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Hera prepara la “Mobile Factory”. «Un motore d’innovazione per tutto il gruppo» «Abbiamo imparato due cose cruciali. Una è che per fare bene un’App bisogna avere ben chiaro il processo aziendale da supportare. L’altra è che lo sviluppo di un’App va ben oltre l’interfaccia: il 70% del lavoro è legato al back end, cioè ad aspetti come la sicurezza di accessi e dati e l’integrazione con gli altri sistemi aziendali». Così Piera Fasoli, CIO di Hera, riassume le

lezioni del progetto di Mobile Enterprise avviato dal gruppo nel giugno 2014. Hera è nata nel 2002 come aggregazione di 11 aziende municipalizzate in Emilia-Romagna, poi nel tempo ha acquisito altre utility in Veneto, Friuli e Marche. Si occupa di acqua, energia, gas e ambiente servendo oltre 3,5 milioni di cittadini, con 8400 dipendenti. La prima fase del progetto è

Piera Fasoli

CIO di Hera

stata mirata a creare una piattaforma per gestire molti device diversi e il loro accesso ai sistemi informativi di back-end in conformità alle policy di sicurezza, e su cui sviluppare le App aziendali. In parallelo Hera ha iniziato a rilasciare delle Mobile App a supporto dei processi, realizza-

Paolo Ciceri

Chief Information Officer, laRinascente

nascente o di un brand che vende in Rinascente è la stessa del cliente quando scarica un’App o fruisce un nuovo servizio». Da poco per esempio i commessi possono consultare lo stock in tempo reale da device mobili, mentre prima era possibile solo dalle casse. «A fronte di un esiguo investimento, quest’informazione ha acquisito un valore altissimo per il fatto di poterne

disporre dappertutto nel negozio, e non solo in alcuni punti specifici». Quest’approccio ha cambiato totalmente anche la modalità di interazione tra le funzioni aziendali e all’interno di esse, compresa la Direzione ICT. «Oggi all’origine di un progetto non c’è solo un requirement, ma un processo creativo. Nell’ICT stiamo per esempio approcciando

il tema degli Analytics con un gruppo di lavoro orizzontale per capire a quali domande oggi non sappiamo rispondere ma potremmo farlo con un supporto dai dati», racconta il Manager. Così cambiano anche il ruolo del fornitore e il suo modello di ingaggio: «Talvolta i fornitori conoscono bene le caratteristiche tecniche di ciò che vendono, ma non il reale valore», sottolinea Ciceri. «Al fornitore non chiediamo solo di offrire strumenti, ma anche, grazie alle sue competenze, di ingegnarsi per capire e soddisfare una nostra richiesta, e per individuare le opportunità che la tecnologia ci può offrire».

te con un fornitore esterno. Le App, a oggi una decina, sono di tre tipi a seconda degli utenti di riferimento: cittadini, partner esterni, o personale interno. L’obiettivo è coprire tutti i processi aziendali, dalla gestione della nota spese alla produttività personale, fino a quelli industriali: un’App per l’area ambientale per esempio permette di sfruttare i dati di oltre 280mila cassonetti sul territorio, taggati tramite RFId e georeferenziati. Per i Mobile Device Hera ha adottato il modello BYOD per tutte le categorie professionali non impegnate sul campo. Alle altre categorie sono stati distribuiti circa 2000 dispositivi aziendali, diversi in funzione delle specifiche esigenze. «L’idea ora è creare una vera e propria App Factory, basata su un team di analisti funzionali e tecnici, User Experience Designer, esperti di architetture, sviluppatori e tester, che lavori su un modello industriale di gestione end-to-end della mobility in Hera». Tra i benefici attesi ci sono ottimizzazione di tempi e costi di rilascio, gestione di tutto il ciclo di vita delle App, applicazione e gestione sistematica della sicurezza, e soprattutto la creazione di un “Motore industriale per l’innovazione” per tutto il gruppo.

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