Musica & Figura, 2, 2013, Il Poligrafo

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dipartimento dei beni culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica - universit di padova fondazione ugo e olga levi - venezia

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Direttori Franco Bernabei, Antonio Lovato Comitato scientifico e di redazione Lucia Boscolo Folegana, Franco Colussi, Giuseppina Dal Canton Paola DessÏ, Cristina Guarnieri, Marta Nezzo Dilva Princivalli, Vittoria Romani, Diego Toigo, Giuliana Tomasella Andrea Tomezzoli, Anna Valentini, Giovanna Valenzano Consulenti Xavier Barral-i-Altet, Giulio Cattin, Ian Fenlon Matthias Schneider, Gianni Carlo Sciolla, Catherine Whistler I contributi pubblicati sulla rivista sono soggetti a peer review La rivista viene pubblicata con il contributo di Università degli Studi di Padova - Dipartimento dei Beni Culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica Fondazione Ugo e Olga Levi - Venezia


dipartimento dei beni culturali: archeologia, storia dell'arte, del cinema e della musica - universit di padova fondazione ugo e olga levi - venezia

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periodicità: annuale sede della redazione c/o Dipartimento dei Beni Culturali: archeologia, storia dell’arte, del cinema e della musica 35139 Padova | Piazza Capitaniato, 7 tel. +39 049 8274673 | fax +39 049 8274670 www.beniculturali.unipd.it abbonamento Italia: e 25,00 (con aggiunta delle spese di spedizione) estero: e 35,00 (con aggiunta delle spese di spedizione) le richieste di abbonamento possono essere inoltrate all’indirizzo casaeditrice@poligrafo.it amministrazione Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova | via Cassan, 34 tel. 049 8360887 | fax 049 8360864 e-mail amministrazione@poligrafo.it direttore responsabile Andrea Tomezzoli in attesa di autorizzazione presso il Tribunale di Padova

in copertina elaborazione da un disegno di Paul Klee, Pädagogisches Skizzenbuch, 1924 progetto grafico Il Poligrafo casa editrice Laura Rigon copyright © giugno 2014 Il Poligrafo casa editrice Fondazione Ugo e Olga Levi Università degli Studi di Padova Il Poligrafo casa editrice 35121 Padova - via Cassan, 34 (piazza Eremitani) tel. 049 8360887 - fax 049 8360864 e-mail casaeditrice@poligrafo.it www.poligrafo.it isbn 978-88-7115-850-1 issn 2284-032x


indice

7 Presentazione Franco Bernabei, Antonio Lovato 11

Sant’Agostino e l’ambivalenza del potere del suono. Un’ipotesi interpretativa Alessandra Ignesti

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Il fidecommisso del cardinale Ludovico Ludovisi e la Madonna del passeggio di Raffaello Claudia Caramanna, Marialucia Menegatti

57

Copiando Dürer, Tiziano e Raffaello. Gli affreschi di Girolamo Dal Santo nella cappella dell’Immacolata in San Francesco Grande Barbara Maria Savy

71

Il viaggio artistico di Thomas Coryat nella Repubblica di Venezia (1608) Luca Frildini

97

Quando la musica diventa protagonista: figure mitiche e allegoriche nei dipinti di inizio Seicento Anna Valentini

117

Giovanni Tebaldini, «La scuola veneta di musica sacra» e il recupero dell’antico Pier Luigi Gaiatto (†)


147

Il canto piano nella musica per organo di Jean Langlais (1907-1991) Elena Mazzanotto

163

Considerazioni sul ruolo di Peggy Guggenheim nella promozione dell’arte americana a Venezia: una mostra ritrovata Chiara Di Stefano

177 Illustrazioni

217 Recensioni


La rivista «Musica & Figura» è stata pensata principalmente per i giovani studiosi, per offrire una sede amica alle ricerche da loro intraprese negli anni di vita universitaria e post-universitaria nell’ambito del Dipartimento di Beni Culturali e della Scuola di Dottorato in Storia, critica e conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Padova, senza tuttavia escludere contributi degli studiosi più affermati dello stesso ambito. Non si tratta di una scelta identitaria esclusiva: le identità, giovani e meno giovani, vanno costruite e verificate criticamente, perciò non vi è alcuna chiusura verso proposte che vengano dal di fuori, attraverso auspicabili contatti e collaborazioni suggeriti dalle varie strategie di ricerca. Ma non si rinnega il desiderio di vedere uniti sforzi e risultati prodotti da una comunità di lavoro nello svolgimento della sua attività e nel ricambio generazionale, scegliendo risultati che presentino caratteri di originalità. Il progetto ha trovato sollecitazioni concrete quando l’intenzione di alcuni docenti si è imbattuta nella volontà di un gruppo di allievi della Scuola di Dottorato di dar vita a incontri di studio, da loro decisi e organizzati in autonomia, su un tema che accomunasse le diverse specialità in essa presenti, in vista di una pubblicazione: il che è accaduto con varietà di risultati ma costanza di propositi. L’entusiasmo delle nuove leve è stato l’incentivo per i veterani a riprendere il percorso avviato dalla «Rassegna Veneta di Studi Musicali», che già aveva saputo interpretare simili istanze grazie alla felice intuizione di Giulio Cattin e dell’indimenticabile Giovanni Morelli, che ricordiamo con immutato affetto anche come animatore di questo nostro progetto. L’impresa non sarebbe stata possibile se al contributo del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova non si fosse aggiunto l’apporto della Fondazione Ugo e Olga Levi di Venezia. La collaborazione con la Levi è ormai storica nel nostro Dipartimento, dove gli studi


artistici e musicali hanno trovato interessanti punti di convergenza in convegni, incontri di studio, partecipazione comune a progetti d’ateneo e progetti nazionali di ricerca, oltre che nell’attivazione di specifici insegnamenti (Civiltà musicale classica, Iconografia musicale, Paleografia musicale) e in numerose attività della stessa Scuola di Dottorato. La collaborazione fra i due ambiti di studio si svolge sia sul piano estetico sia su quello storico: ricerca di criteri comparati della valutazione artistica, sulla base della considerazione intellettuale o del fondamento corporeo delle arti, in un sistema coordinato o in varie contrapposizioni di meccanico e liberale; linee maestre della storiografia artistica e musicale, specialmente nell’ambito della nascita delle discipline moderne e in rapporto alla cultura nazionale; l’uso di musica e arti visive come fattori di unità sedimentata nel tempo, tra fughe in avanti e indocili ritorni; memoria e tutela del patrimonio culturale nella sua complessità. Ma sono stati effettuati anche sondaggi su definite e significative situazioni storiche, dove una committenza comune scopriva promettenti filoni d’indagine. Da qui i progetti interdisciplinari sulle relazioni tra arti visive e musica nei corali veneti, nelle testimonianze della civiltà medioevale e nella cultura promossa dalle corti rinascimentali, fino alla valutazione critica dei prodotti artistico-musicali nelle riviste dell’Otto e del Novecento. Questo nucleo metodologico e tematico ci è servito per giustificare l’unità di “musica e figura” della quale la rivista si fregia, dove il termine “figura”, illustrato in un memorabile saggio di Erich Auerbach, non ci serve solo a indicare le arti visive come secondo termine dell’unità, ma ci invita ad aggirare la specularità dell’immagine verso quella dimensione profetica e metaforica che il grande filologo vedeva nella concezione medievale e dantesca di essa; così da diventare agevolmente allusione all’attività artistica e all’invenzione musicale nella loro autenticità. La scelta dei contributi (sottoposti al vaglio di un comitato di esperti, e successivamente di revisori italiani e stranieri, che ringraziamo per il loro aiuto) viene effettuata in base all’effettivo interesse e alla qualità specialistica. Saranno valorizzati esiti di ricerche storiche e documentarie, ma lo stesso interesse riguarderà contributi di metodo e analisi stilistiche, che non facciano mai perdere di vista quell’istanza valutativa che è anche tentativo di qualificazione linguistica originale dei nostri oggetti di studio. Non favoriremo quindi solo contributi utili a rinsaldare l’unità fra le due anime della rivista, ma lasceremo che le collusioni nascano da sé, dalle iniziative che potranno presentarsi. Franco Bernabei Antonio Lovato


Musica

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Quando la musica diventa protagonista: figure mitiche e allegoriche nei dipinti di inizio Seicento

Anna Valentini

Il presente contributo rientra in una più ampia ricerca sull’iconografia musicale ferrarese, nell’ambito della quale sono state censite le opere a soggetto musicale prodotte nella città emiliana tra XVI e XVII secolo. Il repertorio preso in esame è particolarmente significativo, perché in quel periodo il catalogo di elementi attinenti l’iconografia musicale in Italia registra importanti novità. Mentre in precedenza la musica era stata una presenza prevalentemente accessoria di soggetti che, tramite essa, dovevano essere connotati (santa Cecilia, Apollo, Marsia, Orfeo, David, i concerti angelici), ora incominciano a farsi significativi, sia per quantità che per rilevanza, i temi nei quali la musica figura come protagonista principale della raffigurazione pittorica. Il concerto, il ritratto di uno o più musicisti e la rappresentazione della musica stessa in veste di dama o di genio diventano gli attori della scena. Le immagini allegoriche, in particolare, possono così essere lette come lo specchio di un mutamento  A. Valentini, Iconografia musicale a Ferrara tra XVI e XVII secolo, tesi di Dottorato di ricerca, Università di Padova, Scuola di Dottorato di ricerca in Storia e Critica dei beni artistici, musicali e dello spettacolo, a.a. 2011/2012. Ringrazio i relatori Antonio Lovato e Alessandra Pattanaro per avermi seguito nella ricerca; ringrazio inoltre Barbara Ghelfi per le indicazioni sulla pittura ferrarese.  Cfr. C. Strinati, R. Vodret, La nuova rappresentazione dei soggetti musicali tra Cinquecento e Seicento, in Colori della Musica. Dipinti, strumenti e concerti tra Cinquecento e Seicento, catalogo della mostra (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini, 15 dicembre 2000 - 28 febbraio 2001; Siena, Santa Maria della Scala, 6 aprile - 17 giugno 2001), a cura di A. Bini, C. Strinati, R. Vodret, Milano, Skira, 2000, pp. 17-29. Cfr. anche R. Vodret, C. Strinati, Le nuove rappresentazioni della musica. Con alcune osservazioni sul Discorso di Vincenzo Giustiniani, in Il genio di Roma. 1592-1623, catalogo della mostra (Londra, Royal Academy of Arts 20 gennaio -  16 aprile 2001; Roma, Palazzo Venezia, 10 maggio - 31 luglio 2001), a cura di B.L. Brown, Milano, Rizzoli, 2001, pp. 90-113.

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anna valentini

culturale e le fonti iconografiche nel loro insieme diventano una lente d’ingrandimento per analizzare l’idea di musica propria di un determinato contesto storico-geografico. È quanto si intende dimostrare analizzando le immagini di figure mitiche e allegoriche prodotte a Ferrara all’inizio del Seicento. Dopo l’identificazione iconografica dei simboli e dei relativi significati, si procederà a contestualizzare le immagini dentro la tradizione figurativa del tema specifico. Per questo saranno indagate le possibili relazioni sia con le opere prodotte localmente e comprese, quindi, nell’orizzonte culturale dell’artista, sia con quelle che divennero punto di riferimento in una dimensione più vasta, perché riconosciute come modello nella trattazione di uno specifico soggetto figurativo. L’accertamento delle circostanze della commissione, quando conosciute o desumibili mediante la ricerca archivistica, contribuirà a chiarire le intenzioni e i messaggi affidati alle immagini dall’artista e dal committente. Attraverso un simile percorso sarà possibile appurare quanto l’ambito ferrarese fosse aperto ad accogliere temi innovativi sperimentati altrove e a rinnovarli con interpretazioni originali. Nello stesso tempo si potrà constatare come le forme e le modalità di produzione e fruizione artistica, musicale e, più in generale, culturale fossero condivise dalle città e dalle corti della penisola italiana, per quanto separate da confini politici e distanze geografiche. 1. L’Orfeo-Goretto di Carlo Bononi Il pittore ferrarese Carlo Bononi (1575/1580?-1632) era agli esordi della sua carriera quando, intorno al 1606, dipinse un Orfeo che ammansisce le fiere con il suono della lira (fig. 1). Orfeo ha la bocca socchiusa, a indicare che è impegnato nel canto; l’espressione ispirata insinua l’idea della soavità della melodia eseguita, mentre le labbra appena schiuse richiamano le prescrizioni sul canto da camera, presenti sia nell’iconografia del cantante che nella trattatistica. A connotare il personaggio vi è la corona  Solo di qualche anno precedente sono tre dei dipinti, interessanti non tanto per la rilevanza dei dettagli musicali, quanto per le circostanze della commissione, di cui si si dirà al § 4.  A titolo d’esempio si può citare Camillo Maffei il quale, nel Discorso della voce (1562), enumera regole molto chiare riguardo al contegno del cantante: «La sesta è, che distenda la lingua di modo, che la punta arrivi, e tochi, le radici de’ denti di sotto. La settima è, che tenga la bocca aperta, e giusta, non più di quello che si tiene quando si ragiona con gli amici». G.C. Maffei, Discorso della voce, Napoli, Raymundo Amato, 1562, pp. 34-35.

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figure mitiche e allegoriche nei dipinti di inizio seicento

d’alloro sul capo e la lira, ad Orfeo tradizionalmente assegnata; egli la impugna con la sinistra, appoggiata alla roccia, mentre tiene l’archetto in aria con la mano destra, quasi fosse in attesa di riprendere l’esecuzione. Seduto sopra una roccia, sul limitare di una foresta, proprio sopra il suo capo un ramo dell’albero di alloro si protende ad accogliere un fringuello che, ancora con le ali spiegate, si sta posando. Sullo sfondo si intravedono la corrente turbolenta di un torrente e l’ingresso di una caverna che allude alle porte del Tartaro, ove l’eroe si introdusse per tentare di salvare Euridice. Diversi animali accorrono da lontano per ascoltare il suo canto; oltre a quelli riconoscibili – l’elefante, il leone, lo struzzo, l’orso, il cavallo, il cervo e la gazzella –, dal limite sinistro del dipinto fanno capolino due curiose creature fantastiche dalle caratteristiche vagamente antropomorfe. Appaiono in coppia, a differenza di tutte le altre, e potrebbero essere interpretate come una approssimativa – se non impropria – rappresentazione delle Eumenidi. Non esiste un antecedente ferrarese del quale tenere conto nell’analisi dell’opera; ma, se manca una tradizione figurativa utile a chiarire le scelte dell’artista, è tuttavia possibile cercare un riscontro nelle fonti letterarie e negli eventi che lasciarono un segno nella cultura coeva. La figura mitica di Orfeo infatti, da sempre legata alla musica, era uno dei soggetti più frequentati in funzione di un’esaltazione del potere incantatorio ad essa attribuito. I testi a cui gli artisti si ispirarono per la sua raffigurazione furono diversi e, tra quelli più antichi e autorevoli, maggiormente utilizzate sono state le narrazioni di Virgilio e Ovidio. Non queste, però, bensì il racconto di Seneca è quello che più sembra corrispondere alla rappresentazione del Bononi. Nell’Hercules furens, infatti, Seneca narra che

«Septem illum totos perhibent ex ordine menses rupe sub aeria deserti ad Strymonis undam flesse sibi et gelidis haec evolvisse sub astris mulcentem tigres et agentem carmine quercus» (Dicono che per sette mesi / Orfeo piangesse senza requie sotto una rupe a picco / sulla riva deserta dello Strímone, e che narrasse le sue pene / sotto il gelo delle stelle, ammansendo le tigri / e trascinando col canto le querce). P. Virgilio Marone, Georgiche, a cura di Mario Ramous, Milano, Garzanti, 1982, IV, 507-510, pp. 200-201. Ancor meno aderente all’immagine il passo di Ovidio, del quale si omette pertanto la trascrizione, per la qualse si rimanda a: Ovidio, Opere, Le metamorfosi, Torino, Einaudi, 2000, X, pp. 432-435, vv. 86-105. 

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anna valentini

Immites potuit flectere cantibus umbrarum dominos et prece supplici Orpheus, Eurydicen dum repetit suam. Quae silvas et aves saxaque traxerat ars, quae praebuerat fluminibus moras, ad cuius sonitum constiterant ferae, mulcet non solitis vocibus inferos, et surdis resonat clarius in locis. deflent Eumenides Threiciam nurum, Deflent et lacrimis difficiles dei, et qui fronte nimis crimina tetrica quaerunt ac veteres excutiunt reos flentes Eurydicen iuridici sedent.

L’identificazione del personaggio effigiato dal Bononi risulta immediata oggi come al momento in cui fu realizzato il dipinto, in quanto il mito di Orfeo godeva di un’ampia diffusione e come diverse furono le fonti che lo trasmisero, altrettanto diversificati furono, dall’antichità sino al Rinascimento, i significati simbolici ad esso assegnati. Tuttavia, è l’anno di realizzazione del dipinto, il 1606 se non quello precedente o il successivo, che offre una chiave di lettura per una corretta comprensione iconologica. In quel frangente, infatti, erano state poste in musica ben  «Ha potuto piegare i duri sovrani delle ombre con il canto e le preghiere di supplice Orfeo, quando cercò di riavere la sua Euridice. Quell’arte che aveva trascinato foreste, uccelli e sassi, che aveva offerto una sosta ai fiumi, al cui suono si erano arrestate le bestie feroci, intenerisce gli Inferi con le insolite modulazioni e risuona più armoniosa che mai nei luoghi che non conoscono suoni. Le Eumenidi piangono la giovane donna di Tracia, piangono anche gli dei insensibili alle lacrime e persino quelli che con fronte tanto severa indagano sui misfatti e scrutano gli antichi colpevoli siedono a giudicare Euridice, piangendo». Seneca, Hercules furens, Milano, BUR, 1999, pp. 112-115.  Orfeo fu anticamente sovrapposto alla figura cristiana del pastor bonus nei mosaici e nelle pitture dell’arte paleocristiana, come nelle catacombe romane di Priscilla o nella Domus dei tappeti di pietra, a Ravenna, risalente all’inizio del VI secolo: in esse l’iconografia di Orfeo che ammansisce le belve si trasforma in quella del buon pastore della parabola Ego sum Pastor bonus (Gv 10,11-18); cfr. A. Bottazzi, Degli emblemi o simboli dell’antichissimo sarcofago esistente nella chiesa cattedrale di Tortona, Tortona, Francesco Rossi, 1824, in part. il capitolo “Simbolo della parabola Ego sum Pastor bonus in contrapposizione ad Orfeo”, pp. 33-55). Nel Rinascimento Orfeo venne associato a un’idea di politica della persuasione capace, come la musica, di civilizzare e stabilire armonia e concordia; tale interpretazione, celebrata in poesia da Agnolo Poliziano con la Fabula di Orfeo (1480), fu assunta dai Medici come tema mitologico prediletto, in quanto richiamava l’azione pacificatrice del loro governo su Firenze (cfr. A. Poliziano, Orfeo, a cura di A. Tissoni Benvenuti, con il testo critico dell’originale e delle successive forme teatrali, Padova, Antenore, 1986). In senso analogo, Orfeo fu assimilato anche alla figura del re David (cfr. C. Santarelli, Tipologie di Re Davide nei codici miniati medievali, in Prospettive di iconografia musicale, a cura di N. Guidobaldi, Milano, Mimesis, 2007, pp. 109-110).

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figure mitiche e allegoriche nei dipinti di inizio seicento

tre versioni dello stesso mito: l’Euridice di Ottavio Rinuccini, con musica di Iacopo Peri, rappresentata il 6 ottobre 1600 a Palazzo Pitti a Firenze; il medesimo testo intonato due anni dopo nella stessa sala da Giulio Caccini; infine, nel febbraio del 1607, la Favola d’Orfeo di Claudio Monteverdi su libretto di Alessandro Striggio, patrocinata a Mantova dai Gonzaga. Non è secondario notare che la triplice intonazione del medesimo soggetto coincide con i primi esempi di applicazione delle nuove tecniche monodiche al teatro musicale e, dunque, con i prodromi dell’opera in musica. Se, poi, queste originarie esperienze si riferiscono tutte a Orfeo, si può ben comprendere quanto tale figura fosse la personificazione più calzante di un’idea condivisa dagli ambienti intellettuali del tempo, che esaltavano la musica perché capace di domare le forze della natura e di placare gli animi umani. Interpretando la sensibilità culturale dell’epoca, quindi, la raffigurazione di Orfeo del Bononi costituirebbe una celebrazione del potere incantatorio della musica, che rinvia indirettamente alle prime rappresentazioni di teatro musicale. Uno studio recente fornisce utile documentazione riguardo alle circostanze della committenza del dipinto, rafforzando tale ipotesi. Il giovane ritratto nelle vesti di Orfeo non è altri che Goretto figlio di Antonio Goretti (1570 ca - 1647), noto musicista e collezionista ferrarese ben inserito negli ambienti aristocratici e accademici, legato da rapporti di collaborazione e vincoli di protezione con i più importanti compositori contemporanei, compreso Claudio Monteverdi (1567-1643).  Sulla trattazione del tema nella letteratura drammatica dal Quattrocento al primo Seicento cfr. N. Pirrotta, Li due Orfei. Da Poliziano a Monteverdi, Torino, Einaudi, 1975.  Cfr. B. Ghelfi, Fra musica e pittura a Ferrara: la famiglia Goretti, Carlo Bononi e il Guercino, «Nuovi studi. Rivista di arte antica e moderna», 13, 2008 (2009), pp. 127-140.  La frequentazione tra Goretti e Monteverdi risaliva almeno al 1598, quando a casa del primo avvenne l’audizione dei madrigali monteverdiani, alla presenza dell’autore, circostanza che originò la famosa disputa con l’Artusi (cfr. G.M. Artusi, L’Artusi, ovvero Delle imperfettioni della moderna musica, Venezia, Giacomo Vincenti, 1600); una successiva collaborazione tra i due si registra nel 1628, quando Monteverdi e Goretti risiedettero per alcuni mesi a Parma insieme allo staff ferrarese responsabile dei festeggiamenti per il matrimonio di Odoardo Farnese culminati con l’inaugurazione dell’omonimo Teatro. Una esaustiva bibliografia sulle feste parmensi in D. Fabris, Bentivoglio Goretti Monteverdi e gli altri: ancora sulle feste di Parma del 1628, in Claudio Monteverdi. Studi e prospettive, atti del convegno (Mantova, 21-24 ottobre 1993), a cura di P. Besutti, T.M. Gialdroni, R. Baroncini, Firenze, Olschki, 1998, pp. 391-414: 394. Per le implicazioni con la presente ricerca, la partecipazione delle maestranze ferraresi e i rapporti Monteverdi/Goretti si segnala: A. Cavicchi, Teatro Monteverdiano e tradizione teatrale ferrarese, in Claudio Monteverdi e il suo tempo, congresso internazionale (Venezia-Mantova-Cremona, 3-7 maggio 1968), a cura di R. Monterosso, Verona, Stamperia Valdonega, 1969; S. Reiner, Preparations in Parma 1618, 1627-28, «The Music Review», 25, 1964, pp. 273-301; I. Lavin, Lettres de Par-

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claudia caramanna, marialucia menegatti

1. Tiziano, Arianna a Nasso (Gli andri), 1523-1524 ca, Madrid, Museo del Prado

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il fidecommisso del cardinale ludovico ludovisi

2. Tiziano, Giardino di Venere (Offerta a Venere), 1518-1519 ca, Madrid, Museo del Prado

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claudia caramanna, marialucia menegatti

3. Tiziano, Madonna con Bambino, san Giovannino e santa Caterina, 1529-1532 ca, Londra, National Gallery

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il fidecommisso del cardinale ludovico ludovisi

4. Correggio, Noli me tangere, 1525 ca, Madrid, Museo del Prado

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anna valentini

1. Carlo Bononi (1575-80?-1632), Ritratto di Goretto Goretti in veste di Orfeo, Bologna, L’Arcimboldo S.r.l.s. di Marcantonio Savelli

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figure mitiche e allegoriche nei dipinti di inizio seicento

2. Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610), Suonatore di liuto, New York, The Metropolitan Museum of Arts

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anna valentini

5. Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610), Amor vincit omnia, Berlin-Dahlem, Staatliche Museen

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figure mitiche e allegoriche nei dipinti di inizio seicento

6. Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610), La musica, New York, The Metropolitan Museum of Art

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anna valentini

7. Ambito di Bernardo Strozzi (1581-1644), Amore vincitore, Roma, collezione privata 8. Astolfo Petrazzi (1580-1653), Amore vincitore, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini

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figure mitiche e allegoriche nei dipinti di inizio seicento

9. Orazio Riminaldi (1593-1630), Amore vincitore, Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti 10. Rutilio Manetti (1571-1639), Amore vincitore, Dublino, National Gallery of Ireland

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ISSN 84-3x

«Musica & Figura» propone studi di storia dell’arte e di storia della musica, frutto dell’attività di ricerca prodotta anzitutto nell’ambito del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova. La rivista, pur accogliendo contributi specifici dell’uno e dell’altro campo, intende, ove possibile, valorizzare le relazioni e i nessi che intercorrono tra le due discipline, che emergono dallo studio dei comuni modelli storiografici, dalla ricognizione di ambiti di committenza e condizioni sociali favorevoli, dall’analisi dei rispettivi linguaggi, il cui confronto ha prodotto nel tempo importanti modelli di riflessione metodica.

e 8,

ISBN 978-88-75-85-


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