il progetto dell’archÊ 01
Carlo Quintelli
L’Abbazia
arc h iv i o | mu s e o | l ab or atori o un progetto architettonico per lo CSAC T h e Abb e y   archive | mu s e u m | wor kshop an architectural project for the CSAC
ilpoligrafo
Il progetto dell’arché collana diretta da | series directed by Carlo Quintelli comitato scientifico | scientific committee Roberta Amirante | Università degli Studi di Napoli “Federico II” Federico Bucci | Politecnico di Milano Paolo Carafa | Sapienza Università di Roma Orazio Carpenzano | Sapienza Università di Roma Armando Dal Fabbro | Università Iuav di Venezia Luigi Franciosini | Università degli Studi Roma Tre Franco Guerzoni | artista, Modena Vincenzo Latina | Università degli Studi di Catania Gino Malacarne | Università degli Studi di Bologna Carlo Moccia | Politecnico di Bari Raffaella Neri | Politecnico di Milano Carlo Quintelli | Università di Parma Maurizio Sabini | Drury University Carlo Tosco | Politecnico di Torino Andrew Wallace-Hadrill | University of Cambridge Nel mondo dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale, in generale dei dispositivi tecnologici che operano attraverso una prevalenza della contemporaneità quale unica dimensione esistenziale oltre che fenomenologica di orientamento delle scelte, pensare al progetto come esperienza che produce nuova origine attraverso la consapevolezza dell’origine, e quindi di un voler essere sempre storicamente compreso, può essere un modo alternativo e realmente avanzato di considerare la trasformazione della realtà secondo un umanismo futuribile, poiché ancora capace di esprimere se stesso. Architetti, archeologi, storici, artisti e altre figure impegnate sul piano del progetto interpretativo, anziché del disvelamento di realtà nascoste o della trasformazione fisica e formale di un contesto, possono mettere a confronto, attraverso questa collana, esperienze anche assai differenti ma accomunate nel proprio operare dalla necessità ontologica dell’origine, prima di ogni autonoma epistemologia. [C.Q.]
In the world of artificial intelligence and virtual reality, of technological devices in general that operate through a prevalence of contemporaneity as a single existential and phenomenological dimension in guiding choices, thinking of design as an experience that produces new pedigrees through awareness of the origin and therefore of a desire to always be historically understood, can be an alternative and genuinely advanced way to consider the transformation of reality according to a futuristic humanism, one still capable of expressing itself. Architects, archaeologists, historians, artists and other figures engaged on the plane of interpretive projects, rather than those revealing hidden realities or the physical and formal transformation of a context, through this series can swap experiences, even when very different but united in their work by the ontological necessity of the origin sooner than any autonomous epistemology. [C.Q.]
Le proposte di pubblicazione sono sottoposte alla revisione double blind peer review ed editate in italiano-inglese per favorirne la diffusione a livello internazionale.
All contributions for publication are subject to a double-blind peer review and if accepted are published in Italian and English to facilitate dissemination at an international level.
L’Abbazia archivio | museo | laboratorio The Abbey archive | museum | workshop
progetto grafico | graphic design Annapaola Nolli revisione editoriale | editorial review Il Poligrafo casa editrice Alessandro Lise traduzioni | translations Alex Gillan in copertina | on the cover Veduta da nord-est dell’abbazia di Valserena (foto Paolo Barbaro) The Abbey of Valeserena seen from the north-east (photo Paolo Barbaro) La presente pubblicazione viene realizzata con il contributo di This publication has been realized with the contribution of
© Copyright luglio 2018 Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova via Cassan, 34 (piazza Eremitani) tel. 049 8360887 | fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it www.poligrafo.it ISBN 978-88-9387-053-5 Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro, senza l’autorizzazione scritta del proprietario dei diritti e dell’editore No part of this book may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, or otherwise, without the written permission of the owner of the rights and the publisher
Indice Index 9
Intro-duzione Intro-duction
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L’archivio - museo - laboratorio: un progetto in divenire The archive - museum - workshop: an ever-evolving project
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Attualità del tipo abbaziale per una nuova comunità culturale Contemporary value of the abbey type for a new cultural community
63 67 71 81 84 96
107 107 114 122 126 128 131 134 137 142 147 150 186 200
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L’incipit fondativo The founding incipit Il fenomeno monastico tra isolamento e apertura The monastic phenomenon between isolation and opening Caratterizzazioni evolutive della tipologia abbaziale Evolutionary characterization of the abbey typology Tipologia versus modello Type versus model La versione di Valserena The Valserena version Riproducibilità del progetto abbaziale Reproducibility of the abbatial project
Il congegno spazio-funzionale dell’archivio - museo - laboratorio The spatial-functional device of the archive - museum - workshop Dialettiche tipologico-funzionali Typological-functional dialectics L’archivio prevalente The prevailing of the archive Il museo del pensiero percettivo The museum of perceptual thought
Museo 1 | Il parcheggio, il percorso di avvicinamento, la prima opera Museum 1 | The parking area, the approach path, the first work Museo 2 | La corte rurale delle sculture Museum 2 | The rural sculpture court Museo 3 | L’androne di snodo e di diaframma Museum 3 | The pivotal hall and diaphragm point Museo 4 | l prolegomeni museali dell’ala dei conversi Museum 4 | The museum prolegomena of the lay brothers’ wing Museo 5 | Il corpo costruito del nuovo archivio e la ri-scoperta del chiostro Museum 5 | The new archive building and the re-discovery of the cloister Museo 6 | La riscrittura iconica del portico sud Museum 6 | The iconic rewriting of the south portico Museo 7 | La ruelle della spiegazione storica Museum 7 | The ruelle of historical explanation Museo 8 | Il laboratorio grande della chiesa Museum 8 | The great workshop of the church Museo 9 | Proiezioni museali di prossimità e di lontananza Museum 9 | Museum projections of proximity and distance
Il laboratorio: studiare, produrre, accogliere The workshop: studying, producing, welcoming Bibliografia e crediti fotografici Bibliography and credits
L’abbazia di Valserena prima dei restauri vista da nord-est (foto Tosi, fine anni Cinquanta). The Abbey of Valserena before restoration. View from the north-east (photo Tosi, late Fifties).
La gente capisce il senso dell’arte solo quando smette di considerare la bellezza, cioè il piacere, come fine di questa attività. People understand the meaning of art only when they cease to consider that the aim of that activity is beauty. Lev Nikolàevič Tolstoj, Che cosa è l’arte? - What is art?, 1897 1
Intro-duzione Intro-duction
L’introduzione non è qui intesa solo nella chiave del presupposto facilitante o precauzionale, a seconda dei casi, da somministrare al lettore, piuttosto, in senso metasaggistico, vorrebbe da subito intro-durci, cioè esortarci alla comprensione introspettiva di un processo progettuale (dove troviamo le forme dello spazio, ma soprattutto un ruolo civile dell’architettura), che si sviluppa a sua volta nell’ambito di un tema (quello dell’arte in relazione al nuovo archivio museo laboratorio dello CSAC), che si articola all’interno di un importante monumento (l’abbazia cistercense di Valserena) posizionato in un determinato contesto storico geografico (il territorio della pianura subito a nord di Parma, tra i secoli XIII e XXI). Ma se questo incedere per introduzioni successive vedrà una certa argomentazione nei tre capitoli a seguire, preme sottolineare, in questa parte iniziale, alcune motivazioni di uno scrivere che non appartiene alla trattazione teorico-metodologica, alla casistica esemplare, alla didascalizzazione dell’operare del progetto, ma neppure a una guida al luogo storico museale, né tantomeno alla traduzione letteraria di un’esperienza vissuta scientificamente, come ad esempio ha avuto modo di fare magistralmente Aldo Rossi, con un’intelligente ermeneutica discorsiva, in cui potrei identificarmi solo per il riferimento benjaminiano dell’essere «deformato da tutto ciò che mi circonda»2. Molto più modestamente, anche se con qualche intento propedeutico e attenzione alla trasmissibilità dei contenuti, si tratta di tentare la strada di una dialettica necessaria tra lo spiegare e il comprendere il progetto quale contributo a quella tecnica del fare, concettuale e operativo insieme nel difficile mestiere dell’architettura, in grado di affrontare la complessità della tra-
The introduction is not understood here merely as a facilitating or precautionary assumption, depending on the case, to be administered to the reader, but rather, in a meta-essay sense, it would like to immediately introduce us, i.e. urge us, to an introspective understanding of a design process (where we find the forms of space, but above all a civil role for architecture), which develops in turn within the context of a theme (that of art in relation to the new archive/museum/workshop of the CSAC), which is arranged inside an important monument (the Cistercian Abbey of Valserena) collocated within a determined geographical and historical context (the plain immediately north of Parma, from the 13th to the 20th centuries). However, if this procession by successive introductions will see a certain reasoning in the three chapters to follow, it is worth underlining in this initial part some of the reasons behind a text that does not belong to the theoretical-methodological discussion, to the exemplary kind of case study, to the captioning of the project work, nor even to a guide to the historical museum site or the literary translation of an experience lived scientifically, as Aldo Rossi had the opportunity to do masterfully, for example, with an intelligent discursive hermeneutic, in which I can only identify myself in Benjamin’s reference to being “distorted by similarity to all that surrounds me here”2. Much more modestly, albeit with some propaedeutic intent and attention to the transmissibility of the contents, it is all about venturing down the road of a necessary dialectic between the explaining and understanding of a project as a contribution to that technique of doing that is both conceptual and operational, within the challenging trade of architecture, able to tackle
sformazione, in particolare quella che coinvolge luoghi, strutture insediative, culture antropiche il cui destino valoriale dipende dal grado di sofisticazione interpretativa del nostro progettare, a partire, nel caso specifico, dal superamento della separazione epistemologica tra le dimensioni della conservazione e della trasformazione che ancora alligna nella cultura dell’architettura europea, la quale, tuttavia, ha per fortuna ancora molto a che fare, nelle dinamiche spaesanti della globalizzazione, con il tema della consistenza storica della città, del territorio e in generale dei luoghi quali strumenti di produzione di senso per la vita degli uomini. Il raccontare propedeutico riguardante il progetto per l’abbazia di Valserena a sede del Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma (lo CSAC) rischia ovviamente il vizio dell’auto-immedesimazione dell’essere, chi scrive, al tempo stesso autore e lettore critico del percorso progettuale (di lungo corso come decritto in addendum), motivo questo per il quale certi architetti e docenti italiani, Guido Canella tra tutti nella mia esperienza formativa e di scuola, hanno evitato per pudore intellettuale la pratica dell’apporto autobiografico nella produzione scientifica e nella propedeusi universitaria. Salvo poi coinvolgere la propria architettura, anche quella costruita, all’interno di un quadro di coerenza tra teoria e prassi che contraddistingue lo spessore di buona parte della tradizione architettonica italiana del Novecento. In ogni caso, valga come scusante del rischio che si corre la scarsità di una critica storica del progetto contemporaneo che si faccia responsabile di letture di indirizzo e di orientamento per la progettazione, quelle che certamente non emergono dal mare magnum dell’inflazione informativa troppo spesso riconducibile alle sole esigenze di natura promozionale del prodotto progettuale.
the complexity of transformation, in particular that which involves places, settlement structures, and anthropogenic cultures whose fate of values depends on the degree of sophistication in interpreting our designing, starting, in the specific case, by overcoming the epistemological separation between the dimensions of conservation and transformation whose roots still lie in the culture of European architecture, which, however, fortunately still has much to do, within the daunting dynamics of globalization, with the theme of the historical consistency of the city, the territory, and of places in general as tools to produce meaning for the life of humans. The propaedeutic account of the project for Valserena Abbey as a seat for the Study Centre and Communication Archive of the University of Parma (the CSAC) obviously risks the vice of self-identification of the writer, who is both author and critical reader of the design process (somewhat lengthy as described in the addendum), the very reason why certain Italian architects and teachers, Guido Canella above all, in my formative and scholastic experience, have avoided the practice of the autobiographical contribution in scientific and propaedeutic university works out of intellectual modesty. Except then including our architectural works, also those built, within a framework of consistency between theory and practice that simultaneously distinguishes the significance of a good part of the twentieth-century architectural tradition in Italy. In any case, it is a worthy excuse for the risk we run, the scarcity of a historical criticism of the contemporary project that is responsible for interpreting planning guidelines, those that certainly do not emerge from the mare magnum of information inflation very often attributable to the need to promote the design product.
Innanzitutto va preso atto, nell’esperienza recente del progetto per la riqualificazione funzionale degli spazi abbaziali destinati allo CSAC, del tema principale e delle problematiche che suscita a fronte di un’azione trasformativa che si interroga sul senso del proprio operare. Si tratta di affrontare il problema dell’arte come espressione fenomenologica non univoca e ormai priva di centri di gravità identitaria, nella fattispecie
Firstly, it should be noted, in the recent experience of the project to rehabilitate and functional redevelop the abbatial spaces for the CSAC, of the main theme and issues this arouses in the face of a transformative action that wonders about the meaning of its own operation. This means tackling the problem of art as a phenomenological expression that is not univocal and is by now free from centres of gravity of identity, in this
Intro-duzione Intro-duction
L’interno della chiesa nella fase finale dell’allestimento museale, aprile 2015. The church interior during the final phase of laying out the museum, April 2015.
attraverso la combinazione tra lo strumento dell’archivio, cioè del raccogliere, conservare e ordinare, quello del museo che vuole esporre e così operare sui significati e quindi sul valore dell’esposto, quello del laboratorio attraverso le due precedenti condizioni, secondo le finalità della ricerca, della trasmissione formativa, della conoscenza che genera (potenzialmente) ulteriore arte, nell’accezione ampia che se ne può dare. Ma se l’arte tende a (non) denotarsi sempre più, parafrasando Yves Michaud, attraverso il suo «stato gassoso», quando cioè l’estetizzazione pervade il mondo a prescindere dall’oggetto opera d’arte e dalle situazioni preposte a riconoscerla e valorizzarla3, il compito del progetto si fa più difficile sapendo di dover uscire dagli schemi tipologici, dagli approcci interpretativi, dalle categorie identitarie che, almeno sin dentro il secolo scorso, hanno accompagnato la pur complessa dimensione dell’arte nonostante la rottura estetico semantica di Duchamp. Come se la chiave situazionistica di superamento dell’opera d’arte di cui è stato propugnatore Guy De-
case through a combination of the tool of the archive, i.e. collecting, storing and sorting, that of the museum which wants to exhibit and thus operate on the meanings and value of what is being exhibited, that of the workshop through the two previous conditions, in line with the goals of research, the educational transmission of knowledge that (potentially) generates further art, in the broadest sense it is possible to give. But if art tends to (not) increasingly denote itself (to paraphrase Yves Michaud) through its “gaseous state”, i.e. when aestheticization pervades the world disregarding the artwork object, and situations deputed to recognize and appreciate it3, the aim of the project becomes increasingly difficult knowing that it is necessary to abandon those typological schemes, interpretative approaches, and categories of identities that at least since the last century, have accompanied the somewhat complex dimension of art despite the semantic aesthetic rupture of Duchamp. As if the key situationist transcendence of the artwork championed by Guy Debord, through
bord, per altri autonomi sentieri sviluppatasi poi nella traduzione socio-simbolica della Pop Art o in quella teorico-processuale dell’Arte Concettuale, portasse a considerare nuove condizioni dell’essere dell’arte, non limitata alla dimensione oggettuale, bensì bio-politicamente assunta nei comportamenti e nelle mode, e infine aperta alla vastità tecnico riproduttiva, di cui Benjamin è stato profeta nella preistoria pre-digitale, coinvolgendo luoghi e pubblici diversi alla scala globale. L’eteronomia dell’arte e il relativismo da cui è investita, inevitabilmente, tra derive narcisisti-
other autonomous paths that then developed in the socio-symbolic translation of Pop Art, or in the theoretical-procedural one of Conceptual Art, led to considering new conditions of being art, not limited to the dimension of the object, but bio-politically assumed in behaviour and fashions, and finally open to the technical reproductive vastness, of which Benjamin was the prophet in pre-digital prehistory, involving various places and audiences on a global scale. The heteronomy of art and relativism with which it is invested, inevitably, between narcissistic drifts
L’impronta dell’impianto abbaziale nella morfologia del territorio agricolo di pianura. Traces of the abbey’s ground plan in the morphology of the agricultural plain.
Intro-duzione Intro-duction
che e mercificazione neo-liberista, rendono particolarmente difficile non solo la corrispondenza con la categoria del museo, inteso anche nel senso di uno spazio simbolico oltre che architettonico che rappresenti l’arte e ne preservi la possibilità di comprensione, innanzitutto sul piano del ruolo civile, ma anche quella dell’archivio che per propria natura lavora su cose individuabili attraverso precise categorie di raccolta, nella fattispecie delle opere d’arte pur ravvisate in un ambito ampio ed eterogeneo. A questo clima di indeterminazione e «gassificazione», per non parlare di «eclissi» (Robert Klein), «s-definizione» (Harold Rosenberg) o «sparizione» (Jean Baudrillard) dell’arte4, si accompagna la componente di un pubblico de-sensibilizzatosi causa la pervasività non controllata di una stimolazione estetica continua, prevalentemente predisposta e finalizzata all’incremento dei consumi, dove anche nell’arte, come in altri ambiti investiti dalla mercificazione generalizzata, prevale la facilità dello stimolo basico, di ricezione passiva, rispetto a quello “attivante” di un soggetto intellettualmente reattivo come rilevato da Erich Fromm già nell’evo paleo-mediatico di inizio anni Settanta5. Il reiterato superamento della soglia emozionale e la frustrazione depressiva che ne può conseguire, al tempo stesso individuale e di massa, produce la domanda di sempre nuovi e continui stimoli di carattere sensoriale, narrativo, spaziale, ma soprattutto attraverso immagini, dove non resta che alzare di volta in volta il tasso di spettacolarizzazione.
and neo-liberal commercialization, render particularly difficult not only the correspondence with the category of the museum, understood also in the sense of a symbolic as well as architectural space that represents art and preserves the possibility of understanding it, primarily on the plane of its civil role, but also that of the archive which, by its very nature, works on things that are identifiable through precise collection categories, in this case artworks albeit discerned within a broad and heterogeneous sphere. This climate of uncertainty and “gasification”, not to mention “eclipses” (Robert Klein), “de-definition” (Harold Rosenberg) or “disappearance” (Jean Baudrillard) of art4,is accompanied by the component of a public desensitization owing to the uncontrolled pervasiveness of a continual aesthetic stimulation, predominantly arranged and designed to increase consumption, where also in art, as in other areas invested by generalized commercialization, what prevails is the ease of the basic stimulus, passive reception, with respect to the “activating” one of an intellectually reactive subject as detected by Erich Fromm back in the paleo-media era of the early 1970s5.The repeated surpassing of the emotional threshold and the depressive frustration that can follow, both individual and mass, produces a demand for ever new and continuous stimulation of a sensory, narrative, and spatial nature, but above all through images, where all that remains is to inflate the rate of sensationalism from time to time.
A fronte di come tali fenomeni incidono sul tema dell’arte e di tutti gli apparati che ne determinano il corso, tra produzione e fruizione, ovviamente in termini non assoluti ma tutt’altro che limitati o irrilevanti, il progetto di architettura qui descritto, pur nei limiti del proprio portato strumentale, può allora dimostrare una strategia di resistenza pro-attiva, in termini di alternativa al rapporto con l’esperienza estetica in corso, e lo fa cercando di cogliere innanzitutto le possibilità di una solidarizzazione sistematica tra le tre dimensioni spazio-funzionali dell’archivio, del museo e del laboratorio, così innescando reazioni produttive inedite, quelle per molti versi già insite nell’operare fondativo e di sviluppo dello CSAC. Una sistematicità basata sul rapporto tra
In view of the way these phenomena affect the theme of art and all the apparati which determine its course, from production to fruition, obviously in terms that are not absolute but are far from being limited or irrelevant, the architectural project described here, even within the limits of its own instrumental significance, can thus show a pro-active resistance strategy, in terms of an alternative to the relationship with the aesthetic experience in progress, and it does so by trying to first understand the possibility of a systematic consolidation between the three spatial-functional dimensions of the features of the archive, the museum, and the workshop, thereby triggering brand-new productive reactions, those in many ways already inherent in the founding and development of the CSAC.
Claudio Parmiggiani nel Teatro Farnese; il labirinto di cristalli; l’artista durante la fase di rottura delle lastre. Parma, ottobre 2006. Claudio Parmiggiani in the Farnese Theatre; the labyrinth of crystals; the artist during the glass breakage step. Parma, October 2006.
materiali ricondotti a una condivisione dello spazio che li accoglie come presupposto a elaborazioni di pensiero a diversi livelli declinabili, nell’ampia gamma che sta tra l’alta ricerca e le impressioni del pubblico generico. In questo contesto di indirizzo r-esistenziale, che tende a riportare sotto un certo controllo logico, selettivo, riflessivo, l’inflazione caleidoscopica dell’offerta estetica e le sindromi che l’accompagnano, il progetto utilizza spazi e luoghi di forte denotazione storico-funzionale e iconica, quindi simbolica, come possono ricavarsi dal coinvolgimento, nel caso specifico, di un antico complesso abbaziale cistercense, luogo archetipico del ritrarsi dal mondo della contingenza storica per aprirsi a una ricerca profonda, secondo l’intreccio tra esperienze spirituali più autentiche ed etica della vita materiale. Il luogo viene così coinvolto come parte caratterizzante il progetto stesso, assai prima di ogni trasformazione fisica ma piuttosto di un ante di natura simbolico funzionale che diventa parte a tutti gli effetti del nostro essere contemporanei. In tal senso serve ricordare l’esperienza fatta nel 2006 di produzione di un allestimento di Claudio Parmiggiani nel Teatro Farnese di Parma, una straordinaria macchina di rappresentazione architettonica oltre che teatrale questa, oggi vuota e inerte nel suo utilizzo museale quindi, per paradosso, più teatralmente autentica ed evocativa come direbbe Jouvet. Nella platea compresa nella cavea di questo primo teatro moderno, l’artista ha posizionato un vasto labirinto di lastre di cristallo, poi parzialmente infrante a simboleggiare
A systematic approach based on a relationship between materials traced back to a sharing of the space that welcomes them as a precondition to the processes of thought at the distinct levels available in the range between high-level research and the impressions of the public. In this context of an r-existential leaning, which tends to return under a certain logical, selective, and reflexive control, the kaleidoscopic inflation of the aesthetic offer and the syndromes that accompany it, the project uses spaces and places of a strong historical-functional and iconic, and therefore symbolic import, as can be inferred from the involvement, in this specific case, of an ancient Cistercian abbey complex, an archetypal place of retreat from the world of historical circumstance to open up to in-depth research, in line with an interlacing of the most authentic spiritual experiences and the ethical ones of the material life. The place is thus involved as a part that characterizes the project itself, sooner than any physical transformation but rather an ante of a symbolic functional nature which becomes a full-blown part of our being contemporary. With this in mind, it is worth recalling the experience in 2006 of producing an exhibition of Claudio Parmiggiani at the Farnese Theatre of Parma, an extraordinary machine of architectural and theatrical representation, today empty and lifeless in its use as a museum and therefore, paradoxically, even more theatrically authentic and evocative, as Jouvet was wont to say. In the stalls included in the cavea of this first modern theatre, the artist positioned a vast labyrinth of sheet glass, subsequently
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Parmiggiani controlla il posizionamento della campana; l’opera finita dal palco e in platea. Parmiggiani controls the positioning of the bell; the finished work from the stage and the stalls.
una tragicità, per altro vissuta anche dalle strutture del teatro durante i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale, a fronte del quale si contrappone una grande campana appoggiata a pavimento, strumento muto ma generatore di suono quale simbolo al tempo stesso di monito e di speranza. L’intero allestimento, sotto l’epigrafe del boccascena mutuata a titolo dell’opera, Bellonae ac Musis Theatrum (Teatro delle Arti e della Guerra), entra in un rapporto simbiotico con lo spazio architettonico del teatro dove contenuto e contenitore, estetica simbolica dell’opera d’arte e del teatro, l’hic et nunc di una drammatizzazione tragica predisposta al coinvolgimento riflessivo e non solo emotivo degli spettatori, portano a una visione (o a una estetica che dir si voglia) dove contemporaneità e piani profondi della storia perdono ogni distinzione6. Il problema della temporalità è altresì interpretato dallo stesso Rossi quando intendeva la propria opera progettata quale «architettura per i musei» 7 poiché, parafrasando Cezanne, egli voleva dimostrare come la vera architettura costituisse un valore assumibile al di fuori delle contingenze storiche, e quindi da destinarsi al museo inteso come metafora di una città che tende a riconoscere una perenne attualità del proprio palinsesto architettonico e il persistente valore urbano che ne consegue. Un valore ineludibile della dimensione storica dell’architettura su cui anche Canella riflette, come nel saggio Mausolei contro computer dove intuisce con preveggenza, già alla fine degli anni Sessanta, la necessità di un «monumentale architettonico» capace di reinterpretare «in profondità le figure della
partially broken to symbolize a tragedy, something actually experienced by the structures of the theatre during the bombardments of WWII, against which he contrasted a large bell resting on the floor, a mute instrument but a sound generator, as a symbol of both warning and hope. The entire exhibition, beneath the epigraph on the proscenium borrowed as a title for the work, Bellonae ac Musis Theatrum (Theatre of the Arts and War), entered a symbiotic relationship with the architectural space of the theatre where content and container, a symbolic aesthetic of the artwork and the theatre, the hic et nunc of a tragic dramatization prone to the thoughtful and not merely emotional involvement of the spectators, led to a vision (or an aesthetic if you will) where contemporaneity and deep levels of history pardon every distinction6. The problem of temporality was also interpreted by Rossi when he intended the work he designed as “architecture for museums”7 since, to paraphrase Cezanne, he wished to demonstrate that true architecture constitutes a value which can be assumed outside any historic contingencies, and therefore destined as a museum that is a metaphor for a city that tends to recognize a perennial timeliness of its architectural palimpsest and the enduring urban value that ensues. An inescapable value of the historical dimension of architecture which also Canella reflected on, as in his essay Mausolei contro Computer (“Mausoleums against Computers”) where he already foresaw in the late Sixties, the need for a “monumental architecture” that could reinterpret the “the figures of the history of architecture in depth” in favour of a dialec
storia dell’architettura» a favore di una dialettica tra ragione funzionale e caratteri contestuali, così contrastando sia il neo-positivismo tecnologico e presuntivamente oggettivo di certa cultura progettuale, sia le derive del compiacimento storicista, di cui a seguire, dopo circa vent’anni, verrà a manifestarsi la caricatura della versione postmoderna8.
tic between functional reasoning and contextual character, thus counteracting both the technological neo-positivism and prima facie objective of a certain design culture, and the implications of historicist complacency, to be followed approximately twenty years later, by the manifesting of the caricature of the postmodern version8.
Se il punto di vista del progetto non può non orientarsi rispetto alle problematiche di ruolo dell’arte contemporanea e alla conseguente necessità di rivisitarne gli strumenti finalizzati al suo affermarsi (museo), tramandarsi (archivio), riprodursi (laboratorio), ecco allora che l’abbazia cistercense appare quale dispositivo del tutto idoneo, per strutture spaziali e funzionali storiche, alla ridefinizione di un organismo di natura universitaria in grado di supportare non solo le pratiche di trattazione conservativa e critica dell’arte ma anche quelle di carattere fruitivo. Il tasso di “istituzione totale” che traspare dal congegno tipologico abbaziale, in particolare in quello cistercense, tradotto in una composizione procedurale, sistematica, rituale degli spazi, può costituire,
If the point of view of the project cannot avoid moving with respect to issues related to the role of contemporary art and the consequent need to revise the tools for its emergence (museum), its transmission (archive), and reproduction (workshop), here then the Cistercian abbey appears a perfectly suitable device for spatial and historical functional structures, the redefinition of an organism of a university kind that can support not only the practices of a conservative and critical treatment of art but also those of a fruitive nature. The rate of “total institution” that transpires from the typological device of the abbey, in particular that of the Cistercian Order, translated into a procedural, systematic, and ritual composition of the spaces, can constitute, contrary to the model of
Schizzo recente dell’autore, dove l’abbazia di Valserena è inserita nel ridisegno del montaggio analogico dei monumenti di Parma realizzato da Aldo Rossi in occasione del progetto per il Centro Torri (1985-1988). Recent sketch by the author, where the Valserena abbey is included in the redrawing of an analogical montage of the monuments of Parma realized by Aldo Rossi for his Centro Torri shopping mall project (1985-1988).
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contrariamente al modello dell’osservazione foucaultiana a carattere costrittivo, uno strumento di straordinaria efficacia rispetto alle criticità descritte, sino a poter corrispondere a una comunità accademica, di studiosi ricercatori ma anche di allievi, nell’accezione estesa comprensiva del visitatore occasionale, che torna a incarnare nel luogo una “forma di vita” basata su un più profondo e consapevole rapporto con l’arte, quella che per altri fa dire a un grande esegeta del monachesimo come Adalbert de Vogüé che «il monastero è l’officina, in cui gli strumenti del cuore disposti nella clausura del corpo possono compiere l’opera dell’arte divina»9. In questo senso il progetto, nella sua processualità interpretativa avanzante per successive approssimazioni, si rende consapevole di un identificarsi con l’abbazia stessa, attraverso il suo divenire (progetto del/nel progetto), considerata come un’opera d’arte capace di disvelare altre opere d’arte, secondo catene di causa effetto caratterizzanti il clima labora-toriale complessivo. Ad oltre mille anni da Citeaux, mutatis mutandis e ovviamente fuori dalla dimensione propriamente confessionale, il centro universitario di Valserena può dirsi ancora novum monasterium, per come il luogo abbaziale, con la sua struttura spaziale, viene assunto a schema concettuale per un progetto di rinnovamento e rilancio dello CSAC.
Foucault’s observation with its restrictive nature, an instrument of extraordinary effectiveness with respect to the critical points described, including an ability to correspond to an academic community of academic researchers but also of students, in the broad sense of the term including the occasional visitor, who return to imbuing the place with a “form of life” based on a deeper and more conscious relationship with art, one which for others prompted a great exegete of monasticism, Adalbert de Vogüé, to state that: “the monastery is the workshop where the instruments of the heart arranged within the cloister of the body can perform the work of the divine art”9. In this sense, the project in its own interpretative procedures, advancing by successive approximations, becomes aware of an identification with the abbey itself, through its becoming (project of/in the project), considered as an artwork capable of revealing other artworks, following chains of cause-and-effect characterizing the overall workshop atmosphere. Over a thousand years after Citeaux, mutatis mutandis and obviously outside the properly confessional dimension, the university centre of Valserena can again call itself a novum monasterium, in the way that the place of the abbey with its spatial structure has been assumed as a conceptual scheme for a project to renew and revitalize the CSAC.
In una conferenza tenutasi nell’estate del 2016 presso lo CSAC all’abbazia di Valserena, Franco Purini evidenziava quelli che potevano essere i tre principali errori del Moderno in architettura, vale a dire in sintesi: 1. «l’idea del progetto come una previsione chiusa, redatta in un tempo limitato e completa in ogni suo aspetto»; 2. «l’ossessione per la specializzazione dello spazio»; 3. «la soggezione alla macchina»10. Il lavoro progettuale di seguito trattato sollecita un contraddittorio con questi tre “errori” per come: 1. l’architettura, a maggior ragione che la pittura o la musica, per propria natura non può che tendere a configurare un prodotto finito, nel tempo, nello spazio e secondo le funzioni poste, pur consapevole, per propria intrinseca struttura formale, di poter corrispondere anche ad altre necessità e accidenti storici che si determineranno in futuro; 2. per altri versi anche la polifunzionalità, nel suo indeterminismo formale, può essere inserita
In a conference held in the summer of 2016 at the CSAC at the Valserena Abbey, Franco Purini highlighted what are arguably the three main errors of modern architecture, in a nutshell: 1. “The idea of the project as a closed forecast, drawn up in a limited time and complete in its every aspect”; 2. “Obsession with the specialization of space”; 3. “Subjection to the machine”10. The design work dealt with below prompts a contradiction of these three “errors” in that: 1. architecture, more than painting or music, by its very nature cannot help configuring a finished product, in time and space, and in accordance with the functions proposed, albeit aware, because of its own intrinsic formal structure, that it can also correspond to other needs and historical happenstances that may occur in the future; 2. in other respects, also multifunctionality, in its formal indeterminism, can be included among
Gli interventi di restauro a Valserena su progetto dell’autore (fondi
FIO, fine anni Ottanta).
Restoration of Valserena to a project by the author (FIO funds, late 1980s).
tra le sindromi di certo modernismo, e quindi il tema della specializzazione spaziale va visto positivamente, se equivale ad un autentico fattore caratterizzante e se ovviamente compreso nella relazione complessa, e non ingenuamente funzionalistica, tra i diversi spazi che compongono il disegno dell’organismo architettonico; 3. pur considerando l’incidenza rilevante della componente tecnologica, non esiste un’architettura che non sia una macchina se la intendiamo, aldilà di certo massimalismo tecno-funzionalista, come congegno capace di regolare effettivamente le espressioni di funzionalità, materia, figura simbolica quale contributo al sistema costruito della città. Il progetto di Valserena, in altre parole, non rinuncia a una sua modernità, ma, in quanto “sua”, ne determina una contestualizzazione, nella fattispecie in dialettica storica con il tipo abbaziale e le nuove esigenze d’uso dell’università, che ci indica come non sia più sostenibile una categorizzazione critica sul Moderno ma semmai una
the syndromes of certain modernisms, and therefore the theme of spatial specialization should be seen positively, if equivalent to an authentic characterizing factor and if, of course, included in the complex, and not naively functionalist, relationship between the various spaces that make up the design of the architectural structure; 3. while considering the significant impact of the technological component, there is no work of architecture that is not a machine, so to speak, beyond a certain techno-functionalist maximalism, as a mechanism capable of effectively regulating expressions of functionality, of material, a symbolic figure as a contribution to the built system of the city. In other words, the Valserena project does not reject its modernity, but as “its own”, determines a contextualization for it, in this case within a historical dialectic with the abbey type and the university’s new requirements, which shows us how a critical categorization on the modern is no longer sustainable but, if anything, a con-
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La controfacciata ovest della chiesa con l’allestimento dei ponteggi per gli interventi di consolidamento e conservazione (fondi FIO, fine anni Ottanta). The rear of the west façade of the church with scaffolding erected for interventions of consolidation and preservation (FIO funds, late 1980s).
sua continua interpretazione contestualizzata, come suggerito dall’ermeneutica del “caso per caso” che rende ancora così attuale la lezione di Ernesto Nathan Rogers11. Ripartire, in questo caso, dalle abbazie, ma anche dalle fabbriche storiche, quelle auliche o del recente passato industriale e delle attrezzature collettive, e ancor più in generale da quella città costruita che in soli cinquant’anni ha ampliato il proprio corpo più di quanto abbia fatto nei duemila anni precedenti, significa riprendere le grandi o piccole narrazioni interrotte, i meccanismi di ri-fondazione della città, attraverso la maggiore consapevolezza di una propria origine processualmente ribadita, superando le fisime del modernismo, del postmodernismo, e tanto più del revivalismo riscontrabili in una critica sostanzialmente distaccata dalla reale esperienza del progetto.
tinuous contextualized interpretation of it, as suggested by the “case-by-case” hermeneutic that makes the lesson of Ernesto Nathan Rogers so up to date11. Staring again, in this case, from abbeys, but also from historical factories, those grand ones or those from the recent industrial past and of collective facilities, and even more generally from that built city which, in just fifty years, has expanded more than it had done in the previous two thousand years, means resuming the great or small interrupted narratives, the mechanisms of the refoundation of the city, through a greater awareness of its own processually reiterated origin, overcoming the fixations of modernism, postmodernism, and even more so of revivalism unearthed in a criticism that is substantially detached from the actual experience of the project.
A consuntivo, pur sempre parziale nel corso di un processo certamente non concluso, appare chiaro che il lavoro del progetto debba essere
In the final balance, albeit partial during a process that is certainly not concluded, the project work should be understood in the context of this
inteso, nell’ambito di questa restituzione, non solo come narrato, ma anche come narrante. Il progetto è oggetto e soggetto al tempo stesso di un’azione che si rende percepibile, oltre al responsabile del progetto, anche a coloro che ne fruiscono l’esito costruito, coinvolgendoli in un meccanismo di comprensione e quindi di partecipazione all’interno di una spazialità ricca di stimoli spaziali, segnici, immaginari, lungo un percorso non univoco ma ben determinato nel rivelarsi formalizzato e decifrabile. In questo ordine delle cose sovviene alla progettazione una composizione intesa quale, come afferma Luciano Semerani, «esigenza di un’alta capacità di regia narrativa, in grado di controllare gli effetti di simultaneità percettiva, di interpenetrazione e di feedback razionale ed emotivo che la mente dell’uomo è in grado di sviluppare tanto visitando un edificio o una città quanto al cospetto di un quadro, nella lettura di un libro, a un concerto, a teatro»12 e non di meno, varrebbe la pena di aggiungere, all’interno dell’esperienza cinematografica. Una retorica del progetto che non può quindi sottrarsi tanto ai suggerimenti della struttura dell’antico complesso abbaziale quanto alla fisiologia funzionale della sua attuale fase fruitiva, attraverso un contrappunto che tende alla restituzione di un’immagine complessiva, cioè di un ordine, pur in continua evoluzione. In questo quadro l’aspetto autorale del progetto è al tempo stesso rimosso e in rilievo. Rimosso per come le antiche matrici formali della preesistenza siano in gran parte idonee a intrepretare da sole le nuove esigenze funzionali e rappresentative del rinnovato complesso. In rilievo per come la responsabilità di selezione, rimessa in atto e aggiunta di componenti anche nuove del disegno progettuale richiamino una responsabilità soggettiva che va oltre la sola, pur fondamentale, oggettività del compito ordinativo. È d’altra parte evidente che nella teatralità del progetto, intesa metodologicamente come teatro delle operazioni dispositive e allestitive da compiersi, il ruolo dell’abbazia di Valserena risulta protagonista, e ne è la riprova quel tentativo di «invenzione della tradizione», come direbbe Hobsbawn13, che la vuole identificata da tempo, nel sentire campanilistico comune, con la stendhaliana Certosa di Parma, pur senza prova alcuna ed eludendo le differenze storico-tipologiche tra un’abbazia ed una
rendering, not only narrated, but also as a narrator. The project is both the object and subject of an action that makes itself perceptible, in addition to being responsible for the design, even for those who exploit the constructed outcome, involving them in a mechanism of understanding and thus of participation within a spatiality rich in stimuli, symbols, and imagery, along a path that is not unique but well determined in its being formalized and decipherable. In this order of things, a composition comes to design seen as, in the words of Luciano Semerani, “the need for a high capacity of narrative direction, capable of controlling the effects of perceptual simultaneity, of interpenetration and rational and emotional feedback that the human mind is able to develop both by visiting a building or a city and looking at a picture, reading a book, attending a concert or the theatre”12 and no less importantly, it would be worthwhile adding, within the cinematic experience. A rhetoric of the project that cannot then abscond from the suggestions of the structure of the ancient abbey complex nor the functional physiology of its current fruitive phase, through a counterpoint that tends to render an overall image, i.e. an order, albeit in continuous evolution. Within this framework, the authorial appearance of the project is at the same time repressed and in relief. Repressed in that the ancient formal matrices of seniority are highly suitable for interpreting alone the new functional and representative demands of the renovated complex. In relief in that the responsibility for selection, re-enacted and with added components including new ones of the design that invoke a subjective responsibility, goes beyond the mere objectivity of the ordering task, fundamental though this is. Equally, in the theatricality of the project, understood methodologically as a theatre of technical and display operations to be performed, the role of the Valserena abbey is the protagonist, and the proof lies in that attempt at “invention of tradition”, as Hobsbawm called it13, which has wanted for some time, in terms of common local pride, to identify it with Stendhal’s Charterhouse of Parma, without any proof and sidestepping the historical-typological differences between an abbey and a Charterhouse. The misunderstanding over Stendhal serves in fact
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certosa. L’equivoco stendhaliano serve infatti a rilevare il potenziale evocativo e narrativo del luogo abbaziale, il suo essere immagine che rimanda ad un significato non univoco e intriso di suggestioni, aperta alla visione del proprio processo riproduttivo come di quello che proviene da altri, più esterni sguardi. Tra i compiti del progetto spetta allora soprattutto quello di esaltare, e al tempo stesso superare, la fascinazione dell’immagine, la bellezza d’acchito della nuova abbazia che, ora universitaria, deve corrispondere anche a un sentire diverso, che deriva principalmente dalla sua estetica funzionale, dalla comprensione di una macchina-organismo operante attraverso elaborazioni di senso, chiavi interpretative e produttive (ideative), riguardanti una dimensione contemporanea delle arti, quella di una ritrovata téchne di cui il progetto fa parte (quale componente del processo artistico che non a caso costituisce già oggi una sezione rilevante dell’archivio dello CSAC). All’interno di questo non facile e accidentato agire del progetto nella dimensione problematica dell’arte, rincuora allora l’interpretazione teorica di Max Weber secondo cui, a differenza dei progressi produttivi di una scienza continuamente destinata a superarsi nel tempo, lungo il percorso storico disseminato di carcasse delle ex verità scientifiche cosi come delle tecniche obsolete, «nessuno potrà mai dire di un’opera realmente riuscita in senso artistico che essa sia superata da un’altra anch’essa riuscita»14, così consegnando l’arte a uno stato di superiorità sub specie aeternitatis.
to reveal the evocative and narrative potential of the abbey site, its being an image that refers to a meaning which is not unique and imbued with suggestions, open to a vision of its own reproductive process as one that comes from other, more external glances. Consequently, among the tasks of the project is especially that of exalting, and at the same time overcoming, the fascination of the image, the beauty-at-first-sight of the new abbey which, by now a university, must also correspond to a different sensation, one that derives mainly from its functional aesthetics, from the understanding of a machine-body operating through the processing of sense, interpretive and productive (ideating) keys, concerning a contemporary dimension of the arts, that of a rediscovered téchne which the project is a part of (as a component of the artistic process which, not by chance, already makes up a significant section of the CSAC archive). Within this far from easy and fitful acting of the project in the problematic dimension of art, Max Weber’s theoretical interpretation is reassuring, according to which, unlike the productive progress of a science continuously intended to be outdone in time, along the historical path littered with carcasses of former scientific truths and obsolete techniques, “nobody will ever be able to say of a work that, in an artistic sense, achieves true ‘fulfilment’ that it has been ‘surpassed’ by another work of art that also achieves ‘fulfilment’”14, thus granting art a state of superiority sub specie aeternitatis.
Addendum
Addendum
Il progetto qui argomentato riguarda la più recente fase di un lungo percorso di lavoro che mi vede impegnato già dalla fine degli anni Ottanta con il restauro della fabbrica abbaziale di Valserena – allora in parte allo stato di semi-rudere, in parte solo staticamente preservata attraverso precedenti interventi della Soprintendenza – nell’ambito della programmazione FIO (Fondi per l’investimento e l’occupazione, un piano statale degli interventi pubblici, creato nel 1982 a supporto di progetti di immediata fattibilità e ad alta ricaduta socio-economica). Un finanziamento fortemente auspicato sul piano culturale da Arturo Carlo Quintavalle e su quello di
The project discussed here concerns the most recent phase of a long spell of work that saw me already busy by the end of the eighties restoring the fabric of the Valserena abbey – at the time partly in a state of semi-ruin, and partly only statically preserved through previous interventions by the Heritage Superintendency – in the context of a programme of the FIO (“Fund for Investments and Employment”, a State plan of public interventions, created in 1982 to support projects of immediate feasibility and high socio-economic yield). Financing strongly urged on the cultural plane by Arturo Carlo Quintavalle and on that of a programmed vision of
una visione programmatoria degli investimenti dell’Università di Parma da parte dell’allora direttore amministrativo Gianpaolo Usberti. Attraverso una continua interlocuzione sulle scelte progettuali con lo stesso Quintavalle, Gloria Bianchino, i soprintendenti Lucia Gremmo ed Elio Garzillo, quest’ultimo garantendo anche la continuità di finanziamento non solo per il recupero ma anche l’attrezzamento archivisticoespositivo degli spazi dell’abbazia quale sede dello CSAC, congiuntamente a ulteriori risorse stanziate dall’Università di Parma, si è arrivati nel 2007 alla definitiva sistemazione delle raccolte d’archivio negli spazi rinnovati del complesso storico di Valserena. Dopo una ulteriore, non facile, fase di sistematizzazione distributiva dei materiali d’archivio, comunque in una condizione di funzionamento delle attività di consultazione, ricerca e prestito, nonché di produzione di mostre nel tradizionale spazio espositivo delle Scuderie in Pilotta da parte del gruppo di lavoro dello CSAC, si è aperta dal 2014, all’interno della programmazione strategica “Mastercampus” e sostenuta grazie alla lungimiranza e alla determinazione dal Rettore Loris Borghi con il sostegno del Consiglio di amministrazione, una ulteriore fase funzionale ad una maggiore restituzione fruitiva del patrimonio raccolto attraverso l’apertura di un museo dedicato alle raccolte, di spazi di servizio per la didattica e la ricerca, di servizi di accoglienza al pubblico e ai ricercatori, pur mantenendo e ottimizzando la principale funzione di archivio per la conservazione e la ricerca sui materiali dell’arte contemporanea secondo l’impostazione data da Quintavalle (fase Valserena 1). Questa nuova dotazione e conseguente fisiologia funzionale e fruitiva, realizzata in breve tempo tra settembre 2014 e fine maggio 2015 (in coincidenza con l’apertura di EXPO), ha visto la partecipazione per la parte museografica di Francesca Zanella e Vanja Strukelj dell’Università di Parma, in collaborazione con gli addetti dello CSAC specializzatisi negli anni a fianco di Gloria Bianchino sui diversi settori che contraddistinguono la raccolta dell’archivio, tra cui Paolo Barbaro, Mariapia Branchi, Claudia Cavatorta, Lucia Miodini, Paola Pagliari, Simona Riva e la collaborazione di Enrico Prandi, Carlo Gandolfi, Alberto Salarelli, Julia Daolio, Jennifer Malvezzi, nonché la collaborazione per il progetto archi
investments for the University of Parma from by the then Administrative Director, Gianpaolo Usberti. Through a continuous dialogue on design choices with Quintavalle himself, Gloria Bianchino, and the Superintendents Lucia Gremmo and Elio Garzillo, the latter also guaranteeing the continuity of funding not only for the restoration but also the display-archival kitting out of the spaces of the abbey as a seat for the CSAC, with further resources allocated by the University of Parma, a final arrangement of the archive’s collections was made in the renovated spaces of the historical Valserena complex in 2007. After a further troublesome step of the distributive systematization of the archive materials, while already offering consultancy, research and loans, as well as the mounting of exhibitions in the traditional venue of the stables at the Pilotta Palace by the CSAC working group, in 2014, within the strategic “Mastercampus” programme and supported by the foresight and the resolution of Rector Loris Borghi with the support of the Board of Directors, a further step began to enhance the collected heritage through the opening of a museum dedicated to the collections, service spaces for teaching and research, reception services for the public and researchers, while maintaining and optimizing the primary function of the archive for the conservation and research on materials of contemporary art according to the approach established by Quintavalle (Valserena Phase 1). This new allocation and consequent functional and fruitive physiology, realized in a short time between September 2014 and the end of May 2015 (coinciding with the opening of EXPO), saw the participation for the museological part of Francesca Zanella and Vanja Strukelj of the University of Parma, in collaboration with the staff of the CSAC who had specialized over the years alongside Gloria Bianchino in the various sectors that distinguish the archive’s collection, including Paolo Barbaro, Mariapia Branchi, Claudia Cavatorta, Lucia Miodini, Paola Pagliari, Simona Riva with the collaboration of Enrico Prandi, Carlo Gandolfi, Alberto Salarelli, Julia Daolio, and Jennifer Malvezzi, as well as collaboration in the architectural displays by the Mastercampus Lab, in particular with Mariachiara Manfredi (who
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tettonico allestitivo da parte del Mastercampus Lab, in particolare con Mariachiara Manfredi (che collaborerà anche alla fase successiva di Valserena 2) e Anna Nolli, Paolo Strina, Irene Alessandrino, Francesco Pavesi, Andrea Matta, e dell’Area tecnico-edilizia dell’Università di Parma, in particolare con Barbara Panciroli, Livio Mingardi, Giulio Orsini, Pierangelo Spina, Mirko Beccarelli, Simona Berzieri, Stefano Conti. Con riferimento a una serie di proposte progettuali elaborate con Quintavalle già all’inizio del Duemila, di ricostruzione tipo-morfologica del complesso per ospitare aule e altre dotazioni universitarie, dalla fine del 2015 procede l’elaborazione progettuale (Valserena 2) per la costruzione di un nuovo corpo destinato ad archivio, capace di corrispondere alle esigenze di crescita delle raccolte, ma anche alla disponibilità di nuovi spazi per esposizioni temporanee e attività universitarie, attualmente in fase di realizzazione, con l’approvazione dei Soprintendenti competenti, l’arch. Giancarlo Borellini e il dott. Luigi Malnati, in particolare attraverso l’archeologa Daniela Patrizia Locatelli. Una ulteriore fase ha infine caratterizzato l’avanzamento del processo progettuale in termini preliminari riguardo al tema dell’ambito agricolo in cui è posta l’abbazia, attraverso un’idea di parco esteso dove aspetti storico artistici, ambientali, della cultura rurale e in generale paesaggistica possano contrassegnarne la pienezza di ruolo quale rinnovato caposaldo del contesto territoriale emiliano (Valserena 3).
would also work on the next step of Valserena Phase 2) and Anna Nolli, Paul Strina, Irene Alessandrino, Francesco Pavesi, Andrea Matta, and of the Technical-Building Area of the University of Parma, in particular, Barbara Panciroli, Livio Mingardi, Giulio Orsini, Pierangelo Spina, Mirko Beccarelli, Simona Berzieri, and Stefano Conti. With reference to a series of proposed projects developed with Quintavalle back at the beginning of the year 2000, typo-morphological reconstruction of the complex to accommodate classrooms and other university facilities, from the end of 2015 the Valserena Phase 2 project began for the construction of a new archive building that could match the growing needs of the collections, but also offer new spaces for temporary exhibitions and university activities, currently in phase of realization, with the approval of the competent Superintendents, the architect Giancarlo Borellini and Dr Luigi Malnati, and above all through the archaeologist Daniela Patrizia Locatelli. A further step has finally characterized the advancement of the design in preliminary terms with regard to the theme of the agricultural sector within which the abbey lies, through the idea of an extended park where historical, artistic, environmental, and rural culture aspects and the landscape in general can mark the importance of its role as a renewed stronghold of the Emilian territorial context (Valserena Phase 3).
1 L.N. Tolstoj, Che cosa è l’arte [1897], a cura di T. Perlini, Milano, Mimesis, 2011, p. 62. 2 La citazione di Benjamin da parte di Rossi è riportata in una recente lettura critica svolta da I. Clemente dal titolo Twisted. La poetica di Aldo Rossi, in Aldo Rossi, a cura di I. Clemente, L. Amistadi, Firenze, Aión, 2017, pp. 19-43, dedicata ai significati che ruotano attorno alla componente autobiografica di Rossi attraverso la sua Opera completa. Progetti dal 1959 al 1996, edita da Electa. 3 Cfr. Y. Michaud, L’arte allo stato gassoso, Roma, Edizioni Idea, 2007. 4 Cfr. R. Klein, L’eclissi dell’opera d’arte, in Id., La forma e l’intelligibile. Scritti sul Rinascimento e l’arte moderna, Torino, Einaudi, 1975, in cui si ribadisce il superamento dell’opera d’arte in quanto oggetto da parte delle avanguardie del Novecento; H. Rosenberg, La s-definizione dell’arte, Milano, Feltrinelli, 1975, sulla critica al neo-avanguardismo e alla deriva identitaria del luogo museale; J. Baudrillard,
Tolstoy, What is Art? [1897], London - New York, Penguin, 1995. 2 Benjamin’s citation by Rossi is mentioned in a recent critical reading of I. Clemente entitled Twisted. La poetica di Aldo Rossi, in Aldo Rossi, edited by I. Clemente, L. Amistadi, Florence, Aión, 2017, pp. 19-43, dedicated to the meanings that revolve around the autobiographical element of Rossi through his Opera completa. Progetti dal 1959 al 1996, published by Electa. 3 See Y. Michaud, L’arte allo stato gassoso, Rome, Edizioni Idea, 2007. 4 See R. Klein, L’eclissi dell’opera d’arte, in Id., La forma e l’intelligibile. Scritti sul Rinascimento e l’arte moderna, Turin, Einaudi, 1975, which confirms the surpassing of the artwork as an object by the avant-garde schools of the twentieth century; H. Rosenberg, The De-Definition of Art, Chicago, University of Chicago Press, 1993, on criticism of the neo-avant-gardism and the drift of identity of the museum-place; J. Baudrillard, The Disappearance of Art and 1 L.N.
La sparizione dell’arte, Milano, Politi Editore, 1988, cioè di un’arte portata al suo stadio simulacrale nel contesto della mercificazione assoluta di una globalizzazione all’epoca non ancora del tutto conclamata. 5 E. Fromm, Anatomia della distruttività umana, Milano, Mondadori, 1985, pp. 299-305. 6 Carlo Parmiggiani. Teatro dell’arte e della guerra, Prato, Gli Ori, 2007, pp. 4-29. 7 A. Rossi, Architettura per i musei, in Teorie della progettazione architettonica, Bari, Dedalo, 1985, pp. 121-137. 8 G. Canella, Mausolei contro computers, «Hinterland», 4, 18, 1981, pp. 4-9. 9 La citazione di de Vogüé è riportata in G. Agamben, Altissima povertà, Vicenza, Neri Pozza, 2012, p. 46. 10 F. Purini, Tre errori moderni, Geraci Siculo (PA), Edizioni Arianna, 2016, pp. 39, 51, 65. 11 E.N. Rogers, Esperienza dell’architettura, Torino, Einaudi, 1958, pp. 311-316. 12 L. Semerani, Introduzione a Colin Rowe e all’architettura come testo, in L’architettura come testo e la figura di Colin Rowe, a cura di M. Marzo, Venezia, Marsilio, 2010, p. 11. 13 Cfr. E.J. Hobsbawn, T. Ranger, L’invenzione della tradizione, Torino, Einaudi, 1987. 14 M. Weber, La scienza come professione. La politica come professione, Torino, Einaudi, 2004, p. 18.
Politics, London, Macmillan, 1992, i.e. an art brought to his simulacra stage within the context of absolute commercialization of a globalization at the time not yet full-blown. 5 E. Fromm, Anatomy of Human Destructiveness, New York, Holt, Rinehart and Winston, [1973]. 6 Carlo Parmiggiani. Teatro dell’arte e della guerra, Prato, Gli Ori, 2007, pp. 4-29. 7 A. Rossi, Architettura per i musei, in Teorie della progettazione architettonica, Bari, Dedalo, 1985, pp. 121-137. 8 G. Canella, Mausolei contro computers, “Hinterland”, 4, 18, 1981, pp. 4-9. 9 The citation of De Vogüé is mentioned in G. Agamben, Altissima Povertà, Vicenza, Neri Pozza, 2012, p. 46. 10 F. Purini, Tre errori moderni, Geraci Siculo (PA), Edizioni Arianna, 2016, pp. 39, 51, 65. 11 E.N. Rogers, Esperienza dell’architettura, Turin, Einaudi, 1958, pp. 311-316. 12 L. Semerani, Introduzione a Colin Rowe e all’architettura come testo, in L’architettura come testo e la figura di Colin Rowe, edited by M. Marzo, Venice, Marsilio, 2010, p. 11. 13 See E.J. Hobsbawm, T. Ranger, The Invention of Tradition, Cambridge, Cambridge University Press, 1984. 14 M. Weber, The Vocation Lectures: Science as a Vocation; Politics as a Vocation, Indianapolis, Hackett, 2004.
A lato: mappa del territorio di Parma, l’abbazia di San Martino a Valserena evidenziata nel cerchio, 1551. To the side: territorial map of Parma, the abbey of San Martino in Valserena, highlighted in the circle, 1551.
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La testata del transetto sud con i segni delle strutture post-medioevali demolite attorno agli anni trenta dell’Ottocento (foto Tosi, fine anni Cinquanta). The end of the south transept with traces of the post-medieval structures demolished sometime in the 1830s (photo Tosi, late Fifties).
[...] faccio mio il detto di Goethe, che, per comprendere sino a fondo le grandi creazioni, non basta averle vedute nella loro perfezione, ma conviene averle spiate nel loro divenire. [...] let me say, Goethe, that, in order to comprehend the great creations to the full, it is not enough to see them in their perfection, but it is better to have them spied in their becoming. Stefan Zweig, Il mondo di ieri, 19421
L’archivio - museo - laboratorio: un progetto in divenire The archive - museum - workshop: an ever-evolving project
La storia di un progetto – nella fattispecie di prefigurazione di strutture spaziali intese come luoghi e quindi anche di funzioni e di persone che li abitano – è parte integrante del progetto stesso, il quale, per altro, non può che scaturire dal contesto storico, così come la storia, a sua volta, non riuscirebbe mai ad alimentarsi senza il contributo del progetto, anche quello di architettura tra gli altri. Nonostante gli ideologismi contrapposti riguardo al relazionarsi del progetto con la storia, tra rifiuto positivista e determinismo storicista, abbiano tentato in diversi casi di separare o, all’opposto, di saldare progetto e storia in chiave strumentale, la dialettica che dovrebbe sovrintenderne il rapporto si presenta pur sempre necessaria, certo complessa, ovviamente mai univoca, ma comunque capace di straordinarie combinazioni produttive, risposte dell’oggi in grado di sostenere una continuità di senso nell’evolversi dei fenomeni antropici. Un presupposto questo che ha visto l’apporto teorico, oltre che applicato, di una parte rilevante dell’architettura italiana, riferibile in particolare ai decenni centrali del Novecento, capace di coniugare storia e contesto, memoria e innovazione nell’elaborazione del Moderno, con il contributo di opere saggistiche, riviste e scuole anziché di progetti e architetture realizzate con una finalità spesso esemplare. Si pensi alla declinazione di radice classica della modernità già precocemente sperimentata da Terragni, all’indagine storica come fondamento epistemologico del progetto per Muratori, anziché alla ricerca teorica e fenomenologica a presupposto di una logica contestualizzata del progetto attraverso i differenti approcci di Samonà e Rogers nell’Italia del dopoguerra e dei loro epigoni successivi.
The history of a project – in this case the preparation of spatial structures intended as places and therefore also of functions and the people who inhabit them – is an integral part of the project itself, which, furthermore, can only be the result of its historical context, just as this history, in turn, could never grow without the contribution of the project, including that of architecture. Despite the fact that opposing ideologies on relating a project to history, from positivist refusal to historicist determinism, have tried in various cases to separate or, on the contrary, to fuse project and history in an instrumental key, the dialectic that should oversee the relationship is still necessary, complex certainly, self-evidently never univocal, but nonetheless capable of extraordinary productive combinations; answers of today capable of sustaining a continuity of meaning in the evolution of anthropogenic phenomena. A prerequisite of this has seen the theoretical and applied contribution of a large part of Italian architecture, attributable in particular to the central decades of the twentieth century, capable of combining history and context, memory and innovation in the development of the Modern, with the contribution of essays, magazines, and schools instead of projects and works of architecture made with an often exemplary purpose. Suffice to think of the declination of the classic root of modernity already precociously tested by Terragni, a historical survey as an epistemological foundation of the project for Muratori, rather than theoretical and phenomenological research in the assumption of a contextualized logic of the project through the various approaches of Samonà and Rogers in post-war Italy and their subsequent epigones. These references, which may now ap
Questi riferimenti, che possono apparire oggi anche scontati o per altri versi anacronistici nello zeitgeist del contemporaneismo prevalente, assumono però un rinnovato rilievo se riferiti all’esperienza di un progetto applicato a un tema ancora non del tutto tipizzato ma orientato a comprendere il potenziale del rapporto tra passato e futuro o, in termini operativi, tra preesistenza e trasformazione.
pear banal or in other senses anachronistic in the zeitgeist of the prevailing contemporaneity, do however assume a renewed importance if referred to the experience of a project that is applied to an issue which has not yet been entirely typed but oriented to understand the potential of the relationship between the past and future or, in operational terms, between pre-existences and transformation.
Il progetto, di cui si vuole argomentare lo sviluppo nel processo del divenire, tratta il tema di un centro dedicato sia all’attività archivistica, nella fattispecie quella finalizzata alla raccolta di materiali provenienti da un esteso ed eterogeneo ambito delle arti, sia alla funzione museale che si alimenta proprio attraverso le opere d’arte estraibili dall’archivio, sia, infine, a tutto ciò che costituisce attività laboratoriale in chiave di conservazione, ricerca, formazione, e produzione di attività culturali, funzionali tanto all’archivio quanto al museo e non di meno, in questo caso, all’istituzione universitaria. Una testimonianza significativa della cultura del passato recente – attraverso un ricchissimo apparato documentale con oltre dodici milioni di pezzi appartenenti ai settori dell’arte visiva, dell’architettura e del design, della fotografia, della grafica pubblicitaria, del fumetto, della moda, dei media in genere, in prevalenza appartenenti al contesto italiano della seconda metà del Novecento – si sedimenta nell’archivio con tutta la sua poliedrica realtà di materiali e di espressioni, attraverso autonomi percorsi o intrecci semantici, concatenazioni e contaminazioni linguistiche. Da un quadro artistico testimoniale così rilevante e soprattutto così trasversale ai generi dell’arte, fuoriesce il potenziale per molteplici esiti di lettura critica, trasmissibili e percepibili nel contesto del museo, cioè il momento e il luogo di esposizione dei materiali raccolti tramite un processo selettivo di rappresentazione dell’archivio, così alimentando continue dimostrazioni dell’avanzamento interpretativo sui contenuti dello stesso. Altrettanto decisiva è la componente del laboratorio, connaturato sia all’archivio che al museo, con l’apporto di un lavoro continuo che manipola il materiale disponibile, tra conservazione ed analisi, ne predispone la sopravvivenza, ne de-
The project whose development we wish to support in its process of becoming, is the theme of a centre dedicated both to archival activities, in this case aimed at collecting materials from an extensive and diverse sphere of the arts, and a museum that is fuelled by the artworks that can be removed from the archive, and, lastly, to everything that constitutes workshop activities in terms of conservation, research, education and the production of cultural endeavours, serving both the archive and the museum and no less importantly, in this case, the university institution. A significant testimony of the culture of the recent past – through a rich documentary apparatus with more than twelve million pieces belonging to the sectors of visual art, architecture and design, photography, advertising graphics, comics, fashion, media in general, predominantly belonging to the Italian context of the second half of the twentieth century – ensconced in the archive with all its multifaceted reality of materials and expression, through autonomous paths or semantic interlacings, linguistic concatenations and contaminations. From such an important testimonial artistic framework and especially one so transverse to the genres of art, emerges the potential for multiple results of critical readings that are transmissible and perceptible within the museum context, i.e. the time and place of exhibiting the materials collected by means of a selective process of representing the archive, thereby stimulating continuous demonstrations of interpretive advancement in its contents. Equally critical is the workshop component, fundamental to both the archive and the museum, with the contribution of continuous work that manipulates the material available, from conservation to analysis, arranging for its survival, determining its transmissibility, unlocking
L’archivio - museo - laboratorio: un progetto in divenire The archive - museum - workshop: an ever-evolving project
termina la trasmissibilità, ne libera il potenziale di significato disponibile al processo inventivo. Il quadro fenomenologico che è posto di fronte al progetto coinvolge l’interpretazione del rapporto diacronico tra reperti inerti e dinamiche di trasformazione, richiama la necessità di un ordine fisico e funzionale per le cose materiali e per il significato di queste stesse cose, pone l’obiettivo di un prodotto tanto composito quanto unitario per identità culturale e logica di funzionamento.
the potential of the meaning available to the inventive process. The phenomenological framework arranged in front of the project involves the interpretation of a diachronic relationship between inert finds and the dynamics of transformation, recalls the need for a physical and functional order for material things and for the meaning of these same things, sets the goal of a product as composite as it is unitary for cultural identity and operational logic.
Lo CSAC: una storia straordinaria tra ideazione e lavoro
The CSAC: an extraordinary story from design to work
Il progetto a cui è dedicato questo libro ha innanzitutto di fronte un soggetto già bene identificato sia sul piano della storia culturale e delle funzioni scientifiche che del ruolo istituzionale assunto: l’archivio denominato CSAC - Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma, la grande raccolta d’arte, nell’accezione vasta del termine “arte”, a cui ha lavorato per oltre quarant’anni Arturo Carlo Quintavalle con Gloria Bianchino e un nutrito gruppo di collaboratori, compresi diversi studenti, dell’Istituto di Storia dell’arte dell’Università di Parma a partire dalla metà degli anni Sessanta. Lo CSAC non ha una vera e propria data di fondazione ma di fatto la prima mostra dedicata a Pozzati è del Sessantotto e può essere assunta in tal senso; nel 1975 nasce il Centro studi e museo della fotografia poi subito ridenominato nel 1976 Centro studi e archivio della comunicazione (la parola “museo” è rimossa) a cui si aggiunge, nel 1979, l’archivio del progetto, per arrivare infine a un atto formale di riconoscimento nel 1987. Un processo fondativo e formativo anch’esso appartenente al carattere della storia che vorrebbe raccontare, quella di un’avventura generazionale che si snoda dis-ordinatamente attraverso l’effervescente clima culturale che ha per base il Sessantotto nelle sue tante, piuttosto eterogenee, declinazioni successive. Adottando un approccio sperimentale e di generalizzata revisione teorica rispetto agli statuti più consolidati del sapere critico nel campo dell’arte, la piccola ma vivace scuola quintavalliana di quegli anni punta a una ricognizione decisamente più allargata e inclusiva del significato dell’arte, consapevole di essere nell’epoca in cui la proget-
The project to which this book is dedicated addresses a subject that is already well identified both on the level of cultural history and scientific function and in the institutional role assumed: the archive christened CSAC – the Study Centre and Communication Archive of the University of Parma, a vast collection of “art” within the widest meaning of the term, on which Arturo Carlo Quintavalle and Gloria Bianchino worked for over forty years along with a large group of associates, including several students from the Institute of History of Art of the University of Parma from the mid-Sixties onwards. The CSAC has no definite foundation date, however, the very first exhibition dedicated to Pozzati was in Sixty-Eight, and can be assumed in this sense; the year 1975 saw the birth of the Study Centre and Museum of Photography almost immediately renamed in 1976 the Study Centre and Communication Archive (the word “museum” having been removed) to which was added, in 1979, the design archive, to finally arrive at a formal act of recognition in 1987. A founding and formative process belonging to that aspect of history which would like to share, a generational adventure that winds untidily through the effervescent cultural climate based around Sixty-Eight with its many, somewhat disparate, later characteristics. By adopting an experimental approach and a generalized theoretical review with respect to the more consolidated statutes of critical knowledge in the field of art, Quintavalle’s small but lively school of those years focused on a decidedly wider and inclusive acknowledgement of the meaning of art, conscious of being in an era in which artistic
La corte rurale dell’abbazia in stato di abbandono (foto Tosi, fine anni Cinquanta). The rural court of the Abbey in a state of abandonment (photo Tosi, late Fifties).
[...] Bernardus valles, colles Benedictus amabat, Franciscus vicos, magnas Dominicus urbes.1 [...] il monastero è forse il primo luogo in cui la vita stessa – e non soltanto le tecniche ascetiche che la formano e regolano – è stata presentata come un’arte. [...] the monastery is perhaps the first place where life itself – and not just the ascetic techniques that form and regulate it – has been presented as an art. Giorgio Agamben, Altissima povertà / Highest poverty, 20122
Attualità del tipo abbaziale per una nuova comunità culturale Contemporary value of the abbey type for a new cultural community
L’incipit fondativo
The founding incipit
È presumibile pensare che fosse già la tarda primavera del 1298, nel mese di maggio considerato il clima rigido dell’epoca, quando la compagnia dei monaci cistercensi provenienti dall’abbazia di Chiaravalle della Colomba, presso Fiorenzuola, guidati da Zenone da Ulmeta e dal converso Uberto, esperti nell’arte del costruire, arrivò sul luogo contraddistinto da terreni incolti, pochi chilometri a nord di Parma, messi a disposizione dal cardinale Gerardo Bianchi – natio della vicina Gainago, legato pontificio in Sicilia e diplomatico in Francia, con alti ruoli ecclesiastici e vicino a Bonifacio VIII – al fine di iniziare l’edificazione di un nuovo monastero3. Duecento anni dopo la fondazione del novum monasterium di Cîteaux con la nascita dell’ordine cistercense da parte di Roberto di Molesme (1098), la nuova abbazia in terra parmense assunse il nome di Valserena, in variante alla denominazione di Clairvaux, l’abbazia fondata dal Santo Bernardo nel 1115, e nella cui filiera rientra Chiaravalle della Colomba (1136), secondo la genealogia derivata dalle abbazie madri di La Ferté, Pontigny, Morimond ed appunto Clairvaux che contraddistingue la riproduzione dell’insediamento cenobitico cistercense in tutta l’Europa medioevale. Il luogo prescelto è posto nella contrada di S. Martino cosiddetta dei Bocci, secondo la dedica al santo di una piccola pieve preesistente e le condizioni ambientali caratterizzate ancora da vaste aree boschive e cespugliose, sicuramente già perlustrate e valutate dai monaci costruttori nella inspectio loci che canonicamente precedeva l’azione fondativa. In questo ultimo scorcio del XIII secolo, dove ormai le città, attraverso la spinta delle istituzioni
We must suppose that it was already the late spring of 1298, in the month of May, considering the harsh climate of the time, when the company of Cistercian monks from the abbey of Chiaravalle della Colomba at Fiorenzuola, guided by Zenone da Ulmeta and a lay brother Uberto, experts in the art of building, arrived at the site distinguished by the uncultivated land, a few kilometres to the north of Parma, granted by Cardinal Gerardo Bianchi – born in nearby Gainago, Pontifical Legate in Sicily and diplomat in France with high ecclesiastical roles and close to Pope Boniface VIII – in order to begin the construction of a new monastery3. Two hundred years after the foundation of the novum monasterium of Citeaux with the birth of the Cistercian order thanks to Robert of Molesme (1098), the new abbey near Parma took the name of Valserena, with a variant of the designation of Clairvaux, the abbey founded by Saint Bernard in 1115, and related to Chiaravalle della Colomba (1136), according to the genealogy derived from the parent abbeys of La Ferté, Pontigny, Morimond and Clairvaux itself, which simultaneously distinguished that reproduction of the Cistercian coenobium throughout medieval Europe. The place chosen lay in the district of San Martino called “of the Bocci”, according to the dedication to the saint of a small pre-existing parish church and environmental surroundings still characterized by vast wooded and bushy areas, surely already surveyed and evaluated by the monk builders in the inspectio loci that normally preceded any foundation work. In this last glimpse of the 13th century, where by now the city, through the drive of the municipal
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Un ipotetico percorso dei monaci di Chiaravalle della Colomba lungo la via Emilia, attraverso Fidenza (A), il guado sul Taro (B), la porta ovest di Parma (C), il Palazzo Vescovile (D), sino ai terreni di San Martino dei Bocci a Paradigna (E). luogo di fondazione della nuova abbazia. Speculative route taken by the monks from Chiaravalle della Colomba along the via Emilia, through Fidenza (A), the ford over the Taro (B), the west gate of Parma (C), the Palazzo Vescovile (D), as far as the land of San Martino dei Bocci, Paradigna (E). The site where the new abbey was founded.
comunali e dei nuovi circuiti commerciali, hanno ritrovato un forte ruolo nello sviluppo territoriale – fase storica questa di cui il Battistero di Parma, completato attorno al 1270, costituisce un manifesto costruttivo e iconico esemplare – potrebbe apparire inconsueta la fondazione di un monastero cistercense nell’epoca dell’ormai prossimo prevalere degli ordini mendicanti, tra cui domenicani e francescani, per molti aspetti organici non meno che funzionali al processo di rinascita delle città. La risposta, aldilà delle ragioni particolari del caso, risiede probabilmente nella vocazione dei monasteri, e di quelli cistercensi in particolare, alla definizione di processi sistematici di trasformazione antropica dei contesti ancora naturali del territorio, particolarmente efficaci sia sul piano dell’innovazione tecnica ed economico produttiva che dell’organizzazione comunitaria, quindi di un insediamento, per certi aspetti, non solo di supporto ma anche competitivo rispetto alla città, a ri
institutions and new trading routes, had played a strong role in the territorial development – a historical phase of which the Baptistery of Parma, completed around 1270, constitutes a construction manifesto and iconic example – it might seem unusual to found a Cistercian monastery in the era of the by-then imminent prevalence of the mendicant orders, including Dominicans and Franciscans, for many systematic aspects quite separate from those influencing the process of the city’s rebirth. The answer, beyond the reasons of the particular case, probably lay in the vocation of the monasteries, and the Cistercian ones in particular, to define systematic processes of anthropic transformation of still natural local contexts, particularly effective in terms of technical innovation, economic production, and community organization, hence a settlement, in certain aspects, that was not only supportive but also competitive with respect to the city, underscoring the funda-
Attualità del tipo abbaziale per una nuova comunità culturale Contemporary value of the abbey type for a new cultural community
La sezione del Battistero di Parma in un calco di Renato Rizzi (R. Rizzi, Parma inattesa.Lo spazio del pudore, Parma, MUP, 2015). Madonna in trono con Bambino, Santi e il Cardinale Gerardo Bianchi, interno del Battistero, inizio XIV secolo. Section through the Baptistery of Parma in a cast by Renato Rizzi (R. Rizzi, Parma inattesa. Lo spazio del pudore, Parma, MUP, 2015). Enthroned Madonna with Child and Saints and Cardinal Gerardo Bianchi, inside the Baptistery, early 14th century.
badire il ruolo fondamentale delle campagne nello stimolo ai processi di sviluppo urbano. D’altra parte è stato il monachesimo già dal V secolo a incentivare l’evoluzione socio-economica e culturale dei vasti territori dell’Occidente, a volte ancor più di quanto non fecero le città, le corti e le sedi vescovili, attraverso una straordinaria tradizione di rete insediativa che, dopo l’iniziale sviluppo mediorientale, assume una valenza strategica capace di strutturare un vasto ambito geografico di già delineata configurazione europea. Ma tornando a quell’ipotetico maggio del 1298, il giorno 15, come testimonierebbe un’epigrafe andata perduta, al monaco Zenone e al suo committente cardinale Bianchi non doveva certo essere ignota la vicinanza dell’erigenda abbazia a due componenti territoriali di fondamentale importanza dal punto di vista infrastrutturale. Meno di duecento metri ad ovest, la strada per
mental role of the movements in stimulating the processes of urban development. On the other hand, by the 5th century, it was monasticism that was stimulating the socio-economic and cultural trends of the vast territories of the West, sometimes even more than the cities, the courts and the Episcopalian seats, through the extraordinary tradition of a settlement network which, after the initial development of the Middle East, assumed a strategic value capable of structuring a vast geographical scope of an already charted European configuration. But returning to that hypothetical May of 1298, on the 15th day, as a lost epigraph would demonstrate, the monk Zenone and his principal Cardinal Bianchi could not have been unaware of the closeness of the abbey being built to two territorial components of fundamental importance from the point of view of infrastructure.
Abbazia di San Giovanni Evangelista a Parma. Postergali intarsiati del coro cinquecentesco con vedute urbane derivate da composizioni architettoniche a carattere analogico. Abbey of San Giovanni Evangelista in Parma. The inlaid seatbacks of the sixteenth-century choir with urban views from architectural compositions of a similar character.
il nord della bassa Lombardia, ma ancor di più, circa un chilometro ad est, la via d’acqua del canale Navile, collegante il Po con le darsene della città, dove sbarcava, tra l’altro, buona parte del materiale lapideo per le fabbriche del Duomo e soprattutto del Battistero antelamico. La cultura idraulica sviluppata dai cistercensi coglie il vantaggio non solo, come in questo caso, di un’infrastruttura navigabile e quindi idonea al trasporto futuro del surplus produttivo dell’abbazia, nonché all’approvvigionamento di acqua per gli ambienti abbaziali e le colture pertinenziali, ma anche rispetto alla disponibilità di forza motrice idraulica che consente l’attività molitoria e delle prime officine. Produzione, tecnologia, socialità, rappresentatività, in combinazione con l’apparato complesso di un esercizio religioso teso a rivivificare la missione evangelica e la regola monastica benedettina, tuttavia in un contesto storico di forte ripresa dei processi di sviluppo urbano, rendono il complesso abbaziale un vero e proprio punto di riferimento territoriale, capa
Less than two hundred metres to the west, the road to the north of the Lombardy plain, but more importantly, about one kilometre to the east, the Navile canal connecting the Po with the city’s docks, where, inter alia, a good part of the stone for the construction site of the Cathedral disembarked, and especially for the Baptistery by Antelami. The watercourse culture developed by the Cistercians not only profited, as in this case, from a navigable infrastructure suitable for the future transport of the abbey’s production surplus, as well as supplying water for the abbey and its crops, but also from the availability of motive power which allowed the operation of mills and the first workshops. Production, technology, sociability, representativeness, in combination with the complex apparatus of a religious establishment aimed at revivifying the evangelical mission and the Benedictine monastic rule, within a historical context of a strong recovery of urban development, made the abbey complex a real point of
Attualità del tipo abbaziale per una nuova comunità culturale Contemporary value of the abbey type for a new cultural community
Planimetria dell’abbazia di Clairvaux nel 1708 (incisione di C. Lucas). Ground plan of the Abbey of Clairvaux in 1708 (engraving by C. Lucas).
ce di esplicare, nella sua azione di centralità, il senso di un potere che avrà riflessi sia sul piano politico che della crescita economica del contesto di appartenenza. A partire dall’antefatto fondativo di espressione di una volontà di costruzione comunitaria, al progetto che si vuole applicare al complesso abbaziale di Valserena, da ri-fondarsi nella sua nuova configurazione universitaria, converrà soffermarsi su alcuni aspetti della cultura monastica, nella sua evoluzione storica, assumibili quali riferimenti analogici in grado di entrare in dialettica con le categorie interpretative dello stesso processo progettuale.
territorial reference, capable of exerting, in its action of centrality, the sense of a power that would be reflected in both the political and economic growth of its own context. Starting from its founding background, namely, the expression of a desire to build a community, and the project applied to the abbatial complex of Valserena to reconstitute itself in its new university configuration, we should dwell on certain aspects of the monastic culture in its historical evolution, assumable as analogical references that can enter a dialectical relationship with the interpretive categories of the design process.
Il fenomeno monastico tra isolamento e apertura
The monastic phenomenon between isolation and opening
Se adottiamo quale principio della vita monastica la ricerca del desertum – come testimoniano le Regole monastiche occidentali del VI e VII secolo, in grado di sistematizzare sul piano teorico le prime
If we adopt the search for desertum as a principle of monastic life – as attested by the western monastic rules of the 6th and 7th centuries, able to systematize the first experiences of the 4th centu
con Colombano sul continente già alla fine del VI secolo, suggerisce un criterio di organizzazione insediativa del cenobio attraverso una gerarchizzazione su base concentrica dello spazio abitato, laddove «il primo, inviolabile, era quello in cui i monaci vivevano la loro esistenza separata dal mondo, in continua preghiera; il secondo, quello dove si concentravano le attività di natura pratica e profana necessarie alla vita quotidiana dei monaci e che richiedevano un certo grado di contatto con il mondo esterno; il terzo, infine, era costituito dallo spazio della mediazione con il saeculum»9. Attraverso il grande sviluppo del monachesimo nella fase merovingia e poi carolingia, l’idea di immaginare il monastero come luogo urbano ideale, ma non meno reale e presente sul contesto territoriale, si fa sempre più evidente. I complessi abbaziali assumono un’articolazione formalmente compiuta e articolata sia sul piano della ritualità sacra, in particolare quella processionale – che replica metaforicamente il modello di Roma città santa attraverso la costruzione di diverse chiese e percorsi di raccordo all’interno del recinto abbaziale – sia su quello di una economia organizzata che attira un nutrito numero di abitanti che si sentono così aderenti a una sorta di civitas, pur sotto la giurisdizione dell’istituto monacale e, a sua volta, del relativo protettorato di natura regale oltre che papale. Il caso del monastero di Centula, il cui sviluppo è promosso dallo stesso Carlo Magno alla fine dell’VIII secolo, dimostra un’entità insediativa paragonabile a quella di una città non solo attraverso la realizzazione di grandi chiese capaci di definire una sistema di polarità forti, secondo una strategia tipica di strutturazione della città in Occidente, ma anche di spazi per le attività complementari al claustrum quali piazze, vie pubbliche munite di botteghe, mulini e reparti di produzione artigianale, spazi di mercato e, si stima, oltre duemila case abitate da secolari da cui i monaci ricavano rendite consistenti, veri e propri borghi urbani, sino a una serie di piccoli villaggi satelliti a creare una gerarchia di relazione tra un monastero con funzione di centro ca-
fusion on the continent with Columbanus by the end of the 6th century, suggested a criterion of settlement organization of the coenobite through a concentric hierarchical classification based on the inhabited space, where “the first inviolable one was where the monks lived their lives separated from the world in continuous prayer; the second where the focus was on activities of a practical and profane nature necessary for the daily life of the monks and requiring a certain degree of contact with the outside world; the third and final one constituted by the space of mediation with the saeculum”9. Through the major development of monasticism in the Merovingian and then Carolingian ages, the idea of imagining the monastery as an ideal urban place, but no less real and present within the territorial context, was becoming ever more evident. The abbey complexes assumed a formally accomplished and articulate design both on the plane of their sacred rituals, in particular the processional – which metaphorically replicated the model of Rome the holy city through the construction of several churches and connecting paths inside the abbey enclosure – and on the level of an organized economy that attracted a large number of inhabitants who thus felt part of a sort of civitas, albeit under the jurisdiction of the monastic institute and, in turn, its protectorate of a regal as well as papal variety. The case of the Monastery of Centula, whose development was promoted by Charlemagne himself at the end of the 8th century, demonstrated a settlement type comparable to that of a city, not only in its creation of large churches to define a system of strong polarities according to a typical strategy of structuring the city in the West, but also its spaces for activities complementary to that of claustrum, such as squares, public thoroughfares featuring shops, mills, handicraft workshops, market spaces and, it is estimated, over two thousand houses inhabited by lay persons from whom the monks derived a substantial income, genuine urban villages, including a series of small satellite villages to create a hierarchy of relationship between a
A lato: pianta ideale dell’abbazia di San Gallo (IX secolo) con ricostruzione del prospetto (S. Fiorese, Sussidiario di architettura, Cuneo, Araba Fenice, 2007). To the side: idealized plan of the Abbey of Saint Gall (9th century) with reconstruction of the elevation (S. Fiorese, Sussidiario di architettura, Cuneo, Araba Fenice, 2007).
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Ingresso principale | Main Entrance Torre di San Michele | The tower of St. Michael Torre di San Gabriele | The tower of St. Gabriel Abside occidentale | Western apse Altare di San Pietro | Altar of Saint Peter Fonti battesimali | Baptismal fonts Altare di San Giovanni | Altar of St. John Altare della Croce | Altar of the Cross Pluteo | Pluteus Altare della Vergine e di San Gallo | Altar of the Virgin and St. Gall 11. Abside orientale | Eastern apse 12. Maestri dei novizi | Novice masters 13. Parlatorio | Parlour 14. Biblioteca e sala studio | Library and study room 15. Sacrestia | Sacristy 16. Dipendenze | Annexes 17. Foresteria | Guest quarters 18. Scuola | School 19. Casa dell’abate | Abbot’s house 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10.
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20. Infermeria | Infirmary 21. Casa del fratello medico | Physician’s house 22. Giardino (medicinali) | Herb garden 23. Cucina | Kitchen 24. Bagni | Toilets 25. Ospedale | Hospital 26. Chiesa con absidi opposti (malati) | Church with opposite apses (sick) 27. Chiesa con absidi opposti (novizi) | Church with opposite apses (novices) 28. Noviziato | Novitiate 29. Riserva | Spare room 30. Dormitorio dei frati | Monks’ dormitory 31. Latrine | Latrines 32. Refettorio | Refectory 33. Cantine | Cellars 34. Chiostro | Cloister 35. Residenza dei pellegrini | Pilgrims’ residence 36. Scuderie | Stables 37. Stalle | Barns 38. Fabbrica delle botti | Cooperage
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39. Aia | Farmyard 40. Granai | Granaries 41. Essicatoio per la frutta | Fruit drying house 42. Sala di ristoro | Dining room 43. Panetteria | Bakery 44. Distilleria | Distillery 45. Mulino | Mill 46. Laboratorio | Workshop 47. Granai | Granaries 48. Cimitero | Cemetery 49. Casa del giardiniero | Gardener’s house 50. Frutteto | Orchard 51. Casa del palafraniere | Groom’s house 52. Cortile | Courtyard 53. Carri e carrette | Coach house 54. Locali dei servi | Servants’ quarters 55. Stalla agnelli | Sheep pen 56. Stalla porco | Pigsty 57. Stalla capre | Goat pen 58. Stalla giumente | Mare pen 59. Stalla vacche | Cow stall
Planimetria del complesso abbaziale. Le parti coincidenti con quelle già demolite o soggette a demolizione sono campite in chiaro (ASPr 1827). Ground plan of the abbey complex. The lighter areas show parts already demolished or subject to demolition (ASPr 1827).
pevoli della sua originaria ragione progettuale e fondativa, rimette in gioco il proprio apparato spaziale attraverso l’analogia funzionale, fruitiva e rappresentativa, con risultati che possono andare ben oltre la sola possibilità di adattamento.
of its original design and founding reason, once again puts its spatial apparatus at stake through its functional, fruitive and representative similarity, with results that can extend well beyond the mere possibility of adaptation.
La versione di Valserena
The Valserena version
Anche l’impianto distributivo dell’abbazia di Valserena trova ben precisi riscontri formali e di logica relazionale tra le parti con riferimento
The distribution layout of the Valserena Abbey finds precise formal and relational confirmation among its parts with reference to the French cas-
Attualità del tipo abbaziale per una nuova comunità culturale Contemporary value of the abbey type for a new cultural community
XIV secolo | 14th century XVI secolo | 16th century XVII-XVIII secolo | 17th-18th century
Datazione storica di costruzione delle parti abbaziali, salvo gli interventi di modificazione e rifacimento verificatisi successivamente. Historical dating of construction of the parts of the Abbey, except for alterations and rebuilding that took place later.
alla casistica francese della filiera di Clairvaux, da cui deriva Chiaravalle della Colomba (1136) a sua volta abbazia madre della stessa Valserena, soprattutto sotto l’aspetto dell’articolazione tipologica riguardante il rapporto tra la chiesa e il sistema dei corpi costruiti conformanti il chiostro. Il disegno planimetrico dell’abbazia secondo un rilievo napoleonico datato 1812, quindi in grado di fotografare la massima espressione dello sviluppo del complesso antecedente alle fasi demolitorie probabilmente avvenute pochi anni dopo,
es of the Clairvaux series, from which Chiaravalle della Colomba (1136) was derived, becoming in turn the mother abbey of Valserena, especially in terms of its typological divisions concerning the relationship between the church and the system of buildings making up the cloister. A drawing of the abbey’s ground plan in a Napoleonic survey dated 1812, therefore capable of photographing the maximum expression of the complex’s development prior to the demolition phases that probably occurred just a few years later, imme
Lato ovest di un tratto del corpo dei conversi con il palinsesto murario delle trasformazioni storiche dal XIV al XVIII secolo. Il ripristino delle aperture archiacute sui fianchi dalla chiesa (con volti polilobati in cemento degli anni Sessanta). Part of the west side of the lay brothers’ building, with traces in the brickwork of the historical transformations from the 14th to the 18th centuries. Restoration of the mullioned windows on the sides of the Church (with concrete polylobed arches from the Sixties).
mette da subito in evidenza il ruolo chiave, regolatore, del chiostro delimitato a nord dal corpo di fabbrica della chiesa; a est dall’ala della sacrestia, della sala capitolare, del parlatorio, con il passaggio verso l’esterno e la scala diurna che portava al soprastante dormitorio; a sud dal corpo del refettorio, del calefactorium (sala del camino) e delle cucine; infine a ovest dall’ala dei conversi con tutti gli spazi dedicati alle attività lavorative e di vita nonché alla conservazione delle derrate.
diately highlights the key regulating role of the cloister, bounded to the north by the bulk of the church; to the east by the wing of the sacristy, the chapterhouse, the parlour with its passage towards the exterior and the diurnal scale that led to the dormitory upstairs; to the south by the refectory, the calefactorium (fireplace room) and the kitchens; finally to the west by the lay brothers’ wing with all the spaces dedicated to work and daily life as well as the preservation of
Attualità del tipo abbaziale per una nuova comunità culturale Contemporary value of the abbey type for a new cultural community
L’impianto a base quadrata del chiostro, la cui perfezione geometrica è assunta a ruolo simbolico di rapporto con il trascendente, attraverso la linearità ritmata dei portici dà adito innanzitutto a sistemi di collegamento lineari nord-sud che raccordano lo sviluppo progressivo dell’abbazia in direzione sud, attraverso un processo di addizione storica costituito da una serie di corpi di servizio e con funzioni di ospitalità, mentre il lato nord vede l’elemento finito, simbolicamente assoluto, del corpo basilicale della chiesa dotato di due accessi separati dedicati rispettivamente ai monaci e ai conversi. In senso est-ovest il chiostro intercetta l’asse di attraversamento dell’intero complesso, una linea di orientamento decumanico, cerniera relazionale tra le parti dell’aggregato abbaziale, che parte dall’intersezione con la strada maestra verso Colorno sino al primo portale abbaziale di ingresso alla corte rurale e oltre attraverso il corpo dei conversi, il portico del chiostro, per fuoriuscire infine a est, oltre il parlatorio, lungo il percorso tra orti e giardini che porta a un padiglione (una cappella
foodstuffs. The square plan of the cloister, whose geometric perfection was taken as a symbolic role of the relationship with the transcendent, through the rhythmic linearity of the porticoes gave rise above all to systems of a linear northsouth connection that joined the progressive development of the abbey southwards through a process of historical additions consisting of a series of service and accommodation facilities, while the north side saw the finished, symbolically absolute, element of the basilica body of the church with its two separate entrances dedicated respectively to the monks and the lay brothers. In an east-west direction, the cloister intercepts the crossing axis of the entire complex, a decumanus-style line, a pivot between the parts of the abbatial aggregate, starting from the intersection with the main road towards Colorno as far as the first gateway to enter the rural court and beyond through the lay brothers’ building, the portico of the cloister, to finally exit to the east, past the parlour, along the route between the vegetable gardens and lawns that leads to a
Il ritrovamento archeologico, nell’area del chiostro demolito, di questo frammento lapideo, con simbologia templare riportante la data del 1481, testimonia di uno sviluppo significativo di Valserena anche in fase rinascimentale. The archaeological discovery, inside the demolished cloister, of this stone fragment with Templar symbols, bearing the date 1481, testifies to a significant development of Valserena during the Renaissance.
L’interno della chiesa tra spogliazioni ed usi impropri precedenti la fase di restauro (foto Tosi, fine anni Cinquanta). The interior of the church with depredation and improper usage before the restoration (photo Tosi, late Fifties).
[...] per un pensatore, quindi, una visita a un museo presenterà vero interesse solo quando ne sarà sprizzata d’improvviso una di quelle idee che gli appaiono subito, ricche e capaci di generarne altre parimenti preziose. [...]For a thinker, then, a visit to a Museum will present real interest only when it suddenly inspires one of those ideas that appear immediately rich and able to generate other equally valuable ones. Marcel Proust, Pittori / On art and literature1
Il congegno spazio-funzionale dell’archivio - museo - laboratorio The spatial-functional device of the archive - museum - workshop
Dialettiche tipologico-funzionali
Typological-functional dialectics
Nella tipologia abbaziale cistercense, il meccanismo produttivo di causa-effetto tra funzioni e forme dello spazio costruito si esplica in termini sistemici, pur secondo una dialettica non deterministica, così restituendo la dimensione di un organismo fondato su criteri di modularità, economicità, proporzione, adattabilità determinanti le strutture essenziali di un costruire concettualmente razionale, capace di contestualizzarsi, quindi figurativamente denotato secondo variazioni significative. Anche nel caso di Valserena siamo di fronte a un articolato spaziale che assume la caratteristica del congegno in virtù di una disposizione logica tra le componenti costruite e i relativi portati funzionali. In tale dispositivo, l’espressione della forma scaturisce non solo dal denotato delle figure geometriche – a partire dalla pianta dei singoli spazi –ma anche dalla dinamica relazionale leggibile nell’impianto generale attraverso le sue componenti infrastrutturali, dove i rapporti tra le parti costruite risultano determinanti, in chiave compositiva, per il risultato formale complessivo. La prerogativa tipologica di questa sistematica formale non può prescindere dal fattore funzionale in senso compositivo secondo quanto affermava Gianugo Polesello: «Io credo che la storia (ed anche il senso) del tipo sia proprio questa: l’acquisire individualità (riconoscibilità e definitezza nella forma di figura) attraverso una sua messa in opera». Un processo identificativo, questo, di messa in funzione della forma che, ricorda sempre Polesello, non può che generarsi attraverso il potere significante dell’uso secondo Wittgenstein quando afferma che «è l’uso che fa
In the Cistercian abbey typology, the productive mechanism of the cause & effect relationship between the functions and forms of the constructed space is expounded in systemic terms, albeit according to a non-deterministic dialectic, thus providing the dimension of an organization founded on criteria of modularity, economy, proportion, and adaptability determining the essential structure of a conceptually rational construction, capable of contextualizing itself, and therefore figuratively characterized according to significant variations. In the case of Valserena too, we are faced with a spatial division that assumes the characteristic of a mechanism through a logical arrangement of the built components and the related functional outcome. In this mechanism, the expression of the form stems not only from the geometrical figures – starting from the layout of the individual spaces – but also from the relational dynamic legible in the overall system via its infrastructure components, where the relationship between the constructed parts are decisive in a compositional key for the overall formal result. The typological prerogative of this formal orderliness cannot ignore the functional factor in the compositional sense as stated by Gianugo Polesello: “In my view, the history (and also the meaning) of ‘type’ is precisely this: the acquisition of individuality (recognizability and finality in the form of a figure) through its deployment.” An identifying process of using form which, as Polesello again reminds us, can only be generated through the signifier power of its use as stated by Wittgenstein when he said that “only in use is a rod a lever”2. The space-levers of the
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Parziale confronto tassonomico tra impianti cistercensi: Aiguebelle (A); Morimondo (B); Chiaravalle milanese (C); Casamari (D); Fossanova (E); Fontenay (F). Partial taxonomic comparison between Cistercian ground plans: Aiguebelle (A); Morimondo (B); Chiaravalle milanese (C); Casamari (D); Fossanova (E); Fontenay (F).
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di un’asta una leva»2. Le leve-spazio del congegno abbaziale sono chiostri, corti, portici, scale, sale, stanze, androni, grandi ambienti colonnati, lunghi corridoi, gallerie, la solenne aula basilicale e le cappelle della chiesa, recinti e percorsi esterni. Parti che testimoniano di un uso necessario, secondo una messa in atto del dispositivo tipo-morfologico in chiave funzionale. Il tutto opera come un sistema concatenato, dove ogni componente si rapporta all’altra nella consapevolezza di un funzionamento complessivo, di una coralità, dove le attribuzioni di ruolo non possono che essere ben definite. D’altra parte il senso di questa funzionalità compositiva si traduce perfettamente in un quadro di coerenza morfologica che, come sottolinea Antonio Cadei, corrisponde alla prerogativa cistercense di «un progetto generale che può essere eseguito a blocchi e che è informato alla stessa lucida razionalità che caratterizza tracciati in pianta e schemi geometrici di alzato»3. La funzione aggregativa del chiostro, che dall’originaria fase fondativa sino probabilmente alla metà del Trecento, vede la realizzazione delle parti essenziali del complesso, tra chiesa e corpi di delimitazione dello stesso, mantiene nei secoli il ruolo regolatore di regimazione dell’impianto che si sviluppa per addizioni più che sostituzioni successive, di inspessimento a ovest dei corpi dei conversi e di espansione della corte rurale pentagonale a partire dal Cinquecento, nonché di sviluppo verso sud della fabbrica abbaziale con un nuovo chiostro e ulteriori fabbricati in fase sei-settecentesca. L’impianto tipologico si espande ma non si altera, conservando e riproducendo, nei corpi aggiunti, la propria logica di orientamento, distribuzione, collegamento, proporzione modulare. Una persistenza dell’impianto tipologico che rimanda a un vasto ambito di dibattito teorico dell’architettura, prevalentemente italiana, che ha dimostrato la necessità di rileggere le ragioni spaziali dell’architettura moderna del Novecento all’interno dei processi conformativi di una città intesa come opera d’arte collettiva che rappresenta, attraverso le forme tipologiche, la struttura del proprio sviluppo storico. Una aderenza al tipo non tanto in termini di ideologica replicazione, ma piuttosto di comprensione della natura dei fatti urbani su cui si inscrive l’apporto del progetto, dialetticamente chiamato a ricono-
abbey mechanism are its cloisters, courtyards, arcades, stairs, rooms, hallways, large colonnaded environments, long corridors, tunnels, the solemn basilica and the chapels of the church, its enclosure, and the outdoor pathways. Parts which bear witness to a necessary use through implementation of the typo-morphological device in a functional key. Everything operates as a concatenated system, where each component is related to another with the awareness of an overarching operation, a symphony where the allocations of the parts can only be well defined. Conversely, the sense of this compositional functionality translates perfectly in a framework of morphological consistency which, as Antonio Cade has emphasized, corresponds to the Cistercian prerogative of “a general project that can be carried out in blocks and is informed by the same lucid rationality that characterizes the lines of the plan and the geometric patterns of the elevation”3. The function of the aggregative cloister, which from the original founding stage, probably in the mid-fourteenth century, saw the realization of the essential parts of the complex, from the church to the structures delimiting it, has maintained over the centuries its role of regulating the plan which developed by additions rather than replacements, densifying to the west with the lay brothers’ buildings and expanding the pentagonal rural court starting from the sixteenth century, as well as developing the abbey’s fabric southwards with a new cloister and further buildings in the sixteenth- to eighteenth-century phases. The typological system expanded but did not change, the added structures preserving and reproducing its pattern of orientation, distribution, connection, and modular proportion. A persistence of the typological plan that recalls a wide-ranging theoretical debate on architecture, mainly in Italy, with a demonstrable need to reread the spatial motives of modern architecture of the twentieth century within the configurative processes of a city understood as a collective artwork that represents the structure of its historical development through its typological forms. An adherence to type not so much in terms of ideological replication, but in an understanding of the nature of the urban details that the contribution of the project is inscribed
La mole cospicua della chiesa ulteriormente accentuata dal paramento settecentesco di facciata. The striking immensity of the church further accentuated by the eighteenth-century cladding of the façade.
in chiesa. Un ambiente dove si abbassa il livello di illuminazione e subentra una calma anche visiva, quasi a voler ottenere una decompressione dai precedenti stimoli immaginifici, preliminare all’incontro con il grande spazio museale della chiesa.
church. A space where the level of illumination is lowered, and a calm begins that is also visual, almost seeking to operate a “decompression” from the previous visual stimuli, prior to encountering the great museum space of the church.
Museo 8. Il laboratorio grande della chiesa
Museum 8. The great workshop of the church
Nell’Apologia ad Guillelmum Abbatem, attraverso la nota formula retorica «deformis formositas, formosa deformitas», Bernardo di Clairvaux stigmatizza l’uso del repertorio di immagini soprattutto scultoree – quelle con figure capaci di suscitare curiosità e distogliere dalla ricerca del trascendente coinvolgendo in modo ambiguo il simbolismo dell’immaginario animale, vegetale ed antropomorfo – che decora le architetture del monachesimo a lui contemporaneo, in particolare di ambito cluniacense. In sintonia con un’interpretazione più ortodossa della regola benedettina, il santo cistercense utilizza l’ideologia iconoclastica quale strumento di significazione estetica della ricerca di assoluto, di rapporto diretto e non mediato dal linguaggio umano con la dimensione
In the Apologia ad Guillelmum Abbatem, through the well-known rhetorical formula “deformis formositas, formosa deformitas”, Bernard of Clairvaux condemned the use of the repertoire of images – especially sculptural – with figures that might arouse curiosity and detract from the search for the transcendent, unaccountably involving the symbolism of animal, vegetable and anthropomorphic imagery – which decorated the monastic architecture of his time, above all in the Cluniac sphere. In keeping with a more orthodox interpretation of the Benedictine Rule, the Cistercian saint used iconoclastic ideology as a tool of aesthetic significance in the search for the absolute, a direct relationship with the realm of the divine not mediated by human language.
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del divino. In realtà questo allontanarsi da forme di linguaggio che coinvolgono aspetti della vita materiale e delle culture antropologiche sotto forma simbolico-narrativa, finirà per riprodurre una denotazione estetica ancor più caratterizzata, quella capace di distaccarsi dall’aneddotica figurativa di prevalente funzione decorativa, coerentemente agli obiettivi di una rinnovata ortodossia dei valori monacali, cioè quella dell’architettura e del suo linguaggio geometrico spaziale, tra astrazione e senso del sublime, riportato nella cultura
In reality, this departure from forms of language that involved aspects of material life and anthropological cultures in a symbolic/fictional form, would reproduce an even more characterized aesthetic, one that could detach itself from the figurative anecdotes of the prevailing decorative function in line with the objectives of a renewed orthodoxy of monastic values, i.e. that of architecture and its geometric spatial language, between abstraction and a sense of the sublime, related in Cistercian culture to an essentiality
Pop Art, Arte e ideologia, Arte concettuale e Controdesign Pop Art, Art and Ideology, Conceptual Art and Controdesign
L’opera in mostra The work on show Il disegno della satira Satirical drawings Fare ricerca: interazione tra archivi Research: interaction between archives
Il progetto del corpo The body project Comunicare con le immagini Communicating with images
Il progetto degli oggetti The object project Storie di architettura Architectural stories Dipingere l’architettura Painting architecture Pittura materia téchne Painting material téchne
Foto-grafia Photo-graphy Abitare la scena Inhabiting the scene Il disegno della scultura Sculpture drawings L’archivio cresce The growing archive
Il progetto dell’arte The art project L’ordinamento museale della chiesa secondo una logica di rappresentanza dei generi e dei settori artistici raccolti nell’archivio dello CSAC. The museums of the church arranged by the genres and artistic sectors collected in the CSAC archive. Nelle pagine seguenti: il punto di vista del visitatore dall’estremità ovest della navata. Una veduta prospettica riassuntiva. On the following pages: the viewpoint of the visitor from the western end of the nave. A summary perspective view.
La scabrosità dei laterizi danneggiati delle colonne polilobate nella zona espositiva della crociera. The roughness of the damaged stonework of the polylobed columns in the exhibition area of the cross-vault.
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Uno scorcio da est della navata su cui affacciano le pseudo cappelle dei diversi generi artistici rappresentati. A glimpse from the east of the nave overlooked by the pseudo chapels of the various artistic genres represented.
cistercense ad una essenzialità sia strutturale che formale di chiara impronta proto-moderna. Quando oggi il visitatore entra nella chiesa dell’abbazia di Chiaravalle, a fronte di un’esposizione museale costituita da centinaia di opere d’arte contemporanea appartenenti ai diversi generi della raccolta dello CSAC, appare perlomeno straordinario, nel senso letterale del termine, che questo gran concerto di figure e immagini possa disporsi nel vano più rappresentativo, quello del rito liturgico, di una chiesa cistercense che, almeno all’origine, nasce quale modello di purezza ed essenzialità formale in antitesi alla corruzione mondana delle immagini. Quasi per effetto di una nemesi secolare, il mondo eloquente delle immagini non religiose sembra ora poter definitivamente entrare nel luogo abbaziale consegnato al ruolo di archivio-museo così ridefinendone almeno in parte l’identità. In realtà il riproporsi dell’immaginario figurativo inizia a Valserena, come in molte altre abbazie cistercensi, ben prima delle attuali fasi di riutilizzo funzionale e valorizzazione monumentale.
that was both structural and formal of a clear proto-modern stamp. When the visitor enters the church of the Abbey of Chiaravalle today, in front of a museum display consisting of hundreds of works of contemporary art belonging to different genres from the CSAC collections, it appears at the very least extraordinary, in the literal sense of the term, that this great concert of figures and images can be arranged in the most representative part, that of the liturgical rite of a Cistercian church which, at least in the beginning was born as a model of purity and formal essentiality in antithesis to the worldly corruption of images. Almost as a result of a secular nemesis, the eloquent world of non-religious images now seems to be able to definitively enter the place of the abbey given over to the role of an archive-museum, thus redefining its identity, at least in part. In truth, the recurrence of the figurative imaginary began at Valserena, as in many other Cistercian abbeys, well before the current phases of functional reuse and monumental valorization. Decorative apparati and sacred rep
ziale e funzionale quanto simbolico e identitario dell’archivio-museo-laboratorio dello CSAC, dove l’università dell’oggi rianima un’abbazia del Trecento e viceversa, forse dovremmo, in coerenza con la logica descrittiva che abbiamo utilizzato, cioè quella del percorso di visita, uscire dall’abbazia in quanto visitatori che lasciano il luogo per procedere verso altre mete. Riguadagnata una certa distanza, lo sguardo ormai consapevole registrerebbe l’immagine elevata, l’apparire maestoso del monumento abbaziale che allude alle cose appena vissute – opere, funzioni, figure, persone, esperienze e soprattutto storie – all’interno di un condensato architettonico al tempo stesso unitario e composito appoggiato sopra la sua pianura. Verrebbe alla mente, in definitiva, un pensiero heideggeriano: «Dovremmo imparare a riconoscere che le cose stesse sono i luoghi e non solo appartengono a un luogo»22.
university of today has resuscitated an abbey of the fourteenth century and vice versa, perhaps we ought, in coherence with the descriptive logic used, i.e. the visit itinerary, exit from the abbey as visitors who are leaving the place to proceed to other destinations. Having regained a certain distance, the by-now informed gaze would grasp the imposing image, the majestic appearance of the abbey monument that alludes to things already experienced – works, functions, figures, people, experiences and especially stories – within an architectural condensate lying on its plain that is both unitary and composite. We might ultimately recall a thought of Heidegger: “We should learn to recognize that things themselves are places and do not only belong to a place”22.
M. Proust, Pittori, Milano, Abscondita, 2006, pp. 32-33. G. Polesello, L’architettura del teatro e i luoghi spazio della città (contemporanea), in La Città del Teatro, a cura di C. Quintelli, Milano, Clup, 1989, p. 184. 3 A. Cadei, Architettura Monastica, in Atti del XI convengo Internazionale di Studi sull’Alto Medioevo (Milano, 1987), Spoleto (PG), Centro studi sull’Alto Medioevo, 1989, p. 810. 4 L’analisi storico tipologica complementare all’approccio fenomenologico ha costituito una parte essenziale nella revisione dell’epistemologia del Movimento Moderno operata dell’architettura italiana a partire dal dopoguerra, attraverso «Casabella» di Rogers e la Scuola di Venezia di Samonà, il determinismo storicista di Saverio Muratori, l’approccio dialettico degli esponenti della generazione successiva facenti riferimento al Gruppo Architettura dello Iuav, animato da Carlo Aymonino, e a figure per diversi aspetti più autonome come Aldo Rossi e Guido Canella, sino alla fine degli anni Ottanta. 5 Cfr. CSAC! La guida, a cura di F. Zanella, D. Colombo, Milano, All Around Art, 2016. 6 R. Arnheim, Il pensiero visivo, Torino, Einaudi, 1974, p. 347. 7 A.C. Quintavalle, CSAC quarant’anni: l’archivio del Novecento, in Nove100 Arte, fotografia, architettura, moda, design, a cura di A.C. Quintavalle, G. Bianchino, Milano, Skira, 2010, p. 21. 8 F. Pouillon, Les pierres sauvages, Paris, Du Seuil, 1964, p. 22, citazione in italiano ricavata da G. Barazzetta, All’ombra di Pouillon, Siracusa, Lettera Ventidue, 2016, p. 75. 9 P.A. Burton, «Formosità deforme» e «Deformità formosa». L’estetica della Croce come etica mistica della bellezza in Bernardo di Clairvaux, in Cistercensi: arte e storia, a cura di T.N. Kinder, R. Cassanelli, Milano, Jaca Book, 2015, p. 31. 10 Riguardo all’interpretazione di alcuni studiosi dell’ordine cistercense sul tema delle immagini si fa riferimento al saggio di D. Pezzini, Aelredo di Rievaulx e la polemica cister-
Proust, On Art and Literature 1896-1919, New York, Carroll & Graf, 1997. 2 G. Polesello, L’architettura del teatro e i luoghi spazio della città (contemporanea), in La Città del Teatro, edited by C. Quintelli, Milan, Clup, 1989, p. 184. 3 A. Cadei, Architettura Monastica, in Acts of the 11th International Convention on the Early Middle Ages, (Milan, 1987), Spoleto (PG), Centro Studi sull’Alto Medioevo, 1989, p. 810. 4 Historical typological analysis complementary to the phenomenological approach constituted an essential part of revising the epistemology of the Modern Movement by postwar Italian architecture, through Rogers’ “Casabella” and Samonà’s School of Venice, the historicist determinism of Saverio Muratori, the dialectical approach of the exponents of the next generation referring to the Gruppo Architettura of the Iuav, led by Carlo Aymonino, and to figures who were in many ways more independent, such as Aldo Rossi and Guido Canella, up until the end of the Eighties. 5 See CSAC! La guida, edited by F. Zanella, D. Colombo, Milan, All Around Art, 2016. 6 R. Arnheim, Visual Thinking, Turin, Einaudi, 1974, p. 296. 7 A.C. Quintavalle, CSAC quarant’anni: l’archivio del Novecento, in Nove100 Arte, fotografia, architettura, moda, design, edited by A.C. Quintavalle, G. Bianchino, Milan, Skira, 2010, p. 21. 8 F. Pouillon, Les Pierres Sauvages, Paris, Du Seuil, 1964, p. 22. 9 P.A. Burton, «Formosità deforme» e «Deformità formosa». L’estetica della Croce come etica mistica della bellezza in Bernardo di Clairvaux, in Cistercensi: arte e storia, a cura di T.N. Kinder, R. Cassanelli, Milano, Jaca Book, 2015, p. 31. 10 As regards the interpretation of some scholars of the Cistercian order on the theme of images, see the essay by D. Pezzini, Aelredo di Rievaulx e la polemica cistercense
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Il congegno spazio-funzionale dell’archivio-museo-laboratorio The spatial-functional device of the archive-museum-workshop
cense sulla funzione dell’arte, ovvero del buon uso delle immagini, in Deformis formositas, formosa deformitas, «Quaderni dell’Abbazia. Rivista della Fondazione Abbatia Sancte Marie de Morimundo e del Museo dell’Abbazia di Morimondo», numero unico 2010. 11 D. Diderot, Arte, bello e interpretazione della natura, Milano, Mimesis, 2013, p. 134. 12 S. Zuliani, Dalla parte del museo, in La magnifica ossessione, a cura di N. Boschiero, Milano, Electa, 2014, p. 61. 13 M. Proust, Pittori, cit., p. 31. 14 Il workshop “Presenze scultoree” è stato organizzato presso lo CSAC con docenti e studenti delle scuole di architettura delle università di Parma, Venezia, Milano, Roma La Sapienza, Bologna dal 21 al 29 luglio 2016. Oltre a docenti e tutors architetti hanno partecipato gli artisti Alis/Filliol, Alice Cattaneo, Paolo Icaro Chissotti. 15 M. Heidegger, Corpo e spazio, Genova, il nuovo melangolo, 2010, p. 19. 16 C. Quintelli, Pubblico paesaggio, in Pubblico Paesaggio, Atti del Festival dell’Architettura 4 (Parma, Reggio Emilia, Modena, 2007-2008), a cura di E. Prandi, Parma, Festival dell’Architettura Edizioni, 2008, p. 10. 17 C. Tosco, Andare per le abbazie cistercensi, Bologna, il Mulino, 2017, p. 80. 18 A.C. Quintavalle, Analisi storico-critica dell’ambiente. Teoria e forma del territorio nell’Emilia occidentale, in La regione culturale. Ipotesi di un modello insediativo per l’Università di Parma, a cura di F. Clemente, Milano, Etas Kompass, 1973, p. 30. 19 A. Cadei, Architettura Monastica, cit., p. 805. 20 Nell’ambito del concorso ICOM - Musei e Paesaggi culturali (2016), lo CSAC ha già presentato un primo progetto (Valserena fase 3) di «intervento di rigenerazione paesaggistica tesa al coinvolgimento delle realtà locali per una riflessione complessiva del territorio». 21 C. Quintelli, Cosa intendiamo per Food Valley?, in Cosa intendiamo per Food Valley?, Atti del convegno “1. Parma Food Valley simposium. Forum Cittaemilia 2”, a cura di C. Quintelli, Parma, Festival dell’Architettura Edizioni, 2011, p. 7. 22 M. Heidegger, L’arte e lo spazio, Genova, il melangolo, 1995, p. 33.
sulla funzione dell’arte, ovvero del buon uso delle immagini, in Deformis formositas, formosa deformitas, “Quaderni dell’Abbazia”. Magazine of the Abbatia Sancte Marie de Morimundo Foundation and the Museum of the Abbey of Morimondo”, single issue 2010. 11 D. Diderot, On the Interpretation of Nature [1603], in Id., Thoughts on the Interpretation of Nature and Other Philosophical Works, Manchester, Clinamen Press Ltd, 2000. 12 S. Zuliani, Dalla parte del museo, in La magnifica ossessione, edited by N. Boschiero, Milan, Electa, 2014, p. 61. 13 M. Proust, On Art and Literature 1896-1919, cit. 14 The “Sculptural Presences” workshop was organised at the CSAC with teachers and students from the schools of architecture of the Universities of Parma, Venice, Milan, Rome La Sapienza, and Bologna from 21 to 29 July 2016. In addition to teachers and tutors of architecture it was attended by the artists Alis/Filliol, Alice Cattaneo, Paolo Icaro Chissotti. 15 M. Heidegger, Corpo e spazio, Genova, il nuovo melangolo, 2010, p. 19. 16 C. Quintelli, Public Landscape, in Public Landscape, Acts of the Festival of Architecture 4 (Parma, Reggio Emilia, Modena, 2007-2008), edited by E. Prandi, Parma, Festival dell’Architettura Edizioni, 2008, p. 10. 17 C. Tosco, Andare per le abbazie cistercensi, Bologna, il Mulino, 2017, p. 80. 18 A.C. Quintavalle, Analisi storico-critica dell’ambiente. Teoria e forma del territorio nell’Emilia occidentale, in La regione culturale. Ipotesi di un modello insediativo per l’Università di Parma, edited by F. Clemente, Milan, Etas Kompass, 1973, p. 30. 19 A. Cadei, Architettura Monastica, cit., p. 805. 20 In the context of the ICOM competition for Museums and Cultural Landscapes (2016), the CSAC had already presented a first draft (Valserena Phase 3) of “operation to rehabilitate the landscape aimed at involvement the local surroundings for a total reflection of the territory.” 21 C. Quintelli, What do we mean by Food Valley?, in What do we mean by Food Valley? Ordering and producing: architectural matrices of the territory of the Via Emilia, Acts of the Convention “Parma Food Valley Symposium. Forum Cittaemilia 2”, edited by C. Quintelli, Parma, Festival dell’Architettura Edizioni, 2011, p. 7. 22 M. Heidegger, , Corpo e spazio, Genova, il nuovo melangolo, 2010, p. 19
L’abbazia da sud-est, distesa sulla pianura nella bruma mattutina. The Abbey from the south-east, lying on the plain in the morning mist.
Il congegno spazio-funzionale dell’archivio-museo-laboratorio The spatial-functional device of the archive-museum-workshop
Finito di stampare nel mese di luglio 2018 per conto della casa editrice Il Poligrafo srl presso la Grafiche Q&B di Mestrino (Padova)
il progetto dell’arch
1. Carlo Quintelli L’Abbazia archivio | museo | laboratorio Un progetto architettonico per lo CSAC
in preparazione
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Fondare e ri-fondare: origine e sviluppo della città di Parma. Costruzione di un’identità policentrica lungo la via Emilia tra Parma, Reggio e Modena a cura di Alessia Morigi e Carlo Quintelli