Moggio maggio 2013

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Direttore: Gaetano Fiacconi Editore: Ass.Culturale “Il Moggio” Direttore Artistico: Mario M. Marroni Grafica: Enrico Socciarello Stampa: Tipografia Pievese

PERIODICO DI CITTÀ DELLA PIEVE

e-mail: ilmoggiocdp@libero.it

“Il Moggio” Periodico di informazione e cultura a diffusione gratuita - Anno VI, Numero 1 - Maggio 2013 - Decreto Iscrizione n.825 del 04/06/2008 Tribunale di Orvieto

SCUOLA Il Progetto

G.Fiacconi a pag. 4 Una sera di qualche mese fa mi è capitato di incontrare il nostro Assessore alla Cultura, Maria Luisa Meo, proprio in piazza, una di quelle sere ancora gelide in cui sembra che a Città della Pieve ci sei solo tu… Maria Luisa si avvicina e mi dimostra il suo dispiacere nell’aver appreso dal social network Facebook che aspettavo una sua risposta. Tutti e due ci ridiamo un po’ su, lei mi parla di “salotto interinale” e io di “occasione di dialogo”. Fermi sulla pubblica piazza – salotto di dialogo – apriamo finalmente a quattr’occhi la questione della Scultura di Romeo Mancini. Racconto che prima ancora del social network avevo lanciato la mia curiosità su “Il Moggio” convinto che l’opera fosse solo stata spostata in occasione della costruzione del nuovo edificio scolastico… Comunico a Maria Luisa la mia idea sulla preziosità dell’opera e che se pure volessimo considerarla inutile, pericolosa o soggettivamente brutta, in quanto segno di un periodo storico, che in Umbria ha avuto come padre Gerardo Dottori, resta da tutelare. Per onore di verità, Maria Luisa mi racconta di aver cercato a lungo nelle carte comunali e così scopro che l’opera non è dono dell’artista, ma acquisto dell’Amministrazione Comunale; informazione che mi conferma poi il nostro direttore artistico Mario Marco Marroni. La scultura è “l’opera simbolo” – azione che in passato di regola si associava alla inaugurazione di edifici pubblici – per l’apertura del nuovo complesso scolastico all’inizio degli anni Settanta. Consapevole della preziosità del segno, l’Assessore mi comunica però che non ha trovato ulteriori incartamenti, delibere, atti o comunicazioni che sciogliessero il mistero sulla fine dell’opera. Un silenzio documentario non aiuta a chiudere il cerchio e mentre ci diciamo che sarebbe bello recuperarla, anche lanciare dalle nostre pagine de “Il Moggio” una campagna per un eventuale restauro… dobbiamo dirci che di questa opera d’arte si sono perse le tracce. Non so se ritroveremo mai quest’opera d’arte o rimarremo sempre con l’amaro in bocca nel pensare che qualcuno l’ha ritenuta inutile, pericolosa o peggio ancora soggettivamente brutta, so però che questo piccolo mistero deve contribuire a motivare i cittadini ad essere parte della cosa pubblica. Forse un pezzettino di colpa in questa sparizione l’abbiamo tutti, tutti noi pievesi che non abbiamo più cercato quel tassello di storia che è nella memoria di tutti. Non facciamoci sparire altro, cerchiamo il dialogo qualunque sia il salotto che scegliamo, facciamolo consapevolmente e le risposte non arriveranno troppo tardi. Gaetano Fiacconi

GIACOMO VILLA Rinvenuti nuovi documenti

ANTONIO MARRONI Artista d’altri tempi

Stefano Bistarini a pag. 6

Giulia Casodi a pag. 14

Un Museo della Città, una Città Museo E se poi ci salvasse davvero la bellezza?

Le potenzialità di Città della Pieve sono espresse nei secoli di vita artistica che la caratterizzano, una indagine identitaria ed economica che porta a guardare con occhi nuovi le nostre risorse. Lo sguardo nuovo è dovuto anche al momento di restyling e novità che sta vivendo l’area della Cattedrale dedicata ai Santi Gervasio e Protasio – storica origine del centro abitato e cuore pulsante della città – e alla evoluzione futura. I nuovi scenari che si aprono intorno alla chiesa principale, che conserva ben due opere del Perugino, mettono in moto riflessioni sulla possibilità di un museo diffuso che racconta la genealogia della città, la sua origine e tutti i momenti salienti più celebri. Perché parlare di museo diffuso? Perchè il Museo Diffuso interviene sullo spazio di una comunità, nel suo

di Gaetano Fiacconi

divenire storico, proponendo “come oggetti del museo” non solo i tesori effettivi e d’arte, ma la vita quotidiana, i paesaggi, le testimonianze orali della tradizione, il saper fare. Tutti aspetti che intorno e nella Cattedrale trovano fonte e ragione. Se per un attimo - in questo percorso - volessimo dimenticarci della pittura (Perugino, Pomarancio, Alfani e gli altri) potremmo prendere spunto dal patrimonio di spartiti e “partiture per strumenti” che fanno da corredo al prezioso Organo Morettini e che potrebbero raccontare la “vita musicale” della città nella sua evoluzione. Oppure potremmo porre l’attenzione all’origine del nucleo e cioè ai recenti rinvenimenti archeologici che si completano nei locali della Cripta e che narrano un’altra città. continua a pag.2

QUELLI CHE... IL TRAFFICO VA REGOLAMENTATO Riflessioni e idee per una città accogliente e turistica

Ho scelto due immagini che raccontano la vita quotidiana di Città della Pieve e che al tempo stesso portano a riflettere sull’annosa questione del traffico urbano, dei parcheggi e più in generale sulla viabilità connessa al tessuto economico produttivo e culturale che possediamo. Città della Pieve da sempre combatte con una viabilità irregolare che, da un lato, soffre la carenza di parcheggi attrezzati e facilmente fruibili quando si vuole usufruire delle attività presenti nel centro storico, dall’altro (e nella foto è ben chiaro) la città vive la sofferenza di un

gran numero di automobilisti indisciplinati che parcheggia in maniera irregolare ed irrispettosa del traffico stesso. Spesso ci sono macchine in doppia fila, parcheggiate nei pressi delle uscite per disabili, o peggio ancora agli incroci delle strade. Una fotografia che nei mesi scorsi ha spopolato nei social network dando origine a numerose cyber discussioni. C’è poi una foto di turisti, che racconta di un giorno di festa dove godere appieno di tutto ciò che la città offre, forse è facile scegliere, io l’ho fatto e le riflessioni sono venute da sole. Un traffico automobilistico irrispettoso delle regole finisce per ridurre l’attrattività del centro stesso, i mezzi parcheggiati nelle piazze chiudono agli occhi la spazialità dell’urbanistica cittadina, rendono invisibile ciò che è parte del nostro tesoro; accade troppo spesso di non riuscire a fotografare la facciata di una bella chiesa perché occlusa da furgoni e macchine. Tutto quello che teniamo nascosto è perso, la città è viva nella misura in cui è capace

di essere attrattiva e ospitale. Probabilmente è giunto il momento per interrogarsi su una lettura diversa della fruibilità, almeno nei giorni in cui la “Patria del Perugino” diventa meta di turisti e cittadini a passeggio, una sorta di “isola dell’arte” che possa tratteggiare un ideale percorso di visita. Si trasformerebbe anche in un’area libera da inquinamento atmosferico ed acustico, accessibile anche agli utenti deboli della strada, in particolare disabili, bambini ed anziani, valorizzando il patrimonio architettonico e urbanistico che fa invidia ad altri borghi di fama nazionale. Scegliete anche voi quale foto vi piace e riflettete! Matteo Leoni di Angelo


2 continua dalla prima

UNA CITTÀ MUSEO Intorno poi troviamo le case dei canonici e le botteghe degli artigiani, un cuore pulsante di tradizione e creatività che si collega allo sviluppo cittadino e a quell’artigianato artistico che dal legno alla decorazione d’interni porterebbe tasselli alla natura della città, al suo talento, al suo generare e rigenerare personalità connesse alla creatività artistica. Una intera area attrattiva pensata anche come strumento per tutelare le tracce dell’ identità cittadina in un momento in cui l’oblio del patrimonio culturale millenario porterebbe alla cancellazione del futuro. Del resto l’area interessata non è nuova all’azione e all’idea di Museo. Già nel 1967, in occasione degli ottant’anni di Mons. Ezio Barbieri, allora vescovo della diocesi, fu inaugurato ed aperto al pubblico il Museo Diocesano di Città della Pieve; Antonio Marroni e Alfredo Barbini (che incarnavano in quel periodo l’essenza profonda dell’abilità che la città riesce a generare) realizzarono insieme le decorazioni del museo. Del resto oggi Città della Pieve dispone di tanti conteni-

tori, Palazzo della Corgna, la Rocca, Santa Maria dei Servi, ma in nessuno l’idea di identità cittadina, abilità pievese e scorrere del “tempo storicoartistico” è così tratteggiata sia per le manomissioni e modificazioni delle destinazioni d’uso, sia – involontariamente – per la dispersione del patrimonio in diverse sedi. L’area della Cattedrale potrebbe riportare nel cuore pulsante della città le attrattive turistiche, ma anche la quotidianità dei cittadini. Va da sé che una riflessione così complessa necessita di dialogo con le Amministrazioni e forse prima ancora con la città, con i privati che possano tornare a fare mecenatismo per il puro piacere di amare il bello. Molti sono i Musei Diffusi dell’Italia contemporanea e tanti si appoggiano e vivono di leggi regionali specifiche. Per generare un’ occasione per la città, per coloro che la osservano, ma, soprattutto per coloro che la vivono, sarà necessario tornare a parlare di turismo culturale e delle molteplici sfaccettature che lo connotano. Davvero potrà salvarci la bellezza? Potrebbe non mancarci nulla se non - forse - una rete che lasci intravvedere il futuro. Gaetano Fiacconi

Il nostro passato lentamente torna alla luce

IL CANTIERE DEL DUOMO Novità sui lavori di restauro

Una recente visita all’interno della Cattedrale mi ha permesso di constatare lo stato di avanzamento dei lavori del cantiere di restauro. La cortese disponibilità del Direttore dei lavori, Arch. Del Buono, mi ha dato la possibilità di informarmi sulle direttive suggerite dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici dell’Umbria per i diversi interventi: uno di questi riguarda il ripristino del pavimento che sarà realizzato con mattonelle quadrate di terracotta, di color cuoio, da alternare in due tonalità, con superficie scabra. Le mattonelle saranno disposte probabilmente secondo allineamenti diagonali rispetto ai muri perimetrali e il disegno potrà prevedere un inserto centrale con lo scopo di suggerire l’ultimo pavimento ottocentesco di marmo. La scelta del “cotto” è motivata da una ragione storica: il pavimento seicentesco era di questo materiale così come quello ancora più antico testimoniato da alcune porzioni rinvenute ad una quota più bassa e attribuibili alle strutture medievali di cui si è data notizia negli articoli già pubblicati. Inoltre il differente spessore delle precedenti mattonelle di marmo e le tracce della malta di allettamento, rimaste attaccate, avrebbero reso particolarmente difficoltoso e impegnativo il lavoro di recupero e reimpiego. La continuità storica sarà inoltre confermata dal riposizionamento originario delle lastre bianche, di marmo, alcune delle quali contenenti iscrizioni, che chiudevano gli accessi delle botole comunicanti con le piccole cripte funerarie ricavate nello spazio sottostante la

navata centrale. Un altro intervento riguarda la tinteggiatura delle volte soprastanti la navata e il transetto, intervento che renderà più luminoso l’interno della chiesa con la scelta di una tonalità piuttosto chiara relativamente a un colore grigiotortora. Inoltre per “rinfrescare” e valorizzare le tinte delle decorazioni secondarie parietali: cornici, zoccolature a finti marmi, riquadri, specchiature, si è proceduto con un intervento accurato di lavaggio e pulitura dei rispettivi intonaci dipinti. Il restauro architettonico ha previsto anche il collegamento del braccio meridionale del transetto con la zona sottostante l’altare tramite una scaletta in cemento che sarà rivestita in “cotto”, la cui rampa è stata realizzata proprio in corrispondenza di una delle due strutture murarie composite, particolarmente interessanti e ampiamente descritte negli articoli precedenti. Purtroppo essa sarà la sola visibile perché tutti gli altri resti archeologici rinvenuti durante i lavori di scavo saranno obliterati dall’attuale pavimento. L’unico legame architettonico e storico tra la fase probabilmente medievale, rappresentata da quei resti, e la fase monumentale, attestata, per il prospetto esterno, nell’ambulacro seminterrato e, per l’interno, nella “cripta” (per intenderci quella accessibile anche dalla piazza), sarà testimoniato proprio attraverso questo percorso che dall’interno della chiesa consentirà di “scendere” ad un livello più antico. Silvia De Fabrizio

“Nel nome del Figlio”

SGARBI NELLA NOSTRA CITTÀ: UN’OCCASIONE SPECIALE Immancabile e di grande rilievo il suo interesse per il ricco patrimonio pievese

Vittorio Sgarbi ha presentato il suo ultimo libro qui a Città della Pieve e non poteva non perdersi nei suoi giri di visita alla città. Intanto devo dire, sarà pure scontato, il personaggio “è”. Ottimo il suo libro “Nel nome del Figlio”, nella veste e nei contenuti, così anche la presentazione pievese: era il 18 gennaio 2012. Tutto decisamente all’altezza del grande livello culturale, sua prerogativa indiscutibile, e tanto basti. Non produco, in queste righe un’analisi e tantomeno un giudizio dell’opera. A questa mi ci sono accostato semplicemen-

te, come ho sempre fatto con i suoi lavori; consapevole che avrei pienamente soddisfatto le mie curiosità, il mio piacere alla lettura, ma soprattutto certo di poter incontrare opere ed artisti in tutta la loro potenza espressiva, spesso scavata fino all’eccesso come lui sa fare, sempre sostenuto da un eloquio cristallino, al tempo stesso fortemente comunicativo e totalmente coinvolgente. Certo avere la fortuna di incontrare Sgarbi, di averlo qui alla Pieve, e non stimolarlo attraverso l’incontro con il nostro formidabile patrimonio artistico, sarebbe stata una gran cattiveria per lui e per noi. Uso volutamente questa espressione, quasi fosse un eufemismo, consideratelo tale. Dico questo giacché, quando gli amici organizzatori dell’iniziativa mi hanno proposto di fargli da guida, il mio pensiero è corso verso l’occasione e la fortuna di presentargli i nostri tesori e con questi i grandi problemi ad essi collegati. Insomma la speranza coltivata era quella che con la voce di Sgarbi qualche meccanismo si sarebbe mosso nel verso giusto. A dire il vero, e qui ritorna l’eufemismo di prima, qualcuno temeva questa sua presenza, collegandola alla sua nota indole e immaginando chissà quali dirompenti giudizi o che so io. Sbagliato! Sgarbi, lui sì, ne avevo certezza, si è dimostrato persona educata, disponibile e appassionatamente curiosa, non poteva essere diversamente, e ancor più sinceramente pronta a darti una mano se non gli sottoponi delle sciocchezze. Quindi tra la notte ed il giorno, quel giorno, ed un altro che ne è seguito, il giro lo abbiamo fatto. Certo il tempo è stato tiranno e un po’ si è corso, ma a lui è andato bene anche così. Non si è

risparmiato, è stato prodigo di buoni consigli, ha voluto conoscere, e non solo le opere, ha colloquiato su tutto e con tutti e ci ha dato una grossa mano per sollecitare alcuni interventi urgentissimi da operare sull’affresco del “Noli me tangere” di Sant’Agostino, ora finalmente partiti. Ha apprezzato tutto della città, cogliendone, con l’immediatezza che gli è propria, ogni sfumatura e nel corso della visita alla nostra biblioteca si è soffermato a lungo, non si riusciva a trascinarlo più fuori, poi, nel seguente colloquio con il sindaco ed alcuni amministratori, ha giocato e scherzato, anche sulla situazione politica, con un simpatico atteggiamento tra il serio ed il faceto. Nell’ufficio del primo cittadino si è lasciato andare a molti sinceri complimenti per come ha trovato la città e, sollecitato dalle tante nostre richieste, che come potete immaginare producevamo a raffica e anche con un certo bonario disordine, non si è sottratto, anzi, si è messo a proporre ed in modo serio. Ci siamo lasciati dopo questi primi incontri, lui, con il desiderio di tornare, noi, con la soddisfazione di chi ha saputo trasmettere giusti interessi, ma soprattutto con l’impegno reciproco di ritrovarci per sviluppare insieme delle idee per la valorizzazione e la promozione della nostra città. Di ciò non anticipo volutamente nulla, al momento occorre dare giusta gamba alle idee, e ancora, concedetemelo, voglio lasciarvi con una certa curiosità, ma state certi qualche cosa “di buono” succederà. Mario Marco Marroni


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A Panicale col premio Grifoni

PREMIATA LA STORIA DI CITTÀ DELLA PIEVE Celebrandosi a Panicale la XXV edizione, il Premio nazionale del libro di storia Grifoni è stato assegnato a Le Confraternite nella società di Città della Pieve dal Medioevo ad oggi. Curato da Paolo Scandaletti, con scritti di Daniela Barzanti, Luisa Binaretti, Valerio Bittarello, Gaetano Fiacconi, Enrico Socciarello e Romeo Sorci; la collaborazione per le ricerche e i documenti di Marcello Binaglia, Alfredo Boccaletto, Carlo Cottini, Elsa Cupella Della Lena, Mario Droghieri, Mario Marco Marroni, Francesca Merli Costantini, Luigi Neri, Antonella Tiribocchi e Guido Venturini. La Libera Università di Città della Pieve l’ha promosso, con il sostegno di Crediumbria. Il presidente della Giuria

prof. Mario Tosti, ordinario di storia moderna all’università di Perugia e direttore dell’Istituto di storia per l’Umbria contemporanea, consegnando il premio, ha detto che la scelta è avvenuta

all’unanimità, apprezzando del libro: la tematica non consueta ma assai rilevante nello svilupparsi storico delle nostre società, la rigorosità strutturale e della documentazione, lo sviluppo del testo e

la sua gradevole leggibilità. Un libro in sintonia con le più recenti linee della storia contemporanea, attenta, più che alle ideologie e ai poteri, alla società aperta e alle sue componenti più libere e innovative. In questo caso, la cultura e la pratica della solidarietà e dell’associazionismo, che esprimono i sentimenti più profondi e antichi dell’animo umano, le radici solide delle società. Il sindaco di Panicale Luciana Bianco ha portato il saluto della Città e il compiacimento per la qualità del libro premiato. Così per il valore del Premio, illustrato dal presidente dell’Accademia Masoliniana Maria Lucia Perego Roma. P.S.

Falegnameria, lingua italiana e ricamo

OCCASIONI FORMATIVE PER GIOVANI ITALIANI E STRANIERI Corsi brevi di formazione ed approfondimento rivolti a giovanissimi fra i 14 e i 25

In collaborazione con il Comune di Città della Pieve, la Cooperativa Frontiera Lavoro propone ai pievesi un pacchetto di azioni di orientamento e approfondimento rivolto a due specialissimi target di allievi. In primo luogo ci si rivolge ai giovanissimi dai 14 ai 25 anni che saranno invitati ad iscriversi a due azioni differenti, una tutta al femminile - in collaborazione con la Scuola di Ricamo “Punti d’Arte” - per un approccio al ricamo. Negli incontri, interamente gratuiti, sarà possibile avvicinarsi alle tecniche del ricamo. Un laboratorio esperienziale che potrà far conoscere alle allieve le potenzialità del ricamo, farle misurare con le loro abilità

manuali e magari scoprire una passione. Una passione che potrebbe diventare un mestiere, mestiere antico sempre vivo. Per gli allievi di sesso maschile l’azione prevede altrettanti laboratori esperienziali sul tema della falegnameria. Antonio Mugnari, celebre artista del legno, cercherà di trasmettere tecniche, ma soprattutto passione agli studenti. Un settore quello della falegnameria artigiana che sembra soppiantato da quella industriale, ma che ha ancora ottimi margini di attività soprattutto nel restauro, nella falegnameria su misura e anche in quella artistica e cioè nella produzione di mobili/pezzi unici come quelli intarsiati, dorati ecc.. Inoltre Mugnari avvicinerà i ragazzi ad un settore particolarissimo della falegnameria che è quello della produzione di strumenti musicali. Chitarre, violini e mandolini non sono più un segreto per il nostro concittadino che ha avuto l’onore di sentir suonare i suoi strumenti (ricreati rigorosamente su studi d’epoca) dai mi-

gliori musicisti nazionali e non. Sicuramente quest’ultimo aspetto dei laboratori esperienziali sarà particolarmente attrattivo per i giovanissimi: i ragazzi potranno misurarsi con una manualità altamente qualificata che qualora diventasse un lavoro sarebbe un’ occasione specialissima e particolarmente ricercata. I corsi interamente gratuiti si terranno a cavallo fra il mese di maggio e quello di giugno e saranno accompagnati da una formazione specifica per i migranti in lingua italiana. Città della Pieve è oramai espressione di una realtà multietnica, lo dimostrano le iscrizioni a scuola, le attività commerciali che nascono e le nuove famiglie che scelgono Città della Pieve per risiedere, il tutto ovviamente targato “fuoriItalia”. L’integrazione non è materia facile, soprattutto in una piccola realtà come la nostra. È importante essere padroni della lingua, riuscire a farsi comprendere, meglio ancora farsi conoscere e strutturare relazioni significative basate sullo scambio.

Il corso prevede una base di conoscenza grammaticale specifica e moduli di “cultura” e “socialità” strutturati anche grazie alla rete con le associazioni in particolare l’Associazione “Donne La Rosa” che da sempre lavora per l’integrazione dei migranti nel nostro tessuto sociale. Finanziati dalla Regione Umbria con due assi di finanziamento specifici (uno sulle politiche giovani e uno sull’educazione continua degli adulti) i corsi rilasceranno un attestato ad ogni partecipante. Per informazioni/iscrizione 320.7681396. Gaetano Fiacconi

CLOWN-TERAPIA Divertirsi divertendo

L’Istituto Professionale per i Servizi questa struttura e chi vi è ospitato, progetto dal nome “Camminate assiCommerciali di Città della Pieve ha perché alcune nostre compagne vi stite”, perché ci piaceva portare un organizzato, in collaborazione con il svolgono opera di volontariato su un po’ di vivacità a chi ha qualche anno CESVOL di Perugia e Castiglione del Lago e grazie alla disponibilità del Gruppo VIP (Vivi in Positivo) ed in particolare del mago Dudi, un corso di clown terapia che si è tenuto presso la Casa Protetta di Città della Pieve, dove martedì 7 maggio alle ore 15.00 si organizzerà, per gli ospiti di questa struttura e chi vorrà intervenire, uno spettacolo di fine corso. Vi assicuriamo divertimento a volontà, o meglio noi ce la metteremo tutta per divertirvi e divertirci. Perché abbiamo scelto la Casa Protetta? Perché conosciamo chi vi opera, perché volevamo conoscere meglio

sulle spalle, perché … siamo contenti della scelta che abbiamo fatto. Il corso è servito naturalmente anche a noi, o meglio soprattutto a noi, ha permesso di conoscersi e di conoscerci meglio, di vincere remore e paure a volte sciocche, di conoscere un amico in più, Dudi che con i suoi modi di fare ci ha fatto capire che ognuno di noi ha un tesoro dentro di sé, ed è bene non dimenticarlo mai. Abbiamo capito che il sano e semplice divertimento in gruppo è da perseguire. Probabilmente qualcuno di noi ha anche scelto un cammino di vita: entrare a far parte di uno dei tanti gruppi che porta un sorriso nelle corsie d’ospedale o dove ce n’è bisogno. Ist.Professionale Servizi Commerciali


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Vincoli e riflessioni

UNA NUOVA SCUOLA E UN NUOVO POLO SCOLASTICO Intervista all’Assessore all’Urbanistica di Città della Pieve

aule e sale da dedicare ad altre attività. Una azione che chiaramente aumenterà gli spazi a livello generale; infatti alcune aree del complesso di Sant’Agostino potrebbero finalmente ospitare gli archivi storici comunali (oggi smembrati in edifici diversi e difficilmente consultabili), accogliere i fondi della biblioteca così da sgravare un po’ le sale dedicate alla lettura e la Sezione dedicata ai Ragazzi (che è oggi è un magazzino), tutti gli altri, riqualificati nel tempo, potrebbero ospitare spazi culturali e di socializzazione per la città. D. Dal materiale che abbiamo visto però il progetto non prevede né una mensa, né una palestra. Sarà ancora possibile parlare di “tempo pieno” anche se continueranno a mancare le strutture indispensabili per l’attuazione? R. Mensa e palestra saranno pensate in un edificio complementare che non è previsto in progetto perché sarà realizzato con l’abbattimento della altrettanto vetusta palestra delle scuole elementari; tale voce è contemplata già nell’appalto dei lavori e l’operazione sarà portata avanti insieme ai lavori del nuovo edificio. Potremmo così risparmiare l’ingombro di spazi oggi liberi. “L’edilizia scolastica nel nostro Paese rappresenta una vera e propria emergenza nazionale. Quasi la metà degli edifici scolastici non possiede le certificazioni di agibilità, più del 65% non ha il certificato di prevenzione incendi e il 36% degli edifici ha bisogno d’interventi di manutenzione urgenti. Senza contare che il 32,42% delle strutture si trova in aree a rischio sismico e un 10,67% in aree ad alto rischio idrogeologico”. È questa la fotografia scattata da Ecosistema Scuola 2012, il rapporto di Legambiente sulla qualità delle strutture e dei servizi della scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di Primo grado di 96 capoluoghi di provincia. Abbiamo rivolto alcune domande all’Assessore all’Urbanistica Luca Cesaretti del Comune di Città della Pieve dove ci sembrava che la situazione fosse preoccupante.

D. Quello degli spazi è un tema caldo, si parla di riduzione delle aree verdi dedicate ai bambini e anche di area inadeguata rispetto alle necessità dettate da eventuali eventi emergenziali. Era possibile pensare ad altri luoghi? R. Per quel che riguarda la riduzione delle aree verdi ci tengo a sottolineare che l’ingombro dei nuovi edifici sarà sovrapponibile a quelli già esistenti e all’attuale campo da basket piastrellato, con altezza pari a quella dell’attuale edificio scolastico; pertanto le aree verdi esistenti non subiranno riduzione. Piuttosto quello che posso aggiungere è che la copertura del nuovo edificio sarà un tetto piano estensibile con pannelli fotovoltaici e soprattutto un giardino pensile. Un luogo protetto che potrà essere sfruttato dagli studenti anche come laboratorio botanico e luogo di svago. Per ciò che concerne i dubbi sulla sicurezza posso garantire che i progettisti hanno validato ogni aspetto, l’accesso ai mezzi di soccorso sarà garantito (ed eventuale via di fuga) dalla strada interna all’area scolastica protetta (abitualmente sarà pedonale) che sfocerà nella vicina “Via la Trova”. Sicuramente la predetta via necessiterà di un restilyng - soprattutto nei pressi dello sbocco sulla via principale - così da renderla ancora più sicura e che assolverà pienamente alla sua funzione. Altre aree non sono state prese in considerazione per garantire una vera “rigenerazione urbana” e cioè la possibilità di impegnare gli spazi urbani attualmente occupati da edifici vetusti ed D. Assessore Cesaretti, la situazione delle scuole pievesi è come quella descritta inutilizzati quali la casa del custode e la palestra preservando l’occupazione di aree libere. in Ecosistema Scuola 2012? Gaetano Fiacconi R. Il Comune di Città della Pieve è uno dei pochi che ha richiesto e sottoposto tutti gli edifici scolastici presenti nel territorio di pertinenza alle analisi necessarie per definirne i certificati di sicurezza strutturale e agibilità sismica. Purtroppo, l’unico edificio che ha evidenziato delle criticità è quello che ospita la Scuola Secondaria di Primo Grado, per capirci le “medie” di una volta. Nella difficoltà di questo momento storico, che non avrebbe consentito azioni importanti senza necessariamente togliere ad altri capitoli di spesa, la nostra Amministrazione ha beneficiato dei fondi specifici per la prevenzione stanziati dalla Protezione Civile. D. La situazione della Scuola Elementare sembrava più compromessa, non sarebbe stato meglio intervenire sull’altro edificio? R. Se fossimo stati un “Comune ricco” – sorride Cesaretti con ironia – ci sarebbe stato da radere al suolo l’area e ricostruirla, e probabilmente con i vincoli economici che i Comuni oggi hanno avremmo inseguito sogni per anni. Come ho già detto le analisi strutturali hanno evidenziato maggior rischio nell’edificio di Sant’Agostino, forse anche perché negli ultimi due anni l’Amministrazione Comunale ha investito 600mila euro per l’adeguamento dell’edificio ‘delle elementari’ sia per ciò che concerne le normative antincendio e sicurezza sia per i bagni che erano oramai vetusti nei quali è stata portata l’acqua calda e tutti i confort necessari ad una comunità di studenti. Non sarebbe stato possibile intervenire nell’altro edificio anche per una serie di vincoli che i finanziamenti prevedono proprio per loro natura; ma ci tengo a dire che l’edificio della Scuola Primaria e dell’Infanzia (elementari ed asilo) avrà anche il beneficio di godere di più spazio, lo spostamento di tutti gli Uffici Amministrativi dell’Istituto Comprensivo (che troveranno la loro collocazione nel nuovo edificio) libereranno


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Il Consiglio d’Istituto del Vannucci chiama tutti alla riflessione

INCONTRO SUL FUTURO DELLA NOSTRA SCUOLA

Sindaco, Dirigente Scolastico e genitori insieme per fare il punto della situazione “L’Istituto scolastico ‘Pietro Vannucci’ di Città della Pieve, un bene da preservare, potenziare e proteggere”: queste le parole con cui, come genitori, abbiamo sollecitato l’Amministrazione Comunale, l’Istituzione Scolastica e i Capigruppo di maggioranza ed opposizione, ad un incontro dopo il distacco del Comune di Paciano dal nostro Istituto. Genitori, cittadini del capoluogo e delle frazioni al di là del proprio orientamento politico, tutti insieme coesi e motivati hanno chiesto che si faccia tutto il possibile per evitare un dimensionamento del Nostro Istituto. In nome di un’autonomia scolastica mirata al risparmio, la riforma Gelmini, ultima di una serie di leggi e decreti che negli anni ha visto tutti gli schieramenti politici responsabili di tagli, ha prodotto effetti che sono sotto gli occhi di tutti: impossibilità di svolgere attività laboratoriali e in compresenza, riduzione dei servizi a tutti e in particolare ai disabili, ridimensionamento di orari, di discipline, di sperimentazioni nelle scuole superiori, carenza di fondi per l’ordinario funzionamento delle scuole e per qualsiasi progetto didattico, riduzione di personale tra insegnanti e personale amministrativo. Da un rapporto di Cittadinanzattiva del 2012, emerge che una scuola su 5 (il 20,7%) non è sicura, mentre una su tre (36%) rasenta appena la sufficienza. Se poi ci sommiamo il patto di stabilità imposto ai Comuni con più di 5.000 abitanti a partire dal gennaio 2012, che impone tagli alla spesa pubblica, si chiude il cerchio sulla situazione delle nostre scuole. Riscaldamenti spesso in blocco, imbiancature da rifare, infiltrazioni d’acqua, palestre disastrose, mancanza di mense adeguate per il tempo pieno, mancanza di contributi per portare avanti un ricco P.O.F., sono tutti problemi a cui la scuola, il Comune e i genitori hanno cercato al meglio di sopperire, ma non sempre riuscendo nell’intento. In questo clima come genitori nel Consiglio d’Istituto abbiamo organizzato un’assemblea con tutti i rappresentanti di classe di ogni ordine e grado, tenutasi il 18 gennaio 2013, nella quale, preso atto del definitivo distacco del plesso di Paciano, abbiamo ritenuto inderogabile chiedere alle istituzioni un’assemblea pubblica per capire quale sarà il futuro del Nostro Istituto. Il giorno 10 Aprile alle ore 21.00 presso una gremita sala del Convivio di Palazzo della Corgna, il Sindaco di Città della Pieve, Riccardo Manganello, ed il Dirigente Scolastico, Lamberto Parrini, hanno incontrato i genitori e i cittadini. Il Dirigente Scolastico ha spiegato con molta perizia e rigore gli atti e i dati in suo possesso.

Dopo il distacco di Paciano, il numero degli alunni iscritti al nostro Istituto non ha subito le perdite che molti si immaginavano, anzi nel caso della primaria di Moiano scopriamo che le pluriclassi sono scomparse.

La riforma attuale della scuola prevede che i comuni montani come Città della Pieve, per godere dell’autonomia scolastica, debbano avere almeno 400 alunni. Ad oggi si aggirano intorno alle 650 unità e questo per ora ci salva da ogni ridimensionamento. Ma nel prossimo futuro il parametro per mantenere, almeno, la situazione attuale della scuola nella nostra città, potrebbe arrivare tranquillamente a 900-1000 alunni. Questo imporrebbe soluzioni con altri comuni limitrofi a Città della Pieve, ma si potrebbe benissimo, come auspicato da alcuni di noi, rappresentanti dei genitori all’interno del Consiglio d’Istituto e applaudito dalla maggior parte dei presenti, alla soluzione interna al nostro Comune, ovvero la fusione tra il Vannucci e il Calvino, che vedrebbe già dall’anno scolastico 20142015 la nascita dell’Istituto Omnicomprensivo, con circa 1200 alunni. Una soluzione che comuni a noi vicini, sia dell’Umbria che della vicina Toscana, hanno già sperimentato con ottimi risultati in termini di gestione e di offerta formativa. Il Sindaco ha ricordato che questa soluzione è già al vaglio dell’Amministrazione Comunale ma che dovrà essere il più largamente condivisa da tutte le parti in questione. Va puntualizzato anche che il futuro delle nostre scuole passa anche per l’edilizia scolastica, in data 15 Aprile è scaduto il bando per l’assegnazione dei lavori per la costruzione della nuova Scuola Media Superiore di Primo Grado; ad oggi sono pervenute sei offerte che ora sono all’esame dell’Amministrazio-

ne Comunale al fine dell’assegnazione dell’appalto e dell’inizio del cantiere. In un futuro auspicabile la costruzione della nuova scuola media sarebbe il primo grande passo nella direzione della costituzione di un polo unico scolastico, invece che spendere risorse economiche in continue manutenzioni ordinarie e straordinarie, che servono solo a rattoppare e mai a risolvere. Si potrebbero avere finalmente scuole nuove e attrezzate! Se per una volta ci si guardasse in casa e come in ogni buona famiglia dove sia ben presente il bene comune, si facessero le cose fatte per bene, con criterio di spesa, di procedure, e di oculatezza, e usando il condizionale non a caso, ci sarebbe da ben sperare. Dal confronto democratico dei genitori è uscita solo coesione tra capoluogo e frazioni, al di là di qualsiasi interesse personale, al di là della divisone tra scuola materna, primaria e media, è uscita l’idea che tutti noi abbiamo un progetto futuro concreto con proposte concrete che va al di là di qualsiasi divisione, perché abbiamo un comune denominatore: il futuro dei nostri figli. I tempi per chiedere alla Provincia prima e alla Regione dopo l’attuazione del progetto “Omnicomprensivo” prevede tempi molto ristretti, l’iter da parte dell’Amministrazione Comunale e Scolastica dei due istituti dovrebbe iniziare dai primi di settembre del 2013, noi come genitori ci impegneremo in tal senso. Crediamo che Città della Pieve non si possa far sfuggire un’occasione così preziosa per il proprio territorio, come cittadini e genitori siamo convinti che pur facendo tutti i passaggi necessari la scelta vada fatta con lungimiranza. Questo perché successivamente all’Omnicomprensivo si potrebbe aggiungere la possibilità di collaborazione anche con i comuni limitrofi, adesso impossibile a causa del confine di provincia, rendendo la nostra pozione geografica di confine finalmente vincente! Di certo noi faremo da vedette e da promotori, saremo pronti come fatto in passato ad organizzarci per far sentire pubblicamente la voce per i nostri figli e per la nostra cittadina così tante volte emarginata e depauperata da chi ci ha considerati, troppe volte, non solo merce, ma anche di seconda scelta. I genitori del Consiglio d’Istituto Pietro Vannucci Barbara Paggetti Gessica Giuliacci Marcello Tomassoni Francesca Tassino Giuseppe Sauta Barbara Pulito Fabrizio della Lena

OLIMPIADI DI LINGUA ITALIANA: IL CALVINO FA IL BIS Due studentesse del Liceo pievese rappresenteranno l’Umbria a Firenze

Ancora un motivo di soddisfazione e di legittimo orgoglio per lo storico Liceo di Città della Pieve e per tutta la comunità cittadina: dopo Enrico Scricciolo che nell’ottobre del 2011 aveva già tenuto alto il nome del nostro Istituto, disputando la fase nazionale delle prime Olimpiadi della lingua italiana, la notizia di questi giorni delinea un’affermazione ancor più evidente: le due finaliste nazionali, che nei giorni 26 e 27 di aprile a Firenze rappresenteranno la regione Umbria, sono entrambe studentesse del liceo Calvino: Lucia Giommoni per la sezione biennio ed Eleonora Ficola per il Triennio. La nostra regione ha visto inoltre classificata tra i primi dieci studenti italiani una studentessa del Liceo classico di Terni. Il risultato complessivo, dunque, è di per sé un successo. Siamo giunti alla III edizione di questa importante gara che il Ministero dell’ Istruzione

e della Ricerca, con la collaborazione scientifica della prestigiosa Accademia della Crusca, organizza per tutte le scuole del territorio italiano e per diverse scuole italiane all’estero, sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. L’iniziativa si propone di incentivare ed approfondire lo studio della lingua italiana e di sollecitare l’interesse e le motivazioni a migliorarne la padronanza da parte delle giovani generazioni che troppo spesso acquisiscono solo la lingua parlata, impoverita e snaturata, dei nostri tempi culturalmente assai grami. Il concorso è articolato in tre fasi: una gara d’Istituto, seguita dall’ eliminatoria regionale; la fase conclusiva sarà disputata nella magnifica sede di Palazzo della Signoria, un simbolico ritorno alle radici del nostro nobile idioma. I quesiti riguardano un campo molto ampio, l’ortografia e la punteggiatura, la morfologia, il lessico,

la sintassi e le competenze testuali. Eleonora e Lucia, incredule e felici per il risultato raggiunto, si apprestano ad affrontare la trasferta fiorentina con tranquilla determinazione. Le ragazze saranno accompagnate dalle docenti che hanno lavorato al progetto e che minimizzano i loro meriti, sottolineando invece l’importanza, in questo campo, di una intensa e corretta azione educativa e formativa che deve agire fin dalla prima infanzia. Per natura noi tratteniamo soprattutto ciò che percepiamo quando la mente è ancora tenera sosteneva il “professor” Quintiliano, che di formazione ne sapeva qualcosa. Perciò sia gloria anzitutto alle maestre (e ai maestri) delle nostre scuole d’infanzia e primarie che allevano i nostri figli e ne determinano in modo indelebile le attitudini! Gli studenti del Liceo Scientifico I.Calvino


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I n u o v i d o cu m e n ti r itro v a ti r is c r iv ono i tr agic i e v e nti

LA S TO R IA D I G IA C O MO DI ANTONIO Due comunità ritrovano l’armonia

Dalla comunità di Chiusi riceviamo e pubblichiamo questa ricostruzione storica sulla vicenda del Beato Giacomo alla luce dei nuovi documenti rinvenuti. Intorno al 1255 a Castel della Pieve della Diocesi di Chiusi e giurisdizione di Perugia, Mostiola, moglie di Antonio Villa, rimane in stato interessante e come tutte le madri del mondo viene presa da apprensione per un sogno ricorrente in cui partoriva un bambino che portava sulle spalle una chiesa diroccata. Per saperne il significato si rivolge ad un eremita mendicante che in quei giorni chiedeva l’elemosina proprio a Castel della Pieve. Questi interpreta il sogno in chiave mistica (e non poteva essere diversamente) e le dice che partorirà un figlio che avrebbe ricostruito una chiesa e sarebbe stato un uomo di grande santità. Mostiola si sente rassicurata da questa interpretazione e quindi si rasserena. Giunta però al parto, la sera prima, sogna un giglio rosso e pensandolo un cattivo presagio viene presa di nuovo da una profonda malinconia. Quando finalmente le nasce il figlio calma le sue paure e gli mette il nome di Giacomo. Alla nascita di Giacomo è Vescovo della Diocesi di Chiusi Pietro III De Peridio (1248-1260), poi diviene Vescovo Raynerius II (1260-1272) che è una persona mite e non compie nessun atto notevole, infine viene nominato Pietro IV (12731299) che da arciprete della cattedrale viene promosso Vescovo di Chiusi da papa Gregorio X, il 17 aprile 1273. Anch’egli, Pietro IV, durante il suo lungo episcopato, non ha contrasti con nessuno, nemmeno con i rissosi monaci amiatini e muore nel 1299. Egli è quindi il vescovo che, di fatto, governa la diocesi di Chiusi per quasi tutta la vita di Giacomo. Quando il bambino raggiunge i dodici anni, viene mandato a Siena per studiare perché in quella città la nascente scuola è una istituzione prestigiosa e in costante crescita. La scuola che frequenta è quella di Grammatica. Egli, durante i lunghi anni che risiede a Siena, soggiorna presso l’Ospitale di Santa Maria della Scala dove operano, oltre ai Disciplinati della Madonna sotto le Volte, anche i Frati Laici e gli Oblati. Ovviamente, data la sua condizione di semplice studente, partecipa, come “volontario”, alle azioni di beneficenza verso i poveri, praticate dagli Oblati. Dato che la scuola ha un regolare e costoso percorso formativo di almeno 12 anni, Giacomo si laurea in Grammatica a circa venticinque anni. Tornato a Castel della Pieve, ricordandosi della miseria e delle sofferenze che ha toccato con mano durante il suo lungo soggiorno a Siena, come accade spesso in quegli anni, fa la scelta di dedicarsi agli umili e sofferenti e quindi, seguendo i pensieri che si sviluppano in quel periodo sceglie la completa povertà. Egli riceve dai genitori la sua parte di eredità e vende tutti i suoi beni. Il ricavato parte lo dà direttamente ai poveri e parte lo usa per rilevare e

restaurare la chiesetta di San Giovanni Battista e l’adiacente Hospitale dei Santi Filippo e Giacomo, abbandonati e “semi-diruti” posti fuori porta del Vecciano di Castel della Pieve.

Durante le operazioni di ricognizione dei beni che si appresta a restaurare per dedicarli ai poveri, trova alcuni antichi documenti. Dopo averli esaminati attentamente si accorge che alcune proprietà dell’ospedale erano state usurpate da un potente signore di Chiusi. Essendo divenuto procuratore della chiesa e dell’ospedale si reca quindi, presso questo signore con le carte ritrovate e tenta di fargli restituire i beni bonariamente. Ovviamente il Signore, Manenti Rimbottuccio, fa orecchi da mercante anche perché erano molti anni che la sua famiglia possedeva quei beni e soprattutto perché ne ha bisogno in quel periodo in cui egli è stato spogliato di tutto dalla Comunità di Chianciano e da Orvieto e gli sono rimaste solo le proprietà che ha nel Chiugi. Giacomo non si arrende e nella sua qualità di procuratore si rivolge al Tribunale della Curia Romana che, è notorio, non ama molto la famiglia dei Manenti in quanto, parte della stessa famiglia, è nemica di Orvieto. In tale controversia giudiziaria che dura alcuni anni risulta finalmente vincente e quindi pretende la restituzione in nome dei poveri e dei malati. A causa di questo, Giacomo, nel 1286, viene ucciso in un agguato dai sicari inviati da Rimbottuccio Manenti presso i Vocaboli di Moiano e di Maranzano, in località Palazzo (dove si trova un molino) e gettato nel fossato Nochie adiacente, dove viene ricoperto alla bene e meglio con delle spine. Non sappiamo per quale motivo Giacomo fosse da quelle parti, ma, visto che in quel luogo c’è un mulino e vicino ci sono terreni di proprietà dell’ospedale del Vecciano si può immaginare che vi sia andato nell’interesse dei poveri che accudiva, comunque il potente signore di Chiusi, evidentemente, lo sapeva.

Quando, dopo un po’ di tempo il suo corpo viene ritrovato, i suoi resti vengono fatti seppellire dal Vescovo di Chiusi Pietro IV nelle vicinanze del luogo del ritrovamento e dato che era nota la sua bontà sopra la sua tomba viene edificata una chiesetta o oratorio in sua memoria. Ovviamente, essendo Giacomo, considerato da tutti un buon uomo amico dei poveri viene immediatamente considerato un santo. Nel 1304 Benedetto XI, fuggendo da Roma con la sua corte a causa delle minacce ricevute da Guglielmo di Nogaret e Sciarra Colonna, giunto a Castel della Pieve, fu ospitato nel convento dei Servi di Maria e lì viene a conoscenza della tragica storia di Giacomo Villa che è morto per difendere i diritti dei poveri e dei malati e quindi lo definisce “Elemosinario”. Nel 1313 muore il Vescovo di Chiusi Matteo I Medici di Orvieto successore di Pietro IV dal 1299. Dopo la sua morte la sede vescovile resta vacante lungamente, perché i canonici per molto tempo questionano tra loro sulla scelta del successore. Alcuni hanno eletto il monaco vallombrosano Bonetto, priore del monastero di san Pietro di Petrorio, ed altri il canonico, loro collega, Rimbaldo. La controversia finisce quando i due eletti rinunziano spontaneamente alla nomina (molto probabilmente su pressione del Papa Giovanni XXII); ed allora viene promosso al vescovato di questa chiesa, il dì 12 gennaio 1317, il romano Fr. Matteo II Orsini, francescano, che è vescovo di Imola. Negli anni della vacatio che vanno dal 1313 al 1317 i religiosi di Castel della Pieve (molto probabilmente i Serviti visto che i resti sono stati rivestiti con il loro abito, mentre il cingolo francescano e la berretta degli oblati sono stati aggiunti durante la ricognizione del corpo avvenuta nel 1478), senza, ovviamente il permesso del vicario capitolare “Angelus rector Ecclesiæ S. Faustæ”, che molto probabilmente, come spesso accadeva, nemmeno è mai stato presente nella Diocesi, disseppelliscono il corpo di Giacomo dalla Chiesetta di San Jacopo de Palatijs e lo portano nella chiesetta dell’ospedale fuori porta del Vecciano di Castel della Pieve. A causa di questa azione e visto il rifiuto del Castello di riportare Giacomo in località Palazzo, il nuovo vescovo Matteo II Orsini, nel 1319, lancia l’interdetto contro Castel della Pieve. La chiesetta resta per questo abbandonata e diviene negli anni “diruta”. I magistrati di Castel della Pieve, perciò, per ritorsione, accusano il Vescovo di essere responsabile del non riconoscimento della santità di Giacomo a causa dell’interdetto lanciato contro il Castello. Da qui le successive accuse di essere il

mandante dell’omicidio, accusando però, per ovvi motivi di ordine religioso il vescovo regnante nel 1304 e non quello regnante nel 1319. Infatti Matteo I è un domenicano e quindi può essere accusato essendo appartenente ad un Ordine non in sintonia con i francescani mentre Matteo II, che ha lanciato l’interdetto contro Castel della Pieve, è un francescano e quindi non può essere accusato, da qui lo scambio. Lo scontro tra Castel della Pieve e la Diocesi di Chiusi avviene, quindi, con Matteo II Orsini e non con Matteo I de’ Medici. La confusione, dopo qualche secolo, tra i due Mattei è evidente. Per portare un esempio lo stesso Fiorenzo Canuti nel 1952 (quindi quasi cinquecentocinquanta anni dopo gli avvenimenti narrati), in una nota alla trascrizione della leggenda scritta dai Serviti scrive il seguente errore: «“pigliando la strada verso Chiuscio per dirlo al Podestà, al Vescovo (1) ...” (1) Era vescovo di Chiusi nel 1304 Matteo Orsini romano, dei Predicatori, traslocato a Chiusi da Imola», infatti, nel 1304 è, invece, Vescovo di Chiusi Matteo I Medici di Orvieto. In conclusione la storia del Beato Giacomo Villa dimostra chiaramente che i Vescovi di Chiusi nulla hanno a che vedere con la sua morte che tale accusa deriva dalla rivalsa contro chi aveva scomunicato la città di Castel della Pieve e dimostra altresì che egli è vissuto da sant’uomo in un epoca terribile, carica di violenza, e che ha sofferto il martirio per aver cercato il trionfo della giustizia in favore dei poveri.

Finisco riportando un fatto che si può considerare un altro vero e proprio miracolo quello fatto dal Beato Giacomo il 15 Gennaio 2013, durante i suoi festeggiamenti, a Città della Pieve, in cui si sono ritrovati insieme nella chiesetta che porta il suo nome, nonostante il loro acerbo antagonismo, le comunità di Chiusi e di Città della Pieve, la Misericordia di Chiusi e le cinque Misericordie e i tre Terzieri pievesi e quindi credo che da questo fatto straordinario possiamo e dobbiamo ripartire. Stefano Bistarini


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PIETRO VANNUCCI ALL’OPERA SULLA PUBBLICA PIAZZA Una proposta di Antonio Seccia alla città per avviare le celebrazioni dei 500 anni dalla morte del Divin Pittore Negli oramai tanti anni di vita a Perugia, da studente prima e da lavoratore poi non di rado mi è capitato di guardare il bel monumento che la città aveva dedicato a Pietro Vannucci con una certa invidia. Una invidia sana, ovviamente, che mi faceva ricordare ogni volta del celebre concittadino, ma anche del fatto che a Città della Pieve non c’era. Non so perché, né se in passato sono state fatte delle ipotesi poi abbandonate, fatto sta che ancora oggi oltre alla targa su quella che ipotizziamo essere stata la casa di pertinenza della sua famiglia, un vero monumento non c’è. Una considerazione che aperta in un momento di grave crisi economica potrebbe sembrare impietosa, ma che mi è tornata attuale parlando con Antonio Seccia. Seccia è un artista che ha scelto Città della Pieve per divulgare le sue conoscenze in materia di tutela e salvaguardia dei beni librari. Oramai da qualche mese vi sarà capitato di vederlo all’opera, con gli allievi della Libera Università, nei locali della Rocca mentre rilegano e restaurano libri e altro materiale cartaceo. L’artista si occupa anche di scultura e la sua “passione” per la patria del Perugino l’ha portato a riproporre l’annosa questione del figlio illustre, della potenzialità che rappresenta per la nostra città e del suo essere di diritto al centro di un possibile turismo culturale – forse ad oggi marginalmente sfruttato. Città della Pieve non ha un istituto d’arte o una vera scuola d’arte che tramandi le tradizioni artistiche del suo “figlio/genio”, non ha un evento direttamente riconducibile a lui (es.“La settimana della cultura rinascimentale” con convegni di studio e azioni di promozione), non ha un Premio Artistico Nazionale intitolato al Perugino, il motore di tutto un filone di turismo culturale ed impegnato di alto livello; e infine non ha un monumento celebrativo. Cose d’altri tempi dovremmo dire; tempi in cui si incaricavano gli artisti di celebrare un personaggio, un evento un periodo e tutta la cittadinanza festeggiava intorno all’identità riprodotta.

Dicevo una considerazione che potrebbe sembrare “voluttuaria” in un momento in cui la città è inclusa nel processo difficile di crisi economica nazionale, ma che invece proprio perché la cultura e il recupero delle identità locali possono essere falde di risorsa non vanno tralasciate. Sostiene infatti Antonio Seccia: “La realizzazione di un monumento, insieme con l’apertura delle celebrazioni per il cinquecentenario della morte del Vannucci (nel 2023) possono essere l’occasione per approfondire la conoscenza della biografia e dell’opera di questo grande del Rinascimento italiano. Per fare un omaggio all’uomo, certo, ma soprattutto per riproporne il modello umano. Quali esempi od opzioni - “modelli”, appunto - vengono oggi proposti ai giovani che hanno l’ambizione di emergere dalla mediocrità? Quelli

della visibilità televisiva, forse? Illusoriamente facile da raggiungere quanto effimera? Quelli del mondo del cinema o dello sport? Quanti di questi “modelli”, perfino magnificati come “miti”, saranno ricordati fra 500 anni?” Un’azione positiva da ritarare sull’attualità, precisa Seccia: “ovviamente, non è più conseguibile il modello dell’artista del pennello che cresce in una bottega; altri sono i sentieri del talento che possono marcare la società contemporanea. La buona riflessione, però, non deve condurre all’imitazione del modello, larga via verso l’omologazione, ma ad ispirarsi ad esso, stimolando l’ingegno. Un simbolo, quindi, in un luogo ben visibile, sempre sotto gli occhi del viandante, che anche una sola volta, meno distrattamente che altre, possa soffermarsi a coglierne il messaggio. E quale migliore occasione che l’inaugurazione di un monumento per aprire il decennio commemorativo del “divin pittore”?” Un’azione che, per chiudere il cerchio delle cose necessarie, Seccia farebbe gratuitamente e per la quale ha già avviato una sensibilizzazione con privati, aziende e fondazioni per coprire il costo vivo della fusione, e lancia una sfida: “Perugia lo fece un secolo fa, quasi appropriandosi di una paternità un po’ pretestuosa; può mancare la terra pievese di rivendicarne la sicura maternità?”. Noi de Il Moggio raccogliamo la sfida e rilanciamo le domande a chi ha il potere di varare il progetto, presentarlo alla cittadinanza e con la cittadinanza discuterlo. Personalmente ci piacerebbe vedere Pietro Vannucci, intento all’opera, campeggiare sulla Piazza del Plebiscito, svuotata delle automobili e trasformata in una sorta di giardino con arredo urbano dedicato (sedili e panchine); così da godere della triangolazione preziosa che si avrebbe osservando da un lato la Cattedrale, dall’altro la Casa del Vannucci e in solitaria il Palazzo della Corgna tre elementi della nostra identità che ci garantiscono oggi di essere diversi da tutti gli altri. Gaetano Fiacconi

L’IDEA NON È NUOVA, SPERIAMO CHE SIA LA VOLTA BUONA Da una pagina di verbale della Confraternita di Santa Maria dei Bianchi In nome di Dio e così sia Intimata la congregazione segreta d’ordine del fratello Giovanni Orlandi priore pel giorno ... ... Dopo le solite preci il fratello sottopriore ha manifestato ai congregati il seguente progetto redatto d’intesa dell’Ill.ma Magistratura relativamente all’acquisto e collocamento di un busto a rilievo di marmo del famoso pittore Pietro Vannucci detto il Perugino nostro concittadino del tenore seguente. Lo scultore sig.Carattoli di Perugia ha scolpito in marmo bianco di Carrara il busto e ritratto di Pietro Vannucci restauratore dell’arte pittorica e nostro concittadino, desideroso che di quest’opera ne faccia acquisto Città della Pieve sua vera patria, ne ha rimesso al sig.Giuseppe Bolletti il modello in gesso e ne ha richiesto il prezzo di scudi ottanta pagabili in quanto a scudi 25 nell’atto

della consegna e gli altri scudi 55 anche a rate da convenirsi. La magistratura di questa città volentieri acconsentirebbe a fare un tale acquisto, quante volte il pubblico consiglio annuisse, e se ne riscontrasse la superiore applicazione; su di che vi è molto a sperare e per la tenuità della spesa, e perché niuno che amante sia del decoro della patria può mostrarsi ritroso ad erigere a questo concittadino, che tanto e colle sue opere, e colla sua fama illustra questa nostra città, un monumento che lo ricordi alla posterità, e dimostri il pregio che la medesima si fa di aver concittadini che la decorino ... In fede Fatta nelle stanze della Venerabile Confraternita di S. Maria de’ Bianchi questo giorno nove agosto 1854 Giuseppe Bolletti ff di segretario


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Memorie di altri tempi

“SALCI ... UNA FOTO MI RICORDA” Quando c’era il Padrone

Andavamo a Salci seguendo il corso del Fossato, mia mamma ed io che avevo 5-6 anni. In tutte le stagioni, di preferenza d’estate. Era la via più breve, naturalmente a piedi – da Piazze dove abitavamo. Si preferiva seguire il corso dell’acqua, piuttosto che passare per la tenuta di Poggiovalle per evitare saliscendi. Nella tenuta di Salci, gemella di quella di Poggiovalle (Paganini aveva due figli: Salci al maschio, Poggiovalle alla femmina), nel podere denominato Giardino, abitavano i miei nonni materni e numerosi zii, cinque allora vivi (una era morta all’età di otto anni): gli SCARPELLI. La foto, evidentemente scattata in una giornata celebrativa del Regime, riunisce tutti i bambini di Salci (una pluriclasse di trentaquattro alunni) con al centro la brava e famosa maestra VALENTINA CUPELLA. Tutti, scolare e scolari, rigorosamente in grembiule nero. Eccone uno, ben individuabile nella foto (siamo negli anni 192223) quello che impugna il gagliardetto: Oreste Scarpelli, fratello di mia madre (quella che nella foto risulta esseNonno Giuseppe re la penultima, in primo piano a destra), che presterà servizio in guerra come pilota d’aerei, con incredibili peripezie, e poi da civile nell’Alitalia. Sua figlia, Gianna, che oggi soggiorna nel podere dove è nato il padre, è moglie del bravo e simpatico attore Carlo Verdone.

Io Salci la ricordo (contagiosa sensibi- e buonasera quando era sera. Questo tra gli applausi dei suoi invitati. A Salci lità del fanciullino) soprattutto in con- stupore mi ha accompagnato per tutta tutti ne parlavano e io ho sentito questi trapposizione a Piazze, il paese in cui si la vita (lo stupore può salvarci) unita- racconti. Storie di vegliatura, leggende, miti? Lo storico li deve comunque segnalare. A metà del XX secolo, Salci viveva il suo Medioevo, per la verità in compagnia di tutto il mondo rurale e dei paesi limitrofi. Altro ricordo sono i TORI e quell’odore (ci accompagnava sempre) che saliva di sopra, in cucina, e il loro trambusto che faceva tremare il pavimento all’ora di cena. Qualche volta, mentre ero solo in cucina, sollevavo il coperchio di legno della piccola botola (sotto la stalla e sopra la cucina, era anche un modo per stare caldi) e loro, i tori, mi guardavano con i loro occhini rossi sul muso bavoso. Bestie immense, come pure i VERRI, e tutta la tenuta veniva lì, per l’inseminazione, dagli SCARPELLI DEL GIARDINO. è sposata mia madre e in cui sono nato mente ad una certa inquetitudine perché Io assistevo alla io. Faccio anche lo scrittore e nel bene e non capivo quel contrappunto tra saluto monta, il rituale nel male, sono condannato a combattere e non saluto. iniziale, l’assalto con le parole. Oggi che conduco ricerche storiche, e poi le scrofe e A Piazze non si parlava (o quasi), soprat- ma forse non per questo, penso di aver le vacche che ritutto gli uomini, peraltro gran lavoratori. capito. Piazze non ha radici, come uno tornavano a casa Così uscendo di casa alle quattro-cinque di quegli insediamenti che nascevano “contente”, pendel mattino, si “nusavano” (verbo annu- all’improvviso nel West ad opera dei savo io. sare) appena, biascicando un – uh! – a pionieri. Piazze è un po’ Texas. Era il luogo delcui faceva riscontro un – oh! – come sa- A Salci c’era il PADRONE che insegna- la mia felicità, Zia Maria luto. Un giorno, quando un tale osò dire va “le buone maniere” e anche altro, del Salci, dove mi all’altro “buongiorno”, scoppiò quasi tipo “jus primae noctis” e … la caccia aspettava mia zia una rissa, perché il “buongiornato” pen- grossa. Nel castello erano esposte teste Maria, dolcissima e quei tre zii che ansò di essere coglionato. di animali uccisi in Africa. Io li ho visti davano e venivano perché militari. Ma A Salci, all’età di cinque-sei anni (vedi questi trofei. Un giorno, il PADRONE, soprattutto mio nonno Giuseppe, grosso un po’ come ragionano i bambini) sen- in presenza di amici di Perugia e amiche e bello con quei baffoni, che a sera mi tii per la prima volta quella bellissima (?!) volle dare un saggio della sua mira. accompagnava a letto e recitava con me parola, BUONGIORNO, e si salutavano Dal castello puntò un’aia dove si treb- l’Angelo Custode. sempre: buongiorno quando era giorno biava. Dal pagliaio cadde giù “l’omino”, Gianfranco Barbanera

SALCI E LA NATIVITÀ FIAMMINGA PERDUTA Un recente studio sull’inventario della Soprintendenza ai Beni Artistici ha messo in luce una “celebre” assenza. In questi mesi si sono accesi i riflettori della nostra città - istituzioni, associazioni ed organi religiosi - sul borgo di Salci, castello di confine posto a pochi chilometri dal centro cittadino. Lo studio sui beni artistici ed architettonici delle costruzioni presenti nel borgo ed in particolare della chiesa hanno da sempre messo in luce una location ricca di testimonianze di una vita attiva, di una comunità piena di vicissitudini legate alla posizione strategica, ma anche alle diverse proprietà che si sono avvicendate. Una proprietà che è rimasta integra nei secoli è quella religiosa. La bella chiesa intitolata a San Leonardo che aveva un corredo religioso ricco di opere d’arte ha la fortuna di possedere le cartoline di un inventario - redatto dalla Soprintendenza ai Beni Artistici - degli anni settanta che racconta gli oggetti, li cataloga e ne porta testimonianza. Nel consultare le cartoline di questo catalogo ho notato - con sollievo - come la maggior parte dei manufatti artistici e artigianali sia ancora presente e rintracciabile, ma non per tutti. Nello studio delle cartoline mi ha colpito - anche per

la sua odierna assenza - un dipinto fiammingo. Raro da trovare nelle nostre zone, il dipinto risulta smarrito, è di sicura committenza della Famiglia Bonelli sia per i suoi tratti distintivi sia perché un tale oggetto era molto in voga nelle collezioni d’arte delle famiglie gentilizie, ancor più se si pensa che i Bonelli di nobiltà romana furono “feudatari” del borgo per lunghissimo tempo. Ma al tempo stesso furono a lungo a Firenze, forse agevolati dalla posizione strategica delle loro residenze, con scambi intensi con i mercanti fiorentini e fiamminghi in quel momento storico tutto italiano dove gli scambi con le fiandre (e viceversa) interessavano tutti gli aspetti culturali della penisola. Si trattava di una “Adorazione dei Pastori” inserita all’interno di un’architettura gotica - e non classica come più frequentemente avremmo trovato in un dipinto di tradizione italiana - con la sacra conversazione posta al centro, sulla destra i pastori adoranti e il bambino, in perfetto accordo con gli stilemi della tradizione fiamminga, posto nella nuda terra. Peccato. Sarebbe stata una rara testimonianza per la vista artistica della nostra città e del suo contado da conservare gelosamente. Luca Marchegiani


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IL FALLIMENTO DI UGO CHAVEZ di Marco Gabriel Perli Marco Gabriel Perli Nasce a Caracas, nel 1978 torna in Italia e si stabilisce a Città della Pieve. Per motivi familiari e di lavoro torna di frequente in Venezuela. Ha studiato Belle Arti ed è questo l’ambito nel quale ama vivere. Ha scoperto da pochi anni, la passione per il reportage, soprattutto quello fotografico. Ha lavorato per alcune ONG Italiane che affrontano il problema dell’agricoltura, sia industriale sia familiare. Nell’era in cui viviamo la cosa logica da pensare sarebbe quella di vedere la globalizzazione migliorare le condizioni di vita degli abitanti della terra. Purtroppo non è così. La prova di quanto dico la si trova nel problema attuale del “land grabbing” o furto della terra, subìto soprattutto dalla povera gente. Non è questa la sede per discutere dell’argomento, ma non possiamo comunque non tenere conto di una cosa importante, oggi l’unico valore preso in considerazione è quantificabile in denaro. Non contano i valori umani e nemmeno la solidarietà. Noi tutti, impotenti di fronte ai soprusi che subiamo inconsapevolmente, crediamo di poter risolvere i problemi dando vaghe soluzioni che provengono da pensieri semplicistici oppure isolandoci e pensando solo al nostro piccolo tornaconto. Sono convinto che il valore umano sia ben più grande del benessere vissuto da poche persone. Dobbiamo comprendere che con l’educazione della gente si possono trovare soluzioni per molti mali che affliggono la nostra società. Un popolo educato può prendere coscienza di sè ed erigersi per migliorare le proprie condizioni di vita. Perseguendo questa strada si crea un senso di appartenenza capace di generare nelle persone la forza motrice necessaria per migliorare il proprio Paese. Questo, a parer mio, è stato il miglior risultato ottenuto dalla politica del discusso Presidente Venezuelano Hugo Chavez. Nei molti anni che è stato al potere è riuscito a dare alla grande maggioranza delle persone, che abitano quel Paese, l’amore per la propria terra e l’orgoglio di essere Venezuelani. Non è da tutti attuare una serie di riforme capaci di pensare in primo luogo alle necessità di una popolazione che è sempre stata ignorata e maltrattata da tutti i precedenti Presidenti. Non credo che Chavez sarà mai ricordato per la sua capacità di risolvere i problemi economici dovuti alla pessima redistribuzione del denaro. Sono sicuro che un Paese ricco di petrolio, diamanti, oro e ferro sino ad arrivare addirittura all’acqua, sarebbe potuto diventare veramente la “Perla dei Carabi”. Questo purtroppo non è avvenuto a causa delle scelte a livello dirigenziale fatte in maniera troppo populista e soprattutto all’alto grado di corruzione che opprime il Venezuela. A noi italiani deve servire da esempio per non commettere gli stessi errori. Non possiamo pensare di sradicare la corruzione e risolvere i problemi della distribuzione del denaro affidandoci a persone inesperte o incapaci. I volti nuovi nella politica sono auspicabili e devono essere sempre benvenuti, ma solo se accompagnati da una adeguata formazione che serva ad affrontare tali problematiche. Io non voglio certo fare un’analisi della politica economica di Chavez, perché non sono in grado di farlo, ma è piuttosto evidente che molte cose non hanno funzionato. Il Venezuela ha subìto la nazionalizzazione di molte industrie ed ha inibito quasi completamente l’iniziativa privata, permettendo in questo modo di fare fuggire i capitali che potevano arrivare dall’estero. Per evitare ciò si è deciso di effettuare il blocco del cambio delle

monete straniere. In poco tempo si è creato un mercato parallelo di denaro che ha determinato la decrescita dell’economia. Il grave risultato di queste azioni è stato quello del graduale impoverimento della popolazione che ha visto scomparire il potere di acquisto della classe media oramai quasi del tutto scomparsa. La riforma agraria Quella che chiamano riforma agraria si è risolta con un fallimentare tentativo di distribuzione della terra, che non ha portato alla creazione di canali di agricoltura familiare e cooperativa capaci di soddisfare il fabbisogno dell’intera nazione. Il risultato è stato quello di dover importare una gran quantità di generi alimentari che prima venivano prodotti nel Paese. Il turismo L’impresa turistica poteva essere fiorente; in fondo si tratta di un Paese bellissimo con grandi foreste tropicali, splendide montagne e soprattutto bagnato dalle acque del Mare dei Carabi. Anche qui purtroppo la risposta della politica è stata inefficace o quantomeno insufficiente. Per coprire queste evidenti mancanze e non far ricadere la colpa su di sè, Chavez ha pensato bene di mettere zizzania tra le classi sociali, assegnando ai più ricchi il nomignolo di “escualidos” (squallidi), in modo che queste si dessero la colpa a vicenda del malessere vissuto, invece di puntare il dito contro il Palazzo Presidenziale. La miseria Purtroppo il Venezuela ha enormi sacche di miseria accompagnate da analfabetismo Questo è stato il bacino di voti che ha permesso a questo Presidente di rimanere in carica per quasi 14 anni. Tanta è stata la sua influenza sulla coscienza del popolo che è riuscito, anche da morto, a convincere i venezuelani a votare per il suo delfino Nicolas Maduro. Come ho gia detto, i venezuelani delle classi basse sono sempre stati disprezzati da tutti i precedenti governi e sono sempre stati bistrattati e maltrattati. Questa è stata per loro la prima volta che qualcuno si è prestato per tentare di capovolgere la situazione e portare al popolo qualche soddisfazione. Riforma scolastica Si sono edificate scuole pubbliche e questo non deve sembrare scontato come da noi. L’obbligo scolastico è stato istituito da Chavez; di conseguenza i bambini si sono trovati con una seconda novità rappresentata dalla mensa scolastica offerta dallo Stato. Per loro avere un pasto assicurato al giorno equivale al nutrimento minimo necessario per potersi sviluppare sia fisicamente che intellettualmente. In questo modo le scuole sono migliorate (almeno quelle per il popolo) e l’accesso all’università da parte di coloro che prima non se lo potevano permettere, è aumentato in una buona percentuale.

La sanità Anche la sanità è migliorata moltissimo e la costruzione di nuovi ospedali è stato il primo passo verso un sistema sanitario nazionale che prima non esisteva, che era disastroso e che veniva sostituito da cliniche private del tutto inaccessibili per la maggior parte dei cittadini Venezuelani. Edilizia popolare Ci sono stati anche innumerevoli casi di costruzione di abitazioni popolari che venivano praticamente donate agli abitanti togliendo dalle gigantesche baraccopoli alcuni tra i più sfortunati. La rete stradale rimane sempre insufficiente e di bassa qualità pur essendo cresciuta durante tutto il suo periodo di governo. Il petrolio Tutti questi risultati devono essere anche immaginati come opere realizzate a costo zero per la popolazione, poiché il denaro necessario per sostenere i costi di questi servizi veniva prelevato dalla oramai unica fonte di ricchezza del Venezuela: il petrolio. Gli introiti di questo Paese sono aumentati in una maniera impressionante se consideriamo che a metà anni ‘90 un barile di petrolio veniva venduto a 16/20 dollari contro i 100/110 di oggi. La scelta di Chavez è stata quella di usare le ricchezze del suo Paese per attuare politiche sociali molto utili a migliorare le condizioni di vita di quella parte di popolo venezuelano che a lui stava a cuore e che poteva procurargli i voti necessari per tenerlo in carica in maniera democratica. Egli ha contribuito energicamente a costruire un orgoglio latino nell’America del Sud. Non a caso è un compianto defunto Presidente. Sicuramente è difficile riuscire a trarre delle conclusioni sul mandato di questo Presidente. Non è stato un bravo amministratore e le condizioni economiche in cui si trova il Venezuela, oggi dimostrano il fallimento della sua politica economica. D’altra parte ha lottato per far comprendere che la gente che popola il Mondo è fatta di carne ed ossa, che non si tratta di numeri o pedine da poter giostrare come meglio ritengono alcuni o come pretendono di dimostrare alcuni grafici commissionati dalle varie multinazionali. Egli ha intrapreso una lotta a favore del genere umano, a favore di quelle moltitudini considerate come delle inutili manovalanze da scartare non appena provano ad alzare la testa reclamando i propri diritti. Voglio concludere dicendo che la cosa migliore che quest’uomo abbia potuto fare è stata quella di donare a tutte le generazioni presenti e future del basso popolo la capacità di guardare nella direzione della speranza; “Bisogna dare spazio alla speranza”, diceva, “bisogna metterci il cuore nella speranza”.


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A chiare lettere La penna ai lettori…

Riceviamo e pubblichiamo questa nota in merito ai progetti di adeguamento del polo scolastico pievese, confidiamo che aprire questo dialogo possa portare risposte a chi le aspetta e azioni migliorative per la nostra città.

IL PROGETTO PER IL NUOVO EDIFICIO SCOLASTICO La miopia di oggi sarà un costo ulteriore domani?

Ho saputo che sta per diventare operativo il progetto per la costruzione di un edificio scolastico destinato ad ospitare i ragazzi della Scuola Secondaria di Primo Grado. Ho provato a chiedere informazioni ed ho scoperto che pochissimi pievesi hanno consapevolezza e conoscenza delle azioni previste; alcuni addirittura pensano che si vada ad intervenire sugli edifici esistenti, altri che l’edificio ospiterà gli alunni dell’Infanzia e della Primaria. Quando ho chiesto lumi all’ufficio comunale competente, con cortesia e professionalità mi sono state date alcune informazioni fra cui quella relativa al sito da cui scaricare tutti i dettagli. Sembra che circa un anno fa ci sia stata una riunione per illustrare il progetto. Incredibile che siano più i cittadini che non ne sapevano nulla di quelli che ne erano a conoscenza: non era il caso di dare il dovuto risalto e visibilità ad un evento così importante? Preso atto del progetto e, visto che il nuovo edificio è previsto proprio di fronte a casa mia, non posso che fare alcune considerazioni sulla “superficialità” con cui si è ragionato; considerazioni che ho personalmente espresso in un incontro richiesto e avuto con il nostro Sindaco. Lo ringrazio per la disponibilità nell’incontrarmi. Le risposte avute, però, non mi hanno convinto: non mi sembra ci sia un piano generale chiaro e ben

strutturato, magari da sviluppare in momenti diversi e tutte le perplessità che avevo sono rimaste. Positivo l’arrivo di fondi a Città della Pieve purchè vengano utilizzati bene, guardando al futuro. La nuova costruzione si svilupperà su tre piani! Gli edifici pubblici e le scuole, costruite oggi, a maggior ragione, dovrebbero avere un buon livello di sicurezza e agibilità per consentire l’accesso a ragazzi anche con handicap e soprattutto per permettere una evacuazione rapida in caso di calamità naturali o incendi. In questo edificio le aule degli studenti non sono previste al piano terra, ma al primo e secondo piano. Nelle emergenze non si può scendere con l’ascensore, come evacuare eventuali disabili? Da tener presente inoltre, che l’uscita di emergenza-servizio, confluisce in via La Trova, una stradina a fondo chiuso, di limitata larghezza, che non consente nemmeno ad un veicolo normale di manovrare senza difficoltà. Perchè non abbattere la ‘palestra’, un vecchio stabile, inadatto e senza requisiti, e realizzare un edificio che si sviluppa in lunghezza anzichè in altezza? L’utilizzo anche di quest’area avrebbe sicuramente consentito una ottimizzazione degli spazi e la creazione di una palestra vera.

Non sarebbe stato, inoltre, più logico progettare le nuove scuole in un’area diversa visto lo spazio ridotto tra il vecchio e il nuovo edificio? Perché non prendere in considerazione l’area a valle del Liceo Scientifico, zona adibita teoricamente a parcheggio, ma di fatto utilizzata come discarica di materiale edile? Polo scolastico non vuol dire ammasso di edifici! Alla luce di queste ed altre riflessioni i contributi concessi sembrano “sciupati” in un’azione che nasce senza una progettazione rivolta al domani. Mi piacerebbe sapere come e quando in Consiglio Comunale se ne è discusso, e se qualcuno ha rilevato le stesse perplessità. E qualora se ne fosse discusso, sarebbe stato compito almeno della “minoranza” far conoscere alla popolazione gli argomenti e l’esito della discussione. Sui denari spesi male, fa testo, tra l’altro, Piazza Unità d’Italia, con una pavimentazione che “salta” in continuazione e il sottostante parcheggio, semi-vuoto, con un ingresso scomodo e di limitata altezza. Ovviamente non mi aspetto inversioni di marcia; le vicende del nostro paese ci insegnano che la lungimiranza non è la qualità principale dei nostri amministratori. Enrico Socciarello

Guarda dove metti i piedi

VIE, PIAZZE, STRADE, TESTIMONIANZE PREZIOSE DEL NOSTRO PASSATO Quante sorprese potrebbero scaturire da un’indagine approfondita del fondo stradale Il dramma del terremoto si sta rivelando anche a Foli- simo manto dal quale facevano capolino le sfumature gno un momento di riflessione e possibilità per la città. azzurre, grigie della pietra serena o dei ciottoli lacerti Il recupero della pavimentazione che l’amministrazione locale ha messo in atto ha riportato alla luce uno spaccato storico e artistico della città dell’Alunno che merita una menzione speciale e che potrebbe essere d’esempio anche in altri centri dell’Umbria che hanno conosciuto la fortuna di una viabilità molto antica con materiali ieri poveri oggi preziosi. Ciò che calpestiamo con piedi, automobili e strade ferrate è spesso un patrimonio culturale che per anni è rimasto celato da cemento o asfalto. Foligno ha “ri-scelto” i ciottoli di fiume, un reimpianto che torna all’antico, ma anche alla tradizione locale e alla storia dell’espansione della città intorno al fiume. di pavimentazioni ben più antiche. Pavimentazioni che avevano conosciuto una città diversa con ombre e luci sul traffico urbano e sulla effettiva calpestabilità delle strade. L’avvento della “metanizzazione” delle case è anche il segno dell’asfalto che lascia il posto, anzi che restituisce materiali più nobili che arricchiscono il centro storico e i suoi pianciti. Saggia iniziativa anche se, considerando lo spaventoso incremento di calpestabilità anche con mezzi pesanti, la pietra serena in vent’anni si è inevitabilmente degradata. Il traffico veicolare di una città costantemente aperta alle auto non ha aiutato l’iniziativa e nemmeno la rimozione delle abbondanti nevicate con mezzi intrusivi quali ruspe e mezzi pesanti. Ciò è vero per le piazze principali e per le strade di granFra la fine degli anni Settanta e la fine degli anni Ottan- de percorrenza, meno invasivo l’effetto del tempo nei ta Città della Pieve ha conosciuto l’asfalto, un bruttis- vicoli dove è interessante notare come resistano e con-

vivano incredibilmente lacerti di antichissime pavimentazioni, quelle che - come ricordava Gaetano Fiacconi - possiamo rivedere solo nel film “San Michele aveva un Gallo”. Il vicolo del Barbacane, una traversa di via Manni, una di via Garibaldi: tutti “luoghi della memoria” dove tornare indietro nel tempo e assaggiare quella pavimentazione unica costituita da pietra serena al centro della carreggiata e posizionata a spina di pesce e - ai lati - il sampietrino con ciottoli di fiume. Sarebbe un’idea ed un investimento - anche dal valore turistico - recuperarla e tentare di portarne alla luce ulteriori tratti come sicuramente in via Generale Antonio Verri dove l’antica pavimentazione scompare sotto il manto dell’asfalto… Incredibile, ma proprio in questa via l’impiantito è ancora più antico e cioè in laterizio, un materiale che contraddistingue tratti della storia, della tradizione professionale e artistica. Che sia tutto lì sotto? Ancora da segnalare i lacerti presenti in via Beato Giacomo Villa a destra e sinistra della carreggiata e presso Largo della Vittoria dove fra l’asfalto e il muro della Chiesa resiste una lunga striscia di pietre anche in questo caso un’indagine approfondita del fondo stradale potrebbe portare alla luce sorprese di notevole interesse. Luca Marchegiani


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Piazze e ospedali mobilitati per la sensibilizzazione del cittadino

A.L.I.Ce.: GIORNATA DI INFORMAZIONE E DI PREVENZIONE Ictus Cerebrale e servizi

vi e preventivi, ponendo l’attenzione su alcuni aspetti come l’acquisto di un nuovo automezzo grazie al contributo della FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI PERUGIA che ancora una volta ha accettato la richiesta di finanziamento presentato dall’Associazione, e sull’importante evento che ci sarà alla fine di ottobre a Città della Pieve in occasione della Giornata mondiale dell’ictus. La Presidente dell’assemblea, dott.ssa Reale, ha letto la relazione dell’attività svolta da A.L.I.Ce. nel 2012, puntualizzando gli aspetti più rilevanti: Aprile è il mese della Prevenzione dell’Ictus Cerebrale. In questo mese le quasi 70 Associazioni, che fanno riferimento alla Federazione A.L.I.Ce. Italia Onlus (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale), organizzano in diverse piazze e ospedali italiani iniziative di prevenzione, di sensibilizzazione e di informazione su questa patologia, grave e disabilitante. “Nel nostro Paese si verificano oltre 200.000 casi di Ictus ogni anno e ben 930.000 persone ne portano le conseguenze invalidanti, ma oltre il 50% degli italiani - afferma Paolo Binelli, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Onlus - non conosce la malattia e soprattutto non è al corrente che dagli inizi degli anni 2000 l’Ictus si può curare, mentre negli ultimi anni è stato dimostrato che una corretta prevenzione potrebbe evitare oltre l’80% dei casi: l’adozione della dieta mediterranea, il controllo della Pressione Arteriosa e della Fibrillazione Atriale, oltre all’astensione dal fumo e all’effettuazione di regolare attività fisica, rappresentano i fattori critici della corretta prevenzione”.

trasporto socio sanitario con due automezzi di cui uno attrezzato per disabili. Sono stati effettuati 260 servizi con destinazioni varie; misurazione della pressione arteriosa con il nuovo apparecchio che rileva la fibrillazione atriale, della glicemia, del colesterolo e dei trigliceridi, il mercoledì e venerdì a Città della Pieve, il giovedì a Po’ Bandino, il mercoledì, a settimane alterne, a Ponticelli e a Moiano ed una volta al mese a Montegabbione; consulenza psicologica, una volta la settimana, dal mese di novembre 2012. La Dottoressa Chiara Cottini, grazie ad una convenzione con l’USL, incontra i pazienti ed i loro familiari sia nel Centro Ictus sia, una volta dimessi, presso la sede dell’Associazione; ginnastica di mantenimento due volte la settimana, svolta nella palestra del Centro di salute di Città della Pieve, con la fisioterapista dott.ssa Berta Balaguera, dopo la valutazione medica fatta dai dottori neurologi del Centro Ictus; servizio di informazione e di prevenzione relativo a malattie cardio–vascolari prenatali, pediatriche e dell’età adulta, una volta al mese, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale e con l’Associazione AVIS, a cura del dott. Adriano Cipriani, cardiologo pediatra responsabile del Centro delle cardiopatie congenite presso l’Istituto Clinico Ligure Alta Specialità; partecipazione a giornate di informazione e di prevenzione a Montegabbione, Castiglion Fosco e Collestrada;

La dott.ssa Reale ha dato quindi la parola all’ing. Binelli che, tracciando una panoramica della situazione sanitaria italiana in relazione all’ictus, ha detto: “Purtroppo le Stroke Unit nel nostro Paese non sono ancora diffuse in maniera capillare come dovrebbero. Su un totale stimato di oltre 350 Stroke Unit, ne risultano operative meno di 160, concentrate principalmente nel Nord Italia: nel Sud Italia si muore più di Ictus Cerebrale che di infarto del miocardio proprio perché le Unità di Emergenza Ictus sono quasi assenti”. Un ruolo importante è rivestito dal 118 che, in presenza di un colpito da ictus dovrebbe portarlo alla più vicina Stroke Unit piuttosto che al primo Pronto Soccorso, guadagnando tempo prezioso, ma per far questo è necessario cambiare il protocollo. Numerosi e molto interessanti sono stati gli interventi. Il dottor Enrico Righetti, Responsabile del Centro Ictus ha ribadito che è inaccettabile che in Italia vi siano zone dove la mortalità per ictus, ad un mese dall’evento, è del 2% ed altri luoghi dove è del 30%. La dott.ssa Maria Rossi, Direttore Sanitario dell’Ospedale di Città della Pieve, ha lamentato il fatto che il clima di attesa di riorganizzazione della Sanità del nostro territorio fa vivere in una situazione di sofferenza anche il Centro Ictus, ritenuto unanimemente centro di eccellenza. In linea con questo tema è stato anche l’intervento dell’Assessore ai Servizi Sociali, dott.ssa Chiara Lucacchioni, che ha reso noto un documento stilato dal Consiglio Comunale al completo, maggioranza e minoranza, in cui si esige dalla Regione Umbria una risposta definitiva sul rafforzamento del Centro Ictus pievese. Ha ribadito anche il valore fondamentale del Volontariato per rispondere alle crescenti esigenze sociali della popolazione. All’assemblea erano presenti rappresentanti di A.L.I.Ce. Città di Castello ed il Presidente di A.L.I.Ce. Ponte San Giovanni, con le cui sedi in futuro sarà necessario migliorare la collaborazione per ottimizzare le risorse ed essere sempre più incisivi nel campo dell’informazione e della prevenzione. A.L.I.Ce. rivolge un sincero ringraziamento a tutti i soci volontari, in particolare autisti ed infermieri che rendono possibile lo svolgimento di tutte le attività e che operano in modo completamente gratuito e con una disponibilità e gentilezza largamente apprezzate da tutti coloro che usufruiscono dei servizi ed un grazie anche a tutti quelli che offrono contributi in denaro, segno dell’apprezzamento del lavoro di questa associazione. A.L.I.Ce. ha iniziato la sua attività nel lontano febbraio 2000 con un obiettivo che è tuttora valido, in quanto l’ictus è un nemico che si può combattere anche se agisce in fretta e coglierne i segnali può aiutare a preservare la vita e la sua qualità. Sono importanti le attività di aiuto alle persone colpite da ictus ed ai loro familiari, ma ancor di più una corretta informazione sul modo di prevenire.

giornata del Volontariato svoltasi a novembre a Città Sabato 20 aprile anche A.L.I.Ce. Umbria, aderendo alla della Pieve, che ha visto uniti gli Istituti Scolastici di campagna di sensibilizzazione nazionale, ha organizza- tutti gli ordini e molte delle Associazioni del Comune; to a Città della Pieve una giornata di prevenzione. Al mattino, in piazza Gramsci, volontari dell’Associazione realizzazione, in collaborazione con il CESVOL, del hanno distribuito materiali informativi, infermieri han- sito WEB: http://www.pgcesvol.com/alice: no effettuato misurazioni della pressione con rilevazione della fibrillazione atriale, della glicemia e del cole- donazioni: un monitor multiparametrico al Pronto Socsterolo ed i medici del Centro Ictus dell’ospedale hanno corso di Città della Pieve, con la collaborazione della dialogato con molte persone dando suggerimenti ed Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia, una carrozinformazioni. Sono state effettuate in totale circa cen- zina ed altri sussidi al Centro Ictus di Città della Pieve ed tocinquanta misurazioni ed otto persone hanno potuto in collaborazione con Avis, Lions Club e Crediumbria, un eseguire l’ecodoppler carotideo nel reparto di medicina montascale all’Istituto Professionale di Città della Pieve; dell’Ospedale grazie alla collaborazione della dottoressa Allegrucci. acquisto di due carrozzine per l’attività di A.L.I.Ce.; Nel pomeriggio, nei locali della Rocca, si è svolta l’annuale assemblea dell’Associazione; onorata dalla pre- attivazione del sito dell’Umbria www.aliceitaliaonlus. senza del Presidente nazionale, ing. Paolo Binelli, e della Segretaria nazionale, dott.ssa Nicoletta Reale. Prima di iniziare i lavori il Presidente, Luciano Convito, ha presentato il signor Gabriele De Cosmo, che ha testimoniato la sua esperienza di figlio di un colpito da ictus attraverso la poesia. Ha rappresentato l’evento con una metafora: l’onda anomala che cambia il modo di “Conoscere, avere un’informazione, spesso, vuol percepire la realtà non soltanto di chi è colpito dal dolodire prevenire, o, in altri casi, curare meglio…” roso evento, ma anche dei familiari che riescono, però, a scoprire rapporti inattesi e profondi. Il Presidente ha letto e commentato i bilanci consuntiA.L.I.Ce. Città della Pieve


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Voce Chiara PER PRIMA COSA: PREGHIAMO!

La Chiesa di Dio è nata piccola, povera, senza mezzi: quando lo Spirito scende sugli apostoli e Maria riuniti nel Cenacolo, si trova a ricolmare di Sé un piccolo gruppo di gente semplice, illetterata, forte solo della

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promessa di Gesù: “Mi sarete testimoni fino ai confini della terra…!” (cf. At 1,8). Una terra per loro, gente del lago di Galilea, assolutamente sconosciuta. Oggi sappiamo che la promessa era vera e si è compiuta, come ogni Parola di Dio: e davvero tutta la terra si è concretamente raccolta intorno alla figura del Santo Padre, in questi ultimi stupefacenti tempi di storia della Chiesa. Attenzione, però, a non pensare subito ai mezzi mediatici, ai miliardi di apparecchi televisivi collegati con Piazza S. Pietro il 28 febbraio per il commiato gonfio di gratitudine e ammirazione a Benedetto XVI, o il 13 marzo per il benvenuto pieno di entusiasmo a papa Francesco. I campi di onde su cui si muove la vita della Chiesa sono ben altri, e questi due meravigliosi Sommi Pontefici ce l’hanno ricordato. “Per quanto mi riguarda, anche in futuro, vorrò servire di tutto cuore, con una vita dedicata alla preghiera, la Santa Chiesa di Dio”: così si conclude la declaratio con la quale Benedetto XVI ha reso note le sue dimissioni. Dal canto suo, papa Francesco ha scelto la preghiera come filo conduttore del suo primo saluto a Roma e al mondo: ha voluto pregare per il suo predecessore, ha promesso preghiere per il suo popolo, infine ha chiesto di pregare su di lui… e in un’enorme piazza gremita si è fatto improvvisamente un silenzio quasi irreale. Con gli occhi della fede era possibile vedere anche la Chiesa del cielo – Gesù, Maria, gli angeli e i santi… – china sulla piazza, chiamata in causa dalla parola d’ordine pronunciata dal Santo Padre: “preghiamo”… Questa parola ha lo stesso potere che nel mondo mediatico ha il famoso “clic”, solo che quello che qui avviene è

vento dall’anima

PA R L O A L C U O R E Siamo note sparse, abbiamo bisogno di un Maestro, per essere appoggiate su uno spartito, e così molti potranno sentire una melodia, lasciamoci guidare, lasciamoci amare. Non siamo perfetti, non ci sentiamo mai adatti, ma lasciamo che l’Amore ci possa sorprendere con la sua bellezza, con il suo calore, con il suo dare a noi la possibilità di cambiare. C’è un passo che facciamo per abitudine, c’è un passo che non ci sconvolge, c’è un passo che chiede a noi di svoltare e di non avere paura, c’è un abbraccio che non va fatto per metà, ma totale, totale. A volte siamo come fili che si dicono infrenati, a volte non abbiamo il coraggio di parlare al cuore, perché ci diciamo ignoranti, ma quanto ci vuole a farlo! Un giorno abbiamo visto un faro acceso, abbiamo pensato chissà chi è che lo tiene acceso, chissà quanto consumerà quella luce, chissà perché non lo tolgono, ma quel faro in realtà è la nostra vita, “Ci sono parole che attraversano il sentiero, ci che in quella cara immagine ha udito le parole del sono parole che irrigano il terreno dove la nostra cuore. vita si è radicata, ci sono parole che hanno il sa- Sì parlo, parlo al cuore, una persona ha scritto, e di pore di un Pane perché la nostra anima sente il quelle tracce ha composto una sinfonia, una sinfonia che le stelle del cielo hanno vissuto nella notte, bisogno di essere nutrita. Abbiamo detto che eravamo perduti, abbiamo det- una sinfonia che resta a ogni alba come una luce to che non potevamo andare oltre, abbiamo sentito che non lascia altro che una carezza su ogni filo l’arresa del nostro sguardo, abbiamo pianto, ab- d’erba così che anche il più piccolo possa esserne l’illustratore”. biamo reso tutto, l’inutile! Ma come si può dire, come si può pensare queValentina Guiducci sto? valentinaguiducci77@gmail.com

ben di più, ti connetti con tutta la Chiesa, della terra e del cielo, e si crea immediatamente una comunione di anime potentissima, direi invincibile. Qui sta la forza della Chiesa, in questa comunione misteriosa ma assolutamente concreta ed efficace, perché ha per capo Gesù. Dicevamo che la Chiesa è nata umile e semplice: proprio perché umile e semplice ha potuto accogliere in pienezza nel giorno di Pentecoste il dono dello Spirito, che l’ha resa grande e potente. È l’umiltà la conca che apre nel cuore dell’uomo lo spazio per Dio; ed è la preghiera, il contatto continuo con il Dio di Gesù Cristo, che insegna la via dell’umiltà… perché il nostro Dio, in Gesù, si mostra umile e povero. Ecco allora il mistero del nome del nuovo Papa: almeno noi, figli di Francesco – fieri di tanto onore! – non pensiamo subito ai poveri, ma prima di tutto al Povero per eccellenza. Per usare le parole della madre S. Chiara: “Guarda con attenzione la povertà di colui che è posto in una mangiatoia e avvolto in pannicelli; l’umiltà santa, la beata povertà, le fatiche e le pene senza numero che egli sostenne per la redenzione del genere umano; l’ineffabile carità, per la quale volle patire sull’albero della croce e su di esso morire della morte più vergognosa”. Pensiamo così il nuovo Papa: innamorato dei poveri, perché innamorato di Gesù, come Francesco, come Chiara; e come loro desideroso di essere lui per primo povero. Seguiamolo con fiducia in questa via sicura di salvezza lungo la quale ci vuole condurre, e per prima cosa… preghiamo! Sr. Elena Francesca Beccaria Monastero Clarisse S. Lucia Città della Pieve PG

Un messaggio di speranza

IN VIAGGIO CON DIO Presentiamo ai nostri lettori un piccolo libretto scritto da Suor Maria Manuela Cavrini, che ha scelto di vivere la sua vita nel monastero delle Clarisse di Santa Lucia in Città della Pieve. “... Anche senza bisogno di parole, è la povertà stessa che attira Dio e le mani di Cuore si ritrovano d’un tratto colme di ricchezze inaspettate.” Il protagonista di questo libro è un cuore e il suo contenuto sono 100 briciole di fede per il viaggio con Dio. La seduzione di Dio, il suo fascino che ti entra dentro e la vita come risposta. L’incontro e il cammino con Lui e il suo perdono. La scoperta di una Presenza che abita la realtà e la tensione all’ “oltre”. Il disegno della Trinità, il Figlio Redentore e la Chiesa. La fede e la ragione, il mondo invisibile e la preghiera. La battaglia contro il male e l’attenzione al bene, la gioia e la sofferenza, il sapore della salvezza e il ritorno a Casa. Nell’ “Anno della fede” voluto dal Santo Padre, questo libro è una piccola stella che guida a Dio, i vicini come i più lontani. Perchè dove non c’è Dio, non c’è neppure l’uomo, la sua creatura amata.


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LA NONNA FARFALLINA

La magia di un linguaggio che ancora incanta Nonna Giovanna era una terribile burlona e il povero nonno Ciro aveva dovuto adattarsi e sopportare di buon grado le sue burlette. Nonna Giovanna, durante la sua prolifica vita, aveva partorito almeno 8 o 9 figlioli tutti maschi (uno di essi era forse deceduto a causa di un aborto. Ma non se lo ricordava chiaramente). Il nonno aveva desiderato insistentemente una femmina nella sua nidiata e tirava diritto per la sua strada. Ma malgrado tutti gli sforzi e le preghiere la femmina, tanto desiderata, non arrivò. Ma ineluttabilmente giunse anche il momento che per un presunto maleficio o per un più che probabile sfinimento i nonni dovettero desistere, d’amore e d’accordo, dalla pervicace messa in opera. Tutti i figli si sposarono molto presto e ciascuno di essi insistette, forse per un fattore genetico compulsivo, a far partorire alle povere mogli un considerevole numero di figli: tutti maschi naturalmente. Tranne Osvaldo la cui moglie mise al mondo una femminuccia... che chiamarla tale era un peccato di fronte agli uomini e a maggior ragione di fronte a Dio. Essa era bruttissima e non molto discosta da un aspetto dichiaratamente mascolino. Essa, tutti lo mormoravano, come maschietto sarebbe risultata veramente non male! Nonna Giovanna, pur avendo una rispettabile età, quando andava al mercato, faceva i conti a memoria e con tale rapidità che nessuno dei contadini, che il sabato si recavano al mercato per vendere i loro prodotti, riusciva a tenerle testa. E la nonna li burlava vittoriosamente e al suo ritorno a casa non poteva che ridere e ridere a crepapelle (aveva una risatina lieve lieve e scoppiettante) sciorinando tutte le sue marachelle e soprattutto fa-

cendo tintinnare le monete smovendole con ambedue le mani infilate nella tascona segreta della gonna. Poi, quel denaro ”residuo”, lo distribuiva equamente tra i nipoti tenendosi per sé quel tanto che le sarebbe servito per acquistare del tabacco da fiuto che riponeva religiosamente nella sua misteriosa tabacchiera di tartaruga che tutti i nipoti, grandi e piccoli, le invidiavano a morte. Oppure a volte faceva acquistare una “spagnoletta” che le sarebbe durata abbastanza. Cioè, in altre parole, fino al successivo mercato settimanale. Ma la cosa forse più divertente che la nonna sapeva mettere in campo era l’invenzione, (che poi tanto nuova non era), di un suo linguaggio che lei chiamava “farfallino” e che consisteva nell’anteporre alle varie sillabe della frase o della parola che stava pronunciando una parolina che lei definiva “vezzo”. Per esempio per dire “Carletto stai fermo” lei compitava velocissimamente: “Sed-carsed-let–sed-to sed-sta sed-i sed-fer-sed-mo!” Tutti i nipoti ne erano sconcertati e nel contempo affascinati. Lei si divertiva troppo con questo gioco e come di consueto rideva e rideva felice. Il nonno aveva rinunciato da subito e non voleva sentir ragione e quando essa si metteva a parlare in gergo “farfallino” lui si precipitava in cantina, faceva nella botte un forellino (che poi tappava con lo spago e la cera), con un succhiello da calzolaio e beatamente si ubriacava quel tanto che il “farfallino” non gli rimbombasse più in testa. Ma qualche volta esagerava e il vino trangugiato era veramente troppo... ma questa è un’altra storia. Un bel giorno la nonna decise che anche i nipoti dovessero imparare il “farfallino” e così li divise in coppie e ad ognuna assegnò un “vezzo” particolare: ad Antonio

LA FONTE PERDUTA

Il giusto verso IL FUNERALE DI ORLANDO (Pantalon)

IL CAPOLAVORO DI ORLANDO (Pantalon) Tu che carpisti ai monti la magia, dalla foresta in dono il suo segreto, la chiave tua del cuore delle donne, forte tra gli uomini, seppur con ironia. A me che seguivo i tuoi sentieri, tu donasti tutto con amore, ma il tuo capolavoro lo facesti col più innaturale dei poteri, quando venne la morte e non ti colse, strepitò e pianse come una bambina, finché sprezzante, mosso a compassione, tu l’abbracciasti quando lei si volse. Renato Stefanini

e Gesualdo fu assegnato “mim”; a Secondo e Turibio “turd” ; a Eriberto e Macario “sas”; a Galdino e Fedele “ zim”. Gli altri nipoti rimasero fuori dal gioco: erano troppo piccoli. Mentre all’unica femmina, figliola di Osvaldo, Cirilla, fu assegnato “mar”. Ma la nonna da quella grande burlona che era, messi in fila i vari “vezzi” ed ottenuta l’orrenda parola “mimturdsaszimmar” se la rivendette ai nipoti come parola magica di uno sconosciuto popolo dell’Asia Anteriore. Quando, imparato il farfallino, i nipoti si ritrovarono, per il compleanno del nonno, riuniti tutti nella grande sala da pranzo e la nonna con un cenno fece entrare tutto giulivo nonno Ciro, i nipoti lo salutarono in farfallino... e ne risultò una baraonda terrificante: “mimbuon mimgior mimno; turdbuon turdgior turdno; sasbuon sasgior sasno; zimbuon zimgior zimno; marbuon margior marno”. Che poi in buon italiano voleva dire semplicemente buon giorno! Il nonno strabuzzò gli occhi e crollò sulla “sua” poltrona ma subito balzò in piedi urlando “È peggio di una Babbilonia!” e scappò via a rotta di collo. Si rifugiò in cantina da dove non uscì più per almeno un paio di giorni. Chi lo incontrò poi di nuovo all’aria aperta ebbe la sensazione di trovarsi di fronte ad uno dei personaggi del Mago di Oz... Nonna Giovanna rinunciò all’istante al “farfallino” ed attese in santa pace, sferruzzando dalla mattina alla sera, la sua ultima chiamata che giunse non molto tempo dopo. Sulla lapide il suo nome fu inciso in farfallino: “Sedgio- sedvan- sedna”. Da allora sulla sua tomba i fiori non mancarono mai: erano sempre rose rosse. Gabriele Novelli

Quando le braccia salde calaron la tua cassa il cielo era terso, padre mio e la terra del Voglio nella fossa ti accolse grata, nel nome di Dio. Fu in quell’istante, un frusciar d’ali. Improvviso, diritto, sì come uno stelo, alzammo gli occhi in aria, noi mortali per cogliere il falco arrampicare il cielo. E giunto in alto, perpendicolarmente sopra di noi, gli amici e i sacerdoti, emise il fischio acuto ed incalzante, il tuo saluto. Nessuno si sorprese, era fatale che nella dipartita tu continuassi a stupir la gente, come sì ben facesti nella vita. Renato Stefanini

“Città della Pieve Illustrata” Lettere Storiche di Antonio Baglioni

a.D.1845 – pagina 32 Qui vengono elencate le principali fonti cittadine, il Pozzo del Casalino e la Fonte delle Cannelle, poi la Fonte della Trova e una ulteriore sorgente di acqua “miracolosa” che dalla sommità della collina, attraverso un canale andava a scaturire sul versante ovest della città. “e qui ne esistono tre … il terzo fu chiuso nel fabbricare il campanile del Duomo, ed al quale si giunge dai sotterranei della casa del nobil’Uomo Sig.Giovanni Orlandi, e che sicuramente somministra l’acqua al fonte detto della Madonna della Neve … … e che se si potesse mettere allo scoperto la conduttura, maggiormente farebbe risultare il merito di quel popolo che la ideò ed eseguì”…

Perchè non tentare di saperne di più?


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ANTONIO MARRONI: ARTISTA, ARTIERE E DIDATTA La tesi di laurea di Mirko Bocci racconta la poliedrica figura del pittore pievese Antonio Marroni arriva all’università, la sua esperienza artistica e di vita è stata l’oggetto della tesi di laurea di Mirko Bocci presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’ateneo perugino. Il lavoro di ricerca, unico nel suo stile, ha messo insieme gli aspetti biografici del pittore pievese, le vicende che lo hanno portato alla pittura, dalla formazione con Cappannini alle esperienze di insegnamento e vita con don Perriccioli al Santuario della Madonna di Fatima, fino alla scelta dell’astrattismo come linguaggio preferenziale per la sua arte. In questo lungo percorso sono centrali le sfaccettature della vita artistica di Marroni che si interrelano con l’artigianato artistico; le sue esperienze di restauro, la decorazione di interni fino alla sperimentazione artistica di molte tecniche pittoriche e della scultura, passando necessariamente per la riproduzione dei crocefissi di San Damiano. Inevitabile per chi ha conosciuto Antonio e frequentato il suo studio non pensare alle numerose “croci” disseminate nel percorso, una testimonianza di abilità e precisione che lo hanno a lungo riconosciuto come “copiatore” ufficiale dell’opera cara ai francescani. Nel racconto-studio proposto da Bocci non manca il legame profondo che Marroni aveva con la sua città dalla fondazione della prima vera Associazione Culturale

“Accademia degli Eclettici” con il giornalista Mario Villani ed altri colleghi artisti fino alla sua “dedizione” per il Palio dei Terzieri - ed in particolare per la fazione maremmana - per il quale ha creato il drappo centro e simbolo della manifestazione. La sua attività divulgativa e culturale con l’ “Accademia degli Eclettici” aveva portato alla strutturazione a Città della Pieve - patria del Perugino - della Rassegna dell’Arte Umbra Contemporanea, un appuntamento di alto livello che raccolse intorno agli artisti pievesi nomi del calibro di Dottori, Bacosi, Abbozzo e molti altri. Una esperienza durata qualche anno e poco supportata dalle amministrazioni locali che non riuscirono a vedere nella prestigiosa iniziativa un potenziale per una città d’arte quale “la Pieve” poteva diventare. Il lavoro di racconto e scrittura si è dipanato essenzialmente attraverso le interviste al figlio di Antonio, Mario Marco e ad una interrelazione con articoli di giornale, foto e documenti d’epoca come ad esempio il bellissimo statuto dell’ “Accademia”, elemento interessante per il percorso di Marroni, ma anche tassello di vita pievese. Infine Bocci ha cercato di mettere in luce l’esperienza di educatore e divulgatore dell’arte di “Tonino” – come i suoi allievi amavano chiamarlo – intervistando gli allievi del centro pedagogico che si era formato all’interno dello studio d’arte del maestro. Ogni settimana gruppi

eterogenei di allievi si misuravano con le tecniche artistiche, ma soprattutto con l’educazione al bello, in una “educazione fra pari” che portava frutti interessanti soprattutto a livello umano. Molti degli allievi hanno dichiarato di non aver poi proseguito le esperienze artistiche se non per passione - altri invece hanno proseguito facendone motivo di lavoro e stile di vita - ma di avere comunque conservato un imprinting alla sensibilità artistica e al credere nelle proprie potenzialità dettato proprio da quei pomeriggi trascorsi nello studio. La relatrice della tesi dott. Stefania Petrillo ha segnalato come Antonio Marroni fosse “artista d’altri tempi” capace di integrare l’abilità di disegnatore e pittore a quella manuale di falegname, ideatore e restauratore; abilità che l’hanno reso capace di grandi imprese quale sicuramente la ricostruzione del teatro pievese sulla scia della memoria. Il lavoro di ricerca ha avuto il pregio di mettere insieme un trascorso artistico importante per Città della Pieve e per il suo sviluppo culturale e turistico, un tassello che non è solo ricordo malinconico, ma che potrebbe diventare ipotesi di sviluppo per progetti integrati di arte e formazione nella patria del Perugino e di Antonio Marroni. Giulia Casodi

DAVID PETRI, ARTISTA PIEVESE CHE ATTINGE AI “SAPERI DI BOTTEGA” Due nuove opere escono dalla fucina dell’artista per raccontare il Beato Giacomo Villa e Santa Mustiola Dalla grande casa studio che Mario Petri, celebre basso-baritono perugino, aveva scelto come buen retiro per la sua famiglia, David - il figlio pittore - racconta un mondo prezioso di gioielli dipinti e storie rivelate per immagini. La passione d’artista rende Petri capace di opere d’arte a tuttotondo, cariche di significati arcaici fino ai mobili, dalle preziose specchiere – icone di un nuovo medioevo – fino alle tavole impreziosite dalle sue cornici dipinte, spesso realizzate con legni antichi. Dentro ad una di queste cornici si compie il miracolo della “commissione religiosa” e Petri realizza la prima “Macchina Processionale” che dedica al Beato Giacomo Villa e alla sua storia; un manufatto di grande impatto artistico e devozionale oggi conservato nella chiesa del

santo proprio fuori la Porta del Vecciano; un’occasione in cui “il sacro” si avvicina al popolo attraverso le immagini; la “Macchina”, che è nuovo centro delle celebrazioni del santo, avvicina i fedeli alla storia - ormai conosciuta - del giovane “servo dei poveri” ucciso per amore della giustizia. Una vicenda che più passa il tempo e più si delinea per altre formule. Una rilettura recente ha portato le due comunità di Città della Pieve e di Chiusi - accomunate dai fatti cruenti che portarono all’uccisione del Villa - a confrontarsi sulle vicende storiche e soprattutto a riaprire gli archivi; riaperture che consegnano alla storia altri elementi che potrebbero portare a rivedere la causa per il riconoscimento della santità per Giacomo che per troppo tempo è rimasto

col “solo” titolo di Beato. Se storicamente le due comunità si erano guardate da lontano - forse per via della “colpa” addebitata al Vescovo di Chiusi - le nuove indicazioni che gli archivi affidano alla storia presente portano ad una pacificazione ed a festeggiamenti vissuti insieme. È proprio in questa occasione che una famiglia toscana particolarmente devota sceglie David Petri per celebrare Santa Mustiola, con una nuova “Macchina Processionale”. La figura di Mustiola, santa del III Secolo patrona di Chiusi, era festeggiata - fino al primo dopoguerra anche a Città della Pieve sicuramente in memoria della vecchia appartenenza alla Diocesi toscana fino al 1601. La Mustiola ritratta da Petri è ieratica e orgogliosa della palma del martirio, quasi la

volesse issare a bandiera, è incoronata da un diadema gioiello che sembra ricordare il mistero dell’anello nuziale che il promesso sposo (martire anche lui) le portò in dono. La leggenda - che David effigia in maniera eccellente lungo i lati della macchina - vuole che si tratti dell’anello che San Giuseppe aveva donato alla Madonna, il cosiddetto “Sant’Anello” che, nel 1473, fu rubato a Chiusi dai perugini. Ne scoppiò una torbida guerra di ripicche detta proprio “Guerra dell’Anello” che solo il ritrovamento miracoloso del corpo della santa sembrò placare e sebbene i perugini furono sconfitti, il gioiello rimase nella loro cattedrale dove a tutt’oggi è conservato ed esposto in occasione della festa. Gaetano Fiacconi

Istituto Professionale per i Servizi Commerciali di Città della Pieve

INAUGURAZIONE DEL MONTASCALE

Sabato 4 maggio 2013, alle ore 9.30 presso l’Istituto Professionale per i Servizi Commerciali di Città della Pieve, in via Santa Maria Maddalena 34, inaugurazione del montascale per carrozzelle ultima generazione, al fine di rendere fruibile agli studenti non deambulanti un piano rialzato dell’edificio dove non arriva l’ascensore ed in cui sono dislocate, tra l’altro, l’Aula Magna ed il Laboratorio di Lingue. Il montascale è un dono frutto del “consorzio economico” di Associazioni di volontariato che operano ormai da anni con l’Istituto: A.L.I.Ce., A.V.I.S., Lions Club sezione locale e della Banca Crediumbria - Banca di Credito Cooperativo di Moiano. Insieme, rispondendo ad una esplicita richiesta dell’Istituto, hanno sostenuto il costo, non irrilevante, di circa 8.000 euro. L’apparecchiatura

è stata montata, collaudata ed è funzionante da poco più di un mese; la Provincia si è fatta carico della manutenzione annuale. Un grazie veramente particolare da parte dell’Istituto Professionale a chi ha garantito questo strumento funzionale alla totale fruibilità della scuola. Per questo il Professionale ha deciso di inaugurare l’apparecchiatura invitando i donatori, la Provincia di Perugia e la Curia Arcivescovile, proprietaria dell’edificio; il Sindaco di Città della Pieve presenzierà l’iniziativa insieme alle autorità dell’Istituto di Istruzione Superiore “Italo Calvino” di cui il Professionale è parte. I ringraziamenti saranno affidati agli studenti del Presidio del Volontariato “Insieme si può”, attivamente operante all’interno del Professionale da qualche anno.


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TRATTI NOSTRI

Immagini per ricordare, scoprire, curiosare, provocare 

a cura di Mario Marroni

Ancora un gioiello che necessita delle nostre attenzioni

LA CHIESA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI All’interno infiltrazioni di acqua vento. L’edificio è pregevole per la sua architettura proto gotica e per le pitture che conserva al suo interno, realizzate tra il 1250 ed 1400. Situato oggi in campagna, lungo la via del Cavacchione, anticamente era collocato lungo il più importante tracciato della via dell’Alpe di Serra. E questo ne giustifica la presenza e l’importanza. È vero, in questi tempi c’è chi si fa carico di mantenerlo questo piccolo tesoro, ed in parte anche di riusarlo e per questo gliene rendiamo merito. Ma oggi raccolgo la sollecitazione di un mio alunno, “bravo”. Lui si è preoccupato di presentarmi le sue preoccupazioni nell’aver notato tracce di colature, probabilmente di acqua, lungo la parete d’ingresso dell’edificio. Personalmente ricordo di essermi recato, insieme all’amico Valerio Bittarello, circa un anno fa, in visita alla chiesa ed in quell’occasione entrambi rilevammo la necessità di sollecitare interventi di restauro per molti dei freschi, ma non erano È la volta di un altro bene del patrimonio presenti queste tracce che oggi compaioartistico pievese, la piccola chiesa cam- no e quindi ciò si è verificato in tempi abpestre di Santa Maria degli Angeli. bastanza recenti. Questa necessita di un immediato inter- Il problema si sovrappone agli altri ed il

pericolo è che le pitture subiscano un degrado irreversibile. Sarebbe deleterio se, come spesso è accaduto, anche in questa occasione non si dovessero prendere per tempo i necessari provvedimenti. La prima conseguenza sarebbe quella di veder ulteriormente ridotto il patrimonio artistico di un periodo, quello medioevale, di cui purtroppo tanto si è già perso e con esso, di fatto, perderemmo un’altra piccola parte della nostra storia. E dire che in questa circostanza probabilmente basta poco, ma veramente poco per tamponare l’evidente danno, magari in attesa di recuperare le risorse necessarie per completare gli interventi necessari. E allora sollecitiamo il proprietario e chi è deputato alla salvaguardia di questo notevole bene ad intervenire prontamente, mostrando quella consapevolezza e quella coscienza che tutti dovremmo possedere nel rispetto di coloro che queste pagine di storia pievese le hanno ben scritte e probabilmente con l’idea di farlo una volta e per sempre. Magari con uno slancio nella direzione del richiamato rispetto, se possiamo, in questa circostanza come in tante altre che

non sto ad elencare, facciamoci avanti, diveniamo primi attori, ogni tipo di aiuto sarà un grande contributo, malta tenace per tenere insieme questa nostra collettività. Bella indicazione questa in un tempo, il nostro, troppo frequentemente intessuto di effimero di contingente e di superficialità.

 rubrica del tempo passato 

a cura di Orietta Rossi Giacobbi

Questa volta non vi annoio con niente di mio, ma voglio farvi leggere una messaggio inviatomi da una insegnante di italiano in brasile: “Da bambino non avevo l’IPHone, la Wii, La Playstation e tutte le diavolerie elettroniche. Giocavo a nascondino, tornavo a casa quando faceva buio e la mamma gridava “Vieni a casaaaaa!”, non mi chiamava al cell. Giocavo con i miei amici invece di chattare, non c’era il gel antibatterico per le mani e giocavo tranquillamente con la terra. Mi sporcavo un giorno sì e l’altro pure, non c’era il detersivo che toglieva la macchia al primo colpo. Non scrivevo SMS per chiedere al mio amico di uscire, andavo a suonargli a casa. Bevevo acqua della fontanella, mangiavo tutto e sono sopravvissuta…… La vecchia generazione condivida per ricordare, è un pezzo della nostra vita ed era uno spettacolo.” Io aggiungo solo: i giovani leggano per imparare!

Una serie di incontri per la salute

PREVENZIONE DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI I corretti stili di vita

L’Istituto Professionale per i Servizi Commerciali di Città della Pieve, in collaborazione con ALICe ed AVIS, venerdì 12 e sabato 13 aprile 2013 ha dato inizio ad una serie di incontri che proseguiranno nel mese di maggio, nell’ambito dell’attività di prevenzione alla salute, tra gli studenti delle varie classi ed il dott. Adriano Cipriani, medico cardiologo Responsabile del Centro di Cardiopatie Congenite presso l’Istituto Clinico Ligure Alta Specialità - I.C.L.A.S. - Rapallo - Genova. Tema degli incontri l’individuazione di corretti stili di vita, in particolare per la prevenzione delle malattie cardio-vascolari anche legate all’attività sportiva.

Il ciclo di incontri, sicuramente interes- consulenza altamente specializzata a cosante, risponde pienamente al compito di sto zero può rivolgersi, per informazioni prevenzione che la scuola e le associazio- e prenotazioni ad ALICe, telefono 0578 ni di volontariato, ALICe ed AVIS, perseguono con determinazione. Il dott. Cipriani, sempre in attività di volontariato, in collaborazione con ALICe, AVIS e Amministrazione Comunale di Città della Pieve, incontra una volta al mese nei fine settimana, presso la sede di ALICe all’Ospedale di Città della Pieve, chi vorrà avvicinarsi al servizio che fornisce informazione e prevenzione relativamente a malattie cardio-vascolari prenatali, pediatriche e per adulti. Chi ritiene opportuno usufruire di una

297091, dalle ore 10.30 alle ore 11.30 tutti i giorni da lunedì a venerdì, oppure all’AVIS, telefono 0578 297031, dalle ore 16.30 alle ore 18.00 ancora una volta tutti i giorni da lunedì a venerdì. Vista la bontà dell’iniziativa e soprattutto la sua importanza dal punto di vista preventivo, ci si augura una buona affluenza che, a dire il vero, dal suo inizio ad oggi è in crescita costante. Un grazie, veramente sentito, al dott. Cipriani che, con spirito di effettiva dedizione, ha permesso o meglio ha voluto l’istituzione di questo servizio per la popolazione. Ivonne Fuschiotto


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VIVIBILITÀ, DIALOGO E CONSAPEVOLEZZA: IL SEGRETO DEL FUTURO Nasce il Comitato Cittadino per la fattibilità di una città a misura d’uomo

Nato per caso, dall’incontro di alcune sensibilità pievesi e della loro idea di “città vivibile”, Pieve Vivibile è un comitato civico che vuole unire i cittadini e le associazioni locali nella difesa del territorio e nella valorizzazione e conservazione del patrimonio artistico cittadino. La vivibilità del centro abitato è un tema attuale e problematico che raccoglie intorno a sé il concetto stesso di città e la sua dignità, prendendo spunto da alcune criticità che molte realtà, anche a noi vicine, hanno già affrontato da molti anni e che da noi sembrano languire e nessuno ha davvero il coraggio di prendere in esame e proporre soluzioni che potrebbero anche apparire scomode, ma efficaci. Quale futuro vogliamo per la nostra città? La sua vocazione naturale non potrebbe essere una delle maggiori risorse per garantirci il futuro? È proprio tutto da mantenere cristallizzato così oppure? Siamo convinti che mettere insieme le esigenze delle attività economiche, dei residenti, dei turisti sia la maniera migliore per affrontare le problematiche della vivibilità. Parlando di viabilità, possiamo ancora permetterci una immagine così caotica e disordinata del nostro centro storico, fiore all’occhiello della nostra spendibilità turistica? Secondo noi il problema va affrontato aprendo un dialogo costruttivo trasformando una città spesso “vittima”

degli automobilisti indisciplinati, in una città a misura di automobilisti, visitatori, pedoni ma soprattutto cittadini grandi o piccini che siano. Un bell’obiettivo per il presente sarà quello di vedere almeno le nostre piazze libere dalle auto e magari abbellite con panchine, fioriere, spazi vitali, piccoli salotti che raccontino chi siamo e cosa abbiamo da offrire. Ci piacerebbe, oltre ad una città più vivibile, anche una città più cosciente di sé; è per questo che nei prossimi mesi promuoveremo eventi rivolti alla cittadinanza per far conoscere il nostro patrimonio culturale e ambientale: “Le Domeniche di Pieve Vivibile”. Un traguardo che il comitato segna dopo un periodo di lavoro e scambio, ma soprattutto di dialogo con tanti pievesi innamorati delle proprie origini, appassionati della storia che disegna e racconta senza tralasciare tradizioni e religiosità. Apriremo le iniziative il 5 maggio con un circuito di aperture straordinarie dei “Monumenti Religiosi”, quelli che spesso noi pievesi troviamo chiusi, quelli che abbiamo sentito raccontare dai nonni; allo stesso modo a fine maggio presenteremo la “Città Sotterranea”, pozzi, cisterne, cunicoli, fonti e tutto ciò che racconta del nostro essere una cittadina arroccata, bisognosa d’acqua quale bene prezioso in tempo di carestia e ricchezza, in tempi d’assedio e in tempi di pace.

Il XIX Giugno celebreremo, in collaborazione con “Il Moggio” e altre associazioni cittadine “La Nostra Liberazione” con uno spettacolo a teatro e ancora a luglio, presenteremo i “Monumenti Civili”, gli edifici che rivelano la nobiltà delle nostre famiglie, le loro relazioni con la cultura pontificia e poi, dopo l’Unità, con quella del Regno. Termineremo questa prima azione di sensibilizzazione ed informazione a settembre con percorsi di riscoperta del territorio e delle sue peculiarità anche ripulendo i fossi, le zone verdi attualmente degradate. Il segno di questa azione sarà tradotto in “opere simbolo” e cioè con la promozione, ed in parte finanziamento, del restauro della preziosa scultura lignea che a San Pietro raffigura San Sebastiano, la Crocefissione presente nella Chiesa di Santa Maria Maddalena e la Maestà all’ingresso del Complesso del Santuario della Madonna di Fatima - già Convento Francescano. Azioni da avviare con il sostegno delle scuole e della cittadinanza affinché la consapevolezza ed il valore identitario della nostra città diventi il motore del prossimo sviluppo cittadino. Il Comitato Pieve Vivibile


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