Menti locali

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XXIX numero 2 Febbraio 2014 anno

Menti Locali Esperienze di impresa e formazione testimoniano che è possibile la rinascita del nostro territorio a cura di A. Lanzieri e M. Messinese

I primi incontri della Scuola socio-politica di D. De Somma L’Assemblea diocesana elettiva dell’Azione Cattolica di A. Lanzieri I Teatri del Sacro a Scafati di M. Messinese La chiesa di S.Felice nella Terra di Palma di M. M. Nappi


mensile della Chiesa di Nola

Un coraggioso scatto dal basso di Marco Iasevoli

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er parlare di economica, sviluppo e crescita nel Meridione bisogna partire da un’amara certezza: la politica non darà risposte a breve. Le risorse non ci saranno fino a quando non saranno resi più flessibili alcuni vincoli europei. E i vincoli europei resteranno stringenti sino a quando la classe dirigente nazionale e locale non saprà dar prova di trasparenza, onestà e corretto uso delle risorse pubbliche (le famose riforme che l’Ue ci chiede, in fondo, sono queste). Nel breve periodo, le speranze di riscossa del Sud non sono dunque nelle mani di amministratori nazionali e locali. Sono al 90 per cento nelle mani, o meglio nell’orgoglio, degli attori sociali. Imprenditori, banche, fondi, sindacati, giovani

appassionati di innovazione e tecnologia, artigiani, “custodi” della tradizione e della qualità meridionale, università (docenti, ricercatori e studenti), associazioni sociali e culturali, operatori turistici… Non si può aspettare la politica, si rischierebbe di morire sulla banchina senza nemmeno intravedere la sagoma della nave. Bisogna giocare d’anticipo, smuovendo la politica non con appelli e richieste con il cappello in mano, ma mettendo in vetrina ciò che sappiamo e possiamo fare. Da questo punto l’esperienza di “Eccellenze campane” è esemplare: ecco cosa può fare il nostro territorio quando si coniugano difesa della tradizione, qualità dei prodotti, difesa dell’ambiente, scommessa sui giovani e sull’innovazione, co-

raggio, progettualità e, soprattutto, capacità di fare rete. Rete che ha in sé un profitto materiale e un profitto morale. Lo “scatto dal basso” è davvero decisivo. Dall’alto arriverà poco o nulla. E ciò traspare bene anche dall’impostazione della Scuola socio-politica diocesana: il “poker” democrazia – sviluppo – cittadinanza – legalità coglie in pieno il senso della sfida che abbiamo di fronte: il futuro è nelle nostre mani. Il futuro sono le buone idee, è la cooperazione, è l’autoimprenditorialità, è la bonifica etica del sistema produttivo (il rombo banche – imprese – sindacati - ambiente), è il pieno coinvolgimento dei cittadini nei processi democratici ed economici.

Il profilo dell’imprenditore “cristiano”: creativo, professionale, gratuito, capace di leadership

Fare impresa con fede di Salvatore Purcaro

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na riflessione attenta sul concetto di imprenditoria e fede cristiana non può prescindere da una domanda fondamentale: esiste veramente l’imprenditore cristiano? Per trovare una risposta è necessario anzitutto riconciliarsi con la corretta accezione semantica dell’aggettivo “cristiano”. Nel linguaggio abituale tale connotazione tende a sottolineare semplicemente una dimensione di benevolenza in contrapposizione a un atteggiamento poco umano: cristiano in definitiva come cifra di “brava persona”. Tale interpretazione appare riduttiva in quanto, richiamando lo stile e non l’essenza del imprenditore, impedisce di cogliere quella fondamentale connessione che caratterizza il ruolo del credente nella vita sociale e dunque nel nostro caso del laico che intenda vivere e testimoniare anche nella sua professione, come in tutti gli ambiti della sua esistenza, l’appartenenza a Cristo. Appare necessaria questa precisazione in quanto il rischio è sempre

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duplice: da un lato il pericolo di se- imitando in contesti diversi la stessa parare la vita di fede dalla vita or- intenzionalità del Signore racchiusa dinaria, originando quella malsana nel Vangelo, assumendo i criteri e le schizofrenia tra “cristiani in chiesa” modalità proprie dell’operare storie “cittadini nel mondo”; dall’altro il co di Gesù. Dunque, cristiano perché rischio di utilizzare l’appartenenza il riferimento è innanzitutto Cristo, ecclesiale come marchio di qualità non perché “passa in sacrestia” pria fini propagandistici o come lobby ma di muoversi per andare in azienper rivendicazioni corporative al da. Con le parole della Gaudium et fine di incidere attraverso una conspes si potrebbe dire anche dell’imcorrenza poco leale sul mercato. Il pensiero Sociale della Chiesa prenditore quello che si chiede ad espresso, sia attraogni cristiano: affronCristiano perché il verso i pronunciata la vita e la professione «alla luce del menti pontifici che riferimento è innanzitutto Vangelo e dell’espele indicazioni del Cristo, non perché rienza umana»2. Vaticano II1, tende “passa in sacrestia” Ne consegue anche a sottolineare che prima di muoversi per uno stile specifico e anche per il ruolo andare in azienda alcune caratteristidell’imprenditore che richiamate dalla vale l’indicazione generale che riguarda tutti i creden- dottrina sociale e presenti per un’ati chiamati a coniugare l’esperienza gile consultazione nel Compendio credente con l’attività quotidiana. della dottrina sociale della Chiesa3. Potremmo sintetizzare dicendo che A partire proprio dall’insegnamento anche l’imprenditore come ogni magisteriale si possono sottolineare battezzato riconosce nell’aggettivo quattro dimensioni tra le altre: cre“cristiano” lo sforzo esistenziale di atività, professionalità, gratuità, leseguire il Maestro come discepolo, adership.


La Terza Pagina Anzitutto la creatività. La Chiesa riconosce e auspica l’impegno creativo4 in coloro che decidono di intraprendere l’attività imprenditoriale. È a questo livello che si onora quella “immagine di Dio” richiamata dalla Genesi e che vede nell’uomo la capacità iscritta nel cuore dal Creatore di “coltivare e custodire” il Giardino. Il Compendio a tal proposito ricorda che: «la dimensione creativa è un elemento essenziale dell’agire umano, anche in campo imprenditoriale, e si manifesta specialmente nell’attitudine progettuale e innovativa»5. Purché tale impegno sia vissuto come autentico servizio teso ad allargare le possibilità di vivibilità e di bene comune sulla Terra. A tal fine l’imprenditore deve riconoscere e affinare le proprie competenze specifiche nel settore di produzione. Deve essere una persona professionale dal punto di vista del tratto umano e delle competenze. Non basta la sola creatività, che non di rado può essere inquinata dalla tentazione della carriera e del guadagno facile. Si rivela utile, a tal proposito, anche la riflessione di Papa Francesco alla Curia estendibili ad ogni attività lavorativa: «la professionalità, che significa competenza, studio, aggiornamento… Questo è un requisito fondamentale per lavorare... Naturalmente la professionalità si forma, e in parte anche si acquisisce; ma penso che, proprio perché si formi, e perché venga acquisita, bisogna che ci sia dall’inizio una buona base»6.

La professionalità chiede tra i requisiti specifici la gratuità, che non significa deprezzamento del profitto, riconosciuto come necessario dallo stesso Magistero, piuttosto attenzione ad un uso della proprietà privata in vista del bene comune e ad una proporzione tra capitale economico e umano a vantaggio dei lavoratori. Non a caso la dottrina sociale a partire dalla Rerum Novarum ha individuato nel rispetto delle fasce fragili come i lavoratori stranieri e le lavoratrici il “privilegio del debole”, banco di prova dell’onestà dell’imprenditore. In altre parole è necessario che l’imprenditore sia capace di una evangelica leadership, intesa a partire dall’osservazione del modo di guidare i discepoli da parte di Gesù. Una leadership concretizzata attraverso uno stile alto di vita, capace di donazione totale di sé (la croce), lontana dal privilegio di persona o di categoria (il rifiuto a trasformare le pietre in pane durante le tentazioni nel deserto: cfr. Lc 4), attenta a costruire sulla terra la civiltà dell’amore (redenzione). L’imprenditore, infine, è un uomo

in grado di guidare, di compiere le scelte giuste, di considerarsi a capo e dunque parte dell’azienda.

Egli deve essere consapevole che per accreditarsi deve manifestare qualità personali rilevanti: non può imporsi sui suoi lavoratori in forza di un’autorità di matrice familiare (si pensi ai casi in cui si eredita la gestione dell’azienda familiare) o di minacce di licenziamento o di trasferimenti di produzione7.

Per un confronto con i documenti: Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et magistra: AAS 53 (1961) 413-415; Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 60-65: AAS 58 (1966) 1084-1085; Catechismo della Chiesa Cattolica, 2429; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus: AAS 83 (1991) 852-854; Id., Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 15: AAS 80 (1988) 528-530; Id., Lett. enc. Laborem exercens, 17: AAS 73 (1981) 620-622. 1

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Cfr. Gaudium et spes, 46.

Pontificio Consiglio per la Giu«il ruolo dell’imprenditore e del dirigente d’azienda», in Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, Cap. VII, parte III, pp. 188-190. 3

stizia,

Giovanni Paolo II mette in guardia dalle conseguenze negative che deriverebbero dalla mortificazione o negazione del diritto di iniziativa economica: «L’esperienza ci dimostra che la negazione di un tale diritto, o la sua limitazione in nome di una pretesa “eguaglianza” di tutti nella società riduce, o addirittura distrugge di fatto lo spirito d’iniziativa, cioè la soggettività creativa del cittadino» (Sollicitudo rei socialis, 15 in AAS 80 (1988) 529). 4

Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 343.

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Papa Francesco, Discorso per la presentazione degli auguri natalizi della curia romana, 21 dicembre 2013. 6

Questo è un ambito delicato che riguarda l’attualità. È bene ricordare a proposito l’indicazione chiara del Concilio: «Si creino tuttavia nella misura del possibile, posti di lavoro nelle regioni stesse d’origine» (Gaudium et spes, 66). 7

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mensile della Chiesa di Nola

A Piazzolla di Nola un’eccellenza nella produzione di serie tv animate

La casa dei conigli di Alfonso Lanzieri

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i chiamano Giovanna Pignataro e Tiziano Squillace e sono cognati. Hanno rispettivamente 39 e 45 anni, lei originaria di Scampia e lui del Vomero. Non sono in molti a saperlo, ma dietro alcuni dei prodotti d’animazione per bambini più creativi e brillanti andati in onda sulle reti Rai negli ultimi anni ci sono loro. Giovanna e Tiziano, infatti, sono i fondatori de “La Casa dei Conigli”, società di Piazzolla di Nola (zona in cui entrambi abitano da anni), operante nel settore dell’infanzia, soprattutto con la produzione di serie tv animate. La “Casa dei conigli” ha prodotto ad oggi sei serie per la tv in animazione, tutte acquistate da Rai Cinema, prima per Rai Tre poi per Rai Yoyo. Dall’agronolano alla Rai. Abbiamo chiesto loro di raccontarci il cammino fin qui percorso. «La Collina dei Conigli è nata nel 2006 come associazione culturale – mi spiega Giovanna poi abbiamo iniziato a collaborare con la Rai e ci siamo trasformati in società». Giovanna è laureata in lingue e da sempre coltiva la passione per la scrittura; Tiziano ha fatto il restauratore di dipinti

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per una quindicina d’anni, in uno studio privato fiduciario della Sovrintendenza a Napoli.

Tramite loro conoscemmo una ragazza che lavorava alla Rai la quale ci mise in contatto con l’azienda, credendo che le nostre opere avessero dell’ottimo potenziale».

Come è nata la vostra collaborazione? In cosa consisteva la vostra prima «Ho sempre avuto la passione per la scrittura – mi dice Giovanna – e collaborazione? «Avevo costruito dei pupazzi Tiziano oltre ad essere restauratore faceva anche l’illustratore, e così utilizzando solo oggetti d’uso comune pensammo di illustrare una storia – mi spiega Tiziano, indicandomi a questo punto scritta da me. La prima uno stupefacente collaborazione fu Lo stile che all’inizio c o n i g l i e t t o positiva: ci trovammo era imposto costruito solo con bene ciascuno ad dalla mancanza di mezzi, delle lampadine, interpretare il lavoro è diventato col tempo posizionato su una dell’altro. Nel 2004, un principio mensola davanti a poi, insieme ad un cardine del nostro lavoro me – e ci chiesero altro amico musicista di fare una serie di Napoli, creammo un progetto editoriale sulla legalità, in cui si mostrasse come si fanno in collaborazione con la regione, oggetti del genere. Il tutto fu chiamato “Tonino e musica”, una prodotto con la tecnica della stopcosa da portare nelle scuole. Si motion». Il risultato finale di quel trattava di un racconto scritto da me lavoro è “Minuti montati”: della e illustrato da Tiziano, fu il nostro durata, appunto di un minuto l’una, ogni puntata mostra oggetti d’uso primo vero lavoro». quotidiano – una cornetta, una spugna, un imbuto – che pian piano, Come arrivate alla Rai? «Chiedemmo ad una band di Roma assemblati ad altri oggetti, diventano “Le nuove tribù Zulu” di utilizzare i pupazzi. «Gli strumenti della nostra loro pezzi per delle nostre creazioni. prima serie – mi spiega Tiziano -


Menti Locali erano molto rudimentali: il set era la cantina di casa, la telecamera era comprata al supermercato e di bassa qualità, e via dicendo. Ma quello stile che all’inizio era imposto dalla mancanza di mezzi, è diventato col tempo un principio cardine del nostro lavoro: creare prodotto d’animazione in modo artigianale, puntando sulle idee, usando la tecnologia il minimo indispensabile, con lo scopo di creare un prodotto capace di stimolare la mente del bambino e renderlo parte attiva della visione. Il nostro presupposto – chiarisce ancora Tiziano - è l’opposto di quello di alcuni prodotti per l’infanzia oggi tanto in voga: noi partiamo dall’intelligenza del bambino e dalla sua valorizzazione, non vogliamo semplicemente intrattenerlo occupandogli il tempo, ma renderlo, a suo modo, attivo». A riprova di quanto mi dice Tiziano sta la filosofia de “La Casa dei Conigli” bene esposta sul loro sito: “Compostaggio rifiuti della mente. Si ricicla tutto e non si butta nulla, soprattutto le idee. Tutta l’attività di questa società è all’insegna della manualità e della creatività (…). Tutte le animazioni fatte, così come i laboratori proposti ai bambini sono votati a questa idea: facciamo venire fuori tutta la fantasia e la creatività che abbiamo”. “Minuti contati” va in onda su Rai Tre nel 2008 e partecipa al festival internazionale “Cartoons on the bay”, dedicato all’animazione televisiva, che si tiene in Italia. Dopo cosa è successo? «Succede che “Facciamo Luce”, la nostra seconda serie, riscuote tantissimi consensi – racconta Giovanna - e va in onda nel 2009, ancora su Rai Tre. Inoltre incassa una nomination ai Pulcinella Awards 2009, vince il Premio Alta Qualità per l’Infanzia IL GRILLO 2009, è selezionata come unica serie italiana al Festival Internazionale del Cinema d’Animazione di Annecy 2010, rassegna che è in pratica l’anticamera degli oscar per i film d’animazione. Probabilmente il nostro lavoro di maggior successo». Anche questa serie è prodotta mixando un’idea semplice ma solida a mezzi artigianali: un proiettore auto costruito e oggetti domestici. L’ombra degli oggetti proiettata su uno sfondo a creare una o più figura dinamiche e lo spettatore invitato

a pronosticare di quale oggetti si tratti. Una sorta di indovinello interattivo, fatto solo di luce, ombra e banali oggetti domestici ma capace di stimolare fortemente la curiosità, la creatività del piccolo spettatore. Poi arriva la terza serie “Storie s-piegate”… «Sì, nella quale facciamo un passo avanti. Ora, come il titolo suggerisce, ci sono delle storie – mi spiega Giovanna - realizzate con delle stoffe su un asse da stiro, ancora con la tecnica delle stop-motion, e con la voce di una bambina di cinque anni, mia figlia ,che canta le storie in ogni puntata. La serie successiva si chiama “Acqua pulita”, comprata da Rai Yo-Yo l’anno scorso». Parallelamente dal 2008, Tiziano e Giovanna iniziano a lavorare nelle scuole, facendo laboratori di cinema d’animazione con i bambini perché «se l’animazione è fatta per i bambini forse possono anche provare a produrla da se stessi – mi spiegano - il punto è insegnar loro un mezzo di comunicazione». Il tutto inizia a Scampia, nell’ambito di un progetto scolastico teso a promuovere le iniziative e le attività che ruotassero attorno all’auditorium di Scampia e ai plessi scolastici del circondario. «A Scampia abbiamo realizzato undici corti animati – racconta Tiziano - con tecniche di animazione differenti, e i bambini che facevano tutto con noi. I corti sono stati girati in classe con loro. Il lavoro è durato un anno e mezzo. I vertici di Rai Yo-Yo apprezzarono tantissimo gli esiti dell’iniziativa tanto da farci produrre “Piccoli Corti in TV”, laboratori di cinema d’animazione, svolti in classi della scuola primaria di Piazzolla di Nola, raccontati dai

piccoli partecipanti. Il progetto dovrebbe andare in onda a breve». Il rapporto con la scuola è anche “Fermenti didattici”, progetto di cui Giovanna e Tiziano sono coordinatori, grazie al quale circa una decina di esperti realizzerà vari laboratori di natura pedagogicoesperienziale con gli alunni della scuola elementare di Piazzolla. La “Casa dei Conigli” non è inoltre anche produzione artistica e letteraria. L’ultimo lavoro di quest’ambito – ma appunto solo l’ultimo di una seire - è “Storie ritrattate”: quadri di figure e personaggi della letteratura, storia e fiabe, raffigurati su pannelli in legno usando cera, carta, cartone e oggetti riciclati d’ogni genere, realizzati di Tiziano e accompagnate da una breve testo di Giovanna: «ogni figura è quindi reinterpretata attraverso le immagini e le parole – spiega Tiziano – perciò si tratta di storie ritrattate. Insomma è un invito poter ritrattare, riprendere, rivedere, storie in maniera sempre differente e creativa». I lavori sono stati poi esposti in una mostra, che si è tenuta alla fine dello scorso mese di gennaio, a cui hanno preso parte le scolaresche di elementari e medie del territorio nolano.

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mensile della Chiesa di Nola

Intervista con l’imprenditore-pasticciere che ha aderito al progetto Eccellenze Campane

per amore e tradizione di Mariano Messinese

La curiosità di un bimbo e la passione di uno zio che preparava dolci che sembravano opere d’arte. Buoni al palato e stupendi alla vista. Due sensi, un tesoro dentro un altro tesoro, proprio come una perla al riparo nel ventre l’ostrica. Una meraviglia che solleticava la mente di quel bimbo. Da allora sono passati tanti anni e il bambino è cresciuto. Si chiama Pasquale Marigliano e ora va per gli -anta. Ma la passione è rimata intatta. Oggi è un affermato pasticciere: “Sì , devo proprio tutto a mio zio. La domenica lo aiutavo in pasticceria. E anche in settimana, sa? Dopo lo studio i miei amici mi chiamavano per giocare, ma io ero impegnato in cucina. È stata una esperienza fondamentale. Non solo sotto il profilo professionale, ma

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anche sotto quello umano. Perché ho lavorato anche da cameriere e ho imparato a rapportarmi alle persone. E soprattutto a conoscerle meglio”. Ma Pasquale Marigliano oltre a fare bene il suo lavoro, è anche innamorato della sua terra. È per questo che ha aderito a polo agroalimentare “Eccellenze Campane”, il che si occupa di produrre, promuovere ed esportare i prodotti artigianali e di qualità della regione. La nostra conversazione inizia proprio da questo progetto che intende rilanciare l’immagine della regione. Cos’è e come è nata Eccellenze Campane? L’idea è stata di Pasquale Scudieri. Ma il merito è stato anche dell’imprenditore Pasquale

Buonocore che ha creduto subito a questo progetto che raggruppa tutti i piccoli artigiani. Noi non ci limitiamo solo a commercializzare. Mostriamo agli acquirenti come viene creato il prodotto. Ovviamente ci limitiamo solo alle specialità campane. E all’interno dell’associazione c’è sinergia e unità di intenti. Anche per quanto riguarda l’aspetto legato alla produzione. Per esempio all’interno di Eccelleze Campane c’è un’altra società che ci fornisce le materie prime come la farina. E lei perché ha aderito? Io credo nella filosofia di fare sinergia. Invece che fare tante cose, ritengo che sia più opportuno specializzarsi solo in un campo. Anche per non disperdere la propria produzione e per ottimizzare il lavoro. Per esempio


Menti Locali io mi occupo solo delle pasticceria, a fianco a me c’è un altro negozio che si occupa di cioccolateria. Quali sono le eccellenze di una regione come la nostra ferita dalla disoccupazione e dall’inquinamento ambientale? Il problema è che noi viviamo in una realtà difficile, in un mondo preda di favoritismi Ma le eccellenze sono le persone che decidono di non sopportare passivamente questa situazione di fatto. Persone che magari decidono di mettersi insieme, di cooperare per rilanciare l’immagine della nostra terra. E poi ci sono quelli come voi che credono nel nostro lavoro e che ora sono qui a intervistarci. Una delle parole chiave del progetto è tradizione. Ma non teme che comunque “ Eccellenze campane” possa essere recepita come una operazione troppo commerciale per rispettare la tradizione? No, guardi, alla fine noi siamo pur sempre piccoli artigiani che si sono uniti per dare vita a questo progetto ambizioso. E ci tengo a sottolineare che una cosa del genere è la prima volta che si vede nella nostra regione. Il pasticciere è uno dei lavori più richiesti sul mercato, eppure non sono molti i ragazzi che vogliono fare questo mestiere. Lei ha avuto difficoltà a trovare ragazzi disponibili e ad assumerli? Purtroppo devo dire di sì. Non tutti la pensiamo alla stessa maniera. Apparentemente questa professione sembra bella, però, quando si entra dentro, ci si accorge quanto sia dura, È un sacrificio da fare perchè si lavora anche e soprattutto nei giorni di festa. Si inizia da garzone con mansioni di pulizia, come lavare il banco e le pentole. Bisogna lavorare sodo e per questo motivo non tutti i giovani sono disposti a sacrificarsi. Su 100 ragazzi vanno avanti meno di 20. Ed è grave. Però devo ammettere che quei pochi che lo fanno fino in fondo lo meritano. Sono ragazzi che pagano per imparare, frequentano corsi e fanno gli stage. È per questo che io prendo sempre loro. Loro sanno cos’è il sacrificio”.

da www.eccellenzecampane.it Eccellenze Campane è un contenitore di piccole imprese operanti nei diversi comparti del settore enogastronomico. Il suo scopo è quello promuovere e valorizzare le eccellenze agroalimentari direttamente dal “produttore” al “consumatore”, senza passaggi intermedi, nella logica della filiera corta concentrando in un’unica struttura le migliori produzioni regionali. Attraverso la selezione di ristoratori e produttori di eccellenza, Il marchio intende diventare un centro di attrazione in cui elementi quali la qualità, la tipicità, la cultura e la tradizione si coniugano con i concetti di sostenibilità, accessibilità, economicità. Il suo obiettivo non è solo quello di vendere qualità, ma anche di informare ed educare facendo luce sulla provenienza e lavorazione dei prodotti. Per questo motivo la struttura ospita al suo interno ben 8 aree di produzione che mostrano al pubblico ogni importante fase del processo produttivo: Panificio, Birrificio, Pastificio,Caseificio,Torrefazione, Pasticceria, Cioccolateria, Gelateria. L’attenzione rivolta all’informazione, educazione e cultura è testimoniata dalla presenza di un’Aula Magna, sede di corsi di cucina, degustazioni, didattica per bambini e congressi. Per il mercato è stata predisposta un’esposizione stabile di prodotti campani di pregio conservati e un’altra bisettimanale(sab. e dom.) di prodotti ortofrutticoli di stagione. I ristoratori prescelti sposano in pieno la filosofia di Eccellenze Campane e svolgono la loro attività nel rispetto della tradizione e della qualità. Gli Eccellenti: E maccarune ‘e napule, Antica panuozzeria di Gragnano Fratelli Manzi, Caseificio con latte di bufala Roberto Battaglia, Antico forno napoletano Pietro Baino e Pasqualino Esposito La cucina marinara - lubrense di Maria Aprea, Gay Odin-fabbrica di cioccolato, E brustuliature ‘e café Wurzburger, A chianca, O casadduoglio (antica salumeria napoletana), O pizzaiuolo Guglielmo Vuolo, Le dolcezze che ti prendono per la gola di Pasquale Marigliano, L’arte birrai di Nello Marciano, L’arte della friggitoria del maestro Antonio Tubelli, L’antica tradizione della cucina di taverna del mastro tavernaro Luciano di Meo, A furnacella Orario di apertura: dal lunedì alla domenica, tranne il sabato, dalle 07.00* alle 24.00 (è possibile accedere fino alle 23.00); il sabato chiusura all’01.00 (è possibile accedere fino alle 24.00). febbraio 2014

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mensile della Chiesa di Nola

L’intervento del Prof. Acocella all’inaugurazione del III anno della Scuola socio-politica

Sviluppo sociale del territorio Che la Scuola Diocesana di Nola di formazione all’impegno socio-politico, al suo III anno, abbia scelto per la sua inaugurazione il tema dello sviluppo sociale del territorio può apparire anacronistico e fuorviante, giacché la dimensione globale sembra aver oscurato la ricchezza delle realtà locali e “periferizzato” territori e comunità, rendendo vanno il principio stesso delle autonomie. Invece – proprio considerando quanto sia cresciuta, specie negli anni di crisi mondiale, la contrapposizione tra posizioni espresse dal liberismo mondiale (che caratterizza il fenomeno della globalizzazione) e richiesta sempre più forte di responsabilità sociale e politica più direttamente riconducibile alla sovranità dei cittadini – proprio di autonomie locali e sociali occorre con forza riparlare, come mostra la ripresa del dibattito sul federalismo. Questo l’esordio dell’intervento del prof. Giuseppe Acocella ordinario di Filosofia del Diritto presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” - in occasione dell’incontro di inaugurazione del terzo anno della Scuola diocesana di Formazione all’Impegno socio-politico. L’ultimo ventennio – in specie dopo l’apparizione della lega Lombarda e poi della Lega Nord – ha visto lievitare appunto, prima nel linguaggio politico urlato, poi nel dibattito sulla riforma costituzionale, l’espressione federalismo, e la necessità di avere un assetto federalistico della nazione sembra diventato – favorito da una crescente ansia di contestazione ai centralismi burocratici e politico-partitici – la cartina di tornasole della opportuna urgenza di innovazione politica, da un lato, ma anche di un approssimativo “nuovismo” che invade la scena politico-elettorale, dall’altro. Eppure le periferie sembrano

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sempre più abbandonate al loro illuminata come l’economia sodestino e lo sviluppo – effimero e ciale di mercato inaugurata negli con costi umani e sociali altissi- anni Cinquanta – avrebbe potuto mi - sembra riservato o alle aree realizzare. Occorre però ricordain cui imperversa lo sfruttamento re senza ipocrisie che quella claso funzionali a poteri accentrati e se politica si formava nel secondo dopoguerra alla luce e con la lontani. Si ricordi che il valore delle au- guida di grandi progetti politicoculturali, semmai tonomie locali ha in (la Italia una non im- L’inaugurazione si è svolta lo contrapposti provvisata tradizio- scorso 27 gennaio presso il matrice comunista, Palazzo vescovile di Nola l’ispirazione cristiane, come è invece na), ma sempre alla quella espressa dalla Lega Nord, contro Roma, ricerca di visioni generali della contro la nazione e contro il Sud. società, dello Stato, della conviInvece la tradizione culturale venza democratica di una naziodell’autonomismo ha radici nobili ne. e profonde, per le quali occorre Nell’età della globalizzazione (e interrogare innanzitutto il nome per noi nella dimensione istituziodi Luigi Sturzo che fin dalla fine nale europea) e della scoperta del dell’Ottocento poneva nella sua glocal (rapidamente declinato), Sicilia il problema delle autono- come dimensione della politica mie come problema essenziale che realizza nello scenario ormai dello sviluppo democratico del mondializzato le concrete opziopaese, per non fare del Risorgi- ni per lo sviluppo del territorio mento unitario una rivoluzione specifico, il federalismo e l’auincompiuta e della questione tonomismo locale sono chiamati meridionale la palla al piede del – ieri come oggi – a respingere da futuro nazionale. Di fronte agli un lato le chiusure municipalistiautonomismi talvolta esaspera- che e dall’altro a correggere le ti della Sardegna e della Sicilia, derive del centralismo che le acnonché delle zone una volta chia- cuse alla casta hanno dimostrato mate irredente, la collocazione costituire un vizio radicato, caucostituzionale delle regioni a sta- sa di aggravamento del distacco tuto speciale fu la prima espe- tra politica e cittadini. Quanto rienza di assetto federalistico at- decisivo possa risultare l’intrectuato nel sistema costituzionale. cio tra politica nazionale (fiscale, Occorre forse rammentare cosa di sicurezza, di promozione ecoabbia significato l’opera appas- nomica e sociale) ed azione amsionata di una generazione che, ministrativa locale capace di vaall’alba della repubblica, si dedi- lorizzare l’autonomia gestionale, cava all’impegno politico, mossa è dimostrato dalla evoluzione di da ideali politico-culturali che questo rapporto nel periodo che erano i medesimi che avevano ha visto la crescita della dimenforgiato la nostra Carta costitu- sione europea e mondiale di tutti zionale, e che nel primo quindi- i problemi (con l’aggravamento cennio della Repubblica, cioè fino della responsabilità finanziaria e allo scadere del primo secolo di fiscale delle autonomie locali). unità italiana, così inclusivamen- Tra il 1996 ed il 2003 – cioè nel te contribuirono a scrivere la sto- decennio a cavallo del passaggio ria della nazione e ad edificarla tra il secondo e terzo millennio con un’azione incisiva sul territo- dell’era cristiana, in cui si è prerio che nessuna politica centra- parato il transito dalle monete listica e parlamentare – neppure nazionali all’euro, ed in cui si


Menti Locali sono sperimentati gli effetti del passaggio avvenuto - si è assistito ad una ulteriore divaricazione tra regioni italiane, giacché <<il risparmio di spesa realizzato nel corso dell’ultimo decennio, grazie alla riduzione del costo del debito, è riutilizzato nella medesima area del paese: conseguentemente la spesa primaria complessiva cresce al Centro Nord (dove maggiore era la consistenza, e maggiore è stata la riduzione delle erogazioni per remunerare il debito pubblico a vantaggio di quelle aree) ad un ritmo nettamente superiore rispetto a quello del mezzogiorno>>. La difesa dell’euro ci è imposta dal miglioramento del differenziale tra Nord e Sud in riferimento alla remunerazione del debito, benché non “capitalizzati dalle decisioni della classe politica, ma questo non può impedirci una critica severa della politica della Unione Europea imposta attraverso il fiscal compact (espressione di interessi mondiali finanziari e adottati in Europa come vicolo formale), come ha fatto la stessa Corte costituzionale tedesca (cioè proprio della nazione più inflessibile nella determinazione dei vincoli finanziari) nel giugno 2012, ribadendo il primato della sovranità nazionale in materia di tutela dei diritti sociali. Ma una strana contraddizione emerge dalla constatazione che il processo di “federalizzazione della imposizione fiscale” ha portato proporzionalmente maggiori entrate nella casse delle regioni e dei comuni meridionali, con un incremento assai più rilevante che in quelle degli enti territoriali del Centro Nord, come documenta la ricerca CNEL-Astrid sull’andamento della finanza pubblica. Sono peraltro aumentate anche le dispersioni della spesa grazie a queste maggiori entrate, la proliferazione di nuove istituzioncelle (aziende e consorzi comunali e sovracomunali) ed inutili enti di servizio locali, nonché superfetazioni amministrative, così facendo crescere a dismisura lo spreco

ed il clientelismo, e in specie nel ficativa (40%). Mezzogiorno. Non va dimenticato – in tempi di Quella che non è cresciuta ed è revanchismi neo-borbonici – che anzi diminuita, nonostante le le province del Sud, le quali solo maggiori entrate, è la spesa so- da un secolo e mezzo sono usciciale. Nell’ambito di un Welfare te dal Regno di Napoli, portano locale ormai “in rosso, è scanda- ancora quasi intatto il peso della loso date queste premesse, che arretratezza preunitaria, che lo lo squilibrio esistente tra comu- Stato italiano non aveva affronni del Nord-Est ed in genere del tato alla radice, lasciando che la Nord rispetto al Sud stia crescen- questione meridionale si acuisse do a dismisura. Eppure è ormai e rendesse quella arretratezza evidente che la spesa per Welfare grave dipendenza dal Nord nel non è produttivo, anzi riguarda il sistema unitario. I vizi del cliensettore maggiormente suscetti- telismo, della subordinazione ai bile di sviluppo e produzione di clan di diversa natura (compresi reddito, anche in considerazione quelli familiari) hanno perpetudi nuovi indicatori di benessere ato una sorta di neo-borbonismo in luogo del calcolo puramen- latente che una classe politica te contabile del PIL. Inoltre una locale (molto più che lo Stato raccomandazione che il CNEL ha con la sua azione puramente sansvolto nel suo parere sul federa- zionatoria) poteva contrastare o lismo era rivolta alla necessità di rendere vincente con la ricerca riorganizzazione della macchina del consenso senza prospettive amministrativa degli Enti locali per il futuro, decidendo le sorti del Mezzogiorno, giacché le leggi della democrazia sostanziale per organiche di riordino del settore, una larga area del paese. adottate in pochissime regioni Occorrerebbe tanto più oggi italiane secondo quanto previsto smettere di pensare al problema dalla legge 328/2000, non garan- dello sviluppo meridionale come tiscono neppure i livelli essenziali evento dipendente dalla condidelle prestazioni sociali e socio- zione mera dei trasferimenti di sanitarie. risorse da Nord a Il Prof. Giuseppe Acocella è La spesa per il setSud, sia nella protore sociale dei Co- ordinario di Filisofia del Di- spettiva che lo muni capoluogo è ritto presso l’Università degli squilibrio generato diminuita in questi Studi di Napoli “Federico II dal processo di unianni dell’1.8%, atficazione nazionale testandosi ai 161 euro di media dovesse essere compensato da un nazionale. Al Sud il valore è di intervento straordinario, come solo 105 euro e nel Nord-Est sale spesso viene richiesto da comuni fino a 221 euro. Considerando i e regioni meridionali che non si singoli interventi, per esempio segnalano per virtuosa gestione relativi all’assistenza ai bambini dei beni pubblici, sia nella proin età scolare la spesa media na- spettiva del becero antimeridiozionale è di 52 euro, ma di 37 al nalismo che tende a separare le Sud, e per gli anziani, mentre al sorti del mezzogiorno dalle sorti Nord raggiunge i 201 euro, al Sud dell’intero paese. Si salda qui il risulta di soli 55 euro. Guardando problema della classe dirigente e poi specificamente alla spesa per della crescita di una rete sociale servizi sociali il dato ci interes- e civile palesemente finora mansa su un altro versante: Al Nord cata, dal momento che proprio la la spesa sociale attraverso coo- denuncia di timori che nel Sud le perative e volontariato è del 45 inefficienze della classe politica %, restando dunque alta la spesa e imprenditoriale, della pubblica diretta dei Comuni (55%), mentre amministrazione e il condizionaal Sud sale al 60 %, manifestando mento della criminalità organizuna carenza nei servizi comunali zata compromettessero, distore nella spesa relativa assai signi- cendola, la virtuosa destinazione febbraio 2014

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di quei fondi, ha giustificato la sottrazione governativa, e senza proteste, in direzione di altri impieghi delle risorse destinate dall’Europa al Sud. La crisi, così evidente e lacerante per le famiglie, dell’occupazione nelle regioni meridionali (fortemente segnate, lo ripetiamo, anche al loro interno da squilibri e iniquità sociali e territoriali) è accentuata dalle specifiche difficoltà di accesso nel mercato del lavoro in specie per i giovani e le donne, per i quali quello che è stato definito fenomeno dello scoraggiamento ad accedere al mercato del lavoro regolare è un macigno ed un ostacolo. Quanto pesi su questo la irresponsabilità di una porzione significativa della classe politica meridionale, quando in specie essa induca di fatto col proprio comportamento, anche solo col ritorno a forme di notabilato pre-democratico quando non con una pratica diffusa della corruzione e del clientelismo (in un intreccio perverso con larghe aree delle classi dirigenti più in generale), la diffusione di comportamenti asociali e anomici nei più diversi strati sociali della popolazione, sulla quale incombe la nuova, aggravata incidenza della illegalità diffusa, per cui si assiste ad una riconquista delle aree popolari guadagnate nuovamente al consenso grazie al ruolo di guida che tende ad assumere la criminalità organizzata all’interno del tessuto sociale e popolare e delle istituzioni stesse (il tema delle intermediazioni improprie). Il problema è segnato dal fatto che non sarà comunque realisticamente attuabile alcun valido progetto se non vi sarà un grande recupero di moralità sociale, di “coscienza sociale” e di legalità in un’area in cui comportamenti sociali ed irresponsabilità istituzionali lasciano libero campo alla “riconquista” di ampi strati di popolazione da parte della criminalità organizzata, o, per le aree interne, dal fatalismo che si affida alla passività del clientelismo e

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dell’assistenzialismo felicemente complici. Ed il fronte più esposto è proprio quello dei giovani, non incentivati né a formarsi né a costruire un proprio progetto di impegno professionale e civile. Ma in tutto questo non c’è forse una immediata, innegabile responsabilità dei cristiani ? È da queste considerazioni che nascono centralità ed urgenza del problema della formazione delle nuove generazioni . La domanda se sia dovere dei credenti porsi, anche con sacrificio, il problema della responsabilità che si assume di fronte all’intera comunità nel contribuire alla crescita della consapevolezza che è la premessa allo sviluppo non può che essere positiva. Insomma, é inutile rivendicare più risorse per il Mezzogiorno se non se ne cambia l’utilizzo in una direzione virtuosa. La crisi dell’occupazione giovanile, così evidente e lacerante per le famiglie, nelle regioni meridionali (fortemente segnate, forse inutile ripeterlo, anche al loro interno da squilibri e iniquità sociali e territoriali) è accentuata dalle specifiche difficoltà di accesso nel mercato del lavoro in specie per i giovani e le donne. Non vi è dubbio però che incida fortemente anche l’inadeguato grado e la dubbia qualità complessiva dell’istruzione, nonché la mancata rispondenza degli indirizzi, seguiti da quella parte pur cospicua di giovani meridionali che frequentano scuole ed

Università, rispetto al potenziale sviluppo dell’attività economica e del mercato del lavoro nelle aree meridionali (pur in presenza di un forte sistema universitario meridionale). In realtà il capitale umano del Mezzogiorno - i suoi giovani, l’alta scolarizzazione, le sue antiche e qualificate istituzioni formative ed accademiche - rischia di rimanere sprecato, costretto ad emigrare e a rivolgere altrove le proprie attese e le proprie capacità, anche per la carenza ormai strutturale del sistema formativo professionale statale e regionale: l’alta scolarizzazione e la stessa spesa per l’istruzione – come documentato anche dalla Banca d’Italia – non si traduce in offerta di lavoro qualificato per le difficoltà di trovare un’adeguata domanda, nonostante, va ripetuto, la presenza di una formazione universitaria diffusa, con il documentato (dall’ISTAT) abbandono di circa il 20 % dei laureati meridionali verso altre aree del paese, con impoverimento proprio del capitale umano, e della stessa Chiesa del Sud. Questa consapevolezza è diffusa, ma sembra che non solleciti risposte da chi istituzionalmente sarebbe tenuto a darle. Può la comunità cristiana, presente suoi territori nei quali più difficile è la sfida, costituire un punto di coscienza e di riferimento morale e sociale per le nostre popolazioni che guardano con preoccupazione alle difficoltà dello sviluppo?

La Scuola Gli incontri formativi si stanno svolgendo nelle tre Zone Pastorali della Diocesi. Democrazia, Sviluppo, Cittadinanza e Legalità i temi proposti che saranno declinati nelle varie sedi zonali per poi essere approfonditi in appositi incontri diocesani. «La Scuola – ha dichiarato il vescovo Depalma – è un’importante occasione di formazione e confronto per quanti desiderino contribuire alla rinascita del nostro territorio, per tutti gli uomini e le donne di buona volontà che abbiano a cuore la cura del bene comune». Queste le prossime date degli incontri zonali: 1 e 15 marzo 2014, dalle 9:00 alle 12:30, nei seguenti luoghi: I zona pastorale: parrocchia dei Santi Margherita e Potito – Lauro; II zona pastorale: convento di San Vito – Marigliano; III zona pastorale: ex polverificio borbonico, via P. Vitiello – Scafati. Gli incontri a carattere diocesano si svolgeranno invece presso il Palazzo Vescovile di Nola, dalle 9:00 alle 12:30: 8 e 22 marzo 2014. A pag.12 il racconto dei primi due incontri a cura di uno studente della II zona pastorale


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Il punto sulla democrazia

I primi due incontri di formazione della scuola sociopolitica diocesana

Istruzione, educazione e bene comune L’Ufficio scuola vero il 10 maggio con Papa Francesco

Per una sanità a misura d’uomo

Incontro pubblico sul dolore organizzato dall’AMCI di Nola

La scelta democratica

L’Azione Cattolica di Nola elegge il nuovo consiglio

La gioia di dire sì: per sempre

S.Valentino a Roma: due fidanzatici raccontano le emozioni dell’incontro con Papa Francesco

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mensile della Chiesa di Nola

I primi due incontri di formazione della scuola sociopolitica diocesana

il punto sulla democrazia di Daniele De Somma

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La nostra Costituzione è chiamata democrazia perché il potere è nelle mani non di una minoranza ma del popolo intero». Queste parole, contenute nel preambolo della costituzione europea, riecheggiano quelle attribuite da Tucidide a Pericle, nel suo famoso discorso agli Ateniesi, datato intorno al 430 a.C. È iniziato così, dalla storia, il terzo anno della Scuola diocesana di Formazione all’Impegno sociopolitico. A farvi riferimento è stato don Pino De Stefano, insegnante di Filosofia, intervenuto al primo incontro della seconda zona diocesana, svoltosi a Marigliano: è partito dalla Grecia, perché la democrazia è nata, per giungere, attraverso un excursus della parola e dell’idea di democrazia, fino ai giorni nostri. La classe era composta da circa 40 partecipanti, provenienti da ogni campo lavorativo e personale: professionisti, pensionati e studenti,

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Gli spunti di riflessione che si sono molti anche già impegnati in politica e nelle varie associazioni del terri- consolidati durante il secondo incontro, quello diocesano, al quale torio. Una classe molto sollecitata dal è intervenuto il prof. Umberto Rontema e che ha partecipato con nu- ga, docente di Diritto Costituzionale all’università Federico II di Napoli merosi interventi e domande. che ha affron«Pur di trovare un percorso I docenti delle altre due zone, che hanno tato il tema comune nella svolto i loro interventi a Lauro - I zona - “ D e m o c r a z i a : stesura della e Scafati - II zona - sono stati il prof. Giu- elementi per il costituzione eu- seppe Scafuro e il prof. Luigi Conventi. cambiamento” in modalità diaropea – ha spieQuesto terzo anno di scuola di politica logica, dando gato don Pino ha visto più che raddoppiare gli studenti, largo spazio alle De Stefano – si complice anche la scelta di dividere le domande e alle è voluto partire da Pericle, tra- lezioni nelle varie zone della diocesi e di riflessioni dei visando in qual- fissare gli incontri il sabato mattina alle presenti. Domande che che modo le sue 9, così da ottimizzare al minimo i possiparole: infatti bili disagi derivati dal doversi spostare e hanno riguardato, prevalentel’idea che “il dagli impegni di lavoro di ognuno mente, la propopolo intero” posta di legge dovesse partecipare alla vita pubblica è lontana dal elettorale del neo Presidente del pensiero di quell’epoca, dove erano Consiglio Matto Renzi e i suoi risvolti escluse tutte le donne e gli strati più in termini di rappresentanza e scelta da parte degli elettori. bassi della società». Più in generale molta è stata la diffidenza mostrata dagli studenti per un sistema politico che spesso, come alcuni hanno evidenziato, finisce per tradire gli ideali “democratici”, intesi come “governo dei molti” e sconfina in classi politiche autoreferenziali. Il pericolo è quindi che gli ideali democratici vengano travisati. «Ci tengo a precisare però – ha commentato il prof. Ronga – che la nostra costituzione è davvero la più bella del mondo, quindi basterebbe fare attenzione ai suoi dettami per far sì che il nostro sistema politico garantisca il giusto grado di rispetto di maggioranze e minoranze per la gestione della macchina statale». L’ultima parte del corso è stata dedicata ai laboratori, dove quelle che erano nozioni teoriche si sono trasformate in proposte concrete e spunti di lavoro per i mesi a venire. In particolare si è sottolineata la necessità di creare un osservatori tematici nelle tre zone così da poter essere informati e contribuire alle varie azioni miranti alla tutela del bene comune.


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L’Ufficio Scuola verso il 10 maggio con Papa Francesco

Diocesi

Istruzione, educazione e bene comune di Alfonso Lanzieri

La Chiesa per la scuola” è il titolo del percorso iniziato nel maggio dello scorso anno per sensibilizzare le comunità cristiane, le istituzioni e il territorio a prendersi ancora più cura di tutto il mondo della scuola. La Chiesa italiana ha scelto di riservarle in questi anni un’attenzione del tutto speciale, spinta dal desiderio che essa migliori in salute e diventi ciò per cui è stata pensata, ovvero un ambiente educativo e un luogo di crescita globale per tutti coloro che la abitano. «La Chiesa è per la scuola, perché la Chiesa ha a cuore i ragazzi e i giovani, ha a cuore la famiglia, ha a cuore la società intera. La Chiesa è per la scuola perché la scuola fa parte – una parte decisamente essenziale – del bene comune» ha detto S.E. Mons. Gianni Ambrosio, presidente della commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, concludendo i lavori del laboratorio tenuto a Roma nel maggio scorso e che ha aperto il percorso ora entrato nel vivo. Natural-

mente questa specifica attenzione va letta nel più ampio orizzonte dell’attenzione riservata al tema dell’educazione dalla Chiesa italiana per il decennio 2010-2010. Il momento clou di tale cammino sarà l’evento di sabato 10 maggio 2014 in Piazza San Pietro con Papa Francesco. Il Papa incontrerà gli alunni di tutte le scuole italiane (statali, paritarie e istituti di formazione professionale), i loro genitori, gli insegnanti, i dirigenti e quanti condividono progetti e iniziative educative. Anche la diocesi di Nola, attraverso l’impegno dell’Ufficio Scuola diocesano, è pienamente inserita in questo cammino. Il 4 febbraio scorso, presso il Seminario Vescovile di Nola si è tenuto un incontro dal titolo “La scuola di oggi, tra gioie e difficoltà. Perché una pastorale della scuola?” con la partecipazione di don Virgilio Marone, responsabile dell’Ufficio Scuola della diocesi di Nola e anche di quello regionale, di S.E. Mons. Giuseppe Giudice, vescovo delegato della Confe-

renza Episcopale Campana, e inoltre, come relatori, Don Maurizio Viviani, direttore dell’Ufficio per l’Educazione, la Scuola e l’Università della Cei e il Dott. Michele Montella, dirigente scolastico. Inoltre, nel contesto del cammino sinodale diocesano, l’Ufficio Scuola di Nola propone agli studenti un percorso di formazione sul tema della “difesa dell’ambiente e gli stili di vita”. Il progetto intende coinvolgere, per il corrente anno scolastico, le scuole secondarie superiori che si trovano sulla direttrice Sant’Anastasia – San Giuseppe Vesuviano e Palma Campania – San Gennaro Vesuviano con incontri previsti al momento nel mese di marzo. L’iniziativa prevede anche un incontro tra le comunità scolastiche e il vescovo di Nola, Mons. Beniamino Depalma. Momenti di formazione, quindi, che hanno un grande valore educativo sia in sé stessi, sia in quanto tappe di un percorso più ampio, che terminerà con l’abbraccio tra gli alunni e Papa Francesco.

Incontro pubblico sul dolore organizzato dall’AMCI di Nola

Per una sanità a misura d’uomo di Giuseppe Giuliano

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a sezione diocesana di Nola, “santa Gianna Beretta Molla”, dell’Associazione Medici Cattolici ha organizzato e felicemente attuato, sabato 25 gennaio 2014, un “Incontro pubblico” nell’ Aula Magna dell’Università “Parthenope” in Nola. Il tema dell’Incontro: “Per una sanità a misura d’uomo. Il coraggio di vivere: riflessioni sul dolore”. Per una sanità a misura d’uomo: è il ritornello che accompagna le iniziative della Sezione e intende esprimere la scelta di fondo che guida il cammino del nutrito Gruppo locale dei Medici Cattolici. Il dolore è esperienza frequente in corso di malattia, spesso segnale importante per la diagnosi, fattore sensibile nell’indicarne evoluzioni (positive o negative), presenza ineliminabile nell’applicazione di molteplici procedure diagnostiche e/o terapeutiche e fonte permanente di paura e di ansia. Il dolore è un sintomo trasversale, che indipendentemente dalla patologia e dall’età della persona ammalata, ne minaccia in modo deciso l’integrità fisica, psichica e spirituale, e coinvolge non poco i familiari con un notevole impatto sulla qualità della vita. Esso si presenta in una notevole varietà di sfumature e suscita non pochi problemi morali. Dopo i saluti della presidente diocesana AMCI, la dott. Antonetta Carrella, del dott. Geremia Biancardi, sindaco della Città ospitante, e di monsignor Luigi Mucerino, che ha portato l’incoraggiamento dell’Arcivescovo, si è dato inizio al convegno vero e proprio con la partecipe introduzione del dott. Maurizio D’Amora , direttore generale della ASL Napoli3Sud, che ha presentato le iniziative dell’Azienda circa la terapia del dolore e le cure palliative. La prima sessione del convegno, moderata dalla dott Maria Giuliano e dal dott Renato Vitiello, aveva come tema “Il bambino e il dolore”. La dott Franca Benini, dell’Università di Padova, ha parlato de “Il dolore nel bambino” suscitando viva attenzione nel numeroso uditorio. È seguito l’interessante intervento della psicologa, la dott Marisa De Martino, su “Il dolore e la paura del bambino nella relazione di cura”. Dopo uno spazio dedicato all’approfondimento assembleare, durante il quale il prof Giuseppe Battimelli e il prof Aldo Bova hanno portato il gradito saluto dell’AMCI Nazionale, si è passati alla seconda sessione moderata dal dott Felice Avella e dal dott Giuseppe Oriolo, su “L’adulto e il dolore”. Hanno presentato il loro appassionato contributo il dott Fabio Borrometi su “Il dolore procedurale” e il dott Antonio Maione su “Il dolore nell’adulto”. Don Giuseppe Giuliano, consulente ecclesiastico della locale Sezione dell’Associazione, ha relazionato, da teologo moralista, su “Il dolore, un grido di vita. Note di etica”. Alla Presidente diocesana è toccato il compito di trarre le note conclusive dell’incontro. Il convegno, svoltosi con la segreteria scientifica della dott Carrella e della dott Giuliano e ha visto la partecipazione di più di duecento persone in maggioranza medici.Ogni anno, accanto alle iniziative più propriamente formative per i soci e le loro famiglie, la Sezione nolana desidera offrire uno o due appuntamenti pubblici nel tentativo sempre ripetuto di “umanizzare la medicina” e di rendere testimonianza – in un territorio complesso e conflittuale e in quella particolare “frontiera esistenziale” che è il mondo della sanità – della “sempre nuova” ed impegnata solidarietà che sgorga dalla fede. febbraio 2014

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mensile della Chiesa di Nola

L’Azione Cattolica di Nola elegge il nuovo consiglio

La scelta democratica di Alfonso Lanzieri

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o scorso 16 febbraio l’Azione cattolica diocesana ha vissuto un importantissimo momento del suo percorso al servizio della Chiesa di Nola: le elezioni per il rinnovo del Consiglio diocesano, occasione concreta di corresponsabilità e democraticità. Circa trecento delegati delle parrocchie in cui è presente l’associazione si sono ritrovati presso il Seminario vescovile di Nola per rinnovare i membri dell’organo espressione dell’intera associazione, e che avrà il compito di esprimere il nuovo presidente diocesano e i responsabili dei vari settori - gli adulti, i giovani e l’ACR. Dopo la celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo di Nola, Mons. Beniamino Depalma, è stata l’ora dell’assemblea dei delegati, durante la quale la presidente diocesana, Giuseppina De Simone, nella commossa relazione alla fine del suo secondo e ultimo triennio di servizio, ha illustrato il bilancio dell’esperienza e del lavoro di sei anni, raccontando le fatiche e le bellezze incontrate lungo il cammino, indicando le méte future ed esprimendo profonda gratitudine per tutti quelli che hanno collaborato con lei nell’impegno diocesano di questi anni e, anzitutto, per

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la mano provvidente di Dio che ha accompagnato attimo dopo attimo i suoi sforzi e quelli di tutte le associazioni parrocchiali. Presenti l’assistente unitario diocesano, Don Alessandro Valentino, il vescovo Padre Beniamino e il presidente nazionale Franco Miano, che non ha voluto far mancare il suo caloroso saluto, l’assemblea ha approvato il documento assembleare di fine triennio, elaborato dal consiglio diocesano uscente, che riassume in maniera organica e puntuale il lavoro fatto e definisce le linee guida da lasciare in eredità ai prossimi responsabili. Nel primo pomeriggio, dopo pranzo, si sono tenute le operazioni di voto attraverso le quali i delegati hanno espresso i componenti del nuovo consiglio diocesano che resterà in carica per il prossimo triennio 2014-2017. Nella testimonianza di tre partecipanti le impressioni e le emozioni della giornata. Antonio Romano La giornata di ieri è stata un’occasione per fare nuovamente esperienza e memoria della grandezza dell’Azione Cattolica, che è un’associazione che riesce a coniugare la gioiosità con la serietà, la demo-

crazia rappresentativa con la corresponsabilità di ogni socio, la fede e il culto con l’impegno educativo sui territori. Anche le votazioni si sono svolte serenamente e nel rispetto dell’importanza del momento per l’associazione. Torno da questa giornata con la rafforzata convinzione di quanto ci sia bisogno dell’AC nella Chiesa e in questo paese. Carmine Trocchia “Tu chiamale se vuoi… emozioni”… Nella giornata di Domenica 16 Febbraio le vere protagoniste sono state loro, le emozioni: emozioni di gratitudine alla presidenza e al consiglio uscenti, per aver offerto in questi anni il proprio servizio gratuito per rendere bella l’AC di Nola; emozioni di commozione per il “congedo” della presidente Pina De Simone, che in questi sei anni ha speso energie, intelligenza, passione e creatività per la nostra AC; emozioni di gioia ed entusiasmo nel vivere insieme la democraticità dell’associazione di cui tutti siamo corresponsabili; emozioni di speranza e fiducia per il nuovo triennio, che il nuovo consiglio possa camminare insieme e con la gioia del servizio sappia accompagnare l’Associazione in questo cammino di


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Diocesi

condivisione e corresponsabilità che rende bella la Chiesa del Concilio; infine emozioni di fraternità nel ritrovarci tutti lì con diverse, anche diversissime, esperienze, ognuno con una storia propria, originale, ognuno fatto a modo suo, ognuno unico, ma tutti associati, tutti uniti da quella grande realtà che è l’AC. Annamaria Cerciello L’esperienza di oggi mi ha fatto capire cosa realmente rappresenta la “Azione Cattolica” . Non si può pensare ad essa come ad una semplice aggregazione di persone perché è molto di più...l’ Azione Cattolica è una vera e propria famiglia fondata sul concetto della “condivisione”. Molto toccante è stato il discorso fatto dalla uscente presidente Pina De Simone,in particolare una sua frase “siete la luce dei miei occhi” (con riferimento a tutti i tesserati AC ) con la quale ha trasmesso a pieno la sua grande dedizione e passione nello svolgere questo importantissimo ruolo. Inoltre aggiungo che oggi Pina è stata l’esempio per antonomasia di come l’ Azione Cattolica non è solo un’associazione ma è parte viva di te, parte della tua formazione e parte della tua vita. febbraio 2014

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mensile della Chiesa di Nola

S.Valentino a Roma: due fidanzatici raccontano le emozioni dell’incontro con Papa Francesco

La gioia di dire sì: per sempre di Giuseppe Ambrosio e Maria Villani

Un matrimonio non è riuscito solo se dura, ma è importante la sua qualità: stare insieme e sapersi amare per sempre...”... queste le parole di Papa Francesco a tutti noi futuri sposi, parole semplici ma che colpiscono dirette al cuore e ci invitano a riflettere su questo importante passo. Raccontare in breve la giornata vissuta accanto a tante altre giovani coppie appartenenti alle diverse Parrocchie della Diocesi di Nola è impossibile, indescrivibile, tante sono state le emozioni e l’altissimo valore degli insegnamenti del Santo Padre, ma ci proveremo. Piazza San Pietro il 14 febbraio si è riempita di quasi trentamila fidanzati, provenienti da 28 Paesi, per l’incontro con Papa Francesco nel giorno di San Valentino. L’udienza, riservata ai futuri sposi che partecipano ai cammini di preparazione al matrimonio, all’inizio si sarebbe dovuta tenere nell’aula Paolo VI, ma visto l’elevato numero di richieste si è deciso di spostare il tutto sul sagrato dalla Basilica. In attesa dell’incontro con il Pontefice, la piazza è stata animata con musica, canzoni, danze e testimonianze: l’amore è stato raccontato in tutte le sue forme e sfaccettature in un’atmosfera intrisa di emozione. Sono tante le domande che attanagliano la mente nel percorso di preparazione al matrimonio, i dubbi, le paure... il santo Padre ha saputo rispondere, con la dolcezza e la tempra che gli appartengono, a quesiti posti da alcune coppie, riguardanti la difficoltà attuale di compiere una scelta definitiva, le qualità della famiglia cristiana, lo stile da scegliere per la celebrazione del sacramento. La nostra è stata definita una scelta “controcorrente” rispetto alle convenzioni e convinzioni maggiormente diffuse in una realtà individualista che preferisce perseguire un percorso provvisorio e precario, che ha quasi paura di

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fare scelte definitive, per tutta la vita. Proprio questa mentalità, infatti, porta tanti che si preparano al matrimonio a dire ‘stiamo insieme finché dura l’amore’. “Ma cosa intendiamo per amore? – ha chiesto il Pontefice - solo un sentimento, uno stato psicofisico? Se è questo, certo non ci si può costruire sopra qualcosa di solido”. A tal proposito il Santo Padre ha sottolineato a tutti noi giovani sposi che il matrimonio è una realtà che cresce quotidianamente e che si costruisce come una casa e “la casa si costruisce insieme e non da soli”, fondandola su delle fondamenta solide rappresentate dalla roccia dell’amore vero per vivere insieme per sempre e non sulla “sabbia dei sentimenti che vanno e vengono”. “La gioia del sì per sempre”... È questo il messaggio che Papa Francesco ha voluto affidarci e come sigillo di questa giornata ci ha donato

un cuscinetto sul quale si poseranno le fedi nuziali, esso simboleggerà la Sua presenza con noi in quel giorno così importante. Il Papa ha detto che amarsi è quasi un «lavoro artigianale» che va compiuto con pazienza, giorno per giorno, con obiettivi precisi: “Il marito ha il compito di fare più donna la moglie e la moglie ha il compito di fare più uomo il marito”, suggerendo a tutti gli sposi di pregare così “Signore dacci il nostro Amore quotidiano” soltanto in questo modo l’amore di tutti noi sarà capace di rinnovarsi di fronte ad ogni difficoltà. Il segreto di porre in essere un cammino “per sempre” è quello di perseguire delle regole che possono riassumersi in tre parole che più volte ha già suggerito in altre occasioni: permesso, grazie e scusa...mai andare a letto senza aver fatto prima la pace!

in Dialogo mensile della Chiesa di Nola Redazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na) Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985 Direttore responsabile: Marco Iasevoli Condirettore: Luigi Mucerino In redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 alfo.innuendo@hotmail.it], Mariangela Parisi [333 38 57 085 indialogo.parisi@gmail.com], Mariano Messinese, Antonio Averaimo, Vincenzo Formisano Stampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na) Chiuso in redazione il 24 febbraio 2014 In copertina: opera materica di don Carlo Tarantini


In ch oc rr Pa ia

Fonti di autostima

A Nola un corso per divenire life-coach promosso dal Centro Sportivo Italiano

Teatri del Sacro a Sud

Tra le parrocchie partecipanti anche quella di S.Francesco di Paola a Scafati

Il valore della comunitĂ

La festa giovani della parrocchia del Carmine di Mugnano del Cardinale

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mensile della Chiesa di Nola

A Nola un corso per divenire life-coach promosso dal Centro Sportivo Italiano

Fonti di autostima di Fabio Tarantino

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a avuto inizio venerdì 14 febbraio, presso la Parrocchia Maria SS. della Stella di Nola, il corso per formatore sportivo ‘COMUNITA’ A BORDO CAMPO’, promosso dal CSI di Napoli in collaborazione con l’associazione sportiva “Merliano Tansillo”, Sportmeet, “Il portico di Paolino”, l’azione cattolica “Paolino Iorio” e la pastorale giovanile diocesi Nola. Giuseppe Iorio e Sabrina Di Bari, formatori e promotori del corso, si sono posti come fine ultimo quello di fornire strumenti e competenze adeguate per promuovere dinamiche positive di relazioni. L’obiettivo è quello di indicare la strada ai futuri life-coach, allenatori ai quali non verrà chiesto solo di allenare i propri ragazzi, ma anche di educarli e spronarli, trasmettendo loro quei valori di amicizia e rispetto ormai rari nello sport moderno. “Non credo si possa essere un buon educatore se prima non si conoscono i propri limiti. Voglio superare le mie insicurezze per aiutare gli altri”. È questo il pensiero di Biagio, futuro life-coach, al termine del primo dei dieci incontri nel quale si è trattato il delicato tema dell’autostima; “a volte - ha proseguito Biagio – si pensa che essere adulti non voglia dire aver bi-

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sogno di insegnamenti, invece ho notato con piacere che molte persone si sono messe in discussione”. “Le mie prime impressioni sono molto positive, attraverso attività pratiche e teoriche abbiamo imparato tanto”. Il giovane Alessandro, pronto a rivestire in futuro i panni del formatore, ha focalizzato l’attenzione sull’impostazione data al primo incontro. Attraverso l’ausilio di filmati e giochi interattivi, tanti ragazzi hanno potuto ascoltare gli altri imparando a conoscere meglio se stessi, ammettendo le proprie debolezze senza quel fastidioso timore di essere giudicati gratuitamente. ‘Essere noi stessi fonti di autostima’ è lo slogan che il corso intende lanciare, per far luce sull’importanza della propria persona nei rapporti con gli altri; in quegli ambienti come la famiglia, la scuola e gli amici dove sin da piccoli iniziamo a prendere confidenza con le nostre possibilità ed i nostri limiti, che possiamo superare grazie all’aiuto di tutti ma solo confidando in noi stessi. Chiunque da un momento all’altro può crollare e sentirsi impotente, inutile, inadeguato come insegna la figura di Rocky Balboa, pluricampione di pugilato, che si ritrovi improv-

visamente imprigionato nella paura di non riuscire ad essere all’altezza della propria famiglia, sdoppiando la figura di campione invincibile e di uomo, debole come la sua specie. Solo l’amore della moglie Adriana riuscirà a smuoverne lo spirito e a dargli quella forza che, comunque, andava ricercata solo in se stesso. “Non permettere mai a nessuno di dirti che non sai fare qualcosa. Quando le persone non sanno fare qualcosa, lo dicono a te che non la sai fare” è il messaggio invece che Will Smith, nel film ‘La ricerca della felicità’, lancia al figlioletto Christopher. Nessuno, neanche un genitore, può distruggere il nostro sogno più prezioso. I sogni vanno protetti, ma prim’ancora vanno coltivati con convinzione. La stessa che manca a Brock, un giocatore di football americano, nel film “Facing the giants”. Servirà la punizione inflittagli dal proprio allenatore a fargli capire l’importanza che la fiducia in noi stessi riveste in ogni cosa che facciamo: perdere in partenza non fa altro che acuire le difficoltà di qualsiasi impresa. Albert Einstein diceva: “Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la vita a credersi stupido”.


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Parrocchia

Tra le parrocchie partecipanti anche quella di S.Francesco di Paola a Scafati

Teatri del Sacro a Sud di Mariano Messinese

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perimentare e riflettere. Sono questi gli obiettivi del progetto Teatro del Sacro (http://www.iteatridelsacro.it/). Non si tratta di un laboratorio, né di una vetrina. Piuttosto di un’avventura artistica alla ricerca delle connessioni fra arte, fede e filosofia. Quest’anno il progetto sbarca anche nel Mezzogiorno, nell’ambito della manifestazione “I Teatri del Sacro nel Sud Italia”. Dal 9 al 26 aprile, andranno infatti in scena 11 spettacoli che vedranno impegnate 3 compagnie artistiche e una orchestra. Anche il territorio della Diocesi di Nola sarà interessato dalla manifestazione. Si parte il 10 aprile nella parrocchia di San Francesco di Paola Nuova a Scafati. Il sipario si aprirà per la “Compagnia Teatri 35” nata 15 anni fa e molto attiva nel territorio napoletano. Il suo tratto più originale è l’indagine sui punti di contatto tra le arti visive e la drammatizzazione. Proprio come si evince nell’opera “Labirinto” che la compagnia rappresenterà a Scafati. Gli attori saranno accompagnati da una traccia musicale e realizzeranno dal vivo opere di pittori celebri che raffigurano icone sacre. Ma come la plastilina, queste tele umane si scomporranno e ricomporranno per diventare soggetti di altri dipinti. Il risultato è un dinamismo che mette

in cammino la mente dello spettatore verso un viaggio interiore, che tende a un centro divino sempre sfuggente. Proprio come in un labirinto, dove ogni passo è incerto e il rischio è quello di tornare al punto di partenza. I bambini ci guardano. È vero. Ma ci interrogano anche. E spesso non sappiamo rispondere alle loro domande. Soprattutto quando toccano l’esistenza di Dio. Anche per questo motivo, l’associazione culturale italo-portoghese “Causa”, fondata nel 2005 dall’attrice Laura Nardi e dal regista Amandio Pinheiro, ha deciso di presentare domenica 13 aprile, sempre nella medesima parrocchia: “Storie del Buon Dio”. È una raccolta di tredici racconti , incentrati sulla figura di Dio, scritti da Rainer Maria Rilke, poeta, scrittore e drammaturgo austriaco di origine boema, vissuto tra XIX e XX secolo. Le storie sono rivolte, però, non ai bambini, ma a chi deve soddisfare la loro infinità curiosità, cioè agli adulti. I protagonisti sono un uomo e una donna, Georg e Klara che si ritrovano in un surreale “Ufficio domande rimaste senza risposta”. E dai loro dubbi prendono forma e respiro le vicende che risponderanno ai quesiti dei più piccoli. Anche la Compagnia Carullo- Minasi si esibirà nella stessa location.

E lo farà lunedì 14 aprile con “T/Empio, critica della ragion giusta”. Una piece teatrale che gioca con le parole nel titolo e nel sottotitolo, dove si fa il verso allo sforzo critico di Kant. Ma lo scherzo finisce qui, perché i temi trattati sono molto seri. A cominciare dall’ambientazione. Sui gradini di un tribunale si incrociano due uomini. Sono entrambi parti in causa di due processi, però diversi. Uno è l’accusante, l’altro è l’accusato. Dal loro inatteso incontro nasce un dialogo, di impronta platonica, sui temi del Sacro e dell’Empio. Concetti opposti, ma che la magia argomentativa trasforma in rovesci della stessa medaglia. Il confronto e la parola ripulita dal suo contenuto di routine diventano così condizioni essenziali per la ricerca della verità. Il fine di questo teatro sperimentale. E della vita umana.

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mensile della Chiesa di Nola

La festa giovani della parrocchia del Carmine di Mugnano del Cardinale

Il valore della comunità

di Michela Ilenia Ambrosino

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rande successo per la “Festa dei Giovani 2014”, un evento giunto con entusiasmo alla sua quarta edizione. Come sempre ideatore di questo appuntamento tanto atteso, è stato Don Giuseppe Autorino, parroco dalla Parrocchia “Maria SS. del Carmine e San Liberatore” di Mugnano del Cardinale, in collaborazione con alcuni dei ragazzi del gruppo giovanile parrocchiale. L’impegno di tutti è stato grande e grazie ad una perfetta sinergia tra lavoro e dedizione, il risultato è stato, ancora una volta, straordinario. Insieme, collaborando attivamente, abbiamo potuto mantenere la promessa di un momento di grande valore per l’intera comunità. Così, all’insegna dell’amicizia, tanti giovani, e meno giovani, hanno raccolto con gioia la possibilità di divertirsi, arricchendo, al contempo, se stessi e gli altri con la propria generosità. L’intero ricavato della serata, infatti, verrà destinato per opere di solidarietà, valore protagonista, seppur silenzioso, dell’intero evento. In linea con il tema scelto quest’anno, gli anni ‘60 e ‘70, nessun particolare è stato dimenticato o trascurato! Nella sala, riservata presso il risto-pub “Vicolo Parià”, ritrovo abituale dei giovani del territorio, ogni dettaglio, dalle decorazioni ai fiori ai dischi in vinile, in

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perfetto stile vintage, celebrava quello che nei ricordi di tutti resta un ventennio simbolo di ottimismo, fiducia e sano divertimento: ciò di cui oggi sentiamo ancora, e più che mai, il bisogno. Ciascuno, inoltre, sia tra gli organizzatori che tra gli ospiti ha potuto ritoccare il proprio look per calarsi al meglio nella giusta atmosfera e, perché no, per provare ad aggiudicarsi il titolo di Miss. e Mr. della serata. Due giovani, infatti, sono stati scelti per lo stile più attento e attinente alla moda di quei fantastici anni e premiati tra gli applausi e la complicità collettiva. La stessa partecipazione corrisposta per l’intero scorrere della festa, in cui, davvero tutti si solo lasciati trascinare dalla grande allegria generale, servendosi di questo singolare momento di agape fraterna per conoscersi o semplicemente ritrovarsi, gustare insieme il ricco buffet di prodotti tipici locali, rustici e dolci realizzati dalle mani fidate di amici e parenti della stessa comunità ed infine per scatenarsi in pista e cimentarsi in memorabili balli del passato. Ad impreziosire la serata, due momenti davvero speciali. Il primo con la testimonianza di Giovanni De Luca e Luigi Miele, rispettivamente presidente e vicepresidente della sezione UILDM (Unione

Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Cicciano, che concedendosi con simpatia alle domande di una breve ma intensa intervista, ci hanno regalato un momento di riflessione e gioia che ha raggiunto e travolto tutti. Perfettamente inseriti nell’atmosfera e nelle dinamiche della serata, entrambi hanno dimostrato, ancor prima che con le parole, l’entusiasmo per la vita che, nonostante le difficoltà di ogni giorno e le barriere architettoniche che instancabilmente provano ad abbattere, rimane la cosa più bella e preziosa. Un dono ricevuto dal Signore, per amore, che con amore va rispettato e valorizzato in ogni suo istante. In conclusione della serata, il secondo emozionante momento. Prima dei saluti e delle foto di rito, non potevano mancare le immagini dell’amato Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù tenutasi a Rio de Janeiro la scorsa estate. Una sequenza di momenti e parole che ciascuno, ne siamo certi, ha raccolto nel cuore e portato via con se tornando a casa. Il suo è anche il nostro messaggio, vincere la sfiducia nonostante la corruzione e l’oscurità che spesso ci circondano, sperando nel futuro, portando la luce di Cristo ovunque con coraggio e vigore e operando senza sosta allo promozione e alla realizzazione del bene comune.


In a ric

b Ru

La strada della morte

Sindaci e cittadini chiedono misure urgenti per la messa in sicurezza della Strada statale 268

Bibliofilo, collezionista, Nolano

Ritratto del dott. Luigi Vecchione, spentosi lo scorso mese, all’età di 97 anni

La chiesa di san Felice nella Terra di Palma

La ricerca si raccorda alle indagini sulla domus ecclesiae nella Basilica Cattedrale di Nola

Una cosa sola

Dialogo interreligioso e dialogo ecumenico a confronto

Educare narrando

A Scisciano presentato “Secchio e la luna” di Giuseppe La Rezza

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mensile della Chiesa di Nola

Sindaci e cittadini chiedono misure urgenti per la messa in sicurezza della Strada statale 268

La strada della morte di Antonio Averaimo

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alla sua apertura non ha fatto altro che far discutere. Si tratta della Strada statale 268, presto ribattezzata “la strada della morte” a causa dei numerosissimi incidenti mortali che vi si sono verificati fin dalla sua apertura. Decine e decine di vite, sono terminate sull’asfalto di quella che doveva essere esclusivamente la strada che unisce i Paesi Vesuviani alla città di Napoli. È di inizio anno l’ennesimo incidente mortale, in cui hanno perso la vita 4 persone: Mario Boccia e Giovanni Tortora, giovanissimi, rispettivamente 24 e 22 anni; e una madre ed un figlio di nazionalità polacca: Rota Kowalski, 45 anni e Jan Klose Kowalshe, 26. Di lì è stato tutto un susseguirsi di iniziative da parte degli Enti locali per cercare di mettere fine all’ecatombe di morti a cui si assiste da anni. Ad ogni tragedia ci si sente rispondere che è la scarsa attenzione degli automobilisti la causa principale degli incidenti. Vero. Probabilmente, la larga parte degli scontri mortali avvenuti sulla SS 268 non avrebbero mai avuto ragione di verificarsi se vi fosse stata la necessaria attenzione da parte degli automobilisti che hanno causato gli in-

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cidenti risultati poi fatali alle tante vittime della strada. Eppure restano parecchi nodi insoluti circa la reale sicurezza dell’arteria, quotidianamente attraversata da migliaia di autovetture. Proprio su questi nodi è partita l’offensiva dei Comuni Vesuviani, che non hanno mancato negli ultimi mesi di far sentire la propria voce presso gli Enti competenti. Il più attivo di tutti è stato il sindaco di Ottaviano, Luca Capasso, che ha promosso incontri e lanciato numerose iniziative con i propri colleghi per cercare soluzioni al problema SS 268. È stato stilato un documento congiunto, firmato da tutti i primi cittadini dei Comuni attraversati dall’arteria, diretto al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi, al Prefetto di Napoli, all’Anas e alle Procure della Repubblica di Nola e Torre Annunziata. I primi cittadini chiedono di adottare, in tempi rapidissimi, urgenti misure: interventi tecnici volti alla messa in sicurezza della strada; installazione, previa verifica e compatibilità tecnica, di spartitraffico nei due sensi di marcia e nelle rampe di accesso e di uscita; avvio di una campagna di informazione tesa ed educare gli

utenti sul rispetto delle regole del codice della strada; installazione di illuminazione idonea lungo tutto il percorso della 268, ed in particolare in prossimità degli svincoli; intensificazione dei controlli delle forze dell’ordine ed in particolare in prossimità degli svincoli; istituzione di un tavolo tecnico presso la Prefettura che preveda una delegazione dei sindaci interessati. Nelle scorse settimane, anche la Chiesa di Nola ha voluto far sentire la propria voce sulla questione. Il vescovo Beniamino Depalma ha voluto incontrare il sindaco di Ottaviano, Capasso. Parole di incoraggiamento quelle del prelato al primo cittadino ottavianese e ai sindaci impegnati nella battaglia per la sicurezza della SS 268: «La Chiesa di Nola non può non contribuire a mantenere alta l’attenzione perché la Strada statale 268 non costituisca più un pericolo per la vita dei cittadini. Per questo invito i soggetti istituzionali atti a risolvere il problema, a trovare una soluzione immediata, ed esprimo la mia solidarietà ai sindaci e ai cittadini impegnati perché si adottino interventi rapidissimi e non si giunga alla chiusura della Strada statale 268».


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Rubrica

Ritratto del dott. Luigi Vecchione, spentosi lo scorso mese, all’età di 97 anni

bibliofilo, collezionista, Nolano di Vanda Ambrosio

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ecano della cultura nolana, spesa per una vita a vantaggio sempre della città, il dott. Luigi Vecchione si è spento in età avanzata tra il rimpianto e la nostalgia di chi lo ha conosciuto, per quel suo modo di essere e di sentirsi in nella civitas nolana, membro attivo e autorevole di quella calma, quieta borghesia intellettuale del novecento che ha dato sempre lustro nel corso del tempo al variegato universo culturale della città. Sempre presente e attivo. Il suo ruolo a Nola è stato soprattutto di animatore, battendo per circa un cinquantennio tutti i sentieri di un percorso di vita frenetica teso all’estrinsecazione delle sue passioni più tenaci: diffondere, far conoscere e praticare la cultura nolana attraverso i suoi libri che egli, con ammirevole dedizione, ha raccolto, catalogato e sistemato nella sua bella biblioteca sull’attico di via Vivenzio, la sua abitazione. In questo luogo elegante e signorile, ricoperte le pareti di libri e quadri di valore, ha vissuto una vita felice con la moglie Rosa, sua compagna di vita e collaboratrice, trepida ancella dei suoi interessi entusiastici. Sempre al suo fianco, ad accogliere, collaborare, aiutare gli studiosi nella ricerca di libri utili, introvabili ma presenti negli scaffali di legno pregiato, arredo della sua casa insolitamente accogliente e aristocratica. Straordinario ritrovo culturale per chi volesse trovare Nola e le sue memorie, nei libri, nelle testimonianze di riviste rare, nei giornali d’epoca, nei documenti originali sulla Festa dei Gigli. Un caleidoscopio di visione della città davvero prezioso per chi voleva documentarsi e far ricerca. Ha dato in quest’ambito, amicizia e collaborazione a chi la chiedeva, dispensando valori umani e culturali. Ma Luigi Vecchione non è stato solo questo, come recita un capitoletto del libricino stampato per lui al tempo della benemerenza cittadina conferitagli dal Comune di Nola nel luglio del 1999. Facendo, un breve excursus sul suo percorso di vita, lo vediamo da giovane impegnato a dar vita alla sua umanità, alle sue passioni, con la consapevolezza di un vivere tutto particolare. E’ stato il tratto distintivo, esibito

e segreto della sua personalità. Laureato in economia, partecipa al secondo conflitto mondiale. Dopo l’armistizio, rientrato a Nola, ancora giovane, si cimenta nell’agire del filone socio - culturale della città ricoprendo varie cariche onorarie come ispettore delle Antichità e della Bibliografia, nomine ricoperte per vari anni. Il contributo più produttivo, Vecchione lo dà in città, fondando il periodico “Opinione” nel 1959, pubblicato in ciclostile fino al 1974 in collaborazione con Gaetano Minieri, altro nolano estroso e impegnato. Indimenticabile pubblicazione, di arte, cultura e umanità nolana, come recitava il sottotitolo, che ha portato allo scoperto, con studi importanti e mirate ricerche, il meglio della storia patria con articoli firmati da studiosi eminenti della Nolanovecento: Luigi Ammirati, Francesco Palliola, Gaetano Minieri, Geppino Iorio, Raffele Iorio e Giuseppe Giusti e tantissimi altri. Nelle attività organizzative in città fonda il circolo artistico “Giovanni da Nola” con sede in piazza Giordano Bruno, accogliendo in richiamo giovani di valore con il talento nascosto della filodrammatica, del teatro, della musica. Si ricordano i fratelli Iorio, Raffaele e Geppino, Pacifico Scotti, attore, Rosetta d’ Eliseo, Gennaro Vecchione, chitarrista, i fratelli Messina, i fratelli d’Eliseo e tanti

altri fermi nella penna. Memorabile anche la celebrazione della Goliardia, adesso scomparsa, con le feste della matricola e i ridanciani “papielli”. Un divertimento aperto a tutti. Era tutto una Nola in felice fermento, in comunione di intenti. Proprio come avveniva al tempo degli Orsini con la loro politica filantropica per, tra l’altro, rendere felici i nolani, con spettacoli e feste davanti alla Reggia nella piazza San Francesco, oggi piazza Giordano Bruno. In tempi più vicini il suo interesse è rivolto a Giordano Bruno per il quale organizza convegni presso il circolo omonimo. Sogna una Fondazione “Giordano Bruno” che in questi ultimi tempi si è realizzata. Crea l’ ”Archeoclub“ - sezione di Nola dando vita ad altre iniziative. In definitiva molteplici sono stati gli interessi diversificati di Luigi Vecchione; ma il suo merito maggiore, è stato alla fine della sua vita, la donazione della sua biblioteca, circa 5000 volumi, riguardanti Nola e la meridionalistica, al Comune di Nola; e la donazione della sua preziosa pinacoteca alla diocesi di Nola. Le suddette ultime donazioni testamentarie danno al dottor Vecchione ulteriore merito per una vita vissuta interamente per la sua città e dei suoi concittadini. Bene meruit. Per sempre a lui il Grazie dei Nolani.

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mensile della Chiesa di Nola

La ricerca si raccorda alle indagini sulla domus ecclesiae nella Basilica Cattedrale di Nola

La chiesa di s.Felice nella Terra di Palma di Maria Maddalena Nappi

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ccolgo volentieri l’invito della Diocesi di Nola a pubblicare alcuni appunti di studio su una chiesa dedicata a san Felice, nel luogo che a Palma ne ricorda la presenza nel toponimo San Felice. La ricerca è ancora in nuce, perché essendosi perduta la testimonianza archeologica della chiesa, siamo risaliti alla sua esistenza attraverso documenti d’archivio. La relazione, che qui segue, si raccorda alle indagini sulla domus ecclesiae della cappella del duomo di Nola, condotte dalla dott. ssa Antonia Solpietro e dall’archeologo Nicola Castaldo ed agli studi sulle passiones di San Felice da parte del prof. Edoardo D’angelo del Suor Orsola Benincasa, che riferisce di una passio, dove si indica Palma, come luogo del martirio. Nel 2001-2002, nell’annuario del Liceo Classico Antonio Rosmini fu pubblicato dalla scrivente, in un saggio sulle edicole votive di Palma, un breve riferimento all’affresco di san Felice, nell’incrocio, sviluppatosi urbanisticamente nel XVIII secolo, che prende il nome dal santo. Il dipinto è racchiuso in un cartiglio ovale in stucco, protetto da un vetro, e raffigura san Felice, secondo l’iconografia più attestata sul territorio, con la mitra e il pastorale, simboli dell’autorità vescovile. È evidente che la rappresentazione iconografica del santo nell’incrocio detto San Felice è legata alla città di Nola e al suo vescovo, data la collocazione dell’edicola lungo la strada che prosegue verso quella città, che nella crisi dell’impero romano fu una delle prime sedi dell’autorità vescovile. L’edicola è collocata sullo spigolo dell’edificio, che si innalza tra via San Felice e via Nola, con ogni probabilità in sostituzione di una croce di legno, che nel Settecento era stata eretta a cura dell’Università di Palma, nel luogo detto San Felice. Dai conti dell’Università di Palma del 1745, infatti, si viene a sapere che gli eletti di Palma erogarono un ducato per un trave servito per la croce di san Felice, un carlino e cinque grana furono pagati a

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Gioachino della Nunziata e Martino Preziuso per aver posto la croce nel luogo detto S. Felice e fabricatori. A conclusione del lavoro furono erogati tre ducati a Francesco di Manzi. Le spese complessive ammontavano a una cifra ragguardevole, così da far supporre che la croce doveva essere di grande dimensione o particolarmente decorata. In seguito a successive ricerche deduciamo che la croce fu innalzata a spese dell’Università in memoria della sacralità del luogo, dove fino al Seicento erano visibili i resti di un’antica chiesa dedicata al santo. Nella santa visita del 1586, tra i beni immobili della chiesa di san Michele, sotto il titolo, Santo felici grancia, leggiamo: Item una terra pastinata et vitata de vite latine dove se dice a santo felice iusta la via publica da due parte, li beni de francisco di mauro, li beni di Salvator prevete, li beni de la herede del quondam giò:Angelo de Cunzo et altri confini quale se possedeva per quelli de casa coppola fu litigato per me predetto che sta in demanio della ecclesia et in detta terra sta edificata una cappella sotto il vocabulo di santo felici antiquissima. Nella visita precedente del 22 maggio del 1571, non si faceva riferimento alla grancia di san Felice, ma nel corso delle registrazione dei beni immobili, si legge in una nota a margine la seguente dicitura: dicta parrochialis ecclesia habet annexas simplices et rurales ecclesias sitas in loco campestri Ecclesiam Sancti Arcangeli veteris, ecclesiam Sancti felicis, ecclesiam Sancti Leonardi, Ecclesiam Sancti Mielis et ecclesiam Sancti Arcangeli a Stella, fuit promissum quod predictae ecclesiae preter ecclesiam Sancti Arcangeli a Stella profanentur et diruantur erecta in quolibet loco cruce in signum et ita fuit mandatum predicto rectori quod exequatur. Quindi, nella Terra di Palma sussisteva una chiesa antichissima intitolata al Vescovo di Nola, in seguito venerato come santo, che alla fine del Cinquecento era in rovina, tanto che dal 1571 era ingiunto al

rettore della chiesa di San Michele Arcangelo di interdirla al culto, insieme ad altre chiese dirute, ma di segnare il luogo con una croce, che per questo motivo continuava ad essere eretta nel 1745. In seguito il territorio divenne proprietà della chiesa di san Michele Arcangelo, come è confermato dalle visite successive senza che si nomini più la grancia. Nella santa visita del 1620 è enumerato un pezzo di terra arbustata et vitata de vite greche sita dove se dice a Santo felici appresso la detta chiesa diruta quale confina con la via publica Jaconantonio perrozzino et si possede per detta ecclesia quale sta affittata ad Angelo de Lauri per carlini trenta cinque l’anno come appare per obliganza nelli atti della corte di detta terra di Palma, fittata al misi di febbraio prossimo passato 1620.

È legittimo a questo punto chiedersi a quale periodo risalga

la fondazione della chiesa. Al momento possiamo solo avanzare delle ipotesi, in attesa di ulteriori indagini d’archivio ed archeologiche. Di certo la chiesa non è censita nelle Rationes Decimarum Italiae del 1308-1310 e del 1324, cosicché se ne deduce che la chiesa molto antica o all’epoca era già in rovina, oppure non era tenuta al pagamento delle decime, perché annessa alla chiesa parrocchiale di San Michele. L’erezione della chiesa lungo la via Popilia per Nola è da collegare all’opera di evangelizzazione del vescovo Felice, che nelle sue peregrinazioni raggiungeva la comunità di ad Teglanum, dove nel I secolo d. C. si sviluppava un nucleo abitativo romano, che successivamente con il declino dell’impero e l’avanzare degli eserciti barbarici si arroccò sulle colline. E forse la chiesa fu eretta o nel luogo in cui il vescovo martire incontrava gli abitanti di ad Teglanum, per divulgare il verbo cristiano, oppure lì dove il santo fu martirizzato, come si potrebbe avanzare secondo la passio riportata nello studio del prof. D’angelo. La presen-


in za presso ad Teglanum di una comunità paleocristiana sembrerebbe essere testimoniata dal rinvenimento di lucerne con il simbolo della palmetta nello scavo della necropoli tardo-imperiale in località Jerola, ai piedi della collina di Vico. Inoltre, sono attestati a Palma elementi architettonici di culto altomedievali, come le iconostasi rinvenute in località Pozzoromolo, ora esposte al Museo Archeologico di Nola. E forse rimandano all’Alto Medioevo le chiese che scomparvero alla fine del ’500, tra queste, accanto alla chiesa dedicata al Vescovo di Nola, le sante visite riferiscono le chiese di santa Margherita, di santo Miele (sic), di san Leonardo, di san Nicola, che erano ubicate nella zona collinare di Castello, e la chiesa di santa Felicita, in antro constructa, annessa al Monastero della Santissima Trinità della città di Cava, registrata nelle sante visite del 1586 e del 1606. In particolare, nella visita del 1606, il vescovo Gallo ribadiva la costruzione della cappella di santa Felicita, in sostituzione di quella più antica costruita in una grotta ormai diruta. La grotta era situata sulla collina alle spalle del palazzo aragonese e forse è da rimandare al periodo longobardo, dal momento che il culto di santa Felicita è relativo alla martire nativa di Alife, secondo il martirologio beneventano del IX secolo, martirizzata a Roma al tempo dell’imperatore Antonino Pio. A tal proposito è interessante riferire anche di un ritrovamento casuale avvenuto negli anni Sessanta, nel cortile del palazzo Cervo-Alloc-

ca. Sulla parete di contenimento del giardino a ridosso della collina, sotto un primo strato di intonaco, fu rinvenuto un mosaico di modesta fattura che riproduceva al di sotto di una croce, che si ergeva su tre monti (simbolo virginiano), in un riquadro di forma rettangolare a tessere di mosaico l’anagramma cristiano ictùs, con l’omissione della ipsilon. Il termine greco potrebbe richiamare le comunità cristiane dell’età imperiale, ma riferirsi anche alla presenza dei monaci basiliani. La fattura alquanto mediocre dimostra che l’epigrafe riproduceva forse in modo maldestro un originale mosaico ritrovato sul posto al momento della costruzione dell’edificio; in seguito, perdutasi la memoria del ritrovamento, il mosaico fu occultato sotto un nuovo strato di intonaco. Tuttavia, il mosaico con l’iscri-

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zione potrebbe essere un ulteriore elemento a conferma che lungo la dorsale della collina nelle cavità naturali si svilupparono a partire dall’Alto Medioevo luoghi di culto, ancora attivi fino all’inizio del Seicento, come la grotta dietro al palazzo, intitolata a santa Felicita. In seguito, gli eventi tellurici e le alluvioni, che hanno segnato ciclicamente la nostra terra, un po’ alla volta, ne hanno cancellato le tracce, ma non la memoria, come testimoniano, per l’antica chiesa di san Felice, i beni di san Michele Arcangelo, che per le numerose proprietà pertinenti all’antica grancia del santo Vescovo di Nola, ancora nel 1857, riportava la formula nel luogo detto San Felice, e come ribadisce a distanza di secoli l’edicola con il Santo nell’attuale incrocio detto San Felice.

Dialogo interreligioso e dialogo ecumenico a confronto

Una cosa sola di Paolo di Palo

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l termine “ecumenismo” è divenuto ormai familiare ai più, ma se ne ha sempre un’idea vaga o inesatta. Occorre, quindi, una ricognizione di esso per comprenderlo più profondamente. Ecumenismo è un termine che deriva dal greco «oikuménē», la cui radice ôikos/oikeo significa “casa/abitare”. L’accento è posto sul carattere di focolare domestico, da cui significato più preciso di “casa

comune”. Viene focalizzato anche il senso di ciò che “viene reso casa” da cui l’estensione a “casa abitata” e il senso di universalità, la “casa di tutti, la casa comune”. Il significato etimologico contiene in sé le coordinare essenziali dell’ecumenismo: compresenza, partecipazione, condivisione, familiarità. Elementi che conferiscono una qualità, ma, al tempo stesso una idea di molteplici-

tà, universalità che ne definisce anche la dimensione spazio-temporale Nella storia antica – greca e romana – il significato è più che altro geografico, per indicare “tutta la terra” allora conosciuta, e anche nell’epoca ellenistica viene a designare tutto il mondo ellenico. Da qui l’assunzione di una connotazione particolare: viene ad indicare un intero mondo culturale, che da un lato distingue febbraio 2014

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mensile della Chiesa di Nola

e dall’altro accomuna. Anche in ambito religioso viene ricalcato lo stesso significato, ove “universale” comincia ad assumere un significato di valido per tutti, proprio in quanto comune a tutti. Il termine viene associato così al mistero della salvezza e della Chiesa. Nel nostro tempo, il termine è utilizzato in modo assai vasto, come sinonimo di “aperto”, “onnicomprensivo”, “conciliante” e applicato a realtà socio-culturali e politiche. Questo uso pragmatico veicola molto spesso l’idea di ecumenismo come qualcosa di fondamentalmente sociale, legato a multiculturalità, pluralità, dialogo, tolleranza, talora anche di compromesso. Sebbene alcuni elementi sociologici – ad esempio l’accoglienza del pluralismo – siano presenti nei contenuti e nel metodo del Movimento ecumenico, tuttavia non ne rappresentano l’essenza. Ecumenismo è e rimane un termine che indica la realtà del Movimento ecumenico e attiene alla storia e alla teologia della ricerca dell’unità tra i cristiani. In questo senso formale è racchiusa la ricchezza lessicale originaria, nella misura in cui il Movimento ecumenico tende alla costruzione della “casa comune” dei cristiani e desidera che la testimonianza cristiana riconciliata apra le porte di questa casa a tutta l’umanità. “Ecumenica” è la realtà e la missione della Chiesa di portare, annunciare e confessare il Vangelo al mondo intero. È il compito specifico e peculiare dei cristiani che si traduce in iniziative, progetti, relazioni, associazioni, documenti, studi relativi al dialogo teologico ed ecclesiale tra i cristiani per la ricostituzione dell’unità della Chiesa di Gesù Cristo. Questa realtà di rela-

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zioni umane, di ricerca scientifica, di azione comune, è comunemente denominata come “dialogo ecumenico”, da non confondere perché differente da “dialogo interreligioso”. Ambedue sono accomunati da due principi ermeneutici di grande valore. Il primo è la necessità di essere fedeli alla propria tradizione, il che significa che nell’entrare in dialogo non si debbono mettere da parte le proprie convinzioni religiose. È vero il contrario: la sincerità del dialogo esige che vi si entri con l’integrità della propria fede. Il secondo riguarda l’apertura alla verità, altrettanto necessaria. La verità, in ultima analisi, non è qualcosa che possediamo, ma una persona da cui lasciarci possedere. Si tratta di un processo senza fine. Pur mantenendo intatta la loro identità, i cristiani devono essere disposti a imparare e ricevere dagli altri e per loro tramite i valori positivi delle loro tradizioni. Per questo, da punto di vista teologico, il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso differiscono quanto alla fondazione, alla finalità e alla metodologia, che vanno delineate con la massima nitidezza. Il dialogo ecumenico è il dialogo tra cristiani che si fonda in Cristo, trae la propria missione dalla sua volontà che tutti siano «una cosa sola» (Gv 17,21) e mira alla piena unità visibile fra le chiese, rese capaci di esprimere la fede insieme, celebrare insieme i misteri della vita di Cristo e i ministeri ecclesiali, testimoniare il Vangelo con la vita. Le fonti comuni in questo pellegrinaggio verso l’unità visibile sono la Bibbia, la fede e la prassi delle prime comunità cristiane. Lo scopo del dialogo ecumenico è naturalmente il chiarimento e

l’avvicinamento delle posizioni dottrinali e delle prassi pastorali in un processo di conversione che faccia riscoprire il legame dato dalla fede in Cristo. Il dialogo interreligioso, invece, è il dialogo fra persone e popoli di diversa fede, seguaci di varie religioni, spesso diverse tra loro. Al centro vi è la dimensione religiosa inscritta nella persona umana, la scoperta e la condivisione dei diversi modi in cui il Sacro si è manifestato nelle culture e nelle epoche, sia esso inteso come concetto monoteistico di Dio (giudaismo, islamismo, cristianesimo) o come presenza della divinità, intesa religiosamente o filosoficamente (induismo, buddismo) o come senso del trascendente, che suscita sentimenti religiosi e codici etici (scintoismo, confucianesimo, zoroastrismo). Le religioni tradizionali presentano un’enorme varietà di elementi che vanno dalla divinità al panteismo, all’immanentismo, all’animismo. La finalità del dialogo interreligioso è la reciproca conoscenza, la comprensione dell’interezza dell’esperienza religiosa in forme diverse dalla propria, nonché la cooperazione per la difesa e la promozione dei diritti umani, l’impegno per la pace e la giustizia, la dignità della persona. Tutto ciò presenta una sostanziale differenza con il dialogo ecumenico, alla cui radice vi è la medesima fede nel mistero di Dio Uno e Trino e dell’Incarnazione redentiva di Cristo, terreno che rende possibile articolare un dialogo teologico e aspirare a mete condivise, concrete e visibili. Dialogo ecumenico e dialogo interreligioso sono realtà e ambiti distinti. L’unica realtà che partecipi di entrambe le dimensioni è il dialogo ebraico-cristiano, giacché dal punto di vista formale appartiene al dialogo interreligioso, ma avendo anche un significato e un ruolo particolari per il cristianesimo è intessuta una relazione attraverso la Commissione per i rapporti con gli ebrei. Un esempio eloquente si ha nella modalità in cui si realizzano i momenti di preghiera. I momenti di preghiera interreligiosi mantengono una matrice diversa dalla preghiera cristiana: laddove i cristiani possono e devono riunirsi per pregare insieme nel nome di Cristo, i popoli di fedi diverse possono solo riunirsi insieme, per pregare ciascuno secondo la propria fede.


in

La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: tempo di comunione

Rubrica

Educare narrando di Antonio Mucerino

I

l 12 gennaio scorso, nella Chiesa intitolata a San Giovanni Battista in Piazza XX Settembre a Scisciano, è stato presentato il libro “Secchio e la luna”, una fiaba del Dottor Giuseppe La Rezza. Presenti il Sindaco Prof. Edoardo Serpico e l’Assessore alla Cultura Prof.ssa Giovanna Napolitano. Sono intervenuti il Dottor Giuseppe Coppola, dell’Associazione Pediatri “Vesuvius”, che ha illustrato il progetto umanitario cui l’Associazione ha aderito, il Dottor Roberto Malinconico, psicologo e la Prof.ssa Andreana Angora. Ospiti il Maestro Ciro Perris e la cantante Annalisa De Caro. La serata ha offerto l’opportunità di riflettere e discutere sull’importanza del libro, sulla necessità e il piacere di leggere per stimolare nei ragazzi. Oggi la vasta diffusione dei media, privilegiando l’immagine, abitua ad una passiva fruizione dei messaggi; invece è importante coinvolgere i ragazzi nella lettura fin da piccoli, compito che tocca anche alla famiglia, impegnarli a capire e valutare un testo scritto oltre che lasciarli viaggiare con la fantasia. La Prof.ssa Angora, che ha curato la prefazione della fiaba, nel suo intervento ne ha messo in risalto la valenza pedagogico- didattica. «La trama è tessuta sui fili della fabula, su uno sviluppo logico- cronologico tipico proprio di questo genere letterario. Non ci sono castelli misteriosi, principi e principesse, maghi e fate ma ugualmente si respira un’aria di incanto e di magia. La storia è ambientata in un paesaggio reale, un giardino ben curato in cui si muovono ed agiscono personaggi fantastici. Emergono il valore sacro dell’amicizia, il senso di solidarietà, la disponibilità verso gli altri. Secchio, il protagonista, è un eroe perdente, ma la sua vicenda diventa fortemente educativa. Può essere considerato come il simbolo di quella umanità ingenua e credulona che si fida ciecamente di chi promette

“la luna nel pozzo”, diventando vittima di inganni e false promesse. Ci insegna che, ad inseguire false chimere e rincorrere gioie effimere, ci si ritrova delusi e perdenti. Questi sono dei messaggi incisivi, efficaci per i ragazzi e i giovani di oggi che, spesso, disorientati e confusi, si lasciano intrappolare …. Il Dott. La Rezza recupera e restituisce all’uomo la parte migliore di sé, il mondo dei sentimenti, della fantasia, liberandolo dalle catene che lo imprigionano nella grigia quotidianità e nell’automatismo della vita di oggi. I capolavori fiabeschi, ha concluso la relatrice - restano un patrimonio culturale di straordinario valore di cui dobbiamo riappropriarci, soprattutto oggi, quando non esistono più momenti di raccoglimento

intorno ad un focolare con la presenza di una persona anziana, quando la televisione, internet ed altro invadono il nostro tempo libero». Il libro si correda di un ricco ed articolato apparato didattico curato dalla stessa prefatrice. Si illumina con immagini dai colori corposi e intensi che nelle forme riproducono l’incanto e la magia della fiaba. In delicate pennellate i colori si stendono e si sfumano nei contorni. Sono i pregevoli acquerelli di Laura Mucerino, giovane artista emergente sciscianese, laureanda all’Accademia di Belle Arti di Napoli, che vanta la partecipazione a due mostre presso la Galleria del giardino dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e presso il Palazzo Baronale di Avella.

La fiaba come un prisma di Luigi Mucerino

È in atto una sorta di competizione tra le discipline, nel contendersi le ragioni della fiaba, contrariamente alla semplicità apparente e a momenti di sottovalutazione. Un balzo si è avuto nella letteratura alla fine del XIX secolo davanti all’ondata fabulatrice di Giannetto e Giannettino, riconoscendo uno spazio proprio al genere letterario classico per l’infanzia con il favore di Andersen, dei fratelli Grimm, di Perrault. Walt Disney con il nuovo linguaggio televisivo del lungometraggio animato è ricorso senz’altro alle immortali fiabe di Biancaneve e Cenerentola. La fiaba viene ricondotta ad alcune categorie mentali primitive; è connessa secondo alcuni allo strutturalismo e alla semiologia. I sociologi non sanno fare a meno di intervenire sulla base della distinzione acquisita della fiaba dalla favola. L’allegoria della favola, composta da oggetti inanimati e da animali, con funzione moralistica ed esiti punitivi per i trasgressori, è favorita dai regimi che privilegiano il momento collettivo e ritengono la normalizzazione come valore. La fiaba, composta di materiali fantastici e magici, dove trionfa l’individuo audace, accompagnato da presenze favorevoli, è promossa invece per sottolineare la divergenza e l’affermazione individuale. La psicologia del profondo non rimane fuori campo. La situazioni delle fiabe richiamano simbolicamente ansie e paure infantili che nel racconto trovano soluzioni positive e rassicuranti. La fiaba si configura come una chiave di interpretazione di sé, della vita, del mondo; essa si inserisce in maniera positiva nel processo di ricomposizione dell’identità personale del bambino che vive il bisogno di comprendere se stesso. Se della fiaba consideriamo la presenza del lieto fine, dell’intervento di forze superiori nonché dell’orientamento etico, passiamo direttamente, anche se sbrigativamente, a tratti di pedagogia religiosa febbraio 2014

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