il Fatto Nisseno - aprile 2011

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L’INTERVISTA

SPORT IN PROVINCIA

Il questore Filippo Nicastro racconta il suo lavoro e le passioni personali

Serradifalco in Promozione, la storia dei protagonisti di una domenica indimenticabile

L.Ingrassia

L.Spitali

a pagina 7

alle pagine 16 e 17

RESS

Mensile di approfondimento Direzione Editoriale: Michele Spena

-

redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta

Punti di vista

Settimana Santa: riti religiosi o “fiera del gusto”?

- Tel/Fax: 0934 594864

ISSN: 2039/7070

FREE P

Aprile Anno II Num. 12

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL

- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

PAGANO

“nel mirino”

“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Non crediamo sia necessario scomodare il principe Tancredi dal Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, per capire che ad ogni Settimana Santa si propone l’annoso problema della sistemazione dei luoghi di ristoro. Inconcepibile tentare di vivere la religiosità dei riti con visuali su torroni, panelle, panine, bibite ed affini. Il Comune si ripromette, ogni volta, di attenzionare la situazione ma ci ritroviamo con i medesimi camioncini, tendoni e bancarelle negli stessi posti. Sia chiaro, nessuno vuole vietare a questi piccoli imprenditori di esercitare la loro attività ma tentiamo di trovare una sistemazione che salvaguardi il decoro e la religiosità. segue a pagina 2

Editoria locale

Redazioni locali, i trentasei anni di Radio CL1 Informazione: atto dell’informare o dell’informarsi, nel senso di dare o ricevere notizie. Ma dove nascono le informazioni? Da questo numero il nostro mensile si prefigge di far conoscere le redazioni dei mass media locali. Un itinerario fra i centri produttivi delle notizie e delle immagini per raccontare il percorso storico e professionale di coloro i quali dell’informazione fanno il loro mestiere. La prima tappa di questo lungo viaggio-dossier, è la redazione di Radio CL1; da trentasei anni, l’emittente radiofonica è indissolubilmente legata alla figura dell’editore, Pippo Grosso.

Il deputato sancataldese in una lista antisemita Xenofobia sul web Il sito Holywar.com accusa l’onorevole di essere servo di Israele di Osvaldo Barba a pagina 9

segue alle pagine 20 e 21

Salute e territorio

Rifiuti speciali in via Malta, scatta l’allarme. Situazione anomala accertata, si lavora per rimediare

Riflettori accesi sul Poliambulatorio di via Malta. Scatta l’allarme: identificati dei rifiuti ospedalieri speciali all’interno di un gabbiotto, adibito a provvisorio centro stoccaggio, accessibila anche

al pubblico, posizionato vicino l’ingresso del piano terra. Immediata la verifica del personale sanitario che, accertata la situazione, ha provveduto a rimuovere i contenitori. L’occasione si è rivelata propizia

scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it

per scoprire i servizi offerti da questa struttura agli utenti. Un percorso di rinnovamento e territorializzazione delle prestazioni tesa a favorie la deospedalizzazione del S. Elia. alle pagine 10 e 11

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Settimana Santa 2012. Tante le polemiche lo scorso anno, ma il Comune autorizza comunque gli “imprenditori del panino”

Profumo di incenso ed aroma di wurstel Redazione

...Segue dalla prima

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ome prima, più di prima, cantava il mitico Tony Dallara o se preferite… ricominciamo come tuonava Adriano Pappalardo oppure l’assassino torna sempre sul luogo del delitto ovvero il lupo perde il pelo ma non il vizio: sono molteplici i luoghi comuni che sottolineano la ripetitività di talune abitudini o modi di vita non positivi, che nonostante tutto si ripresentano con circostanziata e talvolta malevola reiterazione. Nel numero dello scorso anno di maggio avevamo affrontato questo annoso dilemma ed im-

mediati furono le adesioni della “società civile”: politici (in prima linea e trasversalmente, da destra a sinistra), associazioni religiose,

clero, cittadini concordarono sull’esigenza di evitare per il futuro le consumazioni culinarie duranti i riti ed anche lo spettacolo dei siti fumanti ed odorosi di fritto lungo il percorso. L’am-

letica incognita si materializza; ogni anno se ne discute, sempre dopo però mai in fase preventiva o preparatoria, tutti esprimono solidarietà ideologica e ci si lascia con il fermo proponimento che la storia deve cambiare; puntualmente ogni Pasqua si rimaterializza lo stesso scenario, stessi luoghi, stesso panino. Ad

una Pasqua di distanza (ci sia consentito misurare il tempo in Pasque e non in anni o mesi) si ripropone l’annoso problema della collocazione dei luoghi di ristoro (bibitari, paninari, torronari, panellari ed affini) sulle vie interessate dai riti della Settimana Santa. Sia chiaro che codeste attività produttive o commerciali vanno salvaguardate; nessuno pensa che questi piccoli imprenditori vadano osteggiati ma semplicemente sistemati in siti che non siano visibili o prossimi alle processioni. Lanciamo una proposta che potrebbe apparire “rivoluzionaria”: utilizzare piazza Marconi come luogo unico di ristoro, con bagni chimici, sedie, tavoli e punto di primo soccorso. La costituzione

di una località unica ed accessoriata, monitorata dalle forze dell’ordine, probabilmente, aumenterebbe il reddito ed i proventi dei ristoratori oltre che la tranquillità dei “ristorati” e dei fedeli che non dovrebbero più assistere a certi …pic-nic improvvisati degni da fiera o gita fuori porta. Doveroso sottolineare che i luo-

Cosa si nasconde dietro questa incapacità di divieto degli organi preposti?

ghi per il montaggio di camioncini, tendoni, giostre e bancarelle vengono assegnati dal Comune. Palazzo del Carmine ogni anno si cosparge il capo di cenere ripromettendo di cambiare tutto dalla Pasqua successiva ed invece questa telenovela si ripete costantemente da decenni. Una

leggera e “raffinata” presa per i fondelli che potrebbe iniziare ad infastidire. Ci chiediamo quale possa essere il motivo che impedisce la sistemazione definitiva di una questione sulla quale, almeno a parole tutti i politici sono concordi ma poi fra dire ed il fare si intromette il mare…(forse) di voti e simpatie da rastrellare. In merito anche le varie associazioni, ad onor del vero, mica facciano più di tanto oltre che protestare, per evitare questa circostanza di agglomerati culinari. Qualsiasi cre-


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La “farsa” dell’accordo sulla legge elettorale di Giuseppe Falci

A sinistra le pagine di maggio 2011 del nostro mensile che raccontarono la vicenda

Lo scorso anno sul numero di Maggio, la redazione de “il Fatto Nisseno” attenzionò il problema e apprese dagli organi preposti che nel 2012 si sarebbe risolto il problema. Niente di più falso. Incapacità o non volontà?

do religioso merita rispetto. Non è concepibile che riti legati fortemente alla spiritualità, in questo caso, dei cristiani debbano essere turbati o invasi dalle merende degli spettatori in piazza per una passeggiata come ad una fiera paesana. Necessita una maggiore educazione civica dei nisseni, una maggior sincerità e rispetto da parte delle istituzioni comunali che devono “realmente” fare qualcosa e comunque, dare sempre la possibilità a coloro i quali forniscono cibi e bevande di poter lavorare serenamente.

Succede anche a questo mensile di occuparsi di vicende che non c’entrano un bel niente con il territorio nisseno. L’argomento del quale ci accingiamo a discettare oltre ad avere rilevanza nazionale, interessa tutti i cittadini italiani, arriva persino a coinvolgere i cittadini della tanto bistrattata Caltanissetta. Argomento di questo mese: riforma elettorale. “Due palle”, direbbe qualcuno. “Siete i soliti qualunquisti: noi democratici riteniamo che i cittadini debbano poter scegliere i propri rappresentanti”, si difende il democratico che frequenta i salotti buoni del ceto medio riflessivo. “Allora via il Porcellum! E torniamo alle preferenze”, tuona il dipietrista che legge il FattoQuotidiano. “Al centro-sud le preferenze enfatizzerebbero le clientele e lo scambio di voto”, fa sapere l’elettore medio del Pdl. Insomma, come direbbe il buon Bossi, “trovare la quadra” sembra quasi impossibile. Fra i cittadini la confusione regna sovrana, e i partiti politici non fanno nulla per rendere chiaro l’argomento. D’altronde (i politici) li riconosci subito. Quando iniziano a parlare di riforma della legge elettorale. Sono i patiti della legge elettorale, un vero e proprio morbo. Non ne puoi guarire. Stanno lì, segnano, cancellano, spiegano, rispiegano, ridisegnano il Parlamento in base a una legge e poi ancora a un’altra. E godono quando si tratta di analizzare i resti. Quanto sono eccitanti i resti... Mattarellum, Porcellum, o proporzionale alla tedesca? No dai, forse sarebbe meglio un sistema ispanico-ungherese, che noi del Pd in assemblea nazionale abbiamo votato all’unanimità. Ma cosa dici, meglio un doppio turno alla francese che bipolarizza ancor più l’attuale arco costituzionale. Sono queste le domande che attanagliano i leader dei maggiori partiti dell’arco costituzionale. Ma il vostro scriba, come del resto tutti i cittadini di Caltanissetta, pensa che le elezioni le vince chi prende più voti, e in questi momenti si sente un po’ sperduto. Lo so, un bravo giornalista dovrebbe spiegarvi la bozza Violante, valutare positivamente l’accordo di qualche giorno fra Alfano, Bersani e Casini, ormai ribattezzati dalla stampa nazionale “Abc”, e discettare pensosamente della legge che presto il Parlamento varerà sotto l’egida del Presidente della Repubblica. E invece lo sapete cosa vi dico? Che questo accordo è tutto una farsa. Che la legge elettorale non si farà mai. E che un’autorevole deputata del Pd, che non è la nostra compaesana Daniela Cardinale, al sottoscritto è arrivata a dire: “Caro Giuseppe, non se ne farà nulla. Alfano, Bersani e Casini stanno facendo tutto questo per ammutolire Monti, e per far prendere i cittadini”. Così fra qualche settimane saremo di nuovo punto e accapo. Scommettiamo?

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Direzione Editoriale Michele Spena

Direttore responsabile Salvatore Mingoia

Collaborazioni:

Ivana Baiunco Osvaldo Barba Alessandro M. Barrafranca Marco Benanti Etico Giuseppe Falci Salvatore Falzone Leda Ingrassia Lello Lombardo Cecilia Miraglia Donatello Polizzi Laura Spitali Gianbattista Tona

'LVHJQR JUD¿FR Michele Spena

Impaginazione

Claudia Di Dino

Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta redazione@ilfattonisseno.it Tel/Fax: 0934 - 594864 info pubblicità: 389/7876789

il Fatto

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Fatti contro la mafia

Storia & Cultura

per non dimenticare

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La mafia senza onore e il culto senza fede di Giovanbattista Tona

anno 2010 cominciò subito male per gli ‘ndranghetisti calabresi che cercavano nella religione uno strumento per rafforzare il proprio potere. Secondo loro, i preti si dovevano occupare di dire messa, i parrocchiani dovevano andare a sentirla e le ‘ndrine dovevano comandare. A queste condizioni erano pronti a tutte le devozioni, erano prodighi nelle donazioni, erano presenti nelle processioni. Ma quell’anno successero molte cose fin dai suoi primi giorni. A Locri e a Bovalino, alcuni cittadini sottoposti ad estorsione avevano denunciato i loro aguzzini e da ciò erano scaturiti diversi arresti. Infami dovevano essere considerati costoro, secondo gli uomini di ‘ndrangheta, pronti a proporre come vittime i “carcerati”; la paura degli onesti, la collusione degli ignavi, la complicità dei disonesti e il silenzio della Chiesa li avrebbero certamente aiutati. E invece il Vescovo della diocesi di Locri-Gerace, Mons. Giusep-

pe Fiorini Morosini, decise di prendere carta e penna e scrivere una “comunicazione pastorale” con invito a tutti i sacerdoti a darne lettura nelle Sante Messe di sabato 9 e domenica 10 gennaio 2010. Senza mezzi termini il Vescovo invitò i fedeli ad accogliere come segno di speranza il comportamento di chi denuncia la violenza, a pregare per loro, ad avere coraggio e ad imitarli. Poi quel Monsignore calabrese, proveniente dall’ordine di San Francesco di Paola che anche gli ‘ndranghetisti chiamano “u santu nuosto”, si rivolse proprio a loro. “A quanti praticano la violenza voglio ricordare che dovranno rendere conto a Dio del male che fanno con le minacce, con gli attentati, con l’usura, con le estorsioni… Ritornate sui vostri passi, in nome di quella fede religiosa che affermate di avere e che vi rende devoti dei santi; essa vi ha visto in Chiesa ai piedi dell’altare del Signore a ricevere il battesi-

mo o a chiederlo per i vostri figli, a ricevere i sacramenti della comunione e della Cresima, a contrarre matrimonio, a fare da padrini per il battesimo e la cresima dei vostri figliocci. A chi crede veramente in Dio non si addice un comportamento di violenza e di sopraffazione. Se tornate sui vostri passi, tutti ne trarremo vantaggio: voi per primi e i vostri figli, per i quali siamo tristi vedendo come bruciano la loro vita con gesti insani, consumando i loro anni più belli nel carcere.” Erano parole che non consentivano più equivoci e dicevano direttamente a chi andava detto che gli uomini di mafia potevano essere accolti dalla Chiesa non come tronfi uomini potenti, ma come umili e consapevoli penitenti. Cominciava male l’anno 2010 ma prima di Pasqua si sarebbe rivelato anche peggio per gli ‘ndranghetisti devoti. A Sant’Onofrio in provincia di Vibo Valentia, la confraternita del Santissimo Rosario organiz-

Mons. Giuseppe Fiorini Morosini Vescovo della diocesi di Locri-Gerace


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seguire la regola del sorteggio tra gli iscritti alla confraternita, molti dei sorteggiati rinunciavano al loro posto e, via via sorteggiando, i prescelti diventavano quelli voluti dalle cosche. Questa volta però il vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea, Mons. Luigi Renzo, prese carta e penna e scrisse al priore della confraternita, Michele Virdò, e al parroco di Sant’Onofrio, Don Franco Fragalà, e fissò le direttive con le quali scegliere i portatori della processione. I due le applicarono accuratamente e nessun uomo di ‘ndrangheta risultò idoneo. L’”Affruntata” sembrava tornata al popolo di Sant’Onofrio, dove peraltro già il Comune era stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Ma la mattina del 4 aprile, il giorno di Pasqua, i devoti mafiosi spararono contro il cancello dell’abitazione del priore Virdò e la processione non uscì più; i confrati dovevano tirare fuori dalla chiesa del Santissimo Rosario le tre statue ma tutti, anche per solidarietà al loro priore, si rifiutarono. Era Prefetto di Vibo Valentia un’energica donna calabrese, Luisa Latella, che è oggi commissa-

La processione dell’ “Affruntata” che si svolge la domenica di Pasqua a Sant’Onofrio in provincia di Vibo Valentia

zava da tempo immemorabile una tradizionale processione pasquale, nella quale venivano trasportate a spalla tre statue raffiguranti Maria Addolorata, Gesù e San Giovanni per simboleggiare il loro incontro dopo la Resurrezione. La chiamavano l’”Affruntata”; se ne era parlato non solo nelle guide turistiche e nei libri di antropologia ma anche in alcune indagini giudiziarie. Negli atti del processo che avevano portato alla condanna di Vincenzo Bonavota, quale capo della “famiglia” di Sant’Onofrio, vi erano le foto che lo ritraevano in prima fila sotto la Madonna a questa processione fino alla fine

degli anni “80. La cosca di Bonavota era stata protagonista di una cruenta guerra con la ‘ndrina dei Petrolo del vicino paese di Stefanaconi. Rosario Michienzi faceva parte della ‘ndrina dei Petrolo; era alla guida della macchina che accompagnò dei killers il 6 gennaio 1991 davanti ad una chiesa di Sant’Onofrio dove furono uccise due persone e ferite altre nove tra i fedeli a conclusione della messa. Una prova di forza contro i potenti Bonavota. Michienzi diventò poi un collaboratore di giustizia e, raccontando la vita delle ‘ndrine, parlò dell’Affruntata. Disse che durante quella processione i picciotti

“battezzati” nella cosca durante l’anno si presentavano al paese. Dovevano portare la statua di San Giovanni e come San Giovanni inchinarsi davanti alla statua della Madonna, che, Mons. Luigi Renzo Vescovo di Mileto-Nicotra per strumentalizzare e infangare fino in fondo il rito, doveva esse- rio straordinario al Comune di Palermo. re portata dai capobastone. I boss si infilavano nei comitati Riferiscono che, quando apprese organizzatori e riuscivano a con- della sospensione delle procesdizionare le scelte sulle persone sione, battè i pugni sul tavolo, che dovevano sfilare in proces- dicendo di essere pronta egli sione. Quando poi si cominciò a stessa a portare le statue: “L’ordi-

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ne pubblico in paese lo garantisce lo Stato, non la ‘ndrangheta, c’erano tutte le condizioni di sicurezza per far svolgere l’Affruntata, la sospensione è stata una sconfitta”. Anche il Vescovo era rimasto deluso, sicchè, passata una Pasqua silenziosa e surreale in un paese dove il rito si era sempre replicato, si organizzò la processione per la domenica successiva. Tanti ragazzi vinsero la paura e

Luisa Latella, ex Prefetto di Vibo Valentia, attuale commissario straordinario al comune di Palermo

indossarono le mantelline per parteciparvi e il priore, forte della solidarietà di tutti, si preparò con mano ferma per il suo compito più difficile: svelare la statua della Madonna mentre corre verso il figlio Risorto. Arrivarono il Vescovo, il Prefetto, tutte le autorità e le associazioni antimafia della provincia. Carabinieri, poliziotti e finanzieri stavano in ogni angolo del paese. E gli uomini di ‘ndrangheta ai lati, non più protagonisti ma spettatori, stavano a vedere sfilare la processione che non era più la loro, mentre il popolo santonofriese si scioglieva in un lungo applauso alle sue tradizioni liberate, al senso riscoperto di un rito, allo Stato e alla Chiesa che, almeno in quell’occasione, mostravano di sapere vincere. E a quelli uomini, defenestrati dai loro simboli di potere, si rivolse mons. Renzo nella sua omelia: “oggi rivolgo un saluto di pace anche a chi ha preso una via deviata; credete a Gesù per allontanare la vostra vita dal male e dalla violenza.”


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Fatti & Istituzioni L’ INTERVISTA. Il questore si racconta. L’uomo sotto la divisa

Dalla passione per la Juve all’amore verso la famiglia Ecco Filippo Nicastro di Leda Ingrassia

Agrigentino di origine, trentasei anni in Polizia, parla del suo mestiere, del rapporto quotidiano con i suoi uomini e con la città in cui opera, verso cui offre giudizi positivi ed incoraggianti. Vanta trentasei anni di carriera nella Polizia di Stato in quasi sessanta di età. Una laurea in Giurisprudenza e un curriculum di esperienze lavorative di grande prestigio. E’ il Questore di Caltanissetta Filippo Nicastro, agrigentino di nascita, sposato e con un figlio: a capo delle centinaia di poliziotti nisseni dal gennaio 2011, quando fu chiamato a sostituire Guido Marino. Con il dott. Nicastro abbiamo intrattenuto una piacevole conversazione nel corso della quale è venuto fuori da un lato l’uomo di Stato, l’alto funzionario della Polizia con il forte senso del dovere e di appartenenza alla Patria, e dall’altro lato, quello forse più nascosto anche per una scelta personale, l’uomo con i suoi sentimenti e la sua personalità. Signor Questore, una lunga carriera la sua iniziata quando era davvero molto giovane… Mi sono laureato nel ’75 e subito dopo mi cimentai nel mio primo concorso, ovvero quello di Commissario di Polizia: lo vinsi e l’anno successivo ricevetti la mia prima assegnazione da vice commissario aggiunto, a soli 24 anni. E’ stata una scelta cosciente e voluta. Nel corso degli anni sono stato a capo della Squadra Mobile di Trapani, Agrigento e Reggio Calabria e del Commissariato di P.S. di Gioia Tauro e Piazza Armerina. Ho ricoperto l’incarico di vicario a Ragusa per poi essere promosso questore nel 2005. Prima di arrivare qui a Caltanissetta, ho diretto la Questura di Sondrio e poi quella di Vibo Valentia. Che differenze ha riscontrato tra i territori e le realtà in cui si è trovato a lavorare? C’è una grande differenza, ad esempio, tra la zona di Sondrio e il Sud d’Italia: nella prima infatti quasi non esiste il nostro tipo di criminalità e anche i reati sono diversi da quelli perpetrati dalle nostre parti. Il vero grande problema della Valtellina resta, ad esempio, il traffico di droga.

Cosa diversa è invece lo scenario siciliano che presenta delle peculiarità tutte sue. Che impatto ha avuto appena giunto nel territorio nisseno? Molto positivo anche perché era una realtà a me già nota. Prima di assumere i panni di questore di Caltanissetta infatti tra il ’93 e il ’95 ho inaugurato e gestito la locale Direzione Investigativa Antimafia proprio negli anni delle stragi. Pensa che sia ancora la mafia il male per eccellenza della Sicilia e ritiene che questa abbia mutato aspetto nel corso degli anni? La mafia è sicuramente il male da combattere maggiormente, senza però perdere di vista altri aspetti altrettanto importanti e che le fanno da sfondo come, ad esempio, la grave piaga della corruzione. La criminalità poi è sempre uguale: sono gli interessi mafiosi che mutano in determinati periodi aggiungendo al più tipico controllo del territorio anche il traffico di droga, le estorsioni, il riciclaggio, i lavori pubblici e l’usura. In questi giorni è stato riaperto il Cie, segno del ruolo cruciale svolto da Caltanissetta in tema di immigrazione. Che incidenza pensa abbia questo fenomeno sulla sicurezza della città? A mio avviso l’immigrazione non ha comportato un evidente aumento dei tassi di criminalità: è ovvio che si registra una grande presenza di immigrati però non si deve pensare che tutto quello

che di negativo accada in città sia opera loro. A tal proposito ritengo che, se i miei uomini non avessero arrestato i rapinatori italiani dei due anziani di via Cavour, la colpa sarebbe stata attribuita probabilmente dall’opinione pubblica agli stranieri. E’ anche normale che tra gli extracomunitari presenti nel territorio ci siano dei delinquenti, così come ci sono persone rispettabili, perfettamente inserite nella nostra comunità. L’apertura del Cie significa indubbiamente un aggravio dell’attività lavorativa della Polizia, impegnata nella vigilanza e nella gestione dell’ordine pubblico legato alla ulteriore presenza al centro di Pian del Lago di extracomunitari trattenuti in attesa di essere espulsi.

Ho notato un cambiamento per Caltanissetta Un notevole salto di qualità

L’ordine pubblico poi non è una cosa che si improvvisa ma è fatto di strategie appositamente studiate. Sempre più spesso capita di vedere poliziotti protagonisti di proteste contro i tagli al comparto sicurezza. Si tratta di nuovi problemi ed esigenze o di vecchie questioni irrisolte? Indubbiamente i Sindacati fanno quello che compete loro, ovvero cercare di tutelare gli interessi dei lavoratori. Io, da questore, devo occuparmi di

far fruttare al massimo le risorse tecniche e umane a mia disposizione, al di là delle difficoltà che ci circondano. I problemi nel nostro settore ci sono sempre stati e sono sempre gli stessi: uomini, mezzi e soldi. Certo è che il comparto sicurezza non è esterno all’Italia e dunque non è estraneo alla crisi generale che stiamo vivendo, ma sono convinto che con un po’ di sacrifici ne usciremo presto. Che ne pensa di limitare le intercettazioni, di decreto svuota carceri e idee simili avanzate dai vari Governi nazionali? Le intercettazioni sono fondamentali, siano esse ambientali o telefoniche. In merito ai provvedimenti del Governo non mi esprimo: io sono un tecnico e opero come tale, garantendo un modo di fare polizia quanto più possibile ottimale. Si parla tanto di legalità: ritiene che ci siamo stati cambiamenti culturali in questo senso qui? Assolutamente si. Tutte le iniziative che sono state e che sono intraprese per inculcare tra la gente il concetto di legalità, a mio avviso, sono molto valide da ovunque provengano. Si deve diffondere l’idea che l’unico modo per crescere e far sviluppare un territorio è quello di avvicinarsi alle istituzioni. Ho notato un grande cambiamento di rotta dalla prima volta che fui a Caltanissetta ad ora: un salto di qualità notevole. Prima, ad esempio, di denunciare il racket e la mafia neanche se ne parlava, mentre adesso la gente ha capito che collaborare è meglio per tutti. Lo Stato c’è, è vicino e si adopera per tutelare i cittadini. Che ambiente si respira all’interno della Questura di Caltanissetta? Ho ereditato un ambiente fantastico, con tanti funzionari e in generale con un personale al di sopra della media, motivato e disponibile. Apprezzamento che rivolgo anche a tutte le sigle sindacali operanti sul territorio con cui si è instaurato un dialogo proficuo, in grado di bilanciare esigenze contingenti e obiettivi di crescita della Questura. Parliamo un pò di Filippo Nicastro come uomo, con una famiglia e un carattere... Che dire… mio figlio ha voluto seguire le mie orme e mi da grandi soddisfazioni: è maresciallo dei Carabinieri e lavora alla Dia di Agrigento. Mia moglie è casalinga, mi segue sempre e condivide

con me tutte le mie esperienze lavorative. Adoro i bambini e in questo senso ho condiviso l’idea di portare avanti, come Questura, una serie di progetti con le scuole della provincia. Ho anche un grande desiderio di diventare nonno e per questo motivo esorto mio figlio a darmi la gioia dei nipotini: chi lo sa che magari trascorrerò gli anni della pensione a giocare con loro o a portarli a passeggiare alla villa, chiacchierando magari con altri pensionati sul trascorso lavorativo. Non so cos’altro potrei fare da pensionato, dato che in tanti anni di lavoro non sono riuscito a crearmi alcun hobby. Chi mi conosce bene mi reputa un po’ introverso e silenzioso: in un certo senso è vero e forse questo aspetto della mia personalità deriva anche da trentasei anni di Polizia Giudiziaria in cui ho imparato a fidarmi di pochi. Il mio motto è stato sempre quello secondo cui non è poi tanto importante ciò che si dice ma ciò che si fa, purchè si faccia con buona fede e coscienza: devono essere gli altri a valutare il nostro operato e non noi stessi. Dal canto mio io mi sento pienamente realizzato come persona e come funzionario di Polizia. La passione più grande di Filippo Nicastro? La Juventus: la “vecchia signora” va sempre omaggiata e per lei tutto può

Desidero diventare nonno Da pensionato vorrei trascorrere tempo giocando con i miei nipoti

aspettare. Da giovane, inoltre, prima di iscrivermi all’università ha giocato a calcio in prima e seconda categoria nel ruolo di centro avanti arretrato.


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LA MINACCIA. Il nome del deputato è comparso su un sito antisemita

“Pagano è un servo dello Stato d’Israele” di Osvaldo Barba

Il parlamentare compare in una recente lista di proscrizione apparsa sul portale xenofobo Holywar. Indaga la Digos La xenofobia viaggia su Internet e non solo. Dalla strage dei bambini ebrei di Tolosaad un probabile quanto scampato attentato al deputato nisseno Alessandro Paganocorre un sottile quanto comune denominatore: l’antisemitismo. Sembra incredibile, ma il deputato nazionale del P.D.L. figura tra i prestigiosi nomi che compongono la lista di proscrizione pubblicata dal famosissimo sito antisemita Holywar (Guerra Santa), il Movimento di Resistenza Popolare che si autodefinisce anche come l’Alternativa Cristiana. Alessandro Pagano dunque “accusato” dai membri di Holywar di essere ununsayan (plurale “sayanim”) cioè una persona lieta di servire Israele, pur vivendo in uno Stato diverso da quello ebraico.In Italia, come in tutta Europa, si registra «una forte ripresa» dell’antisemitismo. Un fenomeno che riguarda, in particolare, i giovani e i giovanissimi. È quanto si legge nell’indagine conoscitiva approvata dalle commissioni Affari costituzionali ed Esteri della Camera. Nell’indagine emerge la preoccu-

Fiamma Nirenstein, deputato e vice presidente della commissione affari esteri e presidente del Comitato d’indagine parlamentare sull’antisemitismo

pazione per un fenomeno che non è affatto sconfitto: «La diffusione dell’antisemitismo tra i giovani e i giovanissimi in tutta Europa, compresa l’Italia -rimarca il testo- è la questione di rilievo politico che deve destare maggiore allarme». Secondo una ricerca svolta dallo Iard per l’Osservatorio sui fenomeni di xenofobia e razzismo della

Camera dei deputati, in Italia il «22 per cento di giovani dimostra antipatia nei confronti degli ebrei». Nei ragazzi, avverte l’indagine, l’antisemitismo tende a confondersi con la critica a Israele e al sionismo, per cui «l’ebreo immaginato si sovrappone all’immagine del soldato israeliano». Ragion per cui, quello che è stato “l’enfant prodige” della politica nissena oggi affermato politico di caratura nazionale, si ritrova ad essere condannato in contumacia dagli aderenti a questo movimento secondo quello che era il sistema in uso nell’ultima fase della Roma repubblicana (I secolo a.C.), che

Al pidiellino viene contestata l’amicizia con Fiamma Nirenstein

partendo dal concetto inziale attribuito alla proscrizione (che nel mondo romano indicava un avviso pubblico con cui si notificava la messa in vendita dei beni di un debitore) finiva per essereuno strumento di lotta politica con metodi a dir poco aberranti. Divenne infatti un metodo di eliminazione di massa!!!!! Sempre da Holywar.org si ha modo di intuire che l’accusa principale a carico di Alessandro Pagano, così come di tutti gli altri nomi della lista, è che la sua “forma-mentis” di deputato viene associata, dai membri del Movimento di Resistenza Popolare, a quella dell’onorevole Fiamma Nirenstein, deputato nonché giornalista e Vice Presidente della Commissione Affari Esteri e Presidente del Comitato d’Indagine parlamentare sull’Antisemitismo. Ma a ben rifletterci qualcosa non quadra. Già perché o qualcosa sfugge ai membri di Holywar o esiste un’intensa quanto documentata attività prosemita svolta dall’onorevole Alessandro Pagano non nota ai media e conosciuta solamente da questo gruppofedelissimo allo Stato” nazista di Israele. Facendo infatti una ricerca su OpenPolis, l’associazione indipendente dal 2006, economicamente autonoma, partecipata da migliaia di persone che monitorizza quotidianamente l’attività svolta da deputati e senatori, e digitando sul motore di ricerca le parole antisemitismo, razzismo e xenofobia esce fuori la proposta di legge, presentata il 5 dicembre del 2011 dal deputatoMargherita Boniver del P.D.L che propone l’Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni di antise-

mitismo, razzismo e xenofobia. La cosa strana è che i 31 co-firmatari, cioè coloro che sostengono un atto presentato da altri (primo firmatario) aggiungendo la propria firma, manca proprio Alessandro Pagano. Ma anche analizzando dettagliatamente il sito dello stesso onorevole www.alessandropagano.it, stranizza come nella sua attività di parlamentare nazionale dettagliamene riportata dal 2008 ad oggi, non si evince nulla che possa ricondurre ad una difesa estrema del mondo israelita. Presenti solo alcune proposte di legge generiche sulla difesa delle religioni in particolar modo su quella cristiana. Molto più verosimilmente potrebbe essere la presunta origine ebraica del deputato nisseno ad aver spinto gli aderenti alla “Guerra Santa” ad inserirlo nella lista di proscrizione. Già perché il cognome Pagano,secondo la ricostruzione effettuata dalla scienza che si occupa dell’origine dei cognomitrae origine da un antenato ebreo edè presente in un certo numero di paesi: Lo stesso fa riferimento ovviamente al loro non essere cristiani, per cui, dimenticando che i cristiani avevano avuto proprio da loro il Dio che adoravano, non potevano che essere dei pagani. Intanto, tra dubbi e dilemmi sul perché e sul come quei nomi siano presenti in quella lista, in primis, per vicinanza geografica e affettiva quello del deputato nisseno, aleggiano i timori per i propositi di vendetta rivendicati dai membri del Movimento di Resistenza Popolare verso coloro che sono stati indicati come marrani e falsi convertiti al cristianesimo. Una storia questa legata indissolubilmente alla vicenda del sito negazionista “Holywarvszog”, che pubblicò la lista di oltre diecimila famiglie ebree italiane in nome di una “guerra santa contro i nemici di Dio e della Chiesa Cattolica” e conclusasi con la condanna - commutata in quattro mesi di volontariato - per l’autore del sito. Insomma,

qualunque sia la motivazione che ha indotto i seguaci di HolyWar ad inserire il nome di Alessandro Pagano, ad oggi quel che importa è che lo stesso sia vivo e vegeto e goda di ottima salute. Nel nome del Cristo che muore e Risorge, allo stesso va il più vivo augurio di una santa e serena Pasqua.

INCHIESTA. Il razzismo corre sul web

Quando la xenofobia contagia internet Holiwar.org è un sito antisemita ospitato su un server americano è intestato a un negazionista norvegese e presenta in home page una croce che sbriciola la stella di David e i cognomi di molte famiglie che hanno caratterizzato la storia della comunità ebraica italiana. Dentro ci si trovano anche i nomi di al-

tre personalità, accusate di essere “complici” di Israele: tra gli italiani, direttori di giornali, editorialisti, cronisti, semiologi, filosofi, scrittori, deputati, parlamentari europei e, ovviamente, esponenti della comunità ebraica. Il Movimento di Resistenza Popolare, l’Alternativa Cristiana

rappresenta e sostiene Holywar.org sostiene che i nemici satanici di Dio e del popolo, rappresentati dal capitalismo di stato marxista, dal capitalismo liberale e dal sionismo in collaborazione con l’ordine massonico internazionale, hanno infiltrato la Chiesa con il disegno di distruggere la Civiltà Cristiana e rimpiazzarla con una filosofia materialista della vita e con il mammonismo. Intantoil Dipartimento della Pubblica Sicurezza ha inviato una circolare a prefetti e questori per innalzare la vigilanza e la tutela sugli obiettivi sensibili legati alla comunità ebraica e aumentare il livello dell’attività informativa e investigativa. gli autori hanno pubblicato una lista che ha fatto il giro del mondo per l’importanza del ruolo ricoperto nonché per la relativa fama dei personaggi che la compongono. La cosa aberrante e allo stesso tempo preoccupante è che, come sostenuto dai membri della “Guerra Santa”, quella lista fa partedi un immenso database costudito all’Università di Tel-Aviv, nel quale vengono, in eterno, schedati coloro i quali hanno parlato in modo non ossequioso delle “Stato” nazista di Israele.


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il Fatto

Fatti & sanità

Qr

Su www.ilfattonisseno.it il video del “blitz” effettuato dalla redazione nei locali della struttura sanitaria di via Malta.

Usa il QR per guardare il video su un dispositivo mobile.

Poliambulatorio di via Malta, deposito di rifiuti ospedalieri di Donatello Polizzi

All’interno di un gabbiotto del piano terra, abbiamo scoperto scatoloni di rifiuti speciali. A preservare il pericoloso magazzino, una porta chiusa sì, ma non a chiave.

E

ntrata pianoterra del Poliambulatorio di via Malta: lo scenario appare inquietante e preoccupante. All’interno di un gabbiotto (originariamente adibito a centro informazioni), la visione è resa possibile dalla

vetrata, adagiati nei pressi della parete, si notano delle scatole di cartone gialle e grigie con la scritta “rifiuti ospedalieri speciali”. Parole che incutono timore e che all’apparenza terrorizzano. La porta, seppur chiusa, non è bloccata dunque chiunque può accedervi. In quei locali vi sono numerosi siti aperti al pubblico: la situazione è insolitamente minacciosa. Abbiamo visitato, nella giornata di mercoledì 27 marzo, il luogo ed accertato la facilità di accesso a questa inusuale area di stoccaggio; un caso o una consuetudine? Siamo tornati l’indomani ed ai nostri occhi si è prospettata la medesima scena; la presenza di molti bambini che usufruiscono dei servizi ambulatoriali, ha acuito la nostra attenzione ed ingigantito le legittime perplessità sull’eventuale, realistica, pericolosità di quei sacchetti gialli. La sicurezza del luogo si è posta come prima esigenza da chiarire ed a quel punto abbiamo deciso di chiedere delucidazioni sulla critica circostanza. Il nostro primo contatto è avvenuto con il dr. Giovanni Lo Faso responsabile del P.T.A. (Punto territoriale di Assistenza); il medico dopo aver constatato la situazione, ha dapprima esplicitato che si è trattato di un fatto assolutamente episodico e successivamente ha dato indicazioni al personale di

provvedere alla chiusura del sito e di, momentaneamente, togliere i cartoni contenenti i rifiuti. Nel tentativo di offrire risposte esaurienti alle nostre domande e per chiarire i nostri dubbi, con gentilezza e disponibilità, Lo Faso ha contattato il dirigente del Poliambulatorio dott. Paolino Mattina, che abbiamo incontrato venerdì, per una franca ed esaustiva chiacchierata, insieme al responsabile dell’ufficio Infermieristico distrettuale, dott. G. Attilio Ristagno. E’ stato preso atto della particolarità, non

Il responsabile del Pta si difende: Un fatto assolutamente episodico

positiva, dell’episodio. Immediatamente si è provveduto alla chiusura del gabbiotto, onde evitare l’accesso di personale non autorizzato, ed all’oscuramento dei vetri per impedire che dall’esterno si possa visualizzare


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Ad aumentare le nostre preoccupazioni la presenza di molti piccoli utenti. I vertici dell’Asp corrono ai ripari. stanzino chiuso mentre le vetrate sono state oscurate. Sopra l’ex ufficio informazioni adibito a “provvisorio” deposito di rifiuti sanitari. Accanto la foto dei rifiuti scattata mercoledì 28 Marzo. Sotto la foto di uno scatolo aperto contenente del materiale sanitario di scarto, scattata giovedì 29 Marzo.

il contenuto dello stanzino. Inoltre ci è stato spiegato che lo smaltimento dei rifiuti viene effettuato da una ditta privata che provvede al ritiro degli stessi ogni settimana, il martedì o mercoledì, e che dunque la scelta di questo luogo per lo stoccaggio dei rifiuti è stato anche determinato dalla posizione del sito, adiacente all’entrata. Il dato proficuo è la rapidità di coloro i quali devono andare in giro con questi “scottanti” pacchi fra le mani ma controbilanciato dalla visibilità del sito da parte degli utenti. Peraltro poiché sono in corso dei lavori di riorganizzazione e risistemazione del plesso e dei servizi da esso forniti, questo amplifica in talune occasioni alcune manchevolezze. Una vicenda non positiva che però si è risolta con l’intervento dei dirigenti e che si è rivelata proficua per una visita al Poliambulatorio. La progressiva opera di miglioramento della struttura appare mirata a decongestionare l’ospedale S.Elia ed a porsi come valida ed efficiente alternativa ovviamente per tutte

quelle prestazioni che non necessitano del ricovero. La centralità del sito agevola l’utenza che ha difficoltà di mobilità e si presta ad una facile accessibilità. Abbiamo svolto un rapido giro e notato

istituzione del P.T.A. (Punto territoriale di Assistenza). Il P.T.A. rappresenta la “porta d’ingresso” del cittadino ai servizi territoriali e si pone l’obiettivo di fornire un risposta ai bisogni di salute

medicina generale) senza prenotazione, nelle ore antimeridiane, delle prestazioni come: medicazioni, prelievi. rimozione punti di sutura, terapia iniettiva, infusionale, gestione delle stomie e sostituzioni di cateteri vescicali. Il servizio all’utenza è totalmente gratuito e ad erogazione immediata. Altro servizio di nuova istituzione è l’A.G.I. (l’ambulato-

“ Da sinistra il dott. Attilio Ristagno, responsabile dell’ufficio Infermieristico distrettuale e il dott. Paolino Mattina, dirigente del Poliambulatorio

come siano presenti oltre diciotto specialità (odontoiatria, odontoiatria per disabili, cardiologia, ortopedia otorinolaringoiatria audiologia, geriatria, Medicina legale, ostetricia, dermatologia, oculistica, endocrinologia, angiologia, diabetologia, neurololgia, radiologia, ematologia, reumatologia, gastroenterologia). Da sottolineare, la recente

primari per i quali non occorra il ricovero ospedaliero all’interno di una logica che incentivi l’assistenza territoriale e la deospedalizzazione; infatti presso il P.T.A. sono state istituite nuove aree di attività quali l’ambulatorio infermieristico (generico e specialistico) nel quale vengono erogate su richiesta del medico (Specialista, ospedaliero, e/o di

Una vicenda non positiva che si è risolta con l’intervento dei dirigenti della struttura

rio a gestione integrata ) al quale hanno accesso i pazienti inviati dai medici di Medicina Generale affetti da diabete mellito e scompenso cardiaco; una delle priorità è evitare che tale problematica possa rappresentare motivo di ricorso al Pronto Soccorso o di eventuale ricovero inappropriato con conseguente congestione delle strutture. Il progetto di un “piccolo” ospedale cittadino, territorializzato, veloce, reattivo e vicino all’esigenze degli utenti. Il Poliambulatorio di via Malta per la sua ubicazione e multidisciplinarietà medica vuole porsi come fulcro per i bisogni assistenziali dei pazienti “fragili” nella rete dei servizi territoriali.


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POLITICA. L’incontro con un protagonista del congresso Pdl

Michele Giarratana, l’uomo che “osa” sfidare Pagano Redazione

Personaggio di destra lancia il suo movimento, esprimendo pesanti giudizi sul deputato di San Cataldo e sul sindaco che ha sostenuto.

I

l congresso provinciale del Pdl ha riportato alla ribalta uno degli uomini politici più competenti e dinamici della nostra città: Michele Giarratana. Attraverso il movimento “Caltanissetta protagonista”, di cui è riferimento, non soltanto ha movimentato un congresso altrimenti cloroformizzato ma ha scosso anche gli ambienti politici di una città agonizzante. L’ingegnere è un giovane, si fa per dire visto che ha già superato le 48 primavere, di lungo corso. Già assessore con la Giunta Mancuso, è stato componente dell’Assemblea di Alleanza Nazionale per oltre dieci anni, consigliere comunale per due mandati, di nuovo assessore con la Giunta Campisi. Uomo tutto d’un pezzo, di destra, liberalconservatore, non avvezzo a compromessi, per dirla tutta non le manda mai a dire. Si è sempre assunto precise responsabilità in ogni suo atto politico e amministrativo dimostrando inoltre da assessore, grandi capacità gestionali, frutto dei suoi studi e delle sue esperienze lavorative in aziende pubbliche e private in Italia e all’estero. Michele Giarratana è un vulcano,

un amico di tutti, sempre pronto a dare una pacca sulle spalle ma allo stesso tempo a dire sempre in modo diretto come la pensa. “Non so essere ipocrita, sono stato sempre leale con tutti; spesso chi fa politica non lo è. Sono leale e non fedele, fedeli sono i cani. Ma rispettoso ed educato con tutti, come i miei genitori mi hanno insegnato” Come al solito chiaro e diretto, ma essere così costa? “Costa tanto, ma si è a posto con la propria coscienza” Come mai questo ritorno in grande stile in politica? Soffrivo a restare alla finestra; dopo il mio esautoramento pensavo davvero di mollare tutto, mi hanno convinto a tornare in pista i miei amici di sempre e soprattutto Michelangelo Lovetere, attuale consigliere

Alessandro è un accentratore che ha fatto molti errori, Campisi è una vera delusione

comunale del PdL al Comune”. A quanto pare Pagano non l’ha presa bene… “Ma no, non gliene frega nulla! Alessandro è un animale politico, anzi soffre a non avere un nemico, lui va avanti per la sua strada con i suoi progetti”. Non pare che i progetti di Pagano nell’ultimo periodo abbiano dati grandi frutti.

“In effetti il suo carattere scorbutico, il suo modo di essere accentratore dopo tanti anni gli si stanno ritorcendo contro; certe sue scelte sono state sbagliate a partire da quella di Campisi come Sindaco di Caltanissetta. Uno sbaglio, anzi un abbaglio che ha portato ad un disastro. Nessuno si poteva aspettare che Campisi potesse essere così inadeguato, nemmeno io che l’ho sostenuto in modo convinto”. Si nota un certo “rosicare” in queste parole. “Pagano con una tempestività e una delicatezza uguale a quella di un elefante in una cristalleria, la mattina del congresso ha dichiarato che sono un ambizioso. Gli ho risposto in modo chiaro che questa non poteva essere soltanto una sua prerogativa, anzi guai se un uomo non è ambizioso. Certo, io volevo essere candidato sindaco ma mi è stato chiesto un giorno prima dell’investitura di fare un passo indietro e io l’ho fatto, mettendomi a disposizione del partito, senza discussioni, senza pretendere nulla, senza ricattare. La stessa sera mi è stato chiesto di essere il candidato di un altro cartello che avrebbe squassato il PdL. Ho rifiutato, tanti altri avrebbero accettato”. Come mai questa acredine nei confronti di Campisi? “Acredine? Parlerei piuttosto di delusione e rabbia; un anno e mezzo al suo fianco mi hanno sfiancato; eravamo inconcludenti, inefficaci, lenti come un tir in salita col freno a mano tirato e non ero certo io a frenare”

Perché non si è dimesso prima invece di farsi cacciare. “Avevo deciso di togliere il disturbo qualche mese prima dell’esautoramento, non soltanto perché ogni mio atto era palesemente osteggiato ma perché sul piano personale e del rispetto ero sistematicamente offeso; quando poi il Sindaco mi ha chiesto una dettagliatissima relazione per una missione che in parte avevo pagato io con i miei soldi mortificandomi e umiliandomi, allora la misura è stata colma. Avevo scritto le mie dimissioni ma il collega Angelo Failla mi ha scongiurato di desistere. Poi sappiamo tutti come è andata; avrei altre mille

cose da raccontare ma preferisco non dire più altro”. Nel settore dello sviluppo economico ma soprattutto nella gestione del Teatro Margherita si sente la sua mancanza. “Mi fa piacere sentirlo dire da altri. Nell’amore che io ho per quel teatro c’è tutto l’amore che ho per questa città”. Di cosa ha bisogno la politica nissena? “La politica con la P maiuscola non esiste più, non alberga più in


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I Fatti di

Una foto del Maggio 2006 che ritrae Michele Giarratana, componente dell’assemblea nazionale di AN, con Gianfranco Fini

questa città; la qualità degli uomini che la pratica non è sufficiente; se manca la qualità degli uomini mancano ovviamente anche le idee. Non c’è un progetto di sviluppo per Caltanissetta, continuando di questo passo la nostra città sarà una Villalba con un’urbanistica cento volte più grande e problemi cento volte maggiori”. Quindi…. “E’ l’uomo, l’individuo, al centro di una comunità. La qualità degli uomini deve essere quindi al centro di un progetto di sviluppo e di rilancio; ai miei concittadini dico: non occorre solo protestare e lo dice chi l’opposizione l’ha fatta come forse mai nessuno in questa città, ma necessità un progetto concepito e attuato da uomini di qualità che amino profondamente Caltanissetta”. Tutti si chiedono se esistono ancora la destra o la sinistra e ancor di più nelle piccole realtà di periferia.

“La più grande delusione politica della mia vita, Gianfranco Fini, dice che siamo in un’era post ideologica. Io affermo tutto il contrario. Ci sono temi in cui le tesi di una parte dell’altra sono inconciliabili. Noi di centro destra, cattolici, forse anche conservatori non abbiamo nulla da condividere con i comunisti e peggio, con i cattocomunismi che sono una contraddizione in termini e di fatto vivente e pericolosissima perché ipocrita e quindi falsa. Io non farei mai accordi politici, come ha fatto

il PdL a Caltanissetta, con il PD. Lo ha fatto per spirito di sopravvivenza? Io lo chiamo opportunismo stupido perché quelli, i comunisti o cattocomunismi, dopo un minuto hanno tradito. Si può convergere su temi di carattere amministrativo o di bene comune inteso solo ed esclusivamente per amore della città, non per spartirsi o difendere poltrone, come hanno fatto”. Cos’è “Caltanissetta Protagonista”? “E’ un’associazione politica, un movimento civico che nasce nel 2006 quando i partiti erano ancora dei riferimenti certi. Un luogo di incontro di tanti amici che condividono le mie idee che non hanno intenzione di uniformarsi al pensiero di un partito o una coalizione secondo me oggi senza prospettive”. Siamo in prossimità della Settimana Santa, perché non si riesce a valorizzarla come merita? “Abbiamo un patrimonio inestimabile che va blindato e poi rilanciato coniugando la fede con l’aspetto turistico; senza prevaricazioni e invasioni di campo in un senso o nell’altro. Per far questo è ormai irrinunciabile la creazione di una fondazione che sancisca regole certe e inviolabili, che dia stabilità economica, che dia serenità alle corporazioni e ai tenutari, che garantisca la Chiesa e salvaguardi la tradizione”. E’ più grande l’amore per le macchine da corsa o per la Nissa? “Mettiamola così, la Nissa è fede, le auto da corsa sono passione; non chiedermi dove comincia l’una e finisce l’altra e viceversa. Fanno parte del mio mondo e della mia vita come la nutella, la Ferrari. Mi sono infervorato, ho dimenticato la mia famiglia. Ora mia moglie si incazza. E ha ragione!”

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Etico

“Mia amata Caltanissetta, rinascerai”

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ono ormai anni se non lustri che ad ogni angolo della città, in ogni bar, in ogni salotto, in ogni famiglia non si proclami la morte di Caltanissetta. Nessuno osa prevederne la resurrezione. Della sua morte se ne parla da tempo inenarrabile forse in coincidenza con la progressiva chiusura delle miniere o forse prima; addirittura, se facciamo un’analisi profonda della sua storia e degli uomini che l’hanno creata, vissuta e sfruttata, la morte di Caltanissetta è coetanea alla sua nascita, forse la addirittura la precede. Caltanissetta ultimamente è un lutto continuo; la vogliono morta in troppi, quelli che si sentono nisseni ma non lo sono, quelli che non si sentono nisseni anche se lo sono, quelli che dicono di amarla ma la usano, quelli che dovrebbero dar-

ha concepiti, cresciuti, amati e che oggi tanti ingrati trascurano. E’ una tomba dove nessuno ha ancora avuto il coraggio di portare un fiore, cioè un segno di riconoscenza e affetto sotto qualsiasi forma, anche citando infantili ricordi. Ma i suoi becchini sono stati e sono così odiosi e miserabili che non hanno nemmeno la dignità di fare un gesto in fondo normale. Non solo apatia, ma sdegno senza un senso, senza una ragione. Non c’è un solo sussulto di orgoglio, non c’è spirito di corpo, non c’è vita. Non si ode nemmeno il pianto che, paradossalmente, sarebbe bello sentire perché frutto di un sentimento, ma solo odio e denigrazione continua, un vilipendio nauseante, una mortificazione inspiegabile e inconcepibile. Forse bisognerebbe partire dalla

le ossigeno ma la soffocano, quelli che vi pascolano senza dare latte e nemmeno lana, quelli che subordinano Caltanissetta ai loro loschi interessi. Allora Caltanissetta è una gigantesca tomba? In effetti dà questa impressione pensando ai nostri tanti, troppi figli emigrati, andando per le vie del centro non potendo osservare vetrine perché semplicemente non ci sono più, addentrandoci per le viuzze del centro storico avendo l’impressione di essere nel set di un film che narra di un virus che ha ucciso tutti gli abitanti del quartiere. Tranne gli extracomunitari. Si, è una tomba, dove dentro non ci sono padri traditi o figli dimenticati ma una nobile madre che ci

tua morte per volerti in vita, mia amata Caltanissetta, fragile madre usata e derisa. Ma l’amore, vedrai, vincerà sull’odio, rinascerai scacciando i prepotenti dal tuo tempio nobile e antico dove l’orgoglio e i fasti di un tempo ritorneranno prepotentemente. Purtroppo le macerie lasciate dagli incapaci, dai mercanti, dai millantatori, dai ruffiani e dai malandrini che hanno saccheggiato e continuano a sfruttare quello che di Nissa resta, ahimè saranno retaggi da cui difficilmente ci libereremo ma ci sarà qualcuno che dimostrerà che una volta tanto l’irriconoscenza umana non sarà più grande della misericordia divina. Etico


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Ornamenti

di Ivana Baiunco

Elogio della puntualità “L

a vita del puntuale è un inferno di solitudini immeritate”. La frase di Stefano Benni (quello della “Compagnia dei Celestini” per intenderci) mi risuona nella testa da un po’ di tempo. Mi risuona ogni qualvolta qualcuno arriva in ritardo fa attendere chi del tempo fa un lavoro. I giornalisti vivono di lunghe attese, ed invece questo mestiere dovrebbe essere fatto di dinamismo e velocità, che controsenso. Gli orari delle conferenze stampa non sono mai e dico mai rispettati, ormai è divenuta una consuetudine quasi una regola. I convegni recano sull’invito orari di massima mai rispettati e per darsi un appuntamento ci si dice ci vediamo verso le 15,00 il che vuol dire un orario che va dalle 15 alle 15,30 almeno. La lentezza tutta mediterranea di sapore gattopardesco consente qualsiasi libertà nel fare aspettare chi, da questa lentezza letteraria e climatica si è svincolato da tempo. La puntualità è un segno di rispetto nei confronti dell’interlocutore. Le lunghe attese dietro le porte delle istituzioni per ottenere un’ intervista, l’attesa del politico di turno che arriva sempre con una buona mezz’ora di ritardo perché impegnato in qualche altro da

contorto ed inspiegabile ragionamento; la puntualità a teatro non fa chic, si perché invece il ritardo è buona educazione. Secondo la mentalità contorta e da “parvenus” del pubblico teatrale nisseno se si arriva per ultimi ci sono più probabilità che gli atri ti notino, quando per essere consapevoli di esistere è necessario rispecchiarsi negli sguardi degli altri, ma questa è un’altra storia. Mentre però il povero attore, il malcapitato di turno aspetta che si “faccia sala” come si dice in gergo; non tutti gli attori attendono, i veri professionisti cominciano in barba agli assenti, a quelli che

fare, sempre par ticolarmente importante come salvare le sorti dell’umanità ad esempio. Sono dei deja vù. Le scuse non servono perché il danno è fatto, l’attesa è stata consumata, il nervosismo è cresciuto ed il tempo è stato perduto, e se “Alla ricerca del tempo perduto” tutti pensano che sia solo il titolo di un’ opera di Marcel Proust non è solo quello, bensì ciò che accade a chi ha partecipato in una giornata a più di una conferenza stampa. I detrattori di questa rubrica a loro dire troppo tuonate contro la politica, li invi-

terei a presentarsi in prima convocazione ad un consiglio comunale per poi aspettare più di un’ora, a presentarsi puntuali alla convocazione di una conferenza stampa per attendere l’inizio dopo mezz’ora e così via via gli esempi sono molteplici e poi altro che tuonare, fulmini e saette e sarebbe forse troppo poco rispetto all’onta imperdonabile della mancanza di rispetto. Il vero puntuale arriva con cinque minuti di anticipo si dice. Pessima abitudine tutta nissena quella di arrivare in ritardo a teatro secondo un

arrivano a luci spente, tra il mormorio della sala, che malcostume, che imbarazzo. Come quelli che di contro si insaccano il cappotto ancora a scena aperta sui saluti finali, che cafoni. E se i puntuali un giorno decidessero di mettere in atto una rivoluzione silente, se dopo i primi cinque minuti di ritardo i giornalisti si alzassero dalle

conferenze stampa e andassero via? Se a teatro dopo la prima chiamata si chiudessero le porte per poi riaprirle alla fine del primo atto (come si fa nei teatri di Milano e di Roma, città civilizzate da questo punto di vista) e se ad ogni politico che arriva in ritardo ad un appuntamento gli si negasse l’intervista per decorrenza dei termini ? Forse si comincerebbe quell’opera di catechizzazione di massa nella quale ancora nessuno è riuscito. Dietro la puntualità ci sta tutto un mondo, parole come serietà, professionalità, ordine, rigore, precisione fanno il paio con l’essere puntuali. I popoli economicamente evoluti sono puntuali, anche se i professori universitari si sono inventati il quarto d’ora accademico per mascherare il loro ritardo a lezione. Gli studenti dovrebbero ribellarsi e pretendere il rispetto degli orari, le sofisticazioni mascherate da regole non dovrebbero più ingannare nessuno. Certo la puntualità è lontana dalla libertà, dalla fantasia, forse anche dalla poesia, dall’immaginifico, allora le signore si possono ritagliare l’anelito alla libertà nella vita privata fare aspettare il proprio uomo, per chi volesse, in macchina dinnanzi al portone per creare quell’alone di mistero e per non sfatare il luogo comune che vuole le donne sono ritardatarie e se i signori uomini vogliono esercitare il loro diritto alla libertà; liberi di andar via.


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Serradifalco un paese in festa di Laura Spitali

Con quattro domeniche d’anticipo la squadra ha conquistato la vittoria del campionato di Prima categoria, valido per l’approdo in Promozione. “I sogni son desideri, di felicità …”, cantava Cenerentola. E il sogno della squadra calcistica di Serradifalco è diventato realtà, vincendo il campionato di Prima Categoria che apre le porte al debutto nella serie Promozione. Una vittoria conquistata in casa il 25 marzo con quattro domeniche d’anticipo rispetto alla chiusura del campionato, con il risultato di 4 a 1 contro il Santangelo Licata. Un successo meritatissimo, visto che il Serradifalco Calcio ha mantenuto il primo posto in classifica fin dalla prima gara. Il tutto reso possibile dalla lungimiranza del presidente Leonardo Burgio, che meno di un anno fa ha rilevato la società e, assieme al socio e copresidente Massimo Monti, ha riformulato tutto l’organico della squadra, dalla dirigenza ai gioca-

tori fino all’allenatore. Ma anche grazie ad un paese che ha sostenuto la propria squadra con la tifoseria ed il gruppo degli ultras degna delle grandi squadre, che hanno supportato i “falchetti” domenica dopo domenica anche quando le condizioni atmosferiche avrebbero scoraggiato gli stessi giocatori. Un paese inorgoglito e fiero della propria squadra di calcio, che ha accolto questa vittoria in grande stile, tappezzando le vie principali dell’abitato con palloncini bianchi e azzurri ed indossando cappellini, sciarpe e maglie con lo stemma del Serradifalco Calcio. Un esempio di sana e verace passione sportiva, con la presenza sugli spalti di oltre 700 tifosi, di cui tantissimi bambini che hanno trascorso con le loro famiglie un pomeriggio all’insegna del buon calcio. Fra i tifosi veterani tanta è stata l’emozione nel veder riempire gli spalti del “Marco Tomaselli” da così tanti compaesani, e nel condividere la gioia di assistere alla vittoria della propria

squadra come un successo di tutti i serradifalchesi. Questi i numeri che hanno portato alla conquista anticipata del campionato di Prima Categoria: 62 punti in classifica, con ben 17 lunghezze di distacco dal secondo classificato, alias il Santangelo Licata contro il quale ha vin-

to la partita decisiva per il passaggio in Promozione e con il quale aveva perso l’unica partita del campionato nel girone

d’andata; 20 partite vinte e 2 pareggiate, 67 gol fatti e soltanto 11 subiti. E i risultati da record non finiscono qui: la sua punta di diamante, alias l’attaccante Luca Tummarello, si è laureato capocannoniere del campionato con 24 gol, mentre Filippo


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IL PRESIDENTE. Il successo visto dagli occhi di Leonardo Burgio

“Ho voluto investire su questa squadra per il paese che amo e per mio padre”

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Buscemi si è aggiudicato il titolo di miglior portiere, il quale fino a domenica 25 marzo ha vantato il primato d’inviolabilità della sua porta. Al termine della partita decisiva il campo di calcio di Serradifalco è esploso in un turbinio di colori, bandierine sventolanti, tappi di spumante, abbracci e ringraziamenti reciproci tra la squadra e la tifoseria. Subito dopo i veri e propri festeggiamenti si sono svolti lungo le strade del paese, con un lungo carosello di auto capitanate dal tir che ha ospitato tutta la squadra e la dirigenza del Serradifalco Calcio, che hanno

salutato e ringraziato “dall’alto” l’intera cittadinanza. Si potrebbe affermare che si sia trattato della versione più “casereccia e verace” di quanto fatto nel 2006 dalla nazionale di calcio vincitrice del Campionato del Mondo, quando di ritorno a Roma venne ospitata su un bus a due piani itinerante per rendere omaggio alla nazione. Dopo un’ora il carosello si è riversato nella piazzetta San Leonardo, decorata per l’occasione da archi di palloncini bianco-azzurri. E per concludere alla grande una giornata memorabile per tutti i serradifalchesi, nel corso della serata si è svolta la cerimonia di premiazione al “Marco Tomaselli”, nel corso della quale sono stati premiati tutti i componenti della squadra, della dirigenza ed anche una delegazione degli ultras. Il finale è stato col “botto”, con una cornice pirotecnica degna delle grandi occasioni. Tale da far ironicamente affermare ad un tifoso: “Mi sa che dalla Chiesa Madre sta per uscire in processione San Leonardo (il patrono del paese)!”.

uando in paese si parla del Serradifalco Calcio non si può fare a meno di citare il suo presidente Leonardo Burgio. Classe 1983, giovane imprenditore da sempre legato al suo paese e alla sua squadra di calcio, che nel luglio del 2011 ha deciso di rilevare la società ‘Serradifalco F.C.’ con l’ambizione di trasformarla in un team vincente. Perché ha deciso di investire in questa squadra? “Innanzitutto per riavvicinarmi al mio paese, dal quale mi ero un po’ allontanato per ragioni di lavoro, dopo la scomparsa prematura di mio padre qualche anno fa. Mi sentivo in debito con il mio paese: io credo che sono i primi 18 anni di vita che formano un uomo, ed è pro-

prio a Serradifalco che mi sono formato. I sani principi, l’affetto dei cari ma anche le invidie ed in generale i fattori negativi mi hanno fatto crescere. Il calcio è una passione che mi ha trasmesso fin da bambino mio padre. Sembrerà un caso ma il 22 marzo scorso, anniversario della sua nascita, il Serradifalco Calcio ha ottenuto

matematicamente la vittoria del campionato di Prima Categoria, a seguito della sconfitta della Libertas Racalmuto. Questa data, a prescindere, era nel mio cuore e vi sarà per sempre, ma adesso spero che resterà per sempre nel cuore di tutti i serradifalchesi”. Quali novità ha apportato al Serradifalco Calcio? “Fin dall’inizio ho provveduto ad azzerare l’organigramma societario per ricominciare tutto da capo, facendomi affiancare da persone che hanno creduto nel mio ambizioso progetto. Inoltre, seguendo i consigli dei tifosi ho deciso di rilevare la società esistente per gareggiare in Prima Categoria”. Un campionato sempre al vertice della classifica. A chi va il merito? “Va a tutta la squadra, dalla dirigenza ai giocatori, dall’allenatore agli ultras, e

Tutti gli uomini del presidente

Organigramma dirigenziale: Massimo Monti (socio e co-presidente), Diego Venti (direttore sportivo), Luigi Montante, Massimiliano Petix, Rosario Petix e Luigi Raimondi. Il mister Angelo Bruno, classe 1966, che vanta il primato come più giovane giocatore ad esordire nei professionisti all’età di 16 anni. Il preparatore atle-

Per il prossimo anno sono previsti acquisti di giocatori di alto livello

tico Gaetano Cordaro. Squadra: portieri Filippo Buscemi e Michele Anzalone; difensori Lorenzo Mancino, Piero Cangelosi, Angelo Restivo, Gaetano Maiorana, Leonardo Miccichè, Leonardo Latona, Angelo Spina e Luca Ricotta; centrocampisti Fabrizio Romancini, Calogero Geraci, Francesco Forceri, Salvatore Vec-

agli sponsor che ci hanno sostenuto. Tutti abbiamo sempre creduto nelle potenzialità di questo team, impegnandoci domenica dopo domenica. Per questo ad inizio avventura ho coniato lo slogan: ‘Ricordatevi sempre che chi ci crede, vince!’. Sicuramente molto è dipeso dalla bravura del mister Angelo Bruno, che è riuscito a coordinare al meglio la squadra e a sviluppare le sue potenzialità”. Quali sono gli obiettivi per il debutto in Promozione del prossimo anno? “Innanzitutto provvederemo a consolidare quanto ottenuto quest’anno. Sono previsti acquisti di giocatori di alto livello che militano in serie molto più alte. L’ossatura rimarrà la stessa, con novità in ogni settore al fine di rinforzare l’intera squadra. Inoltre, abbiamo in programma di valorizzare i giocatori del settore giovanile della nostra società”. Il ‘Marco Tomaselli’ di Serradifalco potrà ospitare il campionato di Promozione? “Il Comune sta lavorando su un progetto contenente delle modifiche finalizzate all’omologazione del campo per disputare competizioni fino alla categoria Eccellenza. Ma non credo che sarà agibile per il prossimo campionato il campo sportivo. Quello che mi amareggia di più è portare economia in un paese che non sia quello della squadra. Ma posso affermare che saremo felici di disputare il campionato di Promozione fuori da Serradifalco per un anno, se però al ritorno troveremo un campo che non porrà limiti alle ambizioni della società”.

chio, Leonardo Territo, Luigi Di Marco, Omar Satta, Daniel Siciliano; attaccanti Luca Tummarello (capocannoniere del campionato), Totò Parrinello, Giovanni Rizzo, John Olufemi Otuagomah, Gero Lo Sardo, Michele Falzone, Giuseppe Randazzo, Antonio Habba e Vincenzo Mazzara.


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di Salvatore Falzone

Beppe Benvenuto Mizzica che personaggio M

izzica che personaggio, questo Beppe Benvenuto che da un giorno all’altro si è innamorato (ma non lo ammette) della provincia più depressa del Belpaese. “Non è male” dice, lui che il primo sole l’ha visto spuntare

sul Levante ligure ma che ha sempre vissuto a Milano – la Milano bene, la Milano colta e che da un po’ di anni a questa parte ha preso casa nella vecchia Palermo, a due passi dalla Vuccirìa, e fa su e giù in continuazione: con quell’aria strabuzzata, la parlata continentale e una senza filtro sempre in bocca (francese, per l’esattezza).

Rapide notizie: tra i fondatori del quotidiano Il Foglio, è stato consulente editoriale della Sellerio e oggi della Mursia, ha insegnato storia del giornalismo a Milano, è docente di storia contemporanea Enna e ha all’attivo numerose pubblicazioni. Ma

andiamo alle cose importanti. Da qualche tempo, per una serie di circostanze, Benvenuto ha preso l’abitudine di fare un salto dalle nostre parti. Da Palermo a Caltanissetta viaggia in treno. Si lascia il mare alle spalle e corre da solo verso

quello spettacolare paesaggio dell’entroterra che altrimenti non vedrebbe, cioè se prendesse il pullman, cosa che accade davvero di rado. Roccapalumba, stazione di Roccapalumba: cambio. E giù fino alla vecchia Nissa, che qualche suggestione letteraria la sprigiona ancora, per un critico come lui, soprattutto in quel tratto di centro storico tra il vecchio liceo classico e la Badìa, passando, s’intende, davanti alla gloriosa e deprimente vetrina della libreria Sciascia… Ma non è soltanto questione di letteratura o di cultura (ah, la piccola Atene dei bei tempi passati!). E’ questione di provincia, di caffè al bar

e pasticcini, di cronache locali, di chiacchiere politiche e rapporti umani. E di Sicilia, non c’è dubbio. Perché Beppe – come scrive il giornalista di Repub-

blica Emanuele Lauria nella prefazione di “Mizzica”, un volumetto che raccoglie i saggi divertenti pubblicati nell’omonima rubrica che Benvenuto tiene sul mensile “I love Sicilia” – è un padano innamorato a metà della Sicilia, uno che con questa terra ha il rapporto che si mantiene con una vecchia amante mai diventata moglie, uno che non potrebbe farne a meno a patto che si viva insieme non più di tre o quattro giorni a settimana”. A proposito di “Mizzica”, presentato a San Cataldo qualche settimana fa, va detto che Benvenuto – come scrive ancora Lauria – “distilla in pillole agrodolci considerazioni su Palermo, la sua ambiguità endogena, il suo disfattismo e la diffidenza dei suoi abitanti, le primavere fugaci e i lunghi autunni, l’immutabile politica dei volti sempre uguali. Beppe è così, non si prende troppo sul serio e non prende troppo sul serio quel che finisce nel suo angolo visuale. Nelle sue 20 righe di “Mizzica” ci sono le esagerazioni, le iperboli, le

contraddizioni della Sicilia. Si tratta di una narrazione – conclude il cronista di Repubblica – che Benvenuto spezzetta e fa propria in modo parodistico, cercando di non essere irriguardoso, con la consapevolezza di non avere la verità in mano, usando la stessa iperbole – Mizzica! – in modo autoironico. In fondo, proprio una dichiarazione d’amore”. Sì, mizzica, che personaggio questo Beppe Benvenuto.


Redazioni

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l nostro viaggio all’interno delle redazioni dei maggiori network cittadini prende il via da Radio CL1, creatura accudita amorevolmente da Pippo Grosso. L’emittente radiofonica , che esiste da 36 anni, è l’esempio lampante di una realtà che si fonde con il territorio circostante. La “voce” più longeva del capoluogo, frequentata da diverse

in città

generazioni di giovani e che ha forgiato numerosi giornalisti professionisti, racconta uno spaccato di storia cittadina. A partire da questo numero, ogni mese, visiteremo e racconteremo della nascita e della crescita dei mass media nella nostra provincia; un viaggio per informare su chi quotidiamente informa gli altri.

ON AIR. Una storia lunga 36 anni raccontata da Pippo Grosso

1 L C

“la mia radio” Redazione

“P

rove tecniche di trasmissione, Radio Cl 1”. La voce di Vittorio Trupia viaggia sulle frequenze: sono le 17:00 del 13 novembre 1976; nel frattempo Pippo Grosso, a bordo della sua auto, compie il giro della città per accertarsi che il segnale arrivi ovunque. Dopo circa un’ora ritorna alla sede, dove con un’attrezzatura fatta in casa dalla potenza di venti watt, tutti sono in trepidante attesa; si spalanca la porta, l’urlo felice e liberatorio si spande: ”Si sente, si sente” e poi un grande abbraccio collettivo, ricco di emozioni. Pippo Grosso, seduto nel suo studio in Corso Vittorio Emanuele, rievoca i tratti di un percorso straordinario. “La forma giuridica giunse il 31-12-1976 con una società in accomandita semplice; soci accomandatari io

e Vittorio Trupia, accomandanti Augusto Serpente, Vincenzo Piemonte, Salvatore e Giovanni Immordino, Salvatore Lacagnina e Salvatore Granata”. L’editore non lesina dettagli: “L’inizio era ricco di entusiasmo e la novità si radicava in ogni città in cui nasceva un emittente radiofonica. Ricordo che per lanciare questa iniziativa, tappezzammo la città

i dischi in palio. Un pomeriggio telefono muto, grande imbarazzo. Sollevata la cornetta, si scopre che non vi è segnale. Contatto la Sip ed il direttore, dopo il sopralluogo di un tecnico alla cabina,

500 persone avevano sollevato la cornetta per telefonare, eravamo allibiti”. Tanti personaggi, poi divenuti tali, hanno varcato la soglia dell’emittente: Carlo Muratore, Giovanni Scarantino, Paolo Grut-

Libertà e onestà intellettuale, questo il nostro credo

con dei manifesti– c’è qualcosa di nuovo nell’aria-. Tutti erano con il naso all’insù non riuscivano a capire od immaginare”. Tanti nomi, aneddoti, ricordi, amici che non ci sono più; non è facile raccontare e cucire quasi trentasei anni di gesta radiofoniche. “Il successo era inimmaginabile. Michele Giambra conduceva il pomeriggio un quiz musicale dal titolo Pop Music. Tanti telefonavano per vincere

Selezioni provinciali Miss Italia del 1977, Pippo Grosso e Gigi Corso fra le bellezze nissene. Nella pagina accanto la redazione di Radio CL1 festeggia il 7° anniversario (1983)

mi ricontatta e spiega che ogni numero può ricevere contemporaneamente 500 telefonate, superata tale soglia, va in tilt. Più di

tadauria, Giuseppe Scarlata, Ciccio Averna, i fratelli Capra, Paolo Ficicchia, Totò Messana, Rudy Maira, Nicola Dionisio. I giova-


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DIETRO AL MICROFONO. Voci e personaggi

La redazione news, fucina di giornalisti Il radiogiornale è stato il segno distintivo della stazione, anche grazie ai suoi collaboratori.

In alto da sinistra Fabio Venezia, Gianluca Rizza, Maurizio Diliberto, Daniele e Salvatore Venti, Alfonso Verdone, Silvio Zaami. In basso da sinistra Alberto Sardo, Vicky Dolcemascolo, Ivano Rinaldo, Donatello Polizzi, Pippo Grosso, Laura Gruttadauria, Anna Nicosiano, Enza La Valle, Tony Maganuco

ni che si riunivano al viale della Regione avevano voglia di partecipare e telefonavano. Il notturno del compianto Dario Mastrosimone, dalla voce straordinaria, era imperdibile: lettura di poesie, canzoni dolci e in particolare ragazze che telefonavano in continuazione sino alle tre di notte. Pippo ricorda: “Nel 1977, dopo neanche un anno di vita della radio, fummo contattati da Miss Italia per organizzare e far svolgere le selezioni provinciali, io e Gigi Corso non ci fermavamo un attimo”. Gigi Corso (geniale nella riscrittura satirica delle canzoni più famose), figura storica di CL1 era inoltre nel gruppo, del quale faceva parte anche Giorgio Villa, Michele Abbate ed il catanese Giovanni Lanteri, che aveva ideato e realizzato il Parpaglione e gli Sparlantini: due sferzanti ed inarrivabili trasmissioni di satira

politica che la domenica mattina inchiodavano i nisseni nelle loro abitazioni. Radio cl 1 vanta la primogenitura nelle radiocronache delle gare della Nissa. Prima i risultati si ottenevano telefonicamente, erano scritti su un foglio di carta e collo-

cati, la domenica pomeriggio, su una parete del Caffè Romano. Le dirette rappresentarono una novità strabiliante. “Io e Massimo De Luca, impareg-

giabile radiocronista, partivamo per la trasferta. Disponevamo di una nostra apparecchiatura che però andava collegata ad un telefono fisso in un raggio di cento metri dallo stadio. Massimo, era un mito. Iniziava a citofonare ed entrare nelle case delle persone sino a quando trovava qualcuno che gli consentiva, l’allaccio; ovviamente la telefonata partiva dalla radio dunque le spese erano a nostro carico. Massimo non ha mai fallito ha sempre trovato qualcuno”. Impossibile ricordare tutti i nomi e le trasmissioni ma Pippo ci tiene a sottolineare: “Abbiamo sempre inteso la radio come un servizio alla città. Siamo forti di trentasei anni di libertà ed onestà intellettuale, questo è il nostro credo ed il nostro marchio” .

Un radiogiornale libero era il sogno di Pippo Grosso, nel 1976 in forza al Giornale di Sicilia. Il radiogiornale di CL1 è sempre stato segnato dall’assoluta fedeltà alla notizia senza nessuna coloritura politica. La redazione ha dato modo a moltissimi ragazzi di maturare un’esperienza che si è dimostrata poi fondamentale per l’acquisizione della professionalità necessaria per affermarsi come giornalisti. La radio si è rivelata una fucina di talenti che in piena autonomia hanno mostrato le proprie capacità. Questo è un elenco incompleto (rigorosamente alfabetico) di chi nel corso degli anni ha offerto il proprio contributo lavorativo: Alessandro Anzalone, Igor Campo, Nicola Di Giugno, Vincenzo Falci, Stefano Gallo, Michele Giarratana, Lino Lacagnina, Lillo Leonardi, Sergio Montagnino, Giuseppe Martorana, Lucilla Rovetto, Redo Ruiz, Alessandro Silverio; si notano alcuni dei giornalisti di maggior prestigio della nostra città. La prima edizione fu affidata all’indimenticato Antonio La China, giornalista prima dell’Ora e poi del Giornale di Sicilia, ed alla compianta Nuccia Grosso. L’assoluta indipendenza e lo spirito di servizio rappresentarono un elemento di rottura nel mondo dell’informazione locale di allora. Un periodo d’oro, evidenziato dagli ascolti cospicui, che permise alla radio di consolidare la propria attendibili-

tà sul territorio. La crescita di questa emittente radiofonica è indissolubilmente legata al miglioramento costante dell’informazione ed al mantenimento dell’assoluta indipendenza. Coloro i quali hanno lavorato per la redazione hanno tenuto fede alle indicazioni dell’editore ed allo spirito di servizio insito nel dna di una radio locale. La possibilità di ascoltare la radio non più soltanto in maniera classica ma anche in streaming o con le varie applicazioni per iPad, iPhone ed Android, ha allargato e internazionalizzato il bacino degli utenti. I dati ufficiali del sito certificano che, negli orari di messa in onda dell’informazione, si attivano centinaia di contatti in varie nazioni del mondo: Belgio, Canada, New York, New Jersey, San Paolo, Sudan, Svizzera. Nisseni residenti all’estero, o che vi si trovano per viaggi di lavoro o di vacanza e che vogliono essere informati sui fatti di Caltanissetta. Un aneddoto illustra chiaramente questa situazione. Un signore nativo di Riesi, ma da circa nove anni residente in Belgio, ha telefonato, presso gli studi, per ringraziare Radio CL1. “Per avere notizie, chiamo mio cugino che mi dice sempre, non ti preoccupare tutto a posto. Da quando ho scoperto, tramite i miei figli, la radio ed il radiogiornale della sera mi sento quasi più vicino a casa. Ogni sera, dopo il lavoro, torno nella mia abitazione, e vi ascolto. Grazie. Prima di salutare, volevo dirvi ma… c’è da pagare qualche cosa poiché io vi ascolto sempre?”. Attualmente il redattore è il dinamico Alberto Sardo, coadiuvato da Ivano Rinaldo; la lettura è affidata all’inconfondibile e mitica voce di Anna Nicosiano.


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A sinistra la sala espositiva dell’associazione “Piccoli gruppi sacri” in via Palermo. A destra un momento della cerimonia. Sotto una foto che ritrae i congiunti dell’artista.

LA CERIMONIA. Un largo intitolato allo scultore Capizzi

Dal 29 marzo “‘u chianu dell’annona” porta il nome di un artista che ha dalto molto all’arte nissena.

Lembo della città dedicata al “papà” delle Varicedde di Alessandro Maria Barrafranca

G

iovedì 29 marzo, al cospetto di un folto pubblico, si è svolta la cerimonia per l’intitolazione del largo compreso tra le vie Palermo, Ajala e Girgenti conosciuto dal popolo con il nome di “chianu di l ’a n n o n a”, allo scultore locale Salvatore Capizzi, il “papà delle “v ar i c e d d e” ; uomo di poche parole, di grande manualità e innata dote per l’arte figurativa. Alla cerimonia hanno preso parte, oltre ai figli Giuseppe e Lucia ed ai parenti, il Vescovo, il Sindaco e il presidente dell’associazione “Piccoli gruppi sacri”, Nicola Spe-

na, su proposta del quale l’amministrazione comunale ha intitolato il predetto spiazzo all’artista nisseno.

T a l e iniziativa, che segue di qualche anno l’apertura in via Palermo di una piccola sala espositiva permanente, inaugurata nel dicem-

bre del 2009, mira a tributare il giusto merito ad un artista-artigiano per troppi anni dimenticato nell’oblio di una città poco attenta ai suoi figli più illustri. Oggi questo «sogno» - come lo stesso Spena lo definisce - trova il suo compimento e il predetto scultore può vantare di aver “p r e s t a t o” il proprio nome alla toponomastica di un luogo carico di storia posto a pochi passi della piazza Garibaldi. Approfittando dell’occasione proviamo a ripercorrere, se pur brevemente, la vicenda umana ed artistica

Il Vescovo Russotto con Nicola Spena, presidente dell’associazione “Piccoli gruppi sacri”

di questo personaggio, per certi versi ancora da scoprire, al cui nome si lega inscindibilmente quello della processione del Mercoledì Santo per la quale ha realizzato ben dieci “varicedde”. Salvatore Capizzi nasce a Caltanissetta l’1 gennaio 1907 da Giuseppe e Lucia Cardella. Sin dall’infanzia mostra una spiccata predisposizione nel disegno e nella scultura, che lo stesso affina dopo qualche iniziale perplessità della madre, rimasta vedova nel 1911, in una nota bottega di Palermo. Fatto ritorno nella città

natale, mette su un piccolo studio in via Greci - quartiere della “Saccara” - imponendosi tra i più rinomati scultori del centro Sicilia. Nel 1937 Salvatore, allora trentenne, sposa Biagia Scarlata da cui ebbe tre figli: Giuseppe, Gaetano e Lucia. Accresciutisi gli ordini, soprattutto di opere in marmo destinate al locale cimitero cittadino, questi si trova nella necessità di trasferire il suo laboratorio in uno spazio più grande che individua in via Angeli a pochi passi dalla chiesa di San Domenico.

In questi anni giungono molte commesse delle “varicedde” e di sculture in legno. Capizzi, difatti, si distingue nel capoluogo non solo per la costruzione dei gruppi statuari del Mercoledì Santo, ma anche per pregevoli opere ad intaglio. Una lunga e prolifera attività artistica quella di “don Turriddu” - come era simpaticamente chiamato dai conoscenti – che, interrotta pochi anni prima della sua morte avvenuta nel 1991, lascerà, soprattutto nel Nisseno, i “graffi” della sua ineguagliabile dote scultorea.


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Settimana Santa

Hi-Tech

L’IDEA. Con QR Cultura la “Settimana Santa” finirà sui dispositivi mobili

La storia delle Vare in un click di Marco Benanti

Un QR Code, una sorta di codice di riconoscimento tecnologico, verra posizionato su ogni simulacro.

A

ccostare il proprio telefonino o dispositivo elettronico di ultima generazione ad un m onu m e nto, un bene architettonico, una chiesa o un palazzo di interesse storico ed

accedere comodamente a spiegazioni, cenni storici, foto e video in più lingue, stando comodamente fermi a godere del bene. Non è fantascienza ma un ritrovato elettro-

nico di cui la città di Caltanissetta sta dotandosi pioneristicamente rispetto alle altre città siciliane. L’idea è tanto semplice quanto geniale, la sua applicazione ingegneristica è frutto di studi e ricerche di professionisti, (anche quelli nisseni!) che da una intuizione stanno i n ne s c and o una sorta di rivoluzione culturale. Stia-

mo parlando del QR Code (Quick Response): si tratta di una piccola matrice adesiva che contiene un codice bidimensionale, paragonabile al più conosciuto codice a barre, che consente la decodifica veloce del proprio contenuto, collegato ad informazioni depositate su internet ed ottimizzate per la fruizione tramite dispositivi mobili. In sostanza applicando tali piccoli adesivi quadrati nelle adiacenze dei principali monumenti cittadini o luoghi di interesse, quali, chiese, musei palazzi storici e così via, si riesce a dare al cittadino, turista o semplice curioso tutte le informazioni principali sul bene attraverso il proprio telefono cellulare o palmare. Oggi rispetto al recente passato anche per via della contrazione dei costi, notevole diffusione hanno gli smartphone i tablet ed i palmari, strumenti dotati di tecnologie multimediali e di connessione ad internet. Per

una intuizione quasi fortuita dicevamo, dopo aver visto una pubblicità su una rivista nazionale in cui si usava un QR per rimandare ad un sito internet, un gruppo di nisseni ha capito che con quel codice poteva aprirsi un mondo di servizi ed utilities. Il turismo prima di tutto. “ E perché non associare l’high tech alla cartapesta delle vare?” Questo hanno pensato i soci della Logos srl, società che ha depositato il brevetto di QR Cultura. E se applicassimo un QR ad ogni Vara? Detto fatto! Attraverso un protocollo di intesa con l’Amministrazione C omu n a l e , e la Sovrintendenza ai Beni Culturali, da quest’anno ogni grande gruppo quindi ogni Vara, ed ogni Varicedda vedrà applicato sul supporto,

in maniera discreta e non invasiva un adesivo QR. Il cittadino che dispone di uno smartphone o di un tablet puntando con la fotocamera e


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Cos’è il QR Code

Come funziona

sta per “Quick Response”, un codice bidimensionale a matrice che consente la decodifica veloce del proprio contenuto, collegato ad informazioni appoggiate sulla rete internet, ed ottimizzate per la fruizione tramite dispositivi mobili. Pochi i requisiti necessari: tutti gli smatphone sono abilitati e il software per leggere il codice è gratuito

1. verificare che sul tuo dispositivo mobile o smartphone sia presente un software per la lettura del QR Code, altrimenti vai sul sito www.inigma.mobi o scarica uno dei software indicati sotto; 2. installa gratuitamente ed automaticamente il software; 3. apri l’applicazione scaricata o il software preinstallato; 4. inquadra il codice con l’obiettivo della fotocamera sul dispositivo; 5. accedi ai contenuti.

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CENNI STORICI. Riti d’altri tempi

La “Giunta”, festa di Resurrezione di un antico passato

software per leggere QR Code: TapMedia, ZXing, Jared, Bee Tagg, i-nigma. Scaricali sul sito www.qrcultura.it

di Alessandro Maria Barrafranca

Con uno smartphone o un tablet, scaricando un’applicazione , si potrà accedere a filmati, foto, cenni storici e microdocumentari. scaricando una apposita applicazione gratuita potrà accedere a filmati, fotografie, cenni storici e specifici minidocumentari, già realizzati da un’altra società nissena, la Puzzlecomunicazione. Ogni Codice QR così applicato al bene di interesse turistico diviene un punto d’accesso per capire la storia ed il contesto. L’intenzione non è però quella di creare una sorta di Wikipedia tascabile dei monumenti, ma offrirà degli spunti per una successiva e più approfondita ricerca storica e documentale. Inoltre il cittadino o il turista, navigando per i filmati ed i documenti correlati, anche nella propria lingua, potrà divenire parte di una community, arricchendo la piattaforma sociale con il proprio commento, le proprie istantanee, condividendo quindi delle emozioni alla stregua di quanto

accade sui più diffusi social network. Sono già diversi i monumenti cittadini sui quali è applicato un QR, tra questi la fontana del Tritone, la Cattedrale ed ancora il Palazzo dell’Ente Provincia. Avvicinando a questi un dispositivo di ultima generazione si accederà al sito internet di QR Cultura dove si troveranno spiegazioni, foto ed altre

informazioni. Tra queste anche indicazioni stradali, i locali tipici dove assaggiare le squisitezze nissene, insomma un mondo a portata di click, anzi di tuoch! Promozione del territorio insomma a costo zero, per la serie laddove non arrivano gli Enti locali, alle prese con mille grattacapi, perdendo a volte treni già in corsa

si potrà inoltre guardare dei mini video che descrivono anche in sonoro cosa si sta guardando. Dal menù sarà inoltre possibile scegliere la lingua di preferenza, Italiano ed Inglese per il momento, anche se tra non molto tempo, quando il progetto avrà anche la dovuta copertura finanziaria si potranno avere traduzioni e

Nella pagina accanto lo staff della logos srl che in queste settimane ha incessantemente lavorato per regalare ai nisseni una Settimana Santa hi-tech. A sinistra evidenziato il QR che verrà applicato con supporto adesivo sia sulle Varicedde del Mercoledì Santo che sulle Vare del Giovedì

testi anche in altre lingue. Lo stesso procedimento è stato adottato anche per i piccoli gruppi, ognuno dei quali recherà nella pare bassa un QR con relativa cifratura per il rimando al sito ed alle spiegazioni. Per l’utilizzo del QR i dispositivi necessitano dell’accesso ad internet. Per tale motivo la Logos srl ha invitato gli uffici di Palazzo del Carmine a far funzionare il sistema di wi-fi cittadino già istallato diversi mesi fa e non ancora perfettamente funzionante. Una iniziativa che richiede oltre una precisa competenza tecnica, anche l’ausilio di professionalità specializzate che al momento hanno collaborato in maniera totalmente gratuita, dalla ricerca storica e l’arrangiamento dei testi, dal doppiaggio ai montaggi dei video ed ancora dalle fotografie alla stampa delle brochures esplicative che verranno distribuite per i negozi cittadini. Tre gli aspetti fondamentali di questa applicazione del Qr Code: la tecnologia come strumento per favorire Cultura; l’espressione della Cultura come patrimonio universale dell’umanità, resa fruibile a turisti e cittadini; la possibilità immediata della condivisione di foto, emozioni e sensazioni dinanzi ai monumenti in una sorta di diario Sociale condiviso in tutto il mondo. A Caltanissetta la tecnologia sposa la storia e la tradizione.

(vedi i distretti turistici) ci pensano i privati. E cosa meglio c’è da promuovere e far conoscere se non la Settimana Santa? Da li l’idea della Logos e subito accolta dall’Amministrazione comunale nissena di apporre ad ogni gruppo sacro un piccolo QR. Inquadrando il codice con la fotocamera dei dispositivi attraverso un link compariranno le informazioni principali sui gruppi sacri, dalla storia ai restauri, dalla conservazione alla descrizione della vara. Con degli auricolari

C

altanissetta ha un ricco patrimonio di tradizioni religiose e folkloristiche che trovano il loro acme nella Settimana Santa, quando fede e tradizione si mescolano creando un’atmosfera coinvolgente, quella stessa atmosfera che fino al 1818 i nisseni assaporarono per l’ormai scomparsa consuetudine conosciuta con il nome di “giunta”. La riferita processione, retaggio della tradizione spagnola, trae origine dalle sacre rappresentazioni teatrali, comuni in molti paesi della Sicilia, le quali erano svolte all’interno di chiese o conventi. Queste, a seguito della controriforma, che nell’isola vide una intensa opera di rievangelizzazione e rieducazione religiosa, furono aspramente criticate dal clero perché considerate motivo di distrazione per i fedeli. Si dispose allora di sostituire gli attori, che inscenavano l’evento, con artistiche statue. L’avvento dell’epoca barocca, infine, portò l’innovazione di compiere tale rito nelle piazze o lungo le vie principali. In verità, le autorità ecclesiastiche, pur tollerando tali rappresentazioni, guardarono sempre le stesse come spettacoli popolari poco consoni ai Vangeli canonici e alle prescrizioni dettate dalla Chiesa. Anche Caltanissetta, come detto, ebbe la sua “giunta” che aveva luogo a partire

dalle ore dodici della domenica di Pasqua, quando, al suono festoso delle campane, che indicavano l’im-

minente processione, si faceva uscire all’improvviso, dalla porta principale del Duomo, la statua del Cristo risorto. Questa, ritratta secondo l’iconografia tradizionale, era avvolta – così riferiscono gli storiografi locali - in un ampio mantello di velluto color rosso scarlatto. Ad un segnale convenuto spesso lo sparo di razzi - si faceva partire dalla chiesa del Collegio di Maria la statua di San Pietro che era condotta lungamente, a ritmo dei tamburi, in giro per le vie cittadine alla ricerca del Risorto, facendo la spola per riportare alla Vergine Maria, le notizie della sparizione di Gesù dal sepolcro, dell’apparizione alle donne e, infine, dopo l’incontro con il Maestro durante una delle varie “gite” e le corse di ritorno, l’avvenuta Resurrezione. Non conosciamo, tuttavia, se come ad Aidone, San Cataldo e in altre località della Sicilia partecipassero le figure di tutti gli Apostoli. A quel punto la statua della Madonna andava di corsa, accompagnata dall’apostolo Pietro, alla ricerca del Cristo. Sopraggiunte le tre immagini nel piano di Santa Croce – luogo designato per la “giunta” - la statua della Vergine Maria, riconosciuto il figlio, era fatta procedere velocemente incontro allo stesso e si liberava dal lungo velo nero – simbolo del lutto – che la ricopriva quasi interamente. Le campane del prospiciente monastero, intanto, sancivano, con il loro festoso suono, l’atteso “incontro”, mentre le tre sculture fatte saltellare dai portatori in segno di gioia e accompagnate dall’incessante rullo dei tamburi che impartivano il ritmo a secondo se si andava a passo o di corsa, si univano in un’unica processione la quale, compostamente, procedeva alla volta del Duomo. Tale manifestazione, che allietò la Pasqua dei nisseni, caratterizzò per secoli l’identità del nostro popolo attraverso il rito, entrando in tal modo a far parte di un patrimonio collettivo di inestimabile valore religioso, antropologico e culturale oggi del tutto scomparso.


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PESISTICA. Il capoluogo nisseno autentica fucina di campioni e talenti

Caltanissetta, maestra di pesistica, volano le “Fiamme oro” di Leda Ingrassia

Nell’ ottobre del 2011 è nata, la sez. giovanile nissena della Polizia di Stato, dall’intuizione di Salvatore Parla e Maurizio Sardo, grazie all’appoggio del dott. Filippo Nicastro. In bacheca una medaglia d’oro juniores per Luca Parla.

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altanissetta e la pesistica: un amore lungo una vita. Il sollevamento pesi sembra attirare le attenzioni dei Nisseni fin dal 1966 quando la disciplina fece il suo ingresso per la prima volta in città, con l’allora comandante dei Vigili del Fuoco Giacomo Amico, e dove continua a vivere tutt’oggi, con sempre maggiore forza, grazie ad un gruppo di atleti di successo. Attraverso il loro impegno il capoluogo nisseno è infatti famoso in tutta la penisola ed è anche l’unico

centro di pesistica in Italia delle Fiamme Oro, ovvero del gruppo sportivo della Polizia di Stato. Da una semplice passione che sfornava talenti, come poteva essere intesa all’inizio, in questi anni per la città la pesistica è diventata dunque una risorsa con la vittoria di tante medaglie, con numerosi atleti nisseni all’interno della Nazionale Italiana e con lo svolgimento della finale dei Campionati Italiani assoluti che si terranno proprio a Caltanissetta il 16 e 17 Giugno. Tra i padri fondatori di questo progetto e responsabile della Sezione Giovanile Nissena delle FF.OO. c’è Salvatore Parla, figlio di Peppe Parla, uno dei protagonisti assoluti dell’automobilismo nisseno di qualche anno fa. Quarantotto anni, fin dal ’76 impegnato in questo sport, primatista italiano nel sollevamento con strappo e con slancio per un totale di 325 Kg, vincitore di otto titoli italiani e di uno assoluto,

Salvatore Parla ha partecipato a numerose competizioni internazionali arrivando ad aggiudicarsi la prima medaglia di bronzo nissena agli Europei Juniores in Turchia nel 1981. Nel 1984 Parla è entrato a far parte del gruppo sportivo delle Fiamme Oro dove ha gareggiato per sei anni fino a quando, archiviata l’attività agonistica, ha intrapreso quello che era il suo sogno, ovvero diventare un tecnico. “Da lì decisi di dar vita ad un mio gruppo sportivo a Caltanissetta attraverso il quale, dopo una lunga ricerca, anche insieme al collega Giovanni Scarantino, sono riuscito a trovare alcuni giovani talenti. Tra questi Maurizio Sardo che, dopo aver vinto numerosi titoli italiani, è entrato anche lui a far parte delle Fiamme Oro e ha cominciato a collaborare con me. Nel 2010, grazie al mio gruppo sportivo, siamo riusciti a portare un nostro atleta alle prime Olimpiadi di Singapore”. A questo punto, con grande soddisfazione e amore, Salvatore mi dice che si tratta di suo figlio Luca, ora diciottenne, che in quella importante competizione internazionale si piazzò al sesto posto. Solo la prima di una serie di s o ddisfazioni che Luca e gli altri giovani del gruppo hanno dato al loro tecnico Salvatore, da anni ormai in servizio nella Questura

In alto il gruppo sportivo giovanile della Polizia di Stato, a colloquio con il Questore. In basso Salvatore e Luca Parla. A destra Maurizio Sardo

di Caltanissetta insieme al collega Maurizio Sardo. “Dato il fermento che c’era attorno a questa disciplina - continua Salvatore Parla - con Maurizio Sardo decidemmo di mettere su un progetto dal titolo “Abbiamo bisogno di giovani forti e noi alleniamo la forza” che presentammo al que-

Salvatore Parla:”Uno sport sano che forma il fisico ed il carattere”

store. Un’idea che il dott. Filippo Nicastro con grande sensibilità ed entusiasmo, convinto dell’importanza dello sport per i giovani, ha appoggiato fin dal primo momento, consentendoci di dar vita nell’Ottobre 2011 alla Sezione Giovanile di Caltanissetta di pesistica delle Fiamme Oro. Raggiunto questo importante traguardo,

abbiamo tesserato sette giovani atleti nel 2012 che si allenano con me e Maurizio nella palestra di Pian del Lago all’interno dello stadio Tomaselli, messa a disposizione dal Comune”. Tra le giovani promesse della pesistica nissena allenate con grande impegno e motivazione dai due poliziotti ci sono Luca Parla, Daniele Galiano, Sergio Lombardo, Yuri Augello, Eliseo Salotta, Thomas Di Prima e Gabriele Fiore. I risultati non sono tardati ad arrivare in casa nissena. “Sono davvero tante le soddisfazioni che questi ragazzi mi hanno dato. Solo per citarne alcuni ricordo che ai Campionati Italiani under 17 svoltisi a Febbraio a Villagrazia di Carini Daniele Galiano ha conquistato una medaglia di bronzo: un oro invece per Luca Parla ai Campionati Juniores di Copertino, sollevando 117 kg di strappo e 154 di slancio, e un quinto posto ai Campionati Italiani Senior di Verona del 17 e 18 Marzo. Con questi risultati Luca si è collocato nella rosa degli


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A giugno, al PalaCarelli, i campionati Italiani assoluti . L’ appuntamento vedrà fra i protagonisti molti atleti nisseni. In palio otto titoli assoluti maschili e sette femminili. Salvatore Parla:”Ospitare questo evento è un onore. Noi faremo di tutto per salire sul podio”

atleti di interesse mondiale e pertanto nell’anno in corso potrà essere convocato dalla Nazionale Italiana per partecipare alle competizioni internazionali”. Nel corso della conversazione con Salvatore Parla, poi, non poteva mancare un riferimento all’imminente appuntamento con i Campionati Italiani assoluti che si terranno a Giugno a Caltanissetta. “Ospitare una competizione di questo livello per noi è un grande traguardo che gratifica il nostro impegno quotidiano. Si tratta della manifestazione più importante che la nostra Federazione, presieduta tra l’altro dall’atleta e poliziotto nisseno Antonio Urso, organizza in Italia e dalla quale usciranno otto campioni assoluti maschili e sette femminili. Il nostro gruppo, a mio parere, avrà la

possibilità di conquistare qualche medaglia e per questo stiamo lavorando sodo”. E’duro infatti il lavoro dei pesisti, come ci conferma il tecnico Parla, anche considerato che, ad esempio, quando si tratta di Olimpiadi sono quasi duecento le nazioni in cui si pratica questa disciplina e riuscire a qualificarsi è davvero difficilissimo. “Partecipare da allenatore alle competizioni olimpiche è un sogno, un’esperienza che per me è stata me-

ravigliosa”. Uno sport, quello del sollevamento pesi che, come ci racconta Salvatore Parla, richiede una fase preparatoria intensa per acquisire una buona mobilità articolare che va poi ad unirsi ai gesti tecnici olimpici quali lo strappo e lo slancio. “Per questa disciplina esistono otto categorie di peso maschile e sette femminile, cinque classi di età, ovvero esordienti, under 17, juniores, senior e master. E’ uno sport che è consigliato a tutte le età e addirittura uno studio russo ha provato che praticare attività con i pesi nella terza età aiuta a vivere più a lungo. Nei giovani l’attività pesistica con sovraccarichi fa crescere meglio le ossa e poi lo sport fa bene in quanto è educazione, corretto stile di vita e formazione. Proprio per diffondere questi principi, con il mio gruppo, ci rechiamo spesso nelle scuole per diffondere tra i ragazzi la cultura dello sport e del vivere bene”.

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TENNIS. Gli internazionali a Villa Amedeo

Binomio vincente, sport e mostra mercato. Sinergia pubblico-privato Si scaldano i motori per la XIV edizione del torneo internazionale ATP di tennis “Challenger Città di Caltanissetta” che si svolgerà presso il TC Villa Amedeo dal 2 al 10 giugno 2012 con un montepremi di sessantaquattromila euro. Il Comune di Caltanissetta, come nel passato, non si è sottratto all’impegno del patrocinio del torneo ed è grazie all’operato del dott. Michele Campisi e della sua Giunta, certi della visibilità internazionale che la competizione

potenziata grazie alla disponibilità dell’Assessore Regionale alle Attività Produttive, Marco Venturi, che, consapevole dell’importanza del torneo internazionale, ha concesso idoneo finanziamento regionale. Inoltre, la presenza della Camera di Commercio presieduta da Antonello Montante e di numerosi e prestigiosi sponsor consentirà al Tennis Club di affrontare in maniera esaustiva la complessa macchina organizzativa dei due

garantisce al capoluogo nisseno, che è stato possibile assicurare il finanziamento del montepremi anche per quest’anno. Lo spostamento della manifestazione dalla primavera all’inizio dell’estate è stato fortemente voluto dalla dirigenza del Club, al fine di consentire l’effettuazione di almeno due incontri durante le ore serali. Ciò consentirà la partecipazione anche di quella parte della cittadinanza, di norma impegnata nelle ore pomeridiane, che sarà anche attratta da una mostramercato, con spettacoli canori, che sarà allestita negli spazi di Villa Amedeo. Codesta manifestazione di promozione era stata effettuata, con notevole successo, dal comune nisseno nell’estate del 2011. Quest’anno, la già citata mostramercato è stata attenzionata e sarà

eventi, ponendo in essere, come sempre, una perfetta sinergia tra pubblico e privato. Una collaborazione che si è già rivelata proficua nel mese di marzo; nella prima decade il circolo è stato gravemente danneggiato dalle raffiche di vento che hanno imperversato sul capoluogo nisseno. L’operosità del TC Villa Amedeo ed il supporto amministrativo-logistico delle amministrazioni, hanno consentito il ripristino della struttura in tempi record. Risistemata la sede, sono stati già avviati i lavori di allestimento del torneo a partire dal rifacimento dei quattro campi in terra rossa. Un binomio, torneo internazionale di tennis - mostra mercato, che ha tutte le carte in regola per regalare alla nostra città una vetrina mediatica mondiale di assoluta preminenza


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CURIOSITA’ E HOBBY. Il talento di creare piccoli strumenti in acciaio

Il sancataldese “demiurgo” della miniatura di Lello Lombardo

L’ artista autodidatta sancataldese, costruisce congegni funzionanti di piccole dimensioni, utilizzando prevalentemente materiali di scarto.

T

rapano a colonna, troncatrice, sega a nastro elettrica, molatrice, calibro, chiave inglese e tanti altri ancora, tutti rigorosamente in miniatura e funzionanti; non stiamo parlando del fantastico mondo lillipuziano ma di una realtà che si concretizza con tenacia, pazienza, utilizzando materiali di scarto (quasi sempre l’acciaio), costruendo personalmente utensili che servono per realizzare particolari componenti da assemblare: tutto questo è quello che riesce a creare Michele Cravotta, uno dei talenti contemporanei che San Cataldo riesce ad esprimere. La miniatura è qualcosa che “in piccolo crea l’idea del grande”. Per capire la miniatura è opportuno accostarla al fenomeno dell’uso della parodia nella

comunicazione. Leggendo una parodia del “Don Chisciotte”, si ragiona “in stereofonia”: in una parte del cervello risuona il testo parodiato, nell’altra il testo originale; la mente fa veloci confronti tra i due e si “compiace” di seguire due pensieri in uno. Con le miniature accade più o meno lo stesso. Si osserva una riproduzione in piccolo e si pensa anche alla versione originale. La mente fa confronti a velocità subliminali e, il racconto di osservazioni, è doppio, moltiplicato. L’artista Cravotta con le “sue creature” ci porta in questa “dimensione” (il doppio senso è ineluttabile); si rimane stupefatti nell’ammirare questi splendidi “gioiellini” in miniatura e ancor più, quando questi vengono messe in azione. Lo sbalordito ammiratore, superando il primo attimo di disorientamento, si chiede: come fa a crearli? Inevitabilmente si viene proiettati in un mondo fiabesco; spera che l’artista si distragga per avere l’occasione di farlo funzionare personalmente, soddisfacendo così, quella legge di natura che, non appena si creano le condizioni, ci riporta ad essere “piccoli”. Ma come è nata questa passione? “Sono stato sempre interessatodice l’artista- all’evoluzione de-

gli attrezzi di lavoro; svolgevo un lavoro che mi permetteva di

Il costruttore: “Ho edificato un piccolo laboratorio e coltivato il mio sogno”

avere dei ritagli di tempo libero e così ho costruito un piccolo laboratorio che mi ha permesso di concretizzare un sogno da tempo coltivato”.

Soffermandosi a guardare la micro cucina economica a legna si viene proiettati in un tempo fatto

di sapori genuini e calore delle “famiglie di una volta”, dove bastava impastare un po’ di farina per rendere felici i ragazzi. Sicuramente le opere dell’artista non sfigurerebbero, nel confronto, con altre esposte da quel signore molto particolare, Dan Ohlmann (realizza, anche, effetti speciali per il cinema) al Museo delle Miniature di Lione. “E’ un peccato che a San Cataldo- dice Cravotta - non esista un museo, una sala esposizione permanente dove gli artisti, magari alternandosi, possano avere l’occasione di mettere in evidenza il frutto

dell’estro e della genialità, condividere esperienze, creare una comunità, con il coinvolgimen-

to del pubblico, di sostenitori dell’arte”. L’eclettico autodidatta artista realizza anche sculture in legno; nel decimo anniversario della scomparsa di Michele Abbate, ha donato al comune di Caltanissetta un quadro in basso rilievo raffigurante il compianto sindaco. Molti sancataldesi hanno avuto modo di ammirare, altresì, seppur esposti in una vetrina di un negozio, sia le “Vare” che i “Sanpauluna”, realizzati in legno e sempre in miniatura, della Settimana Santa sancataldese.


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IMPRENDITORIA AGRICOLA. Francesco Cucurullo racconta la sua esperienza in campagna

“ IL MIO

CAVALLO DI TROIA”

di Cecilia Miraglia

La Masseria del Feudo si estende per 110 ettari, 15 coltivati a vite, il resto da altre filiere, frutticola, olivicola, zootecnica e seminativo

N

on mi era mai capitato prima d’ora di sentire un accostamento simile: il vino è stato il mio cavallo di Troia. Eppure per Francesco Cucurullo, della Masseria del Feudo,

è proprio azzeccato. La masseria fino al 1906 era appartenuta al conte Branciforti, poi acquistata dal bisnonno di Francesco, passata al padre e infine oggi gestita dalle sapienti mani sue e della sorella Carolina. Azienda non solo bella esteticamente grazie agli ampi spazi esterni ed interni ma soprattutto profondamente vissuta. Quando nel 1998 Francesco si lasciò sedurre dal mondo vitivinicolo non immaginava che lasciare la scrivania da consulente aziendale e investire nella “campagna” lo avrebbe

portato ad impegnare la sua vita a 360° per occuparsi non solo di vino ma anche di agrumi, olive e addirittura mucche! Fino a quel giorno il padre non aveva pensato di tenere le uve prodotte per sé e lavorarle, preferiva venderle ad altri, ma l’enologo Tachis (che in quegli anni si trovava all’Istituto Nazionale della vite e del vino), suggerì loro di sperimentare delle micro vinificazioni che risultarono di buon livello. Sempre Tachis consigliò di investire nell’acquisto di sylos rivestiti internamente in cemento per creare la stessa micro ossigenazione del sughero ed effettivamente “da allora investimenti ne sono stati fatti tanti” dice Francesco “che hanno alzato il livello dell’azien-

“Vogliamo raggiungere il concetto di equilibrio vegeto-produttivo”

da e che mi portano oggi a fare un bilancio assolutamente positivo”. In tutto possiedono 110 ettari di cui 15 sono coltivati a vite,mentre il resto è occupato da altre filiere, la frutticola (pesche, susine, arance), la olivicola, zootecnica (latte e carne) e seminativo (foraggi e grano). “Il vino ha sicuramente più appeal rispetto gli altri prodotti” precisa Francesco “ma molti turisti vengono in azienda con l’intento di passare

una intera giornata e anche oltre in nostra compagnia, per questo proponiamo loro anche una formula con B&B per poter fare la colazione, un light lunch e una wine tasting assaggiando tutti i prodotti delle nostre filiere”. Lui stesso sopperisce alla mancanza di tour operators specializzati nel settore enogastronomico e così quando il turista canadese, svedese o milanese si trova in azienda da lui, Francesco si prodiga a suggerire ristoranti e altre aziende che meritano una sosta. In particolar modo il turista straniero è interessato al lavoro agricolo quando viene eseguito con certificazioni che ne garantiscono la provenienza e il non utilizzo di agenti chimici “perché questi ultimi accorciano la vita delle piante anche se servono per aumentarne la produzione. L’imprenditore agricolo” incalza Francesco “deve raggiungere il concetto di equilibrio vegeto-produttivo, e chiedere alla pianta il giusto e non stressarla con sostanze oltretutto inquinanti. Questo vuol dire biologico”. Purtroppo qui nella nostra terra non è ancora molto compreso mentre il vino biologi-


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Una guida sugli alimenti “puri e puliti”

Biologico: perchè? In Italia esistono nove organismi di controllo accreditati dal Ministero delle Risorse Agricole e dall’Unione Europea. Indirizzano le aziende che si dedicano al biologico

S

Nella pagina di sinistra, Carolina e Francesco Cucurullo. Sopra alcune immagini dell’azienda agricola.

co è molto richiesto all’estero, allora per adeguare l’azienda alla richiesta del mercato ha deciso di reinnestare un vigneto, togliendo lo Chardonnay che ha troppa concorrenza all’estero, e impiantando altro Nero d’Avola che è invece sempre più desiderato. “Lascerò solo

un ettaro circa di Chardonnay, per continuare a produrre il mio Haermosa, che ha uno spiccato legame col territorio e lo rende unico e differente da tutti gli altri chardonnay della Sicilia”. In Italia vendono circa il 60% del prodotto e il resto all’estero (Germania, Svizzera,

Inghilterra, Stati Uniti), ma il loro sogno è quello di specializzarsi nella commercializzazione diretta in azienda, anche così da contribuire ad uno sviluppo turistico della nostra provincia. “La crisi economica ti ha toccato più o meno direttamente?” gli chiedo. “Per me

è ordinaria amministrazione” risponde con un sorriso “nel senso che, i primi vini li ho prodotti nel biennio 20042005 quando già si sentivano i primi scoppiettii della crisi, quindi ci sono nato dentro e mi sono abituato a conviverci”. Oggi però la viviamo più che

mai, ed è sgradevole vedere che tanti giovani nisseni vanno via magari trovando al nord lavori più faticosi e insalubri (come operai in fabbrica) pur di non stare in campagna a svolgere lavori che sono da loro considerati umili. I braccianti fissi sono locali anziani con tanta esperienza alle spalle ma non essendoci ricambio generazionale, lasciano il posto a rumeni o stranieri armati di buona volontà che però tante volte bistrattiamo. Per concludere gli chiedo se da quando ha lasciato la scrivania di consulente aziendale si è mai guardato indietro e ha detto “Ma cu mu fici fari?”. La sua risposta non ha un attimo di esitazione “Tutti i giorni. In questo ambiente ho conosciuto troppi imbroglioni, finti imprenditori, concorrenti sleali e collusi con la mafia,ma forse pensandoci bene ….li trovi un po’ dovunque. L’amore per questa terra e per il vino mi danno la forza e il coraggio per continuare. A fare il commercialista avrei avuto più soldi e più tempo libero,ma meno sogni”. Forza Francesco non demordere perché non sarai solo durante questo bellissimo viaggio!

emplice. Perché l’agricoltura biologica è finalizzata alla produzione di cibi e bevande che mantengano integre le loro proprietà naturali e alla conservazione del territorio e degli aspetti paesaggistici. A questo scopo l’agricoltore unirà le sue conoscenze antiche con le tecniche moderne,e in particolare col rispetto dei cicli stagionali delle coltivazioni,col potenziare la fertilità del terreno tramite concimi organici,utilizzando prodotti antiparassitari non di sintesi (come lo zolfo e il rame che non

danneggiano le piante). Ovviamente il suo lavoro dovrà essere sempre monitorato dagli organi competenti. Per esempio in Italia ci sono circa 9 organismi di controllo accreditati dal Ministero delle Risorse Agricole e dall’Unione Europea, ai quali spetta il compito di indirizzare le aziende che intendono dedicarsi alla produzione biologica. Questi organi emettono direttive, eseguono ispezioni a sorpresa e prelevano e analizzano campioni di prodotto. Solo chi supera tali

controlli può definire i propri prodotti come provenienti da agricoltura biologica e riportare la dicitura in etichetta indicando il nome dell’organismo che li ha controllati ,il numero di autorizzazione ministeriale, la sigla dell’Italia e infine con una lettera specificare se il prodotto è fresco o trasformato (F o T). Ma attenzione a non fare confusione: non si tratta mai di un “prodotto biologico” ma “proveniente da agricoltura biologica”. Secondo le stime fornite dagli stes-

si organi di controllo si rileva una maggiore concentrazione di aziende che si sono convertite proprio al Sud e la Sicilia ne è portabandiera. Nel campo vitivinicolo vengono usati rimedi naturali contro le malattie della pianta,malattie dalle quali purtroppo nessuna pianta può definirsi immune. Si gioca con le fasi lunari perché la luna crescente o la luna calante influiscono in maniera differente sulle malattie che possono colpire il legno degli alberi usato per la fabbricazione delle botti o delle più piccole barriques. Insomma pian piano comprendiamo che la prevenzione si fa direttamente nei campi per produrre il vino migliore. Infatti come disse Oscar Wilde: “Per bere vino mediocre c’è sempre tempo”.


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