Prato della Valle, di Silvia Zava

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OTTONOVECENTO A PADOVA

profili, ambienti, istituzioni

collana diretta da Mario Isnenghi 14

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PRATO DELLA VALLE Silvia Zava

con un contributo sul Teatro romano a cura di Jacopo Bonetto, Elena Pettenò, Caterina Previato, Francesca Veronese

ILPOLIGRAFO


L’Autore e l’Editore ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa pubblicazione, le biblioteche e gli archivi padovani pubblici e privati. Un particolare ringraziamento alle istituzioni per aver concesso l’autorizzazione alla riproduzione di alcune immagini qui pubblicate. L’Editore rimane a disposizione per qualsiasi eventuale obbligo in relazione alle immagini riprodotte

progetto grafico Il Poligrafo casa editrice redazione Alessandro Lise copyright © settembre 2018 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova piazza Eremitani - via Cassan, 34 tel. 049 8360887 - fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it isbn 978-88-9387-015-3


INDICE

9 Presentazione Mario Isnenghi

i. 13 15 22 23

«a delizia universale de’ paesani e de’ forastieri» Il Prato prima di Memmo Il provveditorato straordinario di Andrea Memmo e la riqualificazione di Prato della Valle L’orientamento dell’Isola Memmia Le soppressioni napoleoniche. Il Prato senza chiese

ii. immortali? 27 «Primum igitur quid intendimus cum illustre adicimus» 30 Giotto, Dante e Ruzante i grandi refusés 32 Gli scultori 34 Interventi di restauro iii. uno spazio urbano e le sue possibili trasformazioni 37 Il recupero della quinta edilizia 38 Cronaca di una bocciatura annunciata: i progetti jappelliani per Prato della Valle 46 La Loggia Amulea di Eugenio Maestri e la caserma dei Vigili del Fuoco 52 L’area della Misericordia: dal Foro Boario di Peretti al progetto Crotti 59 Le trasformazioni del “vuoto urbano” adiacente S. Giustina: dal Castello Pacchierotti al Giardino della Biodiversità 


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Gli impianti sportivi attigui a Prato della Valle La forestazione dell’Isola Memmia

iv. l’edilizia privata da domenico cerato a giulio brunetta 69 Quale identità architettonica? 71 Palazzo Querini 72 Palazzo Bessarione Memmo, poi Angeli 75 Palazzo Romanin Jacur 77 Palazzo Duse Masin 81 Palazzo Dottori Sanson 82 Palazzo Gloria Aganoor 84 Palazzo Sacerdoti 85 Casa Brunetta 87 Indagini di scavo e cantieri archeologici v. 91 95 97 102 106 108 112

la fiera del santo Le origini della fiera Dal mercato di bestiame alla fiera campionaria Le corse equestri Rombi di motore in Prato Velocipedi, biciclette e podisti... il Prato di corsa Spettacoli di ieri e di oggi Le botteghe storiche del Prato

vi. folle oceaniche 115 Dalle celebrazioni religiose alle adunate militari 116 I Papi a Padova 118 Feste e parate politico-militari 123 Mussolini a Padova vii. il prato degli artisti 129 Iconografia e rappresentazione dal Settecento ad oggi 135 Le rappresentazioni pittoriche del Novecento 138 Il Pra’ di Tono Zancanaro 140 Insolite declinazioni in smalto e bronzo 142 Il Prato in versi 147 Cinematografia e fotografia appendice 153 Le statue di Prato della Valle 


il prato della valle e la riemersione del teatro romano Jacopo Bonetto, Elena Pettenò, Caterina Previato, Francesca Veronese

165 168 171 175

Tito Livio e Padova: premessa Il Teatro romano e il suo contesto topografico Il Teatro romano nelle fonti letterarie e nei documenti La riemersione del Teatro nel 2017

185 Indice dei nomi



L’anima di una città... Il carattere di un popolo... Così, nell’Ottocento, parlavano i romantici. Noi, oggi, parliamo di radici, parliamo di identità. E ne parliamo tanto. Meno ne abbiamo, più ne parliamo. Più le smarriamo, o abbiamo la sensazione di poterle smarrire, e più ne coltiviamo il bisogno e la nostalgia. Questa collana di schegge visive e di affondo restaurativi nella memoria – di Padova, dei Padovani e dei moltissimi che sono passati per Padova quando toccava alla loro gene­razione incarnare l’antica, secolare figura dello studente a Pa­dova – muove da questi bisogni tutt’attorno affioranti. Viviamo nel presente e del presente, siamo anzi presentisti – in altri termini, non vediamo più in là del nostro naso, sia davanti che dietro – e però quanto ci piace annusare, fingerci, ripercorrere i nostri prossimi o remoti ieri collettivi. Ebbene, premesso – e promesso – che di parole vaghe come appunto le suddette – anima, carattere, radici, identità – faremo un uso il più parco e sobrio possibile, partiamo per un viaggio guidato, a più voci. Lo spazio è Padova, con le sue propaggini natu­rali, verso il Bac­chiglione e i Colli. Il tempo è quello di Padova italiana, senza negarci – con discrezione e misura – punti di partenza e percorsi più lunghi, quando saranno necessari. Ottonovecento a Padova: questo il nostro ambito. Profili ambienti istituzioni: il ventaglio degli approcci, fra persone e luoghi identificati come quelli che definiscono e strutturano una storia. Una non piccola storia, una storia non minore: con una grande università, un grande santo, una grande piazza, un grande caffè... I ritratti stereotipati qualche volta tradiscono, lasciando fuori troppe cose; ma un po’, anche, ci pigliano, dando alveo e direzione allo sguardo. 


La grande progettualità di Andrea Memmo – il patrizio mandato da Venezia a sovraintendere alle cose di Padova –, il riformismo settecentesco, i lumi e gli influssi della Massoneria dotano la città di un luogo inventivo e senza confronti altrove: un “prato” sin qui periferico rispetto al centro cittadino, uno spazio immenso riservato a conventi, campagne e animali viene ripensato, arricchito di segni e di funzioni, diventa una grande piazza urbana, Prato della Valle, più affettuosamente il Pra’, a suo tempo vanamente ribattezzato Vittorio Emanuele. Decisivo il popolo delle statue di pietra che lo va ad abitare, nell’ellissi interna disegnata dalla canaletta entro l’ancora più vasta ellissi esterna, su cui si vengono ad affacciare palazzi e giardini, mentre si riducono le presenze ecclesiastiche. Pubblico e privato si mescolano e rendono possibile l’impresa, sia nelle moderne forme di finanziamento, sia nel repertorio dei personaggi marmorei da mettere in mostra, più spesso familiari di chi può permettersi di comprarsi la gloria che personaggi pubblici effettivamente meritevoli. Più che le motivazioni, conta l’effetto d’insieme. E del resto, più le presenze sono storicamente significative e più sono esposte al mutare politico e al giudizio dei tempi. Vista da vicino, ricostruendola in archivio e nella bibliografia – come qui avviene – la storia del Prato della Valle è uno scenario di ideazioni, un laboratorio di progetti e di conflitti, su uno sfondo di concorsi, scontri, compromessi, ripensamenti. Anche il grande architetto veneziano Jappelli – quello del Caffè Pedrocchi e del palazzo e giardino Treves – applica senza fortuna il suo genio al Pra’: ci voleva trasferire l’Università, aveva precocemente inventato il campus. E l’alberatura interna, sì o no ai platani? E perché Dante – padovanizzabile quanto basta –, Giotto, Ruzante non trovano posto e vengono collocati altrove? Le corse, le fiere, le gare, le parate, i comizi – culminanti nelle folle fasciste del 1938 la volta che arriva Mussolini – rientra tutto nella narrazione. Anche il Foro Boario e i palazzi che circondano il grande invaso costruito, le proprietà, gli architetti, l’arredo interno. Padova è Padova perché ci sono il Bo, gli Scrovegni, il Santo. E il Pra’. mario isnenghi

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PRATO DELLA VALLE


Esprimo la mia sincera gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa pubblicazione in particolare Mario Battaillard, Mariachiara Berizzi, Elena Bregantin, Giulia Burato, Daniela Burlini, Michele Girardi, Roberta Lamon, Paola Piizi, Annamaria Paris Semenzato, Nicoletta Tonzig, Federica Turetta, Francesca Veronese, Monica Vial. Ringrazio le famiglie Duse Masin, Romanin Jacur e Tonzig per la documentazione storica fornitami. Ricordo con affetto e amicizia Marisa Brunetta Menato. Questo volume può vantare una ricca documentazione iconografica, in gran parte inedita, per la quale si ringraziano l’Archivio generale del Comune di Padova e in special modo il dottor Andrea Desolei e la signora Paola Segato, la Biblioteca Civica di Padova, il Museo Bottacin, il Museo d’arte medievale e moderna e in particolar modo il Gabinetto fotografico dei Musei Civici di Padova, il Museo dell’Automobile Bonfanti-Vimar, l’Archivio storico Tono Zancanaro e il responsabile prof. Manlio Gaddi, il CEDAC (Centro educativo di documentazione delle arti circensi) e la dottoressa Arianna Pianesi, il dottor Paolo Prati presidente del Circolo Patavino autostoriche, il dottor Stefano Chiminelli presidente del Circolo Veneto Automoto d’Epoca, l’antiquario Giampaolo Buzzanca. Ringrazio gli artisti Graziella Da Gioz, Matteo Massagrande, Gustavo Millozzi e l’architetto Alberto Tonzig per aver concesso la pubblicazione delle loro opere, e la famiglia Zaccaria per aver permesso la riproduzione delle incisioni di Bepi Zaccaria.


I.

«A delizia universale de’ paesani e de’ forasteri»

il prato prima di memmo Alla metà del Settecento le esigenze riformistiche, commerciali, igieniche e di crescita urbanistica che si impongono ormai in gran parte d’Italia non vengono soddisfatte dalla città di Padova, ben lontana dall’avviare un processo di rinnovamento come quello operato da Filippo Juvarra a Torino o quello dettato da Scipione Maffei nella vicina Verona. Non solo le nuove istanze architettoniche europee non prendono piede, ma l’arretratezza in cui versa la città la rende inospitale e poco gradita anche ai turisti, che spesso ne restituiscono immagini poco qualificanti, trascurando così millenni di storia. Un luogo in particolare, la grande piazza detta Prato della Valle, sembra impressionare sfavorevolmente quanti la visitano. Eclatante il caso di Charles des Brosses (1709-1777), il quale, nel 1739, constatando «le méchant état où Padoue est réduite» la descrive così: «Celle [place] que l’on appelle Prato della Valle est véritablement un fort grand pré, qui produit le meilleur foin du monde».

 Charles de Brosses, scrittore e magistrato, fu presidente del Parlamento di Borgogna.  «Il cattivo stato in cui versa Padova», in c. de brosses, Mémoires sur Padoue, lettera a M.me de Neuilly 28 juillet 1739, in id., Lettres Familières écrites d’Italie en 1739 & 1740, Paris, Librairie Académique, 1799, p. 145.  «Quella [piazza] che chiamano Prato della Valle è veramente un gran prato, che produce il miglior fieno del mondo», ivi, p. 143.




capitolo primo

Senza dubbio quest’immagine è eccessivamente enfatica, ma è comunque riconducibile anche a una tela, conservata presso i Musei Civici di Padova, in cui l’anonimo artista rappresenta nel versante meridionale dell’invaso alcuni campi delimitati da un fossato. Successivamente, a darci un’idea della condizione in cui versava l’area in quegli anni è lo scrittore e incisore corfioto Pietro Chevalier (1795-1864), che nelle Memorie architettoniche sui principali edifici della città di Padova, del 1831, descrive il Prato di ottantant’anni prima come un luogo che «non aveva altro pregio che la sua vastità», un’area «palustre ed uligginosa [...] ricettacolo di acque stagnanti, sparsa di canneti, nido d’insetti, officina di esalazioni pestilifere». Nel 1875 è un’altra guida della città, scritta dal veneziano Giuseppe Cappelletti, a ricordare un «vasto campo» in cui: «tale e tanto n’era la palustre condizione, [...] dopo l’inondazione del 1772» da far temere «una infezione di aria, deturpato essendone il luogo dal fastidioso gracidar delle rane e dalle insalubri esalazioni». A determinare un’idea più chiara di come si presentasse l’ampio invaso è una veduta dipinta tra il 1741 e il 1746 dal veneziano Antonio Canal, il Canaletto (1697-1768). Fulcro della scena sono la Basilica di Santa Giustina e il monastero di Santa Maria della Misericordia, inquadrati in modo da creare una scenografica dilatazione dello spazio che si estende all’infinito oltre i due edifici. Della quinta edilizia, di cui Canaletto traccia con cura i contorni architettonici, si riconoscono – a est – il cosiddetto Stallone, così inondato dalla luce del sole da oscurare la stessa Chiesa di Santa Giustina; a sud, Palazzo Grimani all’ingresso di borgo Santa Croce; e infine, in primo piano a ovest, Palazzo Da Mula, adibito dal 1608 a collegio universitario. Al centro si sviluppano le aree verdi di Prato  p. chevalier, Memorie architettoniche sui principali edifici della città di Padova, Padova, Fratelli Gamba, 1831, pp. 165-166.  Queste testimonianze ottocentesche tendono ad esaltare le ristrutturazioni operate da Andrea Memmo e per questo insistono sull’insalubrita della valle acquitrinosa del Prato.  g. cappelletti, Storia di Padova, II, Padova, Premiata Tip. Sacchetto, 1875, p. 240.

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«a delizia universale de’ paesani e de forastieri»

della Valle, non a caso rappresentate come barene di un’ampia laguna, intersecate da piccoli canali in terra battuta. Pur stupendoci per la sua ampiezza e per l’imponenza della Basilica, il Prato, all’epoca di Canaletto, non esprime le proprie potenzialità. L’area che già i romani avevano sfruttato come cornice ideale per gli svaghi nel teatro Zairo e nel Circo Massimo, e che aveva in seguito testimoniato la nascita della comunità cristiana locale, a metà Settecento soccombe a una condizione di trascuratezza e insalubrità. Certamente questa situazione è l’esito di una politica imposta dalla Repubblica Veneta atta a favorire la città di Venezia a discapito dei centri periferici. La Dominante, crogiolatasi nel proprio mito per secoli, fa ora i conti con l’inefficacia di una mancata politica di decentramento. Considerando come la maggior parte dei redditi statali provenga da imposte e monopoli, la Serenissima si trova a dover incrementare lo sviluppo economico dei domini di terraferma. Allo scadere della seconda metà del Settecento, le proposte riformiste iniziano ad essere attuate e le riqualificazioni urbanistiche non tardano a giungere, ma perdurano comunque l’inadeguatezza e l’autoreferenzialità di un governo volutamente elitario che di lì a poco cesserà di esistere. il provveditorato straordinario di andrea memmo e la riqualificazione di prato della valle Respingendo le rivendicazioni dei monaci di Santa Giustina – a cui un placito del 1077 concesse l’usufrutto dell’area – il 14 febbraio 1767 il Senato Veneto dichiara Prato della Val L’esistenza in città del Circo Massimo è supportata da numerose prove indirette, ma l’esatta ubicazione rimane a tutt’oggi imprecisata. A grandi linee le ipotesi più accreditate vedono un’area inclusa tra il convento di Santa Giustina e Pontecorvo. Si veda infra, cap. 3.  Archivio di Stato di Padova (d’ora in poi aspd), Corporazioni soppresse, S. Giustina, Libro della Procuratia del Monastero di Santa Giustina, in g. burato, Palazzo Duse Masin una dimora neoclassica a Padova, tesi di laurea magistrale, Università Ca’ Foscari di Venezia, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2011, relatore Nico Stringa, p. 28. La proprietà dell’invaso da parte dei monaci di Santa Giustina si estendeva anche a numerosi palazzi affacciati sulla piazza, i quali pagavano un livello annuo al monastero e i possessori erano indicati in un’apposita tabella.

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capitolo secondo

Due campagne di restauro vengono intraprese nei primi anni Sessanta e negli anni Settanta rispettivamente dagli scultori Amleto Sartori e Luigi Strazzabosco. Una delibera adottata d’urgenza dalla Giunta Municipale nel 1984 dà avvio al restauro dei 4 ponti dell’Isola Memmia e ai primi anni Novanta risale l’ultimo esteso intervento di restauro effettuato dalla ditta padovana VE.TE.X, Veneta Tecnologia per il Restauro, attiva nel territorio dal 1989. Il restauro più recente, iniziato nel 2013, è stato affidato alla ditta Lares di Venezia. L’intervento, messo a punto dal Settore edilizia pubblica e impianti sportivi del Comune, è stato diviso in due stralci dal costo complessivo di 275.000 euro e ha previsto la pulitura e il ripristino delle statue e delle spallette della canaletta ed infine l’applicazione di un prodotto protettivo. La cinematografia degli anni Sessanta e Settanta dà modo di vedere in quale stato versino le statue nella seconda metà del Novecento. Ci si accorge con rammarico che i danni e le mutilazioni visibili oggigiorno sono recenti e dovuti ad atti vandalici che negli ultimi anni hanno subito un sensibile incremento. Più volte si è pensato a soluzioni drastiche di contenimento del problema, dall’uso di telecamere a barriere protettive, ma queste ipotesi sono rimaste solo sulla carta e ad oggi questo monumento così unico ed eccezionale resta escluso anche dalla lista dei siti compresi nel Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.

 Comune di Padova, Progetto esecutivo restauro della statuaria complesso monumentale Isola Memmia di Prato della Valle, Padova, Settore Edilizia Pubblica e Impianti Sportivi, 2017.




III. Uno spazio urbano

e le sue possibili trasformazioni

il recupero della quinta edilizia I progetti pubblici e residenziali che tra fine Settecento e l’Ottocento, coinvolgono la maglia architettonica circostante Prato della Valle sono intrinsecamente legati alla vicenda urbana che anima la piazza allo scadere del xix secolo, incentivando lo sviluppo economico attraverso fiere, feste, spettacoli e altri momenti di vita quotidiana. A un rinnovato aspetto dell’invaso corrisponde una lenta e modesta riqualificazione degli edifici che vi si affacciano. Questa condizione prosegue in modo sicuramente meno continuativo anche nel Novecento ma, se nei secoli precedenti si costruiva in direzione di una certa unitarietà stilistica, nel Novecento a stravolgere l’estetica della piazza è il Foro Boario – edificio ad alto impatto ambientale e urbanistico – che ridimensiona nuovamente il rapporto funzionale del Prato con il centro storico, ritrasformandolo da baricentro dell’area urbana in espansione ad area campestre dedita al mercato del bestiame. Il primitivo modello di sviluppo edilizio del Prato è costituito in modo molto semplice da una serie di casonetti porticati, singoli edifici con portico gli uni contigui agli altri. Questo schema abitativo inizia a subire le prime modifiche dopo gli interventi del Memmo, che spesso consisto Nel 1815 viene deliberata la piantumazione di platani e liriodendri, alberi ad alto fusto la cui crescita altera l’impatto visivo della piazza.




capitolo terzo

no nell’aggregazione di più fabbricati, in sopraelevazioni di sottotetti e nell’innalzamento di muri perimetrali; mentre altre più radicali, risalenti ai primi decenni del Novecento e concomitanti all’apertura di nuove e più ampie vie d’accesso al Prato, vedono la realizzazione ex novo di numerose palazzine. L’unicità di questo spazio è data soprattutto da questa sua uniformità solo apparente, e sono proprio gli elementi di discontinuità, i non-finiti e gli spazi vuoti a conferirgli ulteriore carattere, perché il Prato, quanto a dimensioni, funzioni e architettura, è sicuramente un unicum nel panorama nazionale ed estero. cronaca di una bocciatura annunciata: i progetti jappelliani per prato della valle All’aprirsi dell’Ottocento si sviluppa una rete urbana più ampia, nella quale particolare attenzione è rivolta alle strutture di servizio che acquistano funzioni ed importanza rilevanti: ospedali, cimiteri, macelli, scuole, istituti d’assistenza, pubblici monumenti, giardini, luoghi di ritrovo, di divertimento, di intrattenimento, di cultura. Nonostante la città sia finanziariamente provata dalle imposte daziarie, stretta nell’alternanza delle complesse macchine burocratiche delle amministrazioni francese e austriaca, intraprende un percorso di progressiva crescita urbana aumentando l’inurbamento nell’ottica di una riorganizzazione spaziale coerentemente connessa al disegno delle principali direttrici stradali, incentivando in particolare l’asse nord-sud. Più precoce, perché comunque legato alle iniziative di privati, il miglioramento della vita sociale, che porta con sé anche una crescita in ambito turistico grazie all’apertura di alberghi, ristoranti, teatri e caffè.

 «[...] la parete edilizia occidentale di Prato della Valle si presenta molto pluralistica nella tipologia edilizia [...] cui solo la veridicità di ciascuna componente, oltre al linguaggio edilizio-architettonico comune alla gran parte di esse, riesce a conferire unità di parete urbana del più grande ambiente di Padova», in p. maretto, I portici della città di Padova, Milano, Edizioni Silvana, 1986, p. 143.




uno spazio urbano e le sue possibili trasformazioni

Nonostante la lenta ma costante revisione dell’assetto urbano, i grandi progetti proposti per riqualificare e modernizzare Prato della Valle e renderlo più vivibile rimangono inespressi. In ambito architettonico, salvo poche circoscritte eccezioni, la piazza sembra ostinatamente richiudersi su se stessa, mantenendo le proprie imperfezioni e irregolarità, inseguendo una modernità sempre e comunque soffocata, talora limitata da problemi economici e rigidità burocratiche, altre volte giustamente sottostante a vincoli di ornato e tutela architettonica. Uno dei principali artefici del processo di modernizzazione complessiva dell’urbanistica patavina è Giuseppe Jappelli (1783-1852), al cui nome si legano interventi su numerosi edifici pubblici e privati. Fra i progetti dell’architetto veneziano vale la pena soffermarsi su quelli proposti per Prato della Valle nella prima metà dell’Ottocento, che hanno dato seguito al caso più controverso di modernità «negata». Coinvolto una prima volta nel 1823 dall’allora podestà di Padova, Andrea Saggini, Jappelli è chiamato a formulare una proposta di riordino dell’invaso. Produce una Descrizione della generale regolazione del Prato della Valle del 24 luglio 1824 in cui, oltre al restauro dei materiali lapidei dell’Isola Memmia, evidenzia la necessità di intervenire sulla pavimentazione della piazza che suddivide in aree da coprire con ghiaia (per le corse equestri), aree da lastricare a selciato in masegna (per i marciapiedi e le zone di mercato) e un’area erbosa esterna all’Isola. Il progetto, un embellissement più che una rénovation vera e propria, ha costi ingenti che costringono la municipalità a selezionare le opere più importanti pianificandone l’attuazione nell’arco di più decadi.

 Dell’architetto si è già lungamente trattato in altri volumi di questa collana. Si vedano a. baù, Lo Stabilimento Pedrocchi. Un caffè per la città, Padova, Il Poligrafo, 2013 e m. massaro, Palazzo Treves dei Bonfili, Padova, Il Poligrafo, c.d.s.  Per un approfondimento si rimanda a g. mazzi, La cultura progettuale di Giuseppe Jappelli, in Metamorfosi negate. Progetti non realizzati di Giuseppe Jappelli per Padova, a cura di s. zaggia, Padova, Cleup, 2012, p. 13.




capitolo terzo

Non sono però i francesi ad alterare l’aspetto di Prato della Valle. L’estesa piantumazione di alberi si deve all’Amministrazione austriaca nel 1814-1815. Circa cento piante ad alto fusto tra tulipiers e platani sono inserite nei quattro quadranti all’interno dell’Isola. I primi, appartenenti alla famiglia delle magnoliacee, costituiscono il 75% delle piante messe a dimora, ma vengono presto soffocati dai platani e, una volta morti, sono sostituiti con altri esemplari di platani. Raggiungendo i 30-40 metri a crescita piena, questi alberi in breve tempo vanno ad alterare completamente la percezione visiva dello spazio. Durante l’occupazione militare nella Grande Guerra, muoiono 8 platani che nel 1920 vengono «abbattuti e sostituiti con nuove piante». Nel 1965 vengono abbattuti 10 platani e altri 2 nel 1978, poi alla fine degli anni Ottanta risulta evidente che i «lucidi platani verzicanti» tanto cari a Diego Valeri siano stati colpiti da un fungo e a partire dagli anni Novanta vengano abbattuti. Un ultimo coriaceo esemplare è sopravvissuto fino al 2011, quando la malattia fungina lo ha aggredito e ne ha decretato l’abbattimento. Sul finire del xx secolo dopo un’attenta valutazione dei pro e contro, si è scelto di ripristinare la piacevole ombreggiatura procurata dalla precedente vegetazione, pur volendo garantire una piena visione dell’invaso. Si è deciso così di piantare una cinquantina di aceri ricci che hanno una crescita massima di 20 metri. La questione è naturalmente più ampia e complessa e rientra in realtà nella sfera dei possibilismi: il Prato della Valle è, o è stato, un giardino storico? Può definirsi tale un luogo in cui è mancata una «vera storia progettuale del Verde, frutto del pensiero di un “architetto”»?  ASGPd, fondo Atti Amministrativi per Categorie, b. 435, Verbale di riconsegna al Comune di Padova del recinto di piazza Vittorio Emanuele ii da parte dell’Amministrazione militare, 2 marzo 1920.  I platani che muoiono, «Il Gazzettino di Padova», 24 febbraio 1965.  d. valeri, E primavere, in id., Città materna, Padova, Le Tre Venezie, 1944, pp. 61-62.  p. giulini, Prato della Valle (schede dei parchi storici), in Il sistema del verde urbano. Elemento di riconversione ecologica della città - Padova, a cura di l. de biasio calimani, Padova, Il Poligrafo, 2001, pp. 125-126.

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uno spazio urbano e le sue possibili trasformazioni

Non gli obelischi piranesiani, né tanto meno i gelsi (piante di utilità sociale!) che Memmo aveva pensato per l’area antistante Santa Giustina, ma gli intricati intrecci dei rami, ritrasformano per altri 160 anni il Prato in «un brano di campagna gettato nelle fauci della città per placarne il respiro».

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c. semenzato, Guida di Padova, Vicenza, Neri Pozza, 1972, p. 90.



1. Pittore veneto, Veduta di Prato della Valle, ultimo quarto del xviii, ante 1767 (Padova, Musei Civici, Museo d’arte medioevale e moderna) 2. Giorgio Fossati, Corsa dei fantini in Prato Della Valle, 1773 (ivi)


3. Antonio Canal detto il Canaletto, Veduta ottica di Padova con la chiesa di Santa Giustina in Prato della Valle, acquaforte in due fogli, post 1740 (coll. privata)



4. Pietro Chevalier, Prato della Valle, ante 1825, dis. e inc. Pietro Chevalier, edizione F.lli Gamba (Padova, Musei Civici, Museo d’Arte Medievale e Moderna) 5. Pietro Chevalier, Santa Giustina, litografia Prosperini (ivi)


6. Louis-Franรงois Cassas, Voue de Padoue Basiliques, 1778-1779 ca, Suffolk, England, Ickworth House, 7. Karl August Lindemann-Frommel, Padua, 1840 (da Pittoreskes Italien, Leipzig, Ernst Kollmann, 1840)


12. Domenico Cerato, Pianta della fiera nuovamente eretta nel Prato della Valle l’anno 1775 sotto gli auspici di sua eccelenza Andrea Memmo provveditore della città, s.d. (Padova, Biblioteca Civica) 13. Daniele Danieletti (disegno), Antonio Sandi (incisione), Pianta di Prato della Valle, o sia della singolar piazza di 23 in 24 campi padovani, ch’esiste dentro le mura della città..., pubblicata nel 1778 da Pasquali (ivi)


14. Giuseppe Subleyras, Prato della Valle, tra il 1784 e il 1785, inchiostro e acquerelli (Padova, Biblioteca Civica) 15. Francesco Piranesi, incisore, da Giuseppe Subleyras, “Generale idea� per la definitiva sistemazione del Prato della Valle, 1786, acquaforte (ivi)



16. Felice Chiereghin, Andrea Memmo, opera eretta da Angelo Diedo e dai “Presidenti” del Prato della Valle nel 1794 (foto S. Zava) 17. Vincenzo Radicchio, Descrizione della general idea concepita, ed in gran parte effettuata dall’eccellentissimo signore Andrea Memmo, cavaliere, e procurator di San Marco […] sul materiale del Prato, che denominavasi della Valle […], 1786, Roma, presso Antonio Fulgoni (coll. privata)


25. Quirino de Giorgio, Progetto del Palazzo della cultura fascista in Prato della Valle (da Giuseppe Toffanin, Padova ’900, Padova, Editoriale Programma, 1990, p. 161)



35. Piazza Vittorio Emanuele II, cartolina in bianco e nero, inizio Novecento (coll. privata). In questa cartolina si ha una bella panoramica di Prato della Valle con i platani piantumati nel 1825 e già molto alti 36. Il Prato della Valle innevato, dicembre 2009 (foto Alberto Tonzig). Questa suggestiva fotografia è stata scattata dalle finestre di casa Tonzig



51. Carta intestata della Farmacia al Leon d’Oro di Dante Burlini, part. (coll. privata) 52. Dante Burlini e la moglie all’interno della Farmacia, part., primi anni del Novecento (coll. Daniela Burlini)


53. Drogheria Preti, le vetrine prospicienti via Luca Belludi 54. Interno della Drogheria in una foto degli anni Ottanta (da “La Vecchia Padova�)


76. Vincenzo Lanza, Volo dell’aeronauta Francesco Orlandi eseguito in Padova nella Piazza delle Statue nel luglio 1844, lit. Prosperini, 1844 (per gentile concessione Buzzanca stampe antiche, Padova)


77. Libretto de Le vendemmie, dramma giocoso per musica da rappresentarsi l’estate dell’anno 1782 nel solito recinto in Prato della Valle, dedicato a Sua Eccellenza Andrea Memo, Padova, Conzatti, 1782 (Padova, Biblioteca Civica). Il luogo a cui si fa riferimento è il cosiddetto Teatro Vacca 78. Libretto de Le gare generose, dramma giocoso da presentarsi nel solito recinto del Prato della Valle l’estate del 1789, Padova, Conzatti, 1789 (ivi)



84. Anonimo, Parata (militare?), fine XVIII sec. (Padova, Musei Civici, Museo d’Arte medievale e moderna) 85. Ignazio Colombo, Festa notturna per la visita di Pio VI il 14 maggio 1782, acquaforte e bulino (Padova, Biblioteca Civica) 86. Bartolomeo Crivellari, Architettura effimera realizzata per la nomina papale di Carlo Rezzonico (da Antonio Rocchi, Funzioni e solennità fatte in Padova per l’esaltazione al soglio pontificio dell’Eminentissimo suo Vescovo Carlo Rezzonico veneziano col nome di Clemente XIII, Padova, Stamperia Penada, 1758)


101. Gino Rossi, Prato della Valle col Santo, 1920, olio su cartone (coll. privata) (da L. Menegazzi, Gino Rossi. Catalogo generale, Milano, Electa, 1984) 102. Bruno Pendini, Santa Giustina, 1958 ca, olio su tela (coll. P. Zava)


103. Mario Disertori, Giostre in Prato, olio su tela, 1933 (Padova, Musei Civici, Museo d’Arte medievale e moderna) 104. Tono Zancanaro, Circo e Santa Giustina, cere grasse, 1966 (Archivio storico Tono Zancanaro - ASTZ)


appendice

PERSONAGGIO

83

Antonio Savonarola

84 Marino Cavalli

CONDIZIONI

PRECEDENTE COLLOCAZIONE

Natale Sanavio 1876

restaurata nel 2013-2016

l’originale, opera di Rizzardo Rizzardi del 1778, venne sostituita nel 1876 a causa del pessimo stato di conservazione; pagate 2000 lire al Sanavio

Francesco Rizzi

1778

volto molto rovinato, manca la mano destra; restaurata 2013-2016

1778

restaurata 2013-2016; Neumayr menziona una effige bronzea di Briosco posta sopra il testo epigrafico (a. neumayr, cit., p. 418)

nel 1986 la statua risulta essere rimossa con il piedistallo

1777

restaurata 2013-2016

nel 1986 la statua risulta essere rimossa con il piedistallo

1777

manca la mano destra; restaurata 2013-2016

nel 1986 la statua risulta essere rimossa con il piedistallo

AUTORE

Andrea Briosco (busto 85 di Gaspara Stampa)

Pietro Danieletti

Albertino 86 Papafava

Pietro Danieletti

Michele 87 Savonarola

Francesco Rizzi

88 piedistallo vuoto

ANNO

statua di Alvise iv Mocenigo costruita nel 1784 distrutta durante la dominazione francese

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IL PRATO DELLA VALLE E LA RIEMERSIONE DEL TEATRO ROMANO



Il Prato della Valle e la riemersione del teatro romano nel bimillenario della morte di Tito Livio* Jacopo Bonetto, Elena Pettenò Caterina Previato, Francesca Veronese

tito livio e padova: premessa Il 2017 è stato per Padova un anno importante, che ha visto la città mobilitata nel ricordo di un illustre patavino: lo storico Tito Livio, uno tra i più insigni rappresentanti della cultura latina. Secondo la tradizione, Tito Livio era nato a Padova nel 59 a.C. e nella sua città natale era morto nel 17 d.C., dopo aver trascorso gli anni centrali della vita a Roma, entrando a far parte della cerchia dell’imperatore Augusto, di cui divenne amico personale. Della vita di Livio si conoscono, in realtà, solo pochi dettagli. Assai nota e molto studiata è invece la sua opera, Ab Urbe condita, vera pietra miliare della letteratura latina: un trattato monumentale, articolato in 142 libri, di cui 35 pervenuti fino a noi, in cui Livio narra la storia di Roma dalle origini alla sua epoca. Un’opera letta, studiata, imitata e talvolta criticata, ma in ogni caso considerata esemplare in tutti i tempi. Tito Livio, patavino, è dunque a tutti gli effetti un rappresentante della cultura romana. Non va però dimenticato che quando nasce, nel 59 a.C., Patavium non è ancora parte integrante del mondo romano. È una città appartenente all’antica provincia della Gallia Cisalpina, sul cui orizzonte si * In questa sede si presenta una sintesi del contributo bonetto - pettenò - previato - veronese di prossima pubblicazione negli Atti della Giornata di Studi Livio, Padova e l’universo veneto nel bimillenario della morte dello storico, tenutasi presso i Musei Civici di Padova il 19 ottobre 2017.




j. bonetto, e. petten, c. previato, f. veronese

vanno profilando grandi trasformazioni culturali, giuridiche e identitarie. Il processo di “romanizzazione”, avviato ormai da circa un secolo, procede a grandi passi e la terra che era stata dei Veneti antichi, già in parte ridimensionata dalla presenza dei Celti, si va trasformando in mondo romano. Nel corso del I secolo a.C. molte città acquisiscono lo ius Latii, il diritto latino, e tra queste sicuramente Patavium. Una premessa indispensabile per compiere il passo successivo, l’acquisizione della civitas Romana, la vera e propria cittadinanza romana. Padova diviene municipium optimo iure tra il 48 e il 42 a.C. e a quel punto il suo inserimento nello stato romano diventa effettivo. In pochi anni, la Padova dei Veneti antichi si trasforma in modo radicale e diventa una città romana: la società cambia, viene adottata la lingua latina, vengono adottati usi e costumi propri del mondo romano, cambiano le tecniche costruttive e i materiali edilizi e la città vede sorgere tutti gli edifici atti a ospitare le nuove magistrature. In questa nuova temperie muove i suoi primi passi il giovane Livio, che porterà in sé, sempre, l’identità patavina, anche quando andrà a Roma ed entrerà in contatto con il mondo politico e culturale della capitale. “Una certa patavinitas” a Livio veniva infatti riconosciuta, a tratti con tono critico, già dai suoi contemporanei. Di fronte al ricorrere del bimillenario della morte di uno dei suoi figli più illustri, Padova non poteva rimanere silente. L’occasione è stata colta perciò dalle istituzioni culturali cittadine – Comune, Università, Soprintendenza – che si sono riunite e in sinergia hanno dato vita a Livius Noster, un ricco programma di iniziative finalizzato a far conoscere, a riscoprire o approfondire, la figura di Livio e la sua opera, che si è de-

braccesi - veronese 2014, pp. 9 ss. Sul processo di romanizzazione si rinvia a di filippo balestrazzi 2013; sulla trasformazione urbanistica a bonetto - pettenò - previato - veronese 2018, c.s. b.  È Asinio Pollione che attribuisce a Livio quaedam patavinitas, come si evince da Quintiliano, Institutio oratoria i, 5, 55 e viii, 1, 1. Sul significato effettivo del termine patavinitas – caratteristica linguistica, stilistica e letteraria o categoria ideologica – e sul lungo dibattito tra gli studiosi si rinvia a baldo cavaggioni 2015 con bibliografia precedente. 

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il prato della valle e la riemersione del teatro romano

clinato in eventi rivolti sia al grande pubblico, sia agli studiosi e alla comunità scientifica. Con Livio è stata riscoperta anche la città in cui aveva mosso i suoi primi passi, quella Patavium di cui le fonti letterarie offrono tante testimonianze, ma di cui oggi è così difficile scorgere le tracce nel panorama urbano. Eppure, la Patavium dell’epoca di Livio, di quel periodo cioè che si dipana a cavallo tra il i secolo a.C. e il i d.C., era una città vivace e industriosa, la cui economia trovava nel fiume Meduacus e nel porto fluviale un perno fondamentale. Era inoltre l’unica città nella penisola italica che poteva vantare origini comuni niente meno che con Roma: entrambe, secondo la tradizione, discendevano infatti da sangue troiano, fondata l’una da Enea, l’altra da Antenore, esuli dalla disfatta di Troia. Gli autori antichi celebrano dunque concordemente la ricchezza di Patavium, ne sottolineano l’importante ruolo politico e testimoniano come all’inizio del i secolo d.C. la città vantasse uno straordinario numero di cittadini appartenenti all’ordine equestre. Indice, anche questo, di un alto livello di prosperità, poiché all’ordine equestre si poteva accedere solo disponendo di un consistente patrimonio. Tale ricchezza doveva tradursi, sul versante urbanistico, in una non comune publica magnificentia: lo suggeriscono i tanti ritrovamenti archeologici avvenuti in ordine sparso nel centro della città, che raccontano di architetture monumentali e di rivestimenti marmorei per gli edifici importanti, di statue e cicli scultorei posti a ornamento degli edifici pubblici, ma anche di case private abbellite da mosaici e da intonaci colorati. Tutto ciò è giunto a noi in modo frammentario, a causa degli eventi storici e climatici che, tra la tarda antichità e l’alto Medioevo, hanno alterato la fisionomia della città antica. Dopo il periodo di declino, che coinvolge in realtà l’intero mondo romano, la città riprende a crescere e lo fa sempre Il progetto Livius Noster è stato coordinato dal Centro Interdipartimentale di Studi Liviani dell’Università di Padova; ha visto il patrocinio della Regione Veneto e il contributo delle Fondazioni Cariparo e Antonveneta.  braccesi - veronese 2014, pp. 37 ss.  Strabone v, 1, 7. Si veda raviola 2015.  veronese 2015. 

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1. Pianta di Padova con le principali emergenze archeologiche.


2. Padova, Corso Vittorio Emanuele II, 141-143. Tomba infantile a inumazione con statuetta di gladiatore (Archivio SABAP ve-met). 3. Padova, Prato della Valle 56. Drenaggio con anfore (Archivio SABAP ve-met).


4. Padova, Musei Civici - Museo Archeologico, inv. 61. Rilievo di Claudio Rogato (foto Gabinetto Fotografico - Musei Civici di Padova). 5. Rilievo dei resti del teatro romano realizzato da Angelo Ciotto nel 1775 (da Stratico 1795, tav. I).


13-14. Ipotesi di ricostruzione tridimensionale del teatro romano (foto UniversitĂ di Padova - Dipartimento dei Beni Culturali; elaborazioni grafiche Ikon srl).


INDICE DEI NOMI

Achilli, Vladimiro, 179 n Acquaviva, Sabino, 151 Advinent, Benedetto, 110 n Aganoor, Abramo, 83 Aganoor, Edoardo, 83, 84 Aganoor, Vittoria, 74, 84, 144 Alberto d’Asburgo-Teschen, arciduca d’Austria, 121 Albrizzi, Elsa, 102, 103 Alessandro VIII, papa (Pietro Ottoboni), 160 Alessi, Giulio, 145 e n Algarotti, Francesco, 20 n Alighieri, Dante, 27 n, 28, 30, 31, 49 Alinovi, Anna, 144 n Allegri, Gino, 101 Alte, Hanns Henning, von, 76 Andreani, Paolo, 94 Andreatta, Chiara, 179 n Andreosi, Francesco, 32, 34, 153, 154, 157, 158 Andreosi, Sebastiano, 34, 156 Angeli, Domenico, 72, 74 Angeli, Lucia, 73 n Anghinoni, Giovanni, 48 Antenore, 29, 153, 167 Anti, Carlo, 124 Appiani, Silvio, 64 Arban, Francesco, 94 Ariosto, Ludovico, 156 Assonica, Francesco, 59 e n Astley, Philip, 108 Azzo II, marchese d’Este, 153 Azzoni, Altenerio, 157 Baldini, Antonio, 138 n Baldo, Gianluigi, 166 n, Balestra, Nino, 102 n, 105 n Balestrazzi, Filippo, 172

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Banner, Gustavo Adamo, 159 Banzato, Davide, 30 n, 73 n Baradel, Virginia, 31 n, 138 n Barbarigo, Antonio, 155 Barbieri, Giuseppe, 142 Bartorelli, Guido, 140 n Basse Korf, Edward, 76 Bassignano, Maria Silvia, 88 n, 172 n Bàthory, Stefano, 161 Battaillard, Mario, 82 n, 83 n, 109 n Battisti, Cesare, 122 Baù, Alessandro, 39 n, 124 n Beauharnais, Eugenio, 119 Bellinati, Claudio, 173 n Belloni, Gaetano, 107 Bellonzi, Fortunato, 138 n Bellucco, Francesco, 131 Belmondo, Jean Paul, 147 Bendazzoli, Giovanni Battista, 33, 157 Bentivoglio d’Aragona, Adelaide, 44 n Bentivoglio d’Aragona, Carlo, 44 n Bentivoglio d’Aragona, Guido, 44 n Berizzi, Mariachiara, 147 n Berlendis, barone, 100 Berlese, Augusto, 84 Bernardi, Enrico, 102 Bernardi, Giuseppe, 33 Bessarione, Basilio, 73 Bettella, Daniele, 114 Bettella, Roberto, 107 n Bettini, Sergio, 134 n Bevilacqua, Giovanni Carlo, 78, 79, 80 e n Bezzato, Vittorio, 50 n Bido, Antonio, 148 Bissacco, Giuseppe, 81, 83 Bissetto, Giuseppe Stefani detto il, 101


indice dei nomi Strapazzon, Giorgio, 62 Stratico, Simone, 20 n, 87 e n, 174 n, 175 e n Strazzabosco, Luigi, 29, 34, 36, 158 Stringa, Nico, 15 n, 138 n Strozzi, Nofri, 25 Strozzi, Palla, 25 Strukul, Matteo, 147 Subleyras, Giuseppe, 19, 133 Suhr, Edoardo, 110 n Tacito, Publio Cornelio, 171 e n, 177 n Taglioni, Alfonso, 49 Targhetta, Renata, 23 n Tartini, Giuseppe, 156 Taruffi, Piero, 105 Tasso, Torquato, 153 Tavanti, Dante, 102 Tedeschi, Domenico, 35 Thomas, Ralf, 147 Toffanin, Giuseppe, 57 e n Tolesa Tadese, Aredo, 108 Tolomei, Antonio, 49 e n Tonzig, Antonio Giuseppe, 84 Tonzig, Maria, 84 n, 97 n, 173 n Tonzig, Nicoletta, 84 n Torcellan, Gianfranco, 17 n Torretto, Giuseppe, 33 Tosetti Grandi, Paola, 135 n Tosi, Giovanna, 87 n, 172 n, 173 n, 175 n, 176 e n Trentin, Silvio, 76 Treves de’ Bonfili, Lea, 75 Treves de’ Bonfili, Mario, 75 Trevisan, Bernardo, 156 Trivisonno, Federica, 179 n Tron, Niccolò, 161 Tuzzato, Stefano, 90 n Ulderico, vescovo, 174 Umicini, Giovanni, 151 e n Universo, Mario, 52 n Urbani, Marino, 131 Urettini, Luigi, 139 n, 140 n

Valaresso, Alvise, 30 n Valeri, Diego, 66 e n, 91 e n, 96 e n, 102 n, 144 e n, 150 e n Valle, Giovanni, 130 Vasco, Ranieri, 161 Vela, Vincenzo, 28, 30, 49 Venier, Leonardo, 34 Verolin Cazzato, Alessandro, 49 Verona, Luigi, 32, 33, 154, 155, 156, 157, 159, 161 Veronese, Angela, 143 Veronese, Francesca, 165 e n, 166 n, 167 n, 171 n, 173 n, 178 n, Vial, Monica, 31 n Viganò, Galeazzo, 134 Vitti, Monica, 148 Vittorio Emanuele II, re d’Italia, 122 Vittorio Emanuele III, re d’Italia, 97, 123 Volpin, Matteo, 179 Vukotic, Milena, 148 Walter, Laura, 146 Way, Enrico, 125 Way, Mosè, 125 Whistler, James, 138 Wynne, Giustiniana, 71 Zaccaria, Giuseppe, 133, 134 Zacco, Antonio, 33, 157 Zaggia, Stefano, 17 n, 39 n Zalone, Checco (Luca Pasquale Medici), 147 Zampieri, Girolamo, 89 n Zanardi, Alessandro (Alex), 108 Zancan, Lanfranco, 76 e n Zanacanaro, Antonio (Tono), 138 e n, 139 e n, 140 n Zanetti, Domenico, 106 Zanetti, Pier, Giovanni, 50 n Zannoni, Francesco, 142 Zanonato, Sergio, 57 e n Zava, Silvia, 50 n Zuin, Luigi, 114

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finito di stampare nel mese di settembre ďœ˛ďœ°18 per conto della casa editrice Il Poligrafo srl presso Q&B Grafiche di Mestrino (Padova)


OTTONOVECENTO A PADOVA

profili, ambienti, istituzioni

collana diretta da Mario Isnenghi

1. Lo stabilimento Pedrocchi Un caffè per la città Alessandro Baù La Libreria Draghi Randi Oddone Longo Paolo Maggiolo 2. Vivai Sgaravatti David Celetti 3. Alfredo Rocco Giulia Simone 4. Tono Zancanaro Il pavano-mediterraneo Luigi Urettini 5. Diego Valeri Matteo Giancotti 6. Il Teatro Duse poi Garibaldi Roberto Cuppone 7. La città del Santo Enzo Pace 8. Luigi Pellizzo vescovo a Padova Liliana Billanovich 9. Il processo 7 aprile nei ricordi del giudice istruttore Giovanni Palombarini 10. Concetto Marchesi. Gli anni della lotta Emilio Pianezzola 11. L’Università di Padova dal 1866 al 1922 Angela Maria Alberton 12. La Padova del sindaco Crescente (1947-1970) Paolo Giaretta, Francesco Jori

13. Padova al trotto Giovanni Palombarini 14. Prato della Valle Silvia Zava in uscita Palazzo Treves dei Bonfili Martina Massaro in preparazione Palazzo Storione L'Università di Padova 1920-1945 Il Teatro Verdi Fiera di Padova Banca Antoniana Palazzo Papafava La Zedapa Liceo Tito Livio Il vescovo Bordignon Il Seminario L’Antonianum La Sala della Gran Guardia La Breda Officine Meccaniche della Stanga Luigi Luzzati e Leone Wollemborg Il Liviano Le Piazze Piazza Spalato/Insurrezione Il Museo Bottacin




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