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IL RESTO DEL CALINI EDIZIONE SPECIALE “DIES FASTI”

EDITORIALE “Il domani non succede, si conquista” Federico Bassi La scuola è solita guardare unicamente al passato: ogni lezione è un ripercorrimento della nostra Storia, un ritorno alle nostre origini, una riflessione sulle cause del nostro presente. Se di futuro, solitamente, a scuola si parla poco, nei due giorni di “Dies Fasti” il nostro Liceo ha coraggiosamente scelto di aprirsi al domani, cercando le prospettive e le sfide che il futuro ogni giorno ci riserva: in un tempo in cui anticipare il domani è sempre terribilmente difficile, cercare di capirlo deve essere il primo passo da compiere per iniziare a conquistare, nel presente, i cambiamenti che ci aspettiamo dal futuro.

In questa edizione speciale del “Resto”, pur mantenendo le nostre rubriche preferite, abbiamo scelto di ripercorrere attraverso parole e immagini questa sedicesima edizione dei

F. Porta

“Dies Fasti”: in questo numero troverete articoli e racconti delle conferenze e delle iniziative che ci hanno incuriosito di più, le fotografie scattate tra gli spazi del Liceo e le immagini premiate al concorso fotografico. La sedicesima e la diciassetesima, infine, sono pagine particolarmente speciali: vi trovate un’intervista alla creatrice di questi “Dies Fasti”, la professoressa Laura Forcella, che ha raccontato ai nostri intervistatori curiosità e ricordi di queste sedici edizioni.

Un ringraziamento speciale, infine, va alla professoressa Mattioli e alla squadra di studenti, professori, genitori e personale ATA grazie alla quale è stato possibile il realizzarsi di questa iniziativa: il successo di questa nuova edizione dei “Dies Fasti” è soprattutto vostro.

XV EDIZIONE-NUMERO 65-A.S. 2017/18

SOMMARIO

• Giovanna Cadei, Apertura

pag. 4

• Sara Pederzoli, La danza comincia dove la parola si arresta • Giovanni Meccia, I graffitti sono davvero “nefasti”?

Fotografie di Filippo Rizzo e Giovanni Meccia

pag. 5

MUSICA, ARTE E SPETTACOLO

• Giovanna Cadei, Il concorso fotografico • Concorso fotografico: le fotografie selezionate

• Giovanna Cadei, Basta veleni Fotografia di Filippo Zampedri • Antonia Baresani Varini, Dietro alle quinte dei “Dies Fasti” • Alessandro Alghisi e Marta Cremaschi, Intervista alla professoressa Laura Forcella Fotografia di Chiara Fasanotto FILOSOFIA E LETTERATURA • Federico Bassi, La filosofia nel domani • Stefano Grassi, Gli occhi come specchio dell’anima Fotografia di Elisa Bassi SCIENZA E MEDICINA • Melissa Rocca, La tecnologia del domani: realtà, sogno o incubo?

• Iris Dodi, Estinzioni: ci sarà ancora spazio per la natura salvaggia?

Illustrazione di Valentina Gastaldi • Giovanna Cadei, Il domani non succede, si conquista RUBRICHE • Mario Dall’Asta, Mars 01 - Capitolo 2 Illustrazione di Antonia Baresani Varini

pag. 6,7,8 pag. 9 pag. 10,11

pag. 12,13 pag. 14,15 pag. 16,17

pag. 18 pag. 19 pag. 20 pag. 21 pag. 22,23 pag. 24,25

• Letizia Hushi, Eraserhead: un incubo in cui siamo imprigiopag. 26 nati da quarant’anni • L’angolo della poesia: Passato. Presente pag. 27 Illustrazione di Elisa Bassi pag. 28 • Pietro Tabladini, Freddure • Ipse dixit pag. 29 pag. 30 • Giochi Illustrazione in copertina di Antonia Baresani Varini Fotografie sul retro di Chiara Fasanotto, Filippo Zampedri e Federico Camparada

#3

APERTURA Giovanna Cadei Come da tradizione, i due giorni di “Dies Fasti” iniziano con la grande apertura, che anche quest’anno si tiene il primo giorno alle ore 9.00. Apre il discorso del dirigente scolastico Marco Tarolli, quest'anno incentrato sul tema di questi “Dies Fasti”, il domani.

Domani che il preside definisce come “rischio, abbraccio di passione, curiosità, mistero, dolore”. Il domani è “un punto fermo che sa opporsi alla burrasca e alle tempeste; la sua forza è la stabilità, la coerenza dell'unico messaggio che conta: qualsiasi cosa accada ci sono io a guidarti, non sei abbandonato”.

Parole bellissime pronunciate camminando da una parte all'altra del cortile mentre, circondato dal ragazzi del Calini Ensemble con le felpe colorate del Calini, ci ricorda che “gran parte del nostro domani sta negli incontri che faremo, nella fiducia, nella passione: la nostra unicità è ciò che ci farà grandi”.

Concluso il discorso del dirigente, Isaia Mori, direttore del Calini Ensemble, dirige con un fischietto rosso il gruppo -oggi munito di percussioni di vario tipo (da tamburi a maracas fai-da-te) composto dai ragazzi e dalla professoressa Lorenzini. A corteo finito, i ragazzi accompagnano la folla dal cortile all’Aula Magna a ritmo di percussioni.

Nell'Aula Magna viene proiettato un video, montato da Stefano Martire, che mostra alcune interviste fatte a vari ex-alunni del Calini: gli intervistati -che oggi lavorano in svariati ambiti

(ingegneria, medicina, uno addirittura come insegnante di latino) - raccontano di come il Calini li abbia aiutati a crescere e a formare il loro domani, che per qualcuno si è svolto anche all'estero.

Segue il professor Ambrosi con la lettura di un una poesia in braille, accompagnato dalla chitarra del professor Camera.

Mentre il Calini Ensemble si sistema sul palco, il preside ringrazia la professoressa Forcella, creatrice dei “Dies Fasti”, ormai al suo ultimo anno al Calini. La professoressa - abbracciata dal preside e applaudita dalla follaringrazia con un bel bouquet in mano: “Io non ho avuto coraggio, ho avuto fiducia. Fiducia che è sempre stata ripagata dai ragazzi, dai colleghi e dal preside”.

I ragazzi del Calini Ensemble, infine, si esibiscono con la canzone “Domani”, composta nel 2009 in occasione del terremoto in Abruzzo da vari artisti italiani.

Ed è così che hanno inizio le due giornate più belle dell’anno per noi studenti del Calini, non solo perché non c'è lezione, ma soprattutto perché momento in cui si vede il nostro liceo sotto una luce diversa e in cui il tempo quasi si ferma. È un momento che rimane così impresso nel cuore dei “caliniani” che -anche in occasione di questa apertura- si scorgono in Aula Magna tanti ex-alunni, tornati al Calini per vivere ancora una volta la magia dei “Dies Fasti”.

#4 APERTURA

LA DANZA COMINCIA DOVEne.LAIl compito PAROLA SI ARRESTA di un ballerino è quello di

Sara Pederzoli Al contrario di ciò che comunemente si pensa, ai “Dies Fasti” non ci sono solo conferenze di medicina, filosofia o attualità. I “Dies Fasti” sono anche musica, teatro e danza. È proprio di quest'ultima che intendo parlare, trovandomi ad essere forse un po' troppo di parte.

Martedì 14 novembre, in occasione della grande anteprima c'è stato infatti lo spettacolo di danza, organizzato interamente dalle studentesse del Calini. Sei ragazze, quattro coreografie per un totale di venti minuti di spettacolo. Semplice, no?

Essendo una di queste sei ragazze posso permettermi di affermare con certezza che no, la danza è tutt'altro che semplice e non bisogna sottovalutare la quantità di lavoro che c'è dietro la preparazione di una coreografia che dura anche solo due minuti. Ma andiamo con ordine.

Qualcuno una volta disse che "Danzare è come parlare in silenzio. È dire molte cose senza dire una parola". Questa è secondo me la cosa fondamentale della danza; si balla per esprimere qualcosa, per raccontare una storia e trasmettere a chi guarda le stesse sensazioni che provi tu mentre esegui quei passi che hai provato e riprovato in una sala. La danza è come un quadro in movimento (non a caso è definita un'arte) e come un quadro è in grado di emozionare senza l'uso delle parole ed è questa la sua grande forza. Sta quindi allo spettatore cogliere il messaggio della coreografia e reinterpretarlo a sua volta, cercando di capirlo.

E i ballerini? Beh, i ballerini non devono limitarsi ad eseguire i passi alla perfezio-

prendere la coreografia, impararla, studiarla, provarla e poi farla in qualche modo sua, aggiungendo quelle sfumature che sono del tutto personali e contribuiscono a trasmettere ciò che ogni ballerino ha dentro.

Questo perché la danza è totalmente personale. Ognuno balla per una ragione diversa ed esprime le proprie emozioni, rendendo in questo modo la stessa musica interpretabile in un'infinità di modi e conferendo alla danza la sua varietà.

Ogni ballerino è diverso, partendo dal fisico, dallo stile e dal motivo per cui balla. Ho chiesto alle ragazze che hanno ballato con me di descrivere cosa fosse la danza per loro usando una parola e le risposte esprimono esattamente questa diversità. Per Sara, ballerina di Videodance e Heels, la danza è espressione, per Cecilia, che invece balla Hip Hop, la danza è ricerca. Per me, ballerina di Videodance e Modern Jazz, è sfogo ma soprattutto passione. Sfogo perché quando ballo o quando semplicemente sono a lezione, per un po' di tempo mi concentro solo ed esclusivamente su quello che sto facendo lasciando tutto il resto fuori dalla sala.

Non mi interessano i lividi, la stanchezza e i vari dolori, mi interessa solo lasciarmi trasportare dalla musica. Passione perché le emozioni che provo quando ballo o quando guardo qualcuno ballare sono uniche e le provo solo con la danza.

Concludo lasciando una delle mie frasi preferite che per me riassume al meglio questa disciplina: "Toccare, commuovere, ispirare. E' questo il vero dono della danza" - Aubrey Lynch

#5 MUSICA, ARTE E SPETTACOLO

I GRAFFITI SONO DAVVERO “NEFASTI”?

Giovanni Meccia Negli ultimi anni, soprattutto nelle grandi città, i graffiti/murales si sono moltiplicati in maniera esponenziale. Si tratta di una pratica comunicativa interessante e originale, o di semplici scarabocchi, slogan di autori che vivono nell’anonimato e che si divertono ad inzaccherare muri e monumenti?

Prima di tutto è bene sottolineare la differenza, spesso confusa, tra graffiti e murales: i murales sono dipinti non necessariamente legati a un “lettering" (ossia l'individuazione e la scelta dei caratteri tipografici più adatti per un annuncio, una copertina, un manifesto, ecc…) ma che nascono (come del resto i graffiti) come forma di protesta. Quando parliamo di graffiti, al contrario, intendiamo dei disegni composti più da scritte e da parole in origine, che solo successivamente hanno iniziato a comporsi con disegni di persone e cose. I graffiti derivano dal verbo “graffire”, ossia graffiare una superficie incidendola. Spesso con la

parola "graffiti" molte persone intendono i disegni lasciati nelle caverne, pitture che ritornano all'arte preistorica, ma non solo quelli sono graffiti. I veri e propri graffiti sono invece quelli nati negli Stati Uniti, che derivano da un fenomeno espressivo chiamato graffitismo. Quest'ultimo è un movimento globale, non perchè praticato in tutto il mondo, ma perchè rappresenta temi vari (amore o natura, ad esempio) comprensibili o intuibili da tutti gli abitanti del mondo. È un'arte tipicamente urbana, in quanto si sviluppa nelle città: su muri lasciati liberi o rovinati, negli spazi metropolitani, sui pannelli pubblicitari. Il linguaggio dei graffiti è pieno di colori contrastanti e segni netti, che prendono ispirazione dalla Pop Art (arte popolare). In questo periodo nascono altri movimenti artistici, quali Action Painting (stile di pittura nella quale il colore viene fatto gocciolare spontaneamente o lanciato sulle tele) e Op Art (Movimento di arte astratta). Gli elementi anche provocatori di questi capolavori rappresentano la volontà degli artisti di fare arte partendo dagli elementi più banali della vita quotidiana.

Al giorno d’oggi, se non autorizzata, la pratica dei “graffitti” viene giustamente considerata come atto vandalico: questi tipi di persone (writer o

#6 MUSICA, ARTE E SPETTACOLO

graffitari) che imbrattano tutto ciò che può fargli comodo, spesso appartengono alle cosiddette “crew" (bande) e dipingono anche perchè in disaccordo con le idee del tempo (collegandosi, ad esempio, alla contestazione giovanile del ’68, all’ Illuminismo o più in generale a una rivoluzione del sistema,ecc..) firmandosi con il proprio “Tag” (nome d’arte). Vi sono anche artisti che negli ultimi anni vivono di questa arte, tanto che per alcuni è divenuta persino una professione, perchè ingaggiati dai comuni del luogo, negozi, aziende per decorare muri di edifici rovinati, serrande, saracinesche (in questi ultimi casi quando la serranda è giù per far capire che in quel negozio si vende un determinato prodotto). I maggiori autori di questo movimento sono Keith Haring e Jean-Michel Basquit. Prendiamo come esempio la Germania: dopo la caduta del muro di Berlino (1989), i suoi resti sono stati decorati/abbelliti da writer, anche famosi, che hanno comunque ricordato l’accaduto, ma al contempo sdrammatizzando l’evento (per quanto tragico possa essere stato).

Molti pensano che (come detto prima) i writer siano vandali che infangano i valori e la cultura di un particolare popolo con i loro graffiti. Io concordo

con questa teoria, perchè se ne vedono molti anche per il nostro centro storico, contenenti istigazioni, opposizioni o discriminazioni verso qualcuno/qualcosa...ma non tutto è tollerabile! Io sono totalmente a favore dei graffiti/murales e penso che ce ne siano di "giusti"e di “sbagliati". Personalmente penso che un writer non solo sia un'artista,ma che sia una persona capace di creare uno spettacolo, una magia, con l'unico scopo di divertirsi,tirare fuori tutto il meglio di sé e far sognare la gente; capaci di fare un capolavoro con una bomboletta spray e una pazza voglia di vivere!

Da molti anni la nostra scuola offre l'opportunità ai ragazzi di esprimersi come vogliono attraverso i graffiti/murales, eseguiti sulle mura della palestra: anche quest'anno hanno partecipato, a parer mio, dei veri e propri artisti.

Per completare il mio articolo, ho chiesto agli artisti "d'eccellenza" del nostro Liceo Calini di parlarmi un po' del loro stile e dei loro soggetti: Gianluca Meccia(4C) e Giovanni Bonassi(5C).

#7 MUSICA, ARTE E SPETTACOLO

Giovanni: Io ho partecipato tutti gli anni, ed ogni anno ho deciso di creare un'opera inerente sì al tema scelto dei Dies Fasti, ma aggiungendo anche un significato di tipo filosofico e umanistico. Quest'anno il soggetto che ho voluto raffigurare rappresenta un ragazzo di colore che ascolta la musica: il ragazzo simboleggia la gioventù che avanza verso un futuro, si spera, sempre migliore, mentre la musica è qualcosa che appassiona molto i giovani d’oggi. Il tema filosofico/umanistico sta nel colore della pelle che è nera; questa indica che tutti siamo uguali. Tutti i ragazzi, infatti, ascoltano musica nello stesso modo (africani, cinesi, italiani che siano) per il solo piacere di divertirsi e fare una cosa che piace loro (e qui ritorniamo a ciò affermato prima sul tema dei graffiti/murales). La mio opera rappresenta la fratellanza, l’aiuto, l'ausilio tra popoli e persone, perchè come dice Nelson Mandela: "Nessuno è nato schiavo, nè signore, nè per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli”.

Concludo dicendo che il fatto che la scuola dia un’opportunita per esprimersi a tal modo mi ha aiutato a maturare, e ciò l'ho trasmesso tramite la scelta e la rappresentazione dei personaggi che ho effigiato.

Gianluca: Io ho partecipato il primo e il secondo anno. Le mie opere sono per lo più graffiti rappresentanti scritte ovvero il mio nome in vari caratteri e stili artistici diversi. Ho realizzato anche un murales sul muro della palestra nuova (ora purtroppo ricoperto da vernice bianca) che rappresentava un uomo con un cappello in testa e gli occhi che guardano in due direzioni diverse: come Giovanni, anche io ho voluto rappresentare un uomo di colore appunto per simboleggiare il fatto che "il mondo è bello perchè è vario”. A volte ci stupiamo di quante persone strane incontriamo per strada: non mi riferisco a persone di per sé pericolose, ma più a soggetti che a volte evitiamo perchè li riteniamo diversi da noi.

Se ci pensiamo, tuttavia, è proprio questo che fa della nostra società una società dell’immagine: ognuno è diverso, e forse non abbiamo ancora capito che la diversità è ciò che dà energia alla vita, la rende più briosa. La diversità, infine, è cio che permette ad ognuno di noi di non essere una persona fotocopia, ma una persona originale; aggettivo -quest'ultimo- che stiamo purtroppo smettendo di usare. Quindi mi raccomando (riferendomi a tutti i ragazzi): non abbiate paura di essere ciò che siete veramente. Può sembrare una frase banale, ma a volte è proprio la banalità la cosa più importante.

#8 MUSICA, ARTE E SPETTACOLO

IL CONCORSO FOTOGRAFICO Giovanna Cadei

Oggi fare una foto è diventato molto più che schiacciare un bottone su una macchina fotografica o su un cellulare per immortalare un momento: oggi fare fotografie è diventata un’arte che permette di esprimere i propri sentimenti e i propri pensieri riguardo a vari argomenti. È proprio su questo concetto che si basa il concorso fotografico dei “Dies Fasti”, quest'anno orientato al tema del “domani”, che vede gli studenti come i “veri protagonisti”. Il professor Alberto Doscioli, organizzatore, creatore e promotore del concorso, lo sottolinea: siamo noi che “data una traccia” dobbiamo “sperimentare, inventare, ingegnarci. Non sono fotografie di esterni”, ma siamo noi che “ci mettiamo in gioco nel fare qualcosa di creativo”.

L'ospite di quest’anno è Matteo Zubani, fotografo di matrimoni, che mostra alcuni dei suoi scatti, tra cui quello di un finocchio che ascolta la musica: fotografia che diventa esempio di foto costruita, ossia creata appositamente per un determinato scopo. Zubani prosegue con un’analisi delle foto dei 12 selezionati motivando il perché della sue scelte.

Scegliere tra le foto non deve essere stato facile, erano moltissime e una più bella dell'altra, tutte visibili in un’aula dedicata al concorso.

Il terzo classificato è stato Giovanni Bonassi (5C), conosciuto come artista nel nostro istituto, con una foto intitolata “Domani non è ancora arrivato”. Nella foto il protagonista, che rappresenta tutti noi, si trova sbilanciato indietro con i piedi leggermente staccati da terra a causa delle sue “speranze”. Egli, tuttavia, sta anche per cadere a terra “buttato giù” metaforicamente dalle paure “frutto della sua immaginazione”.

Ed è così che l’uomo si trova “in bilico tra questi due estremi”.

Isabella Bocchi (4E) raggiunge la seconda posizione con la sua foto “Mani”, dove allineando le mani, cioè “quella parte che maggiormente ci caratterizza” e “simbolo di cambiamento”, appartenenti visibilmente a differenti generazioni ha voluto “cogliere le fasi principali della vita e quindi del domani che ci aspetta”. Questa vittoria per lei inaspettata l’ha resa “davvero contenta”, anche perché non pensava neanche di aver passato la prima selezione.

Vittoria ancora più inaspettata, invece, è quella di Asia Picchi (3F) con “Affronto”, fotografia nella quale Asia identifica il futuro per l'adolescente come “qualcosa di inaspettato che ci piomba addosso senza preavviso” e, portandoci in men che non si dica “nel domani”, ci costringe ad affrontarlo “senza timore”. Nonostante sapesse di essere tra i finalisti, mai si sarebbe aspettata questo risultato “avendo iniziato a fotografare per gioco”. Il momento più emozionante, e “forse anche un po' stressante” per lei è stato quando hanno iniziato a presentare l'ordine dei vincitori, dal dodicesimo al primo: vedere tutte le foto degli altri finalisti scorrere una dopo l'altra e non la sua la ha resa ancora più felice nello scoprire di essere arrivata prima.

Asia, tuttavia, crede che “le altre foto presentate fossero molto belle” e sono diventate infatti “fonte di ispirazione” per migliorare i suoi scatti.

Si conclude così il concorso fotografico di quest'anno, che non vuole essere solo una classifica, ma qualcosa di più: un momento in cui tutti noi studenti, attraverso le nostre fotografie, possiamo esprimere le nostre idee e condividerle tra noi, ma anche imparare dagli altri qualcosa di nuovo e vedere un punto di vista che, magari, non avevamo mai prima considerato.

#9 MUSICA, ARTE E SPETTACOLO

CONCORSO FOTOGRAFICO:

il domani

01. AFFRONTO Asia Picchi, 3H

03.DOMANI NON E’ ANCORA ARRIVATO Giovanni Bonassi, 5C

02. MANI Isabella Bocchi, 4E

LIBERI DALLA RETE Sara Korolija, 3B

AND IN TODAY ALREADY WALKS TOMORROW Michela Inverardi, 5A

SOGNO SPENSIERATO Stella Fezza, 1A

#10 MUSICA, ARTE E SPETTACOLO

AFFIDABILITA’ Veronica Ragnoli,3B

L’OROLOGIO E’ ROTTO Lara Paderno, 5B

UN VICOLO TRA PASSATO E FUTURO Anna Liberini, 4A

FOGLIE IN VOLO Miriam Pasini, 3G

PERCORSI Maria Martinuz, 5B

ALBA SUL SOGNATORE Giovanni Bonassi,5C

#11 MUSICA, ARTE E SPETTACOLO

BASTA VELENI Giovanna Cadei

Oltre che per noi stessi, c'è un domani anche per la nostra terra che vive e cresce con noi, ma che spesso maltrattiamo, ignorandola e comportandoci come se tutto ci fosse dovuto. Ma se inquiniamo e distruggiamo il mondo con tutti veleni, che domani potrà mai avere la Terra?

I due cantanti bresciani Piergiorgio Cinelli e Dellino Farmer presentano il loro progetto “Basta veleni”, per sensibilizzarci alla questione ambientale della nostra terra bresciana, una delle più inquinate d'Europa, “pensando alle soluzioni più appropriate per risolvere questa questione” più che mai attuale.

“Basta veleni” è un progetto composto da due lavori distinti disponibili sui loro profili Facebook e su Youtube: una canzone e un documentario. La canzone è un invito a smettere di utilizzare tutti quei veleni che distruggono la nostra terra e a pensare “a cosa lasceremo alle future generazioni”. Il video è stato girato in una specie di discarica abusiva presente da quasi più di quindici anni a Manerbio, paese della bassa bresciana, che nonostante i ripetuti richiami è ancora lì e utilizzabile.

Il secondo lavoro è invece un documentario, dove i due si fingono due giornalisti del “Tg spórc”. Il video inizia con un’introduzione su Brescia, in cui vengono mostrati tutti i lati positivi della nostra bella città, come la sua conformazione geografica, per poi passare al suo inquinamento.

Il primo intervistato è Marino Ruzzenenti, storico dell'ambiente, che parla della manifestazione del 10 aprile 2016, organizzata per “bloccare qualsiasi tipo di attività che inquini il suolo e procedere con le

bonifiche”. Nonostante l’urgenza, le istituzioni non hanno ancora risposto, da qui l’accusa di essere “asservite a quei poteri e interessi che vogliono continuare a far soldi, devastando e distruggendo il nostro territorio”.

Viene successivamente trattato il caso Caffaro, uno dei maggiori casi a livello mondiale di contaminazione di PCB in acqua e suolo. Nel 1938, 20 anni dopo rispetto agli USA, a Chiesanuova l’industria Caffaro ottiene il brevetto per iniziare a produrre PCB in Italia, una diossina considerata inquinante e di persistente tossicità, smaltibile solo “con incenerimento o processi catalitici”. Il PCB “veniva usato come isolante termico ed elettrico per grandi trasformatori e condensatori”, ma in seguito a un incidente nel 1972 in Giappone, che coinvolse 2000 persone, ci si rese conto della sua alta tossicità e le industrie smisero di produrlo.

Arresto che in Italia arrivò nel 1988, ma è solo nel 2001 che “la Procura della Repubblica di Brescia denuncia la Caffaro di disastro ambientale” e come riporta “Pierino Antonioli, contadino” in quell'anno vengono trovati nel latte delle mucche e degli animali (conseguentemente sequestrati), oltre che nel sangue degli agricoltori e nei loro familiari livelli altissimi di PCB. La presenza della Caffaro è persino riuscita a inquinare i terreni circostanti: per questo motivo “per la prima volta non sono stati degli alunni a occupare una scuola, ma dei genitori”. Si è trattato, in questo caso, della scuola elementare e media Calvino e dell'assessorato all'ambiente di Brescia, che da anni chiedeva

#12 MUSICA, ARTE E SPETTACOLO

la bonifica dei giardini dove i bambini giocavano. Ed ora -dopo quindici anni- i ragazzi “possono nuovamente godere del giardino della scuola”. Prendendo ispirazione dal caso Caffaro, Fabio Maccarinelli, regista di teatro sociale e civile, ha scritto la sua opera “Basta la salute!”, “perché non c'è stata chiarezza” e “per essere una delle tante voci” che si esprimono riguardo a questo argomento. Un altro caso a Brescia è la discarica di Macogna a Berlingo, vicinissima non solo ai campi agricoli, ma anche all'acquedotto. Dal nome di questo paese è nato quello dei Macognari, gruppo di agricoltori rappresentato nel video da Matteo Abeni, che con “azioni abbastanza dure”, come quella di bloccare i camion che passavano sulla loro terra, cercano di far eliminare la discarica e al suo posto creare un parco, per il quale hanno già il progetto pronto. Segue Piergiorgio Cinelli che canta “Scorie di tutti i giorni”.

Gli ultimi intervistati invece sono dei politici. Il senatore M5S Vito Crimi ricorda ai Bresciani che “il posto in cui viviamo è tutto quello che ci sta attorno, non solo le proprie quattro mura” e osserva che il nostro inquinamento è “una cosa sottile che si infila nei polmoni”, mettendo a rischio la salute dei cittadini. Il deputato M5S Claudio Cominardi definisce il nostro territorio “fantastico” e per questo “da difendere”, poi riflette sull'”economia circolare”, che migliorerebbe il nostro territorio e la soluzione sarebbe “a portata di tutti”. Il nostro sindaco Emilio del Bono, infine, riflette sulla necessità della “consapevolezza dei cittadini” per ottenere il “massimo impegno di tutti” e risanare le “ferite del nostro territorio, che è stato molto colpito da un'industrializza-

zione senza regole, che ha interessato quasi per cento anni il nostro territorio”.

Il tg si conclude con una voce fuori campo che esprime il “piccolo ma grande sogno di vedere la terra libera da discariche e brutture che la offendono”. La voce incita quindi a dare il meglio di noi, perché “basterebbe poco per risanare la terra, come un maggiore senso civico e una maggiore educazione ambientale”.

Con questo progetto “costoso” sono riusciti ad affrontare “nella leggerezza temi un po' pesanti”, perché il loro sogno è vivere “in un mondo più pulito, dove: non ci sono discariche abusive, l'inquinamento è ridotto a 0 e i rifiuti riciclati diventano un bene, piuttosto che un male da dover bruciare”. Dellino riflette sul valore del riciclaggio e di come questo, nonostante sia presente da pochi anni nella nostra provincia, si sia già “radicato” in noi, tanto che quando andiamo in paesi dove non c'è, come Malta, ne rimaniamo stupiti o come dice “ci sembra di essere nel terzo mondo”. Dellino conclude con una frase importante e significativa: “nel nostro piccolo è possibile educare i piccoli e i grandi soprattutto, perché ci sono ancora tanti cinquantenni e sessantenni che la raccolta differenziata non la fanno, a fare del bene a questo mondo”.

#13 MUSICA, ARTE E SPETTACOLO

DIETRO ALLE QUINTE...

Il faro, guida verso un porto sicuro nel mare incerto del domani … per molti di voi ricoprirà anche il ruolo di simbolo che per due giorni ha ‘infestato’ i corridoi del Calini con riproduzioni di ogni forma e misura.

Questi fari sono delle vere e proprie opere d’arte, nate dalla collaborazione e dalla creatività di alcuni volenterosi caliniani che si sono messi in gioco per l’allestimento dell’istituto in vista della sua apertura al pubblico per i Dies Fasti.

Ma sapete cosa c’è di davvero bello di questi fari? Che sono stati completamente realizzati con materiali di riciclo!

#14

...DEI “DIES FASTI”

Cosa sarà mai questa cosa sconosciuta, sarà forse immaginazione? Ahi, lungi da noi, studenti dello scientifico circondati da calcolatrici e formule chimiche! Non sia mai che creiamo qualcosa utilizzando la nostra fantasia! … eppure i Dies Fasti ci danno l’occasione di fare proprio questo: applicare un metodo (in questo caso quello di squadre, colla e pennelli) per ottenere, attraverso la nostra creatività, risultati concreti.

#15

INTERVISTA ALLA PROFESSORESSA Laura Forcella

Alessandro Alghisi e Marta Cremaschi

Per questo numero del “Resto del Calini” abbiamo intervistato una delle professoresse simbolo della nostra scuola e, a parer nostro, una delle migliori professoresse incontrate durante il nostro percorso scolastico. Più educator che praeceptor, ha insegnato con il suo esempio che un diverso tipo di scuola è possibile e che, così come lei ha creduto in quello che faceva quando ha creato i Dies Fasti ed il Booktrailer Film Festival, anche noi dobbiamo avere fiducia se vogliamo raggiungere i nostri obbiettivi, perché "Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorioso porto, se ben m'accorsi nella vita bella".

Buongiorno Profe!

Ciao ragazzi!

1. Prima le formalità: nome, cognome, data e luogo di nascita?

Non immaginavo un approccio così burocratico... Mi chiamo Laura Forcella e sono nata a Milano, ma ho sempre vissuto a Brescia. Ho viaggiato molto e tendo a dimenticarmi l’età... Ho l’età dei miei pensieri... Giudicate voi!

2. La sua formazione superiore e universitaria dove è avvenuta?

Ho studiato al liceo classico Arnaldo e all’università statale di

Milano. Non ho mai smesso di studiare, pur sapendo che non è l’unico e nemmeno il migliore modo per apprendere, ma è quello che mi risulta più facile. È una confessione!

3. E da quanto tempo insegna al Calini? Come descriverebbe il suo lavoro e soprattutto il suo lavoro in questa scuola?

Dal 1989, dall’anno del crollo del muro di Berlino. È curioso che in questo mio ultimo anno di scuola accompagni le mie classi proprio a Berlino: una perfetta circolarità di tempo e di luogo. Lo sento come un movimento a spirale.

4. È innegabile che in questi anni abbia avuto un ruolo centrale in molte delle iniziative che rendono il Calini un liceo prestigioso. D’altronde è anche “la madre” dei Dies Fasti: come le è venuta quest’idea?

L’idea iniziale è stata quella di immaginare un modo per vivere la scuola come un luogo accogliente che porti traccia di noi e che ci dia la responsabilità di scegliere dei percorsi di conoscenza.

Una scuola che valorizzi il desiderio e che ci valorizzi come soggetti capaci di fare cultura e condividere emozioni e pensieri.

Una scuola di libertà. E chi cono-

#16 INTERVISTA

sce la libertà sa quanto sia neces- lavorato quest’anno. Mi auguro, scesaria la libertà sa quanto sia neces- lavorato quest’anno. Mi auguro, e faticosa! in particolare, Silvia (Mattioli) in particolare, cheche Silvia (Mattioli) saria e faticosa! non si arrenda fatica allaalla fatica -so-so cheche 5. Cosa pensa di quest’ultimanonhasilaarrenda tempra e l’entusiasmo la tempra e l’entusiasmo perper 5. edizione?

Cosa pensa di quest’ultima Qualche incontro l’haha resistere-, Alberto (Fenotti) cheche Alberto (Fenotti) edizione? incontroal’ha colpita Qualche particolarmente, parteresistere-, mantenga il suo ruolo di compeil suo ruolo di compecolpita particolarmente, a parte il commovente discorso dedica-mantenga tente consulente culturale. il commovente discorso dedica- tente consulente culturale. tole all’apertura? toleGrandissima all’apertura? edizione per la 7. Questo è il suo ultimo anno Grandissima per inconla 7. Questo è il suo ultimo anno quantità e laedizione qualità degli d’insegnamento.Che Chericordo ricordo quantità e la qualità degli incontri, il coinvolgimento della scuolad’insegnamento. spera di lasciare a questo liceo a tri,eil coinvolgimento della scuola spera di lasciare a questo liceo a della città, l’organizzazione cui dato così tanto? ha ha dato così tanto? e ormai della professionale città, l’organizzazione della grandecuiOddio, domanda!

Quasi cheche domanda!

Quasi un un ormai professionale della grande macchina che sono i Dies Fasti.Oddio, necrologio...

Vorrei qualcuno Vorrei cheche qualcuno macchina sono iinDies Fasti.

Più che che macchina, realtà, i Diesnecrologio... dei miei tanti studenti in un PiùFasti che macchina, in realtà, i Dies dei miei tanti studenti in un sono per me un organismo giorno qualsiasi della qualsiasi della suasua vitavita si si Fasti sono per me bene un organismo vivente.

Voglio ai Dies Fastigiorno ritrovasse a dire qualcosa a dire qualcosa cheche gli gli vivente. bene ai Dies Fasti come Voglio a una persona.

Ai Dies Fastiritrovasse ho insegnato e non se ne accorcome a unami persona.

Aimi Dies Fasti ho insegnato e non se ne accorsempre diverto, commuogesse nemmeno...

Magari anche nemmeno...

Magari anche sempre mi entusiasmo diverto, mi per commuovo, mi un’idea,gesse solo aforisma latino o una un un aforisma in in latino o una vo,un mirelatore, entusiasmo per Come un’idea, un tema. in unsolo citazione Dante...Conosco Conosco di diDante... i i un film relatore, un tema. Come in un di Almodovar vi sento scor-citazione segni dell’antica fiamma... L’idea film di la Almodovar vi sento scor-chesegni dell’antica fiamma... L’idea un rere vita in un moto ondoso un po’ mi commuove e un po’ mi reretravolge la vita in un moto ondoso che po’ mi commuove e un po’ mi fa e rigenera. fa sorridere... sorridere... travolge e rigenera.

6. Cosa si augura per i prossimi 8. Ha qualche ultimo consiglio 6. Cosa si augura per i prossimi 8. Ha qualche ultimo consiglio Dies Fasti? da dare studenti Calini? dare agliagli studenti deldel Calini?

Dies Fasti?

Che continuino a lavorarci tutte leda Ultimo?

Nel senso che siamo alla Che continuino a lavorarci le Ultimo? Nel senso che siamo alla persone splendide che tutte vi hanno fine dell’intervista? persone splendide che vi hanno fine dell’intervista?

#17 INTERVISTA

#9 INTERVISTA

LA FILOSOFIA NEL DOMANI

Federico Bassi

Martedì 14, ore 9.45. Eugenio Aosta, filosofo e autore del libro “La dimora del viandante”, apre questa sedicesima edizione dei Dies Fasti con una conferenza dal titolo “Come può la filosofia aiutare a costruire il futuro personale e collettivo?”.

L’intervento di Aosta inizia con una citazione tratta da Il grande disegno, uno degli ultimi saggi di Stephen Hawking: “La filosofia è morta, non avendo tenuto il passo degli sviluppi più recenti della scienza, e in particolare della fisica”. La citazione di Hawking è forte e provocatoria, ma rispecchia pienamente la mentalità comune: la filosofia, secondo il fisico inglese, è diventata ormai completamente inutile. Per spiegare la realtà, nel nostro presente, basta la fisica.

Ma quale può essere, ci chiede quindi Aosta, il domani per la filosofia in un tempo in cui il sapere umanistico sembra sempre più emarginato in favore della conoscenza scientifica?

La scienza, da un lato, sembra infatti aver conquistato una verità oggettiva, razionale e condivisibile, la filosofia - dall’altro - sembra invece aver completamente mancato questo obiettivo: quello che doveva essere il sapere umanistico per eccellenza oggi ha perso il valore sociale e collettivo che per secoli ha avuto. La verità è oggi nelle mani dello scien-

ziato, non del filosofo.

La soluzione, prosegue Aosta, è quindi riportare la filosofia al centro di un dialogo tra le varie discipline: il filosofo deve tornare ad essere la guida capace di trovare il giusto compromesso tra una visione di dettaglio tipicamente scientifica e una visione d’insieme che consideri le problematicità e la complessità del reale. La filosofia deve essere il mezzo che coniuga verità soggettiva e verità oggettiva, per giungere a una verità che abbia utilità e valenza sociale.

La filosofia non è morta e oggi più che mai è importante riconsiderarne l'importanza: in un tempo di drastici e continui cambiamenti, il filosofo deve tornare a essere faro per lo sviluppo della conoscenza umana, anche scientifica. Dal momento che il futuro ci porrà, nel domani, dilemmi sempre più complessi e difficili da affrontare, non possiamo dunque fare a meno della filosofia e del pensiero critico.

La conferenza si chiude con un importante invito rivolto al domani: la sfida, che parte nel nostro presente, è cercare di costruire un mondo che sia più adatto a noi stessi e assieme migliore per l’uomo. “Siate maestri della realtà e del possibile”, conclude Aosta. In due parole: siate filosofi.

#18 FILOSOFIA E PSICOLOGIA

GLI OCCHI COME SPECCHIO DELL’ANIMA Stefano Grassi

Dopo l’undici settembre, la popolazione newyorkese cominciò a soffrire di disturbi da stress: la gente aveva continue paranoie, incubi ricorrenti, ed una gran incapacità di concentrazione. Il governo americano, per tentare di risolvere la situazione, decise di accettare la proposta di alcuni studiosi: regalare a tutta la cittadinanza un anno di psicoterapia. Passato un anno, solo lo 0.3% dei cittadini stava continuando ad andare dallo psicoterapeuta. Quando gli venne chiesto in che modo fossero riusciti a superare il trauma, loro risposero che avevano cominciato a seguire altri tipi di terapia, come massaggi, agopuntura o yoga. Si riscoprì dunque lo stretto rapporto tra il corpo e il benessere delle persone e si iniziò quindi, durante le sedute, a stringere un legame, per esempio tramite il contatto visivo fra paziente e dottore, a cercare di aver tra i due un rapporto quasi intimo. Purtroppo ognuno, venendo a stretto contatto con uno sconosciuto, reagisce a proprio modo, sempre con risultati diversi, in base a come chi gli è davanti si comporta.

Alla conferenza “Caro dottor Freud, abbiamo fatto passi avanti!” tenutasi giovedì 16, la psicologa Roberta Mor ci sottoposto a un esperimento: ciascuno dei presenti ha dovuto scegliere una persona a sé sconosciuta, sedersi faccia a faccia e, una volta pronti, guardarsi

negli occhi per cinque minuti, in pieno silenzio. Le reazioni dei partecipanti sono state le più varie: c’era chi rideva perché imbarazzato, chi era indifferente o tranquillo e persino chi si trovava a proprio agio ed anzi trovava la cosa piacevole.

Intervistando alcuni dei “compagni di sventura”, è emerso che la maggior parte si era trovata a proprio agio, imbarazzo iniziale escluso, e che avrebbe rifatto certamente l’esperienza. Ma il test non è terminato così: allo scadere del tempo, ognuno dei due membri della coppia doveva esprimere cosa aveva notato dell’altro.

Penso che da questo episodio ognuno dei partecipanti abbia portato qualcosa di nuovo con sé: per me è stato rendermi conto che non basta dare attenzione a chi parla, per comprenderlo, ma che serve anche dimostrare, nei minimi gesti, che ci teniamo a quel che dice.

Forse è vero, insomma, che gli occhi siano lo specchio dell’anima.

#19 FILOSOFIA E PSICOLOGIA

LA TECNOLOGIA DEL DOMANI: REALTÀ, SOGNO O INCUBO Melissa Rocca

Mercoledì 15 novembre, ore 10:00. In sala lettura, il professore Rodolfo Faglia ci presenta alcune provocazioni riguardanti il domani, tema di questi “Dies Fasti”. Argomento della conferenza è la tecnologia futura: per parlare di ciò che ci potrebbe essere la tecnologia nel futuro, tuttavia, bisogna partire dal passato, oltre che ovviamente dal presente.

La conferenza inizia quindi partendo dalle prime rivoluzioni industriali: se la prima rivoluzione industriale consisteva nella meccanizzazione della forza dell’acqua e della forza del vapore e la seconda nella produzione di massa e nell’elettricità, la terza - più recentemente - ha portato, invece, all’invenzione nei computer e nelle automazioni, mentre la quarta -quella nella quale stiamo vivendo oggi- all’utilizzo di sistemi cibernetici.

Approfondite queste nozioni, Faglia tratta l’evoluzione dell’industria negli anni, partendo dall’Homo Habilis: un uomo abile - attraverso la conoscenza degli strumenti - nel padroneggiare utensili di pietra, ma anche capace attraverso di essi - di fare del male agli altri, e soprattutto un uomo solo.

Con le botteghe artigiane, invece, nasce il concetto di lavoro come lo conosciamo noi oggi: gli uomini non lavorano più da soli, ma costituiscono un insieme di persone e di competenze.

La nascita delle fabbriche (prima rivoluzione industriale) porta anche a una specializzazione degli operai (seconda rivoluzione industriale). L’uomo, con la nascita dei robot, inizia a fare lavori più

concettuali (terza rivoluzione industriale) e adesso i robot, che hanno forza e ripetitività e l’uomo, che invece ha l’intelligenza, lavorano insieme o si integrano con l’uomo (quarta rivoluzione industriale).

Alla base dell’industria 4.0 ci sono nove tematiche riconosciute a livello globale: robot collaborativi, stampanti 3D, realtà aumentata (con la quale si aumentata circa del 70% l’efficienza), simulazione tra macchine interconnesse, integrazioni di informazioni lungo la catena del valore dal fornitore al consumatore, comunicazione multidirezionale tra processi produttivi, gestione di dati su sistemi aperti, cyber-security durante le operazioni in rete, analisi di un’ampia base di dati per ottimizzare prodotti e processi produttivi.

Faglia, infine, espone le sue personale provocazioni: forse, in futuro, ci saranno cancelli virtuali, le automobili non avranno più il volante, i robot costruiranno altri robot e le cose si potranno produrre da sole. Ma cosa farà l’uomo se tutto sarà fatto dalle macchine? Magari si dedicherà all’arte, alla programmazione variabile o all’approfondimento di una passione personale.

Ognuno di noi può scegliere di vedere il futuro come preferisce e può pensare liberamente a come sarà la nostra società o a cosa faremo se tutto il lavoro manuale sarà svolto dalle macchine. Io -personalmente - credo che, per quanto le macchine potranno essere sviluppate e perfezionate, avranno sempre bisogno della nostra supervisione e, forse, anche del nostro aiuto.

#20 SCIENZA E MEDICINA

ESTINZIONI: CI SARÀ ANCORA SPAZIO PER LA NATURA SELVAGGIA?

Iris Dodi Le impronte che le attività umane lasciano sull’ambiente e sugli ecosistemi non sono indelebili, ma troppo di rado ci fermiamo a riflettere su quale sia la reale portata dell’impatto degli uomini sulla natura.Questo è l’argomento della conferenza del prof. Dario Liberini, tenutasi alle ore 9 di Giovedì 16 Novembre in Aula Magna, in occasione della XVI edizione dei “Dies Fasti”: qual è il nostro peso sul futuro della Terra? Quale sarà il destino della natura selvaggia?

Attraverso innumerevoli fotografie e filmati dei suoi viaggi nei cinque continenti, il professore ci ha descritto animali, piante, uomini, stili di vita, tradizioni, e ci ha parlato del motore del suo desiderio di avventura: la curiosità e l’amore verso ciò che ci circonda. Due requisiti indispensabili: solo con la voglia di scoprire e il rispetto e l’apprezzamento per la diversità possiamo conoscere davvero la natura e preservarla. La salvaguardia ambientale non è un optional, bensì un dovere ineludibile di ciascuno di noi: già troppi habitat e specie sono stati danneggiati, anche irrimediabilmente, per colpa dell’uomo, causando perdite incommensurabili al patrimonio naturale globale. Sono esempi di queste tragedie la scomparsa del puma dell’est, del rinoceronte nero occidentale, dello stambecco dei Pirenei, del leopardo di Zanzibar, dell’orso grizzly messicano, del tilacino e delle tigri di Giava, di Bali e del Caspio: tutte queste specie hanno in comune l’essersi estinte nel corso del secolo passato a causa della pratica del bracconaggio spietato o addirittura, poiché erano ritenute in qualche modo collegate a spiriti maligni, a causa di vere

e proprie stragi programmate.

Se la superstizione al giorno d’oggi non è più un fattore responsabile di questi stermini, la caccia di frodo è un problema ancora, purtroppo, attuale, che ha alle spalle soprattutto motivazioni di tipo economico: un esempio di ciò sono gli elefanti, in pericolo di estinzione perché il commercio di avorio, pur essendo stato abolito nel 1989, resta un’attività fiorente all’interno del mercato nero.

Il prof. Liberini ha voluto inoltre sottolineare come gli studiosi prevedano che specie come il leone si estingueranno nel prossimo secolo: la diminuzione dei leoni, infatti, è esponenziale e le sue cause sono da ricercarsi nel bracconaggio senza scrupoli e nella netta riduzione dell’habitat naturale a favore dell’estensione di aree urbane e terreni coltivati. Il re della savana, quindi, sarà probabilmente sconosciuto ai nostri nipoti, e in un futuro ancora più lontano sarà considerato alla stregua dei dinosauri.

Un fatto che ci spaventa e fa sorgere una spontanea riflessione: quanto ancora dovremo perdere perché l’uomo si renda conto di essere di passaggio sulla Terra, di essere suo ospite e non suo padrone?

#21 SCIENZA E MEDICINA

IL DOMANI NON SUCCEDE, SI CONQUISTA Giovanna Cadei

Domani. A molti di noi sembra una parola senza un vero significato, sappiamo già cosa succederà: saremo di nuovo a scuola, suonerà la campanella, rivedremo i compagni di classe, staremo attenti, sonnecchieremo… Vediamo i giorni come un susseguirsi delle stesse attività; la stessa routine è così radicata nella nostra testa che ogni cambiamento ci sembra impossibile. Ma se un giorno venisse da noi un medico con una busta in mano per dirci: “Hai un cancro”, cosa ne sarebbe della nostra routine? E del nostro domani?

Saremmo costretti a combattere per averlo, un domani, proprio come è successo ad Enrico, Sofia ed Elisabetta.

Dopo una prima presentazione della professoressa Mattioli seguita dagli applausi dall'aula magna gremita di studenti, professori ed esterni, il primo a parlare è Enrico. Ex-studente del liceo Calini, scopre verso novembre del 2013 di essere affetto da un linfoma: da lì comincia la sua lotta per la vita. Il suo intervento inizia con la canzone “Grecale” di Murubutu, che parla di Giulia, ballerina che, colpita da una cecità improvvisa, dopo una prima fase di depressione si rialza e torna sul palco a ballare con quel suo stile unico diverso dalle altre ballerine. Questa esperienza ricorda ad Enrico la sua: proprio come alle ballerine mancava lo stile di Giulia, infatti, Enrico mancava ai suoi compagni che “lo tempestavano di messaggi”, anche se lui non li poteva vedere; essendo sotto chemioterapia qualsiasi cosa, come un leggero raffreddore, poteva costituire un rischio. Conclude con una lettura di un estratto del romanzo “Ultime lettere di Jacopo Ortis”, che lo ha

incoraggiato ad andare avanti e non mollare, poiché desiderava ancora “poter vivere le piccole cose della vita”.

Parlano poi Fabrizio Porta, medico del reparto, e Rosanna Ceresoli, coordinatore infermieristico, che portano la loro testimonianza nel dover vivere con questi ragazzi e cercare di trasmettere loro sempre la voglia di lottare, perché in loro stessi, in quanto giovani, risiede questa forza. Il dottore riflette anche sul valore dei social come strumenti per capire cosa succede; anche se come sottolinea, è ovviamente necessario “insegnare a usarli” nel modo giusto. Infatti tutti i suoi pazienti, come lui ammette, non appena ricevuta la diagnosi, la “cercano immediatamente su internet”. Parla poi la “collega” rivelando che la parte più dura è quella iniziale, quando devono dire ai ragazzi tutto ciò che potranno e non potranno più fare, ma poi la forza che trovano gli permette di vivere.

Segue Sofia che attraverso un video affronta il cambiamento più evidente portato dalla malattia: la perdita dei capelli, per lei avvenuta a 11 anni. Nel primo periodo, dal vedere i propri capelli cadere o dal trovarsi davanti allo specchio con la macchinetta per rasarseli nascevano dubbi e domande, in primis “cosa penseranno gli altri di me?”. Uscire di casa era una tortura; sentirsi gli occhi puntati non era piacevole e i pregiudizi delle persone accentuavano il fastidio. In inverno - con la scusa del freddo - poteva mettere un berretto in testa, ma in estate no e proprio al momento di preoccuparsene, qualcosa in lei è maturato: la consapevolezza che quella gente per strada è sempre di fretta e anche se la vedesse si dimenticherebbe quasi subito di lei, dal

#22 SCIENZA E MEDICINA

momento che ognuno ha i propri problemi a cui pensare. Ora lei mostra la sua testa “pelata” come simbolo di tutto ciò che ha superato.

Si alza quindi la docente Anna Berenzi, che insegna ogni giorno in ospedale ai ragazzi. Anna ha intrapreso un progetto, In viaggio per guarire, che porta i ragazzi in tutta Italia per comunicare l'importanza della donazione del midollo e del sangue.

Lei racconta che “per un malato è importante più che la cura, la qualità della vita durante essa, e la scuola permette di creare le radici per ancorarsi al suolo e guariti ritornare a camminare con le proprie gambe”.

Parla poi la psicologa Simonetta Coppini, una degli psicologi del reparto che riassume la loro strategia: la resilienza, ossia la capacità di far fronte alle difficoltà. L'etimologia di questa parola viene dal latino resalio che significa “risalire sulla barca quando sta per affondare”: la barca affonda quando si riempie di acqua, acqua che rappresenta la paura che ci teniamo dentro e che è essenziale buttare fuori. Il suggerimento che dà a tutti è di mantenere vivo il desiderio di guarire, cosicché la barca non affondi.

In seguito al video di Cristiana, che invita tutti a vivere ogni istante e a non lamentarsi delle proprie fatiche, Elisabetta legge un testo sulla sua esperienza. Le viene diagnosticato prima il linfoma di Hodgkin all'età di 12 anni, poi una malattia alle teste femorali e infine un nodulo alla tiroide: doveva di nuovo entrare in ospedale e non poteva godersi l'estate. Si sentiva di nuovo debole, non voleva più nessuno, si chiudeva in casa “stanca di essere malata”. Grazie alla sua famiglia, tuttavia, è riuscita a rialzarsi e ha capito quanto tutte quelle cose quotidiane e piccole, come un gelato o una passeggiata, alimentavano la sua felicità; la malattia

non poteva portarle via la voglia di vivere. Elisabetta incoraggia quindi tutti con il suo messaggio a vivere “ogni singolo istante e ogni piccolo avvenimento”.

L'intervento successivo è quello di Viviana Brambilla, responsabile dei volontari dell’Associazione Bambino Emopatico (ABE); un'associazione di genitori che hanno avuto bambini malati e che oggi supportano i genitori che si trovano come loro anni prima, e di volontari, che hanno voglia di “dedicare del tempo” e sono costantemente presenti.

Quest’associazione cerca di “tenere per mano” tutte queste famiglie, fornendo ciò di cui possono avere bisogno, come sostegno psicologico ai bambini.

Arriva il turno dei testimonial. Primo a parlare è don Flavio, che porta i suoi ragazzi spesso in reparto: le sue parole “la vita la vince chi ha una marcia in più” sono riassuntive di questo evento, perché, se si crede in qualcosa, rialzarsi è più facile. Marco Zambelli, giocatore del Brescia calcio, è invece testimonial ufficiale e volontario che dà “una parte di sé” a questi ragazzi. Per terzo parla il commosso comandante dell’aeroporto militare di Ghedi, vicino da molti anni all'associazione ABE, il quale consegna ai ragazzi alcuni progetti di un aereo con tanto di dedica, condividendo con loro questa passione. Per quarto il responsabile della ditta Yamaha, che attraverso i “drammi di Andrea”, un ragazzo malato, ha conosciuto questa realtà che gli ha cambiato la vita. Infine un motociclista che trova “tanta forza e volontà nel vedere ragazzi e medici, che sanno soffrire e sono i veri lottatori di oggi”. Il tutto si conclude con i ringraziamenti del Preside, “grato per aver incontrato persone così e per aver organizzato questo incontro”.

#23 SCIENZA E MEDICINA

MARS 01 -Capitolo 2-

Mario Dall’Asta

Dal diario di un detenuto Marte, colonia penale di massima sicurezza, 3 agosto 2097 Evadere? No, impossibile. Fuori senza tuta muori in trenta secondi. Le uniche tute si trovano nel magazzino delle guardie insieme a tre rover e una navetta.

Sì, c’è anche una navetta. Ma quel magazzino è talmente protetto che sarebbe più facile trattenere il respiro fino alla città più vicina che averne accesso.

Una volta, un detenuto che aveva perso le speranze, lo usò per suicidarsi. Se scegli di toglierti la vita è molto difficile qui, non puoi uscire in alcun modo, i coltelli della mensa sono come quelli per bambini e tutto è costruito in acciaio massiccio, non puoi staccare paratie o pannelli per costruire un’arma.

L’unico modo è appunto correre incontro a una guardia armata fingendo cattive intenzioni. Se sei fortunato ti spara in testa e muori in 3 secondi, se sei mediamente fortunato ti spara al petto e muori in uno o due minuti, e se invece nella vita non sei mai stato minimamente considerato dalla buona sorte allora ti sparerà alle gambe, così non riuscirai più a camminare e non potrai più correre incontro a una guardia fingendo cattive intenzioni. E dato che se mai ti troverai qui significa che fai parte del terzo caso, te lo sconsiglio caldamente.

L’unica opzione è starsene buoni ad aspettare di morire per cause naturali, ammalarsi di una qualche malattia marziana e sperare in una morte veloce.

Ho passato ormai quasi metà della mia vita in questo carcere, ma non sono sempre stato un criminale. Nacqui nel 2041 a Houston, Texas, figlio di William Cooper e Catherine Patel.

Mio padre era un ingegnere aerospaziale, progettò decine fra i più diffusi modelli di astronavi che ancora oggi guidano le spedizioni

Ti sei perso il primo capitolo di “Mars 01”? Lo trovi sul nostro sito o direttamente al profilo Wattpad di Mario (@mario_dallasta).

verso i pianeti del sistema solare. Amava il suo lavoro e fu lui che mi iscrisse alla Flotta Spaziale Internazionale di Ricerca, nel 2057.

La FSIR nacque nel 2025, all’avvento della missione Mars 1, a seguito di innumerevoli richieste di un ente che permettesse viaggi spaziali al solo scopo scientifico al di fuori dell’esercito. Le astronavi della FSIR non avevano e non avranno mai armi a bordo.

Una volta iscritto, iniziai a frequentare l’accademia e dopo 7 anni di studi, con la prima missione su Saturno, diventai ufficialmente uno “scienziato del cosmo”. In fondo me la cavavo, e mi piaceva molto l’idea di esplorare l’ignoto mettendo piede dove nessun uomo fosse mai giunto prima.

William è ancora vivo, ha 87 anni, ma non è più lo stesso da quando è morta Mamma. È morta di crepacuore 25 anni fa, dopo il processo. Lei credeva molto in me, più di chiunque altro. Mi vedeva già al comando di vascelli più veloci della luce, a esplorare altri sistemi stellari diversi dal nostro, senza alcuna colpa. Non resistette.

Aprii gli occhi. Mi capita spesso di parlare nel sonno. Quando mi sveglio ricordo bene tutto ciò che ho detto e lo scrivo. Non si sa mai se qualcuno si interesserà alla vita di un detenuto del ventunesimo secolo, fra centinaia di anni.

Un altro giorno. Suonò la campana della colazione e andammo nella mensa. Caffè (la risciacquatura di piatti è meno diluita, ma è sempre caffè) e delle gallette. Nei giorni speciali, come Natale, ci danno una fetta di crostata. Dato che qui sul pianeta rosso non esistono le stagioni, per me è l’unico modo per rendermi conto del passare degli anni, mentre le ore le detta la campana. Stavo già andando verso la porta quando una guardia esclamò: - Cooper! Vieni qui, forza! Erano mesi che non sentivo parlare una guardia. Le cose da fare sono sempre le

#24 RACCONTI

stesse e quindi non c’è bisogno di parlarsi. E sicuramente a nessun detenuto passa mai per la testa l’idea di fare due chiacchiere con chi gli tiene costantemente un fucile puntato.

Tornai indietro, sui miei passi, e arrivai di fronte alla guardia.

- Cooper, ti pagano la cauzione. I miei occhi si illuminarono e mi sorse subito una domanda fondamentale: - Chi? - Un certo Martin Bailey, dice di conoscerti. Fra tutti, proprio lui. Certo che lo conosco, come dimenticarlo…

- Ah… Sì, lo conosco. - Cambiati, la navetta parte fra due ore. Camminai spedito verso la cella e raccontai tutto ad Alfred, mentre mi cambiavo.

- E così te ne vai, eh! Ma chi è questo Bailey?- Ehm… un vecchio… un vecchio amico! Eravamo in buoni rapporti quando ero fuori. Mi inventai, sperando che non fosse troppo evidente che avessi mentito.

- Capisco. Beh, spero di rivederti, vecchio mio. Buon viaggio e buona fortuna! Mi diede una pacca sulla spalla e mi avviai verso l’hangar.

Appena vidi George l’istinto mi fece impazzire, una parte di me voleva staccargli la testa a morsi, ma per fortuna riuscii a contenermi.

Il direttore del carcere mi consegnò la mia vecchia valigia, i documenti, e il certificato della cauzione. Facevo fatica a crederci, ero di nuovo un uomo libero. Mi salutò con una fredda stretta di mano e ci accompagnò alla navetta.

Si chiusero le porte e decollammo. Mi voltai verso Martin e lo fissai negli occhi. Appena fui sicuro di avere la sua attenzione urlai: - PIÙ DI VENTICINQUE ANNI! Per colpa tua sono stato chiuso in quel manicomio di pazzi criminali per più di venticinque cazzo di anni! - Calmati! Lo sai che non avevamo alternative. - Non me ne frega niente. Tu non puoi immaginare come sia vivere lì. -

- Okay, non posso. Ma non sperare che mi senta in colpa. Ho fatto tutto quello che potevo per tirarti fuori di lì il prima possibile, tra cui spendere un occhio della testa. Ah, un'altra cosa. C’è anche tuo padre. Sbiancai. Ero stato sul punto di raccontare tutto quello che nessuno avrebbe mai dovuto sapere, e mio padre era dietro di me?

Quando vidi William lo abbracciai. Gli ho sempre voluto bene e nonostante quello che ho fatto, anche lui. Mi informò di aver conosciuto Martin qualche mese prima, gli disse che mi sarebbe venuto a prendere e decise di venire anche lui. Martin gli disse anche che una volta fuori gli avrei dovuto raccontare qualcosa.

- Ma… allora… - Sì, a lui puoi dirlo. È rimasto all’oscuro di tutto per troppi anni, ha il diritto di sapere. Eravamo al di fuori dell’orbita di Marte, e iniziavamo a vedere la terra, ma il viaggio sarebbe durato ancora diverse ore, quindi avevo tutto il tempo. Mio padre stava per sapere la vera storia del mio processo, ed ero sicuro che non avrebbe digerito il fatto che Mamma, in fondo, è morta per niente…

Mi misi comodo, e lo fece anche William. E fu così, che a bordo di una piccola navetta nel freddo vuoto dello spazio, iniziai a raccontare.

#25 RACCONTI

E R A S E R H E A D un incubo in cui siamo imprigionati da 40 anni

Letizia Hushi Sono passati quarant’anni dalla prima proiezione di Eraserhead (1977), preludio della cinematografia di David Lynch, regista del non-detto e del non-identificabile. Quarant’anni in cui la difficoltà interpretativa del cosiddetto cinema lynchiano ha continuato ad infittirsi, facendosi sempre più complessa e articolata.

Eraserhead è senza dubbio un’opera d’arte avanguardistica, un capolavoro astrattista dalle numerose influenze pittoriche che annovera nella sua interminabile lista di estimatori il regista Stanley Kubrick, che lo proiettava insistentemente durante la realizzazione di Shining (1980) per trasmettere un senso di inquietudine agli attori.

Polli arrosto insanguinati che si muovono come colti da uno spasmo, feti informi che precipitano dall’alto e donne dalle guance ingrossate, infette da un morbo mortale.

La trama - governata dalle logiche illogiche che dominano il mondo onirico e, proprio per questo, apparentemente insensata - diventa il pretesto per mettere in scena un’odissea nelle profondità più oscure dell’inconscio umano, un viaggio che trova la propria origine in quelle domande ancestrali, in quei dubbi amletici che, da sempre, tormentano l’umanità.

La paura dell’incognito. Il mistero della nascita. E quello della morte. L’angoscia di creare una famiglia. La paternità che,

qui, malata e mostruosa, genera solamente depressione e psicosi.

Le cifre tematiche - così come quelle stilistiche - caratteristiche del cinema di Lynch sono già presenti in questo primo lungometraggio, proiezione delle inquietudini del regista: da poco padre e in cerca di sé stesso, decide di dare una forma alla propria irrequietezza, trasformando il dato autobiografico in un’esperienza universale, rendendo la quotidianità familiare incomprensibile, quasi estranea.

Perfino le scelte puramente estetiche sono volte ad esprimere l’ambiguità dell’incubo lynchiano: il disabitato scenario post-industriale di Eraserhead è avvolto da un bianco e nero che estende e distorce la realtà. Un bianco e nero che, affiancato al sonoro - meticolosamente curato e sorprendentemente irritante -, contribuisce a rendere l’atmosfera ancora più cupa e sconfortante, malsana e degradante.

Lynch rappresenta l’incoerenza del reale e la coesistenza della contraddizione. Il vero e il suo opposto. Il nero, dove irrequietudine e irrazionalità infondono una paura immotivata, e il bianco, un’ottica fiduciosa, ottimistica.

Dopotutto, il pianto è destinato a svanire. L’angoscia a cessare.

Everything is fine. In Heaven.

#26 CINEMA

L’ANGOLO DELLA POESIA PASSATO PRESENTE Quant’è cambiato il mondo dalla tua partenza essenza incapace di restare o di partir senza lasciare nulla in me mai sarei esistito se non te ne fossi andato ma sono assopito in questo nuovo presente resto vulcano quiescente È sempre un domani, ma mi stringo a te, passato. presente.

Anonimo

#27 POESIA

FREDDURE APPENA SFORNATE Pietro Tabladini

Riecco per voi il vostro fresco angolo in dicembre!

-Ho la schiena piena di sugo, mi sono lasciato il passato alle spalle.

-In che stato si trova il Rio delle Amazzoni? Liquido.

-La tartaruga dolce: torta-ruga.

-La tartaruga dritta: tarta-riga.

-La tartaruga in fiamme: tarta-rogo.

-Quel felino è stato arrestato, è andato in gattabuia.

-Il personaggio piĂš creativo del Signore degli Anelli: Lego-las.

-Un minatore per estrarre un grammo d'oro ci mette un quarzo d'ora.

-Anche il padre di Talete era un filosofo: Talete padre Talete figlio.

-Se alle 10 meno un quarto ho picchiato 3 persone alle 10 meno un quarto.

-Volevo fare anche una battuta sul sodio e sull'idrogeno... NaH.

Niente domande sulle tartarughe...

Pit

#28 FREDDURE

IPSE DIXIT

•In questo quadrimestre tratteremo • -STUDENTE: [Indicando il libro che ha sul banco] Oggi ce l’ho, gli esseri viventi in generale: piante, ma quello piccolo... animali, Matteo Renzi.

- PROF: Credo tu stia parlando del tuo cervello!

•Scusatemi se adesso sto fichtizzando Heidegger ma non lo faccio ap• Quello che non mi ha mai convinposta.. to del comunismo è: supponiamo • - PROF: Luigi, ti vedo disattento, che mi metta a imbottigliare la pipì delle persone, chi me lo impedirebprova a ripetermi ciò che ho be? appena detto.

- LUIGI: Profe scusi davvero, ma • Avrete anche 18 o 19 anni, ma per mi è appena uscito un poker me rimanete sempre i piscioni di 6! che stavo impazzendo...

• Dai Luigi ... lo sappiamo che sei un tombeur de femmes...

• Ma che ne sa Cartesio... io coito ergo sum!

• Diciamo che la riga è un po’ il papà del righello...

• Esisteranno sì e no 150 persone al mondo che si chiamano come me, la differenza è che gli altri 149 sono brutti!

• -PROF: Giovanni girati!

-STUDENTE: Prof ma cosa ho fatto di male?!

- PROF: esisti.

• - PROF: Le squadre vanno sempre • Come esiste il post-sbornia vedo usate in coppia!

- STUDENTE: [guardando il com- che esiste anche il post-gita... pagno di banco] Aspetti, ma in • Gianmarco, facci il favore di non coppia di persone o cosa?! rivelare ora tutti i meandri della tua stupidità..

• - STUDENTE: Prof, ma lei è mai stato in Calabria?

- PROF: No, io sono stato solo in •Voi siete simpatici... ma al momento sto già uscendo con un’altra Calabria Saudita... quinta...

#29

GIOCHI

Inserite un albero in alcune caselle in modo tale che ogni riga, colonna e terreno contenga 2 alberi. Due alberi non possono toccarsi fra loro, nemmeno in diagonale.

Inserite in ogni casella vuota un numero da 1 a 9. Tale numero deve essere la somma oppure la differenza in valore assoluto dei numeri nelle due caselle sottostanti. Nelle righe grigie i numeri non possono ripetersi, in quelle bianche non possono essere tutti diversi.

#30 GIOCHI

REDAZIONE

DIRETTORE Federico Bassi 5F

VICEDIRETTRICE Antonia Baresani Varini 4D

PROSATORI Filippo Rizzo 1B Giovanni Meccia 1E Anna Mettifogo 1E Mario Dall’Asta 1G Melissa Rocca 1G Cecilia Barzon 1L Ottavia DE Palma 1L Salma Badir 3B Sara Korolija 3B Carolina Manzoni 3B Stefano Grassi 3G

Elena Piora 3N Iris Dodi 4A Giovanna Cadei 4L Michela Inverardi 5A Sara Pederzoli 5A Alessandro Alghisi 5E Marta Cremaschi 5E Mattia Roccaro 5E Letizia Hushi 5G Jacopo Siciliano 5G Martina Zorzi 5I

MINIATORI Filippo Rizzo 1B Federico Bassi 1E Lucia Cominelli 1E Pietro Tabladini 1H

Luca Rossignoli 1N Valentina Gastaldi 4A Marta Vitali 4E Giovanni Bonassi 5C Giovanni Naccari 5F

RESPONSABILE WEB Andrea Duina 5F

IMPAGINAZIONE Elisa Bassi 3B

CORRETTORE BOZZE Stefano Abeni 5F

CON LA COLLABORAZIONE DI: Chiara Fasanotto Filippo Zampedri Federico Camparada Gianluca Meccia

PROF. REFERENTE Domenico Rizzoli

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