gestire cluster remoti collocati in periferia. La combinazione di OpenShift spostato in location edge e gestito da Advanced Cluster Manager consente al vendor di indirizzarsi soprattutto verso i 32 |

NOVEMBRE 2020

mondi del 5G e dell’IoT industriale. OpenShift 4.5 introduce anche la nuova Virtualization Platform: “Questa evoluzione trae spunto dal precedente sviluppo del progetto Kubvirt, che ha l’ambizione di trattare le macchine virtuali come container”, ha illustrato Vinto. Le organizzazioni IT possono ora portare verso Kubernetes workload standard basati su macchine virtuali, eliminando i silos tipicamente esistenti fra stack applicativi tradizionali e cloud-nativi. Con questi ultimi sviluppi, Red Hat intende rafforzare la propria posizione di contributor storico e guida del percorso di sviluppo di Kubernetes, divenuto di fatto l’evoluzione del concetto di application server. “I clienti scelgono la nostra declinazione di classe enter-

Natale Vinto

prise”, ha puntualizzato Vinto, “perché fornisce un’esperienza unificata su tutti i cloud e aiuta nella creazione di applicazioni moderne containerizzate. Abbiamo oltre duemila clienti, fra i quali anche realtà come Poste Italiane, Brianzacque e Helvetia”. R.B.


L’AUTOMAZIONE È IL SEGRETO DELLA VELOCITÀ Appian punta sull’integrazione del business nel ciclo di sviluppo, ponendosi come partner della trasformazione digitale e culturale dei clienti.

M

olti tool e applicazioni, come li conosciamo oggi, avranno un ruolo e un peso ben diversi una volta terminata la lunga fase dell'emergenza sanitaria. Matt Calkins, Ceo e fondatore di Appian, dal palcoscenico (virtuale) dell’annuale evento europeo ha sottolineato il ritmo dei cambiamenti oggi richiesti. “In questo 20202, ha detto Calkins, “è apparso chiaro quanto servano tecnologie che consentano di costruire rapidamente le applicazioni necessarie a salvare il business e le relazioni con clienti e personale interno. Occorre avere il coraggio di fare scelte best-of-breed verso strumenti effettivamente utili per ogni attività e non rifugiarsi nei silos proposti come soluzioni dai grandi player”.

Il giusto mix di ingredienti

Nella visione di Calkins, perché tutto funzioni in modo veloce e affidabile, occorre costruire un equilibrato mix di ingredienti per lo sviluppo, un mix fatto di intelligenza artificiale e aumentata, Rpa (robotic process automation), gestione dei workflow e componente umana. L’approccio best-of-breed non è nuovo, ma in passato ha funzionato poco per l’incapacità di superare l’ostacolo dell’integrazione. Per questo le suite applicative pre-pacchettizzate hanno funzionato tanto bene. Ma ora Appian si propone di andare oltre. “Abbiamo la prima e unica piattaforma aperta. Ci

sono i nostri workflow, la nostra Rpa e Google AI da utilizzare subito, ma se serve integrare tecnologia di altri player, siano essi UiPath e Automation Anywhere per la Rpa o Microsoft e Amazon per l’intelligenza artificiale, possiamo fare in modo che tutto funzioni al meglio”, ha aggiunto Calkins. Il cambiamento culturale

L’ambizione ultima di Appian è di proporsi non più semplicemente come piattaforma per lo sviluppo applicativo, ma come partner di riferimento per la trasformazione digitale. Tra i clienti italiani c'è Iccrea, banca che ha ricostruito da zero tredici applicazioni core in un solo anno. Poste Italiane, invece, ha utilizzato Appian “per abilitare un cambiamento culturale prima ancora che tecnologico, ribaltando una situazione precedentemente molto frammentata e portando a oggi 1.500 persone a lavorare tutte nello stesso modo”, ha spiegato il responsabile della trasformazione digitale di Poste Italiane, Luca Verducci. Il cambiamento culturale origuarda in-

nanzitutto le strutture IT delle aziende. “In molte realtà italiane le figure dell’innovazione non fanno parte integrante di una componente che finisce per dedicare la maggior parte del tempo alla gestione dell’ordinario”, conferma Silvia Fossati, managing director di Appian Italia e area vice president per il Sud Europa. “La nostra value proposition parte dalla drastica riduzione del Tco, con l’automazione di attività legate per esempio agli aggiornamenti o alla gestione ibrida, per liberare risorse da dedicare all’innovazione. Ma a questo occorre abbinare formazione e cultura interna, com’è già successo negli ultimi anni con l’affermazione del cloud”. Un settore sul quale l’azienda sta concentrando molto l’attenzione è quello finanziario, per il quale esiste un forte bisogno di automazione. “Anche in Italia i processi di digitalizzazione richiedono velocità ed è per questo che riteniamo di avere l’approccio più corretto per supportare queste realtà nell’attuale periodo storico”. R.B.

33


CYBERSECURITY

LE NUOVE PRIORITÀ DEL LAVORO SMART Nella nuova quotidianità del post pandemia, le aziende hanno bisogno di ripensare al modo in cui difendono i propri dati e le proprie reti.

L

a trasformazione dei modelli di lavoro, con il generale ricorso allo smart working a partire dall’inizio della pandemia di covid-19, ha avuto conseguenze pesanti in termini di utilizzo di tecnologie digitali. Ma non solo: sta comportando un importante ripensamento delle priorità in termini di cybersecurity. Il lavoro da casa, spesso organizzato facendo ricorso a strumenti personali, ha richiesto un ripensamento delle misure di sicurezza, ripensamento improntato però il più possibile a garantire una buona user experience. Produttività, semplicità d’uso

e sicurezza hanno dovuto andare avanti di pari passo, in modo da non sacrificare ulteriormente le condizioni di lavoro delle persone, già provate da una situazione fuori dall’ordinario. In un contesto in cui gli accessi avvenivano in gran parte da remoto e con strumenti e i dati spesso posizionati in cloud, si è potuto verificare che i vecchi paradigmi della sicurezza tradizionale non avrebbero più funzionato. Ecco quindi uno spostamento d'interesse verso ambiti come l’autenticazione multifattore, l’endpoint security, le soluzioni anti-phishing, ovviamente le

L’IGNORANZA A VOLTE È IL PRIMO RISCHIO Mobile phishing, chi era costui? Si pone questa domanda senza saper rispondere ben il 43% dei dipendenti d’azienda, facendo la media sui 1.200 interpellati in un recente sondaggio di MobileIron, condotto in Regno Unito, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda. Lo studio, titolato “Everywhere Enterprise", si è focalizzato sugli effetti dei lockdown sulle aziende con particolare riferimento alle modalità e agli strumenti del lavoro da remoto, ma ha anche indagato il fenomeno del phishing. Un tipo di attività cybercriminale che nel 2020 ha approfittato alla grande

34 |

NOVEMBRE 2020

delle paure della gente, delle curiosità e del bisogno di informazioni sul coronavirus. Ebbene, il 72% degli intervistati ha detto che smartphone e tablet sono stati strumenti importanti per garantire la produttività durante i periodi di forzata lontananza dall’ufficio. Una significativa percentuale, il 43% appunto, non ha però saputo dire che cosa sia il mobile phishing. Preoccupante, inoltre, è un altro fatto: un terzo dei dipendenti considera la sicurezza informatica come una “bassa priorità”, nonostante il diffuso ricorso allo smart working aumenti oggettivamente il rischio di violazioni e furti di dati aziendali. V.B.


Virtual Private Network (Vpn) e soprattutto - aspetto fondamentale - la formazione delle persone. Ciò a cui assistiamo oggi è quindi un importante ripensamento delle priorità in termini di cybersecurity. L’esperienza ha fatto capire alle persone che il perimetro aziendale è sempre più liquido e allargato: le minacce possono arrivare da molteplici canali che prima non si consideravano, le persone hanno richieste sempre maggiori e, nel contempo, si

sta velocemente affermando una cultura digitale che eleva la possibilità per tutti di diventare parte di un disegno di sicurezza più ampio e unificato. Come è stato detto da più parti, l’effetto principale della pandemia è stata un’accelerazione dei processi di trasformazione digitale. Dal punto di vista della cybersecurity questo ha significato, fin dai primi giorni, rispondere a un maggior numero di attacchi e proteggere una superficie vulnerabile molto più ampia. Le aziende sono chiamate ad assicurare la resilienza in un nuovo scenario, usando una combinazione di strategie, tecnologie e processi per potenziare la propria capacità in questo campo. Una recente ricerca di Microsoft, condotta su 800 aziende in Regno Unito, Germania e Stati Uniti, ha registrato che per il 54% dei manager della security c’è stato un forte incremento del phishing in questo periodo. Alcuni sono però stati in grado di rispondere meglio di altri. Un ruolo fondamentale oggi spetta al cloud: secondo l’analisi di Microsoft, le aziende più avanti nel percorso d'adozione in generale rispondono meglio alle minacce cyber. Non vanno inoltre sottovalutati i rischi del cloud: dalle risposte delle aziende emerge che, pur in misura minore rispetto agli ambienti on-premises, anche quelli in cloud sono stati colpiti nell’ultimo periodo da attacchi cyber. I tentativi di phishing andati a segno hanno infatti visto come vittime una maggioranza di aziende “principalmente on-premise” (36% delle risposte) e in misura minore quelle “principalmente in cloud” (26%). Il tema della messa in sicurezza degli ambienti cloud sta inoltre diventando sempre più importante. Chi, invece, già in precedenza aveva creato le condizioni abilitanti e sicure per le persone in smart working, quando è iniziata l’emergenza ha potuto fruire di servizi di accesso remoto molto evoluti, sicuri e già ampiamente utilizzati in azienda. Elena Vaciago, resarch manager di The Innovation Group

LE TRUFFE EMAIL CAVALCANO L’ONDA DEL COVID-19 ll phishing non va mai in vacanza, figuriamoci se lo ha fatto nell’estate del covid-19 e dell’incremento dello smart working. Approfittando del maggior numero di utenti connessi alla posta elettronica per lavorare da remoto, i criminali informatici sono andati ancor più volentieri a caccia di credenziali e dati da rubare, come testimoniato dall’ultimo report trimestrale di Check Point. Sulla base degli alert raccolti dalla rete globale del vendor (che confluiscono nel database ThreatCloud), gli scorsi luglio, agosto e settembre c’è stato da parte delle campagne di phishing un tentativo più accentuato d'intercettare i dati di chi ha lavorato da remoto. Per riuscirci, i criminali hanno sfruttato ancora di più il marchio Microsoft. Nella classifica dei nomi più abusati per creare falsi domini di posta elettronica e messaggi ingannevoli, infatti, la società di Redmond è al primo posto, figurando nel 19% delle email di phishing rilevate da Check Point nel trimestre. Seguono, nell’ordine, Dhl (9%), Google (9%), PayPal (6%), Netflix (6%), Facebook (5%, Apple (5%), Whatsapp (5%), Amazon (4%) e Instagram (4%). “Il cambiamento improvviso ha lasciato molte aziende e lavoratori a distanza impreparati a gestire gli ultimi attacchi informatici”, sottolinea Omer Dembinsky, manager of data threat intelligence di Check Point. “Gli hacker, percependo grandi opportunità, stanno imitando il marchio più conosciuto per il lavoro. Mi aspetto che le imitazioni di Microsoft continuino anche quest'anno". V.B.

35


CYBERSECURITY

SICUREZZA IT E PRIVACY, INDIETRO NON SI TORNA Reti aziendali frammentate, app di videoconferenza: i trend del futuro secondo gli analisti di Gartner.

S

iamo in un mondo nuovo, che ci piaccia o no. Le recrudescenze del coronavirus confermano che il cambiamento in direzione dello smart working non potrà essere un fuoco di paglia. Il lavoro a distanza di massa ha naturalmente concreti impatti sulla sicurezza informatica, perché aumenta il numero delle risorse IT (dati, applicazioni, carichi di lavoro) che le aziende devono proteggere al di fuori del perimetro dell’on-premise. “La pandemia di covid-19 ha accelerato un processo multidecennale di capovolgimento delle aziende”, ha scritto l’analista Brian Burke, research vice president di Gartner. “Abbiamo passato un punto di non ritorno: la maggior parte degli asset digitali si trovano oggi al di fuori dei tradizionali perimetri di sicurezza fisici e logici”. Per poter gestire questa configurazione si dovranno adottare sistemi di sicurezza basati su architetture scalabili, flessibili e affidabili: un approccio che Gartner chiama “cybersecurity mesh”, cioè a rete, e che a suo dire diventerà il modo più semplice per garantire un accesso sicuro ad applicazioni basate su cloud e distribuite su una moltitudine di dispositivi. Controllare uno per uno quei dispositivi, infatti, risulterebbe impossibile, dunque la via più praticabile è quella di gestire l’identità degli utenti su una moltitudine di punti di accesso. In sostanza, il famigerato “perimetro” non sarà più fatto di firewall o 36 |

NOVEMBRE 2020

di dispositivi client bensì di persone. Entro il 2025, scommettono gli analisti, l’approccio “mesh” supporterà oltre la metà delle richieste di controllo dell’accesso a risorse IT. Un altro percorso avviato irreversibilmente è quello delle applicazioni di videoconferenza, come Microsoft Teams, Skype, Cisco Webex e Zoom, che nelle settimane di stretto lockdown sono state l’ancora di sopravvivenza dell’operatività di molte aziende. Dopo l’exploit primaverile questi strumenti hanno mantenuto un buon livello di utilizzo e, intuibilmente, continueranno a rivelarsi preziosi anche nei prossimi mesi. Sarà però importante potenziare le difese di tali app sia limitando il rischio di attacchi informatici sia potenziando la privacy. Due i talloni d’Achille di Zoom, sicurezza e privacy: colpita da numerosi hackeraggi lo scorso aprile, l’applicazione in autunno è stata aggiornata introducendo la crittografia end-to-end

(cioè estesa sull'intera catena di trasmissione dei dati, da utente a utente). Attacchi hacker a parte, una minaccia alla riservatezza delle videochat è rappresentata dalle aziende stesse: per Gartner, entro il 2020 ben il 75% delle conversazioni di lavoro sarà registrato e analizzato per scopi vari. Oltre alla videoconferenza, anche le piattaforme di cloud sharing e le applicazioni a controllo vocale potranno fornire alle aziende grandi quantità di materiale da analizzare. “Le analisi delle conversazioni che avvengono sul luogo di lavoro”, scrive Gartner, “verranno usate dalle aziende non solo per aiutarsi a essere in regola con leggi e regolamenti in vigore, ma anche per prevedere future performance e comportamenti. Al crescere dell’uso di queste tecnologie di sorveglianza digitali, sarà critico adottare considerazioni etiche e azioni che mettano la privacy in prima linea”. Valentina Bernocco


PER I DATI, IL VIAGGIO EUROPA-USA DIVENTA PIÙ DIFFICILE

L

a Corte di giustizia dell'Unione Europea si è pronunciata lo scorso 16 luglio in merito al regime di trasferimento dei dati tra l'Unione europea e gli Stati Uniti, invalidando la decisione di adeguatezza del Privacy Shield adottata nel 2016 dalla Commissione Europea in seguito alla decadenza dell'accordo  Safe Harbor. Suddetta sentenza cambia notevolmente il panorama giuridico inerente il trasferimento dei dati negli Usa. La Corte ha ritenuto che i requisiti del diritto interno degli Stati Uniti comportino limitazioni alla protezione dei dati personali che non consentano di ritenere i requisiti giuridici sussistenti in tale Paese equivalenti a quelli previsti in Europa. Difatti la Corte ritiene non in linea con la legislazione europea la possibilità per le autorità pubbliche degli Stati Uniti di accedere per fini connessi alla sicurezza nazionale ai dati personali trasferiti dall'Ue, peraltro non riconoscendo agli interessati l’esercizio dei diritti in sede giudiziaria contro le autorità statunitensi. Alla luce di tale grado di ingerenza nei diritti fondamentali delle persone i cui dati sono trasferiti verso il suddetto Paese terzo, la Corte ha dichiarato invalida la decisione sull'adeguatezza dello scudo per la privacy sino a oggi sussistente (il Privacy Shield). La sentenza produce effetti di abnorme portata in particolare sui trattamenti oggetto di trasferimento alla data della pronuncia. Difatti, annullando la decisione relativa allo scudo per la privacy senza preservarne gli effetti, la Corte rende illegittimo qualsiasi trasferimen-

Valentina Frediani

to negli Usa con effetto immediato, salvo onerare il titolare del trattamento ad analizzare caso per caso le garanzie di trasferimento. Diviene dunque illegale ogni trasferimento basato sul Privacy Shield a prescindere da trasferimenti all’interno dello stesso gruppo (avendo applicato le cosiddette Binding Corporate Rules) o con soggetti terzi. Eseguita l’analisi caso per caso (considerando tipologie di dati, misure di sicurezza adottate, misure organizzative sussistenti, eccetera) laddove si possa garantire che la normativa statunitense non interferisce con l'adeguato livello di protezione dovuto si potrà procedere con il trasferimento, altrimenti lo si dovrà interrompere immediatamente. Ricordiamo che un’alternativa è il trasferimento subordinato al consenso dell'interessato, che dev'essere esplicito (riferito espressamente al particolare trasferimento o trasferimenti) e informato (ovvero con idonea comunicazione circa i possibili rischi del trasferimento). Per i trasferimenti necessari all'esecuzione di un contratto tra l'interessato e il titolare

del trattamento, occorre tenere presente che il trasferimento di dati personali è consentito solo se oggettivamente necessario all'esecuzione del contratto. Infine, rispetto ai rapporti con soggetti pubblici, i trasferimenti possono avvenire non tanto per la qualifica del soggetto pubblico stesso ma solo laddove ricorrano motivi di interesse pubblico. Insomma, la situazione si fa particolarmente complessa. Allo stato attuale il Comitato europeo per la protezione dei dati sta analizzando la sentenza della Corte per stabilire quali misure supplementari (giuridiche, tecniche od organizzative) possano considerarsi valide per effettuare il trasferimento. Ricordiamo che, qualora ci si avvalga di un Responsabile esterno che per lo svolgimento dell’attività trasferisca negli Usa dati di cui siamo titolari, dovremo intervenire contrattualmente per validare la legittimità analizzato il caso di specie, dovendo altrimenti risolvere il contratto per il venir meno dei presupposti giuridici di legittimità. I titolari del trattamento dovranno dunque predisporre il blocco del trasferimento dei dati negli Usa, salvo una delle ipotesi succitate. Attendiamo di comprendere quali indicazioni emergeranno dalla Commissione. Un'attesa che può avere costi organizzativi molto alti per le imprese italiane o, in alternativa, costringere le stesse ad accollarsi dei rischi non calcolati al momento del trasferimento dei dati. Un cambio della situazione giuridica in corsa piuttosto “dannoso”. Valentina Frediani, founder e Ceo di Colin & Partners

37


EXECUTIVE ANALYSIS

L’ACCIDENTATO PERCORSO DEL “DATA-DRIVEN” Dalla Business Intelligence al machine learning e agli algoritmi avanzati, le aziende italiane hanno avviato il percorso verso un utilizzo strutturato dei dati. Restano, tuttavia, difficoltà legate all’assenza di una governance organizzata.

S

i è ormai radicata nelle aziende la convinzione che generare valore dai dati non implichi necessariamente averne grandi quantità a disposizione. Si tratta, invece, di saper estrarre e utilizzare quelli corretti e al momento giusto. Questo spiega perché ancora oggi molte organizzazioni stiano faticando a diventare effettivamente “data-driven”, cioè guidate dai dati. In molte realtà il problema di base, ancora aperto, è quello della governance dei dati, ovvero il “ponte” in grado di tradurre una visione strategica (conscia dell’importanza dei dati per l’organizzazione) in pratiche e linee guida capaci di supportare l’attività operativa, assicurandosi, in ultima analisi, che prodotti e servizi al cliente siano rilasciati in modo corretto ed efficiente. Il percorso implica qualità e trasparenza nei dati utilizzati, ovvero che per tutti esista un’unica, certa e affidabile fonte alla quale attingere per le varie esigenze operative o le attività di analisi e rielaborazione. In questo scenario già da 38 |

NOVEMBRE 2020

tempo in movimento si è innestato, nella prima parte del 2020, l’effetto della pandemia: il repentino passaggio a forme di lavoro totalmente remotizzate, il relativo aumento della circolazione di dati non strutturati, un accesso ai sistemi aziendali da dispositivi non sempre adeguatamente controllati e un insieme di policy e profili da aggiornare alla situazione di “nuova normalità”. Trasformazione in divenire

Sui temi accennati, Technopolis ha realizzato una ricerca qualitativa che ha coinvolto una quindicina di aziende grandi e medie appartenenti a differenti settori verticali (energia, retail, Pubblica Amministrazione, manifattura, beni di consumo). Lo studio si è posto l’obiettivo di capire soprattutto come sia gestita la governance e quale sia il rapporto fra una IT impegnata nello sviluppo dei progetti e i dipartimenti che chiedono di poter disporre di informazioni “pronte all’uso” per le proprie esigenze operative. Data l’eterogeneità del campione, anche le tipologie di dati considerati critici per il supporto alle decisioni strategiche variano. Nelle realtà a maggior vocazione commerciale prevale l’attenzione a tutto ciò che ruota intorno alla vendita (dal Crm all’e-commerce, dall’andamento per territori o brand a quello delle marginalità, per fare degli esempi) e in questi ambiti i dati derivati dagli strumenti implementati internamente si incrociano con fonti esterne, non sempre sotto il presidio dell’IT. Nelle aziende a vocazione maggiormente infrastrutturale, invece, assumono più importanza i dati

di natura ingegneristica, collegati alla gestione di impianti, alla progettazione o all’erogazione di un servizio. Questo è anche il comparto che mostra un maggior livello di avanzamento in direzione della disponibilità di informazioni in tempo reale, della presenza di data scientist e di governance centralizzata e


costruita su data lake strutturati. Il percorso verso una governance definita nelle sue componenti organizzative e tecnologiche è, nella maggior parte dei casi, ancora in divenire. Si può dire che sia stato avviato, generalmente in anni recenti e dopo confronti interni anche aspri, sfociati in una consapevolezza condivisa ai livelli più alti dell’organizzazione sull’importanza di costruire una strategia di business basata sui dati. Progressi, successi e fallimenti

Le realtà più avanzate sono quelle che sono riuscite a impostare una strategia di integrazione e convergenza delle fonti

di dati impiegate. In questi contesti sta crescendo la disponibilità di data lake o piattaforme unificate alle quali diversi ruoli (da chi opera sul campo ai data scientist) possono attingere per le rispettive esigenze, lavorando in un contesto di fiducia e omogeneità condivisa. Prima ancora che tecnologico, il tema è organizzativo e culturale. Nella fattispecie, parliamo di aziende in cui sono state create strutture che fanno da ponte fra le divisioni operative e l’IT, in grado di comprendere i rispettivi linguaggi e tradurre le esigenze in modelli, dashboard o quant’altro possa essere rapidamente utilizzato per le attività del quotidiano. I progetti di Business Intelligence hanno ormai una certa storia alle spalle e, nel corso del tempo, non sono mancati i fallimenti. In linea di massima, il successo delle iniziative è determinato da fattori quali la soddisfazione dei requisiti avanzati dal business e il livello di adozione degli strumenti proposti. Si può dire che questo sia un traguardo raggiunto nella maggior parte delle realtà esaminate, ma il percorso spesso non è stato semplice e il corretto allineamento esiste solo da tempi relativamente recenti. L’accesso ai dati è generalmente regolato in base ai ruoli ed è ormai prassi comune che la disponibilità sia assicurata in ogni contesto di luogo o momento e da qualunque dispositivo, non solo tipicamente per le figure di management ma anche per chi lavora sul campo in certi ambiti oppure per le attività di produzione. Il lockdown della prima parte del 2020 e gli effetti della pandemia di covid-19 non hanno portato a particolari mutamenti nelle modalità di fruizione dei dati, nonostante la maggior incidenza del lavoro da remoto. Molte aziende avevano già messo a punto processi di smart working, generalmente limitati a specifiche categorie di dipendenti, per cui la vera sfida è stata l’estensione di questi processi al complesso dell’azienda.

La spina nel fianco delle competenze

Rispetto a qualche anno fa, è certamente aumentata nelle aziende la presenza dei data scientist. Si tratta di figure dotate non soltanto di competenze tecnologiche, ma anche e soprattutto matematiche e ingegneristiche. Figure spesso lasciate libere di poter sperimentare su dati necessariamente affidabili e consistenti, allocate operativamente nelle linee di business o in un’area grigia di raccordo con l’IT. Dunque questo significa che le competenze necessarie per evolvere verso logiche maggiormente data-driven ci sono? Non proprio. Questo genere di figure è ancora di reperibilità complessa e il mercato del lavoro è molto fluido, per cui non è semplice trattenere risorse così ambite. Per ovviare alle problematiche di carenza di skill, alcune realtà hanno scelto di far evolvere risorse interne, mentre altre hanno attivato collaborazioni strette con le università per poter attingere direttamente al bacino dei neolaureati specializzati. Le direzioni di sviluppo futuro guardano soprattutto in direzione del potenziale applicativo legato all’intelligenza artificiale e al machine learning. Le concretizzazioni vanno in direzioni diverse, a seconda delle caratteristiche del settore merceologico di appartenenza, ma un po’ in tutti gli ambiti le aspettative sono alte: si va dal miglioramento delle relazioni con i clienti all’efficienza dei processi di produzione, dalle analisi predittive sul funzionamento degli impianti a quelle più concentrate sulla ricerca. In qualche azienda i progetti sono già partiti e hanno prodotto qualche risultato, in tutte o quasi si tratta dell’area destinata a drenare una parte significativa dei futuri investimenti. Non manca chi mette in primo piano aspetti più pragmatici, legati ai processi di democratizzazione dei dati o all’aumento dell’automazione in alcuni ambiti specifici. Roberto Bonino 39


EXECUTIVE ANALYSIS

STRATEGIE A CONFRONTO Al nostro interno è in atto un processo di profondo rinnovamento dell'organizzazione dei dati, allo scopo di definire i requisiti standard da rispettare e far sì che il business possa lavorare su layout facilmente comprensibili, nella piena fiducia sulla qualità dei dati utilizzati. Stiamo sviluppando una piattaforma unificata, che è stato già possibile sfruttare, ad esempio, nella prevenzione dalle frodi. Giovanni Marcelli e Raffaele Lillo, Cio e Cdo di Axa Italia Le iniziative di business sono strettamente legate all’utilizzo di informazioni derivanti dagli analytics. I dati e la correlazione tra essi sono la vera cassaforte dell’azienda. L’implementazione di un data lake, che connette le informazioni derivanti da fonti eterogenee, permette di analizzare i dati in un contesto sempre più complicato e multicanale. Luca Girotti, chief information & innovation officer di Bennet Circa un paio d'anni fa Edison ha costituito la Direzione Strategie e Innovazione Digitale e questo è stato il punto di partenza per un ripensamento complessivo anche delle funzioni e dell'utilizzo dei dati. Oggi esiste ed è ancora in evoluzione una “Enterprise Data Platform” comune a tutta l’azienda, un DataLab dove lavorano gli specialisti e i business solution manager, che identificano le varie necessità delle direzioni e gestiscono i progetti. Marilena Barbati, senior vice president digital di Edison Da diversi anni siamo impegnati nella costruzione di un’azienda data-driven a tutti gli effetti. Questo significa passare da un approccio “data-informed” (che fornisce 40 |

NOVEMBRE 2020

ogni giorno migliaia di report riguardati fatti accaduti in passato) a un approccio che permetta di prende decisioni in tempo reale. Per un’azienda con una catena del valore molto ampia, si tratta di un lavoro graduale e in continua evoluzione, che poggia sulla standardizzazione dei processi di acquisizione delle informazioni e sulla diffusa consapevolezza del ruolo fondamentale dei dati a tutti i livelli dell'organizzazione. Carlo Bozzoli, global Cio di Enel In questa fase storica abbiamo definito ambiti prioritari di intervento, partendo da un lavoro congiunto con il business, utile per capire quali domande richiedano una risposta accurata e rapida allo stesso tempo. Questo ci ha consentito di definire roadmap evolutive basate su obiettivi chiari da raggiungere e, di conseguenza, di capire quali informazioni occorra estrarre e con quali strumenti. Francesca Vergara, Cio di Esselunga Nel recente passato è stata posta particolare enfasi sull’utilizzabilità dei dati, per migliorare la loro fruibilità e la completezza dell’informazione. Nel prossimo futuro potranno essere integrate ancor di più le

fonti utilizzabili, eventualmente con la messa a sistema di strumenti di gestione dei dati online o dati esterni al perimetro aziendale, come per esempio dati georeferenziati, di mercato e altro ancora. Poste Italiane Da diversi anni siamo partiti con un programma strategico che pone i dati come asset trainante della trasformazione digitale, per soddisfare le funzioni di governo e indirizzo e per fornire servizi sempre più rispondenti ai bisogni dell’utenza. A tal fine abbiamo costruito una nuova piattaforma digitale in architettura Big Data e stiamo rivedendo i processi di business e l’organizzazione in logica data-driven. La sfida dei prossimi anni è cooperare in modo sempre più stretto con le altre amministrazioni ed enti pubblici per giungere a un’unica Pubblica Amministrazione data-driven. Solo così si potranno mettere i cittadini e le aziende pienamente al centro del sistema pubblico italiano. Stefano Tomasini, direttore centrale organizzazione digitale di Inail I consistenti investimenti nella digitalizzazione delle reti di distribuzione hanno portato a una crescita esponenziale dei dati


trasmessi, che ora raccogliamo attraverso una piattaforma IoT e analizziamo con strumenti Big Data e analytics. Per il futuro, vorremmo spingere sulla logica selfservice e sui temi di intelligenza artificiale. Vogliamo che il nostro business abbia a disposizione strumenti semplici e veloci per poter trattare i dati, affiancato da una l’IT concentrata sul generare maggior valore grazie alle nuove tecnologie. Davide Cardinio, responsabile data governance & analytics di Italgas Sicuramente il dato è il protagonista nella strategia IT. Il panorama è ampio e stiamo lavorando per consolidarlo ed esplorando strumenti di intelligenza artificiale che ci aiutino a fare correlazioni utili per realizzare analisi anche di tipo predittivo a supporto del focus aziendale a 360 gradi. Alessandro Perico, IT country lead di Novartis Italia La nuova strategia IT si basa su tre pilastri, uno dei quali è l’economia dei dati. Stiamo iniziando a esplorare strumenti di intelligenza artificiale che ci aiutino a trovare correlazioni, utilizzabili successivamente per realizzare analisi di tipo predittivo per ridurre gli scarti, aumentare la qualità del prodotto e supportare sempre di più il business. Stefano Brandinali, Cdo & Group Cio di Prysmian Un primo fattore chiave per il successo di un progetto di Business Intelligence è rappresentato dalla programmazione consapevole degli obiettivi e dalla corretta gestione delle aspettative degli utenti. Poi serve una definizione precisa e puntuale dei requisiti applicativi, che coinvolga i vari owner dei processi. Infine, dev'essere chiaro l'approccio alla gestione delle attività in termini sia di poteri decisionali sia di verifica. Francesco Caratti, organization & Ict department manager di RadiciGroup

In questa fase sono in corso diverse iniziative, tutte concentrate a rendere più strutturate e approfondite le analisi sui dati. Il processo di trasformazione digitale ha già toccato il reparto strategico della progettazione ingegneristica, si è poi esteso alla componente gestionale e ora si sta concentrando sul finance. Pierantonio Azzalini, chief IT solution officer di Fincantieri La possibilità di disporre di una fonte unica e certificata per i dati è certamente un elemento critico per ottenere una reportistica accettata e condivisa anche dalle funzioni di business coinvolte. Si tratta di un passaggio delicato, ma fondamentale

per evolvere verso un concetto di azienda data-driven. Andrea Angelo Nobili, IT e-commerce & digital manager di Selex Gruppo Commerciale In Snam abbiamo avviato un processo di completa trasformazione che si fonda su elementi di innovazione come l’edge computing, l’IoT e il cloud, per arrivare a costruire un nuovo data lake dal quale ricavare analisi e previsioni sul funzionamento della nostra infrastruttura e degli impianti di trasporto del gas sul territorio. Claudio Farina, executive vice president digital transformation & technology di Snam

LA "IPER" INTELLIGENZA DI MICROSTRATEGY La ricerca realizzata da Technopolis conferma come esistano oggi nelle aziende italiane numerose sfide collegate a un'efficace gestione e distribuzione dei dati. Un’architettura basata su uno strato semantico, come quella proposta da MicroStrategy, mette a disposizione tutti gli strumenti necessari per ottenere una efficace data governance, dimostratasi elemento critico nei progetti di digital transformation. L’infrastruttura aperta consente l’integrazione di tutte le fonti dati che si rendano necessarie e permette di includere nel processo aziendale le attività dei data scientist, sempre più preziosi nell’estrarre a pieno il valore del dato. Questi potranno attingere al dato governato e reiniettare nello strato semantico il frutto delle loro elaborazioni, consentendone la distribuzione a tutti gli utenti interessati. Da un punto di vista del front-end, la piattaforma offre invece inter-

facce Web e mobile moderne e user-friendly per ottenere un’alta adozione dei progetti di Business Intelligence, aspetto fondamentale per il successo di queste iniziative. Il tutto in un’architettura che può essere installata indifferentemente on-premise o in cloud, lasciando totale flessibilità ai nostri clienti. Infine, per rispondere anche alle esigenze più spinte di democratizzazione del dato e di immediatezza, permettendo decisioni realmente data-driven e azioni ancora più rapide e informate, MicroStrategy supera i limiti della Business Intelligence e introduce la tecnologia rivoluzionaria dell’HyperIntelligence: uno strumento che inverte il paradigma d’interazione con il dato, rendendo gli insight ricercati immediatamente disponibili all’interno delle più diffuse applicazioni aziendali. Carlo San Martino, sales director e country manager di MicroStrategy Italy

41


EXECUTIVE ANALYSIS

INNOVAZIONE FA RIMA CON APPLICAZIONE Le esigenze di velocità nel rilascio del software stanno spingendo in direzione di metodologie di lavoro più agili e collaborative. Appare però fondamentale anche garantirsi un processo di sviluppo in tutte le fasi, dalla progettazione alla messa in produzione.

L'

evoluzione dello sviluppo applicativo ha attraversato diverse fasi. Siamo partiti dal codice monolitico, che rendeva difficili i test e richiedeva lunghi cicli di sviluppo. Poi sono arrivati i moduli embedded o dedicati, scritti all’interno delle applicazioni, capaci di facilitare la fase di test e di creare le basi per l’affermazione del concetto di riusabilità. Lungo questa direzione siamo giunti alla portabilità dei moduli di codice, sfruttati tanto in contesti proprietari quanto in ambiti open source. Così, è diventato più semplice sviluppare applicazioni di simile natura, ma allo stesso tempo il nuovo scenario ha reso necessario occuparsi delle vulnerabilità legate alla presenza di codice non controllato e non gestito direttamente. Ogni passaggio evolutivo ha seguito un percorso naturale, segnando un miglioramento rispetto al metodo precedente e generando significativi aumenti di produttività. Oggi siamo di fronte a un nuovo cambiamento, legato all’affermazione dei container e dei microservizi, che rendono possibili lo sviluppo e le integrazioni continue: la 42 |

NOVEMBRE 2020

risposta più naturale alle esigenze di velocità e innovazione connesse ai processi di trasformazione digitale. Le evoluzioni fin qui descritte non sarebbero state possibili senza l’affermazione e la diffusione del cloud computing, adottato dalle aziende anche per migliorare la scalabilità e la disponibilità delle applicazioni, grazie alla flessibilità del provisioning on-demand delle risorse. Sempre più oggi si parla di sviluppi cloud-nativi, nei quali il processo si compone di servizi più piccoli, indipendenti e disaccoppiati, allo scopo di accelerare la creazione di nuove applicazioni, di modernizzare quelle più datate e di connettere le une alle altre. Lo scenario della “application economy”

Mutuando la definizione dall’iniziale boom del mondo mobile, molti studi hanno definito quella che stiamo vivendo come l’epoca della "application economy". In essa lo sviluppo del software, che sia totalmente gestito all’interno delle aziende oppure affidato in tutto o in parte a specialisti esterni, riveste un

ruolo determinante per l’evoluzione del business delle aziende. Technopolis ha realizzato una ricerca qualitativa che ha coinvolto oltre quindici aziende, per identificare quali siano le applicazioni oggi al centro dei processi di trasformazione digitale delle aziende e comprendere come avvenga il processo di identificazione e costruzione delle app più vicine alle strategie di innovazione. Pur in presenza di un campione costruito in modo abbastanza omogeneo e composto da multinazionali che operano nel campo dell’industria manifatturiera e dei beni di consumo, lo scenario dello sviluppo applicativo e del livello di maturazione dei processi di trasformazione digitale appare piuttosto variegato. Al di là delle realtà che non hanno sede principale in Italia e, quin-


zione permea l’evoluzione dei processi aziendali, seppur a fronte di esigenze estremamente concrete e la pandemia di covid-19, che ha condizionato soprattutto la prima parte del 2020, ha accelerato alcuni fronti di sviluppo. Due elementi principalmente definiscono le priorità sul fronte applicativo: da un lato le richieste sempre più pressanti che provengono dal business; dall’altro, le necessità per l’IT di mantenere il controllo complessivo sui progetti in corso sotto tutti i punti di vista. Pertanto, gli elementi che più preoccupano le figure di responsabilità interpellate (dell’IT nel suo complesso o dello sviluppo applicativo) riguardano la velocità di rilascio delle applicazioni e la sicurezza. Sempre giudicati di grande rilievo, ma in posizione più defilata troviamo il delivery continuo e la collaborazione fra i team. I fronti avanzati dello sviluppo

di, dipendono da decisioni spesso prese centralmente, anche laddove il processo decisionale nasca sul nostro territorio si notano differenze di impostazione ed esecuzione delle strategie. Le aree che meglio definiscono i cambiamenti in chiave digitale in corso riguardano aspetti molto operativi, dalle modalità di produzione al rapporto con la clientela, dall’evoluzione della supply chain a una progressiva automazione delle attività amministrative. Lo sviluppo applicativo asseconda questo approccio e si fonda solo in parte su nuove progettualità digital-native, mentre più frequentemente si va nella direzione dell’ammodernamento di processi esistenti, nel passaggio al cloud di sistemi prima gestiti on-premise, nell’efficientamento di aree dell’azienda. L’innova-

Abbiamo già rilevato come sia piuttosto diffuso l’utilizzo della metodologia Agile, elaborata e condivisa in azienda principalmente con l’obiettivo di velocizzare i tempi di rilascio. Assai meno concrete sono fin qui le esperienze sul fronte DevOps: poche aziende si sono spinte oltre l’analisi astratta delle potenzialità, sia per ragioni legate all’impatto organizzativo (e all’attitudine alla collaborazione) sia per una conoscenza non sempre approfondita della materia. Al contrario, non ha trovato fin qui particolare affermazione l’approccio architetturale a microservizi e container. Chi ha già fatto esperienze in questa direzione ne ha compreso i vantaggi in termini di velocizzazione dei tempi di sviluppo e rilascio, flessibilità nella migrazione fra diversi ambienti cloud e collaborazione. Ma nella maggioranza dei casi analizzati il processo di avanzamento sta avvenendo in modo graduale e per ora mancano le basi culturali, prima ancora che tecnologiche, per esplorare un

terreno fin qui battuto solo dalle realtà più avanzate nei processi di trasformazione digitale. La sicurezza si sposta all’inizio

La sicurezza applicativa è un tema di primaria importanza per tutte le aziende. Chi non l’ha indicata come la priorità numero uno dei processi di sviluppo la ritiene un tema più trasversale ed esteso, al punto da non confinarla in un ambito specifico. Il livello di efficacia esistente dipende da fattori storici e da scelte strategiche. Alcune delle realtà esaminate lavorano ancora con applicazioni legacy, costruite in epoca diversa e non semplici da aggiornare per allinearsi alle policy introdotte nel frattempo. In questi casi, esiste la consapevolezza (quando non un piano già definito) che la loro modernizzazione o sostituzione è l’unica via per eliminare le potenziali vulnerabilità. Sui nuovi sviluppi, è piuttosto diffusa l’idea che sia cruciale assicurarsi di includere in ogni fase del processo, fin dalla generazione del codice, le appropriate analisi di sicurezza, le difese e le contromisure. Nel 2021 lo sviluppo applicativo risentirà giocoforza dello scenario maturato nel corso di quest’anno, in particolare delle ricadute della pandemia di covid-19. Se in alcuni casi si registrano effetti di spinta in direzione della digitalizzazione (soprattutto nei rapporti con la clientela sia in ambito B2B sia B2C), d’altro canto diversi progetti di innovazione hanno subito dei ritardi. Per il momento si tende a dare priorità a quanto già avviato e che occorre completare, ma in controluce, soprattutto se lo scenario globale dovesse migliorare, è probabile che si registrerà un’adozione più convinta e strutturata almeno della logica DevOps, in direzione di una rapidità nel rilascio e nell’aggiornamento delle applicazioni sempre più richiesto da parte delle varie componenti del business aziendale. R.B. 43


EXECUTIVE ANALYSIS

LE SCELTE DELLE AZIENDE Abbiamo intrapreso un processo di progressiva digitalizzazione con lo scopo essenziale di semplificare la user experience ed eliminare il più possibile la carta. Lo sviluppo applicativo supporta questo flusso, allargato a diverse aree della nostra azienda, con la metodologia Agile a garanzia di rapidità negli aggiornamenti. Davis Quirico, director software engineering di Avio Aero La trasformazione tocca molti aspetti della nostra attività. Anche alla luce degli effetti causati dalla pandemia di covid-19, un elemento per noi centrale oggi è il Digital Asset Management, che consente di virtualizzare tutte le attività che ruotano intorno alla presentazione delle nostre collezioni e alla gestione delle relazioni con i buyer. Anche il product lifecycle management (Plm) e la produzione in ottica 4.0 sono rilevanti e richiedono di essere rapidi nel rilascio delle applicazioni. Giuseppe Pontin, group Cio di Benetton Le nostre attività di sviluppo sono in larga misura rivolte a soddisfare esigenze interne, ma la corretta risposta alle necessità del business passa anche per un'efficace collaborazione fra i team, in particolare per garantire velocità di risposta e sicurezza nell'accesso e nella gestione dei dati. L'utilizzo della metodologia Scrum è il primo passo in un percorso destinato a raffinarsi ulteriormente a medio termine. Diana Setaro, IT & business excellence manager di Bosch Rexroth La trasformazione digitale è uno dei pilastri della nostra strategia industriale. Essa si declina sul fronte dei veicoli connessi e su quello dei processi interni. Soprattutto nel primo caso, la proposizione di servi44 |

NOVEMBRE 2020

zi innovativi passa per un forte lavoro di sviluppo, messo a punto nei nostri digital hub e costruito in modalità DevOps. Stefano Firenze, Cio di Cnh Industrial Negli ultimi anni ci siamo spostati verso una politica meno orientata agli sviluppi interni, tesa invece verso l’adozione di soluzioni di mercato più sostenibili. Anche in questo caso, però, lavoriamo per creare personalizzazioni a supporto del business. In questo contesto, l’agilità nei tempi di risposta alle richieste e lo sviluppo continuo sono elementi di grandissima importanza. Massimiliano Cappa, executive vice president Ict di Danieli & C Officine Meccaniche In termini applicativi, le aree per noi più strettamente collegate ai processi di trasformazione digitale riguardano soprattutto il contatto con i clienti e i partner strategici, ma l'emergenza della prima parte del 2020 ha accelerato l'innovazione anche nella comunicazione interna e della collaborazione con gli interlocutori esterni. In prospettiva, vorremmo arrivare a servire il cliente nel momento in cui lo chiede e questo richiederà di aumentare la capacità

di gestione della domanda. Alberto Biasuzzi, IT domain leader operations Sud Europa di Danone Nel recente passato abbiamo affrontato una trasformazione di business che ci ha portato a diventare produttore di energia elettrica da fonti rinnovabili. Anche dal punto di vista tecnologico il cambiamento è stato radicale rispetto al nostro precedente mercato di riferimento, ovvero quello petrolifero. Il ciclo di lavorazione ora è estremamente più rapido e lo sarà ancor di più in futuro. Per noi il cloud è la soluzione alle attuali esigenze di velocità. Giovanni Martinengo, responsabile human capital & Ict di Erg La maggior parte dei progetti di sviluppo o implementazione di applicazioni è guidata dal business, con l'IT a svolgere un ruolo proattivo all'interno di team interfunzionali. Nel nostro contesto tuttavia abbiamo superato da tempo la fase del "fare", per concentrarci di più sul "comprare" e personalizzare solo ciò che è necessario. Roberto Brambilla, IT associate director di Grünenthal


Abbiamo un approccio allo sviluppo applicativo di tipo risk-based, quindi analizziamo sempre quale impatto ogni novità andrà ad avere sull'infrastruttura e sulle soluzioni già adottate. Questo ci porta, in diversi casi, a integrare la sicurezza già dalla fase di progettazione di un applicativo. Omar Moser, Group Cio di Gnutti Carlo Nel contesto di una governance applicativa accentrata sulle strutture della casa madre, ogni sede locale ha la possibilità di portare idee e collaborare alle fasi di sviluppo, con l'obiettivo primario di velocizzare il più possibile i tempi di rilascio per rispondere in modo efficiente alle richieste del business. Alessandro Conti, country service operations manager di Ikea Italia Leonardo è particolarmente impegnata sul fronte della security-by-design, in correlazione allo sviluppo delle applicazioni. Lo sviluppo sicuro del software è ormai un dato di fatto al nostro interno ed è un re-

quisito richiesto anche ai partner che collaborano con noi su questo fronte. Roberto De Paolis, Ciso di Leonardo Sempre più, sul fronte applicativo, ci stiamo spostando verso il full cloud. Abbiamo già potuto misurare vantaggi legati all'agevole fruibilità garantita per gli utenti del gruppo, distribuiti in una trentina di società. Per contro, affidarsi totalmente a un fornitore esterno comporta qualche incertezza di prospettiva, ma stiamo monitorando il mercato e non è esclusa un'evoluzione multicloud. Ennio Zovatto, responsabile sistemi informativi di Nice Nel 2019 ci siamo concentrati sull'introduzione di nuove tecnologie legate all'Industria 4.0, mentre ora e nel prossimo futuro lavoreremo sulla digitalizzazione della componente commerciale. Velocità di rilascio e sviluppo continuo sono per noi di grande importanza, ma siamo molto attenti anche sulla sicurezza, implementata

by design sulle applicazioni di nuova concezione e particolare rilevanza critica. Alessandro Masato, Ict global program manager di Safilo Circa quattro anni fa abbiamo intrapreso un percorso di trasformazione digitale che ci ha portati, anche a livello locale, verso l'erogazione di servizi collegati ai prodotti medicali. Ci siamo dovuti dotare di inedite competenze in sviluppo e sicurezza, adottando la metodologia Agile per rilasciare applicazioni in modo rapido e aggiornato. Matteo Moscatelli, responsabile servizi digitali di Siemens Healthcare In una grande multinazionale come la nostra, con numerose funzioni accentrate, manteniamo a livello locale il presidio su due aree rilevanti. Da un lato troviamo la componente applicativa legata alle relazioni B2B e B2C, dall'altro seguiamo direttamente l'evoluzione dell'azienda in direzione data-driven. Angelo Ruggiero, Cio di Unilever Italia

AUTOMAZIONE E SICUREZZA LE PAROLE D’ORDINE I dati emersi dalla ricerca confermano il ruolo primario dello sviluppo applicativo nei processi di digital transformation delle imprese in Italia. F5 Networks è da sempre impegnata nell’abilitare le applicazioni adattative con soluzioni di automazione, sicurezza, prestazioni e insight per sviluppare, fornire, proteggere e ottimizzare le app dei clienti. I servizi applicativi di F5, infatti, sono in grado di scalare indipendentemente, a seconda della domanda, di difendersi e fornire avvisi al sistema generale. Inoltre consentono di configurare e orchestrare diversi tipi di esperienze digitali. Per le aziende che hanno l’esigenza di colmare il divario ancora esistente tra

il mondo NetOps e DevOps, F5 unisce al portfolio di application service le soluzioni software di Nginx per la gestione delle Api e la delivery delle app, rendendo disponibili servizi applicativi coerenti in ogni ambiente. Nell’epoca della application economy, parlare di sicurezza IT per Consys.it si traduce in una proposizione di servizi e soluzioni che sostengono i clienti in progetti di “application security by design”, i quali permettono un rilascio delle applicazioni in modalità veloce e in totale sicurezza. Non tralasciamo di seguire i clienti con progetti dedicati di protezione di applicazioni legacy, non semplici da aggiornare, che a volte seguono l’adozione del

cloud in modalità “lift and shift”, con soluzioni di protezione applicativa di “virtual patching” e Waf, anche in modalità as-a-Service e configurate con metodologie di continuous integration e continuous delivery. Consys. it si spinge nella proposizione di logiche di DevSecOps, fornendo ai clienti skill nuovi per introdurre modalità e tecnologie di sicurezza innovative e dedicate agli ambienti di sviluppo dei servizi basati su architetture a microservizi e container. Paolo Arcagni, senior manager, solutions engineering di F5 Networks Italy & Iberia e Gianluigi Crippa, strategic business development manager di Consys.it

45


ECCELLENZE.IT | Primadonna

UN CLOUD CHE CALZA ALLA PERFEZIONE La grande catena di negozi di scarpe ha migliorato prestazioni e capacità di gestione della propria infrastruttura IT grazie alle soluzioni di Ibm.

V

endere scarpe al giorno d’oggi non è semplice: i clienti (e soprattutto le clienti) sono esigenti e sempre più ricercano un vasto assortimento, ma si aspettano anche di ottenere consulenza e un'accurata personalizzazione dell'esperienza di shopping. Primadonna, retailer italiano di calzature da donna presente in 18 Paesi con 400 negozi, desiderava accelerare l’espansione sui mercati internazionali della propria linea moda, garantendo rapidità di acquisto, personalizzazione del prodotto e grande attenzione alla customer satisfaction. Voleva, inoltre, modernizzare i processi chiave, come le vendite e l'assistenza clienti. Per ottenere tutto ciò l’azienda aveva bisogno di una trasformazione tecnologica, che la dotasse di una infrastruttura IT di livello enterprise, altamente efficiente, sicura e attiva sempre, senza interruzioni di servizio: ha dunque scelto di affidarsi al cloud pubblico di Ibm. La nuova soluzione è stata messa in campo insieme a BlueIT, partner di Ibm, e la migrazione dal precedente ambiente cloud è stata realizzata in tempi rapidi, senza modificare i carichi delle applicazioni in uso. “Maggiore trasparenza contrattuale, migliori livelli di servizio e velocità operativa proposta sono stati i fattori di successo della nostra soluzione”, sottolinea Enrico Sponsiello, sales leader di BlueIT. Primadonna si affida ora a un'architettura cloud ibrida, costituita da un'in46 |

NOVEMBRE 2020

frastruttura privata nel cloud pubblico Ibm, basata su server bare metal. Vengono impiegate macchine certificate Sap per carichi di lavoro con risorse dedicate, gestite in ambiente Vmware, così da garantire il più efficiente impiego della capacità di calcolo e storage e la qualità dei livelli di servizio. La soluzione adotta anche servizi cloud pubblici multi-tenant e servizi di piattaforma cloud per attività di analisi dei dati. “Oltre a gestire l'infrastruttura IT con un modello di governance collaudato”, spiega Alessandro La Volpe, vice president Ibm Cloud per l’Italia, “sono stati introdotti nel progetto elementi di innovazione per offrire un ricco catalogo di risorse e servizi cloud, con una significativa riduzione dei tempi e dei costi di implementazione”. “Ci siamo posti l'obiettivo di aumentare la soddisfazione delle nostre ‘primedonne’, la nostra clientela femminile”, racconta Valerio Tatarella, Ceo & founder di Primadonna. “Lo facciamo garantendo velocità di acquisto, personalizzazione del prodotto ed estrema attenzione alla soddisfazione del cliente. Sappiamo che la fidelizzazione delle nostre clienti è influenzata dall'assortimento settimanale di numerose nuove disponibilità in negozio e dalla consulenza di stile che viene offerta sia dal personale di vendita sia dal nostro servizio di customer care sui canali social e aziendali. Ibm ci permette di raggiungere questo obiettivo attraverso un'infrastruttura flessibile, sicura e sempre attiva”.

LA SOLUZIONE Primadonna ha spostato la propria infrastruttura IT in un ambiente certificato Sap su Ibm Cloud for Vmware. L’infrastruttura IT viene resa disponibile attraverso il data center Ibm Cloud di Milano, con backup replicati nei due siti europei di Amsterdam e Francoforte, mentre il piano di disaster recovery si affida al servizio Ibm Cloud Object Storage. Oltre ai servizi infrastrutturali, viene utilizzato il PaaS (Platform-as-a-Service) per attività di analytics.


ECCELLENZE.IT | Esselunga

I CONTI CON LA P.A. SI SALDANO ALLA CASSA La catena della Gdo ha integrato in tutti i suoi punti vendita la piattaforma tecnologica sviluppata da Satispay per pagoPA.

C

omprare pane, latte e verdure e allo stesso tempo pagare una multa: all’Esselunga si può fare, grazie al sistema della Pubblica Amministrazione pagoPA e a Satispay. Da tempo la catena della grande distribuzione fondata da Bernardo Caprotti e oggi portata avanti dalla figlia Marina include tra i propri sistemi di pagamento quello sviluppato dalla ex startup milanese, nata nel 2013 e diventata oggi una realtà da oltre 16 milioni di euro di fatturato, la cui app ha raggiunto quota un milione di utenti attivi. Ma ora c’è di più: Esselunga ha anche scelto di integrare l’interfaccia tecnologica sviluppata da Satispay per consentire pagamenti attraverso pagoPA, il sistema della Pubblica Amministrazione che permette ai cittadini di saldare online versamenti fiscali, rette, multe, bollo dell’auto, ticket sanitari e altre prestazioni. Oltre che tramite Web, ora è possibile servirsi di pagoPA alla cassa dell’Esselunga, grazie appunto alla soluzione “business to business” sviluppata da Satispay per gli operatori della grande distribuzione organizzata. L’interfaccia è già attiva su tutti i punti vendita della catena e consente di effettuare al costo di 1,50 euro a bollettino i pagamenti elettronici pagoPA finora eseguibili solo online. La semplicità è uno dei punti forti della soluzione: per il

cliente è sufficiente presentare alla cassa il bollettino da pagare e procedere con la transazione (utilizzando a scelta contanti, carta di credito o di debito o bancomat), mentre al cassiere è richiesto semplicemente di acquisire con lo scanner il coLA SOLUZIONE Esselunga utilizza la versione “business”, specifica per la Gdo, dell’interfaccia tecnologica sviluppata da Satispay per consentire pagamenti attraverso pagoPA. Il sistema abilita le transazioni attraversi l’acquisizione del QR impresso sui bollettini che il cliente presenta alla cassa del supermercato.

dice QR del bollettino, operazione che autorizza il pagamento. L'importo della transazione pagoPA viene incluso nello scontrino della spesa, che ha dunque valore di quietanza dell’avvenuto pagamento. Per Satispay la soddisfazione è doppia, economica e morale: “Poter integrare la nostra interfaccia con pagoPA nella catena leader della Gdo”, ha commentato Dario Brignone, cofondatore e Cto dell'azienda, “ci permette di contribuire a dare ulteriore slancio alla digitalizzazione del Paese e questo è per noi motivo di orgoglio. Oltre a rappresentare una nuova leva di crescita per la nostra società, è infatti il contributo alla diffusione dei pagamenti digitali della Pubblica Amministrazione ad averci spinto verso questo sviluppo, oggi pronto ad essere portato a tutta la Grande Distribuzione”. NOVEMBRE 2020 |

47


ECCELLENZE.IT | illimity

IL SEGRETO DELLA VELOCITÀ È RACCHIUSO NEI DATABASE La banca digitale nata nel 2018 utilizza il servizio cloud di MongoDB per numerose attività, riuscendo a gestire dati eterogenei e in continuo divenire.

È

una banca, ma per molti versi assomiglia a una startup: un’azienda giovane e multiculturale, in cui lavorano 500 persone provenienti da una ventina di Paesi, un’azienda che fin da subito ha considerato la tecnologia come elemento portante. Parliamo di illimity Bank, fondata nel 2018 da Corrado Passera. Illimity è una banca di nuova generazione, che ha saputo fare dei dati degli utenti la propria vera ricchezza. Lo ha fatto grazie a una tecnologia di database (e più precisamente grazie a un Dbms, Database Management System, un software che permette di creare, gestire e interrogare gli archivi digitali) di tipo non relazionale: MongoDB. Anziché ordinare i contenuti in tabelle, come fanno i database relazionali classici, questa tecnologia permette di trattare i dati in modo più dinamico e gestendo differenti tipi di documento. Proprio di questo necessitava illimity, avendo a che fare con numerose informazioni amorfe e in continuo divenire, come quelle associate al comportamento della clientela e dei mercati. Alla banca, inoltre, serviva una tecnologia che la aiutasse a rispettare le stringenti regole del settore in merito a sicurezza, privacy e continuità delle operazioni. “Il nostro obiettivo principale era trovare un partner in grado di governare un’innovativa soluzione di gestione dei dati e anticipare le esigenze dei nostri clienti: MongoDB è la tecnologia che si è distinta dal gruppo. Ed è anche un ottimo partner in termini di ricerca, sviluppo e maturità”, illustra Filipe Teixeira, Cio di illimity. Gli fa eco Renzo Rognoni, senior architect della banca, 48 |

NOVEMBRE 2020

spiegando: “Conoscevamo MongoDB, così come i suoi competitor, e dopo una serratissima due diligence, durata tre mesi, l’abbiamo scelta perché è una tecnologia unica sul mercato, originale ma allo stesso tempo sicura e affidabile, rivoluzionaria ma di caratura industriale”. Diversi i fattori determinanti nella scelta: la sicurezza di un backup continuo, l’appoggio a più regioni geografiche per garantire resilienza, la profondità dei log di audit (che consentono di tracciare qualunque operazione fatta da chiunque in qualsiasi momento). Nel dettaglio, è stata adottata la versione cloud del database, gestita da MongoDB sfruttando i maggiori provider mondiali di infrastruttura “as a service”. Tra gli ambiti in cui l’approccio NoSQL sta funzionando c’è quello della gestione dei crediti deteriorati (Npl): poiché solitamente venduti da diverse banche ed estratti da sistemi legacy diversi, per essi non è possibile definire un modello di dati fisso, mentre il singolo

frame di dati è relazionale. MongoDB permette di gestire l'associazione relazionale con funzionalità di aggregazione e trattando non dati strutturati in tabelle bensì diversi tipi di documento. Nelle attività euristiche per l’acquisizione dei crediti, invece, il Dbms consente di trovare risultati utili in pochi giorni anziché dopo mesi di calcoli. Il vantaggio della velocità ha riguardato anche i servizi di Internet e mobile banking, costruiti da zero e lanciati nel giro di un anno. “MongoDB sta offrendo a illimity la semplicità, flessibilità e scalabilità di cui ha bisogno”, sintetizza Rognoni. “Il nostro staff dedica decisamente meno tempo alla gestione del database, l’accesso alle informazioni è facile e immediato, e la formula in cloud su Microsoft Azure ci consente di guardare alla crescita senza preoccupazioni. Tutto in conformità ai più severi standard di sicurezza e privacy dei dati, come il Gdpr. MongoDB è anche multi-region ed è naturalmente pronto per supportare le attività transazionali, cosa che i database relazionali non possono garantire”. LA SOLUZIONE Il servizio cloud MongoDB Atlas, in questo caso appoggiato a Microsoft Azure, viene usato dalla banca per la gestione dei crediti deterioriati, per la ricerca di nuovi clienti, per brainstorming, formazione, velocizzazione dei processi. Si sta lavorando per applicarlo ad attività di analytics.


ECCELLENZE.IT | Unicoop Tirreno

NELL’AMMINISTRAZIONE, DIGITALE È MEGLIO Grazie alle soluzioni di Siav, la cooperativa gestisce da remoto ogni fase del ciclo di fatturazione passiva legata ai servizi e ha ottenuto benefici di velocità ed efficienza. LA SOLUZIONE Il modulo Task on Demand di Archiflow viene utilizzato da Unicoop Tirreno per automatizzare le procedure di approvazione interne ai flussi di lavoro di Unicoop Tirreno. Il programma permette di gestire i processi in modalità collaborativa, di segnalare scadenze e proprietà, di richiedere autorizzazioni, di definire in modalità self-service obiettivi e tempistiche. Tutti questi elementi possono essere condivisi tra colleghi da remoto.

R

idurre il più possibile il consumo di carta grazie alla digitalizzazione dei processi di lavoro, per diventare un’azienda più ecologista ma anche più efficiente: è questa una delle trasformazioni intraprese da Unicoop Tirreno, una delle sette cooperative del sistema Coop. Un realtà che trova casa fra Toscana, Lazio e Umbria, articolata su 94 supermercati, e che conta 3.600 dipendenti e 600mila soci. Da anni la società ha avviato una collaborazione con Siav (azienda specializzata in fornitura di software, soluzioni in cloud e servizi informatici per la dematerializzazione e la gestione documentale), che ha aiutato Unicoop Tirreno a ottimizzare vari processi dell’area amministrativa e della gesti risorse umane: con la piattaforma Archiflow vengono gestiti la fatturazione elettronica, il protocollo

interno e i fascicoli dei dipendenti, fra le altre cose. Nel 2019 è poi partito un nuovo progetto finalizzato a ottimizzare i processi interni anche dal punto di vista organizzativo. Rivisitando tutti i meccanismi organizzativi dell’area amministrativa, la cooperativa ha deciso di utilizzare Archiflow non solo per la parte di automazione dei flussi di invio e ricezione delle fatture, ma anche per i flussi approvativi interni. Adottando il modulo Task on Demand di Archiflow, Unicoop Tirreno ha potuto trasformare il modo in cui gestisce numerosi processi, all’insegna della semplificazione, dell’automazione e della condivisione rapida di informazioni e procedure: il modulo permette di assegnare attività e scadenze, definendo i compiti da svolgere, le persone incaricate, le tempistiche e le tappe del processo.

Inoltre consente di collaborare a distanza tramite vari strumenti, assegnando attività e compiti a partire da email, da schede Archiflow o da zero. I dipendenti gestiscono queste azioni in modalità self-service, attraverso un’interfaccia che non richiede competenze tecniche per essere utilizzata. “Non c’è neanche una fattura sulla mia scrivania”, assicura Fabrizio Pitti, responsabile amministrativo di Unicoop Tirreno. “L’obbligo di legge della fatturazione elettronica, partito nel gennaio 2019, ci ha spinto a utilizzare la nuova modalità per gestire le approvazioni con Archiflow in logica full digital”. L’attivazione del modulo Task on Demand di Siav ha permesso di ottenere maggiore velocità ed efficienza, oltre ad aver preservato la piena operatività dei dipendenti di Unicoop Tirreno durante il lockdown di primavera. NOVEMBRE 2020 |

49


APPUNTAMENTI 2020

LOMBARDIA DIGITAL SUMMIT dove: https://www.theinnovationgroup.it/events/ lombardia-digital-summit/?reg=1&lang=it quando: 19 novembre perché partecipare: l’evento online è la quinta tappa del progetto “Digital Summit Territoriali”, promosso da The Innovation Group. Si discuterà delle soluzioni già realizzate in ambito pubblico e privato e di come incentivare nuove iniziative digitali per infrastrutture, trasporti, smart city, sanità, economia circolare.

AWS RE: INVENT dove: https://reinvent.awsevents.com/ quando: 30 novembre - 18 dicembre perché partecipare: anziché dover andare a Las Vegas, quest’anno per seguire l’annuale conferenza di Amazon Web Services è sufficiente collegarsi in streaming. L’evento (spalmato su più giorni) prevede keynote, annunci di prodotto, sessioni tecniche e di certificazione.

SMART CITY NOW dove: http://www.smartcitynow.it/

MICROSOFT DYNAMICS 365 VIRTUAL TRAINING DAY dove: https://mktoevents.com/ Microsoft+Event/212199/157-GQE-382 quando: 19-20 e 25-26 novembre perché partecipare: è un’occasione per imparare a utilizzare al meglio due tra gli applicativi di relationship management (Crm) ed enterprise resource planning (Erp) più diffusi. Il training online, gratuito, dà accesso al test di certificazione per Dynamics 365.

quando: 25-26 novembre perché partecipare: anche in questa quarta edizione (digitale) la conferenza e fiera vuol essere un punto d’incontro e di confronto tra aziende e Pubblica Amministrazione sui temi dell’innovazione urbana.

ITALIAN LIFESTYLE INNOVATION: THE CEO PERSPECTIVE dove: https://www.theinnovationgroup.it/events/italianlifestyle-innovation-the-ceo-perspective/?reg=1&lang=it quando: 10 dicembre

In vista di possibili variazioni, suggeriamo ai lettori di consultare i siti Web degli organizzatori.

50 |

NOVEMBRE 2020

perché partecipare: per comprendere come sono cambiati i modelli di consumo dopo la prima ondata di covid-19 e quali strategie possono aiutare l’Italia a ripartire.


The Innovation Group Innovating business and organizations through ICT

Come il digitale può rafforzare la resilienza del settore fashion & luxury ONLINE - 10 dicembre 2020 ▶ Come sono cambiati i modelli di consumo dopo la prima ondata di Covid-19? ▶ Quale sarà la nuova normalità dei clienti nel rapporto con i brand e nella customer experience multicanale? ▶ Su quali tecnologie può contare l’industria della moda e del lusso per recuperare attrattività e competitività? ▶ Con quali politiche e strategie da parte del Governo il settore potrà ripartire? A queste e altre domande risponderanno i Top Manager delle aziende della moda e del lusso più innovative, insieme a maggiori Esponenti dell’ecosistema del made in Italy, in un dibattito aperto, vivace e interattivo.

segreteria.generale@theinnovationgroup.it www.theinnovationgroup.it


SICUREZZA SANITARIA E DISTANZIAMENTO SOCIALE: IL RUOLO DEL PRINTING.

Oggi le aziende devono “adattarsi” a nuove regole e rivedere le proprie strategie anche in ambito printing, per garantire il rispetto delle distanze di sicurezza, l’ottimizzazione dei costi e il rilancio della produttività.

SOLUZIONI BROTHER: TECNOLOGIA CHE SI ADATTA AL CAMBIAMENTO PER RIPARTIRE IN AZIENDA! BALANCED DEPLOYMENT e DECENTRALIZZAZIONE PRIMA

UNA STAMPANTE LASER A3 PER TANTI

VANTAGGI RISPARMIO DI COSTI E TEMPI ottimizzazione delle risorse

DOPO

PIÙ STAMPANTI A4 COMPATTE

BENEFICI SICUREZZA DI STAMPA CON SECURE PRINT+

PRIMA

DOPO

UNA SOLA STAMPANTE DI DIMENSIONI IMPONENTI

PIÙ STAMPANTI, COMPATTE E PERFORMANTI

FILE PER RITIRARE STAMPE

MENO SPOSTAMENTI E ASSEMBRAMENTI

SCRIVANIE AFFOLLATE

PIÙ SPAZIO LIBERO E PIÙ DISTANZIAMENTO

a norma GDPR

FLUSSI DI LAVORO EFFICIENTI

ASSISTENZA DALLA STAMPANTE

processi più snelli e veloci senza assembramenti

monitoraggio da remoto dal dipartimento IT Scopri di più: www.brother.it


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.