Giorgio Macchi Progetti

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maestri Alberto Ferlenga Rettore Univerità Iuav di Venezia

È passato un po’ di tempo da quando nella redazione di «Casabella» ascoltavo Giorgio Macchi narrare le sue avventure nel mondo delle strutture, tra numeri, cedimenti, trazioni. I racconti del Professore descrivevano con passione e semplicità un mondo complesso al quale non sempre gli architetti riescono ad appassionarsi e il cui fascino è difficile dedurre, quando si è studenti, dalle lezioni universitarie e dai manuali. Macchi descriveva le operazioni messe in atto per contrastare l’abbassamento del suolo nella cattedrale di Città del Messico; la vera e propria epopea alla quale un gruppo di studiosi di varie discipline e nazioni ha dato vita per la messa in sicurezza della torre di Pisa; le sue verifiche relative alla stabilità delle torri di Pavia e di altri monumenti. Le spiegazioni di quei fenomeni erano la dimostrazione di come si possa ricostruire, a ritroso, quella parte della storia di un edificio che non riguarda solo il suo assetto statico iniziale, ma anche la sua esistenza successiva: un percorso di lenti adeguamenti della massa e dei materiali ad eventi non sempre prevedibili o di reazioni repentine a fatti drammaticamente distruttivi. Ne usciva una conoscenza complementare a quella che si può trarre dallo studio delle espressioni formali di un’architettura o dei documenti storici, ma fondamentale per comprendere realmente la vita di un edificio. Quei racconti, e le narrazioni che si susseguono in questo volume a commento dei progetti, hanno alle spalle una grande tradizione dell’ingegneria italiana. Macchi vi appartiene per discendenza diretta, fa infatti parte di quel pugno di strutturisti che tra Torino, Milano, Roma e Venezia è stato protagonista di una straordinaria vicenda che ha avuto il suo culmine temporale tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta del Novecento e fondamentali figure di riferimento in personaggi del calibro di Gustavo Colonnetti, Pier Luigi Nervi, Riccardo Morandi, Silvano Zorzi, Franco Levi, Sergio Musmeci, Aldo Favini. Figure di maestri – e Macchi usa spesso nel suo libro questo termine – come per lui effettivamente furono, nel senso più ampio, Colonnetti “Maestro del mio Maestro” e soprattutto Levi e poi ancora Zorzi per la lunga collaborazione professionale. Maestri della teoria e della pratica che si formarono sul campo, partecipando alla ricostruzione del Paese e coniugando impegno civile e culturale. Una schiera di ingegneri che alle cognizioni tecniche univano anche una rara sensibilità estetica, che ci ha lasciato opere e progetti di grande qualità formale (dal ponte di


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