iNBiCi magazine anno 10 - 5/6 Maggio-Giugno 2018

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in copertina

Il robot

ha un cuore Chris Froome si porta a casa, oltre al Giro, anche la stima della tifoseria italiana che, prima dello scatto epico sul Colle delle Finestre, non lo aveva mai amato In Italia - dove il campione di ciclismo per essere amato, oltre che vincere, dev’essere un martire della sofferenza il signor Christopher Froome non è mai stato l’idolo delle folle. A dispetto di quel palmares da fuoriclasse planetario (in bacheca quattro edizioni del Tour de France), del keniota non piaceva quel modo inespressivo di stare in bicicletta, di misurare lo sforzo con il software del cervello, senza concedere mai un sussulto, un palpito di eroismo al ciclismo del cuore. Froome, in Italia, era un campione rispettato, ma non amato. Troppo freddo e calcolatore per accendere il tifo di chi, nella sua vita, ha visto il sangue di Bartali, Coppi e Pantani. Poi è arrivato il Giro, che lo ha voluto e corteggiato, pungolandolo sugli stimoli di una “nuova sfida”. Froome è partito in sordina, correndo come sempre “al risparmio”, centellinando le energie, pedalando in maniera speculare, in linea con i pregiudizi di sempre. Poi sono arrivate le montagne, quelle che non ammettono i bluff. E Froome ha cambiato la storia. Con un’impresa d’altri tempi, studiata più col cuore che col cervello, è partito ad 80 chilometri dal traguardo, regalando una delle pagine più esaltanti del ciclismo moderno. Davanti alla tivù, incollati come ventose, i tifosi italiani, in un pomeriggio, hanno cambiato opinione. Wellcome in Italy, mister Chris, campione col cervello ma, da oggi, anche col cuore.

Credit Bettiniphoto

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