Strumenti e Suoni nella musica sarda Gian Nicola Spanu
Strumenti e Suoni nella musica sarda Gian Nicola Spanu Prefazione Febo Guizzi Documentazione video Chiara Solinas
Coordinamento editoriale Franca Fois Grafica Ilisso edizioni Referenze fotografiche Le fotografie, quando non diversamente segnalate in didascalia, sono state realizzate da Pietro Paolo Pinna tranne la n. 146 (Nicola Monari-Donatello Tore), la n. 70 (Claudio Sorrenti), la n. 145 (Donatello Tore), le nn. 73, 75, 90 (Pierpaolo Tuveri) e afferiscono all’Archivio Ilisso. Le foto seguenti sono state realizzate da: nn. 12, 69 (Marco Ceraglia); nn. 51, 62, 85, 87, 119, 122 (Nelly Dietzel); nn. 129-130 (Rossella Fadda); nn. 10, 86, 110, 118, 120-121 (Tomaso Melis); nn. 19, 24-25, 47, 57-61, 65-66, 71, 91, 103, 112, 134, 166, 236 (Salvatore Novellu); nn. 45-46, 48-49 (Chiara Solinas); n. 111 (Enzo Vacca). È vietata ogni ulteriore riproduzione e pubblicazione. Ringraziamenti Un sentito ringraziamento è rivolto a tutti gli enti e istituti per la preziosa collaborazione, in particolare: Comune e Museo del giocattolo tradizionale della Sardegna di Ales; Comune, Museo degli Strumenti Musicali e Pro Loco di Tuili; Arciconfraternita della Solitudine di Cagliari; Arciconfraternita del Sacro Monte di Iglesias; Proloco di Sestu; Gremio dei Macellai di Sassari; Museo Francesco Bande di Sassari; Istituto Superiore Regionale Etnografico di Nuoro. Per la generosa e sollecita disponibilità si ringraziano le associazioni, i musicisti nonché tutti coloro che hanno contribuito a vario titolo alla realizzazione di questo volume: Associazione culturale “Figulinas”, Associazione culturale “Ortobene”, Associazione culturale “Sas nugoresas”, Associazione “Sonus de canna”; Massimiliano Adolfi, Sergio Balia, Tino Bazzoni, Carlo Boeddu, Alessandro Carta, Michelino Carta, Matteo Cera, Alessandro Chessa, Franca Rosa Contu, Fabio Deiola, Anna Maria Delogu, Claudio Dessena, Mario Feurra, Antonello Ghiani, Luigi Lai, Sergio Lecis, Tonino Leoni, Maria Rita Longhitano, Nicola Loriga, Pino Masala, Graziano Massiu, Giuseppe Murru, Ayrton Ortu, Giansilvio Pinna, Stefano Pinna, Antonio Piras, Gavino Ruggiu, Riccardo Sarti, Vittorio Scanu, Marco Sias, Mauro Spiga, Gianluca Sotgiu, Giuseppe Tamponi. Stampa Lito Terrazzi
© 2014 ILISSO EDIZIONI - Nuoro www.ilisso.it
ISBN 978-88-6202-322-1
Indice
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Prefazione Febo Guizzi
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Strumenti e oggetti sonori nel loro contesto d’uso Gian Nicola Spanu
43 44
IDIOFONI Taulittas Tabelle
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Matracchi Castagnette
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Canna isperrada
50
Triángulu Triangolo
52
Matracca Traccola a maniglie
58
Fusili e scuppetta ’e canna Fucili di canna
62
Chigula ’e canna
64
Chigula ’e nuxi
65
Affuente
68
Campanas Campane
72
Campaneddas ladas Campanelle
76
Sonazzos Campanacci
88
Sonazzos, Campaneddas ladas, Ischiglittos nelle maschere di Mamoiada, Orotelli, Ottana
98
Ischiglittos Bubboli/Bubboliere
102 Cannuga Conocchia-crepitacolo
106 Matracca a roda Traccola a raganella e martelli flessibili
110
Su matracconi di Iglesias Traccola a raganella
114 Rana ’e taula Raganella
118 Rana ’e canna Raganella
122 Trunfa Scacciapensieri
126 Furrianughe Giranoci
131 MEMBRANOFONI 132 Tumbarineddu 133 Tumbarinos di Gavoi Tamburi a bandoliera
142 Tamburu di Sassari Tamburo a bandoliera
150 Tamburo della Settimana Santa di Iglesias Tamburo a bandoliera scordato e con sordina
154 Tumbarinu di Aidomaggiore 156 Tamburellu Tamburello basco
160 Bottu Tamburo a frizione statico
163 Trímpanu Tamburo a frizione statico
169 Mumusu Tamburo a frizione rotante
171 Flautu ’e canna Mirliton
173 CORDOFONI 174 Serrággia Cetra a bastone
178 Ghitarra Chitarra
189 AEROFONI 190 Fuettu Frusta
192 Ischéliu 194 Sonette a bucca Armonica a bocca
200 Organette Fisarmonica diatonica (organetto)
230 Fisarmonica Fisarmonica cromatica
236 Sarmentu 237 Chígula 238 Frúsciu Rombo
240 Muscone Frullo
242 Isciappette Schioppetto
244 Ossu ’e pruna 245 Srubiettus Gusci di lumaca, valve di vongola e di nocciola
246 Píffaru Ottavino
249 Sulittu/Pipiolu Flauto a becco
258 Pipiolu della Barbagia Flauto a becco
262 Sulittu e tamburinu Flauto a tre fori e tamburino
272 Surbiette Fischietto globulare
273 Trumbitta ’e forraini 274 Trumbitta 276 Benas Clarinetti popolari a una o più canne, con o senza padiglione
284 Trumbitta ’e bandidori Trombetta da banditore
290 Launeddas 348 Corru marinu 350 Corru ’e boe 352 Bibliografia 359 Contenuto DVD
Organologia, metodo e contesto: qualche riflessione su etnomusicologia e sistematica Febo Guizzi
o strumentario della Sardegna ha il privilegio di essere stato oggetto di un’attenzione scientifica difficilmente paragonabile, per continuità e qualità, a quella di quasi tutte le altre aree geo-culturali del nostro Paese. L’arco degli studi condotti da Giulio Fara sino ad Andreas Fridolin Weis Bentzon – senza contare le preziose descrizioni preetnografiche dei La Marmora, Angius, Fuos, Maltzan, e non dimenticando l’appassionata ricerca di don Giovanni Dore – costituiscono un quadro di tale vastità da conferire all’Isola il ruolo di territorio paradigmatico per ricchezza di informazioni e vastità del quadro documentato, nonché per il peso e la coerenza complessiva degli studi dedicati. Con un’ulteriore peculiarità, che oggi siamo in grado di intravedere dall’alto del punto di osservazione che questa tradizione di ricerca ci ha garantito: per ragioni diverse ma complementari, la piega innovativa impressa al lavoro etnoorganologico dai due studiosi i cui nomi abbiamo eretto a protagonisti eponimi di questa tradizione – Fara e Bentzon – ha indubbiamente favorito le migliori condizioni per la stessa sopravvivenza degli oggetti indagati. Senza arrivare a sostenere, cioè, che la ricerca abbia “da sola” costruito un quadro di tale potenza propositiva, è lecito sottolineare che lo sguardo etnograficamente aperto al più ampio spettro delle esperienze di organizzazione dei suoni ha gettato luce su aspetti che altrove sono rimasti nell’ombra; così come l’attenzione “monografica” ha avviato dapprima, e portato a livelli di eccellenza poi, la conoscenza di un intero sistema organico di relazioni culturali incentrate su un solo specifico strumento e sui detentori della competenza specialistica del suo uso. Il primo caso è quello di Fara e della sua cura euristica per l’intera gamma di presenze strumentali nella vita dei sardi, dai giochi sonori agli strumenti dei professionisti. Il secondo è quello dello studio magistrale dello stesso Fara, dapprima, e del Bentzon poi, sulle launeddas e sulla loro complessa vicenda storica, etnografica, sociologica, etnomusicologica e organologica. Entrambi
L
1. Mario Mossa De Murtas, Processione in costume (particolare), 1915, olio su tela, 70 x 90 cm.
hanno consolidato il terreno su cui gli oggetti osservati poggiavano la loro insistenza culturale e funzionale, sino al punto da alimentarlo di nuova vitalità anche in controtendenza rispetto a crisi epocali che altrove hanno messo definitivamente ai margini presenze analoghe e non meno rilevanti. È quindi merito di chi ne curò la redazione se la ricchezza di questo quadro di indagini organologiche (compresi i contributi frutto di iniziative locali e “volontaristiche”) è approdata all’efficace sintesi rappresentata da Sonos:1 testo che compendiò le conoscenze acquisite rilanciandole con aggiornamenti, verifiche, ampliamenti non secondari, con padronanza critica della letteratura pregressa e l’apporto di un’accurata ricerca sul campo. Quel primo saggio enciclopedico prodotto da Gian Nicola Spanu uscì nel 1994. Siamo dunque oggi nel 2014 in presenza di un anniversario “tondo” che va qui indicato anche in coincidenza di un altro anniversario la cui rilevanza non può sfuggire: questo è anche l’anno in cui si compie un secolo dalla pubblicazione, nel numero del 1914 di Zeitschrift für Ethnologie, della sistematica degli strumenti musicali proposta da Erich M. von Hornbostel e Curt Sachs alla comunità scientifica di allora e ancora oggi ben presente nella cultura del nostro tempo.2 I due anniversari dialogano tra loro, quanto meno per il fatto che uno dei meriti attribuibili al modo in cui Sonos fu realizzato è stato quello di utilizzare coerentemente l’impianto della sistematica. Che oggi gli stessi ideatori e realizzatori dell’impresa del 1994 (l’autore e l’editore di allora) abbiano voluto riprendere quel discorso per andare oltre, è un fatto nuovamente degno di nota: quell’impostazione è riproposta con profonda riconsiderazione delle circoscrizioni tassonomiche, dove necessario anche in chiave problematica, e con l’estensione delle parti descrittive. Su questi solidi contrafforti tassonomici poggia un’altrettanto esauriente trattazione degli aspetti funzionali e contestuali dei modi e delle occasioni d’uso di ciascun
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Ghitarra Chitarra
321.322 Cordofono • Cordofono composto • Liuti • Liuti a manico • Liuti con manico a collo • Liuti con manico a collo a cassa ovvero chitarre con manico a collo Altre denominazioni Chiterra • Ghiterra • Ghitterra • Quartina Bibliografia FUOS 1780: 348-349 (2000: 236) • ANONIMO 1831: 49 (BOSCOLO 1973: 100) • PORRU 1832: 297 (2002: II 148) • ANGIUS 1833-56: VII 143-144; IX 991; XIII 199 (2006: I 507-508; III 1383; II 1011) • DELLA MARMORA 1826: 262-263 (1839: 262-263; 1995: 104) • SPANO 1851: 153, 228 (1998: I 321; II 56) • FARA 1909: 725 (1997: 61) • GABRIEL 1910 • FARA 191617: 163-164, n. 21 (1997: 360, n. 22) • FARA 1923: 16 • GABRIEL 1923 (1971: 100130) • GABRIEL 1936 (1971: 137-151) • WAGNER 1960-62: I 349 (2008: 251) • ANGLÉS 1975: II 958-959 • DORE 1976: 157-159 • GERMI 1977: 65 • GÓMEZ MUNTANÉ 1977: 56-59, 192 • LORTAT-JACOB 1984 • BORNSTEIN 1987: 223-226, 230236 • CORDA 1987: 57 • DORE 1988: 202 • GRECI 1988 • SPANU 1989: 95-100 • ALLORTO 1990 • GUIZZI 1990: 55 • SERRA 1990: 128-133, 178-179, 212-213 • SPANU 1990 • SCANO 1991: 85, 196 • CARPI 1994: 170-171 • SPANU 1994: 2930, 172-175 • SPANU 1997: 237 • CARTA MANTIGLIA, TAVERA 1999: 50, 79 • MILLEDDU, FANNI 1999: 57-62 • WOODFIELD 1999: 4647 • SPANU 2000: 83, 85-86 • FALLETTI, ET AL. 2001: 185-186 • GUIZZI 2002: 114116 • ANGELI 2006: 25-27, 32-37 • PERRIA 2006: 20-29 • CASU, LUTZU 2012: V 19-22, 114-115; IX 76-77 • ANONIMO PIEMONTESE 2013: 96 • SPANU 2014: 290 DVD Video: 17, 18, 19 Audio: 23
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R
isalgono a oltre cinquecento anni fa le prime attestazioni documentarie e iconografico-musicali riguardanti la conoscenza e l’uso della chitarra nell’Isola, sia a livello colto, sia a livello popolare. Mezzo millennio in cui le chitarre sarde hanno certamente subito importanti trasformazioni, adeguandosi alle innovazioni e alle metamorfosi subite dallo strumento nel Continente europeo, ma nondimeno evidenziando specificità locali che ancora appaiono, parzialmente, nell’organologia e nelle tecniche esecutive attuali.
144. Chitarra baritona (chitarra gigante), 108 cm, Tuili, Villa Asquer, Museo degli Strumenti Musicali.
La data di un primo “contatto” dei sardi con questi cordofoni a pizzico potrebbero essere gli anni 1420-21, quando il re d’Aragona e di Sardegna Alfonso V, salpando da Maiorca alla volta di Alghero ordina ai suoi ministrers (gli strumentisti addetti, principalmente, all’esecuzione di musiche profane) di raggiungerlo quanto prima. Tra essi troviamo anche Rodrigo de la Guitarra, una delle personalità di spicco tra i musici di questo sovrano, che veniva a celebrare il primo parlamento in una Sardegna definitivamente sottomessa alla monarchia catalano-aragonese. Dopo aver soggiornato ad Alghero, Alfonso “il Magnanimo” inaugurò solennemente nel gennaio del 1421 i lavori del parlamento, che richiamarono a Cagliari l’intera classe dirigente isolana, ossia l’alto clero e i maggiori esponenti della nobiltà e delle città libere. E benché non si sappia cos’è accaduto di preciso in quei giorni d’intenso dibattito ma anche di festeggiamenti, riteniamo che la presenza di uno dei più rinomati ensembles musicali dell’età rinascimentale abbia rappresentato
per l’Isola un’importante occasione di crescita culturale e di “contatto” con pratiche musicali e strumenti, tra i quali, possiamo immaginare, quelli del chitarrista e liutista Rodrigo. Molti studiosi sono convinti dello sviluppo, proprio in questa prima metà del XV secolo, di un’importante scuola di suonatori di liuto e di chitarra che anticipò lo sviluppo e la diffusione della vihuela de mano che sarà, a partire dal secondo Quattrocento, uno strumento tipico dell’alta società spagnola, relegando la chitarra a quattro cori (ossia coppie) di corde nella cerchia del “popolare” e di quella che oggi si chiamerebbe la “musica d’uso”. Proprio in virtù della loro posizione “altolocata”, troviamo le vihuelas de mano (molto simili alle chitarre ma con due cori di corde in più) in diverse pale d’altare sarde (retabli) degli ultimi anni del XV secolo e dei primi decenni del XVI, alcune, come quelle del Maestro di Castelsardo, dipinte nei minimi dettagli. Al Seicento risalgono invece le prime raffigurazioni della chitarra e di cordofoni a pizzico in un contesto popolare, come la mandola che accompagna due personaggi che sembrano danzare, scolpite in un capitello della parrocchiale di Cossoine (provincia di Sassari) o la chitarra spagnola a quattro ordini di corde suonata con la tecnica del rasgueado (con la mano destra, cioè, che fa vibrare tutte le corde aprendo in successione le dita) da un angelo che sembra, piuttosto, un ragazzotto festaiolo con due alucce che spuntano dalle spalle. A quest’epoca la chitarra è ormai in Sardegna uno strumento del popolo: sappiamo, per esempio, che già nel 1598 un bando viceregio vietava a Cagliari l’uso di chitarre e liuti oltre una certa ora della notte, pena 30 giorni di carcere e il sequestro dello strumento (Archivio di Stato di Cagliari, Antico Archivio Regio, vol. C 2, c. 39) e che un giovane spagnolo
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176-177. Organetto diatonico “a 12 bassi” in do-la, con applicazioni di seta dipinta, 1950 ca., appartenuto a Francesco Bande, Sassari, Museo Etnografico Francesco Bande.
178. Francesco Bande, spettacolo in piazza, anni Cinquanta (foto Marianne Sin-Pfältzer).
f
g
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l
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285. Mancosa e mancosedda senza cabizzinu.
n
286 f-o. Fasi di costruzione delle launeddas: f. Taglio e pulitura interna della mancosa g. Rinforzo dell’estremità superiore della canna dove verrà innestato il cabizzinu h. Appianamento della parete anteriore della mancosa dove verranno aperti i fori per le dita e s’arrefinu i. Apertura dei fori per le dita e s’arrefinu.
l. Preparazione dei cabizzinus, intaglio di una tacca trasversale nella parete anteriore della cannuccia m. Escissione dell’ancia con il graduale sollevamento della canna mediante una lama n. Rinforzo, con lo spago impeciato, dell’estremità superiore del cabizzinu o. Inserimento dell’ancia nel tumbu. 287. Cabizzinus, da sinistra: della mancosedda, della mancosa, del tumbu.
295 o
315. Antonio Ballero, La vendemmia, anni Trenta, olio su tela, 85 x 85,5 cm.
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strumento a quattro canne è forse dovuto alla scarsa confidenza del “settentrionale” autore con le campidanesi launeddas, cui si aggiunge, forse, la suggestione di non poche fonti ottocentesche che riferivano di strumenti formati anche da quattro o cinque canne); identica iconografia presenta anche una tavola della raccolta dedicata alla figlia, dove però, il numero delle canne è ridotto alle tre “regolamentari”; come pure tricalamo sembra essere lo strumento visibile in un altro disegno di questa seconda raccolta, con un suonatore che si esibisce, in un ambiente campestre, di fronte a un gruppo di contadini che lo ascoltano attentamente. Una raffigurazione insolita, per uno strumento popolare,
ripreso nell’atto di eseguire musiche “non funzionali”, destinate al puro ascolto e non all’accompagnamento di danze, canti o processioni. Una scelta, però, giustificata dal titolo della tempera, La cena dei mietitori. Provincia di Sassari; infatti, poiché in quest’area, nell’Ottocento, le launeddas non erano utilizzate, i contadini si limitano ad ascoltarle come uno strumento esotico, lontano. È anche possibile che l’autore abbia voluto arricchire la descrizione dei costumi del Nord Sardegna con un elemento estraneo ma prezioso, da un punto di vista simbolico-figurativo, come le tre canne campidanesi. Ma non è neppure da escludere che professionisti di questo strumento si potessero spingere,
talvolta, anche nel settentrione dell’Isola (ancora nella prima metà del Novecento capitava, infatti, che suonatori di launeddas fossero invitati a esibirsi nelle feste patronali di vari centri del Sassarese). Diverse, per tecnica, formato e funzione le tele del Marghinotti e di Raffaele Arui, non acquerelli da sfogliare ma quadri a olio, relativamente grandi e iconograficamente articolati, in cui si raffigurano, con una buona dose di accademismo, contesti festivi popolareschi. Nel quadro di Giovanni Marghinotti, realizzato nel 1861 con il titolo Festa campestre, e conservato nella Pinacoteca Mus’A di Sassari, vediamo, in prossimità del lato sinistro, un suonatore che, in piena luce, accompagna con le sue launeddas un festoso ballo tondo (mentre più in basso, all’angolo, un altro personaggio suona il sulittu e tumbarinu, solo e inascoltato nella penombra, quasi prefigurando la prossima scomparsa, dal panorama musicale isolano dei suoi strumenti). Vediamo ancora le launeddas, insieme a un sulittu e tumbarinu, accompagnare il ballo alle porte di Sanluri, in una tela, oggi perduta, del pittore e litografo Raffaele Arui (originario di Cagliari e morto nel 1857) e in un’altra, dello stesso autore, conservata nella collezione Piloni dell’Ateneo cagliaritano, anch’essa, come la prima, di metà Ottocento. Dopo i nobili e sognanti viaggiatori romantici, sul finire del secolo un pubblico più vasto cominciava ad interessarsi alle tradizioni dell’Isola e le launeddas cominciano a comparire nelle prime riviste illustrate, come il numero speciale della rivista parigina Le tour du monde. Nouveau Journal de Voyages, a cura di Gaston Vuillier e interamente dedicato all’Isola. Le oltre settanta incisioni riprodotte in questo periodico risentono evidentemente della tecnica fotografica e anzi molto spesso si tratta di un vero e proprio surrogato della fotografia, come il Retour de fête dans le Campidano, ripreso fedelmente da un dagherrotipo della ditta Stengel & C. di Dresda in cui notiamo tra gli allegri passeggeri della tracca (tipico carro addobbato a festa) un suonatore di
launeddas e una suonatrice di tamburello. Un’altra formidabile fonte di documentazione delle culture popolari, la fotografia, si affermava agli inizi del nostro secolo; un mezzo di cui si serviranno gli studiosi delle launeddas, come il Baglioni o il Fara, ma anche coloro che con i loro scatti hanno fatto la storia della fotografia in Sardegna, e che possiamo ammirare anche in queste pagine. Ma se da una parte il disegno e la pittura demandano alla fotografia il compito di documentare i tratti caratteristici della cultura musicale dell’Isola, con maggiore libertà le arti figurative possono interpretare “l’anima” più intima della Sardegna, quella che, secondo Giulio Fara, trovava la massima espressione nella musica tradizionale e nel suono delle launeddas. Nell’arte sarda del XX secolo lo strumento musicale riacquista quei valori simbolici che in parte aveva perduto nella pittura di genere e nell’illustrazione ottocentesca, declinando le varie tendenze artistiche e gli stili personali che si sono avvicendati sulla scena artistica dell’Isola, da Antonio Ballero che, sensibile a certo costumbrismo di fine Ottocento, dipinge le launeddas per accompagnare il canto di un rapsodo cieco, topica figura di cantore “popolare”, a Giuseppe Biasi, nel quale, come già nel Premio Nobel per la letteratura Grazia Deledda, è evidente l’intento di presentare “gradevolmente” la Sardegna agli occhi del pubblico colto europeo. Ma qui lo strumento musicale, stilizzato e privo di qualsiasi connotazione realistica, diventa un cliché, un arredo di indubbia importanza ma quasi privo di vitalità, di “suono”. Con questa funzione le launeddas compaiono con una certa frequenza nella grafica e nella cartellonistica sarda della prima metà del secolo ad opera di artisti come Filippo Figari e Melkiorre Melis. Lo strumento come testimonial, si direbbe oggi, di questo o quel prodotto tipico, che però conferma ancora una volta l’indissolubile e radicata connessione tra le launeddas, la sua musica e la cultura tradizionale dell’Isola.
Nella doppia pagina seguente: 316. Giuseppe Biasi, Corteo nuziale, 1923 ca., olio su tela, 168 x 643 cm. 317. Giuseppe Biasi, La sposa, Sulcis, metà anni Trenta, tempera e pastello su cartone, 54,5 x 85 cm, collezione Regione Sardegna. 318. Giuseppe Biasi, Concertino, primi anni Venti, tempera e pastello su carta, 73,5 x 82,5 cm.
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Strumenti e Suoni
Contenuto DVD
nella musica sarda
VIDEO Riprese e montaggio CHIARA SOLINAS
AUDIO Registrazione ed editing LUCIO GARAU
VIDEO CARNEVALE 1. Mamoiada, Mamuthones e issohadores, 2012 2. Orotelli, Thurpos, 2012 3. Orotelli, Balli in piazza (A. Ortu, organetto), 2012 4. Gavoi, Sortilla de tumbarinos, 2012 5. Ottana, Boes e merdules, 2012 6. Aidomaggiore, Trio Sa cointrozza, 2012 7. Sassari, Carnevale dei Macellai, 2012
AUDIO 04:28 03:15 02:57 03:20 02:53 01:30 02:59
SETTIMANA SANTA 8. Iglesias, Processione dell’Addolorata, 2012 9. Cagliari, Processione del Venerdì Santo, 2012 10. Aggius, Visita ai sepolcri (Cori “M. Peru”; “Galletto di Gallura”), 2012
02:04
FESTA (occasione determinata) 11. Cabras, Festa di San Salvatore (S. Pinna, launeddas; Mario Feurra, fisarmonica), 2014 12. Silanus, Festa di Sant’Isidoro, 2012 13. Pattada, Festa della Madonna del Carmelo, 2012 14. Sassari, Discesa dei Candelieri, 2012-14
04:23 01:37 02:01 03:41
FESTA (occasione indeterminata) 15. Assemini, Ballo con le launeddas (S. Lecis, mediana in do), 2014 16. Nuoro, Passu torrau zirau a Nugoresu anticu (C. Boeddu, organetto; Ass. “Sas Nugoresas”; “Ortobene”), 2014 17. Florinas, Ballu tundu logudoresu (A. Chessa, voce; G. Murru, chitarra; G. Pinna, fisarmonica; Ass. “Figulinas”), 2014 18. Ploaghe, Serenata a chitarra (A. Carta, chitarra; G. Massaiu, M. Sias, G. Tamponi, voce), 2014
02:42 01:55
03:48
03:29
02:58 03:42
FESTA (contesto spettacolare) 19. Osilo, Gara a chitarra (A. Carta, chitarra; C. Dessena, fisarmonica; T. Bazzoni, P. Masala, voce ), 2014 06:09 20. Sestu, San Gemiliano (M. Carta, sonette; M. Spiga, trunfa e tamburellu; G. Pisu, organetto), 2014 03:37 21. Sestu, Launeddas (L. Lai), 2014 05:51
ESEMPLIFICAZIONI 22. Il sistema dei cunzertus delle launeddas (a cura di G.N. Spanu; S. Pinna, launeddas) 23. Esempi di utilizzo di alcuni giocattoli sonori (F. Deiola)
09:13 02:57
1. 2. 3. 4.
Taulittas Matracchi Canna isperrada Triángulu e trunfa, Ballo del Campidano di Cagliari, Maracalagonis (P. Zicca, tríangulu; O. Maxia, trunfa) 5. Matracca 6. Affuente, Su passu, Ghilarza (P. Murgia) 7. Campanas, Arrepiccu, Assemini (E. Usala) 8. Campanacci, Mamuthones 9. Cannuga 10. Matracca a roda 11. Rana ’e taula 12. Rana ’e canna 13. Trunfa, Su passu, Ghilarza (M. Marras) 14. Furrianughe 15. Tumbarineddu, Ritmo di danza, Ghilarza (M. Marras) 16. Tumbarinu, Ritmo di danza, Gavoi (M. Lavra) 17. Tumbarinu di Aidomaggiore, Ritmo di danza, Aidomaggiore (T. Medde) 18. Tamburellu, Ballu campidanesu, Maracalogonis (P. Zicca, tamburellu; O. Maxia, sulittu) 19. Trímpanu 20. Mumusu 21. Flautu ’e canna 22. Serrággia 23. Ghitarra, Ballu campidanesu, Maracalagonis (O. Maxia) 24. Fuettu 25. Ischéliu 26. Sonette a bucca, Su passu, Ghilarza (M. Marras) 27. Organette, Ballu lestru, Campidano (P. Zicca) 28. Fisarmonica, Ballo del Campidano di Oristano, San Vero Milis (P. Madau) 29. Sarmentu 30. Chígula 31. Frúsciu 32. Muscone 33. Isciappette 34. Píffaru, Marce del gremio dei Viandanti, Sassari (G. Russo, píffaru; M. Demonti, tamburu) 35. Sulittu del Campidano/Logudoro, Ballu, Quartucciu (M. Exiana) 36. Sulittu della Marmilla, Mediana marmillesa, Assemini (G. Obbili) 37. Pipiolu della Barbagia, Curre curre, Gavoi (P. Sedda) 38. Trumbitta 39. Bena, Su passu, Ghilarza (M. Marras) 40. Benas, Su passu, Ghilarza (M. Marras) 41. Bena cun corru, Sa danza, Ghilarza ( M. Marras) 42. Trumbitta de bandidore 43. Launeddas, Sonata per l’Elevazione, Trexenta (S. Lecis) 44. Corru marinu 45. Corru ’e boe
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