

Sono lunghi circa 40 centimetri, hanno un’apertura alare di circa un metro, sono polimorfi (cambiano colore), raggiungono i 3000 metri di altezza e i 70 km dalla costa per cacciare circa 200 specie di uccelli, oltre a un’infinità di insetti. Ma soprattutto sono grandissimi viaggiatori. Migrano in primavera per circa 9.000 km attraverso deserti, zone aride, foreste e lunghi tratti di mare fino ad arrivare sull’isola di San Pietro dal Madagascar e qui riprodursi. Poi in ottobre ripartono, lungo rotte che solo di recente sono state individuate con una certa precisione. Sono i Falchi della Regina, straordinari rapaci, protagonisti dell’Oasi Lipu di Carloforte, che tanto ha contribuito al loro studio. E del volume illustrato Eleonora’s Falcon, a cura di Iosto Doneddu (Carlo Delfino editore, 141 pag, 38 €) al quale ha contribuito la Lega Italiana Protezione Uccelli, pubblicato a luglio e presentato l’8 ottobre nella biblioteca carlofortina. Non solo un bellissimo libro, con immagini emozionanti di Domenico Ruiu, Gianni Sirigu, Roberto Vacca e Bruno Barthemy. Un compendio di studi dagli anni Sessanta a oggi su biologia, conservazione, entità di questi elegantissimi zingari dei cieli. Preziose le testimonianze di Harmut Walter, professore della UCLA University di Los Angeles, che li “insegue” dal 1961, dapprima in Grecia poi nel resto
del Mediterraneo, e di Luciano Durante, da 11 anni responsabile dell’Oasi Lipu di Carloforte (414 ettari) che ne racconta la storia e spiega come si è passati da 80 a circa 130 coppie protette attorno a Capo Sandalo.
Isola di San PietroIl sottotitolo del libro, infatti, è Falco della Regina, isola di San Pietro perché proprio qui si è approfondito lo studio sugli habitat, l’osservazione degli ornitologi da tutto il mondo, il monitoraggio degli spostamenti. Si è scoperto così che questi rapaci migrano tra Mediterraneo, Oceano Atlantico, Mar Rosso e coste africane, ma fanno il nido soprattutto in Grecia, Marocco, Spagna, Italia (Sardegna e Sicilia), Cipro e Algeria. L’ultimo censimento del 2005 2020 indica una consistenza di circa 14.500 coppie in totale. Un successo dal punto di vista naturalistico? Eleonora’s Falcon spiega luci e ombre della conservazione di questi uccelli. Che già la giudicessa (o regina) Eleonora d’Arborea volle proteggere nella sua “Carta de Logu” del 1392, una sorta di Costituzione sarda ante litteram. E che grazie a lei hanno preso il nome scientifico di Falchi eleonorae e quello comune “della Regina”.
Tra i capitoli più interessanti, quello sui misteri delle migrazioni. Un esempio? I giovani falchetti sotto i tre anni (che corrisponde all’età riproduttiva) se ne vanno in giro per i cieli del globo senza guida di adulti. E senza volare in stormi. Si orientano da soli attraverso un vettore di navigazione, con l’aiuto del campo magnetico terrestre e delle stelle.
Per uno come me che ha passato la sua vita con un piede in mare e l’altro nei boschi, trovarsi tra le mani questo libro è stato molto di più che un semplice dono. Vivo sull’isola di San Pietro e la mia casa si trova ad un pugno di chilometri dalla colonia nidificante di Calafico. Durante alcuni mesi dell’anno capita che alcuni esemplari mi facciano visita passando velocemente sulla mia testa. Diretti dove non so: da sempre mi limito a fantasticare su questo splendido rapace per me ricco di misteri. Se è vero che per amare qualcuno o qualcosa bisogna conoscerlo a fondo, è l’occasione per approfondirne la conoscenza. Io credo che questo stupendo animale abbia a pieno titolo, assieme al più famoso tonno di corsa, tutto il diritto di essere considerato come uno dei simboli dell’Isola di San Pietro. Si può passare tutta la vita ad osservare e studiare le piante e gli animali che vivono intorno a noi. La casa editrice Carlo Delfino è nota per aver trattato con molta cura nelle sue pubblicazioni la storia e le bellezze della Sardegna. In questo caso un intero capitolo è dedicato all’ambiente costiero dell’Isola di San Pietro. “Un lavoro di ricerca e di studio sul falco più affascinante e zingaresco del Mediterraneo” si legge nel retro di copertina “Capace di attirare su di sé la curiosità e l’interesse di generazioni di studiosi che ancora oggi cercano di svelare i suoi misteri” .
Walter ZapponAppena uscita l’autobiografia di un grande musicista in cui racconta del suo passaggio sull’isola di San Pietro insieme a Fabrizio De André
Nove vite e dieci blues è il titolo del libro autobiografico scritto da Mauro Pagani, musicista polistrumentista, compositore e produttore artistico, protagonista di primo piano nella scena italiana. In 200 pagine Mauro ripercorre la sua vita che, dall’infanzia e adolescenza nella provincia di Brescia si snoda in tutte quelle esperienze che lo hanno fatto diventare il grande artista poliedrico di oggi. Dalla PFM alla direzione artistica del Festival di Sanremo, dalle colonne sonore dei film di Gabriele Salvatores alla nascita del suo studio sui Navigli, le Officine Meccaniche, dove hanno registrato star come Alicia Keys e Lady Gaga, ma anche i Bluevertigo e gli Afterhours. Il libro non è un semplice excursus della sua carriera, ma una prosa che attraversa decenni di storia sulle note della più bella musica del nostro Paese. Tra i tanti artisti con cui ha collaborato e di cui narra (Massimo Ranieri, Vasco, Gianna Nannini, Roberto Vecchioni, Ligabue, Francesco Guccini e altri), il sodalizio più significativo è stato quello con Fabrizio De André, a cui riserva un posto speciale. Una collaborazione
artistica legata a una profonda amicizia durata quattordici anni e di cui anche Carloforte ha beneficiato.
Mauro racconta: “nel 1984 la RAI decise di realizzare un documentario su Creuza de mä per mano di Vittorio Nevano: Fabrizio suggerì di girarlo a Carloforte, piccola enclave genovese insediatasi nel Settecento nell’isola di San Pietro, nel lembo più occidentale e meridionale della Sardegna. Così arrivammo a Cagliari e dopo un paio d’ore di viaggio in auto e poi in traghetto sbarcammo nel porto di una delle più misteriose e profumate isole del Mediterraneo. La voce che stavamo per arrivare era circolata: sul molo trovammo ad attenderci tanti ragazzi carlofortini. Per loro, che un cantautore raffinato come Fabrizio avesse deciso di scrivere un intero disco nella loro lingua madre una lingua che nessuno in Sardegna parlava e che, antica com’era, neanche a Genova tutti capivano era un fatto unico e straordinario. Fummo accolti come principi, e come principi trattati. Alcuni di quei ragazzi Battista Dagnino, Battista Ferraro, Sasha, Zi e Chicco sono da allora tra i miei amici più cari, e in quell’isola, che con mia grande gioia mi ha concesso la cittadinanza onoraria, ogni tanto sbarco ancora oggi, con l’emozione di chi torna in una delle sue case del cuore”.
Nove libri e dieci blues, edizioni Bompiani, è in vendita in libreria a 17 € e negli store online, anche in formato Kindle, a 16.15 €.
Lo scorso 19 luglio, in occasione del Festival Creuza De Mà, la rassegna di musiche per il cinema che si tiene dal 2007, il Sindaco Stefano Rombi ha annunciato pubblicamente l’intenzione del Comune di Carloforte di concedere la cittadinanza onoraria a Mauro Pagani, da sempre habituée dell’isola di San Pietro, “ringraziandolo per quello che con Fabrizio De André ci ha regalato, cantando assieme a lui i suoni e i linguaggi del nostro Mediterraneo.”
Il Comune riconosce la “cittadinanza onoraria” a persone non nate a Carloforte che si sono “particolarmente distinte e rappresentano un modello positivo” per il loro esempio di vita, ispirata ai principi della Costituzione, per il contributo dato alla cultura e per il particolare impegno dato nel lavoro e con azioni di alto valore civile.
Sino a oggi, il Consiglio Comunale ha conferito la cittadinanza onoraria a diversi nomi illustri. Tra questi, alla scrittrice e giornalista Lea Melandri per il suoi valori e il forte legame con Carloforte (2009), a Gianni Morandi, per aver dato lustro alla Comunità isolana e all’intero territorio regionale (2019), alla senatrice a vita Liliana Sagre, per essersi schierata a difesa dei diritti, dell’uguaglianza e della solidarietà (2019), alla memoria del Maestro Araldo Cavallera per la sua figura intellettuale, le opere e il legame con la cittadina di Carloforte (2021) e al professor Fiorenzo Toso, venuto a mancare di recente, per l’impegno nello studio e nella tutela della lingua tabarchina (2021).
Maria SimeoneIl Comune di Carloforte si appresta a costituire la Comunità Energetica Rinnovabile locale ed il prossimo 31 ottobre 2022 scade il termine di adesione per privati, aziende ed enti interessati al progetto.“Si tratta in pratica di creare una cooperativa: per aderire basta versare 25 euro, fornire le bollette degli ultimi 12 mesi e i dati del contatore”, dicono all’ufficio tecnico, in Comune. “Una vola a regime, si risparmierà sui consumi elettrici e si rispetta l’ambiente”.Tutto ha avuto inizio con l’Avviso di Costituzione firmato dal Sindaco Stefano Rombi il 20 luglio scorso.Da allora gli eventi internazionali ed europei non hanno fatto che rendere ancora più attuale questa iniziativa: la conferma del sabotaggio dei 2 gasdotti Nord Stream 1 e 2 (proprietà di un consorzio con quota 51% della russa Gasprom e restante parte di operatori tedeschi, olandesi e francesi) che consentivano il flusso di gas a basso prezzo direttamente dalla Russia alla Germania (v. Corriere della Sera, 29.09.22) rende ancora più realistica la situazione di “povertà energetica” a detta della stessa ENEL (v. link https://www.enelx.com/it/it/privati/sostenibilita/economia circolare) dei cittadini europei e quindi delle nostre comunità, in modo particolare quelle delle isole minori. Tornando all’avviso, visibile sul sito del Comune, v. link https://www.comune.carloforte.su.it/it/page/59037, la Comunità Energetica Rinnovabile, CER, sarà costituita da diverse categorie di partecipanti: Consumatori
(Consumers); Consumatori e al tempo stesso Produttori (Prosumers); Titolari di lastrico/tetto che mettono a disposizione per posizionarvi i pannelli solari generatori di energia elettrica che sarà utilizzata dallo stesso Titolare, come consumatore, e dalla Comunità; Finanziatori.
La CER si presenta come soggetto di diritto privato “non profit”, quindi oltre la ripartizione di costi e benefici tra i suoi membri ha come obiettivo quello di “fornire benefici ambientali economici e sociali a livello di comunità ai propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.” Importante il ruolo di coordinamento e regia del Comune di Carloforte, Ente promotore, che tra le altre prerogative, si riserva la supervisione della “costituzione del soggetto giuridico che governerà la CER” con definizione del “regolamento interno tra i membri nei loro diversi ruoli”: compito non facile per armonizzare la logica “non profit” con i legittimi interessi di Finanziatori, “Consumers” e “Prosumers”. In particolare si ricordano i “Prosumers” utilizzatori del “superbonus 110%” che oltre la ritenzione del quantitativo di energia per uso proprio, stabilito dai parametri di bisogno energetico in relazione al volume dell’immobile approvati dall’ENEA, rilasciano gratuitamente l’energia prodotta in eccesso allo snodo ENEL più vicino e quindi alleviano il bisogno energetico della comunità circostante. L’iniziativa del Comune rappresenta un motivo di aggregazione per la comunità dell’isola ed una “buona pratica” in linea con le sfide che stiamo vivendo con l’intento di ridurre l’inquinamento (si pensi alla possibile “ricaduta” di installazione di colonnine per la ricarica di auto elettriche) ed il conseguimento della tanto auspicata autonomia energetica. Ci si augura possa rappresentare l’avvio di un più ampio programma di economia circolare ed un piano di sostenibilità ambientale che riguardi anche altri settori: ad esempio l’urbanistica con lo stop al consumo di suolo, la mobilità, la valorizzazione delle eccellenze locali in chiave occupazionale, turistica, di creazione di know how, ed una visione moderna degli usi civici: l’inizio di un percorso virtuoso verso l’isola ecologia del Mediterraneo.
Salvatore ObinoIntervista all’antropologa Ambra Zambernardi e al rais Luigi Biggio. A Carloforte liberati 2000 tonni
Solo per un week end anche a Carloforte si ha l’opportunità di ammirare la mostra fotografica Calar tonnara dell’antropologa Ambra Zambernardi, organizzata dalla Pro Loco in collaborazione con il Teatro Cavallera e patrocinata dal Comune di Carloforte. L’inaugurazione è prevista per venerdì 14 ottobre alle ore 17.30 al Teatro Cavallera.
L’esposizione prosegue sabato 15 e domenica 16 ottobre, dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20.30, a ingresso gratuito.
Ambra Zambernardi, dottoressa di ricerca in scienze antropologiche e ricercatrice per la Fondazione di Sardegna, rivolge la sua indagine alle tonnare fisse del Mediterraneo e dell’Atlantico dal 2014.
La sua lunga ricerca mette in risalto questo metodo di pesca del tonno, praticato per secoli dagli antichi popoli del mare. Oggi viene utilizzato soltanto sulle coste atlantiche del Marocco, in Andalusia, nell’Algarve, sull’Isola di San Pietro e sulla costa sud occidentale
della Sardegna.
Il progetto comprende una parte scientifica e una artistica. La prima, svolta durante il dottorato, include tesi e articoli. Nella seconda Ambra sviluppa un racconto sulle tonnare nelle varie espressioni: una mostra fotografica, diversi canti popolari registrati in Sicilia, un laboratorio di danza e uno spettacolo teatrale.
Il progetto Calar tonnara è realizzato con il sostegno della Fondazione di Sardegna e la mostra è resa possibile dal Contributo del MuT, il Museo della Tonnara, di Stintino, ove è stata recentemente esposta con grande successo.
“Questo mondo bellissimo l’ho scoperto la prima volta quando ho visitato la tonnara di Favignana nel 2014” dice l’antropologa “E’ un’indagine ancora in corso, perché c’è materiale per indagare all’infinito. Anche nelle tonnare che non sono più attive. Calar tonnara è un pezzo di storia del Mediterraneo. E’ sempre un’emozione pensare a chi ci lavora, alle attrezzature utilizzate per la pesca e al rapporto dei tonnarotti con il tonno. Ogni tonnara ha la sua storia e le sue specificità. Tutto fa parte di quella che io definisco ‘maricultura’. La cultura del mare”
Quando si decide di calare una tonnara a rete fissa, si sceglie di praticare una pesca che è sempre stata, e continua a essere, una pesca stagionale, a basso impatto ambientale ed eco sostenibile. Una pesca che è anche arte, cultura e antiche tradizioni che si tramandano di generazione in generazione.
Ambra Zambernardi, nella sua mostra, ci racconta tutto questo. Scatto dopo scatto, seguiamo la vita nella tonnara di Carloforte e di Barbate, in Andalusia e viviamo la storia della pesca del tonno così com’era, un tempo, sulle coste dell’Atlantico e in tutto il Marenostrum.
Il tonno rosso (Thunnus Thynnus) che si cattura nelle nostre acque è una specie molto pregiata e richiesta a livello internazionale. Essa è tutelata dalla Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tonnidi dell’Atlantico (ICCAT) ed è soggetta a quote di pesca ormai da diverso tempo. Visti i risultati positivi negli ultimi anni di tale politica di protezione, la quota concessa alle tonnare sarde è rimasta stabile all’ 8% anche per la stagione di pesca 2022.
Alla tonnara di Carloforte sono spettate 178 tonnellate di pescato. “In questi ultimi tempi siamo sempre riusciti a raggiungere la quota e la grandezza dei tonni è salita tantissimo” spiega il rais Luigi Biggio. “Quest’anno il peso medio dei tonni è stato di circa 120 kg, ma abbiamo preso anche diversi pesci di 300 400 kg. Alla fine della stagione, quando siamo arrivati alla quota prevista, abbiamo liberato 2000 tonni.”
Luigi Biggio inizia a lavorare in tonnara all’età di 17 anni come semplice tonnarotto. Nel 1998 diventa rais della tonnara di Portoscuso. Un anno dopo si aggiunge l’ex tonnara dell’Isola Piana (da anni ormai tonnara di Carloforte) che segue entrambe per 10 anni. Oggi il capo dei tonnarotti conduce con passione solo quest’ultima. “Per me, calar tonnara significa portare avanti una tradizione millenaria” afferma Luigi “lo faccio con passione e sono molto orgoglioso del mio lavoro. Ciò che mi dà più emozione è vedere quando, finalmente, tutta la rete è calata in mare. La fase finale della pesca, poi, è la coronazione di un lungo e duro lavoro”
Carloforte a km 0 (15-16 ottobre) e nel distretto rurale dell’arcipelago del Sulcis
Sta per nascere ufficialmente il Distretto rurale arcipelago del Sulcis, che è in fase di costituzione e che ovviamente comprende l’isola di San Pietro. Una iniziativa in collaborazione con la Regione Sardegna e Laore per portare una cultura di rispetto degli animali e delle piante, degli elementi della nostra terra, nella coltura. Compresi i destinatari finali dei lavori agricoli: noi. “Per un’isola davvero verde e blu” dice Beppe Bullegas, animatore del Distretto. Saranno favorite le coltivazioni di capperi, pistacchi e mandorle e in futuro anche di lavanda o elicriso (ottimo per fare un olio contro le scottature).
Intanto u paize sarà di nuovo in festa, il weekend del 15 e 16 ottobre, per Carloforte km 0 dal campo alla tavola, degustazioni, artigianato, e divertimento” con una sfilata di bancarelle e attività per turisti. Ma quali sono i prodotti d.o.c. dell’isola? Facusse, favette,
pomodori, patate, melanzane, uva, capperi e altri più comuni sono ancora coltivati sulle terrazze che digradano verso il mare o nelle piane, come facevano un tempo i primi carlfortini, di orgine ligure. I vigneti sono molto diffusi, anche se alcune vigne risultano purtroppo abbandonate perché è difficile trovare giovani che si appassionino, e per problemi di microclima. Gli uliveti, grazie anche agli incentivi, sono una delle nuove piantagioni più diffuse.
Carloforte km 0 è organizzato dal Consorzio Arcobaleno e dall’Associazione CIAO, con il patrocinio del Comune di Carloforte e della Regione Sardegna. Insieme ai prodotti gastronomici derivati dal tonno rosso, pescato dalle nostre tonnare, sono esposti. Saranno presenti anche le birre artigianali e i vini di Carloforte, frutto dell’ottimo lavoro svolto dalla cantine carlofortine. Immancabile la presenza dei panifici e i laboratori di pasta fresca, con gallette, canestrelli e i vari formati di pasta della tradizione carlofortina.
Attualmente nell’isola di San Pietro, oltre alle attività legate alla pesca e al turismo, non vi sono grandi produzioni legate al mondo agricolo se non a carattere familiare. Si può ricordare la presenza di un piccolo centro privato di lavorazione delle uve del Carignano. Una recente novità è data dal progetto Tanca Gioia, che è stato avviato nel 2000 e ha previsto la realizzazione della prima azienda vinicola di San Pietro, con il suo vino: U Tabarka. Inizialmente partita con la produzione di Carignano e Vermentino, successivamente estesa a Nasco Aromatico, Moscato di Calasetta e Bovaleddu; l’estensione delle vigne è di circa 10 ettari. Dal 2012 è attiva anche una piccola cantina denominata A
Vigna du Bertin che vinifica tre tipologie di vino a base di uve Carignano e Vermentino. Nell’isola è presente sia un po’ di olivicoltura che della frutticoltura che comunque date le esigue produzioni sono rivolte al consumo casalingo o alla vendita nei mercatini locali.
“L’agricoltura è poco sviluppata rispetto all’allevamento di ovini caprini e bovini” afferma Beppe Bullegas “la superficie a vigneti è meno di 10 ettari, la superficie ad olivo è meno di 20 ettari, è presente un po’ la coltivazione di ortive, meno di 5 ettari, poi buio, il resto della superficie viene usata come pascolo o incolto”.
Antonello RivanoEra il 24 settembre 2017 e la nostra isola diventava “L’isola di Pietro”. Da quel giorno, infatti, su Canale 5 sono andate in onda le puntate dell’omonima fiction con Gianni Morandi, che per tre anni ha portato alla ribalta televisiva Carloforte e dintorni. La fiction ha animato le mezze stagioni con cast di una trentina di persone, soprattutto tecnici o professionisti romani, e numerose comparse sarde/tabarchine. Ha portato ricchezza e turismo. Ha ribattezzato lo scoglio L’isola di Pietro, appunto, (togliendo il San dal nome) mentre la Regione Sardegna, dopo aver finanziato la produzione tramite la Film Commission, lo ha invaso di enormi cartelli in cui venivano segnalati l’ospedale (il Nautico), la scuola surfisti (Punta Nera) e altre tappe del set come se realtà e fiction si confondessero. I cartelli si possono persino inquadrare con il QRcode per rivedere gli episodi online. Una trovata del marketing turistico, ma ai carlofortini non sono mai andati giù: molti sono stati deturpati o abbattuti. Gianni Morandi, invece, è stato nominato cittadino onorario e resta nel cuore di tutti.
L’isola di Pietro con le sue sceneggiature tragicomiche ora sembra un ricordo lontano. Solo Cesare Bocci, sfortunato marito di Chiara Baschetti (Elena, figlia del dottor Pietro/Morandi) è ritornato per la nuova stagione cinematografica sull’isola, appena iniziata. Da settembre è stato girato un film della Pepito Produzioni in collaborazione con RAI fiction che dovrebbe andare in onda a dicembre. Regia di Fabrizio Costa, attori principali, oltre a Bocci, Euridice Axen, Cristiana Francini, Cristiano Caccamo. Titolo: Una scomoda eredità. Si tratta di un episodio della serie Purché finisca bene. Le riprese terminano il 10 ottobre, ma non è finita qui. Per un mese circa 50 comparse, perlopiù carlofortine, hanno partecipato al film, grazie anche alla capogruppo figurazioni Valeria Tornù. “Mi è piaciuto moltissimo, l’ambiente era sereno, gioioso” testimonia Gigi Carta, al suo esordio davanti alla macchina da presa “il compenso è buono ed è una bella cosa per l’economia di Carloforte”. Come molti, Gigi spera di essere selezionato al casting anche per il prossimo film, che si inizia a girare dal 31 ottobre e forse avrà come regista Carlo Verdone. “E’ della Pegasus Produzioni” ha detto il sindaco Stefano Rombi durante la conferenza sui 100 giorni di amministrazione “sarà seguito da altri ciak, di documentari ecc”. Per ora titolo , trama e cast sono top secret. In ogni caso, sarà per il grande schermo. E comprenderà altre location in Sardegna.
IInvece dalla Sardinia Film Commission raccontano la trama di Una scomoda eredità: “Due amanti sessantenni, Mariella e Domenico, sono sul punto di raccontare alle due figlie, Diana (39 anni) e Gaia (36), tutta la verità su loro amore ma, prima di riuscire a farlo, muoiono in un incidente automobilistico nei pressi della loro bella villa sull’isola di San Pietro. Le due figlie, che non si sono mai viste prima, sono quindi costrette loro malgrado a recarsi sull’isola per occuparsi della casa che i due genitori gli hanno lasciato in eredità. Fin dal loro primo incontro le due ragazze si trovano cordialmente antipatiche. E non potrebbe essere altrimenti visto che Diana è un medico serio ed ortodosso con la mania del
controllo e la determinazione di un bulldozer mentre Gaia è uno spirito libero senza fisse radici, tutta emozioni e sensibilità. Le due sono costrette a restare lì nel paesino più di quanto immaginavano e a condividere la stessa casa, di cui Diana vuole a tutti i costi liberarsi mentre Gaia, che nel frattempo si è innamorata del bel sub Max, la considera l’ultimo dono di sua madre e non ha nessuna intenzione di mollare. È guerra aperta, ma le due si troveranno loro malgrado ad affrontare un agguerrito nemico comune, Franco Lussurgiu, che pur di ottenere la bella villa ha smosso le sue conoscenze in Comune al punto da farla dichiarare abusiva. E proprio cercando le licenze edilizie che possono salvarle dalle trame di Lussurgiu, Diana rinviene una vecchia foto, che porta con sé una rivelazione inaspettata: la tresca tra i due amanti non è recente come tutti pensavano, e non è finita… Gaia è sua sorella! Gli eventi a quel punto precipitano e nel finale entra in ballo anche un giovane medico, Filippo, innamorato da anni di Diana, che giunto lì per aiutarla si trova coinvolto nello scontro finale con Lussurgiu. Il futuro amoroso delle due protagoniste nonché il loro futuro come sorelle si gioca a mosse di dama…”.
Alla fine nemmeno questo film ci risparmia da morti improvvise, misteri, colpi di scena ecc. E tutti quelli girati finora sull’isola di San Pietro hanno in comune un set: una villa a Punta Nera. Non la stessa, ma molto vicina. Così come in una villa a Punta Nera era ambientato Provocazione, il soft porn con Moana Pozzi, del 1988. Quello sì sconvolse l’isola. L’arrivo di Moana il cui nome significa mare agitò le acque e i sonni. Alcuni carlofortini comprarono dei binocoli per poter vedere la diva, allora 27enne, nelle scene più erotiche, anche se da lontano, per esempio alla Mezzaluna. Lei pare si fosse innamorata di Carloforte. E ci fosse tornata in incognito, come una normale turista, prima di morire di cancro, 6 anni dopo. La pellicola, diretta da Piero Vivarelli, non ebbe successo (in effetti è soporifera), ma nella trama c’è comunque un cadavere, una vedova, due figlie, intrighi sessuali o sentimentali. Ricorda qualcosa?