Il Popolo: speciale nuovo Vescovo

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Il significato del suo stemma e del suo motto

La cronaca dell’ordinazione ad Assisi

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A pagina 2

La storia, i luoghi, i personaggi della nostra terra Da pagina 11 a pagina 25

DOMENICA 14 DICEMBRE in Cattedrale, alle ore 15.45, l’inizio del Ministero Episcopale

Benvenuto Vescovo Vittorio di PIER GIORGIO PRUZZI*

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omenica 14 dicembre a Tortona, nella Cattedrale, il Vescovo Vittorio Viola comincerà solennemente il suo ministero. Ad accoglierlo ci saranno i fedeli dell’intera Diocesi. Tra di loro i protagonisti e gli animatori della vita e della missione delle nostre parrocchie, delle aggregazioni e dei movimenti laicali, del volontariato. Ci saranno i rappresentanti della società civile, delle istituzioni. I sacerdoti, i diaconi permanenti, i religiosi, le religiose, ricchezza e forza per la Chiesa di San Marziano. Tutti accoglieremo il nuovo Vescovo come ci ha indicato Mons. Martino Canessa il giorno dell’annuncio della nomina: “Facendo sentire tanto calore al nuovo Pastore, perché l’affetto, la stima e il sostegno saranno fondamentali per poter affrontare i problemi e incoraggiarlo con fiducia nel nuovo ministero”. Lo riceviamo come un dono del Signore, un dono del Santo Padre Francesco. La storia della Chiesa che è in Tortona continua. La storia di Gesù e il dono della Sua vita ne sono la manifestazione più alta. Questa storia prosegue nella Chiesa per opera dello Spirito Santo; negli uomini chiamati a servire la Chiesa come maestri, dispensatori della grazia, operatori di carità. Sono i Vescovi. I nostri Vescovi tortonesi Egisto Domenico, Francesco, Giovanni, Luigi, Martino ieri; d’ora in avanti Vittorio. Insomma, il Vescovo è una grazia dell’amore di Dio alla nostra Chiesa di Tortona. Noi lo accogliamo così, preghiamo per accoglierlo così. Diceva il Vescovo Vittorio nel suo primo messaggio alla Diocesi: “Non conosco i vostri volti, come voi non conoscete il mio: impariamo a conoscerci e ad amarci così come Lui ci ama”. È anche il desiderio e il proposito di tantissimi fedeli della Diocesi. Quante domande mi sono state rivolte in queste settimane: il suo volto, la sua storia, le sue relazioni, cosa ha fatto e sta facendo… E poi le prime impressioni dei pochi che hanno avuto il privilegio di incontrarlo, le testimonianze degli amici che lo conoscono da tempo… Quanto entusiasmo, quante disposizioni buone all’accoglienza e alla collaborazione. La Chiesa di Tortona domenica inizia una nuova tappa del suo cammino: un cammino di fede in Cristo, di testimonianza al Vangelo, per essere fermento di vita buona nella città dell’uomo. Noi abbracciamo a cuore aperto il Vescovo Vittorio, felici che la sua presenza, la sua parola, la sua guida e la sua opera di santificazione quale successore degli Apostoli, sia il sigillo della nostra fede. Gli diciamo: Benvenuto Vescovo Vittorio! *Vicario Generale

Da subito un Vescovo “del Popolo”

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a subito. Da quando abbiamo saputo che sarebbe stato il nostro Vescovo, abbiamo sentito padre Vittorio come uno di noi. Ci è sembrato di conoscerlo da sempre. Di averlo già incontrato. Così, in questo avvicendamento temporale alla guida della Diocesi, il tempo si è ridotto, compresso in tutti gli articoli che gli abbiamo dedicato, per dare, realmente, continuità al tempo. Il primo incontro con lui, ad Assisi,

ci ha aperto il cuore. Da allora, secondo il nostro stile, abbiamo fatto del nostro meglio per farvelo conoscere, per farlo entrare nelle vostre famiglie. Domenica lo incontrerete tutti e noi continueremo a condividere le sue parole e i suoi gesti con lo spirito di servizio e il rispetto per i lettori che danno senso al nostro lavoro. Ma in questo numero abbiamo voluto anche far conoscere a Mons. Viola le bellezze della sua nuova Diocesi, il suo territorio, i suoi perso-

naggi illustri. Ciò che avete tra le mani, infatti, non è soltanto uno “Speciale”, ma una sorta di album illustrato. Adesso, lo immaginiamo di casa nella nostra redazione per costruire insieme un settimanale sempre più desideroso di raccontare il bene, la vita della comunità e la storia di tanti uomini che hanno accolto senza risparmiarsi il progetto che Dio ha concepito per loro. Daniela Catalano, Matteo Colombo, Marco Rezzani


SPECIALE

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IL POPOLO Giovedì 11 dicembre 2014

Domenica 7 dicembre, Assisi, nella basilica di Santa Maria degli Angeli

Il francescano Padre Vittorio è Vescovo BENVENUTO VESCOVO VITTORIO

ASSISI - Sono passate da pochi minuti le 16 di domenica 7 dicembre. Un applauso fragoroso annuncia l’ingresso nella basilica Papale di Santa Maria degli Angeli di Padre Vittorio Viola, il Vescovo eletto di Tortona, che sta per ricevere l’ordinazione episcopale. Attraversa la navata ed entra nella Porziuncola. La piccola chiesetta, cuore del francescanesimo, “accoglie” ed “abbraccia” padre Vittorio che si inginocchia e prega in silenzio. È un momento di grande commozione, il primo di una lunga serie. Il Vescovo entra in sacrestia e veste i paramenti liturgici. La corale della basilica – che accompagnerà magistralmente tutta la liturgia – esegue l’“Ave Maris Stella” di Lorenzo Perosi. Uno dei figli più illustri della nostra Diocesi è lì ed apre un evento storico per la Chiesa di Tortona. Una ventina i Vescovi concelebranti, molti frati dell’Ordine francescano, molti i sacerdoti. Tra i diaconi i “nostri” Ernesto Stramesi e Matteo Fiorani. Presiede la solenne concelebrazione della consacrazione episcopale Mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. Coconsacranti l’Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve il Cardinale Gualtiero Bassetti e l’Amministratore apostolico di Tortona Mons. Martino Canessa. È presente il Legato Pontificio per il santuario Cardinale Attilio Nicora. Ci sono mamma Renata, il fratello Corrado, i famigliari e i parenti di padre Vittorio. Tra le autorità presenti il Sindaco di Assisi, quello di Valle Mosso, il paese natale del Vescovo Vittorio, il Sindaco di Tortona Gianluca Bardone. In chiesa, tra gli altri, il Presidente del Consiglio comunale di Tortona Claudio Scaglia, gli assessori Gian Francesco Semino e Marcella Graziano, l’assessore Giuseppe Carbone di Voghera, i Sindaci di Pietra de’ Giorgi Gianmaria Testori, di Torricella Verzate Marco Sensale, di Campospinoso Paolo Fasani, di Canneto Pavese Francesca Panizzari, di Canevino Luigi Chiesa, il consigliere della Provincia di Pavia Riccardo Fiamberti, il consigliere comunale di Cigognola Rosanna Rovati. Foltissima è la delegazione della nostra Diocesi, tra la quale gli studenti del Santachiara. Per tutta la durata della Santa Messa, accanto al Vescovo Vittorio siedono padre Sergio Prina Cerai e don Andrea Crevola, compaesani e amici di una vita. La liturgia della Parola ci fa ascoltare le letture della solennità dell’Immacolata Concezione di Maria. Dopo la proclamazione del Vangelo, il canto del “Veni, Creator Spiritus” dà inizio alla liturgia di ordinazione. Il Vicario generale Mons. Pier Giorgio Pruzzi, a nome della Chiesa di Tortona, chiede al Vescovo ordinante che “sia ordinato Vescovo il presbitero Vittorio Francesco Viola”.

Viene quindi data lettura della Bolla papale di nomina. Mons. Sorrentino tiene l’omelia nella quale esprime a padre Vittorio tutta la sua gratitudine e quella dell’intera Diocesi assisana. Lo invita ad andare “con fiducia a Tortona”, forte di due “marce in più”: la “spiritualità francescana” maturata nei luoghi originari del carisma di San Francesco e l’affetto “sicuramente speciale” del Santo Padre Francesco. La liturgia di ordinazione continua. L’eletto è chiamato a rinnovare i suoi impegni, in particolare riguardo alla custodia della fede e all’esercizio del ministero. Per nove volte nella basilica risuona il “Sì, lo voglio” di padre Vittorio. A questo punto il Vescovo eletto si prostra a terra e nel canto delle Litanie dei Santi la Chiesa tutta chiede per lui la “ricchezza della grazia” di Dio per il bene della Chiesa e, terminato il canto delle litanie, si inginocchia davanti a Mons. Sorrentino che impone le mani sul suo capo. Lo stesso fanno gli altri Vescovi. È il culmine della celebrazione: Vittorio è Vescovo. La “terza immersione” di cui ci parlerà alla fine della Messa è avvenuta. Seguono i cosiddetti “Riti esplicativi”: il Vescovo consacrante unge il capo dell’ordinato con il Sacro Crisma, gli consegna il libro dei Vangeli, gli mette l’anello nel dito anulare (segno di fedeltà, di integrità nella fede e di purezza della vita), gli impone la mitra e gli consegna il pastorale (segno del ministero di pastore). Il Vescovo Vittorio prende posto al centro del presbiterio e riceve l’abbraccio di pace di tutti gli altri confratelli nell’Episcopato. Segue la Liturgia Eucaristica alla quale partecipa nella pienezza del suo nuovo ministero episcopale. Dopo la comunione, al canto del “Te Deum”, percorre la navata della basilica, benedicendo i fedeli. Ora il Vescovo Vittorio si porta all’ambone e rivolge la sua parola. Sono attimi di grande commozione. Il suo ultimo pensiero va alla Vergine Immacolata “amore mio” e al Signore Gesù “vivo, vivo vivo, amore mio”. Sono quasi le sette di sera, la celebrazione è terminata. Tre ore sono volate via… In molti abbiamo le lacrime agli occhi. Lacrime di gioia e di speranza per la nostra Chiesa di Tortona (“bellissima perché bellissimo è il suo Sposo, il Signore Risorto”) e per la Chiesa tutta. Lungo la strada che ci porta al palazzetto dove è allestito il rinfresco, ci accompagna un giovane frate francescano. Ci dice del dispiacere suo e di tutti i frati per il distacco da padre Vittorio e della gioia per la nostra Diocesi. Con il sorriso sulle labbra ci apre il suo cuore: “Siete tanto fortunati, il Vescovo Vittorio è un uomo pieno di Dio”. Marco Rezzani


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SPECIALE

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Le sue prime, commoventi parole, dopo l’ordinazione

”Cosa se ne potrà fare il Signore di me?” S

ignore, bello, bello, sei bellissimo. C’è un punto centrale nella mia esistenza che è la Sua presa di possesso di me, nello spazio creato dalla mia – almeno desiderata – consegna. Il modo con il quale il Signore ha voluto prendere la mia vita è la celebrazione del sacramento dell’Ordine sigillo per me della conferma dei mio battesimo. Padre Luca, grazie per l’imposizione delle tue mani, per quei giorni, per il tuo anello, in questo giorno che è anche il giorno della tua ordinazione episcopale. Penso all’ordinazione come un’unica azione sua in me, a tre riprese, a tre immersioni successive, graduali, distinte e connesse, perché io potessi assorbire sempre più in profondità lo Spirito del Signore e la sua Santa operazione in me; ed io ad imparare una docilità, sempre totale nel desiderio, sempre limitata nella realtà della mia debolezza. Tre immersioni – il diaconato, il presbiterato, l’episcopato – che sono grazia assoluta, misericordia allo stato puro, rese possibili dentro un eccomi: quello della mia professione solenne, qui, alla Porziuncola. Come sei bella Porziuncola. Come sei bella, piccolina, piccolina. Come Maria. È dentro quel non volere trattenere nulla di me per essere accolto da Colui che a me totalmente si è offerto, che è stato custodito l’eccomi del mio essere presbitero, il vero segreto della mia vita. Un eccomi che contiene il tutto della mia consegna a Lui, talmente pieno che nell’ordinazione episcopale non deve nemmeno essere

ripetuto, ma solo ricordato: in forza di quell’eccomi la Chiesa sa che può disporre di me e mi ha presentato a Dio chiedendogli di farmi vescovo. Misericordia allo stato puro. Tu sei il Padre delle misericordie. E qui comprendo qualcosa di più di quell’eccomi. Quando il Signore ci chiama non descrive i dettagli del suo progetto: non avremmo la forza di reggerlo. Ci dice il titolo e, poi, ci chiede di fidarci di Lui: non scegliamo un progetto, ma il Progettista, è un’altra cosa. Signore, bello. Maria Vergine, anche in questo tu sei esperta, bella. La mia ordinazione episcopale è l’inizio di un nuovo capitolo del libro della mia vita. Ma non confondiamoci: siamo sempre nella prefazione, sì, perché il libro inizia con la morte. Francesco, bello. Il tuo Transito. E le pagine non si conteranno perché dovranno raccontare l’eternità in Dio. E – come è noto – Lui che è l’Autore e l’Editore non ha problemi né di spazio né di tempo. Quando mi è stato detto che Papa Francesco voleva affidarmi la diocesi di Tortona ho pensato – con imbarazzato timore – a Pietro, ai Dodici. Bello, Pietro. Ti ricordi, Pietro, la tua casa a Cafarnao, quella che Lui ha occupato sfrattandoti. Le tue reti, quelle che Lui ti ha riempito per liberartene. La tua barca, quella che nel momento in cui tu lo hai fatto salire è diventata per sempre la Sua. Le tue intuizioni di Lui, dono del Padre. Le tue non comprensioni di lui, in-

ganni del tentatore. I tuoi piedi sul tuo lago agitato, mare di cristallo per la tua fede. L’acqua alla gola delle tue paure, occasione per te per lasciarti affondare nella fede. Il tuo stordimento sul Tabor, ma a lui bastava che tu fossi lì in quel momento. E poi: non lo conosco, non lo conosco, non lo conosco. E poi: il silenzio quella mattina sul lago, quando non dicevate nulla perché sapevate che era Lui. E poi: ti amo, ti amo, ti amo. E: pasci, pasci, pasci. E lo storpio che si alza, meno sorpreso di quanto non lo fossi tu. E la Sua tua croce. Gloriosa. Per sempre. E altri Pietro dopo di te. E altri Dodici, per la Sposa. E ho pensato: che cosa se ne potrà mai fare il Signore di uno come me? Lui conosce ogni cosa. Tutti voi siete dentro la storia che il Signore ha iniziato a scrivere per me, siete nel suo cuore, tutti: la mia famiglia, il mio papà, il mio paese, Valle Mosso e Solcio e Assisi e Santa Maria, la Chiesa di Biella, la Chiesa di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, il vescovo Domenico, bello, e caro, tanto caro, i miei frati, tutti, tutti: il Ministro generale, Claudio, tutti, tutti, carissimi per sempre, i ragazzi delle case e i ragazzi del lago, i nomi di quanti il Signore ha messo sul mio cammino, alcuni incisi per sempre nel mio cuore in attesa di essere uno, unitissimi, il Santo Padre Francesco, di una benevolenza eccessiva per me, la Chiesa di Tortona, bellissima perché bellissimo è il suo Sposo, il Signore Risorto. Vergine Immacolata, amore mio. Signore Gesù, vivo, vivo, vivo, amore mio. † Mons. Vittorio Viola

IL CORSIVO di Matteo Colombo

Un Vescovo bello Potremmo dire che siamo venuti a prenderlo, in anticipo, per portarlo a Tortona. Lo avremmo potuto dire dopo che l’abbiamo ascoltato sia nella Messa di ordinazione, sia il giorno dell’Immacolata. Perché un Vescovo pieno di Dio come lui lo desideriamo subito tra noi. Non vorremmo smettere di ascoltarlo. E adesso che siamo qui ad Assisi non vorremmo lasciarlo, nemmeno per un giorno. Anzi, siamo venuti, esattamente, per accompagnarlo. Così che il suo spostamento sia in realtà uno scivolamento. Da cuore a cuore. Dal cuore dei suoi frati e dei suoi poveri delle “case” al cuore di tutta la gente di Tortona. E da Santo a Santo. Da San Francesco a San Luigi Orione. Siamo qui per commuoverci e, dopotutto, per iniziare a muoverci insieme, sulla stessa strada dove il Signore ci ha fatto incontrare. Padre Vittorio si sposta dall’Umbria al Piemonte, ma cammina sempre e soltanto verso Dio. Non lascia la Porziuncola perché la tiene dentro. Ovunque. E non lascia Francesco perché tutta la sua vita, la sua fede, è radicata in lui. È con gli occhi di Francesco, se avessimo quegli occhi, che possiamo capire la misericordia allo stato puro che il Signore ha riservato a padre Vittorio. È con il suo spirito che ha detto “eccomi” come la Madonna all’angelo. Aprendo piccoli spazi, ma vuoti, dentro di sé per accoglierLo. E mentre scrivo non riesco a non pensare che ormai, in un momento epocale per la nostra Chiesa, la Diocesi di Tortona sarà da adesso e per sempre legata ad Assisi e questo legame sarà, tra decenni, qualcosa di consolidato e di forte e qualcosa di naturale e si ripeterà “ricordate il giorno che siamo stati lì e Padre Viola è diventato Vescovo?”. Poi, non riesco a non pensare alle reazioni delle persone che non l’hanno ancora ascoltato. Le sue parole, come i nostri peccati, si trasformeranno in combustibile per accendere in noi l’amore del Padre. Non è solo un bel Vescovo padre Vittorio, ma è un Vescovo bello. Di una bellezza che ha condiviso anche con i tortonesi in Santa Maria degli Angeli. “Bellezza che è il dono sproporzionato, la prodigalità di Dio che si manifesta a noi in particolare nella venuta del Figlio nel mondo. La bellezza che è il viaggio del Figlio di Dio attraverso la terra per salire sulla croce”. La bellezza che teorizza Hans Urs von Balthasar (grazie frate Pasqualino!). Bello il pastorale in legno con il tao. Bello lo sguardo di sua madre che gli sistema la mozzetta. Bello come ci saluta. Vero. Atteso. Spirituale. Affabile. Carismatico. Tutto Suo. Del mondo. Già nostro.

BENVENUTO VESCOVO VITTORIO


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Il diario di viaggio di una due-giorni indimenticabile

Accolti da un colorato arcobaleno BENVENUTO VESCOVO VITTORIO ASSISI - “Due giorni che sanno di paradiso”: così si può riassumere il viaggio della Diocesi di Tortona ad Assisi che si è svolto il 7 e l’8 dicembre. Domenica 7 dicembre, mattino presto si parte. Destinazione Umbria. Il popolo di Dio diocesano, si muove per essere presente nella basilica di Santa Maria degli Angeli alla cerimonia del “suo” Vescovo. Durante il viaggio spesso si parla di lui, della Messa a cui si parteciperà e cresce la curiosità di poter vedere da vicino colui che sarà a breve la nuova guida della Chiesa tortonese. Dopo alcune ore ecco che appare Assisi e sopra la città un meraviglioso arcobaleno… un segno del cielo che accoglie coloro che arrivano e che viene letto come annuncio di una grande gioia. La statua della Madonna brilla sulla basilica. La Madre abbraccia i suoi figli che si uniscono alla preghiera della Chiesa per il suo figlio francescano...

La Basilica si riempie in ogni angolo mentre cresce la trepidazione e l’attesa… poi tutto tace… il silenzio diventa ascolto e inizia la celebrazione. Al termine l’applauso scrosciante e fragoroso saluta il nuovo Vescovo… i volti sono commossi e sereni… Da quello di sua madre Renata, che ha seguito ogni attimo con sguardo affettuoso e attento, dei suoi familiari a quello di ogni presente. Una parola risuona sulle labbra di molti: “è stato bello”. Perché bello è un aggettivo carico di significati, perché Padre Vittorio l’ha usato più volte nelle sue parole di ringraziamento e ha fatto capire che la “bellezza” vera e autentica è quella del volto di Dio e di sua Madre Maria… è quella delle persone che ci sono accanto e ci amano così come siamo. Il rinfresco si svolge in un clima di allegria e di comunione: tutti diventano una grande famiglia. Non importa conoscersi, l’importante è dire grazie a

Padre Vittorio e augurargli buon cammino. Le sorprese di questa lunga giornata però non sono ancora finite. Dopo cena il Vescovo arriva alla Domus Pacis… Un lungo applauso e poi l’abbraccio della gente… Tutti vogliono salutarlo, dargli il benvenuto e fargli capire che ogni cuore sarà pronto a volergli bene e a farsi guidare da lui. Padre Viola con un sorriso affettuoso e sincero ha una parola per tutti, stringe le mani, abbraccia e fa battute. Scherza con i bambini che con semplicità gli si stringono intorno e gioca con loro. Non si tira indietro quando gli chiedono di mettersi in posa per le foto e non smette mai di sorridere… un sorriso che è davvero “bello”. Prima di ritirarsi per il meritato riposo Padre Vittorio si ferma ancora per qualche battuta con Padre Pasqualino Massone, originario di Montecapraro e ora ottimo direttore della Domus Pacis, dove gli ospiti si sono sentiti a casa e con i suoi

grandi amici e compagni di una vita don Andrea Crevola e Padre Sergio Prina Cerai che ha accolto i presenti con simpatia e amicizia. La lunga giornata volge al termine mentre una splendida luna illumina la basilica, testimone di una grande pagina di storia della Chiesa. Lunedì 8 dicembre, solennità dell’Immacolata. Il sole invernale saluta la città. Le campane suonano a festa. La basilica papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, dove è ancora palpabile l’evento di grazia avvenuto nella ordinazione episcopale, si riempie di una folla di fedeli e tra questi ci sono anche i tanti provenienti da Tortona e da Valle Mosso, il suo paese di origine nel biellese, per la S. Messa nel giorno della festa che sarà presieduta da Padre Vittorio, per la prima volta da Vescovo. La funzione inizia con l’“Ave Maris Stella” di Perosi in onore della Piena di Grazia. Il Vangelo lo pro-

clama il nostro Diacono Matteo Fiorani. Nel momento in cui Mons. Viola inizia l’omelia il silenzio è assoluto. La sua voce si leva nitida e forte. Le sue parole sono intense e profonde. È una vera e propria catechesi nella quale il Vescovo sottolinea l’incontenibile disegno d’amore che Dio ha per ogni sua creatura e che con potenza creativa esprime nell’uomo e in particolare nella Vergine Maria. Quando parla di Lei si commuove… così come si è commosso il giorno prima, quando durante la Messa ha ricordato tra i defunti il papà Paolo e quando si è rivolto all’assemblea. Si esce dalla basilica con il cuore pieno di amore e di gratitudine pronti a tornare alle proprie case in attesa che arrivi domenica 14 dicembre quando Padre Viola sarà per sempre in mezzo a noi. Ma le sorprese non sono ancora finite… Alla fine del pranzo Il Vescovo è di nuovo alla Domus Pacis per salutare chi parte. Ancora una volta il suo sorriso ab-

braccia tutti. La Diocesi di Tortona nella persona di Dino Savio gli consegna come dono un’offerta per i poveri e lui con grande semplicità e schiettezza ringrazia e afferma che mai bisogna dimenticare i poveri, “perché da loro noi abbiamo solo da imparare e perché loro sono il volto dell’amore di Dio”. Un altro insegnamento, un’altra lezione di umiltà… È vero, dunque, quello che ha detto Mons. Sorrentino nell’omelia dell’ordinazione: “Papa Francesco ci ha fatto proprio un bel regalo!”. La Diocesi saprà ringraziarlo abbracciando il suo Pastore e mettendosi al suo servizio. “L’Immacolata, la Regina degli Angeli, Francesco e Chiara, San Marziano e i santi di Tortona si faranno garanti del suo cammino e guideranno i suoi passi”. Nel cuore dei presenti resteranno le emozioni vissute e l’orgoglio di appartenere ad una “Chiesa bellissima”. Daniela Catalano


DIOCESI DI TORTONA

APPUNTAMENTI

con il nuovo Vescovo Mons. Vittorio Viola GIOVEDI’ 18 DICEMBRE ore 9.30

SEMINARIO - TORTONA Il Vescovo incontra i sacerdoti, i religiosi e i diaconi permanenti

LUNEDI’ 22 DICEMBRE ore 21

C AT T E D R A L E - T O R T O N A Catechesi sull’Avvento “Vieni Signore Gesù” Tutti sono invitati

MARTEDI’ 23 DICEMBRE ore 12

EPISCOPIO - TORTONA Auguri di Natale al Vescovo Interverranno rappresentanze del Capitolo della Cattedrale, della Curia Diocesana, del Seminario, delle Associazioni, dei Gruppi, dei Movimenti Ecclesiali e delle Parrocchie della città. Il Vicario Generale, come consuetudine, si farà interprete dei sentimenti di tutti i partecipanti.


SPECIALE

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IL POPOLO Giovedì 11 dicembre 2014

I messaggi delle autorità Prefetti, Presidenti delle Province, Sindaci

“L’accogliamo nella nostra terra” Il Prefetto di Alessandria Il Prefetto di Genova Romilda Tafuri Fiamma Spena

Di solito mi piace rifarmi al significato etimologico delle parole, perché in questo modo, il più delle volte, si riesce a comprendere il vero profondo essere di una figura o di una funzione. Non è così nel caso del “Vescovo”, perché la sua missione travalica assolutamente quel che rimane sotteso ad una traduzione letterale dal greco “episcopos” che vuol dire sorvegliante, supervisore. Un Vescovo è molto di più. È un pastore, nella sua accezione maggiormente significativa; è una guida; è un fermo punto di riferimento; è un custode di valori. E oggi mi unisco alla preghiera corale di tutti i fedeli per ringraziare Dio del dono fatto a questa Diocesi. Benvenuto, Eccellenza Reverendissima Padre Vittorio Francesco Viola.

In questo giorno solenne, storico, in cui fa ingresso nella Diocesi di Tortona, desidero anch’io unire la mia voce a quella delle Istituzioni e della Città per porgeLe il più caloroso benvenuto. La Sua profonda spiritualità e la Sua esperienza di vita evangelica, all’insegna della povertà, fraternità e obbedienza, maturata nella piccola Chiesa della Porziuncola, tanto cara a San Francesco - che sono motivi della predilezione di Papa Francesco e della Sua chiamata all’episcopato in una così giovane età - costituiscono la preziosa dote che porta a questa comunità, insieme all’entusiasmo della Sua fede semplice e gioiosa. Mi ha molto colpito il Suo Eccomi, commosso e coinvolgente, pronunciato, anzi ripetuto, nella Sua professione solenne durante l’ordinazione episcopale, che riecheggiava, nella solennità dell’Immacolata, l’Eccomi della Vergine Maria. Il contenuto del Suo Eccomi qui a Tortona, il “vero segreto” della Sua vita, è parte di un progetto a cui tutti noi partecipiamo, l’intera comunità e non solo la Chiesa di Tortona, tutti coloro che il Signore ha messo sul Suo cammino - aggiungo - alla ricerca del significato pieno della vita. Un progetto in cui mi sento anch’io coinvolta, poiché le Istituzioni civili e la Chiesa hanno un cammino convergente, pur nella differenza dei ruoli e dei compiti. Solo così, riscoprendo il significato del nostro impegno, si può rispondere alle sfide sempre più ardue di questo periodo, sfida alla nuova evangelizzazione per la Chiesa del Terzo Millennio, e sfida a costruire una società più solidale e più fortemente coesa per le Istituzioni civili. La missione comune è quella del servizio al bene comune e del presidio alle categorie più deboli, costruendo percorsi di giustizia, libertà e pace sociale. Funzione per la Pubblica Amministrazione da esercitare con dignità, etica e senso della responsabilità, non venendo mai meno all’ossequio alla verità e al coraggio della difesa dei beni supremi. Ringrazio con devozione e fervore Papa Francesco per il grande dono che ha voluto fare a questa terra, di antica e nobile tradizione, che si stringe con affetto alla Madonna della Guardia, certa che la Sua presenza rappresenterà una speranza per tutti, feconda di fede e carità. Gli auguri più fervidi, Eccellenza Padre Vittorio, per l’importante magistero pastorale affidatoLe.

Provincia di Pavia Daniele Bosone

Provincia di Alessandria Provincia di Genova Rita Rossa Il commissario Giuseppe P. Fossati

L’Oltrepò è un territorio che ha bisogno di un lavoro di grande richiamo spirituale e valoriale cui sono sicuro potrà ottimamente rispondere Padre Vittorio Francesco Viola, già custode della Porziuncola di Assisi, cui do il mio più caloroso benvenuto a nome dei cittadini di tutta la provincia di Pavia. Un francescano è stato chiamato a vivere in mezzo a noi e questo è un grande dono perché la comunità sarà guidata da una persona per vocazione dedita alle fragilità sociali e umane che, purtroppo, si stanno moltiplicando anche nella nostra provincia a causa della crisi economica. Fragilità che sempre più spesso ci vedono materialmente impotenti anche come istituzioni. Per il nuovo Vescovo auspico l’avvio, in un’ottica di solidarietà e sussidiarietà, di una grande collaborazione con l’Ente Provincia e con le altre istituzioni del nostro territorio che lui stesso potrà apprezzare dopo averle conosciute in tutte le loro potenzialità umane, culturali e sociali.

Eccellenza, Mons. Vittorio Francesco Viola, con grande emozione esprimo a nome del territorio provinciale, che nella zona del tortonese e del novese comprende la Sua Diocesi, un caloroso benvenuto. I valori universali di fratellanza e solidarietà sono purtroppo messi a rischio quotidianamente dalla difficile realtà che stiamo vivendo. Solo attraverso un fattivo rapporto di dialogo e condivisione con le istituzioni si potrà meglio attraversare questo momento storico problematico. La Sua missione pastorale saprà sicuramente trovare il terreno comune sul quale fondare la rispettosa convivenza ed il dialogo tra credenti e non credenti , tra cristiani e fedeli di altre religioni affinché si possa , insieme, affrontare i disagi, le tensioni, le difficoltà di ogni giorno. Le comunità del tortonese e del novese sono laboriose, di sani principi e per natura accoglienti e solidali. Sono certa che saprà accoglierle in modo affettuoso e che troverà in noi Amministratori interlocutori attenti e disponibili.

E’ con sincero piacere che rivolgo il saluto di benvenuto della Provincia di Genova e mio personale a Padre Vittorio Viola, nuovo Vescovo della Diocesi di Tortona. Il compito che lo attende, anche per la vastità e la complessità della Diocesi, non è facile ma sono sicuro che la sua esperienza e la sua formazione spirituale gli consentiranno di affrontare (e vincere) le grandi sfide che lo attendono. Sfide che trovano origine in un contesto sempre più tormentato e difficile che, per la grave crisi economica che stiamo attraversando, vede fortemente penalizzata, se non emarginata, una fetta, purtroppo, sempre più ampia della nostra società. Trovo al riguardo particolarmente significativo e incoraggiante il fatto che la sua nomina sia avvenuta proprio ad Assisi, davanti alla Porziuncola, simbolo universale di una fede vissuta con povertà, impegno e vicinanza alla realtà umana e sociale e alle sue, troppo spesso, dilanianti e vistose contraddizioni. Per questo rinnovo i miei più sinceri auguri di buon lavoro per il nuovo, prestigioso, incarico cui è stato assegnato, confidando che i rapporti, già eccellenti, fra tutte le istituzioni possano proseguire e, se possibile, crescere ulteriormente sotto il segno dell’impegno per il bene comune e di principi che trovano nella reale e concreta solidarietà il loro tratto distintivo più rappresentativo.

Il sindaco di Voghera Carlo Barbieri

Il sindaco di Tortona Gianluca Bardone

Il sindaco di Novi Ligure Rocchino Muliere

È con il cuore pieno di gioia che diamo il benvenuto a Padre Vittorio Viola, nuovo Vescovo della Diocesi di Tortona. Attendiamo di poterlo presto ospitare nella nostra Città, sia durante la sua missione pastorale, sia come vero e proprio cittadino vogherese. Fin da ora, cogliamo l’occasione per accoglierlo nella nostra Comunità e augurargli buon lavoro.

Siamo partiti in tanti dalla Diocesi di Tortona alla volta di Assisi per vivere con lei l’importante momento nel quale ha ricevuto la sua consacrazione episcopale. Tutta la città l’attende e le rinnovo i saluti anche di coloro che non sono venuti, ma che hanno seguito da casa. Don Orione, più volte, parlando di Tortona, raccontava: “Fu là, davanti alle Ossa di San Marziano, che io, sentendo di interpretare l’anima tortonese, ho fatto il voto a nome del popolo tutto, di innalzare a S. Bernardino un Santuario alla Madonna della Guardia, se la guerra fosse tosto finita con la vittoria delle nostre armi. E la vittoria arrise tosto all’Italia. E Tortona, nobile sempre, tenne fede al suo voto”. Questo spirito ancora vive nella nostra città e distingue la diocesi per la forte vocazione alle opere di carità secondo l’esempio di San Luigi Orione. Le auguro un buon inizio, la aspetto per darle il benvenuto ufficiale nel nostro Duomo alla presenza dell’Amministrazione Comunale e della comunità tutta.

A nome della Città di Novi Ligure, sono lieto di dare il più sentito benvenuto a Padre Vittorio Francesco Viola, nuovo Vescovo di Tortona. Quello che stiamo vivendo è un momento difficile. Come rappresentanti delle Istituzioni, abbiamo il dovere di dare delle risposte a coloro che stanno pagando il prezzo più alto della crisi economica: chi è senza lavoro, le famiglie in difficoltà, i giovani che vogliono costruirsi un futuro. Credo che la collaborazione tra le Istituzioni civili e religiose possa contribuire a raggiungere prima e meglio il nostro obiettivo primario, vale a dire essere al servizio della comunità per aiutarla e migliorarla. Sono certo che la nuova missione pastorale potrà dare un ulteriore impulso al dialogo, per meglio attraversare questi tempi di incertezza e di grandi cambiamenti.

BENVENUTO VESCOVO VITTORIO

Il Prefetto di Pavia Peg Strano Materia

È imminente la consacrazione del Rev.mo Padre Vittorio Francesco Viola a Vescovo di Tortona, che succede al governo pastorale di questa Diocesi a S.E. Mons. Martino Canessa, che lascia per raggiunti limiti di età, accompagnato dall’affetto e dall’apprezzamento di tutta la comunità dei fedeli. Sono tutti ben consapevoli che la scelta, operata dal Santo Padre, è ricaduta su di un uomo di Chiesa, un francescano, dotato di altissimo spirito di servizio e di comprovata esperienza pastorale. Padre Viola ha avuto modo di dimostrare queste sue eccellenti doti nei numerosi, qualificati incarichi svolti in oltre vent’anni dall’ordinazione sacerdotale e, da ultimo, in quello di Custode del Convento della Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli, in Assisi, nel quale ha dato, altresì, prova di umiltà e sincero spirito di carità. Mi sento di esprimere, pertanto, ad un tempo, l’auspicio e la certezza che Padre Viola saprà suscitare nel cuore della comunità dei fedeli e di tutti i cittadini della Diocesi quei sentimenti di vicinanza ai più bisognosi e deboli, che trovano sostanza e fondamento nella Regola dell’Ordine Francescano a cui Egli appartiene.


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Nel motto (di S. Ambrogio) tutto il suo amore per la liturgia

Lo stemma di Monsignor Vittorio Viola S

econdo la tradizione araldica ecclesiastica cattolica, lo stemma di un Vescovo è tradizionalmente composto da: - uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro; - una croce astile a un braccio traverso, in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo; - un cappello prelatizio (galero), con cordoni a dodici fiocchi, pendenti, sei per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.), il tutto di colore verde; - un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero. Lo stemma di Mons. Viola reca uno scudo “bucranico”, di foggia rinascimentale, frequentemente usato nell’araldica ecclesiastica, e una croce in oro con cinque gemme rosse per indicare le Cinque Piaghe di Cristo. Il motto: IN TUIS TE INVENIO SACRAMENTIS Le parole del motto episcopale di Mons. Viola sono tratte dall’Apologia del profeta Davide di Sant’Ambrogio (12,58). La frase completa così recita: Faciem ad faciem te mihi, Christe, demonstrasti; in tuis te invenio sacramentis. Tu ti sei mostrato a me faccia a faccia, o Cristo: io ti trovo nei tuoi Sacramenti. La scelta rivela l’amore per la Liturgia di Mons. Viola: è nella celebrazione dei sacramenti che ci viene dato di poter fare l’esperienza salvifica dell’incontro con Cristo.

BENVENUTO VESCOVO VITTORIO Interpretazione dello stemma Il “capo” dello scudo è occupato dal simbolo dell’ordine francescano (il braccio di Cristo incrociato con il braccio di San Francesco e con la croce sullo sfondo, entrambi con le mani mostranti le stimmate) in ossequio all’appartenenza di Padre Vittorio all’Ordine dei frati Minori. Sul resto dello scudo campeggia l’immagine della Porziuncola, la piccola chiesa ove Francesco conobbe “l’umiltà degli inizi; qui progredì nelle virtù; qui raggiunse felicemente la mèta. Questo luogo, al momento della morte, raccomandò ai frati come il luogo più caro alla Vergine” (San Bonaventura, Leggenda Maggiore II,8; FF 1048). Un particolare affetto – come per ogni francescano – lega Padre Vittorio alla Porziuncola: al momento della nomina a Vescovo di Tortona, egli ricopriva l’incarico di Custode del Convento e della Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola. A lato dell’immagine della Porziuncola appare una stella a otto punte, diffuso simbolo mariano nell’iconografia classica. È anche un richiamo al simbolo araldico del Santuario di Oropa. È in argento, simbolo della trasparenza, della purezza della Beata Vergine Immacolata. Il campo azzurro è il simbolo della incorruttibilità del cielo, delle idealità che salgono verso l’alto; rappresenta il distacco dai valori terreni e l’ascesa dell’anima verso Dio.

ACAOP S.p.A. Via Nazionale, 53 - STRADELLA GESTORE DEL SERVIZIO D’ACQUEDOTTO IN 49 COMUNI DELLA PROVINCIA DI PAVIA Tel.0385.249311/Fax 0385.43978 E-mail: acaop.spa@acaop.it Segnalazione guasti: tel. 0385.49993 (orario d’ufficio) n°verde 800.413238 (fuori orario d’ufficio e giorni festivi) Sportello Telefonico ACAOP al n° 0385.49290 dalle ore 14.30 alle ore 16.30 dal lunedì al venerdì l’utente può effettuare le normali pratiche contrattuali senza recarsi presso gli uffici

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CAMPANE


La nomina di Padre Vittorio Viola, Frate Francescano, a nuovo Vescovo della Diocesi di Tortona, ci riempie il cuore di gioia e di speranza. È con entusiasmo che gli auguriamo buon lavoro e, con grande umiltà, lo accogliamo nella nostra “piccola famiglia”, rendendoci sin da ora disponibili a collaborare e, ove possibile, a renderci utili ad agevolare la sua attività pastorale. Nella speranza di avere presto l’onore di poterlo ospitare presso la nostra sede, cogliamo l’occasione, a nome di tutta l’Azienda, per dare il benvenuto a Padre Vittorio. Asm Voghera Spa – Il Presidente, il Consiglio di Amministrazione, il Direttore Generale, i Dipendenti


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Tutti i momenti della celebrazione di domenica 14 dicembre

Il rito dell’ingresso in Cattedrale

L

a celebrazione di inizio del ministero episcopale del Vescovo rappresenta per o-gni Diocesi un momento di particolare significato. La nostra Diocesi lo vivrà domenica prossima, 14 dicembre. Alle ore 14 sarà accolto al casello dell’autostrada di Tortona dal Vicario Generale. Farà una visita privata agli ospiti del Centro “Paolo VI”

di Casalnoceto, quindi si porterà per una breve preghiera personale al Santuario della Madonna della Guardia e saluterà i ragazzi del Piccolo Cottolengo delle Piccole Suore Missionarie della Carità. Alle ore 16 il nuovo Vescovo sarà accolto sul sagrato della Cattedrale. Saranno presenti l’Amministratore apostolico Mons. Martino Canessa, il Metro-

FRANCESCO VESCOVO SERVO DEI SERVI DI DIO al diletto figlio VITTORIO FRANCESCO VIOLA dell’Ordine dei Frati Minori, al presente professore di Sacra Liturgia, Custode del Sacro Protoconvento e del Santuario della Porziuncola in Santa Maria degli Angeli, eletto Vescovo di Tortona, salute e Benedizione apostolica. Desideriamo che il divino amore di Cristo, non ancora abbastanza amato, venga diffuso ampiamente tra tutti gli uomini. Per questo è necessario che vengano costituiti in tutte le comunità della Chiesa dei pastori adatti, i quali pascano le sue pecorelle, manifestando essi stessi un amore fiducioso nel Signore. Ora dunque, dopo la rinunzia del Venerabile Fratello Martino Canessa della Diocesi di Tortona, questa è rimasta priva del suo legittimo moderatore, Noi pensiamo di designare a tale Diocesi come Vescovo a questo sacro ufficio, proprio te, o diletto figlio, che segui in terra le orme di san Francesco di Assisi, e sappiamo che coltivi assiduamente la vita spirituale, e sei esperto delle divine e umane realtà. Per questo, dopo aver avuto il parere della Congregazione dei Vescovi, facendo uso della Nostra autorità Apostolica, ti costituiamo Vescovo della chiesa cattedrale di TORTONA dotandoti dei particolari diritti di questo ufficio, e imponendo i convenenti doveri. Pertanto farai al più presto la prescritta professione di fede davanti a un Vescovo cattolico da te scelto, e pronunzierai il giuramento di fedeltà a Noi e ai nostri Successori nelle forme stabilite. Puoi ricevere l’ordinazione episcopale fuori Roma, dove tu vuoi, da un vescovo a tua scelta, seguendo le norme liturgiche stabilite. Inoltre farai conoscere questa nostra lettera al clero e al popolo della chiesa che ti è affidata, perché siano a conoscenza fin dall’inizio, conoscano che è stato loro dato il Pastore e l’accolgano con la dovuta riverenza. In fine, caro figlio, celebra rettamente la sacra liturgia, proclama la parola di Dio, e amministra i sacramenti della salvezza, tu stesso insieme con l’amato tuo gregge invoca umilmente, fiduciosamente e con perseveranza il potente aiuto della Madre del Vangelo vivente, il cui “mirabile pellegrinaggio diventa segno costante di fede, al quale la Chiesa, i singoli e le comunità... si riferiscono” (S. Giovanni Paolo II, nella Redemptoris Mater, 6).

polita e Presidente della CEI Cardinale Angelo Ba-gnasco, gli altri Vescovi, i Canonici, i Consultori, i Vicari episcopali, i Vicari foranei, il Sindaco della città di Tortona Gianluca Bardo-ne. Toccherà a lui rivolgere un indirizzo di saluto a nome della città e dell’intera Diocesi. Al termine dell’intervento del “primo cittadino”, sulla porta della Cattedrale, il Presidente del Capitolo

Mons. Pier Giorgio Pruzzi porgerà al Vescovo Vittorio il Crocifisso per il bacio. Entrando quindi in cattedrale al canto dell’“Ecce Sacerdos magnus” il Vescovo Vittorio aspergerà i fedeli con l’acqua benedetta. Giunta la processione dei concelebranti in presbiterio, il Metropolita Card. Angelo Bagnasco presenterà il nuovo Vescovo all’intera comunità ecclesiale e l’Ammini-

stratore apostolico Mons. Martino Canessa rivolgerà il saluto a nome del clero e dei fedeli. Terminato il saluto, il Metropolita Card. Bagnasco consegnerà al Cancelliere Vescovile Mons. Mario Balladore la “Lettera Apostolica” (pubblicata qui sotto) con la quale il Santo Padre ha nominato Vescovo di Tortona Padre Vittorio Francesco Viola. Il Cancelliere la mostrerà ai fedeli e ne darà lettura. Il Metropolita procederà all’insediamento del Vescovo: “Fratelli e sorelle in Cristo, per grazia di Dio e designazione della Sede Apostolica, da questo momento il Vescovo Vittorio Francesco Viola è pastore della Santa Chiesa di Tortona”. Il nuovo Vescovo Vittorio riceverà dal Metropolita il pastorale e salirà alla Cattedra e quivi siederà. Il pastorale consegnato al Vescovo è quello di Mons. Igino Bandi, morto esattamente cento anni fa e illuminato Pastore. Alcuni rappresentanti si recheranno dinanzi al Vescovo e gli renderanno omag-

BENVENUTO VESCOVO VITTORIO gio: del clero, dei diaconi permanenti, della vita consacrata, del laicato. Terminato questo atto, il Vescovo Vittorio, con l’incensazione dell’altare, darà inizio alla celebrazione eucaristica. Seguirà la Liturgia della Parola e la proclamazione del Vangelo e il Vescovo terrà la sua prima omelia nella nostra Cattedrale. La celebrazione si concluderà con la benedizione solenne. Al canto del “Te Deum” processionalmente i celebranti si porteranno nel cortile della Curia, dove, nel salone, verranno deposti i paramenti. Quindi il trasferimento in Seminario dove il Vescovo Vittorio saluterà personalmente chi lo vorrà incontrare.

La Lettera Apostolica con la quale Papa Francesco ha nominato Vescovo Padre Vittorio Viola

Dato a Roma, presso S. Pietro, il XV ottobre, anno del signore MMXIV, secondo del nostro Pontificato.

Franciscus Marcellus Ronetti, protonotaio apost.

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La nostra terra/1 Il Tortonese e il Novese, nel cuore della Diocesi

Storia ed economia del Basso Piemonte BENVENUTO VESCOVO VITTORIO

Un panorama della città di Tortona, sede della Diocesi

I

n territorio piemontese la Diocesi di Tortona comprende gran parte dei comuni nelle aree che gli studi preparatori dei piani di sviluppo socio-economico della Regione Piemonte denominarono, fin dagli anni settanta del secolo scorso, Novese e Tortonese. Sono corrispondenti, all’incirca, ai soppressi circondari e province dell’epoca napoleonica e della Restaurazione di Novi Ligure e di Tortona. Situati entrambi nel Basso Piemonte, Novese e Tortonese occupano la parte sud orientale della provincia di Alessandria, che confina a nord e ad est con la Lombardia (provincia di Pavia), a sud con la Liguria (provincia di Genova) e a sud est con l’Emilia Romagna (provincia di Piacenza). A Novese e Tortonese non corrisponde alcuna istituzione politico-amministrativa; rappresentano, invece, due aree storico-geografiche, che traggono il nome dai comuni più importanti di ciascuna area: Novi Ligure e Tortona. A causa della loro collocazione geografica, lungo le direttrici NS e EO, le due aree furono contese, durante il Medioevo, da vari stati: Ducato di Milano, Mar-

chesato del Monferrato, Repubblica di Genova e Ducato (poi Regno ) di Sardegna. Entrambe le aree non costituiscono entità omogenee ma, al contrario, comprendono, a loro volta, realtà minori. Così, fanno parte del Tortonese alcune sottozone caratterizzate da una maggior omogeneità almeno sotto il profilo geomorfologico e precisamente: val Curone; val Grue; val Ossona, con la zona collinare ad est dello Scrivia fino a Carbonara Scrivia; la zona pianeggiante, solcata dallo Scrivia, compresa tra Sale e Castelnuovo Scrivia, Alluvioni Cambiò e Molino dei Torti, Villalvernia, Tortona e Pontecurone. Nel complesso, il Tortonese comprende 40 comuni con una popolazione complessiva (al 1° gennaio 2014) di 61.450 abitanti. Di questi 40 Comuni, solo 38 fanno parte della Diocesi di Tortona in quanto Alluvioni Cambiò e Isola Sant’Antonio appartengono alla Diocesi di Alessandria; inoltre, Sant’Agata Fossili, da sempre compreso nel Tortonese, è stato inserito nel vicariato di Novi Ligure. Nel complesso, i 37 comuni del Tortonese compresi nella Diocesi di Tortona contano 59.316 abitanti, dei quali

46.786, pari al 78,9 per cento residenti nei dieci comuni di maggiori dimensioni e prevalentemente pianeggianti. A differenza del Tortonese che, come si è visto, è compreso in gran parte nella Diocesi di Tortona, solo 20 (su 31) comuni del Novese per un totale di 61.301 abitanti, fanno parte della Diocesi, alla quale appartengono poi anche alcune parrocchie situate nei comuni di Castelletto d’Orba (2.090 abitanti), Montaldeo (281) e Silvano d’Orba (2.008) nell’area di Ovada (Ovadese). Anche le realtà all’interno del Novese, i cui comuni fanno parte della Diocesi di Tortona, appaiono di non facile identificazione: a parte la Val Borbera (di cui si parla a pagina 14), area montano-collinare, a SE del centro zona, che presenta se non altro una precisa connotazione geomorfologica, il resto del territorio è costituito da un gruppo di comuni, in prevalenza pianeggianti, confinanti o limitrofi a Novi Ligure (Pozzolo Formigaro, Basaluzzo, Cassano Spinola, ecc.) e da un tratto della media valle Scrivia (Arquata e Serravalle Scrivia) e della bassa val d’Orba (Castelletto e Silvano d’Orba). Il Vicariato di Arquata-

Serravalle Scrivia comprende anche 3 parrocchie di Isola del Cantone, comune in provincia di Genova con circa 1.500 abitanti. Mentre alcuni comuni del Novese (Bosio, Carrosio, Fraconalto, Gavi, Mongiardino Ligure, Parodi Ligure, Voltaggio) non sono compresi nella Diocesi di Tortona, 12 comuni, situati in provincia di Genova, con 27 parrocchie, appartengono, almeno parzialmente, alla Diocesi. Ad esempio, nel centro principale, Ronco Scrivia (4.496 abitanti), due parrocchie fanno parte della Diocesi di Tortona. Sono in massima parte comuni montani e collinari che afferiscono all’alta valle Scrivia, a struttura socioeconomica prevalentemente agricola e terziaria, nei quali risiedono circa 21 mila abitanti, con diffusi fenomeni di pendolarismo sia verso valle, sia verso Genova e la Riviera. Nonostante le diversità geografiche, storiche ed economiche che hanno caratterizzato e caratterizzano Novese, Tortonese e i comuni del Genovesato, le tre aree sono state interessate e, in parte, lo sono tuttora, da fenomeni demografici, economici e sociali del tutto simili. Così, tutti i territori di mon-

tagna ed alta collina hanno conosciuto, a partire dalla seconda metà del Novecento, un ampio processo migratorio, sia verso i centri di pianura viciniori all’interno della Diocesi, sia verso città di maggiori dimensioni (Genova, Milano) esterne alla Diocesi. Ne è derivato un marcato invecchiamento della popolazione presente che, ormai quasi ovunque in queste località, è costituita in prevalenza solo da anziani. L’emigrazione verso i centri di pianura è dipesa, in buona parte, dal rapido ed intenso processo di industrializzazione che, tra la fine dell’Ottocento ed il primo decennio del secolo successivo e, soprattutto, negli anni cinquanta e primi anni sessanta del Novecento, ha caratterizzato parte del Novese e del Tortonese. Lo sviluppo industriale è stato particolarmente intenso nell’area di Novi Ligure dove, accanto al centro zona, si formò un’area industrializzata sufficientemente ampia e compatta, comprendente Arquata Scrivia, Pozzolo Formigaro, Serravalle Scrivia, Stazzano e Vignole Borbera. Al contrario, nel Tortonese, il processo di industrializzazione rimase confinato a pochi centri oltre Tortona (Castelnuovo Scrivia, Pon-

A sinistra: il centro storico di Novi Ligure visto dall’alto; a destra: una foto aerea di Serravalle Scrivia ai piedi delle colline

tecurone, Sale) e, soprattutto, è stato caratterizzato da imprese di piccole dimensioni, scarsamente innovative ed export oriented. Inoltre, almeno una decina di centri abitati collinari e montani, se si escludono modeste attività nel campo dell’edilizia e dell’estrazione di materiali da costruzione, sono risultati del tutto estranei al processo di industrializzazione. A partire dalla metà degli anni settanta del Novecento, l’industria della valle Scrivia ha conosciuto numerose crisi aziendali e settoriali, che hanno provocato la scomparsa di centinaia di imprese e di migliaia di posti di lavoro: secondo stime attendibili è andato perduto, infatti, il 35 per cento dell’occupazione industriale. Ne è derivata una progressiva terziarizzazione dell’economia locale, dove i servizi (commerciali, finanziari, di trasporto, ecc.) sono diventati fonte prevalente di occupazione e di reddito per la maggioranza della popolazione, tanto che, oggi, nel Novese e nel Tortonese è localizzata una delle principali piattaforme logistiche del Paese (Interporto di Rivalta Scrivia, Rivalta Terminal Europa, Logistica Gavio, Freedocks, ecc.). Nel complesso, secondo stime prudenziali, il terziario occupa il 65-70 per cento della popolazione attiva, l’industria il 20-25 e l’agricoltura il rimanente 5-10 per cento. In ogni caso, il tessuto economico locale, reso oggi ancor più fragile dalla crisi che dal 2008 attanaglia il Paese, non appare in grado di soddisfare l’offerta di lavoro proveniente dalle famiglie. Quali sono le conseguenze di tale situazione? Assistiamo a marcati fenomeni di pendolarismo, soprattutto verso Milano, Genova e Torino, e di emigrazione, in particolare di giovani forniti di alti titoli di studio, anche verso l’estero. Cesare Raviolo


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La nostra terra/2 L’Oltrepò Pavese, nel “regno” della vite e del vino

Devozione popolare e antica fede BENVENUTO VESCOVO VITTORIO

Una provincia dalla forma di grappolo d’uva”. Così Gianni Brera, grande giornalista sportivo e innamorato dell’Oltrepò e delle sue tradizioni, amava definire la provincia di Pavia. E una parte di acini di questo grappolo costituisce l’Oltrepò Pavese, un territorio che si trova nella parte meridionale della Lombardia, occupando un’area a forma di cuneo che si inserisce tra il Piemonte e l’Emilia Romagna, la cui punta si approfondisce fino a toccare l’Appenino Ligure. L’Oltrepò Pavese nacque ufficialmente nel 1164, quando l’imperatore del Sacro Romano Impero Federico I, detto “Il Barbarossa”, concesse alla città di Pavia il diritto di nominare i consoli nelle località che costituiscono, a grandi linee, l’attuale provincia. Prima di questo atto, infatti, l’Oltrepò Pavese non esisteva come unità politica o amministrativa. In epoca romana gli unici due centri “non oscuri” del territorio erano Iria (Voghera) e Clastidium (Casteggio), ma alla fine del V secolo, con il decadere dell’Impero Romano di Occidente, l’Oltrepò – che già nel primo millennio a.C. era stato colonizzato da popolazioni galliche e liguri – subì nuove invasioni tra cui quella degli Unni di Attila, che distrussero Iria. In epoca medievale, si avvicendarono famose famiglie nobiliari e

clericali – dai Malaspina ai Dal Verme, dai Beccaria ai Visconti, agli Sforza – le quali lasciarono traccia del loro antico potere anche nelle torri, nei castelli, nelle chiese e nei bellissimi palazzi che si possono ammirare tuttora nelle cittadine e nei borghi pavesi. Area strategica molto contesa nei secoli, passò nelle mani delle potenze del tempo: Francia, Spagna, Austria. L’Oltrepò tornò ad essere “pavese” solo nel 1860, a ridosso della proclamazione dell’Unità d’Italia. Questa è anche conosciuta come “Vecchio Piemonte”. Nel 1743, con il trattato di Worms, l’Oltrepò Pavese fu infatti staccato dal Ducato di Milano: l’imperatrice Maria Teresa d’Austria cedette a Carlo Emanuele III, re di Sardegna, tutta la “regione” che veniva dunque sottratta al controllo politico di Pavia ed entrava nel dominio piemontese, sotto la sovranità di casa Savoia, diventando “provincia” con capoluogo Voghera. L’Oltrepò lega però il suo nome principalmente al vino e alla vite. È la seconda “regione” del nostro Paese per superficie dedicata al vino con quasi 17.000 ettari a coltura specializzata, con le sue colline “decorate” dai filari che hanno affascinato nell’arco dei secoli pittori e poeti e che continuano a sorprendere il turista o il visitatore di passaggio. La produzione riguarda vini bianchi e vini rossi: dal Pinot Nero al Riesling, dal Moscato al Bonarda, dal Sangue di Giuda al Barbera e così via, grazie alla variabilità delle condizioni climatiche e territoriali dell’Oltrepò. Tra i centri principali del-

l’Oltrepò annoveriamo la “capitale” Voghera, Stradella, Broni, Casteggio, Santa Maria della Versa, Varzi. Voghera è sorta e si è sviluppata nella zona pianeggiante, all’inizio della stessa pianura padana, proprio nel punto in cui la pianura si estende con lieve pendio fra le falde della fascia collinare appenninica e la sponda destra del Po e il torrente Staffora che scende dall’omonima valle la lambisce ad Ovest. La città conta oltre 38.000 abitanti. Da vedere, tra l’altro, il Duomo con la Piazza, il Castello Visconteo, le tante chiese ed i palazzi del centro. Tra le manifestazioni prin-

cipali, il podio spetta alla “Fiera dell’Ascensione” che nel 2015 giungerà alla sua 633ma edizione. Stradella - 11.600 abitanti quasi ai confini con l’Emilia Romagna, è la “città della fisarmonica”. Qui erano attive alcune tra le più prestigiose “fabbriche” per la produzione dello strumento al quale il grande cantautore Paolo Conte dedicò una delle sue canzoni più belle. Un nome su tutti: Mariano Dallapè. Broni, cittadina di 9.000 abitanti, lega il suo nome al vino e alla vite e al suo patrono San Contardo d’Este, giovane pellegrino ferrarese che morì in Oltrepò mentre era in viaggio verso Santia-

go, le cui spoglie sono conservate nella chiesa parrocchiale dedicata a San Pietro, monumento di grande valore artistico. Casteggio è borgo di epoca romana. Ha una popolazione di quasi 7.000 abitanti ed anche nel suo caso la vite e il vino rappresentano le voci principali nella sua economia. Santa Maria della Versa e il “capoluogo” dell’omonima valle, mentre Varzi è quello della Valle Staffora. La Valle Versa è sinonimo di vigneti e vino, mentre la Valle Staffora ha una forte vocazione turistica. Impossibile in poche righe descrivere in modo esaustivo l’Oltrepò.

Il Duomo di Voghera dedicato a San Lorenzo

La basilica dedicata a San Pietro a Broni

Una veduta aerea della città di Stradella

La piazza Cavour di Casteggio vista dall’alto

Ogni paese, ogni borgo, ogni frazione, ogni angolo, ogni castello è una sorpresa. È un territorio straordinario, quello oltrepadano, ricco di tradizioni e di cultura, di arte, di eccellenze enogastronomiche. Una terra di gente buona, laboriosa, ancorata ai principi del lavoro e della vita sociale. Terra di provata e antica fede, con le tante e significative tradizioni religiose, le manifestazioni della devozione popolare, i santuari e le pievi dedicate alla Vergine Maria. È un territorio tutto da vivere e da scoprire. Un territorio da valorizzare e da far conoscere. Marco Rezzani


La Fondazione Comunitaria della provincia di Pavia dà il benvenuto a Mons. Vittorio Viola Vescovo della Diocesi di Tortona e membro del Comitato di Nomina, con la certezza che, nel nome di San Francesco, ci guiderà a tradurre la carità evangelica in gesti di accoglienza e di solidarietà a sostegno degli ultimi


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La nostra terra/3 Valle Scrivia, Val Borbera, Val Trebbia e Genovesato

Di monti, di valli e di sperdute chiese BENVENUTO VESCOVO VITTORIO

C

ime. Vette. Lassù, vicino al cielo terso o alle nuvole cariche di pioggia. Immerse nella nebbia, in attesa di giorni di sole quando il panorama diviene vastissimo e spazia dalle Alpi al Mar Ligure. Da là, allora, è possibile vedere tutto il vasto territorio della Diocesi di Tortona: le vallate, i colli, la pianura, le città. I piccoli paesi e i grandi centri, i villaggi abbandonati nelle pieghe delle montagne e le autostrade, dove scorrono veloci le auto, i pensieri e le attività degli uomini. E poi le chiese. Tantissime, in ogni paese, in ogni frazione, ad ogni crocevia di mulattiera che dalla pianura sale ai monti e attende la riviera. Ma dove salire per cimentarsi in questa palestra di geografia? Sul Giarolo, affacciato come un balcone verso Tortona? In Antola, poderoso acrocoro che raccorda le valli dello Scrivia, del Trebbia e del Borbera? Sul Monte Maggio, terrazzo verso il genovesato e il mare? Oppure sull’Ebro, il Chiappo, il Carmo o sul Monte Spineto, ultimo baluardo prima della pianura? Tutte montagne segnalate da una testimonianza di fede: una grande statua del Cristo, imponenti croci, effigi mariane, chiesette-rifugio o più modeste cappelle che invitano alla sosta, alla riflessione, alla preghiera lungo itinerari oggi di svago e sport, un tempo percorsi per necessità e sostentamento. L’antica Diocesi di San Marziano è anche questo: montagna. Montagna delle “Quattro Province” che lassù convergono e intrecciano i loro confini con quelle dei territori episcopali: BobbioPiacenza verso est e Genova a sud. Confini figli della storia, di quando Tortona dominava con castelli e fortezze le valli appenniniche, poi suddivise in feudi, marchesati, contee, nido di potenti famiglie come gli Spinola, i Fieschi, i Malaspina, i Botta-Adorno, i Doria… oggi luoghi di villeggiatura, pace e riposo. Ma anche spopolamento e solitudine. Nelle vallate montane liguri e piemontesi sorgono infatti centri con caratteristiche molto diverse e peculiari, piccole e grandi parrocchie. E come un volo d’uccello,

La festa d’estate sulla cima del Monte Antola; a destra, in alto: panorama della Val Borbera; in basso: il paese di Torriglia

senza pretesa di completezza, ecco uno sguardo dall’alto… dalle mulattiere al cielo… La Valle Scrivia, industriale e tagliata da autostrade e ferrovie: Serravalle sede del famoso outlet commerciale, Stazzano sotto al monte Spineto, Arquata con Varinella e Vocemola; le frazioni di Isola del Cantone, lungo il fiume come Pietrabissara, Mereta o alte sui monti fino all’antica Montessoro; Pietrabissara di Ronco Scrivia, Semino e Sarissola, vicino a Busalla operosa e industriale. Più staccate Casella, raggiunta da Genova da un famoso trenino; Savignone, simbolo dell’antica famiglia Fieschi; Valbrevenna, nascosta e divisa in 50 frazioni con Tonno e Nenno; Crocefieschi, a cavaliere dei monti e della Via dei Feudi Imperiali e poi, alle sorgenti del fiume: Torriglia, turistica porta della Val Trebbia e del Parco Naturale dell’Antola; annidata tra i monti Pentema, dove il S. Natale è fede ma anche il presepe più famoso della Liguria. Poi in Val Trebbia: Montebruno, adagiata sul fiume e vigilata dal grande santuario mariano e su verso il Lago del Brugneto: Rondanina, Fascia, Carpeneto, Propata, Bavastrelli, Caprile, paesi dove l’aria è già fina e dove ad ogni casa vi è un ricordo della Lotta di Liberazione. Oltre i valichi inizia la Val Borbera, che è Piemonte nelle carte ma ligure nelle tradizioni, nel dialetto, nel nome dei paesi: Carrega e le sue tante frazioni quasi disabitate ma ben conosciute dagli escursionisti: Car-

tasegna, Agneto, Berga, Vegni, Campassi. Poi Cabella, con la sua grande piazza e il palazzo degli “indiani”, le frazioni di Rosano, Dova, Piuzzo, Daglio fino a Cosola e ai 1500 metri del valichi, regno del piffero, verso il piacentino e il pavese. Ancora giù in Val Borbera: Albera, Figino, Volpara e Rocchetta Ligure, in valle Sisola, con la grande dimora degli Spinola lungo la Via del Sale. Da qui si giunge a Roccaforte Ligure vigilata dai severi ruderi del castello, si scende in valle Spinti salutati dalla torre superstite del castello di Grondona, oppure si continua lungo il fondovalle fino a Cantalupo Ligure, luogo della famosa battaglia partigiana, con le frazioni di Borgo Adorno e Pallavicino che sono già in vista della Val Curone. Poi le “strette del Borbera” che separano in due la vallata. Oltre, ma l’aria non è più di montagna, Borghetto di Borbera, con Persi, Castelratti, Cerreto, Molo e Sorli e infine Vignole Borbera, che anticipa la pianura e chiude questo breve viaggio. Il volo è terminato, le storie di persone e di fede continueranno ad intrecciarsi, scorrere e sfumare come l’acqua dei torrenti Scrivia, Trebbia e Borbera, come le nuvole sopra i monti della catena dell’Antola, come le foglie dei faggi e dei castagni sull’Appennino che da secoli si rinnovano. Sui monti una croce, a valle un santuario, lungo il cammino una chiesetta intonacata di bianco. Alessio Schiavi

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Le solenni manifestazioni del passato per gli “ingressi” in Diocesi

Il Vescovo a dorso di una mula bianca BENVENUTO VESCOVO VITTORIO

A sinistra: Mons. Melchiori in piazza Duomo prima di entrare in cattedrale (1935); a destra: il corteo in Via Emilia per l’ingresso di Mons. Rossi (1963)

L

’ingresso del Vescovo, con la conseguente presa di possesso ufficiale della vasta diocesi dertonense, è sempre stato, nella storia di Tortona, un evento celebrato colla massima solennità. Vi concorrevano le autorità religiose - in prima fila il Capitolo della Cattedrale - le autorità civili e l’intera popolazione. Secondo un rituale antichissimo, il Vescovo entrava in città a cavallo di una mula bianca preceduto da un dignitario con la spada sguainata, simbolo del potere temporale (rappresentato dalle quindici “Terre del Vescovato”, sulla collina tortonese con capoluogo Carezzano Maggiore), percorreva la Contrada Maestra e raggiungeva Piazza Grande e la Cattedrale. Quando giunse a Tortona, il 27 ottobre 1783, Mons. Pejretti, torinese, sostò in una cappella appositamente costruita a porta Serravalle (Piazza Roma, davanti all’attuale ospedale), dove si erano radunati il Capitolo, il Corpo della città e la nobiltà. All’uscita, preceduto processionalmente dalle confraternite, dal clero regolare e secolare e dai canonici in cappa magna, il Vescovo “salì sopra un cavallo bianco riccamente bardato e s’incamminò per la contrada maestra che conduce alla piazza sotto baldacchino portato dai chierici in cotta e fu seguito dalle carrozze con entro i signori componenti il Corpo della Città ed indi da altre carrozze e, passo passo, atteso massime la moltitudine di popolo accorso sì dalla città e diocesi che forastieri, si portarono al Duomo, alla scalinata del quale smontò da cavallo…”. Così riferisce un’inedita cronaca anonima, che conclude: “In detta sera vi fu anche un ballo in casa del Marchese Signoris Busseti, dato dal detto cavaliere a tutta la nobiltà, sì della città che estera, in contrassegno di particolare allegrezza”. Meno fastosa, e tra imprevisti, fu l’entrata del successo-

re Mons. Pio Bonifacio Fassati di Casale Monferrato. Erano momenti difficili per Tortona: il 3 maggio 1796 Napoleone con i suoi soldati aveva occupato il Castello, mentre il Commissario di guerra francese - essendo allora vacante la sede episcopale - trovò per sé una soddisfacente sistemazione nel Palazzo Vescovile, come gli era stato indicato dal Consiglio Municipale. Ma il 29 giugno successivo l’Intendente Provinciale Soave, comunicava ai Sindaci e Consiglieri della città, che essendo ormai prossimo l’arrivo del nuovo Vescovo della Diocesi, erano indispensabili moltissime riparazioni al palazzo vescovile e, pertanto, sarebbe stato opportuno e urgente renderlo libero per il ricevimento ed alloggio del Prelato. “A quale effetto - concludeva l’Intendente nella lettera agli amministratori - devo pregare le SS.VV. Ill.me di provvedere con sollecitudine ad altro alloggio il militare francese da cui viene pressochè interamente occupato detto palazzo, onde rimanga questo in libertà per il prelodato Mons. Vescovo.” Il palazzo fu, così, reso disponibile, ma don Giuseppe Pagani, economo e procuratore generale della Mensa Vescovile, non tardava a constatare la mancanza di molti mobili, già esistenti, e si trovava in un stato di degrado, pertanto veniva invitata l’amministrazione comunale a compiere una ricognizione dei danni subiti. Questo episodio è solo uno dei primi segni dell’occupazione francese, durata quasi vent’anni, uno dei periodi più tormentati per la chiesa tortonese. Alcuni anni dopo la diocesi tortonese fu soppressa e aggregata dapprima a quella di Alessandria e, quindi, a quella di Casale Monferrato. Nell’episcopio furono compiuti ripetuti “espropri” degli arredi ivi conservati. Era vescovo della nuova vasta diocesi Mons. Villaret, un francese di nomina solo formalmente pa-

pale, ma praticamente imposto da Napoleone e, nel 1814, al rientro dei Savoia, se ne ritornò al suo paese, non senza aver prima venduto mobili di sua spettanza esistenti nel palazzo vescovile di Tortona. Nel 1817, ricostituita la diocesi di Tortona, venne nominato vescovo l’Arcidiacono Mons. Francesco Carnevale, già vicario generale della soppressa diocesi tortonese. Furono momenti di intensa gioia e di grandi feste per Tortona che, in tal modo, recuperava un po’ della propria identità. In un promemoria, redatto per organizzare i festeggiamenti, si legge, anzitutto: “Scrivere all’Ill.mo Marchese Ghilini per pregarlo a favorire il di lui cavallo bianco con bardature per cavalcare Monsignore”. Gli altri punti riguardavano l’erezione di due archi trionfali e una generale illuminazione. Era prevista anche l’organizzazione di un concerto di musica strumentale nella sala grande della Civica Amministrazione, dove “saranno serviti li concorrenti invitati a sorbetti, caffè e rinfreschi”. La richiesta della mula bianca fatta al Marchese Ghilini, ebbe un’immediata risposta, sentendosi egli lusingato di ricevere un tale onore. “Io farò condurre due cavalli bianchi alla Ghilina per essere sabato di buon mattino presentati a V.S. Illustrissima per scegliere quello che le converrà meglio [….]. Mi spiace solo di non aver altra bardatura che una sella e una briglia”. Nel settembre del 1833 faceva il solenne ingresso in Tortona Mons. Giovanni Negri, vercellese, che avrebbe retto la diocesi per oltre quarant’anni. La Civica Amministrazione annunciava “con vero giubilo ai suoi amministrati che nel giorno otto andante verso le ore tre pomeridiane avrà luogo il solenne ingresso del nuovo nostro vescovo Mons. Don Giovanni Negri in questo Capo Diocesi e che un sì fausto giorno sarà particolarmente festeggiato

cogli atti esterni di pubblica esultanza”. Veniva annunciata la costruzione di una cappella a Porta Serravalle, l’erezione di quattro archi trionfali con iscrizioni celebrative e la partecipazione al corteo di drappelli di truppe e della banda militare. Veniva, quindi, rivolto un pressante invito ai cittadini ad ornare e tappezzare con tappeti e arazzi le finestre della case in contrada Maestra e in Piazza Grande. Una generale illuminazione della città e l’accensione di fuochi artificiali avrebbero concluso la giornata di festa. Ma a causa delle “straordinarie intemperie e lo Scrivia rigonfio” l’arrivo in città fu rinviato al 10 settembre successivo, giorno ancora tormentato dalle piogge, tanto che l’illuminazione della città e lo spettacolo pirotecnico furono rinviati a domenica 15 “acciò possano anche partecipare gli abitanti dei paesi circonvicini e della provincia, al pari di noi esultanti di verace gaudio”. Nelle cronache consultate non risulta che il Vescovo abbia percorso la Contrada Maestra su un cavallo bianco: evidentemente le avverse condizioni atmosferiche avevano sconsigliato tale scelta. Nel 1874 prendeva possesso della diocesi Mons. Vincenzo Capelli di Vigevano. Erano momenti particolarmente inquieti a causa dei difficili rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa (la presa di Roma era avvenuta solo pochi anni prima e il Papa si riteneva prigioniero dello stato italiano): il neo-eletto vescovo di Tortona si astenne dal chiedere allo stato italiano il ‘Regio exequatur’, una sorta di approvazione regia alla nomina papale del Vescovo e tra i banchi del Consiglio Comunale di Tortona il 13 luglio 1873 si accese un vivace dibattito sull’opportunità o meno, da parte degli amministratori cittadini, di intervenire ufficialmente alla cerimonia per l’ingresso in Diocesi. Il Sindaco Leardi era d’accordo sulla proposta di acco-

gliere il Vescovo “con segni di esultanza” e decretare una illuminazione e pubbliche feste per l’entrata del Vescovo in considerazione del fatto che, essendo Tortona sede di antica e illustre diocesi, ne “ridonda decoro e lustro alla città”. Secondo il parere del consigliere Pincetti, invece, il Vescovo aveva mancato ad una prescrizione di legge. “Siamo tutti buoni cristiani e rispettosi dell’autorità vescovile, ma come consiglieri non dobbiamo dare agli altri il cattivo esempio coll’incoraggiare a violare le leggi”. E così la Città di Tortona tredici consiglieri a favore e tre contrari - non partecipò in forma ufficiale alle feste per l’entrata del Vescovo. Altro dibattito in Consiglio Comunale si aprì in occasione dell’entrata del vescovo Igino Bandi di Zeme Lomellina nel febbraio del 1890. Anche in questo caso, pur avendo Mons. Bandi chiesto e ottenuto il ‘regio exequatur’, la giunta non partecipò alla cerimonia d’entrata in forma ufficiale, ma si recò a rendere omaggio al nuovo vescovo in episcopio il giorno del suo ingresso, quindi questi restituì la visita agli amministratori cittadini nella sala consiliare alcuni giorni più tardi. Comunque il Presule non giunse cavalcando la mula. “La Scrivia” del 14 febbraio 1890, scriveva: “Il 1° corrente nel pomeriggio il nuovo vescovo Mons. Igino Bandi, di 43 anni, lomellino, fece il suo ingresso nella nostra diocesi. Credendo giungesse a cavallo, come d’uso, i curiosi, malgrado il pessimo tempo, l’attendevano per le vie. Cinque fotografi erano pronti in diversi punti a fotografare il corteo. Causa la pioggia, invece giunse da Alessandria, con un seguito di otto landò”. Ormai la tradizionale entrata a cavallo era definitivamente caduta in disuso: al quadrupede si sostituirono i cavallivapore. Infatti Mons. Pietro Grassi, bergamasco, fu il primo vescovo ad arrivare in

diocesi a bordo di un’automobile, ma fu un’entrata in forma privata, quasi in incognito. Egli, infatti, aveva chiesto di astenersi da qualsiasi manifestazione di giubilo in quei giorni così tristi e preoccupanti di inizio della prima Guerra Mondiale. Erano le 22 di sabato 26 giugno 1915, quando, dopo quattro ore di viaggio in auto, Mons. Grassi arrivò in Piazza del Duomo, all’insaputa di tutti. La cerimonia ufficiale avvenne il mattino dopo in Duomo. Celebrata la messa nella cappella privata, scese in cattedrale alle 9.30 per la presa di possesso canonico della Diocesi e ritornò alle 10.30 per l’assistenza pontificale alla messa solenne e per il saluto ai fedeli. Anche Mons. Egisto Domenico Melchiori, bresciano, arrivò su un’auto (una Artena), regalata dalla diocesi di Tortona. Gli fu consegnata ufficialmente a Pavia il 6 marzo 1935, mattina del suo ingresso ufficiale, da una delegazione tortonese. Vi salirono, con il Podestà di Tortona, l’Avv. Boragno, il Delegato vescovile, Can. Peduca, e il Can. Roveta, seguito da un corteo di auto. Superato il ponte sul Po a Bressana, iniziava il percorso in diocesi, salutato dallo squillare festoso della campane di tutte le parrocchie attraversate, con soste a Casteggio e a Voghera, dove era atteso da autorità religiose e civili e da un drappello di cavalleggeri. Dopo una breve fermata a Pontecurone, il corteo arrivò a Tortona annunciato da tre squilli di tromba. A Porta Voghera il vescovo scese dall’auto, sostò nella cappella approntata presso il garage delle Officine Orsi, dove indossò i paramenti vescovili e si incontrò con le autorità della città, quindi iniziò il percorso a piedi lungo la Via Emilia, fino al Duomo, tra una marea di folla. Ricordo, invece, che nel 1963, in occasione dell’entrata di Mons. Francesco Rossi, milanese, il comitato organizzatore si affannò per la ricerca di un’auto scoperta, ma dalle linee e dal colore sobri e adatti per la circostanza. Fu trovata a Casteggio (si trattava di un’alfa Romeo nera di grossa cilindrata e decappottata) e Monsignor Rossi entrò in città da San Bernardino tra due fitte ali di folla. In Piazza Roma fu eretto il palco e qui avvenne l’incontro ufficiale con le autorità e i fedeli della diocesi. Mosse quindi il corteo con il Vescovo in piedi sull’auto scoperta per arrivare fino in Piazza del Duomo, gremitissima, quindi l’entrata in cattedrale. Il resto è una cronaca ancora molto vicina a noi… Armando Bergaglio


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Personaggi illustri/1 Il compositore è l’autore di celebri pagine di musica sacra

Lorenzo Perosi “il pretino” di Tortona BENVENUTO VESCOVO VITTORIO

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accontare intorno a Lorenzo Perosi è impresa difficile, al di là dell’inchiostro versato (molto), dei giudizi buoni o meno buoni, degli entusiasmi collettivi e di alcuni ostracismi. A mio avviso, in un vortice confuso e disordinato di contrastanti giudizi, di “Lorenzo Perosi si conosce poco”. Poco si conosce di un uomo che, per tutta la sua esistenza terrena fu un umile sacerdote, pienamente consapevole della sua fede e della sua vocazione e nello stesso tempo fu un compositore che tutto ciò che toccava di musicale, diveniva oro prezioso a ragione della sua eccezionale creatività intesa nella più alta eccezione artistica. Quella creatività così sconvolgente da far tremare i suoi contemporanei che subirono una presenza scomoda che procurò e procura notti insonni a coloro che non hanno saputo, o voluto, leggere serenamente la poetica creativa di un grande musicista che non ha nulla da invidiare ai geni della storia della musica. Con questo scritto vorrei parlare del cosiddetto “Momento Perosiano” e cioè di quei dieci anni che vanno dal 1894 al 1904 durante i quali il “nostro” ebbe fama mondiale; onorato dagli intellettuali, dai governanti e amato dalla gente. Il momento Perosiano Il “debutto” di Perosi avviene a Venezia quando a soli 22 anni fu chiamato a dirigere la famosa cappella Marciana, dal patriarca Cardinal Sarto diventato poi Papa Pio X; il cardinale prese solenne possesso della basilica di S. Marco nell’agosto del 1894 e per l’occasione il Perosi fece eseguire alcune sue composizioni tra cui “Ecce Sacerdos Magnus” che ebbero subito un vivo successo. Il giorno successivo, i giornali già parlavano di Perosi in termini lusinghieri. Il nostro compositore, a soli 22 anni, istruiva i cantori della Marciana e cominciava a comporre con grande facilità: nel mese di dicembre venne eseguita la sua “Missa Patriarcalis”; la partitura fu molto ammirata. Nel Natale del 1894 la cappella eseguì musiche Perosiane, intanto siamo nel 1895 la fama di Don Lorenzo cresceva e piovevano inviti da tutte le parti. Ma oramai egli era legato a Venezia e al suo cardinale, e su suggerimento del futuro Papa componeva assecondando la propria ispirazione religiosa. Nel 1895 Perosi presenziò a varie accademie dell’Opera dei congressi e il 29 aprile vennero eseguite alcune sue composizioni che dovettero essere bissate. Il 25 maggio, quindi a 23 anni, viene ordinato sacerdote: celebrerà la prima messa nella chiesa del Loreto.

Intanto le sue composizioni vincevano ogni contrarietà (allora in chiesa si eseguiva musica profana). La nuova musica sacra si diffondeva e veniva eseguita anche nelle altre città italiane. Il 24 maggio del 1896 veniva eseguita la sua messa “Prima Pontificalis”. Questa messa viene, ancora oggi, eseguita in molte chiese. Anche dalle nostre corali. Il 25 dicembre del 1896 a Natale viene eseguita in Duomo, a Torino la “Missa Patriarcalis”; fu caldamente approvata tanto che venne ripetuta l’8 gennaio del 1897. Fu in quest’anno che venne pubblicato il volume “Melodie Sacre” con musiche esclusivamente perosiane. Nel maggio del 1897 si ammalò e morì Ferruccio Menegazzi un giovane cantore della marciana, molto apprezzato dal Perosi. Don Lorenzo, nella camera accanto a quella in cui era la salma, compose la “Messa da Requiem a tre voci virili” e il mottetto “Beati qui lugent”. Il nostro compositore ormai scrive senza sosta, tanto che i genitori, venutolo a sapere, scriveranno al cardinale le loro preoccupazioni per la salute del figlio. Ma don Lorenzo stava ormai pensando a una forma che lo affascinava: “l’oratorio”. Stava infatti lavorando al suo primo oratorio cui fu dato il titolo “In Coena Domini”. Intanto il 18 giugno 1897 nella cattedrale di Padova veniva eseguita la “Messa a tre voci miste” composta per la celebrazione del beato Gregorio Barbarigo. Il 9 agosto del 1897 veniva eseguito nella chiesa dei santi Giovanni e Paolo a Venezia “In Coena Domini”, il suo primo oratorio. Il successo fu clamoroso. Ne parlarono tra gli altri giornali “La Gazzetta musicale di Milano” e il giornale “La Difesa”. Il 22 dicembre 1897, nella chiesa delle grazie a Milano, venne eseguita “La Passione di Cristo secondo S. Marco”. Durante il congresso sulla musica sacra. Il successo fu enorme; i milanesi vollero delle repliche che si conclusero con un trionfo. Alla sera una grande folla accompagnò il maestro alla stazione, il quale tranquillo e sereno, se ne tornava a Venezia. Il 1898 l’anno dei tre oratori, fu per Perosi anno di meravigliosa attività e di trionfi: tra il 20 marzo e il 23 dicembre vennero eseguiti tre nuovi lavori e cioè: La trasfigurazione di Nostro Signore Gesù Cristo. La resurrezione di Lazzaro - entrambi a Venezia - La resurrezione di Cristo a Roma. Perosi come potete osservare, non sa trattenersi dal comporre (voleva scrivere in musica tutta la vita di Cristo). Della trasfigurazione si occuparono tutti i giornali italiani, venne eseguita il 20 marzo a Venezia, le esecuzioni furono ben cinque. Nel mese giugno lavora interrottamente, tanto che la sorella del cardinale cercava di frenarlo affinchè non si ammalasse, e il 27 luglio al teatro “La Fenice” venne eseguita la “Resurrezione di Lazzaro”.

Le cronache ci dicono che il teatro era colmo all’inverosimile tanto che molti non poterono entrare. Le repliche furono tre. Questo oratorio venne eseguito in settembre anche a Bologna - presente Giosuè Carducci. Non bisogna dimenticare che in quell’epoca infuriava la lotta anticlericale, ma la musica di Perosi metteva tutti d’accordo. Anche da Parigi si reclama il “Pretino di Tortona” definito come il nuovo Verdi. Perosi, per stare un po’ tranquillo si rifugiò a Tortona e lì, di getto compose “La Resurrezione di Cristo” (pare dall’8 di agosto al 28 di settembre). Ma Roma attendeva ormai con ansia il nuovo oratorio. Le prove avvennero nel circolo di San Pietro, seguite con curiosità enorme, e una folla enorme, oltre 5000 persone era presente il 13 dicembre 1898 nella Basilica dei Santi Apostoli alla prima esecuzione della “Resurrezione di Cristo”. Erano presenti 15 Cardinali tra cui Mascagni, Sgambati e Mascioni. In fatto di bis fu battuto ogni record e alla fine un’enorme folla riaccompagnò l’autore all’albergo Minerva. Mascagni, Puccini e Giacosa lodarono la partitura. Le cinque esecuzioni fruttarono 20.000 lire che andarono ai poveri del Circolo di Roma. I giornali, tutti, ne parlarono ampiamente e i commenti furono tutti positivi. Intanto esecuzioni di musica perosiana si ebbero in tutte le maggiori città d’Italia. Casa Ricordi annunciava con enfasi di avere la proprietà esclusiva di alcune composizioni Perosiane. Arrigo Boito scrisse all’amico Bellegue di Parigi che in Italia stava nascendo un genio. Parigi era ormai impaziente; Perosi, infatti, partì per la capitale francese il 13 febbraio 1899. Fu ricevuto con grandi onori dal ministro degli interni, da quello della pubblica istruzione e dell’ambasciatore

italiano. Bellegue scrisse “E’ finalmente giunto a Parigi Lorenzo Perosi; egli nel suo paese è un profeta, è quasi un Dio! E poiché l’Italia ci invia il suo beniamino, ascoltiamolo”. L’esecuzione della “Resurrezione di Cristo” venne effettuata il primo marzo del 1899 al Cirque D’Etè de Champs Elysees. “La Difesa” scrisse “La scettica e Volterriana Parigi ha fatto un’accoglienza trionfale al nostro pretino”. Tutti i giornali francesi ne parlarono in termini lusinghieri; in testa a tutti “Le Figarò”. Perosi venne ricevuto dal Presidente della Repubblica che lo nominò “Cavaliere della Legion d’Onore”. Il compositore Massenet lodò la partitura. Il 15 marzo uscì il famoso articolo di Romain Rolland che diceva “è finalmente giunta la rondine, l’inverno è finito”. Ben 200 giornali parlarono dell’esecuzione dell’oratorio di Perosi. Il 2 aprile venne eseguita a Berlino la Resurrezione di Cristo con pieno successo. L’8 aprile Perosi diresse a Vienna la “Resurrezione di Lazzaro”. Il successo fu pieno tanto che il 10 aprile Don Lorenzo fu ricevuto dall’Arciduca Eugenio; fu dato un gran ricevimento in suo onore con l’intervento degli ambasciatori di Germania, Inghilterra e Romania. Il giorno successivo Perosi fu ricevuto in udienza dall’Imperatore. Il 16 aprile Toscanini diresse dalla Scala di Milano la “Resurrezione di Lazzaro”. Il 5 maggio al Metropolitan di New York fu eseguita la “Resurrezione di Lazzaro”. Il primo giugno a Buenos Aires la “Resurrezione di Lazzaro”. Intanto Perosi, instancabile lavorava ad un nuovo oratorio “Il Natale del Redentore”. Il 12 settembre il nuovo oratorio venne eseguito a Como per le onoranze ad Alessandro Volta. Il successo fu enorme.

Intervennero i reali e i principi, Perosi fu presentato a Re Umberto. Anche se il nostro concittadino era carico di ogni tipo di onorificenza, non le teneva in nessun conto. Mentre le esecuzioni Perosiane si susseguivano un po ovunque, i sostenitori di Perosi a Milano, pensarono che la sede piu’ adatta al nuovo stile non fossero né i teatri né le chiese e allestirono apposiatamente una sala per queste composizioni. Questa sala venne allestita nella ex Chiesa di Santa Maria e fu chiamata “Società Salone Perosi”. Per l’inaugurazione della sala il maestro compose altri due oratori: “L’entrata di Cristo in Gerusalemme” e “La strage degli innocenti”. E, infatti, il 25 aprile del 1900 con la prima esecuzione dell’“Entrata di Cristo in Gerusalemme” venne inaugurato il Salone Perosi. Il 18 maggio invece prima esecuzione de “La strage degli innocenti”. Il Perosi pareva instancabile, e nel novembre del 1901 vi fu la prima trionfale esecuzione del poema sinfonicovocale “Mosè” diretta da Arturo Toscanini. Le repliche furono otto. Nel frattempo il nuovo Papa S. Pio X firmava il “Motu Proprio” sulla riforma della musica Sacra con l’assistenza di Perosi, Respighi e di Padre Angelo De Santi. Intanto uno dopo l’altro sbocciavano nuovi lavori: il 14 marzo del 1904 a Monaco di Baviera prima esecuzione del “Stabat Mater”. Il 9 aprile al Teatro Costanzi di Roma prima esecuzione del “Giudizio Universale”. Il 10 dicembre prima esecuzione a Roma della Cantata “Dies Iste”. Purtroppo, però, forse a causa del lavoro eccessivo, forse a causa della salute malferma, il compositore cominciava d essere affetto da disturbi nervosi, che culminarono poi in una grave malattia mentale. Anche la critica, forse sog-

giogata da alcuni giudizi negativi che provenivano dalla Germania, cominciò a voltargli le spalle. E a soli 35 anni iniziò per Perosi la dolorosa vicenda di quella parte della sua vita, durante la quale egli pagò, anzi strapagò oltre i limiti dell’ingiusto e dell’indebito, i favolosi successi artistici dei suoi primi 10 anni di compositore. Infine, trascrivo per intero l’articolo del musicologo Claudio Strinati di Repubblica del 14 dicembre 2007 (giornale al di sopra di ogni sospetto) dal titolo “Il Nirvana cristiano di un grande italiano dimenticato”: Arturo Sacchetti sta registrando tutte le Cantate e gli Oratori di Lorenzo Perosi, il compositore di Tortona che ebbe fama immensa nel passaggio tra Otto e Novecento per essere poi progressivamente dimenticato, già poco dopo la sua morte nel 1956. Cento anni esatti sono passati dalla prima (1907) dell’Oratorio transitus animae per mezzosoprano, coro e orchestra. L’esecuzione di Sacchetti, nobile e misurata, è quanto di meglio si possa desiderare per conoscere quel momento cruciale della storia della musica italiana. La grande meditazione sacra del Perosi si cala nel mistero della morte del cristiano e ne estrae una sorta di mesta quintessenza che si arresta sulla soglia dell’inconoscibile e dell’indicibile. Era sacerdote e molti credettero che volesse far rinascere un antico modo di fare musica aggiornandolo sulle novità dell’opera tardoromantica italiana e tedesca. Ma ascoltando il Transitus ci si rende conto di quanto sia fallace un simile giudizio. L’approccio di Perosi al materiale musicale fu affine a quello dell’austriaco Anton Bruckner era diventato l’emblema dell’artista dottissimo, ma ingenuo e mite che arriva a posizioni di assoluta e rivoluzionaria avanguardia senza volerlo in alcun modo, scardinatore del linguaggio per pura bontà d’animo e intimo sentire. Laico, Bruckner era un mistico al punto di dedicare la sua musica al buon Dio. E così pensò di dovere e volere fare Perosi. Si è detto che la musica italiana dell’Ottocento sia stata pressochè insensibile a ciò che non fosse opera lirica e Perosi fu letto in chiave “pseudo-operistica”. Ma è una bugia. Perosi pensa in termini di continuità e densità armonica così forte e opprimenti da cancellare l’empito melodico. I suoi, come per Bruckner, sono blocchi sonori che si muovono interamente come deriva di continenti potente ma impercettibile. Pretende un ascolto totalmente assorto e attento da portare l’ascoltatore in un Nirvana che lo spinge fuori da se stesso. Ma non ha di mira l’onda d’urto che promana da un pezzo come il “Te Deum” di Bruckner in una sorta di delirio di impotenza. E’, piuttosto, l’erede della dottrina umanistica. Luciano Carniglia


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Giovedì 11 dicembre 2014

Il Festival Perosiano

Il Maestro Perosi con Mons. Giuseppe Scappini

L’iniziativa ebbe origine dall'esecuzione del Natale del Redentore avvenuta in Duomo nel dicembre 2005, con l’orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova, diretta dal grande Gianandrea Gavazzeni, con Denia Mazzola come soprano e un giovane Marcelo Alvarez come tenore; il grande successo della serata motivò la decisione di riprendere la valorizzazione di Lorenzo Pe-rosi, “genio della musica sa-

cra”, enfant prodige della Chiesa cattolica alla fine dell'Ottocento, uno dei musicisti più prolifici della scena italiana tra Otto e Novecento. Fu costituito, tra Comune, Curia e Pro Julia Dertona, l’Ente Festival perosiano che dal 1996 organizzò ogni anno manifestazioni dedicate al compositore, con il patrocinio iniziale della Santa Sede e del Presidente della Repubblica ed il contributo

finanziario decisivo della Fondazione CRTortona. Nelle migliori edizioni, Perosiana riuscì a portare all'attenzione di un vasto pubblico l’opera dell’autore, segnalando anche alcuni punti d'interesse tra i luoghi di culto della zona, utilizzando come spazi musicali Santa Maria di Sale, l’Abbazia di Rivalta Scrivia, la Collegiata di Pontecurone, oltre alle chiese tortonesi, e riuscendo a replicare le opere di Perosi a Torino, Milano, Roma, Venezia, piuttosto che a Casale Monferrato, Imola e in altre città. Di particolare rilievo l’edizione del 2006, concomitante con il cinquantesimo dalla scomparsa del Maestro, che ottenne il patrocinio del cardinale di Genova, Tarcisio Bertone, e la partecipazione, fra gli altri, del Coro della Cappella Sistina; quell’anno durante un importante convegno tenuto in Vaticano, S.S. Benedetto XVI ricordò l'opera del compositore e, in altra occasione, accolse il dono delle incisioni discografiche realizzate in occasione della rassegna tortonese. Risultò ampia infatti la produzione discografica, gran parte delle composizioni cameristiche e sinfoniche e tutti gli oratori perosiani prodotti dal Festival furono incisi in venticinque cd, editi e distribuiti dall’editore Bongiovanni di Bologna. Importanti i rapporti con le tv, con cinque riprese integrali di oratori, diffuse sull’emittente vaticana Sat 2000, la quale realizzò anche un documentario sul compositore per la regia di Mariantonia Avati, figlia del più

noto Pupi. Continua fu l'attenzione di RadioTreSuite e di alcune radio cattoliche verso le esecuzioni del festival. Accanto alle realizzazioni musicali si tennero diversi incontri e convegni sull’opera di Perosi; parte dei materiali critici e storici furono diffusi su due numeri della rivista Julia Dertona (Convegni perosiani 1996-97 e Le Messe di Lorenzo Perosi). L’Ente collaborò anche ad altre pubblicazioni, come le tre edizioni di Lorenzo Perosi: documenti e inediti, a cura di Andrea Amadori, ed altri volumi. Ulteriore compito che si propose il Festival fu il recupero degli spartiti del Maestro, dispersi in svariati fondi e biblioteche.

17 I materiali emersi dalle ricerche compiute nel corso di decenni dal maestro Arturo Sacchetti, in parte confluirono nell’Archivio Perosiano, conservato presso l'Accademia musicale tortonese. Nei faldoni dell’Archivio sono conservati, inoltre, testimonianze dell'opera musicale e le importanti carte dell'avvocato romano Adriano Belli, legale della famiglia Perosi, testimone della drammatica vicenda umana del compositore. Nel 2013 il maestro Sacchetti ha avuto modo di completare un’opera mastodontica in quattro volumi, per circa 1200 pagine, edita dalla Biblioteca Apostolica Vaticana: il Catalogo ragionato delle composizioni di Lorenzo Perosi (1872-1956)

BENVENUTO VESCOVO VITTORIO con esempi musicali originali. Hanno diretto il Festival i maestri Andrea Fasano (1995), Arturo Sacchetti (1996-2008) e Lorenzo Caramagna (dal 2009).

La presentazione della Perosiana nell’ex Basilica del Loreto (2004)



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Personaggi illustri/2 Il pittore è famoso per il suo quadro “Il Quarto Stato”

Giuseppe Pellizza da Volpedo al mondo

In alto: “Il Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo; in basso a destra: autoritratto del pittore

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ono due le realtà cui Giuseppe Pellizza ha legato il suo nome: Volpedo e il Quarto Stato. La prima per decisione consapevole dell’artista, la seconda per decreto della storia. La scelta di saldare il nome del paese natale alla sua fama di pittore non è stata dettata soltanto dal vezzo di calcare gli esempi degli artisti rinascimentali, quanto più dalla necessità di rendere palese una sorta di segno di riconoscibilità e di identificazione immediata con la terra d’origine; la fama che gli ha dato la sua opera più universalmente nota, invece, è il frutto di un percorso che questa immagine di lavoratori ha fatto lungo il corso del Novecento, fino a diventare un’icona di giustizia sociale spesso più nota del suo

stesso autore. Nato nel piccolo borgo di Volpedo nel 1868 da una famiglia di piccoli proprietari terrieri, Pellizza si forma come pittore nelle più importanti accademie italiane, seguendo un iter di formazione straordinariamente intenso che lo vede impegnato negli anni giovanili a Milano, a Roma, a Firenze, a Bergamo, a Genova. I frequenti rientri nella casa paterna durante le peregrinazioni giovanili e l’assiduità della corrispondenza coi famigliari danno conto del profondo legame con Volpedo e con il nucleo famigliare, sancito dalla scelta coraggiosa - maturata alla fine del periodo di formazione - di vivere e lavorare stabilmente a Volpedo, in stretto contatto con le sue atmosfere, con i luoghi, con le per-

sone che lo popolavano e la loro quotidianità di lavoro. Ma non si è trattato di un isolamento: i frequenti viaggi e la fitta rete di contatti, hanno consentito all’artista di mantenere una dimensione culturale molto ampia. La stessa che è ravvisabile nelle sue opere. Agli inizi degli anni Novanta, infatti, Pellizza fa sistemare una grande stanza attigua alla casa e la adatta a proprio atelier, costruendo un ampio lucernario sul tetto che, insieme alle finestre, crea le condizioni di luce adeguate ad applicare con rigore la tecnica dei colori divisi, che aveva visto nei quadri postimpressionisti francesi e di cui aveva dibattuto con altri colleghi italiani. Il Divisionismo è un’altra scelta consapevole e diri-

“La piazza di Volpedo” dipinta da Giuseppe Pellizza nel 1888

mente, avvertita come un modo per adeguare l’arte alle conquiste della scienza e, soprattutto, per addensare nella tela quella luce straordinaria, capace di trasformare in simbolo denso di significato un’immagine desunta dal vero. La pittura di Pellizza, dunque, è una pittura colta e raffinata, che riesce a spostare la lettura dell’opera su un piano universale, spesso di valori condivisi o, comunque, di pregnanza etica e pedagogica. Sia quando si tratta dei generi tradizionali, come il ritratto o il paesaggio, sia quando si tratta di composizioni di ampio respiro, come Lo specchio della vita, Il Quarto Stato, Il sole, Emigranti: in esse l’artista ha saputo infondere sapienza tecnica, ripresa dal vero e

simbolo, coniugando l’interesse per la storia contemporanea e per le sue grandi questioni a un’attenzione perspicua per l’uomo, per le sue esigenze di giustizia e di uguaglianza, per le speranze con si affacciava al Novecento. L’unicità di questa vicenda umana e artistica è accresciuta di valore dal fatto che, per un fortunato caso urbanistico, Volpedo ha mantenuto riconoscibile la sua fisionomia ottocentesca, consentendo oggi di cogliere pienamente il messaggio e la forza dell’arte pellizziana attraverso la conoscenza e il contatto diretto con gli spazi dove essa è stata concepita: l’atelier dell’artista, pubblicamente fruibile in via continuativa dal 1994, e i luoghi disseminati nel territorio volpedese in cui Pellizza ha dipinto i suoi capolavori. Un percorso nel mondo e nell’arte del pittore si completano a Volpedo, presso il

Interno dello Studio di Pellizza a Volpedo

BENVENUTO VESCOVO VITTORIO Museo didattico, pensato per soddisfare a diversi livelli le esigenze di conoscenza dell’artista anche attraverso i mezzi che offre la tecnologia più avanzata. Come un cerchio che si chiude, Volpedo oggi, grazie al lavoro ventennale dell’Associazione Pellizza e dei suoi volontari, è in grado di accompagnare nella conoscenza del suo artista e di far respirare ancora la profondità della sua ispirazione, la sua dimensione umana e la straordinaria portata di valori della sua arte. Manuela Bonadeo Musei di Pellizza - Volpedo


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Personaggi illustri/3 Il Campionissimo di Castellania nella storia del ciclismo

“Il Popolo” per primo parlò di Coppi BENVENUTO VESCOVO VITTORIO

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austo Coppi, nostro conterraneo, è ormai un personaggio che ha superato gli stretti ambiti locali sportivi ed è entrato nella storia italiana, ma ha sempre conservato un affettuoso legame alla sua terra. “Il piccolo villaggio pieno di sole dove sono nato 30 anni fa e dove ho trascorso la mia adolescenza si chiama Castellania”, scriveva in una autobiografia, pubblicata su ‘Tuttosport’ nel gennaio del l950. “Castellania è per me il paese più bello di tutto il Piemonte. Esso racchiude i ricordi più dolci della mia vita: ogni casolare, ogni via, ogni albero, perfino un banco della scuola elementare è ancora vivo nella mia memoria e rievoca nella mia mente il quadro familiare dei primi anni della mia infanzia. E’ a Castellania che sono cresciuto, là si è sviluppato il mio corpo che anche da giovane era asciutto come un tralcio di vite: là ho giocato le prime partite a carte e ho avuto i primi insegnamenti da un’indimenticabile maestra che più tardi doveva diventare mia zia: la cara zia Albina. E la stessa Zia Albina - che lo scrivente, insegnante nelle scuole di Castellania negli anni ’60, spesso incontrava ricordava che all’inizio dell’anno scolastico Fausto, ormai famoso, si presentava nella modesta scuola del paese per portare a ogni alunno i libri di testo e tutto il corredo scolastico. “Il gesto gentile di Fausto, apprezzatissimo, risale ai primi del mese, ma egli, nella sua modestia, non ha voluto che ne fosse data pubblicità. In occasione di un convegno magistrale tenutosi ieri a Tortona, l’atto del Campionissimo è venuto alla luce”, scriveva nell’ottobre del 1953 il settimanale tortonese “Il Popolo Dertonino”. Non era facile la vita scolastica in quegli anni. Ancora la Zia Albina annotava nel registro scolastico (conservato nell’archivio delle scuole di Tortona - San Bernardino). “Gli alunni hanno un aspetto stanco. Al mattino prestissimo si alzano e vanno al pascolo. Ritornano appena appena in tempo per la scuola. Vi sono poi gli alunni delle frazioni, i quali devono andare nei boschi lontani e poi, per venire a scuola, devono fare molta strada. Gli alunni si impegnano e studiano nella stagione invernale, quando sono costretti a stare in casa per il freddo, per la neve, per la pioggia e quando non fervono i lavori campestri...” Nel 1929 Fausto Coppi sosteneva l’esame di licenza elementare inferiore. Dei quindici alunni che frequentarono la terza solo sei si presentarono all’esame, a

Coppi partecipa al circuito degli Assi con Magni e i gregari (1945)

La casa di Coppi a Castellania in una cartolina d’epoca

Coppi dopo la prima vittoria al Giro d’Italia (1940)

Coppi a colloquio con Baden, l’autista della corriera

Carezzano. Tutti promossi. I voti migliori? Quelli di Coppi Angelo Fausto. Nonostante il breve curriculum scolastico egli seppe col tempo ampliare la sua cultura e tra l’altro imparò il francese che parlava correntemente e questo spiega la grande popolarità che Coppi, - Fostò - raggiunse in Francia. “Durante il Tour del ‘51 - ricorda la cugina Ilda Coppi - fu colto da una gravissima crisi: i Francesi capirono il dramma dell’uomo e lo applaudirono come se fosse stato un vincitore…”. Suo insegnante fu don Domenico Sparpagliane, un indimenticabile docente del “Dante”, l’istituto tecnico di Tortona, fondato da don Orione, dove Coppi si recava quando prestava il servizio militare nella caserma di Tortona e comunque quando gli impegni sportivi, nei primi anni Quaranta, glielo consentivano. Un altro sacerdote tortonese legato a Coppi da una stretta e duratura amicizia fu Mons. Lorenzo Ferrarazzo, cappellano dell’Ospedale civile di Tortona e direttore del Popolo Dertonino. E Coppi fu riconoscente verso Il Popolo “il primo giornale che mi definì Il campionissimo”, ricordava compiaciuto. E a “Il Popolo” nel giugno 1940, mentre il Giro d’Italia era in corso (e che poi avrebbe vinto a soli 20 anni), inviava una foto con tanto di dedica ed autografo. Fu il Popolo il primo giornale che parlò di Coppi e ne intuì le capacità. Nel 1939 arrivò la prima importante vittoria, nella “Tre Valli Varesine”. In proposito un curioso episodio veniva raccontato da Mons. Angelo Bassi, allora

giovane sacerdote inviato a Castellania ad aiutare l’anziano parroco, don Domenico Boveri, che era anche zio materno di Fausto. “Era il 14 agosto del 1939 ed alla sera tardi rientrò a Castellania portando con sé un mazzo di zinnie, ricevute al traguardo di Varese. Passò in canonica. “Reverendo, sono arrivato primo. Mi hanno offerto questo mazzo di fiori. Li metta sull’altare della Madonna per la festa di domani”. Rimasi colpito da quel gesto. Ad ogni buon conto volli prima avere la conferma della sua vittoria dalla radio. Quindi pensai che sarebbe stato doveroso dare una spiegazione di quei fiori durante la predica del giorno dopo, festa dell’Assunta. L’impresa di Fausto

era importante, ma come parlare di sport in chiesa? Alla fine pensai di presentare le varie tappe della vita della Madonna, conclusa con l’Assunzione, il traguardo finale. “Anche un nostro fratello - dissi - ha raggiunto un traguardo e da questo altare così infiorato gli auguriamo altre tappe vittoriose’. Dopo messa Fausto venne in sacrestia a ringraziarmi”, ricordava don Bassi. “Dieci anni dopo, nel 1949, l’anno dei grandi trionfi – ricordava ancora don Bassi, poi parroco a Gremiasco, Fausto passava da Gremiasco diretto a Caldirola (dove spesso si recava per un periodo di riposo e per ossigenarsi): vedendomi, fermò la sua Bianchi per un saluto. Mi rammentò la predica del traguardo.

Don Angelo! Ah, se la ricordo...!” Sfogliando le annate del settimanale tortonese tra il 1940 e il 1945 si raccolgono fatti e annotazioni pressochè sconosciuti. Durante gli anni della guerra Coppi fu chiamato al servizio militare alla Caserma Passalacqua di Tortona nel 38° Reggimento Fanteria. Poi la prigionia in Africa. In quegli anni su “Il Popolo” compariva allora una rubrica fissa dal titolo “Posta Militare”, attraverso la quale coloro che combattevano in terre lontane facevano giungere i loro saluti ai famigliari e agli amici in patria. Sul numero del 25 marzo 1943 la rubrica portava il titolo “Il saluto di Fausto Coppi e di altri combattenti tortonesi”. Si leggeva in quel breve tra-

Fausto Coppi con i suoi compagni di scuola, in quarta fila (partendo dal basso) al centro con un amico che gli poggia le mani sulle spalle

filetto: “Da un nostro fronte ci giunge questa cartolina: ‘Il campione italiano Fausto Coppi si trova attualmente in questa terra sacra al valore italico ed è venuto a trovarci, e unito a noi Tortonesi combattenti invia cari saluti a tutti i lettori del Popolo”. Firmato: Fausto Coppi, Giuseppe Fungo, Gatti Pietro, Mega Ottavio, Cabella Aldo, Cedriano Carlo, Fiorentini Esperio”. Qualche mese dopo ancora un breve cenno a Fausto: “Apprendiamo ufficialmente che il campione italiano Fausto Coppi è prigioniero. Al bravo corridore e valoroso soldato i nostri auguri di un vittorioso ritorno”. A guerra finita un avventuroso ritorno a casa da Napoli, poi la ripresa dell’attività sportiva e gli anni dei grandi trionfi. Ma quando rientrava a Castellania per una vista ai famigliari, non mancava di passare a Tortona a salutare i suoi numerosi amici a cominciare da Giovanni Cuniolo (che ai primi del Novecento vinse un giro di Lombardia, fu tre volte campione d’Italia di ciclismo su strada, oltre a innumerevoli incontri in pista in Europa, in America ed in Australia). Poi c’erano i bar. Di solito frequentava il Bar Roma di Felice Pernigotti e il Bar Bardoneschi. Il suo ristorante abituale era il Derthona. “Era molto parco e severo con se stesso nell’alimentazione, mi ricordava Nando Agosta. “Ordinava sempre gli spinaci, ma sotto essi noi nascondevamo una bistecca di filetto, mandando all’aria le sue rigide diete...”. E al Derthona spesso portava suoi illustri amici, come si legge nello storico e prezioso libro degli ospiti.


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Fausto Coppi alla Veglia dello Sport a Voghera

Nel ’47 dopo la vittoria al Giro, Coppi e Bartali furono ospiti ufficiali di Tortona con le rispettive famiglie (c’era anche Serse): ricevimento in Municipio, udienza dal Vescovo Melchiori (che si intrattenne a lungo con loro), pranzo ufficiale al Ristorante Universo e poi la

serata danzante con l’elezione di Miss Reginetta dello Sport allo Chalet Castello. L’incasso fu strepitoso ben 128.600 lire, tra cui 5.000 lire offerte da Fausto. L’utile netto, 90 mila lire, fu devoluto alla Colonia Solare. Se la proposta di un assessore comunale di assegnare a

La tomba di Fausto e Serse Coppi a Castellania

Coppi la cittadinanza onoraria, dopo i grandi successi del ’49 non ebbe un seguito, altri segni di affetto e di stima avrebbe ricevuto da Tortona in seguito. Già nei primi anni Cinquanta il ‘Veloce Club Tortonese 1887’ fu intitolato a Serse Coppi e, qualche tempo dopo, a seguito di controversie interne, vi fu una scissione e divenne il “Pedale tortonese Fausto Coppi”. Il 19 febbraio 1953, il Veloce Club Tortonese 1887 “Serse Coppi” organizzava una conferenza sportiva sul ciclismo. Relatore l’Avv. Giuseppe Ambrosini, lo storico direttore della ‘Gazzetta dello Sport’. Erano presenti, tra gli altri, in un salone gremitissimo, il Comm. Adriano Rodoni, Presidente dell’Unione Velocipedistica Italiana, il Gen. Edmondo Zavattari, presidente della Società Storica Tortonese, e, ospite d’onore, Fausto Coppi, cui fu offerta

Carissimo p. Vittorio, Carissima Eccellenza, mi trovo a formulare questo saluto in vista del Suo ingresso come Vescovo della Diocesi di Tortona in virtù di due “incarichi” che mi autorizzano in questo senso. Il primo incarico che in qualche modo mi lega a Lei, riguarda il mio essere Direttore della Caritas Ambrosiana e dunque, fino a poche settimane fa Suo omologo, visto il ruolo di Direttore della Caritas di Assisi da Lei occupato in questi ultimi anni. Avere come “vicino di casa” un Vescovo francescano ex Direttore Caritas, incoraggia me e i miei collaboratori nel continuare il nostro servizio. Il secondo incarico, in virtù del quale le faccio i miei più vivi auguri, è relativo al mio essere Presidente dell’Agenzia “Duomo Viaggi e Turismo srl” - realtà da oltre 45 anni strettamente legata alla Curia Arcivescovile Ambrosiana - al servizio delle parrocchie, delle Istituzioni cattoliche e delle Diocesi per organizzare e accompagnare i pellegrini nei luoghi santi, con una specifica sensibilità pastorale. Tra i “Clienti” della Duomo Viaggi abbiamo avuto in questi anni l’onore di avere anche la sua nuova Diocesi e spero vivamente di poter ancora camminare insieme in tante avventure. Un caro abbraccio dunque, con l’augurio di Pace e Bene, per la Sua nuova missione. Che il Signore la benedica. Don Roberto Davanzo Direttore della Caritas Ambrosiana e Presidente della Duomo Viaggi & Turismo srl

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un’artistica targa con dedica di don Sparpaglione. “E’ stata una simpatica e affettuosa riunione che ha testimoniato a Fausto quanto era grande il desiderio degli sportivi tortonese di averlo ospite anche per poche ore”, si legge sul ‘Popolo’. Un mese dopo fu festeggiato nel suo paese natale, dove il sindaco, la zio Fausto Coppi, gli offrì una medaglia d’oro. Tortona comparve sulle prime pagine dei giornali il 2 gennaio 1960, quando Coppi cessò di vivere nel locale ospedale. I sanitari furono subito accusati dalla stampa e dall’opinione pubblica di inettitudine, una polemica che dura nel tempo. “Quando Coppi venne ricoverato - mi precisava il dottor Giancarlo Faggiolo, che allora, laureando in medicina, faceva pratica presso l’ospedale tortonese ed era presente al ricovero era già in stato comatoso, pertanto era ormai impossibile intervenire”.

I cittadini e gli sportivi tortonesi non hanno più dimenticato Coppi: già poco dopo la sua morte fu avanzata la richiesta dell’intitolazione dello stadio al suo nome, il che avvenne però alcuni anni dopo, con delibera consiliare del 1966, successivamente pure la strada che porta al Castello e ai paesi della collina fu intitolata ai Fratelli Serse e Fausto Coppi: si trattava della prima strada e del primo stadio in Italia intitolati al nostro Campione. E ancora nel 1967 veniva avviata la costruzione a Castellania della tomba-monumento ai fratelli Coppi, opera dell’Arch. Tito Gatti. Si trattò di un’iniziativa congiunta della Società Storica Tortonese Iulia Dertona e della Gazzetta dello Sport, soprattutto nelle persone rispettivamente del presidente Edmondo Zavattari e del giornalista Bruno Raschi e con il contributo degli sportivi da tutta Italia. Accanto alle tombe dei fratelli Coppi

BENVENUTO VESCOVO VITTORIO successivamente sono state deposte le terre dei monti che furono lo scenario dei grandi trionfi di Fausto. E oggi Castellania rappresenta il santuario del ciclismo italiano, meta di sportivi e di ciclisti professionisti italiani e stranieri (soprattutto francesi) che salgono lassù a rendere omaggio a un campione indimenticabile. Armando Bergaglio

I funerali di Fausto Coppi a Castellania il 4 gennaio 1960

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Santuari mariani Tortona, Fumo, Montespineto, Montebruno, Garbagna e Arena

La Vergine Maria è la “porta del paradiso” BENVENUTO VESCOVO VITTORIO

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a devozione alla Beata Vergine Maria è per tutti i cristiani uno dei più potenti strumenti di salvezza. Questa antica verità è ampiamente sperimentata nella nostra Diocesi dal numero considerevole di santuari, piccoli e grandi, diffusi sul territorio e dalle dedicazioni di molte parrocchie al nome della Madre di Gesù. Maria “porta del paradiso” è stata invocata nelle gioie e nei dolori del popolo diocesano e ha guidato con amore materno i passi dei nostri avi sulla via della fede nel cammino della vita. Ancora oggi la tradizione del mese di maggio, come momento mariano, è molto radicata nel cuore della nostra gente che attraverso una serie di celebrazioni continua a esprimere la sua riconoscenza verso la Madre che sa indicare la “strada giusta” per arrivare a suo Figlio Gesù. Nel territorio diocesano ci sono alcuni santuari mariani “speciali” che meritano di essere conosciuti e visitati perché ricchi di storia e di arte e perché luoghi di spiritualità capaci di raccogliere moltissimi fedeli. Nell’anno 2000, in occasione del Giubileo, tre di questi furono scelti come chiese giubilari, dove si poteva ottenere l’indulgenza plenaria: il santuario della Guardia, quello di Fumo e quello di Montebruno. Il primo, il Santuario della Madonna della Guardia, sorge a pochi passi dalla Cattedrale. Fu costruito da San Luigi Orione nel luogo dove nel Medioevo sorgeva la chiesa della Beata Vergine delle Grazie, tenuta dai Benedettini e poi dai Francescani e dove, nel 1418 predicò San Bernardino da Siena dal quale il borgo prese il nome. Nel 1607, il Vescovo Mons. Gambara iniziò la costruzione di un santuario al posto dell’antica chiesa ormai distrutta e il vescovo Cosmo Dossena proseguì nell’opera,

portando a termine la chiesa che fu affidata ai francescani. Nel 1662 ai Francescani successero gli agostiniani, fino al 1802, quando furono allontanati da Napoleone. L’edificio divenne privato, ma una parte rimase adibita a chiesa e vi si continuò ad onorare la Madonna. Nel 1893 don Orione, giovane chierico, vi aprì il suo primo collegio per ragazzi. Il 29 agosto 1918 propose alla popolazione di tortonese di fare un voto cittadino alla Vergine Maria: se la prima guerra mondiale fosse cessata sarebbe stato innalzato un Santuario in suo onore. Il 23 ottobre 1926, il tortonese Card. Carlo Perosi, benediceva la prima pietra del Santuario e il 16 aprile 1928 fu iniziata la costruzione del tempio che fu inaugurato il 29 agosto 1931. All’interno l’attenzione del visitatore è attratta dalla “cappella delle grazie” dominata dalla grande Statua della Madonna della Guardia, alta 2.90 m. e posta da Don Orione il 25 agosto 1932, che raffigura l’apparizione della Vergine all’umile pastore Benedetto Pareto avvenuta il 29 agosto 1490 sul Monte Figogna, sopra Genova. All’esterno del santuario sorge la torre costruita negli anni 1954-58 dall’architetto Gallo di Torino. E’ alta m. 60 e con la statua raggiunge l’altezza di m. 74. La statua è alta m. 14 e pesa 120 quintali. In bronzo dorato, è opera dello scultore Narciso Cassino. Fu voluta dallo stesso Don Orione che la chiamava la “Madonna delle pentole rotte” perché fu costruita con il materiale ottenuto dalla fusione di pentole, pignatte e oggetti di rame raccolti dal Santo a Tortona e nei paesi vicini. La chiesa è meta di pellegrinaggio soprattutto in occasione della festa che cade il 29 agosto e ricorda l’apparizione della Vergine. Spostandoci in Oltrepò troviamo il Santuario di Fumo nel comune di Corvino San Quirico, adagiato nella pianura e rivolto verso le verdi colline. Anche questo, come l’altro, fu costruito grazie all’intraprendenza di san Luigi Orione che fu sempre un “innamorato della Madonna”, “tutto vestito di dentro e di fuori dell’affetto della Madonna”. L’iniziativa della costruzione fu del canonico Arturo

Santuario della Madonna di Montebruno

Santuario della Madonna della Guardia di Tortona

Perduca, nativo di Corvino che fece suo il desiderio dei suoi genitori di volere una chiesetta nella frazione di Fumo. L’idea piacque a Don Luigi Orione. Il Vescovo diocesano approvò e benedisse l’iniziativa. Il 3 maggio 1938 il Canonico Perduca diede la prima vangata per lo scavo delle fondamenta. I chierici della Congregazione tracciarono subito i solchi fondamentali sul campo destinato a far germogliare il “bel fiore del Santuario” e con l’aiuto dell’Opera orionina e di tanti benefattori, fu edificato uno splendido tempio, dedicato alla Madonna di Caravaggio e aperto al culto nel 1939, proprio il giorno della sua festa il 26 maggio, alla presenza del Santo tortonese che con tono profetico disse: “Diventerà un vero e benedetto Santuario, dove Maria Santissima alzerà un suo trono speciale di grazie e favori celesti: da Voghera, da Pavia, Piacenza, Tortona, da tutta la vasta plaga lombarda e anche dall’Emilia verranno pellegrini, sani e infermi ad invocare la Santa Madonna di Caravaggio e se ne andranno

consolati”. Il terzo dei santuari giubilari si trova in Val Trebbia, alle estremità della Diocesi, in terra ligure, nel comune di Montebruno. La storia del Santuario di Montebruno inizia nel 1478, anno in cui, secondo la tradizione la Madonna apparve a un pastorello muto il quale, alla vista della Signora, riacquistò miracolosamente la parola per poi annunciare alla popola-

zione di Montebruno il lieto evento. Gli abitanti accorsi sul luogo dell’evento ritrovarono sul tronco di un albero di faggio una statua in legno raffigurante la Vergine; oggi l’effigie mariana, che si ritiene di origine bizantina risalente al XII secolo, è collocata sull’altare maggiore. Eretto nel 1486, l’edificio sacro fu interessato da ampliamenti e interventi decorativi in epoca barocca mentre la facciata del 1897 è di forme neoclassiche. L’interno, ricco di marmi e di stucchi, seicenteschi, oltre alla venerata effigie mariana conserva anche un Crocifisso in legno che si fa risalire al XVII secolo. La festa si svolge l’8 settembre, giorno della Natività della Beata Vergine Maria. Oltre a questi meritano un cenno rapido altri tre luoghi di culto mariani che fanno parte della storia di fede diocesana e sono stati in molte occasioni luogo di incontro per raduni e veglie di preghiere e sono dislocati in tre diverse zone del territorio: i santuari di Montespineto, della Madonna del Lago e di Fontana Santa. Nel Tortonese, sulla collina che domina Stazzano, sorge il Santuario di Montespineto da cui si gode una bellissima vista che spazia sulle Valli Scrivia e Borbera e nelle giornate serene su tutta la pianura padana. Il Santuario fu edificato nel 1630 in un punto dove più volte la popolazione fu costretta a rifugiarsi in seguito alle invasioni e alle devastazioni di cui fu oggetto il territorio nel all’epoca del

Barbarossa che incendiò il castello. Si racconta che in quel frangente fu innalzata una cappella per la protezione ricevuta. Nel 1620, durante una di queste invasioni, una fanciulla sordomuta dalla nascita vide aleggiare una colomba su di un cespuglio di biancospino fiorito fuori stagione. La bimba urlò la notizia e per otto giorni la colomba rimase sospesa sul cespuglio: l’episodio fu visto come simbolo di speranza. Il Santuario prese il nome di “Monte Spineto” proprio in onore del biancospino su cui si era posata la colomba e anche per il fatto che questo tipo di cespuglio ricopre le pendici del monte. L’allora Vescovo di Tortona, Mons. Paolo Arese, accertò di persona il miracolo e decise la costruzione del Santuario. Il santuario ha tre navate e tre altari. All’interno è conservata la statua in marmo della Vergine col Bambino, datata 1629 e probabile opera di Leonardo Ferrandina. Nel 1875 fu eretto l’altare maggiore che accoglie la statua della Madonna con Bambino. San Luigi Orione amava molto questo santuario e spesso vi conduceva i suoi chierici in pellegrinaggio, portando egli stesso sulle spalle un sacco di pane e recitando il rosario. Una volta, per penitenza, si fece quasi trascinare da uno di loro verso la cima del colle con una corda al collo, tra la meraviglia dei pellegrini. Questo avvenimento viene ricordato nella cosiddetta “festa della corda”.

Santuario della Beata Vergine di Caravaggio a Fumo di Corvino San Quirico

Santuario della Madonna di Montespineto


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Giovedì 11 dicembre 2014

Santuario della Madonna del Lago a Garbagna

Risalendo la Val Grue si arriva a Garbagna dove si trova il santuario della Madonna del Lago. Per raggiungerlo si deve uscire dall’abitato in direzione Borghetto Borbera. All’altezza delle ultime case si svolta a sinistra in via Madonna del Lago e si sale per

circa un chilometro fra i boschi fino ad arrivare al grande prato dove sorge la chiesa, la cui costruzione risale ai tempi delle lotte tra Guelfi e Ghibellini. Nel 1341, infatti, la Madonna, apparendo ad una pastorella muta dalla nascita, avrebbe assicurato alla po-

Immagine della Madonna venerata a Fontana Santa

Statua della Madonna di Montebruno

Statua della Madonna di Caravaggio a Fumo di Corvino

polazione una pace duratura se fosse stata eretta una chiesa in suo onore. La ragazza scese in paese ad annunciare il desiderio della Madonna: il fatto che avesse acquistato improvvisamente l’uso della parola fu considerato un miracolo, e quel messaggio fu ritenuto un’espressione della volontà divina. Dopo la costruzione di una cappella ritornò la pace. Nel secolo scorso, accanto all’antica cappella, fu eretta una chiesa nuova, più ampia, grazie soprattutto al contributo dei garbagnoli emigrati in America. Il santuario di Fontana Santa si trova nella frazione di Ripaldina nel comune di Arena Po, dove la Diocesi confina con le terre del piacentino. La chiesa è stata eretta in parte sopra la vasta fontana di acqua solforosa che, secondo la tradizione, fu testimone di un evento miracoloso. Alcune lavandaie del luogo scorsero galleggiante sull’acqua una piccola immagine della Madonna scolpita su una pietra.

Una bambina, cieca dalla nascita, figlia di una delle lavandaie, al seguito della madre, quando la Madonna “si fa vedere” sotto forma di immagine impressa su un sasso talmente poroso da riuscire a galleggiare nelle acque che sgorgavano dalla sorgente, riacquista la vista e guarisce. Secondo la leggenda, la pietra con impressa la Madonna

25 sfuggiva alla presa, non si faceva prendere nella seppur bassa acqua in cui si trovava. Riposta nella chiesa di Arena Po, dopo poco sparì per essere ritrovata alla sorgente. La cripta del santuario di Fontana Santa custodisce la sorgente di acqua solforosa testimone della devozione popolare alla Madonna. Questo breve excursus nei

BENVENUTO VISCOVO VITTORIO

Santuario di Fontana Santa ad Arena Po

“luoghi mariani” è l’occasione per confermare l’abbandono fiducioso dei fedeli di queste terre alla protezione di Maria, perché in essi, come diceva San Luigi Orione, “Le generazioni passeranno davanti a Te venerandoti, piene di ammirazione e di speranza e diranno commosse: qui è con noi e qui verranno tanti figli, camminando per mari e per monti agli splendori del tuo volto, o Madre adorata”. Daniela Catalano


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