Digit4 n 17 web

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mauro.bellini@digital4.biz @mbellini3

Cambiamento. La prima parola che voglio usare per questo editoriale è cambiamento. Per chi vuole conoscere e raccontare l’innovazione, il cambiamento è una regola quotidiana che dobbiamo seguire per conquistare ogni giorno la vostra attenzione, per conoscere con precisione come cambiano le vostre esigenze e per rappresentare l’innovazione digitale. Il Digital4Trade che avete tra le mani vuole essere la prima testimonianza di un cambiamento che è pensato e progettato e per generare la “seconda parola” che voglio condividere con voi: Valore. Per chi fa innovazione Valore vuol dire trasformare la conoscenza in vantaggi concreti: business, efficienza, sperimentazione, idee e risultati. Sappiamo bene che la ricerca e la costruzione del valore è l’essenza stessa del modello di business del trade e la sfida del nuovo Digital4Trade è oggi più che mai nella capacità di fornirvi nuove fonti e nuove idee, nuovi strumenti per aumentare il vostro valore presso i vostri clienti. Conoscenza. La terza parola chiave è conoscenza e per concretizzarla abbiamo unito le competenze del trade con quelle dei team che seguono Data Science, IoT, Intelligenza Artificiale, Blockchain con la capacità di ingaggio su mercati come Industria 4.0, Smart City, Building automation, Digital payment, Smart Agrifood. Grazie. L’ultima parola è di ringraziamento, per chi ha fatto di questa testata un potente veicolo di innovazione e per chi sta lavorando oggi a questa nuova entusiasmante sfida. Grazie.

Da Day4Trade a... Day “with” Trade. Il canale protagonista Loris Frezzato, Caporedattore Digital4Trade loris.frezzato@digital4.biz @lorisfrezzato

Analisti che parlano al Trade, indicando i nuovi fronti di sviluppo delle tecnologie e disegnando i nuovi scenari a cui il canale dovrà prestare attenzione. Vendor che parlano al Trade, informando, formando il proprio ecosistema di partner. Un canale che li deve poter rappresentare al meglio sul mercato. Distributori che parlano al Trade, enfatizzando i servizi che possono mettere a disposizione dei system integrator per abilitarne, favorirne e incrementarne il business. Ma anche per ricordare al canale il nuovo ruolo che loro stessi stanno

E di to r i al e

Nicoletta Boldrini, Condirettore Digital4Trade nicoletta.boldrini@digital4.biz @NicBoldrini

Può essere infinitamente grande ma anche infinitamente piccolo. Possiamo contemplarlo, muoverci al suo “interno” e persino modellarlo e disegnarlo secondo le nostre esigenze. È lo spazio, qualunque cosa voglia dire e qualsiasi sia l’interpretazione che ciascuno di noi voglia dargli. La mia ha a che fare con l’esplorazione e penso che abbia una certa affinità con il momento storico nel quale si sta muovendo oggi il canale Ict. Un momento di profonda trasformazione che vede il trade consolidarsi e cambiare dimensione in tempi molto rapidi, affrontare percorsi di innovazione che si snodano tra formazione di nuove competenze e ricerca di nuove soluzioni tecnologiche, esplorare nuove forme collaborative con i vendor o con altri partner tecnologici e commerciali. Uno spazio che assume dimensioni differenti: a volte molto “hardware” a volte molto fluide a seconda delle esigenze e degli obiettivi, uno spazio storage, una infrastruttura o un data lake dove conservare ed esplorare i Big Data, un ambiente cloud, uno spazio di esplorazione guidato dagli Analytics, un futuro “spaziale” verso la conoscenza e l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. Quello spazio su cui oggi si gioca la competitività del canale italiano tra coraggiose scelte imprenditoriali, strategiche alleanze, solide competenze tecnologiche e di mercati verticali. Se il canale sta cambiando è proprio perché lo spazio attorno a noi sta cambiando; temi quali IoT e Industria 4.0, Intelligenza Artificiale, Big Data Analytics, Blockchain, stanno assumendo dimensioni sempre più concrete all’interno delle aziende grazie a quella filiera che si muove nello spazio tra vendor e aziende utenti. Uno spazio che, come vedremo in questo numero, assume svariate dimensioni, contorni, sfumature. Che il vostro (e nostro) nuovo viaggio abbia inizio. Per aspera ad astra!

assumendo nella filiera, orientato sempre più a essere identificati come hub per l’innovazione, dove far convergere competenze, offerte, servizi, prodotti, declinati sui nuovi cluster tecnologici, compresi quelli, come il Cloud. che fino a poco tempo fa venivano visti come elementi di pericolo. Ma... e i system integrator quando parlano? Il canale non è una platea destinata ad ascoltare e basta. Il canale ha tanto da dire, basta dargliene la possibilità. All’ultima edizione di Day4Trade, abbiamo iniziato a “sdoganare” un format che promuovesse il confronto e non il semplice ascolto. I system integrator sono stati da subito protagonisti, insieme ai loro clienti CIO, di momenti di vero e proprio interscambio di idee, ognuno portando la propria esperienza di fronte alla platea degli oltre 250 partecipanti. Il canale ha una voce che noi vogliamo amplificare: un concetto che, noterete, verrà evidenziato nel corso del prossimo Day4Trade, alla cui organizzazione stiamo già tutti lavorando già da adesso. Vi aspettiamo, prima di quanto pensiate.

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Mauro Bellini, Direttore responsabile Digital4Trade

Cos’è lo spazio?

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Accelerare sull’innovazione con il nuovo team Trade


1 7 | 2017 RIVOLUZIONE BIG DATA: IL FUTURO CHIEDE SPAZIO E CAPACITA’ DI ANALISI ALLE IMPRESE DAY4TRADE 2018: SPAZIO AI PROTAGONISTI

On Il Cloud IBM è pensato per i Business Partner

DIGITAL4TRADE è una testata di ICT and Strategy Srl, società del Gruppo Digital 360 SpA Via Copernico, 38 20125 Milano Iscrizione presso il R.O.C. Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 16446 Testi e disegni: riproduzione vietata Direttore Responsabile Mauro Bellini mauro.bellini@digital4.biz

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Day Time Day4Trade 2018: cosa serve al canale ICT per la trasformazione digitale

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Sicurezza informatica, l’allarme è sociale oltre che economico

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Trend 2018: cosa tenere d’occhio nel mondo dell’AI

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#InnovationFirst: una proposta necessaria per innovare il Sistema Italia

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Intelligenza Artificiale, Microsoft è già in campo

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Intel, ecco come si affronta l’Intelligenza Artificiale

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Condirettore Nicoletta Boldrini nicoletta.boldrini@digital4.biz

Prime Time Big Data e Data Science: la trasformazione del piombo in oro

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Caporedattore Loris Frezzato loris.frezzato@digital4.biz

Così il mondo ICT affronta la partita dei Big Data

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Redazione Gianluigi Torchiani gianluigi.torchiani@digital4.biz Hanno collaborato Annalisa Casali, Maria Teresa Della Mura, Fabrizio Marino, Gabriele Faggioli, Giorgio Fusari, Stefano Mainetti, Giuseppe Goglio Pubblicità antonello.giusto@digital4.biz Tel. 02.92852782 Cell. 339.3277976 Progetto grafico Stefano Mandato Impaginazione Luca Migliorati Segreteria di redazione Tel 02.92852785 info@digital4.biz Stampa Tipolitografia Pagani s.r.l. Passirano, Brescia - Italia Per informazioni sugli abbonamenti abbonamenti@digital4.biz Tel. 02.92852785

Digital360 opera nell’offerta B2B di contenuti editoriali, servizi di comunicazione e marketing, lead generation, eventi e webinar, advisory, advocacy e coaching, nell’ambito della Trasformazione Digitale e dell’Innovazione Imprenditoriale

Story Tellers IBM PartnerWorld: incentivi semplici per il trade

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Microsoft cerca “altri” canali e investe 40 milioni nel trade

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Citrix gestisce in cloud il workplace (sicuro) del futuro

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Nel cloud Oracle c’è il necessario per mettere il cliente a proprio agio

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Scalabile e iperconvergente: è il data management di Commvault

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L’iperconvergenza di Nutanix nasconde la complessità dei nuovi cloud

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Avaya cambia e apre ai partner la strada della trasformazione

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Netapp rafforza il canale puntando su hybrid cloud e iperconvergenza

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AWS democratizza il rapporto con gli sviluppatori

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Kaspersky Lab rivela le strategie di canale per le soluzioni B2B

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Huawei arma i partner per l’innovazione sui mercati verticali

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Qualys alla ricerca di vulnerabilità nei perimetri estesi

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Informatizza Italia, un network per unire le forze del canale

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TeamSystem unifica il canale e punta al cloud e al digitale

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Bootcamp Esprinet: come cambia il canale con il cloud

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Business Application: il canale aiuta le PMI

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EY apre a Milano Wavespace

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On

Sembrano uguali, ma si differenziano tra di loro. La logica del Multicloud apre opzioni di scelta libera ai clienti e diventa strumento di business per i partner di canale. Ambito dove il trade può far valere le proprie competenze


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Il Cloud IBM

è pensato per I partner

BusIness

Una visione multi-cloud è quella che guida oggi IBM nella sua proposizione cloud. Un cloud pensato in una logica di ecosistema, nel quale i partner giocano un ruolo sempre più rilevante e, soprattutto, continuativo

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Maria Teresa Della Mura

Un cloud pensato e costruito per le imprese. Un cloud pensato per gestire qualunque tipo di dato e di applicazione. Un cloud pensato per supportare tutti i progetti e le istanze di innovazione, dall’intelligenza artificiale ai servizi cognitive. Un cloud pensato per crescere. Un cloud nativamente e intrinsecamente sicuro. Un cloud performante. Un cloud pensato per consentire alle aziende di spostare le loro applicazioni critiche, senza venir meno ai requisiti legali e regolatori in termini di privacy e tutela dei dati.

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Un cloud pensato in una logica di ecosistema.

Dunque, un cloud pensato per i Business Partner. È con questo approccio in mente che IBM ha sviluppato nel tempo la propria strategia cloud, partendo dal presupposto che non si tratti semplicemente di un tema tecnologico, bensì di una leva strategica sulla quale costruire progetti di innovazione e di trasformazione insieme ai clienti e insieme ai propri partner. Non una tecnologia calata dall’alto, ma un vero e proprio percorso di trasformazione da affrontare in una logica di ecosistema: il cloud consente alle aziende di uscire dai propri silos per esplorare nuove opportunità di business. Per IBM, l’offerta cloud si traduce in un’architettura integrata, in grado di rispondere a tutte le necessità delle imprese, una piattaforma unica, sviluppata su container sicuri su cloud pubblici e privati, completamente gestita e, quel che più conta, completa di oltre 170 servizi sui quali sviluppatori, partner e system integrator possono costruire le loro applicazioni native. Sul fronte IaaS, la value proposition principale di IBM sta nella capacità di aiutare le aziende a spostare verso il cloud le loro infrastrutture legacy, nel rispetto delle regole di compliance e sicurezza. È una logica di hybrid cloud, quella perseguita da IBM, che consente ai partner di disegnare il bilanciamento perfetto e su misura per ciascuna azienda, massimizzando il valore del cloud, mitigando nel contempo i rischi. È una strategia di lungo respiro, quella disegnata da IBM, che parla di un “long game approach”, che consente alle aziende di costruire nel tempo il loro percorso verso il cloud e ai Business Partner di rivedere il loro modello di business verso nuove logiche di revenue ricorrenti e di continuità di rapporto.


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Ai suoi partner, IBM rende disponibili moduli preconfigurati che consentono di accelerare il time to value e che consentono soprattutto di avvicinare i propri clienti alle nuove istanze tecnologiche, dai cognitive service alla blockchain, dall’Internet of Things all’Intelligenza Artificiale, sperimentando ogni passaggio, prima di scalare al livello successivo di adozione. Sono i partner che valutano, insieme con i responsabili di ciascuna azienda, quale ambiente cloud meglio si adatta alle loro esigenze, che aiutano le imprese a sviluppare una visione e una strategia che preludano l’adozione del cloud, non trascurando tematiche di governance, risultati e benefici, che valutano gli use case e li traducono in piani concreti di adozione, che valutano tutte le implicazioni correlate all’adozione di BPaaS (Business Process as a Service), SaaS (Software as a Service), PaaS (Platform as a Service). Ai Business Partner che abbracciano la sua strategia cloud, IBM chiede visione, per guidare gli investimenti, attenzione, per non disperdere quanto costruito nel tempo nelle imprese, volontà di cambiare, per abbracciare nuovi modelli di business, ambizione, per rispondere alla crescente domanda di soluzioni cloud da parte delle imprese, capacità, per cogliere le nuove opportunità che il mercato offre. Questa visione ha trovato piena conferma nel corso del mese di marzo, in occasione dell’edizione 2018 di Think, l’evento che IBM dedica al mondo dei suoi Business Partner. Un focus particolare è stato posto non solo sulla necessità di accelerare i percorsi di trasformazione e transizione al cloud, considerata piattaforma abilitante per tutte le strategie di innovazione, ma anche sull’importanza di muoversi secondo logiche multicloud. Il dato di fatto, come dimostra anche un recente studio presentato da IDC, è che le aziende stanno sempre più frequentemente scegliendo strategie multicloud. Per questo motivo è indispensabile che anche i partner possano contrare su una architettura che possa sostenere queste strategie e che ne promuova lo sviluppo in modalità totalmente sicura. È con questo scenario in mente che IBM, alla fine dello scorso anno, ha lanciato IBM Cloud Private, una piattaforma cloud privata che funziona in modo coerente anche con il cloud pubblico di IBM. Si tratta di un ambiente integrato che consente di progettare, sviluppare, rilasciare e gestire applicazioni cloud containerizzate e che include un orchestratore Kubernetes, un repository privato per le immagini, una console di gestione, oltre ai framework di monitoraggio. IBM Cloud Private, di fatto, consente alle aziende di mantenere da un lato il controllo delle loro applicazioni, rispettando in tal mondo tutti i requisiti in termini di sicurezza e compliance, dall’altro il collegamento con i servizi di public cloud. Proprio per Cloud Private IBM ha rilasciato nuovi moduli e funzionalità che abilitano i Business Partner a programmare la migrazione in cloud delle applicazioni legacy dei loro clienti, prevedendo anche la possibilità di creare, distribuire e gestire le applicazioni su cloud diversi.



Day Time A Day4Trade 2018 il canale si confronta sul business di oggi e su quello di domani. Temi tradizionali dell’IT si reinterpretano, si affiancano e si fondono con tecnologie e modalità innovative, traducibili in nuove opportunità per il trade


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Giunto alla sua quarta edizione, Day4Trade si conferma come l’appuntamento di riferimento per tutti gli operatori del canale ICT che hanno come missione primaria portare tecnologie e innovazione sul mercato. “Una giornata dedicata a chi fa questo mestiere, per raccontare cosa sta accadendo e aiutare a interpretarlo”, è stato il claim di un evento nel corso del quale molto si è giocato sui temi del valore e delle competenze, a partire dal primo intervento della giornata. Paolo

La quarta edizione di Day4Trade, il più importante appuntamento italiano dedicato agli operatori del canale ICT, è servita a fare il punto sui trend tecnologici che tutti gli operatori del settore hanno la necessità di cavalcare. Un confronto tra i diversi punti di vista, dai CIO, ai system integrator ai vendor e gli analisti di mercato, fonte di spunti per l’innovazione che attende tutti noi

ecco cosa serve al Canale ICT per la trasformazione digitale

Day4Trade 2018:

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Maria Teresa Della Mura

Catti, Associate Partner, online Advisory Director P4I Partners4Innovation, ha infatti presentato la Pagella del Canale ICT, scritta da 50 Top CIO italiani. Complessivamente, i CIO si dichiarano più che soddisfatti dei servizi erogati dal canale, con un piccolo distinguo. «Promossi sulle materie tecniche, un po’ meno su quelle di indirizzo», spiega Catti, a sottolineare che i CIO vorrebbero dai loro partner un po’ più di convinzione nell’aiutarli a indirizzare i temi della digital transformation. An-


Investimenti, cloud ma non solo

Ma dove si indirizzano gli investimenti? I trend sono quelli noti. Cloud, in primis, ed è toccato a Stefano Mainetti, Codirettore Osservatorio Cloud & ICT As a Service del Politecnico di Milano tracciare a Day4Trade l’identikit di un cloud non più fenomeno d’attrazione ma diventato elemento abilitante di tutti i percorsi di innovazione. «È un segnale importante - spiega Mainetti -. Tutti coloro che sono passati al cloud danno una valutazione positiva del cambiamento, soprattutto se il cloud viene vissuto come abilitatore dell’Innovazione e non come scusa per risparmiare». Non solo cloud, naturalmente. La sicurezza è l’altro tema caldo per gli operatori del comparto ICT. Una sicurezza declinata secondo le sue diverse sfaccettature. Così Alessio Pennasilico di Partners4Innovation ha aperto la sessione con una premessa: «Tutte le innovazioni della digital transformation hanno implicazioni pesanti dal punto di vista della sicurezza» e per questo lancia il suo hashtag #iosonopreoccupato. «Senza la sicurezza tutta l’innovazione rischia di trasformarsi in un boomerang», è il mantra.

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perché entriamo nell’Internet del valore», spiega Portale, sottolineando che non c’è settore che non sia toccato da questa tecnologia.

Le opportunità della Blockchain

Non è un caso che nel pomeriggio, nella sezione dedicata ai social media, Massimo Giordani, VicePresidente AISM Associazione Italiana Marketing, abbia parlato proprio dell’utilizzo della Blockchain in questo ambito, con l’obiettivo di mettere al riparo i propri dati dal rischio “monetizzazione”,

Dal Cloud, fino all’AI Dall’alto: Stefano Mainetti, dell’Osservatorio Cloud e ICT As a Service del Politecnico di Milano Cristina Pozzi, Co-founder and CEO ImpactsCool, intervenuta sul tema dell’AI, delle sue origini e dei trend in atto

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drea Gaschi, Associate Partner, Partners4Innovation, a sua volta ha presentato la Classifica delle aziende del canale ICT più performanti. La sintesi? In termini di Ebitda software house e system integrator sono best performer, mentre se si guarda al ROI sono le realtà che sentono maggiormente il peso degli investimenti fatti negli ultimi mesi. Chi ha scelto di investire prima degli altri, oggi comincia a raccogliere i frutti dei propri investimenti.

Giovanni Miragliotta dell’Osservatorio AI del Politecnico di Milano

Parlando di sicurezza e di protezione dei dati non si può non toccare il tema del GDPR, e Gabriele Faggioli, CEO di Partners4Innovation e Presidente del Clusit, lancia il suo monito: «Il GDPR comincia a muovere qualche budget di spesa. Ma chi non ha ancora iniziato il percorso di adeguamento non riuscirà a mettersi in regola per tempo». Sicurezza e Blockchain sono un ulteriore binomio toccato in occasione di Day4Trade. Una Blockchain per il business, una blockchain che non significa solo bitcoin, come spiega Valeria Portale, degli Osservatori della School of Management del Politecnico di Milano. «Dopo la curiosità degli anni passati, il 2018 dovrebbe essere l’anno del realismo sulla Blockchain. Ed è qui che nascono le opportunità

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I rischi del GDPR


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Con i Social Networks si crea business da parte dei player tradizionali del comparto. Un esempio concreto? Mastodon, una versione di Twitter costruita su distributed ledger. Molto concreto anche l’intervento di Davide Marasco, CEO di Effetto Domino, che ha mostrato, esempi e tabelle alla mano, come si calcola il ROI di un investimento in social media marketing. In tanti hanno preso appunti. Infine, l’ultimo tema della giornata, è stato quello dell’Intelligenza artificiale. È la nuova frontiera, come spiega Giovanni Miragliotta degli Osservatori della School of Management del Politecnico. «Siamo ancora nella fase descrittiva», spiega parlando di un mercato ancora nascente. Ma come a suo tempo si disse per l’Industria 4.0, anche qui l’importante è l’approccio. Miragliotta parla di un viaggio, che richiede passaggi fondamentali, che coinvolgono l’intera azienda e la sua cultura.

Social Networks e Sicurezza Dall’alto: Massimo Giordani Vice Presidente AISM

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Alessio Pennasilico di Partners4Innovation

I CIO danno i voti ai fornitori di tecnologia

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Un’inchiesta esclusiva presentata a Day4Trade evidenzia quanto ancora il canale sia poco proattivo sull’innovazione. Il sospetto è che si punti ancora alla vendita di prodotti Cinquanta CIO di imprese di medio e grandi dimensione attive in Italia in ambiti eterogenei. È questo il panel di riferimento per l’indagine sul livello di soddisfazione e di apprezzamento dei partner di canale da parte delle imprese, condotta da Partners4Innovation in esclusiva per Day4Trade. L’indagine si è posta l’obiettivo di comprendere il grado di soddisfazione nei confronti dei fornitori ICT, allo scopo di identificare gli ambiti di miglioramento, stimolando una riflessione costruttiva tra gli attori della filiera. In particolare, è stato chiesto ai CIO di esprimere una loro valutazione sulla qualità delle relazioni con i loro fornitori su tematiche quali Gestione dell’Infrastruttura, Sviluppo dell’Infrastruttura, Gestione e Sviluppo degli Applicativi, supporto nella comprensione delle tematiche legate alla Digital Transformation. Va detto che le prime quattro aree di indagine, vale a dire quelle relative all’infrastruttura e agli applica-

tivi, vedono il Canale promosso a pieni voti. Sono le “materie tecniche”, come le ha definite Paolo Catti, Associate Partner di P4I (nella foto), e sono quelle che trovano il canale più pronto e preparato, con promozioni a pieni voti, come medie comprese tra il 7,5 e l’8 abbondante. Non male, verrebbe da dire. Se non fosse per quell’ultima domanda, relativa all’innova-


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accanto alla richiesta di una maggiore disponibilità di soluzioni e tecnologie, i CIO chiedono ai partner di diventare per primi lo stimolo all’innovazione, per aiutarli a capirne impatto e valore. Tutto questo va di pari passo con la richiesta di maggiore competenza (al terzo posto), di una maggiore flessibilità contrattuale e di una maggiore attenzione al servizio. In media i vostri fornitori IT vi stanno aiutando acogliere l’opportunità della Digital Innovation?

Il grado di apprezzamento

Solo alcuni ci stanno davvero aiutando a capire che cosa innovare e dove, mentre molti altri sembrano più orientati solo a venderci i loro prodotti

32%

22%

18%

Non riteniamo che i nostri Fornitori IT ci diano stimoli all’innovazione

28% Si, assolutamente si!

Si, in effetti molti dei nostri fornitori IT ci stanno dando un ottimo supporto

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zione digitale. Nella “materia di indirizzo”, sempre per restare nella definizione data da Catti nel corso della presentazione, lo scenario è molto meno roseo. Solo il 28 per cento dei rispondenti risponde con certezza di sentirsi adeguatamente supportato dai propri fornitori nel cogliere le opportunità della digital innovation. Al primo 28 per cento, va detto che bisogna aggiungere un ulteriore 22 per cento che parla comunque di ottimo supporto. Ma siamo solo alla metà del panel. Il restante 50 per cento si divide tra chi nega di ricevere alcuno stimolo all’innovazione dai fornitori IT (18%) e chi (32%) in fondo dubita del fatto che più che sull’innovazione, la spinta per il partner è orientata alla vendita di prodotti. I partner sono bravi - questo viene riconosciuto dai CIO - a promuovere gli investimenti per rispondere alle esigenze di adeguamento normativo, ma si tratta pur sempre di un’innovazione sostenuta da un obbligo di legge, non dall’individuazione di potenzialità. Per questo motivo, in chiusura di analisi è stato chiesto ai CIO di identificare cinque aree di miglioramento sulle quali i loro fornitori dovrebbero lavorare. Così,

In occasione di Day4Trade, è toccato a Davide Marasco, CEO di Effetto Domino (nella foto), portare la riflessione sul tema dei social media. Una riflessione pragmatica, che parte da una semplice domanda: ”Si può fare business con i social media?”. La risposta è sicuramente positiva, a patto di avere bene a mente sia il proprio punto di partenza, sia l’obiettivo, sia, ancora, gli strumenti a disposizione. Disporre di contenuti di valore, conoscere il proprio target, lavorare sulle relazioni sono gli atout che possono essere sfruttati nell’ambito di strategie mirate sui canali social, soprattutto se declinate secondo una logica di Inbound Marketing. «L’inbound Marketing - ha spiegato Marasco - è quella metodologia che

punta a farsi trovare dal cliente nella sua fase di ricerca delle informazioni. Nel contesto odierno, dove le informazioni a disposizione dei buyer per determinare le scelte di acquisto sono pressoché infinite, non vincerà chi riuscirà a contattarlo prima, ma chi sarà in grado di influenzare il suo processo decisionale nella fase di ricerca di informazioni. Per questo è indispensabile saper creare dei contenuti di valore». Utilizzando strumenti più o meno tradizionali, dall’ADV alle DEM, passando per SEO e SEM e per i canali social, bisogna generare un costante flusso di visitatori in target verso il proprio sito, sul quale si attivano call to action che consentono di trasformare un visitatore sconosciuto in un lead con un nome e un bisogno specifico da soddisfare. Sono attività che non si improvvisano, e Marasco, nel corso della sua presentazione, ha mostrato con esempi reali, quali sono gli indicatori di cui tener conto e gli indici di misurabilità. L’obiettivo finale è poter valutare l’efficacia di un’azione di social media marketing anche in termini di ROI, mettendo in relazione l’investimento fatto, il costo di acquisizione di un contatto e il costo della trasformazione di un contatto in cliente. La considerazione finale è che sì, i social media servono anche nel B2B. Basta saperli usare.

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Social Network alleati preziosi ( e misurabili) per il business


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La Blockchain esce dal settore Finance. Fioriscono POC su tutti i settori che richiedono tracciabilità certificate

Valeria Portale ricercatrice e responsabile dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger del Politecnico di Milano

Tra le tecnologie con le quali il canale ICT deve imparare a fare i conti, la Blockchain merita un posto di riguardo. Non solo perché ha in sé degli aspetti di complessità che richiedono un’attenzione particolare nell’avvicinarsi a questa tecnologia, ma anche e soprattutto perché necessita di un approccio pragmatico, meglio se svincolato dal tema dei Bitcoin. A Day4Trade è intervenuta proprio per parlare di Blockchain, Valeria Portale, ricercatrice e responsabile dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger del Politecnico di Milano. Portale ha spiegato come negli ultimi otto anni la storia della Blockchain, e inevitabilmente anche quella dei Bitcoin ad essa solidamente intrecciati, si sia articolata in una serie di fasi non tutte positive. Soprattutto all’inizio, Blockchain “era solo” Bitcoin e la percezione era di un fenomeno correlato con il mercato illegale di valori mentre col tempo si è approdati al ben più ampio universo degli smart contract. Oggi, che l’hype mediatico sembra essersi calmato, è arrivato il momento della concretezza, il momento di guardare alla Blockchain come a una nuova opportunità. Secondo Valeria Portale «la Blockchain è una tecnologia, inclusa nella famiglia dei Distributed Ledger Technology e alla base del Bitcoin, in cui il registro

distribuito è strutturato come una catena di blocchi contenenti transazioni. Le sue principali caratteristiche sono l’immutabilità del registro, la tracciabilità delle transazioni e la sicurezza». Sono caratteristiche che ci portano dritti dritti in quella che Portale definisce “l’Internet of Value”, vale a dire una rete digitale di nodi che «trasferisce valore attraverso un sistema di algoritmi e regole crittografiche che permette di raggiungere il consenso sulle modifiche di un registro distribuito che tiene traccia dei trasferimenti di valore tramite asset digitali univoci». Detto in altri termini, si parla di un sistema decentralizzato e disintermediato le cui caratteristiche sono l’immutabilità, la trasparenza e la verificabilità, che trova ampio spazio di utilizzo laddove vi siano necessità chiare di tracciabilità, digitalizzazione e programmabilità. Al momento il settore del Finance è quello nel quale i progetti Blockchain sono più diffusi, si parla di 125 servizi sui 185 censiti dall’Osservatorio, ma Pubblica Amministrazione, Logistica, Utility e Agrifood stanno facendo importanti passi avanti, sia con Proof of Concept sia con progetti operativi, che coinvolgono non solo i pagamenti, ma processi che hanno a che vedere con la gestione dei documenti, della supply chain o, ancora, dell’identità.

Cloud, Sicurezza, Big Data, IoT a AI: la parola ai CIO

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In occasione di Day4Trade, tre CIO portano la loro esperienza al canale: le tecnologie servono, ma serve prima di tutto la comprensione dei fenomeni e dei modelli di business Daniel Levasseur, CIO & Chief Logistic Officer di Laboratoires Boiron, Alberto Ciceri, CIO & Privacy Officer di Alba Leasing, Nicola Aliperti, Marketing Technology Service Manager di Coca-Cola Italia: sono loro i tre CIO intervenuti nel corso dei tre Interactive Talks organizzati in occasione di Day4Trade. Tre momenti di confronto con gli attori dell’ecosistema sulle tre tematiche clou della giornata: Cloud, Sicurezza, Big Data e Intelligenza Artificiale. In particolare, Daniel Levasseur, intervenuto nel talk dedicato al Cloud, confermando quanto emerso dalla Pagella del Canale ICT (vedi articolo pag 14), sottolinea l’importanza di trovare nel partner/fornitore non solo un consulente tecnico, ma ancor di più un «interlocutore che voglia capire come funziona l’azienda. Nel processo

di adozione del cloud questo è un aspetto da non sottovalutare», ha dichiarato. Altrettanto conferma quanto detto da Stefano Mainetti, dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service Politecnico di Milano: il


| D a y Ti me I CIO testimoni dell’Innovazione In questo articolo: Daniel Lavasseur di Laboratoires Boiron Alberto Ciceri di Alba Leasing Nicola Aliperti di Coca Cola Italia

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cloud è elemento abilitante di tutti i percorsi di innovazione. Chi passa al cloud dà oggi una valutazione positiva del cambiamento, soprattutto se il cloud viene vissuto come abilitatore dell’Innovazione e non come risparmio. Alberto Ciceri interviene a sua volta nel panel dedicato alla security. La premessa, anticipata da Alessio Pennasilico di P4I, è che si tratta di un tema altamente pervasivo, tanto più se ci si muove nei progetti di innovazione e di digital transformation. «Senza la sicurezza tutta l’innovazione rischia di trasformarsi in un boomerang» è l’allarme lanciato. E per Alberto Ciceri indispensabile è allargare lo sguardo: «Sicurezza non è solo IT, ma anche cultura del personale», sottolineando la necessità di formare il personale e istruire i clienti per minimizzare i rischi. Nicola Aliperti, infine, nella sessione dedicata ai Big Data e all’AI portando sia la sua esperienza consolidata, sia la sua vision sul futuro. «Coca Cola ha in campo esperienze concrete di utilizzo di IoT, Beacon e Big Data per creare nuove modalità di contatto con i consumatori» racconta, spiegando come le tecnologie possano essere al servizio di un nuovo modo di intendere il marketing. «Abbiamo messo l’Intelligenza Artificiale nei nostri frigoriferi, che diventano punti di contatto con i clienti, utili per attivare promozioni e comunicazioni personalizzate.

Non solo: ci stiamo muovendo anche nell’adozione dei chatbot, per mettere maggiore efficienza nelle attività di marketing. Usiamo la tecnologia, adattandola di volta in volta allo specifico business case».

Quale ecosistema per un cloud ormai in piena crescita? mente coscienza, del fenomeno. A livello di ecosistema cosa significa? Secondo Stefano Mainetti significa una filiera dinamica, nella quale la componente di consulenza e di servizio, in particolare per tutte le attività di integrazione, di gestione di policy e di migrazione, assume un ruolo sempre più rilevante, soprattutto per tutte quelle realtà che, sempre più frequentemente, si muovono in una logica multicloud.

Il mercato Cloud in Italia

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A Day4Trade non poteva mancare una riflessione sul cloud. Del resto, sono gli stessi trend dell’innovazione, dall’IoT alla Blockchain, dalla Realtà Aumentata a quelle di Realtà Virtuale, dalla Stampa 3D al Machine Learning, passando per le auto a guida autonoma e ai nuovi requisiti di sicurezza, a trovare tutti nel cloud probabilmente la più solida tra le piattaforme abilitanti. È un trend ineludibile, anche guardando alle stime dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service della School of Management del Politecnico di Milano, in particolare per quanto riguarda la componente Public & Hybrid, che nel nostro Paese vale quasi la metà di un mercato in crescita del 18% a 1.978 milioni di euro. Le aziende si stanno muovendo a passi decisi, ormai, e se è vero che quelle che hanno completato i loro processi di migrazione sono ancora una minoranza (il 16 per cento del campione misurato dall’Osservatorio), è altrettanto vero che c’è un buon 43% di realtà con progetti ormai ben avviati, seguite da un 34% ancora nelle prime fasi. Resta un davvero esiguo 7% che solo ora inizia a prendere conoscenza, e probabil-


D i g i tal 4 Tr ad per Acr o ni s

Acronis, lotta ai Cryptolocker e più sicurezza sul cloud le sfide da vincere La società di data protection punta su blockchain e intelligenza artificiale per potenziare la protezione dei dati anche sulla nuvola. E intanto lancia un nuovo partner program

Alessandro Perotti

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Channel Manager Italy & Iberia di Acronis

Una versione rinnovata del partner program, che offre vantaggi significativi in termini di marginalità per i partner di lungo corso, associato a un meccanismo di “premi” rilevanti e a un supporto di marketing sempre crescente. A tutto ciò si aggiunge la volontà di puntare con convinzione, attraverso progetti concreti, sulle nascenti tecnologie come blockchain e intelligenza artificiale. Sono queste le principali novità in arrivo per i partner del canale di Acronis, società che

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da diciassette anni fa dell’innovazione nel campo della data protection il suo marchio di fabbrica. «A gennaio 2018 - spiega Alessandro Perotti, Channel Manager Italy & Iberia di Acronis - sul canale abbiamo rinnovato e lanciato il partner program in cui è stata rivista la struttura di Rebate e Deal Registration. In altre parole, diamo la possibilità a tutti i partner che abbiano una trattativa superiore a un determinato importo, di registrare tale trattativa e avere una marginalità aggiuntiva, che può oscillare tra il 12 e il 18% a seconda del livello di partnership». Le iniziative vantaggiose si rivolgono anche ai partner di lungo corso: «Per chi lavora in maniera continuativa insieme ad Acronis - spiega ancora Perotti - abbiamo rinnovato e semplificato la struttura dei rebate trimestrali. La nostra idea è quella di concepirli comunque come strumenti

per incrementare la marginalità del canale. Per dare delle cifre, diciamo che possono partire da circa il 3% dei fatturati generati. A questo si aggiunge poi il rinnovo della struttura di marketing, volta a supportare le attività con il canale sia per quanto riguarda la rivendita tradizionale che attraverso i service provider. Dal lato nostro partecipiamo a qualunque tipo di iniziativa finanziando o cofinanziando in maniera autonoma sempre in ottica di canale». Le sfide tecnologiche però sono sempre in agguato ed è necessario restare al passo con i tempi. Quelle più importanti hanno a che fare con la caccia ai Cryptolocker da un lato, e con la capacità di garantire sicurezza ai clienti che stanno migrando sul cloud dall’altro. In questo senso la strategia di Acronis si è rivelata sotto certi aspetti lungimirante: «Abbiamo di recente introdotto una serie di tecnologie in ambito data protection, nel campo del backup più precisamente. Si tratta di “active protection” (una soluzione anti-malware attiva in tutti i prodotti di backup - ndr) che, se di per sé, non è una novità assoluta, è invece innovativo il modo in cui l’abbiamo sviluppata. Questa funzionalità, infatti, ha la capacità di apprendere dalla macchina stessa alcuni comportamenti che gli consentono di individuare delle anomalie - come l’avvio di un Cryptolocker, per esempio - e agire in maniera proattiva per interromperle. Si tratta di una soluzione che sfrutta l’intelligenza artificiale e che abbiamo integrato su una piattaforma cloud». L’altra tecnologia su cui punta decisa Acronis è la blockchain: «Con Notary - conclude Perotti applichiamo la tecnologia della catena a blocchi all’ambito business. Serve a dare una certificazione ulteriore per tutto ciò che un cliente archivia sul cloud. Grazie alla blockchain, infatti, siamo in grado di creare dei certificati e delle firme digitali capaci di accertare l’integrità di un determinato archivio o determinati dati nel tempo. Questo perché la percezione da parte dei clienti della sicurezza dei dati archiviati sul cloud è ancora distorta».


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Bitdefender, intelligenza artificiale e machine learnig per combattere i nuovi attacchi

Regional Sales Director SEUR di Bitdefender

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di business dell’azienda ci sono i partner di canale, attori fondamentali in questo percorso di crescita ed espansione del gruppo: «Tutta la nostra attività ruota attorno alle partnership con terze parti - spiega Denis Cassinerio, Regional Sales Director SEUR di Bitdefender - una scelta fondamentale ora che l’innovazione nell’ambito della security, anche per via delle normative attuali, si sviluppa attraverso una logica sempre più proattiva». È così, quindi, che Bitdefender si presta ad affrontare le nuove sfide sulla sicurezza. Sfide che si presentano sempre più insidiose e di difficile interpretazione. «Siamo di fronte a minacce molto diverse ed eterogenee rispetto al passato - continua Cassinerio - condizione che porta alla formazione di un mercato ancora inesplorato. In questo contesto, quello che ci interessa più di tutto è riuscire a realizzare controlli tecnologici di

nuova generazione, capaci di sviluppare difese in grado di far fronte a una tipologia di attacchi diversi rispetto a quelli a cui eravamo abituati qualche anno fa». Il vero fortino da difendere resta comunque il datacenter, tutt’ora obiettivo principale degli attacchi informatici di ultima generazione. «Puntiamo molto alla trasformazione del datacenter - sottolinea Cassinerio - perché rimane il primo target dell’attacco sulla sicurezza. Fenomeni come il “software define datacenter”, l’iperconvergenza o tutte le dinamiche del cloud stanno andando a mettendo sempre più a repentaglio la condizione di security». Ma in che modo si possono risolvere queste criticità? Una soluzione potrebbe essere portare al canale e al mercato una logica di architetture estremamente solide, oltre che tecnologie innovative in grado di affrontare i nuovi livelli di attacco. Di che tecnologie stiamo parlando di preciso? «Ci sono due prodotti fondamentali su cui stiamo puntando - spiega ancora Cassinerio - il primo si chiama GravityZone Ultra ed è una piattaforma capace di gestire in modo completo il ciclo di sicurezza. Affinché le aziende siano in grado di anticipare un “data breach” è necessario soprattutto andare ad analizzare quella che è la storia dell’evento e garantire così una condizione di sicurezza ideale». E un ruolo determinante, per la protezione del datacenter, lo gioca anche l’introspezione di memoria: «La seconda area su cui ci stiamo focalizzando è la cosiddetta introspezione di memoria - conclude Cassinerio - che vedrà una forte evoluzione in ambito datacenter. Qui l’obiettivo è quello di utilizzare la tecnologia per andare a proteggere i processi di applicazioni critiche in una condizione di architetture nuove che rispecchino la logica dell’iperconvergenza e la riduzione della superficie di attacco».

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Denis Cassinerio

Una storia di innovazione lunga 17 anni, che non accenna a fermarsi, e posiziona Bitdefender tra i principali attori al mondo in materia di sicurezza informatica. Nell’ultimo anno, poi, l’accelerazione sul versante innovativo è stata significativa, con l’inserimento nel proprio portafoglio di soluzioni basate su tecnologie come intelligenza artificiale e machine learning. Ad accompagnare la strategia

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L’azienda si presta ad affrontare le nuove sfide sulla sicurezza. Obiettivo, sviluppare tecnologie innovative per proteggere i datacenter


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Al servizio del cliente, Blueit trova la strada più semplice per affrontare la complessità IT La sperimentazione diretta delle nuove tecnologie aiuta ad anticipare i problemi e acquisire un bagaglio di conoscenza da trasformare in garanzie sulla qualità del servizio offerto al cliente finale

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Secondo la visione ideale dei produttori di hardware, software e fornitori dei relativi servizi, l’arrivo di una nuova tecnologia è destinato a mandare in pensione i sistemi presenti all’interno di un’azienda. Più realisticamente, per i diretti interessati ogni passaggio va più spesso ad aggiungere un nuovo strato di tecnologia a quello esistente, con relativo aumento di complessità. Per chi riesce a inquadrare e gestire a dovere lo scenario conseguente, diventa facile indiPaolo Mazza CEO di B.Digital e Marketing & Innovation Director di Blueit

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BLUEIT SPA Via Gerolamo Borgazzi, 27 20900 Monza (MB) Tel: 039 97184 info@blueit.it

presso i clienti». E, senza paura di ammetterlo, anche essere i primi a rispondere dei propri errori. Per questo però, anche la possibilità di aumentare la credibilità, presentandosi con un’offerta più affidabile, perchè già rodata. «Nell’insieme, una strategia grazie alla quale ci riveliamo gli interlocutori ideali per gestire infrastrutture e applicazioni in fasi delicate come una trasformazione. Viviamo in anticipo sulla nostra pelle le situazioni che si possono presentare nelle singole realtà».

Il futuro sotto la lente b.digital

viduare nuove opportunità. «Siamo sostanzialmente un service provider, intenzionato ad aiutare i clienti proprio nel mantenere il controllo della complessità tecnologica - esordisce Paolo Mazza, CEO di B.Digital e Marketing & Innovation Director di Blueit -. Parliamo di gestione dell’infrastruttura e di tutte le relative soluzioni, comprese quelle più innovative». In particolare, la priorità è reggere il passo dell’innovazione e completare senza esitazioni il processo di convergenza. Da affrontare di persona, prima ancora di poter garantire il relativo servizio ai clienti. «Uno dei nostri maggiori punti di forza è proprio sperimentare su noi stessi qualsiasi innovazione - rivela Mazza -. In pratica, siamo il nostro primo cliente. Questo ci aiuta a generare una cultura del cambiamento importante e di conseguenza rivelarci più credibili

Oggi, queste situazioni riguardano soprattutto due argomenti. «Lo scorso anno abbiamo creato b.digital, un laboratorio di innovazione dedicato ad argomenti di stretta attualità come intelligenza artificiale e IoT. Ha già raggiunto risultati importanti, a partire dal dalla vittoria in una competizione di livello mondiale sulle tecnologie Watson di IBM. Oltre alla soddisfazione, ci ha aiutato ad accelerare la curva di apprendimento, un aspetto cruciale». Acquisire le competenze in materia di innovazione è infatti solo uno degli aspetti legati alla competitività di un service provider. Imparare e basta non è più sufficiente, serve anche farlo in tempi rapidi. «La tecnologia accelera e anche chi fornisce servizi deve accelerare se vuole reggere il mercato. Per riuscirci è fondamentale far agire in condivisione i propri team per ottenere casi reali su cui lavorare. Può sembrare scontato, eppure in questo momento non è assolutamente un obiettivo semplice». Guidare una trasformazione è però solo un primo passaggio. La vera partita si gioca una volta messo in moto il sistema, quando devono arrivare i risultati in termini di efficienza dei sistemi IT e miglioramento dei processi. «Le nostre competenze garantiscono anche la necessaria assistenza - conclude Mazza -, per capire come sfruttare la tecnologia installata e coglierne i risultati, appena conclusa la trasformazione».


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Buffalo punta sui NAS professionali per crescere sul mercato delle PMI Nel 2017 l’azienda ha rinnovato tutta la fascia TeraStation con prodotti sempre nuovi, riscontrando segnali positivi da parte dei clienti

Rinnovo della gamma TeraStation

Sales Manager Italia di Buffalo

Soluzioni agili per il backup VIDEO

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«Ci posizioniamo nella fascia di aziende small-medium - spiega Massimiliano Guerini, Sales Manager Italia di Buffalo -. I nostri prodotti vanno dal single bay al 12 bay, una fascia che riteniamo sufficientemente alta per il mercato italiano. I clienti usano i nostri prodotti principalmente per il backup, anche in funzione della sicurezza dei dati totali. Non dimentichiamo che molte aziende oggi non fanno il backup dei loro dati, rischiando seriamente di perdere la base del proprio lavoro. Anche per questo abbiamo sviluppato un sistema estremamente agile in cui non è consentito installare applicazioni di terze parti, garantendo quindi la massima sicurezza». Di fondamentale importanza per lo sviluppo del business di Buffalo è il ruolo che giocano i rivenditori: «I nostri reseller sono molto importanti per noi - sottolinea Guerini - perché sono coloro i

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Massimiliano Guerini

quali ci aiutano a sviluppare business e a portare avanti i progetti». Mentre in ottica cliente finale, si fa leva su soluzioni customizzate: «Abbiamo creato un programma di canale diviso sui classici tre livelli. In funzione di quanto il cliente può sviluppare e di quanto è grande, poi, eroghiamo dei rebate, realizziamo un programma di supporto dedicato, e li aiutiamo più in generale nei progetti che stanno sviluppando».

Su quali prodotti dovrebbero puntare i partner di Buffalo nel 2018, Guerini non ha dubbi: «Di certo non si può fare a meno di prendere in considerazione tutta la fascia TeraStation, vale a dire i NAS professionali. È qui che abbiamo rinnovato tutta la gamma nel corso del 2017, introducendo un prodotto nuovo quasi ogni mese. In particolare, all’interno di questa famiglia, stiamo spingendo l’acceleratore su due tipologie di prodotti, con un riscontro positivo da parte dei nostri partner. Si tratta delle TeraStation 3010 e 5010, nelle versioni 2bay, 4bay, 4bay rack, 8 bay desktop e 12bay rack. Una tipologia di prodotti che rappresenta un punto di forza per l’azienda, anche grazie alla garanzia triennale di cui godono che, nel caso delle TeraStation 51210RH, è addirittura quinquennale».

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Con un posizionamento di mercato focalizzato su aziende SMB e una strategia indiretta, che passa quindi attraverso distributori e reseller, Buffalo società produttrice di Network Attached Storage realizza prodotti pensati principalmente per tre tipi di utilizzo: backup, file server e storage. Il tutto accompagnato da un programma di canale sviluppato su tre livelli: Silver, Gold e Platinum.


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Check Point, la sfida sulla sicurezza si gioca tutta su cloud e mobile La società sta puntando con convinzione su “CloudGuard”, una piattaforma pensata per proteggere architetture di tipo Saas e Iaas

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David Gubiani, Security Engineering Manager Italy di Check Point

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CHECK POINT SOFTWARE TECHNOLOGIES (ITALIA) Via M. Viganò De Vizzi, 93/95 20092 – Cinisello Balsamo (MI), Italy Tel: +39 02.6659981 Fax: +39 02.66599899 info_it@checkpoint.com

Con un’esperienza ventennale nel campo della sicurezza, Check Point sviluppa soluzioni applicabili a diversi ambiti tecnologici: cloud, mobile e in generale a tutto quello che attiene alla “treath prevention”, con una specializzazione legata agli attacchi di quinta generazione. Tra i principali vantaggi offerti da Check Point ai clienti c’è la possibilità di gestire tutte le soluzioni di sicurezza attraverso una “console” unica, una sorta di stanza dei bottoni centrale che permette alle aziende di ottimizzare le risorse ed

essere più efficienti. All’interno di questo processo, un ruolo fondamentale lo giocano i partner di canale, ai quali l’azienda si rivolge con uno spirito votato alla crescita e alla formazione costante. Per questo, da tempo, si avvale di un Partner Program efficiente che permette di far avanzare e specializzare i partner, anche sulla base di investimenti lato marketing e di formazione. Ma quali sono le sfide più significative che sta affrontando Check Point in questo momento? «Innanzitutto il cloud, sia pubblico che privato, sia legato ai servizi che alle infrastrutture - spiega David Gubiani, Security Engineering Manager Italy di Check Point -. Ecco perché abbiamo realizzato una soluzione completa in grado di proteggere queste tipologie di data center. L’adozione sempre maggiore di soluzioni esterne, Aws o Azure, pongono un grosso problema

di sicurezza per i clienti finali, mentre l’adozione dei sistemi minimi di sicurezza che sono garantiti da questi cloud provider non sono sufficienti». Come affrontare questi ostacoli? «Il cliente deve capire che il dato va protetto all’interno del cloud provider, perché è sua responsabilità farlo, con gli stessi strumenti e con le stesse politiche di sicurezza con le quali protegge la propria rete aziendale e il proprio data center in azienda. Il cloud provider è responsabile della protezione del perimetro, ma si tratta in realtà di protezioni di livello basso, incapaci di affrontare le grandi minacce, quelle di livello 5 per intenderci. La sofisticatezza delle minacce ha raggiunto un livello tale che bisogna proteggerle con software all’altezza» Preso atto dello scenario attuale legato alle problematiche di sicurezza, Check Point sta puntando con convinzione su “CloudGuard”. Si tratta di una soluzione pensata soprattutto per proteggere architetture di tipo “Software as a Service” e “Infrastructure as a Service”, oltre ai data center sia virtuali che fisici. Parallelamente, i radar della società sono puntati sul mondo mobile, «perché i sistemi di protezione per questi dispositivi sono minimi - sottolinea Gubiani - . Analizzando i casi dei clienti ci accorgiamo che ci sono problematiche infinite sul mobile, ma mancano tuttavia adeguati sistemi per proteggerli. Se consideriamo che dal mobile passa la maggior parte della nostra vita, oltre ai dati dei clienti e ad altre informazioni strategiche, si capisce quanto sia necessario proteggerli in modo efficace». In tutto ciò un ruolo fondamentale lo giocheranno le strategie di prevenzione: «Punteremo molto anche sulla prevenzione – conclude Gubiani - sviluppando servizi in grado di affrontare le minacce sia tradizionali che avanzate, in un’ottica preventiva. In altre parole prima che le minacce arrivino sul desk dell’utente, noi saremo in grado di intercettarle, bloccarle e fornire i rimedi necessari per combatterle».


Dai cash & carry alle business unit verticali, l’attività a tutto campo rappresenta il perfetto anello di congiunzione tra produttori e canale, per portare al cliente finale soluzioni ricche di contenuto

Il partner che vorrei

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COMPUTER GROSS Via del Pino, 1 50053 Empoli (FI) Telefono: 0571 9977

tarci - afferma Silvia Restelli, Marketing manager BU SW di Computer Gross - associato a una grande capillarità e presenza, con una forza vendite sempre pronta a muoversi sul canale e soprattutto a incontrare i partner di persona». Forte di 15 punti cash & carry, l’ultimo dei quali inaugurato di recente a Padova, Computer Gross predilige il contatto diretto come strumento per conoscere a fondo le esigenze del proprio ecosistema e studiare insieme le relative soluzioni. «Inoltre, offriamo una serie di specializzazioni attraverso BU verticali - prosegue Restelli -. Massima attenzione a vendite e marketing, ma la priorità resta rivolta al supporto tecnico, affidato a personale certificato e per questo in grado di portare valore al canale». In particolare, la formazione resta uno dei temi più importanti. Non a caso, il distributore toscano può vantare il ruolo di official trainer per diversi marchi tra i più importanti. «Un altro aspetto

Standard elevati e verticalizzazione diffusa comportano anche la necessità di un’organizzazione rigorosa. «Al nostro interno abbiamo due mondi, distinti ma entrambi importanti e comunque tra loro correlati: il settore cash & carry, grazie al quale il numero dei nostri clienti è cresciuto fino a 12mila e dall’altro canto, quello dei system integrator e dei service provider, insieme ai grandi VAR». Senza corsie preferenziali, la strategia Computer Gross seleziona il partner meglio organizzato a seconda del tema da affrontare. Con una larga possibilità di scelta, è facile individuare la realtà in grado di sfruttare a dovere il valore aggiunto del distributore, per trasformarlo in vantaggi al servizio delle aziende utenti. Un occhio attento è inoltre sempre puntato sulle evoluzioni del mercato, così da farsi trovare pronti di fronte a ogni nuova richiesta. «Una delle business unit più recenti è dedicata alla videosorveglianza. Affronta la sicurezza dal punto di vista del perimetro fisico e si sposa molto bene con il networking. Sono già diversi gli operatori verticali nel settore e noi offriamo loro risposte mirate». Un lavoro, quello del distributore, tanto impegnativo quanto spesso “nascosto”. «Occupiamo un ruolo fondamentale in uno scenario dove la tecnologia dei vendor deve essere integrata dal partner con servizi a valore - conclude Restelli - e sta a noi aiutare e accompagnare il canale a cogliere le migliori interpretazioni di tali tecnologie, traducendole in progetti e in concrete opportunità di business per loro e per i loro clienti».

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Marketing manager BU SW di Computer Gross

dove ci viene chiesto sempre più spesso di essere protagonisti è, ovviamente, il cloud - rilancia Restelli -. Prontamente, abbiamo risposto attraverso una serie di servizi. In particolare, la piattaforma di marketplace aperta lo scorso anno, nel quale tra gli altri è stato sviluppato il business CSP di Microsoft e che si sta popolando di altre soluzioni as a service che mano a mano i vendor stanno portando sul cloud».

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Silvia Restelli

Per riuscire a consolidarsi sul mercato e restarci a lungo, il primo livello del canale richiede massima attenzione nel rispondere per tempo alle esigenze sollevate dalle aziende e al tempo stesso grande abilità nel trovare la migliore combinazione tra gli interessi dei produttori e quelli degli altri partner. «Computer Gross è storicamente un distributore a valore, il principale punto di forza con il quale intendiamo presen-

D i g i tal 4Tr ade per Co m puter G r o ss

Non solo prodotti: il valore di Computer Gross trasforma la distribuzione in opportunità


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Dell EMC e Tech Data insieme ai partner per la Digital Transformation Il vendor in questo momento sta concentrando la sua attenzione sul tema dello sviluppo applicativo. Grazie al supporto decisivo della distribuzione e dei suoi operatori di canale

Fabio Chiodini Global Portfolio Marketing Director Cloud Native Apps and DevOps di Dell EMC Marco Taluzzi

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Business Unit Manager Dell EMC di Tech Data

Il merger tra Dell ed EMC, ormai avvenuto da un biennio, ha dato vita a Dell EMC, una organizzazione che può vantare soluzioni e competenze praticamente in qualsiasi ambito dell’ICT. Come racconta Fabio Chiodini, Global Portfolio Marketing Director Cloud Native Apps and DevOps di Dell EMC, in questa fase il trend tecnologico è quello dello sviluppo applicativo: «Abbiamo tutti sentito parlare di fenomeni come Agile e DevOps, Container e altro. Quello che siamo riusciti a fare

canale, come evidenzia ancora Chiodini: «Siamo una grande azienda ma non possiamo raggiungere tutti i nostri clienti ed avere tutte quelle competenze verticali che essi richiedono. È dunque fondamentale di partner qualificati sul territorio. La strategia è vincente e il fatturato lo dimostra: su 75 miliardi di dollari in un anno ben 35 vengono generati tramite il canale. A testimonianza che riusciamo ad avere dei partner efficaci, con le giuste competenze e che riescono a mettere tutta la nostra innovazione a fattor comune per migliorare l’infrastruttura dei clienti e realizzare quei servizi infrastrutturali di cui hanno veramente necessità».

In Tech Data la trasformazione digitale è di casa

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DELL EMC ITALIA Via Spadolini 5 Milano 20141 02 409081 TECH DATA ITALIA Via Tolstoj 65 20098 San Giuliano Milanese (MI) 02 984951

negli ultimi anni è restituire concretezza a questi termini. Ad esempio ScotiaBank, un cliente di dimensioni enterprise veramente importanti (ma ci sono anche altri casi come Alliance, Volkswagen), grazie anche alla nostra collaborazione, oggi è in grado di fare sviluppo applicativo in maniera moderna, rilasciando qualcosa come 3.000 deployment applicativi al giorno.Il merito è anche del cambiamento di persone e processi, nonché della corretta selezione delle applicazioni adatte a questi ambienti». Un cambiamento che permette a queste organizzazioni di essere agili quasi come una startup, confermando come lo sviluppo applicativo di cui tanto si parla sia fattibile anche per l’ambiente enterprise e per tutte le altre tipologie di aziende. Questi e altri risultati sono stati raggiunti da Dell EMC grazie anche all’impegno dei suoi partner di

A metà strada tra il vendor e i partner c’è la distribuzione: Tech Data, in particolare, è in grado di garantire un supporto a 360 gradi ai partner Dell EMC, riuscendo a coprire prodotti e soluzioni che vanno dalla fascia low level sino all’enterprise, per merito di una struttura focalizzata e dedicata, in grado di aiutare i reseller da un punto di vista tecnico, commerciale e di formazione, grazie anche alla divisione Academy. Tutto questo con un approccio estremamente consulenziale, in grado cioè di identificare la soluzione migliore per partner e clienti finali. «Sicuramente vediamo i partner reattivi sui nuovi trend tecnologici, - osserva Marco Taluzzi, Business Unit Manager Dell EMC di Tech Data anche se in questo momento la trasformazione digitale sta avvenendo principalmente nelle aziende enterprise. Il nostro compito è un po’ quello di facilitare questa trasformazione in ambito mid market. Il ruolo tipico del distributore è far sì che i partner si specializzino nei temi della trasformazione digitale, in modo da riuscire ad approcciare tutte le tipologie di aziende. In questo senso Dell EMC ci aiuta, perché esiste un programma di canale con delle specializzazioni dedicate».


La risposta alle necessità di integrare i nuovi apparati nei variegati sistemi IT dei clienti permette di sfruttare al meglio le tecnologie adottate senza mettere in discussione sicurezza e prestazioni

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EXCLUSIVE NETWORKS Via Umbria 27/A 10099 San Mauro Torinese (TO) Tel: 01127476

- afferma Angelo Simonetta, Business development manager Fortinet di Exclusive Networks -. Parliamo del marchio più importante del nostro listino, insieme al quale abbiamo costruito tutta una serie di servizi professionali». Punto di forza della collaborazione è soprattutto l’affidabilità del Security Fabric e l’aver dotato ogni appliance di intelligenza. In combinazione con l’apertura del sistema a supporto della fase di integrazione. In questo ambito Exclusive è in grado di presentarsi al mercato con offerte mirate, pronte ed efficaci. «Per noi è fondamentale poter integrare al meglio le loro soluzioni con le altre in catalogo - sottolinea Simonetta -, e riuscire a sfruttare fino in fondo le rispettive caratteristiche tecnologiche». Una strada grazie alla quale è più facile raggiungere quella messa a punto personalizzata in grado di offrire all’utente finale il necessario livello di sicurezza. Il compito di entrare nel merito

Risposta sicura, sempre e comunque Il rapporto privilegiato di Exclusive Networks ha portato il distributore a seguire di persona la fase di formazione, e farsi carico anche del supporto tecnico, di primo e secondo livello. Un compito destinato a diventare ancora più gravoso. «Ci sono altri due aspetti importanti da considerare in questo momento. Uno è certamente il GDPR, dal quale scaturiscono molte domande le cui risposte sono complesse e articolate. Il nostro contributo è affiancarci ai partner per aiutarli a integrare i dispositivi Fortinet con quelli degli altri produttori e arrivare a soluzioni in grado di garantire conformità ed efficacia, al tempo stesso anche facili da realizzare». L’altra grande scommessa su cui sta investendo il mondo della sicurezza è l’IoT. Il nodo è individuare e cercare di capire come proteggere al meglio una superficie di attacco privata dei propri confini storici: abbattuto il portone attraverso il quale dovevano passare tutti i dati, ora si tratta di applicare il controllo alle singole appliance aziendali. Di pari passo, anche il canale è chiamato a cambiare approccio e rinnovare l’impegno con la formazione, e per quanto riguarda Fortinet, viene curata direttamente da Exclusive, puntando su competenze a tutto tondo nel campo della sicurezza, senza limitarsi alle specifiche tecniche dei prodotti. «Per tutto il 2018 abbiamo strutturato una serie di strumenti tagliati ad hoc per i partner rivolti alle PMI - conclude Simonetta -. In situazioni dove l’incidenza di un servizio professionale può rivelarsi troppo oneroso, abbiamo condensato un affiancamento a costo ridotto, per essere in grado di fronteggiare anche queste situazioni molto diffuse in Italia».

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Business development manager Fortinet di Exclusive Networks

della singola configurazione ricade inevitabilmente sulle spalle del canale. «Il nostro rapporto con Fortinet si traduce anche nel supporto ai partner - riflette Simonetta -. Possiamo certamente definirlo uno dei migliori programmi di partnership per le soluzioni di sicurezza, soprattutto nella fase di nuova affiliazione e potenziamento di quelli esistenti».

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Angelo Simonetta

Tra prodotti per la sicurezza IT, per forza di cose allineati a standard e processi produttivi di massa, e le esigenze della singola realtà, trovare il giusto equilibrio è una delle missioni più importanti per gli operatori del canale. Più ancora dei margini e degli incentivi, a lungo termine può rivelarsi questa la strada più affidabile per consolidare un rapporto o costruire una reputazione. «Combinando le rispettive competenze e trasformandole in punti di forza per entrambi, possiamo considerarci partner sinergici di Fortinet

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Fortinet ed Exclusive: sinergia nel nome di affidabilità e integrazione


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Nelle mani esperte di F-Secure, IoT e GDPR si trasformano in opportunità Nuovi strumenti frutto di una ricerca continua permettono alle aziende di affrontare passaggi epocali senza esporsi a rischi, grazie all’appoggio di partner costantemente aggiornati

Antonio Pusceddu

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Country Sales Manager di F-Secure

Esperienza e competenza maturate sul campo, sono fondamenta indispensabili per andare alla ricerca di un vantaggio competitivo sul mercato. Soprattutto, quando si opera in un settore particolarmente delicato e in continuo rinnovamento. «Proprio in questo periodo festeggiamo i trent’anni di attività nel mondo della sicurezza informatica - spiega Antonio Pusceddu - Country Sales Manager di F-Secure -. Siamo nati infatti nel 1988 in Finlandia e oggi possiamo contare su un bagaglio di tecnologia e know

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F-SECURE SRL Via IV Novembre, 92 20021 Bollate (MI) Tel: 023809359 italy@f-secure.com www.f-secure.it

how sviluppato sul campo, per trasformarlo in punto di forza». Per riuscirci, è necessario però tradurlo in strumenti a disposizione dei clienti e contare sulla giusta collaborazione per aiutarli a comprenderne a fondo le potenzialità. «Per capire quanto sia cruciale il canale nelle nostre strategie, basti pensare come il 100% del mercato business arrivi dai partner - sottolinea Pusceddu -. Per questo, abbiamo messo a punto un contenitore dedicato, con un programma attraverso il quale chiediamo l’abilitazione sulle tematiche, attiviamo cooperazioni in tema di marketing e garantiamo la formazione continua».

La rivoluzione è iniziata Due in particolare, i temi molto attuali di confronto praticamente quotidiano, come d’altra parte avviene ormai regolarmente da quando dodici anni fa F-Secure ha aperto la filiale italiana. «Il vettore

principale della domanda è sicuramente IoT, con la relativa convergenza digitale - riprende Pusceddu -. Siamo agli inizi di una rivoluzione copernicana, sia per noi sia per i partner». Una certezza facilmente deducibile dai numeri. Se nel 2017 l’azienda ha rilevato 17 miliardi di device connessi alla Rete su scala mondiale, la previsione per il 2020 arriva a 40 miliardi di dispositivi.

Conformità senza compromessi «Il secondo punto è certamente ispirato dal legislatore, con la normativa GDPR. Lo raffiguriamo come un percorso a ostacoli, dove è importante focalizzare il punto di partenza dal quale avviare una strategia per la conformità». Fondamentale, prima di tutto una profonda conoscenza delle caratteristiche della rete aziendale, soprattutto sui potenziali punti di vulnerabilità. Già pronta una prima risposta di F-Secure con Radar, modulo per il vulnerability management di nuova generazione. In pratica, uno strumento un grado di mappare l’intera superficie attaccabile a prescindere dal device. Per ciascuno, vendono individuati i punti deboli e tracciati i relativi percorsi per porre rimedio. «Lo definiamo di nuova generazione, perchè contiene tra l’altro uno strumento di reporting che abilita la possibilità di interagire direttamente con le altre figure aziendali interessate. Supporta il responsabile IT nel confrontarsi con i manager o gli amministratori e riuscire a giustificare investimenti in tecnologia. Soprattutto, però, si può rivelare utile in caso di controlli da parte degli Enti preposti in materia di GDPR». L’impegno a tutto campo di F-Secure, va anche in altre direzioni, nel rispetto della propria logica di sicurezza a 360°. «A breve renderemo disponibile anche in Italia Rapid Detection Service conclude il manager-. Ci permette di fare due promesse ai clienti: essere attivi nella protezione 24 ore su 24 tutti i giorni e informare il responsabile IT entro mezz’ora dall’attacco. Inoltre, stiamo completando la messa a punto di nuove tecnologie per l’endpoint detection & response, basate sul concetto di intelligenza artificiale».


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HPE: un canale certificato per affrontare l’Hybrid IT

Enrico Gaetani Channel marketing manager di HPE Italia

In maniera forse meno appariscente rispetto ad altre compagnie del mondo IT, HPE sta giocando un ruolo chiave nella digital transformation. Tre, in particolare, sono i pillar strategici e tecnologici su cui si sta concentrando l’attenzione della multinazionale, a cominciare dalla semplificazione dell’approccio all’hybrid IT dei propri clienti. Attraverso le soluzioni HPE le aziende hanno infatti la possibilità di scegliere il proprio modello implementativo, ovvero il giusto mix tra

effetti i nostri partner sono quelli che sono in grado di rispondere alle esigenze del cliente attraverso le soluzioni HPE, andando a costruire effettivamente la risposta alla domanda delle aziende. Questo discorso vale per tutta la filiera: distributori, system integrator e reseller. Non a caso la maggioranza delle entrate di HPE viene generata attraverso il canale, a conferma del fatto che la nostra strategia è assolutamente orientata alle vendite indirette, soprattutto per quanto riguarda le esigenze delle piccole e medie imprese».

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Nella strategia indiretta della multinazionale un ruolo chiave è delegato agli Innovation Lab, veri e propri centri per l’innovazione tecnologica diffusi sul territorio

Al trade servono nuove competenze

Il canale interpreta le esigenze dei clienti HPE ITALIA Via Giuseppe Di Vittorio, 9 Cernusco sul Naviglio (MI) 20063 - Cernusco sul Naviglio Milano - Italia

In questa partita complessa e ad ampio raggio, il trade gioca senza dubbio un ruolo cruciale: «Il canale rappresenta il collegamento tra le soluzioni che proponiamo sul mercato e le esigenze del cliente finale - evidenzia Enrico Gaetani, Channel marketing manager di HPE Italia - . In

Innovation Lab: tecnologie a Km zero «Si tratta di realtà fisiche, realizzate presso gli operatori di canale, a cui i clienti si possono rivolgere per trovare le loro soluzioni alle esigenze di business. Promuoviamo gli Innovation Lab attraverso lo slogan “Tecnologie a km zero”: alla base c’è infatti la volontà di far trovare questi centri su tutto il territorio nazionale, in prossimità delle imprese e dunque in grado di soddisfare ancora meglio le loro esigenze tecnologiche», conclude il manager di HPE.

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l’infrastruttura tradizionale, il cloud e la virtualizzazione, in modo da soddisfare le diverse esigenze esistenti. La seconda area estremamente importante per HPE è quella dell’intelligent edge, ovvero soluzioni specifiche per la sicurezza, la mobilità e l’IoT. Il terzo elemento è relativo ai servizi: HPE cerca di accompagnare i propri clienti nell’implementazione di queste tecnologie, rendendone semplici l’adozione e offrendo la possibilità di utilizzarle a consumo.

Ovviamente agli operatori del trade, chiamati a confrontarsi con temi così complessi, è richiesto uno sforzo supplementare in termini di formazione: «Ai nostri partner offriamo la possibilità di seguire dei percorsi di certificazione che consentono di aumentare la conoscenza delle tecnologie più innovative e, soprattutto, aiutano nell’implementazione. Il cliente finale così ha la certezza di rivolgersi a dei partner HPE che hanno tutte le carte in regola per soddisfare le proprie esigenze di business». Vero e proprio fiore all’occhiello della strategia indiretta di HPE sono gli Innovation Lab, che costituiscono una rete di centri per l’innovazione tecnologica realizzati insieme ai propri partner, a disposizione delle aziende del territorio.


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Nella volata finale per il GDPR la consulenza IBM è pronta da tempo a reggere l’impatto L’approccio olistico affidato a un team con esperienza ventennale garantisce la conformità anche in tempi brevi, ma soprattutto di mantenerla. Una serie di competenze a disposizione dei partner interessati a investire sul lungo periodo

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Tomasz Slowinski Italy GDPR Ambassador di IBM

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La scadenza GDPR è ormai ravvicinata e ogni giorno passato senza dedicare spazio alla messa a punto della relativa strategia rischia di diventare tempo prezioso sprecato. La campagna di sensibilizzazione delle aziende di servizi aumenta di intensità, mentre sul fronte operativo i segnali sono contrastanti. Al fianco di chi ha saputo organizzare con il necessario anticipo una strategia accorta, si trovano ancora tante aziende in ritardo sulla tabel-

la di marcia. Facile quindi prevedere nelle prossime settimane una forte impennata di domanda rivolta ai partner in grado di garantire adeguato supporto in tempi stretti. Farsi trovare pronti, significa cogliere un’importante opportunità. «Affrontiamo la sfida in modo olistico - conferma Tomasz Slowinski, Italy GDPR Ambassador di IBM -. Abbiamo creato un team di consulenti a 360° con esperienza ventennale. Sono pronti ad affrontare gli aspetti di security e privacy, con le necessarie competenze e a garantire adeguate risposte. Entro la scadenza di maggio prima di tutto, ma soprattutto a restarlo anche dopo». Da una prima fase di analisi, a quella di verifica del livello di conformità dell’infrastruttura IT aziendale, fino alla messa a punto e successiva governance, ogni punto richiede la massima competenza, con

un margine di errore minimo. Pena non solo il rischio di multe importanti, quanto soprattutto la potenziale perdita di reputazione sul mercato. «È fondamentale investire sulle persone per acquisire le relative competenze - sottolinea Slowinski -. Per quanto ci riguarda, siamo pronti e possiamo garantire massimo supporto anche al canale. Offriamo una serie di certificazioni grazie alle quali diventare un business partner di riferimento per quest’area». Tra gli aspetti meno discussi del GDPR, uno sembra già iniziare a raggiungere gli effetti desiderati, prima ancora di diventare ufficiale. La sensibilizzazione appare infatti in crescita, non solo nelle aziende direttamente interessate, quanto anche negli utenti. Se da una parte la spinta è dettata dall’obbligatorietà, dall’altra il singolo individuo tende maggiormente a collegare la reputazione di un marchio al modo di trattare i propri dati. Cresce quindi l’attenzione su come i brand utilizzano i dati personali per incrementare le vendite e ottimizzare il marketing. Al tempo stesso, si conoscono però anche i propri diritti in materia di dati personali. Di conseguenza, emerge una maggiore preoccupazione legata alla minaccia di furto di dati cibernetici, a cui viene dato il massimo risalto mediatico. Aumentano di conseguenza per le aziende gli aspetti da considerare nel trattare i dati personali dei clienti. Sul fronte del canale, questo significa però anche nuova opportunità. «Collaboriamo con tutti i partner attuali e siamo pronti a farlo anche con chi vorrebbe diventarlo conclude Slowinski -. Consigliamo di investire da subito nella formazione necessaria ad acquisire padronanza in ogni tematica, compresa la parte normativa. Un compito delicato e importante, dove noi garantiamo comunque un supporto di massimo livello».


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A ciascun partner la propria specialità, Kaspersky Lab ha un esperto per ogni soluzione

Giampiero Cannavò Head of Channel B2B di Kaspersky Lab

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sulla componente di servizi, dove possiamo contare su un portafoglio molto ampio». Di fronte a un mondo client sempre meno attraente per dinamismo, le maggiori prospettive di crescita arrivano quindi dalla capacità di adattare una soluzione alle esigenze della singola impresa e affiancarla nella delicata fase di transizione verso il nuovo modello. «Proprio per questo è fondamentale lavorare con i partner giusti - osserva Cannavò -. Per tale motivo, prestiamo particolare attenzione nella selezione, prima di tutto perchè oggi abbiamo soluzioni più complesse che in passato».

Un canale su misura Con una strategia di sviluppo totalmente interno e di vendita al 100% affidata al canale, diversificare è diventata una necessità. «Abbiamo tanti bene-

fici dall’attività dei nostri partner e non esitiamo a riconoscerlo - precisa Cannavò -. Non rallentiamo dall’investire in marketing, abbiamo un piano di rebate e un programma dedicato unico: High Performance Club, dove i migliori possono provare l’emozione unica di un giro in pista a bordo di una Ferrari da competizione». Inoltre, per i Top Partner, è in fase di ultimazione un programma di formazione dedicato, per portarli ad acquisire le competenze più recenti, quelle utili a sfruttare il potenziale delle nuove soluzioni ad alto valore aggiunto. Opportunità aperte anche al mondo dei system integrator, insieme ai quali Kaspersky Lab punta ad aumentare la presenza nel mondo enterprise. «Soluzioni complesse come KATA (Kaspersky Anti Targeted Attack) richiedono una grande focalizzazione e non possiamo affidarle a partner generici. Cerchiamo di lavorare con un pool ristretto, in modo da riuscire a trasmettere tutte le competenze e le conoscenze necessarie a gestire l’intero ciclo di vendita». Sullo stesso livello si colloca un’altra soluzione ad alto valore aggiunto come KICS, pensata per infrastrutture critiche, con servizi di intelligence e rivolta soprattutto ai partner dotati di SOC. Tutto questo senza dimenticare il mondo PMI, dove l’affiancamento al canale è cruciale per l’evoluzione delle strategie di sicurezza in ottica di servizi. «Tra le novità del 2018, la prima in ordine di tempo è la protezione per Office 365. Subito dopo, arriverà una soluzione di e-learning per le tematiche di cybersecuriy come servizio gestito». Nel frattempo, c’è da tenere in considerazione anche un’importante scadenza ormai imminente. «Al momento, la focalizzazione principale sulla quale lavorare insieme ai partner è la conformità GDPR - conclude Cannavò -. Le PMI non possono contare sulle competenze necessarie a gestire una tematica così importante. Quindi, continuiamo a lavorare al fianco del canale per garantire il migliore supporto all’utente finale».

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Dopo vent’anni di immersione totale nel campo della sicurezza, senza cedere alla tentazione di sfruttare i successi per allargare il proprio raggio d’azione oltre i confini della sicurezza, è lecito poter vantare una perfetta conoscenza dei meccanismi nel mercato IT. «Lo scenario in questo momento offre tantissime opportunità per una realtà come la nostra - afferma Giampiero Cannavò, Head of Channel B2B di Kaspersky Lab -. In particolare, la vera sfida si gioca

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Il riordino del canale aiuta a sfruttare meglio un’offerta cresciuta nel tempo fino a diventare tra le più estese. Tra iniziative dedicate e innovazione continua, non è difficile trovare il proprio ruolo


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OVH, infrastrutture cloud che favoriscono il canale Il provider francese punta su un’offerta affidabile e vantaggiosa. Nel Partner Program più spazio alle specificità del mercato nazionale

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L’arena del cloud è, ovviamente, molto affollata e competitiva, dati i numeri di crescita di questo mercato. La strategia del gruppo francese OVH per distinguersi è semplice e chiara, come racconta Dionigi Faccenda, Sales Director di OVH in Italia e Spagna: «I punti di forza di OVH sono sicuramente un buon prezzo accompagnato da un’attenzione all’innovazione costante, che permette alla maggioranza delle aziende presenti sul mercato italiano di affacciarsi sul mondo cloud in maniera semplice ed economica. Che non è sinonimo di bassa qualità, anzi, tutto il contrario. Dionigi Faccenda Sales Director di OVH Italia e Spagna

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OVH Italia Via Leopoldo Cicognara, 7 20129, Milano – Italia Tel. 02 5560 0423 www.ovh.it

clienti tende a non adottare soluzioni di backup, anche perché esiste ormai infatti la percezione che il cloud consenta di mettersi completamente al sicuro, un atteggiamento tra l’altro completamente opposto rispetto a qualche anno fa. «Ma i problemi possono essere sempre in agguato, dunque noi caldeggiamo una duplicazione della infrastruttura. Vedo che finalmente i nostri clienti e partner stanno finalmente iniziando a recepire questo tema, anche se il backup viene spesso visto come una spesa in più, specie in Italia, dove si tende ad aspettare il guasto e l’evento negativo», evidenzia Faccenda.

Un network di 700 partner

Siamo infatti in grado di fornire la stessa infrastruttura che potrebbe avere una grande azienda o una di piccole dimensioni. Inoltre, siamo estremamente chiari nella nostra offerta: ci concentriamo unicamente sulla fornitura di infrastruttura, quindi non forniamo servizi di tipo Paas o Saas, ma diamo soltanto il “ferro” necessario. O, meglio, la casa sopra cui vengono costruite tutte le altre componentistiche; una casa che deve essere protetta, sicura e certa. Quindi i clienti possono avere enormi benefici nello scegliere OVH».

Il focus sul disaster recovery in cloud Da un punto di vista tecnologico, in questo momento OVH è concentrata soprattutto nell’accompagnare la sua offerta cloud con il disaster recovery. Ancora oggi, infatti, la maggioranza dei

In tutto questo il canale gioca un ruolo fondamentale per OVH in Italia, grazie all’attività costante e quotidiana di circa 700 partner nei confronti dei clienti finali: «Riscontriamo un elevato grado di immaturità nell’adozione dei servizi cloud da parte delle aziende, proprio per la mancanza di adeguati skill, che invece sono assicurati dai nostri partner di canale. In definitiva System Integrator e service provider trovano in OVH una soluzione molto agevole, perché gli consente di seguire i propri clienti con la massima scalabilità. Il ruolo del canale è, insomma, cruciale e noi lo stiamo sviluppando a livello mondiale, con operatori di diversa dimensione e tipologia». OVH ha già da alcuni anni un Partner Program a disposizione degli operatori di canale, che però sarà per l’appunto ulteriormente migliorato guardando alle specificità dei singoli mercati locali. In Italia, in particolare l’efficienza del programma di canale sarà incrementata attraverso iniziative legate alla formazione come webinar e academy, che coinvolgeranno anche gli alleati di OVH nel mondo ICT come VMware. Iniziative quanto mai importanti, dal momento che i partner devono abituarsi a interfacciarsi con aziende che ormai ragionano in ottica multicloud.


Gianluca Busco Arrè Country manager Italia e Svizzera di Panda Security

Quando una sfida si gioca su dettagli di prodotti tra loro all’apparenza molto simili, in termini sportivi simile a un arrivo in volata, la soluzione ideale può essere giocare di anticipo. «Il nostro punto di forza è proprio poter contare su un approccio innovativo - afferma Gianluca Busco Arrè, Country manager Italia e Svizzera di Panda Security -. Grazie a questo, siamo

stesso a trovarsi a sua volta nelle condizioni ideali per esaudire delle richieste. «Già dal 2007 abbiamo spostato il nostro portafoglio prodotti in cloud - ricorda il country manager -, con l’obiettivo di costruire un sistema di tecnologie e prodotti tale da poter iniziare a erogare servizi». Anche se questo non preclude la tradizionale vendita su licenza, resta un principio base della strategia all’insegna della massima flessibilità. «Non guardiamo alla durata di una licenza, se è annuale, semestrale o mensile. Mettiamo a disposizione strumenti dedicati affinchè un partner possa massimizzare le nostre tecnologie e le relative licenze, per allocarle al cliente solo quando necessario».

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Il sistema proprietario di riconoscimento proattivo porta vantaggi anche al canale, in grado operare in ottica di servizi con la flessibilità necessaria per adattare le soluzioni alle singole realtà, già pronte anche per l’era GDPR

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Da Panda Security strumenti di prevenzione agli attacchi pensati per il canale

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PANDA SECURITY ITALIA via Enrico Forlanini, 23 20134 Milano Tel: 0287323210 www.pandasecurity.com

in grado di proporre una tecnologia davvero unica sul mercato includendo un servizio di threath hunting che permette infatti di anticipare le mosse dei malware e riconoscere per tempo comportamenti anomali prima che entrino in azione». Una caratteristica aggiuntiva, senza oneri per partner e per clienti, grazie alla quale poter contare su un servizio proattivo, fondamentale soprattutto di fronte a minacce sconosciute. «Un altro punto di forza è il nostro modello di business - rilancia Busco Arrè -. Le nostre sono tecnologie costruite sin dall’inizio per mettere i partner in condizione di erogare i relativi servizi. Questo ci aiuta nel rispondere tempestivamente a qualsiasi esigenza di un utente finale o di un system integrator». Dove in genere si affida al canale il compito di veicolare al destinatario un prodotto pensato per l’utente finale, Panda Security ribalta anche questo concetto, offrendo strumenti su misura perchè sia il partner

La soddisfazione per i risultati ottenuti applicando questo modello ha indotto a non esitare nel momento di estenderne la portata. «Data Control è la tecnologia sviluppata ad hoc per rispondere ai requisiti GDPR. Offre analisi del dato e protezione in tempo reale, per mettere partner e clienti in condizione di ricevere le notifiche immediate in caso di violazioni». Una soluzione software dedicata, quindi non solamente adattata come capita spesso di vedere, grazie alla quale l’operatore di canale può aggiungere una nuova opzione alla propria offerta e garantire la conformità. La risposta a un’esigenza rilevata direttamente sul campo, con la possibilità di contare su strumenti in grado di semplificare l’attività di analisi delle informazioni, notifica di incidenti e conseguente allineamento alle specifiche GDPR. Di fronte a tanta tempestività, è però necessario anche una reazione altrettanto pronta, in un contesto dove invece a volte si esita più del dovuto. «Diversi partner si sono portati avanti e hanno creato per tempo le competenze necessarie a indirizzare i clienti verso queste tematiche - conclude Busco Arrè -. Altri invece, risultano ancora un po’ indietro».

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Nuove esigenze GDPR, stesso modello


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Dove c’è hardware, sempre più spesso c’è Supermicro Forte di un consenso internazionale costruito negli anni, il produttore confida nel canale per confermare anche in Italia gli eccellenti risultati di vendita e la qualità dei servizi di supporto

Luca Arduini

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Senior sales manager di Supermicro

Alle diverse esigenze all’interno di un’architettura IT, spesso corrispondono altrettanti riferimenti tra i fornitori. Di conseguenza, maggiori difficoltà di integrazione e messa a punto della propria configurazione. Fino a dove possibile, seguire la strada di un riferimento capace di seguire situazioni diverse può tradursi in un vantaggio indiscutibile. «Siamo un produttore di hardware presente sul mercato mondiale ormai da una ventina di anni - spiega Luca Arduini, Senior sales manager di Supermicro -. Nel 2017 ab-

di ogni ordine e grado. Ora, la sfida è confermare la validità del modello anche sul mercato italiano. «L’obiettivo è riuscire a far capire la nostra value proposition. Stiamo avviando una serie di attività legate alla promozione del marchio e l’illustrazione dell’offerta. All’utente finale, ma anche al canale». Se la promozione del nome viene curata in prima persona, l’approccio al mercato di Supermicro è infatti totalmente indiretto. I primi partner reclutati tra distributori e system integrator sono già attivi, con le relative competenze e certificazioni necessarie a sviluppare progetti in grado di ottimizzare la collocazione dei sistemi. «Per noi, lavorare con il canale significa garantire prima di tutto massimo supporto, sia come creazione di know how sia per l’affiancamento a livello progettuale nell’analisi dei singoli elementi utili a individuare le soluzioni».

Storage, cloud e data center su tutto

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biamo consegnato circa due milioni di sistemi. Nel settore server in particolare, IDC ci colloca al terzo posto». Aspetto altrettanto importante, una fornitura a tutto campo, dal blade per il data center fino al singolo client, passando per storage, workstation e switch. Senza dimenticare i sistemi embedded, strategici in prospettiva di IoT. Per essere in grado di gestire un’offerta di tale portata, la strada migliore ha portato alla soluzione totalmente interna. «Possediamo direttamente le fabbriche dalle quali escono tutti i prodotti proposti al mercato - precisa Arduini -. Sono nove in tutto il mondo e producono dalla motherboard allo chassis, compresi alimentatori o componenti rack». L’impegno nel gestire un sistema di tale portata è compensato dalla possibilità di offrire maggiori garanzie ai clienti, sia in termini di controllo dei costi sia per la qualità dei prodotti finali, destinati ad aziende

Sulla scia delle tendenze più attuali, queste soluzioni ruotano intorno a tre aspetti su cui concentrasi anche in ottica di lungo termine. In particolare, lo storage. Dove volumi e prestazioni diventano cruciali, è necessario guardare alle soluzioni SSD in grado di aumentare la densità. Aspetto non secondario, riducendo di conseguenza spazio occupato e relativo assorbimento di energia. «Già da qualche tempo dedichiamo grande attenzione in fase di ricerca e sviluppo anche alle nuove esigenze in ambito cloud e data center. Da questo è scaturita la linea Twin, un server multinodo affiancato dalle linee di prodotto SuperBLade, MicroBlade e MicroCLoud, all’insegna della compattezza». Una soluzione già apprezzata da clienti del calibro di SoftLayer, Yahoo! o Badoo, anche per la comprovata affidabilità. «Mentre sulla parte cloud siamo ormai affermati, la nuova scommessa è crescere a livello enterprise - conclude Arduini -. Inoltre, crediamo molto anche nella specializzazione. Stiamo mettendo a punto soluzioni dedicate per intelligenza artificiale, virtual desktop, IoT e il mondo embedded».


L’elevato livello di personalizzazione nelle infrastrutture IT rende più importanti il ruolo del partner e la capacità di lavorare insieme nella ricerca delle necessarie soluzioni su misura

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SYMANTEC ITALIA Segreen Business Park Edificio E Via San Bovio 3 20090 San Felice di Segrate Milano Tel: 02 36013200

spiega Stefano Volpi, Country manager di Symantec Italia -. Ci ha portato a contare su una base installata di 180 milioni di utenti finali in ambito business, ai quali si affiancano 400 milioni di licenze Norton consumer». Più ancora delle pur importanti cifre, una base fondamentale per un costante lavoro di telemetria dai quali ricavare indicazioni utili alla continua messa a punto degli strumenti idonei a contrastare il dinamismo della criminalità informatica. «Da questi dati ricaviamo informazioni elaborate dai nostri Security Operation Center - prosegue Volpi-. Un lavoro grazie al quale aggiornare le contromisure necessarie a fronteggiare le minacce rivolte ai nostri clienti. Questa enorme capillarità per noi rappresenta un importante valore aggiunto». Difendere un ambiente cloud oggi significa mettere a punto una strategia del tutto diversa rispetto al passato. Se fino a pochi

Il canale garante del pieno controllo

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Country manager di Symantec

fa il dato era memorizzato su un supporto fisico ben individuabile, oggi si trova polverizzato nell’infrastruttura. La risposta degli esperti Symantec è quindi un framework, capace di far colloquiare i vari prodotti e garantire quindi la sicurezza nelle situazioni più svariate. «Proteggiamo tra gli altri messaging, gateway ed endpoint, tutti all’interno di una piattaforma unificata - conferma il country manager -. Credo siano poche le aziende attualmente in grado di vantare tale capacità, così come quella di affiancare regolarmente nuove soluzioni».

Ne scaturisce un alto livello di personalizzazione. Per le caratteristiche del tessuto imprenditoriale italiano, nel nostro Paese ancora più accentuato e dove, di conseguenza, le responsabilità ricadono in misura importante sui partner. «Il canale per noi è fondamentale - ammette Volpi -. Conosce il cliente e al tempo stesso conosce le soluzioni. Noi ci impegniamo senza sosta in certificazioni e training per metterli in grado di gestire tutte le fasi del ciclo di vita della sicurezza informatica». Assessment, analisi, progettazione, installazione, configurazione e gestione sono tutti gli aspetti dove un partner è chiamato a intervenire. Dal canto suo Symantec è impegnata senza tregua nel garantire strumenti adeguati e sempre aggiornati. «Prima di tutto è necessario analizzare quanto un cliente ha in casa. Quindi, possiamo affrontare insieme la sfida di garantirgli un’attività in cloud sicura, con la possibilità di mettere a punto una soluzione personalizzata». Un ricco portafoglio non significa necessariamente maggiore sicurezza. Altrettanto importante, è rendere l’insieme razionale e integrarlo nella realtà del cliente. Un ruolo dove il canale si rivela insostituibile. «Abbiamo bisogno dei partner per riuscire a essere efficaci tanto nella parte di analisi quanto in quella di installazione - conclude il country manager di F-Secure - e, soprattutto, in quella di gestione, fondamentale per mantenere gli adeguati livelli di sicurezza».

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Stefano Volpi

Nella stessa misura in cui il mercato IT è chiamato ad affrontare un’importante trasformazione, anche i produttori di software devono rivelarsi ancora una volta all’altezza della situazione. Più di ogni altri, quelli impegnati nella sicurezza, letteralmente stravolta delle sfide del cloud computing. Fondamentale è non disperdere risorse, se si vuole ottenere la massima focalizzazione. «Il disinvestimento da Veritas ci ha aiutato a concentrarci sul settore della security -

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Symantec, la sicurezza del dato si sposta nel cloud


L’ultimo rapporto del Clusit evidenzia la continua crescita degli attacchi informatici a livello globale. A preoccupare non sono soltanto i danni economici ma anche le possibili conseguenze sistemiche

Sicurezza informatica, l’allarme è sociale oltre che economico

| D a y Ti me | 34 | Gianluigi Torchiani

Dopo un 2017 che è stato caratterizzato dalla presenza di attacchi informatici diffusi su larga scala, sarebbe stato difficile aspettarsi dati rassicuranti e positivi. E infatti la dodicesima edizione del Rapporto Clusit sulla sicurezza ICT non può che denotare un trend inarrestabile di crescita degli attacchi e dei danni conseguenti. Con prospettive non particolarmente ottimistiche per i prossimi anni, in particolare per quanto riguarda le falle aperte da fenomeni come l’IoT. Ma andiamo con ordine: il punto di partenza sono gli attacchi “gravi” registrati ed analizzati nel 2017 da Clusit a livello mondiale, ovvero con impatto significativo per le vittime in termini di perdite economiche, di danni alla reputa-

TIPOLOGIA MALWARE - 2017 27%

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31%

OTHERS RANSOMWARE ANDROID MALWARE

12%

BANKING TROJAN

4% 13% 7%

6%

CRYPTO* RAT APPLE MALWARE

zione, di diffusione di dati sensibili. Tra l’altro, come evidenzia lo stesso Clusit questi attacchi sono soltanto quelli denunciati dalle stesse organizzazioni colpite, un obbligo che al momento è tale soltanto negli Stati Uniti e non per l’Ue, anche se le cose sono destinate a cambiare dal prossimo 25 maggio 2018, con l’entrata in vigore definitiva del GDPR. Stante questi criteri, nel mondo sono stati censiti ben 1.127 attacchi, di cui il 21% è stato classificato dagli esperti Clusit di impatto “critico”. Un numero in crescita del 240% rispetto al 2011, anno a cui risale la prima edizione del Rapporto Clusit, ma soltanto del 7% rispetto al 2016. Tuttavia, più che all’incremento percentuale, a preoccupare gli esperti è il vero e proprio “cambiamento di fase” nel livello di cyber-insicurezza globale, con interferenze pesanti tanto nella geopolitica e nella finanza, quanto sui privati cittadini, vittime nel 2017 di crimini estorsivi su larghissima scala (vedi Wannacry e NotPetya).

La crisi dell’Hacktivism

Per quanto riguarda le finalità di questa attività, i numeri del Clusit non fanno altro che confermare le tendenze evidenziate da tutti i report di sicurezza negli ultimi anni: gli hacker sono sempre meno interessati ad attacchi “romantici” compiuti nel nome di un’ideologia, ma piuttosto fanno parte di vere e


| D a y Ti me

, troppo spesso messi sul mercato senza alcuna reale logica di protezione. La sicurezza informatica, insomma, è diventata qualcosa che ormai non ci possiamo più di permettere di trascurare, da un punto di vista economico ma anche e soprattutto politico e sociale.

10 miliardi i costi del cybercrime in Italia 80%

76%

70% 60%

DISTRIBUZIONE DEGLI ATTACCANTI 2014-2017

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proprie organizzazioni, quasi delle Spa, interessate prima di tutto al denaro. Le azioni di Cybercrime (la cui finalità ultima è sottrarre informazioni, denaro, o entrambi) sono infatti la prima causa di attacchi gravi a livello mondiale (76% degli attacchi complessivi, in crescita del 14% rispetto al 2016). In netto aumento rispetto all’anno precedente sono anche gli attacchi sferrati con finalità di Information Warfare (la guerra delle informazioni, che segna +24%) e il Cyber Espionage (lo spionaggio con finalità geopolitiche o di tipo industriale, a cui va tra l’altro ricondotto il furto di proprietà intellettuale, che cresce del 46%). Il cosiddetto hacktivism ha ridotto invece di poco più del 50% la propria attività nel 2017, a conferma ulteriore del cambiamento di motivazione degli hacker. Da rilevare che quasi l’80% degli attacchi realizzati per finalità di Espionage e oltre il 70% di quelli imputabili all’Information Warfare sono stati classificati dal Clusit di livello “critico”, cioè in buona parte hanno davvero provocato forti danni. Al contrario le attività riconducibili al cybercrime sono state invece caratterizzate prevalentemente da un impatto di tipo “medio”, dovuto presumibilmente alla necessità degli attaccanti di mantenere un profilo relativamente basso, per guadagnare sui “grandi numeri” senza attirare troppa attenzione.

15%

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7%

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CYBERCRIME

HACKTIVISM

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ESPIONAGE

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INFO. WAR.

I costi del cybercrime per la società

Le armi a disposizione degli attaccanti Al contrario di quanto si possa pensare, la maggioranza degli attacchi sono compiuti utilizzando metodi ormai nominati milioni di volte dagli operatori del settore. Tanto che nel 2017 gli attacchi gravi sono stati compiuti nella maggioranza dei casi (68%) con tecniche banali, come SQLi, DDoS, Vulnerabilità note, Phishing, malware “semplice”: questo trend è in crescita di 12 punti percentuali rispetto al 2016. Significa, secondo gli esperti Clusit, che gli attaccanti realizzano attacchi di successo contro le loro vittime con relativa semplicità, a costi sempre minori. In classifica generale comanda sempre il malware, prodotto industrialmente e a costi sempre decrescenti, il principale vettore di attacco nel 2017, in crescita del 95% rispetto al 2016 (quando già si era registrato un incremento del 116% rispetto all’anno precedente). A questo dato va sommata la crescita della categoria “Multiple Threats / APT” (+6%), che include attacchi più articolati e sofisticati, (quasi sempre basati anche sull’utilizzo di malware). Seguono, a testimonianza della logica sempre più “industriale” degli attaccanti, gli attacchi sferrati con tecniche di Phishing / Social Engineering su larga scala (+34%). La novità è rappresentata soprattutto dall’utilizzo di malware specifico per attacchi alle piattaforme mobile, che rappresenta ormai quasi il 20% del malware totale. È soprattutto Android a essere nel mirino dei cybercriminali, soprattutto per effetto delle protezioni scarse o nulle approntate dagli utenti, anche se iOS non può certo ritenersi immune dal rischio.

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I costi di questo complesso di attività, come è facile da immaginare, sono considerevoli: la stima del Clusit è che il solo cybercrime abbia provocato danni per 500 miliardi di dollari nel 2017. Truffe, estorsioni, furti di denaro e dati personali hanno colpito quasi un miliardo di persone nel mondo, causando ai soli privati cittadini una perdita stimata in 180 miliardi di dollari. Per quanto riguarda l’Italia il conto (anche se riferito al 2016) è ugualmente salato: si ipotizzano per quasi 10 miliardi di euro, ossia un valore dieci volte superiore a quello degli attuali investimenti in sicurezza informatica, che arrivano oggi a sfiorare il miliardo di euro. A testimonianza di investimenti in sicurezza informatica nel nostro Paese ancora largamente insufficienti. A preoccupare gli esperti italiani di cybersecurity è soprattutto la consapevolezza del cambio di marcia acquisito da molte organizzazioni cybercriminali in termini di volume e capacità, spesso avanti rispetto a tutti in termini di innovazione. Uno scenario che prefigura concretamente l’eventualità di attacchi con impatti sistemici molto gravi, magari sfruttando le debolezze intrinseche dei sempre più diffusi sistemi IoT


Il nuovo CB Insights report svela quali sono le tendenze top da monitorare in questo 2018 sul fronte dell’Intelligenza Artificiale. Si tratta di tecnologie che, all’apparenza, possono sembrare ancora insignificanti ma che stanno rivoluzionando molti aspetti della vita delle persone e del business. Il canale Ict non può ignorare questi fenomeni

Trend 2018: cosa tenere d’occhio nel mondo dell’AI

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Nicoletta Boldrini

Le applicazioni di Intelligenza Artificiale oggi si concentrano su ambiti e compiti ancora piuttosto ristretti. Tuttavia, questi task basati su Artificial Intelligence stanno via via ridefinendo le modalità di lavorare, di fare impresa, e hanno un enorme impatto sull’economia globale. È questo il quadro sommario che esce dall’ultimo report targato CB Insights che fotografa le principali tendenze dell’Intelligenza Artificiale. L’analisi deriva da un attento esame del proprio database (composto da oltre mille aziende a livello globale) sul quale gli esperti hanno condotto interviste e reportage per capire e tracciare le tendenze in atto. In linea generale, ciò che emerge è un cambio radicale nelle modalità lavorative con l’utilizzo di tecnologie avanzate che permetteranno di rendere più efficienti e rapidi tutti i task ripetitivi e più efficaci i processi decisionali. Uno scenario che il canale ICT non può ignorare; saranno proprio i partner a portare alle aziende le giuste conoscenze e tecnologie. È indispensabile quindi che il canale inizi a capire quali saranno le tecnologie e le soluzioni sulle quali puntare per ampliare il proprio business.

Queste le tendenze che CB Insights suggerisce di “tenere d’occhio”:

1) Manutenzione dei robot Mentre i robot alimentati dall’Intelligenza Artificiale

e altre forme di automazione assumeranno sempre più valore per svolgere ruoli ripetitivi, i ruoli precedentemente svolti dagli esseri umani cambieranno. CB Insights ritiene che nel giro di pochi anni si svilupperanno sempre più richieste da parte delle aziende di servizi di assistenza e supporto per il mantenimento e il funzionamento dei robot. Una nicchia che il canale può cavalcare sviluppando nuove specifiche competenze sui sistemi hardware dei robot. 2) AI per X A causa degli ampi usi dell’Intelligenza Artificiale, CB Insights ha notato che le aziende probabilmente offriranno l’Intelligenza Artificiale per le soluzioni “out-of-the-box”. Di fatto, l’AI e le tecnologie correlate come l’apprendimento automatico continuano a diffondersi a ritmi sempre più elevati e presto diventeranno le fondamenta tecnologiche per lo sviluppo di software e applicazioni moderne. 3) Cina contro gli Stati Uniti Gli Stati Uniti sono il leader per quanto riguarda gli investimenti di Intelligenza Artificiale, ma stanno perdendo quota rispetto all’avanzamento “feroce” della Cina. Le tecnologie come riconoscimento facciale e chip di intelligenza artificiale ne stanno alimentando l’ascesa, dal momento che il Paese impiega più dollari nel finanziamento totale dell’Intelligenza Artificiale rispetto agli Usa. Un trend da tenere in con-


competeranno sempre più per conquistare mercati non di lingua inglese. I partner che sapranno sfruttare questo trend saranno in grado di offrire servizi personalizzati basati sulla lingua più idonea per l’azienda cliente. 6) L’automazione del “colletto bianco” Il software e gli strumenti potenziati con Intelligenza Artificiale aumenteranno la produttività degli impiegati nel 2018. Questa è una tendenza che il canale può considerare da una duplice prospettiva: offrire servizi di produttività automatizzata alle aziende clienti; approfittare di queste tecnologie per automatizzare i propri task interni. 7) L’hype sull’apprendimento automatico morirà L’industria ha raggiunto l’interesse maggiore sul

utilizzati per aiutare i medici a diagnosticare e curare in modo più efficace i pazienti. Una tendenza che i partner specializzati nel settore HealthCare o i system integrator potrebbero cavalcare presto anche in Italia. 10) AI fai da te Nonostante la complessità dell’Intelligenza Artificiale, è più facile che mai per i non esperti iniziare a sperimentare con la tecnologia. Tra librerie software open source, centinaia di API e SDK e kit di assemblaggio semplificati (messi anche a disposizione in cloud dai grandi player), la barriera all’entrata si sta abbassando notevolmente e questo consente ai partner di canale di offrire alle aziende utenti soluzioni avanzate con più facilità e minori investimenti.

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fronte del Machine Learning nel 2017 e l’hype sta iniziando a decrescere con il normalizzarsi della tecnologia. Molto presto, l’Intelligenza Artificiale sarà una “posta in gioco negli strumenti software aziendali, non un fattore di differenziazione”. Questo significa che il Machine Learning raggiungerà la maturità tale da essere considerata quasi una commodity necessaria. 8) Amazon, Google, Microsoft dominano l’AI aziendale Gli stessi giganti tecnologici che dominano il cloud pubblico dominano anche il mercato dell’Intelligenza Artificiale. Queste aziende offrono spesso l’AI come servizio per semplificare il processo di adozione da parte delle aziende. I partner di canale dovrebbero approfittarne. 9) L’AI sta arrivando alla diagnostica clinica Negli Stati Uniti si sta iniziano a considerare l’Intelligenza Artificiale come uno strumento differenziante nella diagnostica medica. Gli strumenti di riconoscimento delle immagini potrebbero essere

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siderazione perché le migliori tecnologie hardware (in particolare chip di AI) e software (come quelle del riconoscimento facciale) potrebbero arrivare proprio dalla Cina. 4) Cybersecurity: le guerre sfrutteranno sempre più l’Intelligenza Artificiale L’AI sarà la spina dorsale dei nuovi sforzi di cybersecurity, anche e soprattutto a livelli governativi ed internazionali. Poiché la sicurezza si fonde sempre più con la “guerra tradizionale”, l’AI sarà utilizzata per rilevare le minacce e aiutare a rispondere alle violazioni. Questo significa un maggiore impegno per i partner di canale nella selezione dei fornitori e nello sviluppo di competenze tecnologiche sempre più specifiche. 5) La voce deve arrivare ai mercati non di lingua inglese Secondo il rapporto, assistenti vocali come Amazon Alexa, l’assistente di Google e Siri di Apple stanno crescendo in popolarità, ma sono limitati nel loro supporto linguistico. Nel 2018, queste aziende


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Tra i vari programmi dei politici illustrati in fase preelettorale, poco spazio ha avuto il tema dell’Innovazione Digitale. E certamente per nessuna delle parti politiche interessate questo argomento è stato contemplato tra le leve risolutive per un risveglio dell’economia nazionale, in un contesto globale dove altri Paesi sono, per contro, particolarmente proattivi. Il canale, dal canto suo, ha le idee ben precise su cosa servirebbe per uno sviluppo economico che si basi sull’innovazione che il digitale è in grado di portare. Ma è necessario intraprendere un percorso di evoluzione su tutti gli attori della filiera. L’innovazione comporta un cambiamento che certamente è tecnologico, ma non solo. La digitalizzazione porta infatti con sé un cambiamento di processo

L’innovazione digitale delle imprese e della Pubblica Amministrazione non è più un’opzione. Deve essere la priorità del governo scaturito dalle elezioni del 4 marzo

una proposta necessaria per l’innovazione del Sistema Italia

#Innovation First

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Loris Frezzato

interno alle aziende, un nuovo modo di organizzare il pensiero strategico di produzione e di go to market. Coinvolge nuove figure nei processi decisionali e obbliga i riferimenti tradizionali ad aprire la propria mente verso orizzonti del tutto inediti rispetto a quelli a cui erano abituati. Una necessità per le aziende e, ovviamente, auspicabile per l’intero Paese, Pubblica Amministrazione compresa. E forse è proprio il cambiamento prospettato a creare dei timori e ad attivare dei freni, e il ruolo della politica dovrebbe/potrebbe essere nell’attuare un processo di acculturamento all’innovazione e a fugare con la conoscenza i timori dell’ignoto. La redazione di Digital4Trade ha fatto il suo, raccogliendo le opinioni di diversi operatori su cosa si auspicherebbero dal nuovo esecutivo in termini di iniziative per attivare l’innovazione a supporto dell’economia del Paese. Si tratta di un impegno corale che abbiamo svolto con tutte le altre redazioni del Gruppo Digital360, realizzando oltre 50 articoli sul tema e che sono stati amplificati sui social media con l’ashtag #InnovationFirst, coinvolgendo CIO, rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, vendor di tecnologia, system integrator, utili per la realizzazione di un documento da portare sul tavolo del futuro governo nazionale.


Secondo Tullio Pirovano, CEO di Lutech, bisogna creare una cultura dell’innovazione che incoraggi all’utilizzo delle nuove tecnologie. Nicoletta Boldrini

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livello di Lutech, è una pura illusione in un mercato con un grado di competitività mai visto prima. L’unica integrazione per un soggetto come Lutech è possibile con le piccole realtà e/o con le startup che necessitano di stabilire alleanze per poter proporre i propri servizi ad aziende che richiedono una dimensione e un “track record” spesso impossibile

Tullio Pirovano CEO di Lutech

per le piccole aziende e in particolare per le startup. Quindi, più che integrazione vedo un processo di consolidamento e di aggregazione di piccole realtà all’interno di società/gruppi più grandi per il quale certamente si possono definire strumenti ed incentivi adeguati per incentivare la ricerca e l’innovazione più in linea con le piccole aziende e con incentivi adeguati rivolti alle aziende medio grandi per favorire tale consolidamento. Strumenti come le “vecchie” reti d’impresa o qualcosa di simile».

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Favorire gli investimenti delle aziende ICT Italiane in ambiti con elevato tasso di innovazione e crescita come sistemi cognitivi, Blockchain e IoT. Agevolare la formazione sulle nuove tecnologie, varare un piano per la progressiva uscita delle competenze “senior” a fronte di un maggiore aiuto ai giovani. Ecco cosa chiede e suggerisce al nuovo Governo il CEO di Lutech, Tullio Pirovano: «Al prossimo Governo che si insedierà mi sento di chiedere interventi a sostegno della crescita: sgravi fiscali, incentivi o provvedimenti simili. Si potrebbe pensare, ad esempio, a una sorta di super-ammortamento per la Intellectual Property. Queste azioni andrebbero sicuramente a favorire gli investimenti delle aziende ICT italiane nello sviluppo di tecnologie e prodotti innovativi in aree con elevato un tasso di crescita quali Cognitive Computing, Blockchain, Fintech e IoT. Oltre alla leva economica, esiste anche un fattore culturale, in particolare relativamente alla necessità di aiutare la crescita delle competenze digitali nelle giovani generazioni». Secondo Pirovano il nuovo governo dovrebbe introdurre agevolazioni concrete e importanti a favore della formazione sulle nuove tecnologie, anziché inseguire interventi a pioggia su temi fumosi e generici. Inoltre, andrebbero definiti concretamente piani per favorire il ricambio generazionale, attraverso interventi/ piani per sostenere efficacemente l’uscita progressiva (attraverso sgravi, contratti part-time, …) di personale “senior” con il corrispondente inserimento di giovani attraverso percorsi formativi e incentivanti di tutoring. «Questi interventi sono fondamentali in un mercato, qual è l’ICT, che sta vivendo innovazioni e sviluppi tecnologici con una rapidità mai vista prima con, spesso, l’impossibilità di stabilire percorsi formativi per il personale più senior che non si riesce più a collocare per via della crescente compressione delle tariffe e dei prezzi che non permettono di sostenere salari che sono figli di condizioni di mercato non più attuali», evidenzia il manager di Lutech. Che si dimostra invece più scettico relativamente alla possibilità di integrazione e sinergie tra gli operatori della filiera ICT: «L’integrazione e le sinergie tra gli operatori con un posizionamento e con una dimensione del

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Un super ammortamento per la Intellectual Property


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Cultura imprenditoriale, sostegno alle startup e Open Innovation Innovazione come mindset culturale con una politica di sostegno all’educazione imprenditoriale. Supporto e sostegno alla nuova impresa. Sono le richieste ed i suggerimenti di Antonio Perdichizzi, CEO di Tree, al nuovo Governo «Portare l’innovazione a una diffusione più ampia attraverso un approccio che sia prima di tutto culturale». È questo il primo importante passo che dovrà fare, nel segno della continuità, il nuovo Governo italiano. Lo è nella visione di Antonio Perdichizzi, giovane imprenditore, CEO di Tree, società fondata nel 2011 attiva nel settore dell’Open Innovation e dell’Education, cofondatore del Future Food Ecosystem (acceleratore verticale nato nel 2016 e dedi-

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Nicoletta Boldrini

Antonio Perdichizzi CEO di Tree

Come favorire l’ecosistema startup

cato alle startup che sviluppano servizi, prodotti e soluzioni legate al mondo del food), angel investor della startup Orange Fiber. «Bisognerebbe introdurre una più efficace educazione imprenditoriale nelle scuole - suggerisce Perdichizzi - magari anche proseguendo e migliorando il piano della cosiddetta “Buona Scuola” che, pur all’interno di una indubbia

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complessità di visione e di approccio pratico, ha introdotto elementi interessanti come l’alternanza scuola-lavoro. Tutto sommato trovo che sia stata una riforma importante sulla quale avrebbe senso continuare ad investire perché un Paese si cambia a partire dai banchi di scuola e questo richiede decenni di sforzi continui». L’Education ha certamente un ruolo importante nelle giovani generazioni, in quelli che saranno i manager, gli imprenditori, i politici di domani ma la formazione deve avere un posto privilegiato anche nei “piani di sviluppo” delle competenze senior: «L’ideale sarebbe riuscire a formare adeguatamente chi forma i ragazzi, per poi offrire ai giovani strumenti ed esempi concreti», suggerisce Perdichizzi. «Non è necessario che tutti diventino imprenditori, ma quella imprenditoriale è una competenza/cultura trasversale che trova applicazione in moltissimi campi perché stimola lavoro di gruppo, comunicazione, negoziazione… soft skill che diventano sempre più preziose nel panorama della nuova economia digitale globale».

Secondo il CEO di Tree, «una quantità enorme di fondi dell’Unione Europa è destinata alle regioni del Sud Italia e una percentuale consistente di questi investimenti va a favore dell’imprenditorialità focalizzata sull’innovazione digitale. Manca però una “cabina di regia” che consenta di canalizzare correttamente questi fondi che a mio avviso può essere attuata solo da una politica di governo centrale capace di cooperare attraverso regioni ed enti locali».

Estendere l’approccio Open Innovation Il terzo pilastro sul quale dovrebbe concentrarsi il nuovo Governo italiano per favorire l’innovazione del sistema imprenditoriale e del Paese, sempre nella visione del giovane manager italiano, riguarda il delicato tema dell’Open Innovation: «Oggi è appannaggio delle grandi realtà, com’è corretto che sia, ma è un approccio che andrebbe calato anche in contesti di aziende di medie e piccole dimensioni: ogni impresa italiana, a mio avviso, può essere un incubatore».


Stefano Bossi, Ceo di VEM Sistemi, chiede al futuro Governo di preservare e migliorare le iniziative sul digitale avanzate in questi anni. E di insistere sulla formazione delle nuove generazioni ha un cuore manifatturiero, ed è stato quindi giusto partire da qui, ma perché non lanciare Agri 4.0 e Terziario 4.0? Oggi un’azienda che fa, per esempio, turismo o viticoltura, non può beneficiare dei vantaggi di Industria 4.0., anche se ha la volontà di cambiare la propria organizzazione investendo nel digitale. È un po’ una provocazione, ma è doveroso ricordare che accanto all’industria esistono altri due macro settori produttivi».

Gianluigi Torchiani

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È trascorso poco più di un mese dalle elezioni politiche del 4 marzo. Un appuntamento importante anche per i riflessi che la politica, inevitabilmente, ha sul mondo dell’economia e delle imprese. Comprese quelle impegnate quotidianamente nella trasformazione digitale: una di queste è senza dubbio VEM Sistemi, system integrator emiliano romagnolo attivo da oltre trent’anni nelle svariate declinazioni dell’ICT. Il CEO Stefano Bossi, ormai da anni alla guida del gruppo, ha ben chiaro cosa potrebbe fare il futuro Governo nazionale per aiutare la diffusione della digitalizzazione nel Sistema Paese. A partire da un cambio di rotta nella Pubblica Amministrazione: «Può sembrare paradossale partire da questo punto, ma è innegabile che in Italia ci sia un effetto indotto della PA sulla vita delle imprese, non fosse altro che siamo costretti a rapportarci con il settore pubblico. E la lentezza della PA sul fronte del digitale può tradursi per le aziende in una perdita di tempo, denaro e opportunità. La prima cosa da fare sarebbe quella di dare continuità attuativa al Piano informatico triennale della PA, che ancora non è stato completamente realizzato».

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VEM Sistemi: un’Industria 4.0 per il terziario, perché no?

Stefano Bossi CEO di VEM Sistemi

Il peso della formazione delle giovani generazioni

Un Terziario 4.0?

A proposito di Industria 4.0 e del suo successo, Bossi si lancia anche in una piccola provocazione intellettuale: «Perché non possiamo pensare di affiancare altri programmi a Industria 4.0? È vero che l’Italia

La ricetta di Si-Net per l’innovazione Un system integrator molto attivo nella digital Transformation come Si-Net ha delle richieste chiare al nuovo Governo. Come racconta il CEO Fausto Turco (nella foto) un capitolo importante merita la formazione: innanzitutto andrebbe migliorata e potenziata l’alternanza scuola / lavoro. Inoltre il Ministero dell’Istruzione dovrebbe avvicinare le aziende alle scuole e viceversa non solo con gli stage, cercando di favorire la nascita di quelle professionalità che le aziende stanno cercando. C’è poi la necessità di spingere lo sviluppo attraverso agevolazioni come quelle di industria 4.0, che non devono essere orientate solo ai macchinari, ma anche agli strumenti software. Più in generale, secondo Turco i progetti di innovazione non devono essere legati solo a dei bandi, ma alla vera realizzazione degli stessi. Va poi combattuta la burocrazia, in particolare per quanto riguarda i bandi pubblici.

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Pubblica Amministrazione a parte, la tesi di Bossi è che la ricetta per l’innovazione in Italia debba prevedere diversi ingredienti. «Per me l’innovazione non può che presupporre la contaminazione da parte delle nuove generazioni. La domanda è ovviamente: come fare? La base da cui partire è il rapporto Assinform, che per il triennio 2017-19 parla di una domanda di 85.000 professionisti ICT che in buona parte potrebbe non essere coperta. Dunque c’è una domanda che supera l’offerta, un dato che fa capire quanto sia importante favorire la crescita digitale delle nuove generazioni».



L’intelligenza artificiale si sta rapidamente affermando come uno dei principali trend tecnologici del mondo ICT. Può quindi un big del settore come Intel rimanere indifferente rispetto a questa onda? Sicuramente no, come conferma a Digital4Trade Maurits Tichelman, Intel Vice president, Sales and Marketing Group - General Manager, EMEA Territory within the Global Market and Partner Division, incontrato in occasione della recente DigitalWeek milanese. «Sicuramente per Intel l’intelligenza artificiale non è qualcosa di completamente nuovo, perché veniamo dal mondo dei Data Center dove siamo abituati ad avere a che fare con grandi quantità di dati, ma se guardiamo alla storia recente siamo senz’altro tra i protagonisti. In particolare per quanto riguarda determinate aree in cui sono necessarie soluzioni specialistiche per abilitare la AI». In quest’ottica si spiegano i voluminosi investimenti effettuati nei mesi scorsi dal gigante del chip, che ha acquisito compagnie come Nervana, Movidius e Mobileye. Senza dimenticare la nuova famiglia di processori Xeon adatti a supportare la AI.

I benefici dell’AI

«Ci sono tantissimi benefici legati all’intelligenza artificiale: in linea generale ritengo possa portare a una maggiore efficienza, permettendo alle persone di essere più produttive e dedicarsi alla produzione di valore. Ad esempio nel mondo dell’healthcare può portare un vantaggio decisivo, permettendo di iden-

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tificare con maggiore precisione le malattie». Intel è coinvolta in tantissimi progetti, con un focus in questo momento sul mondo automotive: «Lavoriamo in qualsiasi settore, dal mondo finanziario, ai trasporti, all’healthcare, cerchiamo di aiutare partner e clienti finali con le nostre tecnologie - evidenzia Tichelman -. Siamo infatti convinti che la AI possa rappresentare un’opportunità estremamente interessante per i nostri partner. D’altra parte i progetti di intelligenza artificiale non si fanno con una sola tecnologia, servono ad esempio partner che sappiano gestire i dati nei data center, oppure altri più esperti nella consulenza di business».

Una rivoluzione che interessa l’Italia

Una rivoluzione, quella della AI, che ovviamente interessa da vicino anche il nostro Paese: «Penso che qualsiasi Paese e qualsiasi segmento di business siano interessati al mercato dell’intelligenza artificiale. Credo dunque che ci siano molte possibilità per l’Italia di essere in prima fila, ad esempio nel campo dell’industria turistica, che può beneficiare dell’offerta di informazioni aggiuntive ai visitatori». Anche per quanto riguarda Intel, impossibile pensare di tirarsi indietro: «Continuiamo a investire per sviluppare soluzioni per l’intelligenza artificiale, siamo sicuramente in prima linea su questo fronte, probabilmente più di quanto non lo sia nella percezione mediatica e dell’opinione pubblica», conclude il manager.

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Maurits Tichelman, Intel Vice president, Sales and Marketing Group, General Manager, EMEA Territory within the Global Market and Partner Division

Secondo Maurits Tichelman, Vice President Sales and Marketing Group e EMEA Territory Manager di Intel, anche i partner possono beneficiare delle opportunità offerte da questa tecnologia

Intel, ecco come si affronta l’Intelligenza Artificiale Gianluigi Torchiani


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Prime Time

Analisi in tempo reale dei dati e trasformazione in informazioni utili al business. I Big Data diventano “leggeriâ€? se si è in grado di coglierne il valore, a volte nascosto, che il canale si sta preparando a declinare per le nuove tecnologie emergenti


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Big Data e Data Science:

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la trasformazione del piombo in oro

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A cura della redazione

La trasformazione dei dati in informazioni, nuova alchimia che genera business. L’impatto dei Big Data e della loro gestione si fa sentire su diversi fronti. Dalle società che si occupano di sicurezza, che sfruttano le grandi moli di informazioni condivise per una garanzia di protezione, a quelle focalizzate tradizionalmente sullo storage, per il fatto di dover gestire le vaste quantità di dati in maniera sicura e con attenzione alle responsabilità richieste dalle nuove normative. Big Data, la cui analisi in tempo reale apre a nuovi orizzonti che sempre più velocemente si stanno avvicinando, come l’Artificial Intelligence e la Data Science.


Banche e Finance settori apripista

Smart Health al 7 per cento, a pari merito con il settore del Retail e della Grande Distribuzione e via via a seguire con Utility e Assicurazioni, ciascuno con il 6 per cento di share. Ma non basta fermarsi alle percentuali assolute. È importante analizzare questi numeri anche dal punto di vista delle crescite, perché è qui che si notano le dinamiche più interessanti. Così, Assicurazioni, Manifatturiero e Servizi re-

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tazione della Data Analytics, utili per individuare le linee di sviluppo sulle quali costruire i progetti veri e propri da “mandare in produzione”. Il cloud consente di velocizzare l’utilizzo di soluzioni di Analytics, di sviluppare forme più flessibili, di ridurre i costi di accesso, permette di aprire le opportunità dei Big Data anche ad aziende con minori risorse. Per quanto riguarda i mercati di riferimento, dalla Ricerca dell’Osservatorio emerge come banche e finance ancora rappresentino il settore guida per il mercato dei Big Data e degli Analytics, con una share nell’ordine del 28%, seguiti, sicuramente grazie a tutti i processi di digital transformation messi in atto in relazione al passaggio ai modelli di Industria 4.0, dal mondo del manifatturiero, che rappresenta il 24 per cento della spesa. Telco e Media si attestano al 14 per cento, PA e

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Secondo quanto emerge dai dati dell’Osservatorio Big Data della School of Management del Politecnico di Milano, il settore di Big Data è arrivato a qualcosa come 1.100 milioni di euro in valore, con una crescita del 22 per cento rispetto ai 905 milioni registrati a fine 2016. Una crescita interessante, a maggior ragione se si considera che nell’anno precedente il tasso di incremento, sempre a due cifre, si era comunque fermato alla soglia del 15 per cento e che il 2015 aveva fatto registrare un ancor più contenuto +14 per cento. È evidente, dunque, che l’ambito dei Big Data, della Business Intelligence, degli Analytics e della Data Science - quest’ultima in misura ancora marginale rispetto alle altre - rappresentano ormai aree importanti di investimento, spesso in correlazione con fenomeni quali Industry 4.0, Digital Banking, Smart Retail oppure a supporto di processi di adempimento a normative come GDPR o PSD2. È un fenomeno trasversale, che ormai tocca le aziende di tutte le dimensioni, naturalmente con qualche distinguo e notevoli differenze in termini numerici: per le aziende di grandi dimensioni, che coprono l’87 per cento della spesa complessiva, si parla già di un ingresso a tutti gli effetti nella cosiddetta Data Driven Economy, mentre per quelle più piccole, cui si ascrive il restante 13 per cento di spesa, si parla di un avvicinamento più deciso e strutturato agli strumenti di Data Visualization e di Data Analytics di base e servizi di supporto al Marketing. Un’analisi della ripartizione della spesa, invece, mette in evidenza che la componente più importante è rappresentata dal software, che drena il 42 per cento della spesa, mentre le attività legate ai servizi assorbono il 33 per cento delle risorse, ripartite in un 17 per cento della spesa ascritto alla system integration, 10% indirizzato verso attività di personalizzazione del software e un 6% ad appannaggio della consulenza di processo. Infine, il 25 per cento degli investimenti in Big Data e Analytics in Italia è destinato alla spesa infrastrutturale (13 per cento per server e macchine virtuali, 10% in storage). Va detto che dai dati dell’Osservatorio emerge il ruolo crescente del cloud sia nel sostenere le nuove progettualità, sia nelle fasi di sperimen-


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gistrano tassi di crescita superiori al 25%, mentre Banche, Grande Distribuzione Organizzata e Telco e Media hanno percentuali in miglioramento sempre a due cifre, ma su tassi inferiori.

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Ma quali sono i driver che spingono la spesa in soluzioni Big Data e in Analytics? Secondo quanto emerge dall’Osservatorio, che ha lavorato su un campione di 159 realtà con oltre 249 addetti, le aziende maggiormente orientate al B2C hanno due leve principali: il miglioramento dell’engagement sul consumatore, citato dal 70 per cento dei rispondenti, e il miglioramento delle vendite (68%). Chi guarda anche alla produzione, indica invece tra gli obiettivi la possibilità di migliorare tutte le fasi di progettazione, riducendo il time to market, oppure la possibilità di ottimizzare la propria offerta riducendo i costi o ancora cercare nuovi mercati. Dalla ricerca emerge anche che si può già parlare di ritorno degli investimenti, visto che tutti gli obiettivi sopra citati sono considerati ampiamente raggiunti, tanto che il 13 per cento delle aziende interpellate giudica l’adozione dei Big Data semplicemente “disruptive”, seguite da un 21 per cento che considera l’esperienza particolarmente positiva e da un 29 per cento che valuta il risultato “semplicemente” buono. Resta, va detto, un 37 per cento di realtà caute, che preferisce non esprimere ancora giudizi definitivi, mentre non si registra nessuna azienda che valuti negativamente l’adozione di progetti Big Data. C’è un ulteriore punto sul quale si è soffermato lo studio. Non tutte le organizzazioni si muovono secondo le stesse modalità nell’adozione di strumenti di Big Data e Analytics e gli analisti hanno cercato di identificarne le principali. Così, a un primo gruppo appartengono quelle imprese che indirizzano le tematiche dei dati secondo logiche Business Driven, affidando

cioè la ownership dei progetti Big Data alle aree di business. Altre aziende preferiscono un approccio centralizzato alla Data Science, costituendo al proprio interno una struttura dedicata, guidata da un CDO, vale a dire da un Chief Data Officer, che opera secondo le logiche e le priorità definite dal Top Management. Un approccio matriciale è quello delle aziende che inseriscono il team di data scientist all’interno di ciascuna funzione aziendale, così da favorire un doppio confronto sia con il referente di business, sia con il Chief Data Officer. Esiste infine un modello ibrido, che unisce sia la visione matriciale sia quella centralizzata ma che richiede un importante lavoro di progettazione e di organizzazione prima di poter essere implementato. Qualunque sia il modello organizzativo scelto, c’è un punto sul quale tutte le imprese sono portate a confrontarsi: la Data Governance. Data Governance significa mettere in relazione il tema della quantità dei dati con quello della qualità, significa governare lo sviluppo dei dati, la loro analisi e la gestione delle azioni conseguenti, con l’obiettivo di controllare processi e metodi aziendali, controllare gli errori, prevedere e suggerire azioni preventive o correttive. La Data Governance, in sintesi estrema, ha lo scopo di garantire che i dati siano gestiti in modo efficace e sicuro, con un’attenzione specifica alla qualità dei dati stessi, intesa come sintesi di diversi attributi quali l’integrità, la sicurezza e la compliance alle normative. Infine, non può mancare nello sviluppo dei Big Data il tema GDPR, vale a dire gli adempimenti connessi al regolamento UE per la protezione dei dati personali. Di fatto, qualsiasi strategia di Big Data deve partire dalla normativa GDPR, a maggior ragione nel caso di aziende che operano nel B2C o comunque che sono chiamate a gestire volumi di dati legati a consumatori e clienti.


| Pri me Ti me Il dato è il nuovo oro dei tempi moderni, abbiamo spesso sentito ripetere in decine di convegni ed eventi. A maggiore ragione se i dati sono tanti, ovvero se sono Big Data, c’è una possibilità di fare del business concreto, sia da parte dei vendor che degli operatori di canale. Che in misura crescente stanno dunque cercando di trovare la propria strada su questo nuovo mercato, ognuno con le sue logiche e le sue peculiarità. Digital4Trade ha intervistato alcuni dei principali protagonisti del mercato ICT scoprendo, un po’ a sorpresa, che le tecnologie che permettono di governare questo fenomeno sono date ormai quasi per scontate. Un po’ meno, forse, lo sono le strategie progettuali per far funzionare al meglio questi strumenti, che di per sé sono già perfettamente operativi e funzionanti. Lo sa bene Paolo Mazza, CEO di B.Digital e Marketing & Innovation Director di Blueit, system integrator che ha vinto il contest internazionale su

Watson organizzato da un big del settore come IBM. «Il tema dei Big Data è senza dubbio importante. Siamo in un momento in cui con l’avvento dell’Internet delle cose, tutti tendono a piazzare sensori ovunque, soprattutto in ambito industriale. Non è però così facile come si possa pensare il passaggio allo step successivo, che è quello della Data integration e della analisi di questi dati. La tecnologia oggi sicuramente ci viene incontro: tutti i vendor hanno delle soluzioni - chi con dei vantaggi di un tipo chi di un altro - ma come capita sempre, la cosa più importante non è l’uso della tecnologia in sé, ma la strategia con cui utilizzarla. Mi spiego: è vero che di Big Data e analitycs tutti parlano, ma per poterne usufruire al massimo e dare valore ai propri clienti, è innanzitutto importante farsi la propria Data Strategy. Cioè prima bisogna aiutare il cliente a capire che cosa vuole effettivamente: si tratta del punto di partenza per poi applicare la

Gianluigi Torchiani

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Così il mondo ICT affronta la partita dei Big Data

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La crescita della mole di dati è ormai integrata nelle strategie di business degli operatori. Anche distribuzione e system integrator possono giocare un ruolo decisivo. I pareri raccolti in questa inchiesta esclusiva


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tecnologia e fornirgli gli insight corretti. Spesso ci capita di frenare gli entusiasmi di alcuni clienti che vogliono iniziare ad avventurarsi sui Big Data avviando i progetti a partire dalla tecnologia e non dalla conoscenza di quello di cui hanno bisogno. Ci ritroviamo dunque in una fase quasi maieutica, in cui cerchiamo soprattutto di aiutare il cliente a capire cosa si aspetta di ottenere. Una volta fatto questo passaggio è sufficiente applicarci sopra la tecnologia, come succede sempre nel mondo ICT».

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Il “ferro” viene in aiuto ai Big Data Una tecnologia, quella dei Big Data, che di primo acchito sembra fatta soltanto di software e algoritmi matematici, ma che di per sé non potrebbero reggersi senza una consistente base hardware che ne consenta il funzionamento. In questo senso, nell’arena sono coinvolti anche vendor insospettabili, come il gruppo francese OVH: «Quello dei Big Data rappresenta ormai un trend ormai maturo, dal nostro punto di vista abbiamo delle offerte di server di grandissima capacità che possono interessare da vicino questo mondo big data. Attraverso questi server, che sono dotati di dgrafiche e userface molto potenti siamo in grado di gestire - ad esempio applicazioni finanziarie che hanno bisogno di calcoli estremamente complicati e rapidi - evidenzia Dionigi Faccenda, Sales and Marketing Director di OVH Italia -. Insomma, quando un’azienda possiede una grande mole di dati, OVH può mettere in piedi dei servizi che possono aiutarli nella loro gestione. Più in generale, la mia idea è che comunque ci sia molta confusione nel settore, perché sotto il termine Big Data si tende a raggruppare qualunque cosa. Di fatto è una parola di tendenza, come lo sono altre come Blockchain e Bitcoin». Un approccio simile viene approntato da un vendor profondamente impegnato nel mondo Data Center come Supermicro, come racconta il Senior Sales Manager Luca Arduini: «Noi siamo un hardware vendor, dunque i Big Data li vediamo nel senso della fornitura dello storage e dei sistemi che contengono e permettono di processare questi dati. In un’ottica sempre orientata al cloud e ai data center, che cerchiamo di rendere il più possibile green, con la massima densità e la migliore architettura, in modo da sfruttare appieno i software sempre più utilizzati per la gestione di grandi volumi di dati. In buona sostanza, in quanto motore hardware, il nostro obiettivo è fornire la struttura che può permettere a questo tipo di applicazioni di funzionare al meglio. Siamo molto focalizzati in questo senso, ad esempio con

una vasta gamma di soluzioni all flash, che permettono di ottimizzare al meglio gli spazi all’interno dei data center». Un altro luogo comune da smontare è che, per un asset immateriale come i Big Data non possa esserci un ruolo per la distribuzione IT. Che invece sembra aver ben capito come sia possibile giocare un ruolo in questa partita: «Come distributore noi possiamo senz’altro supportare i nostri partner nella costruzione dell’infrastruttura che deve poi contenere i dati, sui quali poi gli algoritmi vanno poi a lavorare - evidenzia Angelo Simonetta, Business Development Manager Fortinet di Exclusive Networks - . Non a caso abbiamo strutturato una divisione apposita per aiutare i partner nella costruzione e gestione dei data center. Dal punto di vista della cybersecurity, uno dei nostri vendor più importanti, Fortinet, ha lanciato un portale che è in grado estrapolare le informazioni peculiari sul malware, rivelando quali sono stati gli attacchi più rilevanti Paese per Paese. In questo modo è possibile sfruttare i Big Data per rilasciare dei servizi sempre più efficaci». Un percorso simile è stato avviato da un attore protagonista della distribuzione IT nazionale come Computer Gross, mette in luce la Marketing Manager Silvia Restelli: «Quando si parla di Big Data si pensa soprattutto a nomi come Oracle


| Pri me Ti me | 51 | e IBM, ovvero aziende in cui Computer Gross può vantare storicamente una fortissima leadership. Affianco a questi big ci sono però tanti altri vendor nuovi che abbiamo messo a portafoglio e altri che metteremo a breve in cantiere. I Big Data portano dritti a un altro tema strettamente collegato, quello dell’iperconvergenza, dove abbiamo appena annunciato un accordo con un operatore come Rubrik, ma stiamo lavorando anche con altri grossi player. Insomma, il tema è molto caldo e decisamente vasto, anche perché ci sono molti fenomeni che ruotano intorno ai Big Data, tra cui il cloud ibrido su cui noi possiamo vantare delle solide competenze tecniche. Allo stesso tempo, possiamo affermare che la conoscenza del mercato non è ancora così elevata. Non a caso abbiamo in programma con i vendor una serie di eventi tecnici e formativi per la formazione del canale. Solo così i partner potranno

Vulnerabilità tenute sotto controllo Lo mette bene in evidenza Stefano Volpi, Country Manager di Symantec: «Per noi Big Data significa poter andare a ricevere tutte quelle informazioni relative alle vulnerabilità, che poi si trasformano in informazioni preziosissime che ci permettono di elaborare le nostre strategie di difesa. Sposando dunque concetti innovativi come machine learnig, advanced analitycs, ecc, che poi andiamo a riversare sui nostri prodotti. In poche parole oggi la sicurezza informatica ha sicuramente bisogno di nutrirsi di informazioni, dunque più informazioni ci sono più siamo in grado di fare sicurezza intelligente ed avere un approccio visionario sulle soluzioni che lanceremo nei prossimi anni». Un approccio che è seguito anche da un importante vendor di

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Progetti in partnership con il trade

rispondere e seguirci in materia di Big Data». C’è poi un comparto che, probabilmente, è più avanti di tutti riguardo all’utilizzo dei Big Data: stiamo parlando ovviamente della cybersecurity che, per reggere l’assalto sempre più potente del cybercrime, deve essere in grado di correlare in tempo reale una enorme quantità di dati. In modo da individuare quanto prima le vulnerabilità nascenti e arrestarne la possibile diffusione presso i clienti finali.



Panda Data Control, è lo strumento che effettua la ricerca dei dati, a riposo, in uso o in movimento, soggetti alla normativa e l’analisi del loro utilizzo in tempo reale, su server e client progettato e sviluppato una tecnologia chiamata Panda Data Control, uno strumento che permette la ricerca dei dati soggetti a GDPR e l’analisi del loro utilizzo in tempo reale, su server e client. Questa tecnologia è in grado di verificare le informazioni soggette alla normativa rispetto ai dati a riposo, in uso o in movimento. Gli elementi distintivi del sistema di protezione riguardano tre attività specifiche: identificazione, monitoring e gestione dei dati personali soggetti al GDPR. In prima istanza Panda Data Control identifica

mento e alla libera circolazione dei dati personali, impone obblighi molto stringenti e sanzioni amministrative che possono arrivare a 20 milioni di euro o 4% del fatturato annuale. Ecco perché trovarsi pronti per l’entrata in vigore del Regolamento diventa essenziale e la fatidica data del prossimo 25 maggio è una scadenza da non prendere alla leggera. Il GDPR impatterà su Organizzazioni, Mercati e Paesi, anche Extra-EU, che raccolgono e custodiscono dati personali di persone residenti in EU. Le aziende, quindi, dovranno necessariamente evitare danni di immagine dovute a perdita di dati e potenziale mancanza di fiducia da parte dei dipendenti, nonché di attuali o futuri clienti. A tranquillizzare le aziende, offrendo una soluzione versatile ed efficace pensata per indirizzare tecnologicamente il GDPR ci pensa Panda Security. La società spagnola per rispondere alle esigenze operative del Regolamento, ha infatti

tutti i dati non strutturati contenenti dati personali all’interno di server e client di utenti, collaboratori e dipendenti. Il sistema monitora in tempo reale le varie operazioni eseguite sui dati non strutturati, fornendo moltissime dashboard preconfigurate in grado di mostrare lo stato di conformità aziendale rispetto all’utilizzo delle informazioni. Ogni tentativo di accesso, copia o di spostamento di questi file attraverso email, browser o dispositivi removibili è registrato da Panda Data Control. Per facilitare il lavoro delle strutture IT, del DPO e delle funzioni aziendali preposte al mantenimento della compliance sul GDPR, Panda Security ha pensato di preconfiguare il prodotto con dashboard e funzionalità di alerting in tempo reale. Inoltre, per assicurare la massima flessibilità, Panda Data Control può essere personalizzato e adattato alle specifiche esigenze di ogni cliente.

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PANDA SECURITY ITALIA via Enrico Forlanini, 23 20134 Milano Tel: 0287323210 www.pandasecurity.com

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Due schermate della Dashboard di gestione di Panda Data Control

A Maggio 2018 entrerà in vigore il Regolamento Generale dell’Unione Europea per la Protezione dei Dati (GDPR). Questa nuova normativa, con lo scopo di migliorare la protezione dei dati ed il loro trattamento, imporrà a tutte le organizzazioni di rinforzare la sicurezza a difesa delle proprie informazioni personali (PII), le quali vengono conservate, processate o trasmesse nei dispositivi di dipendenti e collaboratori. La legislazione europea che riguarda la protezione delle persone fisiche, in riferimento al tratta-

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GDPR sotto controllo con Panda Security


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Il Cloud Microsoft può aiutarti ad accompagnare i tuoi clienti verso la compliance GDPR COMPAREX, in collaborazione con Microsoft, ha organizzato un evento che si è svolto alla Microsoft House di Milano, in cui si sono approfondite tutte le opportunità che possono scaturire dalla prossima entrata in vigore del GDPR

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La sicurezza informatica sta rapidamente conquistando posizioni nell’agenda delle priorità aziendali. Il merito è di una accresciuta sensibilità in materia, a sua volta innescata dagli attacchi sempre più eclatanti del cybercrime, ma, soprattutto, per via del prossimo avvento del GDPR. La prossima entrata in vigore della regolamentazione europea sulla protezione dei dati personali rappresenta infatti una grande opportunità per quei partner che sapranno combinare la protezione dell’ICT alla consulenza. La chiave giusta

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per affrontare questa sfida può essere il cloud, come si è visto in occasione di un evento organizzato da COMPAREX, “Proprietà e gestione dei dati nel Cloud Microsoft” (#Comparex4cloud). Il punto di partenza è il grande impatto del cybercrime sulle attività aziendali: le stime parlano di ben due miliardi di dati trafugati lo scorso anno, con violazioni scoperte spesso in clamoroso ritardo e con un impatto medio di diversi milioni di dollari causato dagli attacchi e dalle

spese sostenute per rimediare. Una situazione che riguarda da vicino anche l’Italia. Secondo una analisi del Clusit, il nostro Paese è salito al quarto posto nella top ten degli attacchi più gravi registrati e per numero di vittime di attacchi informatici. La capillarità degli attacchi, ha messo in evidenza Claudia Angelelli, Senior Technical Lead di Microsoft Italia, deve spingere le aziende a rivedere completamente il proprio approccio alla sicurezza: la protezione del perimetro resta importante, ma bisogna concentrarsi piuttosto su quella delle identità aziendali, che rappresentano il vero asset ricercato dagli hacker di tutto il mondo. Anche perché la proliferazione delle applicazioni utilizzabili dai device mobili rende ancora più cruciale il tema della Identity and access management. Per questo motivo i partner devono necessariamente definire una strategia di identity protection, fornendo un approccio consulenziale ai propri clienti finali. In questo particolare contesto il cloud può rivelarsi come la soluzione tecnologica ideale, proprio perché i cloud provider si accollano buona parte delle responsabilità – anche legali - legate alla sicurezza ICT. La formula giusta per i partner che vogliono rivendere i servizi cloud di Microsoft è il programma CSP, distribuito da COMPAREX Italia, che consente ai rivenditori di mantenere la massima flessibilità e scalabilità. I benefici, come riassume Alessandro Borgonovo, CSP Business Development Manager di COMPAREX Italia, sono di diversa natura: «I vantaggi sono di poter acquistare i servizi cloud di Microsoft in ottica pay per use, essere liberi di gestire la fatturazione con i clienti come meglio preferiscono e quindi poter ribaltare al cliente una logica a consumo di utilizzo di questi


soluzioni ai prodotti Cloud Microsoft, incrementando ulteriormente la propria marginalità». Ma cosa c’entra Microsoft con la sicurezza? In realtà, anche se forse in maniera meno appariscente rispetto ad altri settori, le soluzioni cloud sviluppate da Microsoft hanno molto a che fare con la cybersecurity. Ad esempio, in materia di GDPR, le soluzioni della casa di Redmond consentono di effettuare un’operazione fondamentale come la classificazione dei dati, a sua volta imprescindibile in materia di protezione delle informazioni. Ma le soluzioni Cloud del vendor americano sono in grado di intervenire direttamente anche in materia di protezione dalle minacce del cybercrime, con risposte perlopiù automatizzate e basate sull’analisi continua di un volume imponente di dati. Ad esempio, Office 365 ATP (Advanced Threat Protection) è in grado di analizzare tutte le mail e documenti per bloccare

con l’obiettivo di offrire a tutti gli strumenti necessari per la creatività e la collaborazione, in un ambiente sicuro. In tutto questo si inserisce ovviamente COMPAREX che, in qualità di CSP Distributor a livello UE ed EFTA e tramite il COMPAREX Cloud Partner Program, è in grado di erogare formazione e servizi professionali di consulenza sul progetto specifico oppure di delivery della soluzione. Grazie alla presenza a livello locale di una vera e propria business unit dedicata e in costante evoluzione, composta da personale di vendita, prevendita e marketing e ad un un portale a uso esclusivo, i reseller possono erogare e gestire in autonomia le soluzioni cloud di Microsoft e acquistare direttamente le licenze, restando così gli unici depositari della relazione con il cliente finale. Per maggiori informazioni sul COMPAREX Cloud Partner Program visita il sito www.comparex.it/ csp.

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fin dal principio minacce estremante fastidiose come phishing e ransomware. Più in generale, i controlli dei livelli e degli accessi messi a disposizione da Microsoft, permettono di superare di gran lunga la tradizionale protezione attraverso username e password, consentendo di operare anche in una logica di security management. Nei mesi scorsi, sposando il concetto di secure productivity, è stata presentata sul mercato Microsoft 365, una soluzione unica rivolta al mondo enterprise che include Office 365, Windows 10 ed Enterprise Mobility + Security,

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prodotti. Il cliente così oltre ad avere sempre aggiornato il proprio sistema, avrà la possibilità di pagare realmente per quanto sta usando con la possibilità di aumentare o diminuire il servizio in base alle esigenze. Per il rivenditore questo significa creare un rapporto esclusivo con il cliente, rapporto che lega il cliente al rivenditore in quanto dipende da quest’ultimo per l’erogazione del servizio così da creare quel business ricorsivo che gli permette di avere una base di fatturato costante. Il reseller ha inoltre la possibilità di abbinare le proprie


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La protezione totale Kaspersky Lab insegue Microsoft Office 365 anche nel cloud

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Il diffondersi della piattaforma in remoto porta all’esigenza di una soluzione dedicata per contrastare le nuove minacce guidate da Spam, phishing e ransomware. A Computer Gross il compito di fornire al canale tutto il supporto necessario Sono diversi i canali attraverso i quali i cybercriminali provano tutti i giorni a infiltrarsi nei sistemi aziendali e nei dispositivi personali. Ne è ovviamente consapevole Kasperky Lab e lo è Computer Gross, il distributore autorizzato del vendor di sicurezza che si occupa di gestire il supporto al business del network di partner coinvolti. Tanti punti di accesso, dicevamo, ma le strade più sicure restano comunque quelle più semplici. Il principale veicolo di attacco resta infatti il messaggio di email, come ribadito di recente dal Data Breach Investigation Report di Verizon. Prima di KASPERSKY LAB ITALIA tutto, per le dimensioni. Ogni secondo vengono infatti inviati 3,5 milioni di messaggi e ciascuno Via F. Benaglia, 13 00153 Roma di questi è potenzialmente in grado di mettere www. kaspersky.com/it a rischio un sistema aziendale. Malware, raninfo@kaspersky.it somware, phishing, trojan e virus più in generale, Tel: 0658891 sono solo i metodi più diffusi sfruttati per ingannare l’utente il più delle volte ignaro o sempliceCOMPUTER GROSS mente distratto. A compromettere ulteriormenVia del Pino, 1 te la produttività ci pensa lo Spam, il 58% di tutto 50053 Empoli (FI) il traffico generato dalla posta elettronica. Lo www. computergross.it kaspersky@computergross.it studio di Atlassian “Spreco di tempo a lavoro”, ha Tel: 05719977 calcolato come mediamente un lavoratore trascorra 13 ore all’anno scansionandolo ed eliminandolo. Una situazione destinata ad accentuarsi, di fronte alla propensione verso un maggiore utilizzo di ambienti di collaborazione condivisi e del cloud computing. Uno di questi, si sta affermando come riferimento sempre più diffuso nelle aziende. Di fronte all’avanzata di Microsoft Office 365, aumenta di conseguenza l’attenzione dei cybercriminali e proprio qui Kasperky Lab ha individuato il terreno utile per un’offerta dedicata, raccogliendo in un unico pacchetto quanto di meglio può attualmente offrire la tecnologia del settore. Kaspersky Security for Microsoft Office 365 utilizza infatti una tecnologia euristica avanzata di sandboxing, di apprendimento automa-

tico, combinata al continuo aggiornamento dei sistemi costruiti sulle soluzioni più premiate al mondo, per proteggere la posta elettronica da spam, phishing, allegati dannosi e minacce sconosciute. Per integrarsi al meglio con Office 365, agisce direttamente nel suo terreno, il cloud.

Tempi duri per lo Spam In dettaglio, per contrastare lo spam, Kaspersky Security for Microsoft Office 365 utilizza un algoritmo di rilevamento e analisi basati su machine learning e threat intelligence in tempo reale, appoggiandosi al proprio cloud dedicato per rilevare e bloccare le tecniche in costante evoluzione. L’elaborazione robotica viene supervisionata dagli esperti, consentendo il riconoscimento anche dello spam sconosciuto e più sofisticato, con una perdita minima di messaggi importanti dovuta a falsi positivi. Il 21% degli incidenti segnalati implica una qualche forma di phishing. Un’azienda viene attaccata da ransomware ogni 40 secondi e le e-mail di phishing sono una modalità popolare per il lancio di questi attacchi. Il 78% degli utenti afferma di comprendere i rischi delle e-mail sconosciute: tuttavia, uno su due ci clicca sopra. Le tecniche evolute di spear-phishing sono inoltre molto più mirate, individuando persone selezionate all’interno di un’azienda. A questi, vengono inviati messaggi e allegati su misura del tutto simili a comunicazioni legittime. La risposta Kaspersky in questo caso utilizza un motore basato su reti neurali, con mille criteri per la creazione di modelli di rilevamento. I database continuamente aggiornati, sono alimentati da dati scoperti automaticamente, nonché dalla ricerca sulle minacce basata sull’esperienza umana. Il sistema analizza inoltre gli allegati visibili in anteprima, tra cui file PDF, RTF e MSOffice, alla ricerca di eventuali


trano gli allegati dannosi nelle e-mail. I modelli di rilevamento intercettano anche i malware zerohour, quelli precedentemente sconosciuti. I file sospetti possono essere eseguiti in uno spazio sicuro, per determinare se siano effettivamente un malware, prima di consentirne il passaggio.

Al cybercrime piace ancora l’email

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gestione, completa di vista sulle minacce rilevate e statistiche. Il tutto, senza necessità di hardware aggiuntivo o di formazione del personale di sicurezza IT. Inoltre, è possibile scegliere su quali caselle di posta elettronica intervenire, consentendo una prova della configurazione o un’applicazione flessibile dei criteri. Nelle aziende più grandi, può essere necessaria anche l’attivazione di più amministratori, per gestire la soluzione utilizzando diversi account. Quando si tratta di sicurezza, il rimedio più effica-

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contenuti di phishing. Nonostante tutto questo, bisogna ricordare come Il 66% dei malware installati arrivi da allegati dannosi. Gli attacchi zerohour e zero-day si nascondono spesso all’interno di comuni file Word, Excel, PowerPoint e di altre applicazioni aziendali comuni, in attesa del clic dell’utente. Prontamente, in questi casi interviene la tecnologia HuMachine, capace di combinare il meglio dell’esperienza umana con la threat intelligence, basata su grandi volumi di dati, e con il machine learning. Livelli multipli e proattivi fil-

Per quanto completa e articolata sia, Kaspersky Security for Microsoft Office 365 non si rivela in alcun modo un problema per gli amministratori. Tantomeno, mette in discussione convenienza, efficienza delle risorse ed efficacia dei costi, le principali spinte verso il cloud. Ogni aspetto è infatti tenuto sotto controllo attraverso Kaspersky Business Hub, una singola e intuitiva console di

ce è anche il più semplice: assicurarsi che le minacce siano rilevate e bloccate prima che diventino un problema. Kaspersky Security for Microsoft Office 365 è progettato per tradurre questa teoria in pratica, senza le controindicazioni tipiche di tante applicazioni simili, a partire da rallentamenti nei sistemi o peggio ancora o eliminazione accidentale del traffico legittimo.

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Controllo sì, complessità no


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SIAV, gestione documentale al sicuro con lo Storage DELL EMC L’azienda attiva nell’Enterprise Information Management ha recentemente implementato una soluzione di Disaster Recovery con il supporto del System integrator Cinetica

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Il sistema storage di DELL EMC in funzione presso SIAV

I dati devono essere sempre protetti e al sicuro: una raccomandazione che vale per tutte le aziende ma ancora di più per SIAV, che dal 1989 sviluppa soluzioni per la dematerializzazione, la gestione documentale e i processi digitali, sia come prodotto che come servizi. Tanto da potersi presentare al mercato come leader indiscusso nel settore EIM (Enterprise Information Management), con più di mille installazioni, sia on premises presso i clienti, sia erogate

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come servizio dal proprio datacenter. Un’attività che, è facile da capire, richiede una grande attenzione alla tecnologia impiegata e su questa base si è innestata la collaborazione tra SIAV, il System Integrator Cinetica e DELL EMC: «Nel 2010 ci siamo trovati nella necessità di passare a uno storage di fascia superiore (Enterprise) in quanto la nostra crescita aziendale lo richiedeva - racconta Leonardo Bernardi, Direttore Generale Siav - . Nella gestione documentale l’accesso ai dati è molto variabile in frequenza, i documenti recenti si accedono di frequente, quelli più vecchi molto di rado. Per questo motivo abbiamo scelto un produttore che già allora ben implementava la logica del “multi tier” rispetto alle tecnologie di dischi. Oggi ad esempio abbiamo un fetta di storage in tecnologia SSD che il sistema utilizza

in modo automatico per memorizzare i dati più frequentemente acceduti. Ci ha infine molto impressionato la capacità attiva e predittiva di analisi automatica dei livelli di servizio e di funzionamento della macchina ed il servizio di supporto del produttore, denominato CoPilot che, come dice il nome, supporta il cliente come se fosse appunto un copilota anziché un semplice fornitore». Negli ultimi tempi, come racconta Luca Gentilini, Sales Director di Cinetica, la collaborazione si è ulteriormente espansa: «Il progetto si è sviluppato nel tempo e ha visto la sostituzione dello storage a caldo da una macchina meno recente a quella più innovativa, l’SC 8000, senza causare downtime. Tutto il lavoro è stato fatto senza lasciare neppure una vite dello storage precedente, con la massima soddisfazione del cliente. Lo scorso anno è stato scelto di affrontare anche un progetto di Disaster Recovery, perché mettere in sicurezza i dati è diventato prioritario. Presso il data center di Supernap Italia a Siziano (PV), è stata perciò installata una macchina analoga a quella installata presso la sede principale di Padova». Da parte sua DELL EMC ha approcciato questo progetto seguendo la strada della modernizzazione, dell’automazione e della trasformazione: «L’intervento di SIAV è il caso tipico di modernizzazione evolutiva, permette di costruire intorno a un’infrastruttura esistente la soluzione che il cliente vuole conseguire – racconta Stefano Bobbo, Channel Sales Manager DELL EMC - . L’automazione è avvenuta utilizzando le tecnologie di VMware, in questo modo il reparto IT ha potuto liberare risorse e tempo, avendo la possibilità di erogare dei servizi con grande velocità, portando valore aggiunto al business di SIAV. Infine c’è da rilevare che serie la SC di DELL EMC, oltre ad avere le caratteristiche di uno storage di livello, ovvero affidabilità, sicurezza, prestazioni e flessibilità, ha permesso anche al nostro cliente di poter risparmiare significativamente».


Un momento della tappa bolognese di #noicheilgdpr

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TECH DATA ITALIA Via Tolstoj 65 20098 San Giuliano Milanese (MI) Telefono 02.98495.1 Fax 02.98495.201 Email info@techdata.it

All’entrata in vigore definitiva del GDPR, il regolamento europeo per la protezione della privacy, mancano ormai meno di due mesi. La scadenza è infatti fissata per il 25 maggio 2018, una data che agita i sonni di non pochi dirigenti aziendali e fa crescere la domanda di informazione da parte del canale ICT. Un

canale che è chiamato a giocare un ruolo da protagonista nell’implementazione del regolamento, come si è avuto modo di vedere in occasione della tappa bolognese di #noicheilGDPR, organizzato da Tech Data. La nuova normativa, dal punto di vista dei soggetti coinvolti (ovvero tutte le aziende che trattano i dati di cittadini europei), rappresenta infatti un’autentica rivoluzione nella gestione delle informazioni. Ne consegue che con il GDPR deve cambiare l’approccio da parte del titolare del trattamento dati. Con un approccio che deve necessariamente essere proattivo, considerando l’applicazione del GDPR come un investimento cruciale nella propria azienda. Ma il canale ICT che ruolo può giocare in questa partita, destinata a non esaurirsi dopo il 25 maggio? Gli operatori del trade, come confermato dalle tantissime domande che hanno animato l’evento bolognese, non hanno ancora chiaro il proprio ruolo in que-

sto percorso. E, tantomeno, hanno compreso come riuscire ad approcciare nella maniera corretta i clienti finali su questo tema, tanto da invocare un supporto decisivo da parte di Vendor e Distribuzione. Innanzitutto appare evidente, come messo in luce da Nicola Fusco, Security & Compliance Sales Specialist, COO & VP International Marketing & Sales di Arcasafe, che occorre sensibilizzare i clienti circa l’importanza di implementare le misure adeguate di sicurezza che permettano la compliance al GDPR. È importante persuaderli, attraverso un approccio consulenziale, che la mancata conformità si traduce in una perdita di credibilità aziendale e, molto probabilmente, in un aumento dei costi, perché - prima o dopo - ci si ritroverà costretti ad intervenire con urgenza. Insomma, la formazione e l’informazione sono ancora alla base di ogni percorso consulenziale, considerato anche che le implicazioni del GDPR riguardano ambiti di grande interesse per il mondo ICT, a cominciare dal mondo IoT. Ad esempio: fino a che punto un’azienda si può spingere nel tenere traccia dei dati relativi alle prestazioni lavorative dei propri dipendenti, elaborate dai moderni sistemi di Industria 4.0? La buona notizia è che la corsa per l’adeguamento non si ferma il prossimo 25 maggio, anzi c’è da aspettarsi che – in linea con quanto accaduto in passato - le sanzioni del garante alle aziende inadempienti non scatteranno all’alba del 26 maggio, ma saranno precedute da una serie di avvertimenti. Insomma, il tempo a disposizione dei partner per cogliere questa opportunità è tutt’altro che finito. I vendor inseriti nel Progetto GDPR di Tech Data (Adobe, Arcasafe, Cisco, DellEMC, Eaton, Enforcive, ESET, Fujitsu, Kaspersky, HPE, IBM, Microsoft, MyFolio, Qnap, Seagate, Sonicwall, Veritas e Zyxel) sono pronti naturalmente a supportare questa rinnovata strategia, andando oltre la pura vendita di hardware e software. Segui Tech Data sul sito di informazione sul GDPR per i rivenditori ICT (www.tdblog.it/noicheilgdpr) E scarica la guida gratuita “Dire e Fare il GDPR in 10 mosse”

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Uno speciale evento organizzato da Tech Data a Bologna ha permesso di fare il punto sulla strategia da adottare per intercettare le opportunità offerte dalla nuova normativa europea

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GDPR, ecco il ruolo che i Partner sono chiamati a giocare



Story Tellers In cerca di partner. Vendor, distributori e addirittura system integrator, reclutano, selezionano, ridefiniscono, certificano e supportano operatori di canale. Per la creazione di un network di partner con competenze, comuni o complementari, che segua il mercato


| Story Tellers

Si passa da 100 a 5 programmi di incentivazione con un obiettivo molto chiaro: supportare i partner in grado di sviluppare soluzioni proprie e non chi fa della semplice rivendita di servizi. All’evento annuale di IBM dedicato ai partner annunciate anche quattro nuove iniziative

John Teltsch,

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General Manager IBM Global Business Partners

Nicoletta Boldrini

Si è tenuto lo scorso marzo a Las Vegas il consueto appuntamento di IBM che porta a Las Vegas i business partner di tutto il mondo. «È il più grande evento per i partner di sempre - ha detto Jacqueline Woods, CMO IBM Global Business Partners -; quest’anno abbiamo avuto il doppio dei partecipanti rispetto allo scorso anno e abbiamo superato i 2.200 registrati». Come consuetudine, il palco di questi grandi eventi rappresenta l’occasione pubblica per gli annunci più importanti, quelli delle strategie di canale che coinvolgeranno direttamente i business partner. «La Digital Transformation è reale, è adesso. È il momento di trasformarsi, trasformare il canale per aiutare le aziende ad affrontare questo importante momento di cambiamento con le giuste tecnologie», è il messaggio che ha voluto lanciare John Teltsch, General Manager IBM Global Business Partners. «Abbiamo consolidato, integrato e tra-

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IBM Partner World: IncentIvazIonI seMPlIcI Per Il trade

sformato il nostro ecosistema per meglio indirizzare i bisogni dei partner stessi. Abbiamo realizzato un portale ad hoc per i business partner e sviluppato un programma di marketing con diverse iniziative già in corso, investendo risorse dirette e specifiche per il trade. In particolare, 2 miliardi di dollari sono stati investiti a sostegno del canale, dei quali 80 milioni in attività di co-marketing».

IBM PartnerWorld: gli annunci delle strategie di canale Il 2018 è l’anno della semplificazione: dai 100 programmi di incentivazione si è passati a 5 programmi: - Client segmentation: segmentazione dei business partner per tipologia di clienti con focus sulle aziende di classe enterprise e programmi di incentivazione specifici per segmento; - Partner led solution: incentivi sullo sviluppo progettuale di nuove soluzioni (attraverso le tecnologie ed i servizi IBM); l’obiettivo è incentivare i partner che sviluppano proprietà intellettuale anziché quelli che fanno solo rivendita di servizi; - New client acquisition: incentivi e programmi di supporto per l’acquisizione di nuovi clienti; - BP OI - Business Partner Opportunity Identification: programmi di co-marketing e workshop di design thinking per aiutare i partner a identificare nuove opportunità di business (premiando ed incentivando coloro che sfruttano questi percorsi rag-


A Las Vegas c’è stato anche il lancio di quattro nuove iniziative, già annunciate qualche settimana prima e oggi “già in vigore”: 1) Trasformazione dell’ecosistema: IBM ha consolidato e integrato il numero di competenze offerte e semplificato i programmi affinchè anche i percorsi di certificazione siano più snelli e rapidi. Dal punto di vista tecnologico, IBM mette inoltre a disposizione dei partner soluzioni e servizi in bundle, “Try and Buy” via SaaS, sandbox, crediti per accedere ed utilizzare IBM Cloud nonché servizi di assistenza allo sviluppo; 2) Watson Build 2.0, sfruttare l’AI di Watson per sviluppare nuove IP (Intellectual Property): iniziativa nata per aiutare i partner a costruire prototipi funzionanti di soluzioni Watson basate sul Cloud IBM in meno 10 mesi e incubare la loro capacità di incorporare la tecnologia IBM più velocemente (il contest che lo scorso anno ha premiato Blueit); 3) Nuova piattaforma digital self-service: progettata per i partner che stanno sviluppando soluzioni e servizi basati su tecnologia IBM, la piattaforma fornisce accesso alle tecnologie di punta, supporto tecnico, modelli di codice pre-configurati e corsi di skill-building. L’iniziativa è accompagnata da diverse promozioni: 10 TB di storage IBM Cloud Object, 100mila conversazioni utilizzando IBM Watson Assistant e 50mila dollari in servizi di migrazione (concessi ai partner che migrano oltre 20mila dollari al mese in workload da ambienti cloud di un concorrente). 4) Cloud marketplace di terze parti per estendere “l’impronta digitale” di IBM: durante l’ultimo anno IBM ha raddoppiato la sua presenza sui marketplace di terze parti e gli aggregatori di cloud. Nel 2018 l’azienda ha firmato nuovi accordi con AppDirect e Also Deutschland, portando a un totale di 10 diverse piattaforme cloud la presenza di IBM con la potenzialità di raggiungere più di 60 milioni di nuovi clienti

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L’Italia che vince a Las Vegas Sul palco di Las Vegas hanno avuto un ruolo da protagoniste alcune importanti realtà italiane che con le soluzioni IBM stanno avviano percorsi e progetti di innovazione. L’italianissima Blueit, per voce di Paolo Mazza, CEO di B.Digital e Marketing & Innovation Director di Blueit, ha raccontato come sfruttando Bluemix (oggi IBM Cloud) e le API di Watson siano riusciti a vincere il contest globale Global Watson Build Championship di IBM (avviato lo scorso anno, premia i progetti più innovativi sviluppati con tecnologia Watson). «L’innovazione non è un progetto ma un processo - sostiene Mazza dal palco di Las Vegas -; il fallimento deve essere visto come un insegnamento. È questo l’approccio che ci ha portato a vincere il Watson Build Championship ma, soprattutto,

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Quattro nuove iniziative per aiutare i partner

in tutto il mondo. Tra i marketplace su cui sta puntando IBM ci sono anche quelli dei partner Arrow, TechData e IngramMicro.

che ha fatto nascere B.Digital, società dedicata a progetti innovativi basati su IoT e Intelligenza Artificiale». Ogni anno, il programma IBM Beacon Awards premia i business partner che offrono soluzioni innovative per promuovere il valore del business e trasformare il modo in cui operano i clienti e le industrie. Quest’anno, alla serata di gala dedicata all’assegnazione degli Awards, ben quattro erano le aziende finaliste. Il premio è stato assegnato all’italiana VarGroup per l’ “Eccezionale soluzione Internet of Things di Watson”: la società ha progettato una soluzione di Indoor Positioning che permette di monitorare persone, veicoli e attrezzature, garantendone la sicurezza anche in condizioni estreme.

Paolo Mazza, CEO di B.Digital

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giungendo risultati di business tangibili); - One time renewal: focus sui cosiddetti “rinnovi” per incentivare i partner alla vendita e sviluppo di soluzioni e servizi che abilitano un fatturato ricorrente. Chiarezza e trasparenza le parole d’ordine: «L’obiettivo è, ancora una volta, semplificare il business con il canale, rendendo più semplice la creazione e la vendita di soluzioni tramite il cloud utilizzando le tecnologie fornite da IBM, in particolare facendo leva sui sistemi cognitivi», ha rimarcato Teltsch.


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Microsoft cerca “altri”

canali e investe 40 Milioni nel trade italiano I nuovi scenari tecnologici aprono le possibilità di partnership col vendor a “chiunque lavori nell’IT”. Nuove figure si aggiungono al canale tradizionale, ma bisogna correre sulle competenze in Artificial Intelligence

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Loris Frezzato

Chiunque lavori a vario titolo nell’IT, può di diritto pensare di essere partner di Microsoft. È il risultato del percorso nuovo della tecnologia che sta aprendo strade inesplorate fino a ora, e dove il cloud computing diventa complice per accelerare l’evoluzione del proprio ecosistema di system integrator ma anche per avvicinare la casa di Redmond a nuovi attori. È un percorso al quale Microsoft si è preventi-

One Commercial, tutto il canale Microsoft sotto la stessa organizzazione

vamente preparata ad affrontare attraverso la grande ristrutturazione, già annunciata a luglio scorso in occasione di Inspire 2017, il proprio convegno mondiale per i partner del canale organizzato a Washington, la quale ha rivoluzionato la struttura che segue il canale, ora raggruppata sotto l’unico cappello della “One Commercial Partner Organization”, che comprende tutto l’universo variegato e complesso dei partner Microsoft, destinato ad ampliarsi ulteriormente.

e diventa sempre più difficile fare una categorizzazione dei partner. Attraverso l’organizzazione One Commercial riusciamo a seguire meglio l’evoluzione e trasformazione che i partner stanno sperimentando sotto la spinta delle nuove esigenze dei clienti. Non siamo più un’azienda di prodotti da rivendere e basta. Siamo piuttosto un’azienda di piattaforme, con i nostri partner che le sfruttano per portare valore ai loro clienti. Il prodotto finito deve nascere dal nostro ecosistema, non da noi».

Una organizzazione che in Italia è in capo a Fabio Santini, che spiega: «Negli anni passati i partner erano gestiti all’interno di differenti organizzazioni, con una struttura che si adattava perfettamente a figure quali distributori e grandi system integrator, ognuno con i propri ruoli e ambiti d’azione. Oggi queste differenze stanno sfumando

Da sinistra: Fabio Santini, Direttore della Divisione Partner e PMI di Microsoft Italia

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Vieri Chiti, director channel and partner di Microsoft Italia


40 milioni di euro per il trade: come investirli

«Saranno diversi i fronti in cui intendiamo investire i 40 milioni previsti sul canale - interviene Vieri Chiti, director channel and partner di Microsoft Italia -, metà dei quali saranno dedicati alla formazione, tecnologica, commerciale, di business e di marketing digitale. Quindi spingeremo sulla certificazione, nella logica della differenziazione, stimolando

opportunità così si estendono a un canale più ampio, che già oggi copre il 95 per cento del nostro fatturato, includendo anche quei partner che lavorano su piattaforme open. Cosa impensabile fino a qualche tempo fa» commenta Santini.

Microsoft come piattaforma. Su cui i partner possono costruire valore

L’obiettivo è di indicare ai partner dove il mondo sta andando, per aiutarli nella loro trasformazione. Un aiuto che quest’anno si concretizza in un investimento di ben 40 milioni di euro interamente dedicato alle attività sul canale, un incremento rispetto ai 25 milioni degli scorsi anni che ben descrive a che punto Microsoft intende potenziare ed estendere il proprio ecosistema di partner. Un canale che ha ancora diverse lacune in termini

i partner a fare scelte di campo allontanandosi dal concetto di generalisti. E infine altri investimenti andranno per plasmare i partner del futuro o per portare a bordo nuove realtà. Attualmente abbiamo circa 20.000 aziende partner, un ecosistema che si è evoluto velocemente, stimolato da un business cloud che è ormai grandissimo e continua a crescere. Tra 3 anni avremo quindi bisogno di un canale più grande di quello attuale, crediamo sarà il 30-40% in più. Oltre 5.000 partner in Italia, la metà del numero complessivo, è ormai dedita ai servizi in cloud, e anche i nostri distributori si sono adattati a nuovi ruoli, sfruttando nuove opportunità derivanti dall’aggregazione di soluzioni in cloud realizzate dal canale, veri e propri marketplace di servizi sviluppati sulle nostre piattaforme».

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Si allarga l’organizzazione perché si prevede un ampliamento consistente delle categorie dei partner che potranno, oggi, entrare a far parte dell’ecosistema Microsoft. Con il cloud che cambia le regole del gioco, non è più il prodotto a essere venduto, ma soluzioni end to end costruite dai partner a partire dalla piattaforma cloud di Microsoft, aperta a ogni tecnologia. «Prima c’era la nostra tecnologia che si confrontava con quella dei nostri competitor. Spesso incompatibili. Oggi la nostra piattaforma è aperta: chiunque faccia IT con qualsiasi tecnologia, può trovare una casa in Azure, che accoglie tutti. Le

di skill, soprattutto in ambito Artificial Intelligence, e sulle quali il vendor sta lavorando promuovendo i progetti realizzati da partner italiani, come best case da condividere col canale.

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Crescono le categorie di partner


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Citrix gestisCe in Cloud il workplaCe (siCuro) del futuro

Spinta del canale verso il cloud con rebate raddoppiati rispetto all’on premises attraverso il Citrix Ultimate Rewards Program. Le infrastrutture “esterne” non fanno più paura e garantiscono sicurezza in conformità con il GDPR

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Loris Frezzato

Benjamin Jolivet

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country manager di Citrix Italia

Poter accedere alle applicazioni e ai dati aziendali in sicurezza, ovunque e da qualsiasi device si utilizzi, è l’obiettivo che da anni Citrix persegue attraverso la propria strategia di virtual desktop. Una strategia che oggi il vendor intende estendere sfruttando le potenzialità del cloud, per la creazione di un workplace digitale che sia mobile, flessibile, svincolato dal luogo fisico ma, soprattutto, con tutte le garanzie di sicurezza. «Vogliamo cambiare il concetto di postazione di lavoro e portarlo verso il mondo del cloud, pubblico, ibrido o privato che sia e, soprattutto, lo vogliamo fare insieme ai nostri partner, ai quali viene dirottato l’intero giro d’affari di Citrix - spiega Benjamin Jolivet, country manager di Citrix Italia -. L’erogazione delle applicazioni e dei dati in sicurezza attraverso il cloud rappresenta una vera e propria rivoluzione e il nostro canale, che si compone di circa 450 partner in Italia, sta seguendo questo trend con successo. Al punto che se il nostro giro d’affari è cresciuto, dal 2015 al 2017, del 48%, i nostri primi 10 partner hanno invece visto un incremento dell’84% nello stesso periodo. Una crescita importante accelerata proprio grazie al cloud». E non si tratta di un unico cloud. Se prima, infatti, si parlava di data center, oggi ci si affida sempre di più a infrastrutture in cloud al di fuori dell’azienda, mentre altro rimane su sistemi legacy. Un panorama variegato quindi, per il quale Citrix si impegna a gestire tutto quanto è dell’azienda: tra cloud e sistemi residenti, accumulati da anni di investimenti. Diversi i temi su cui Citrix può mettere la propria impronta, a partire da quello relativo allo

smart working; al GDPR, isolando l’infrastruttura dell’impresa dai pericoli; sul fronte dell’Open Innovation; sull’Industry 4.0, coinvolgendo i mondi dell’IoT e dell’Intelligenza Artificiale.

Accelerata verso il cloud «Un messaggio che il nostro canale deve recepire - riprende Jolivet -, entrare nella logica del nostro Citrix Workspace e accelerare sul cloud, di cui ancora qualcuno continua ad avere timore. Insieme, invece, possiamo costruire un nuovo modello, il quale inoltre si arricchirà di tutta una parte servizi, sulla quale intendiamo indirizzare i nostri partner». Partner per i quali il vendor sta ridisegnando il proprio Partner Program, semplificandolo. Il Citrix Ultimate Rewards Program consiste in differenti livelli: Spark, Drive e Accelerate. I primi due incentivano la trattativa, mentre l’ultimo è relativo ai rebate. Spark offre incentivi a chi crea deal, indipendentemente dalla loro chiusura; Drive li propone per coloro che riescono a chiudere insieme a Citrix la trattativa del deal segnalato, mentre Accelerate si basa su reward calcolati su obiettivi trimestrali. Sull’offerta on premise, con Spark si può arrivare a 8 punti di margine e 8 su Drive, raggiungendo fino a un totale di 16% di incentivi. Sul cloud, invece, i punti raddoppiano: 16 su Spark e 16 su Drive, per un totale di 32%. Percentuali che sono on top sui margini che si realizzano sulla trattativa. Per quanto riguarda gli Accelerate, invece, sui prodotti i partner Gold realizzano il 2% e i Platinum il 3%. Percentuali raddoppiate sulle vendite Citrix cloud (Gold 4% e Platinum 6%).


trova tutto il Necessario per mettere il clieNte a proprio agio

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Nel cloud oracle il partNer

Roberto Scapin A&C Leader di Oracle Italia

A dispetto delle continue segnalazioni circa il rischio di accumulare pericolosi ritardi nella trasformazione della propria azienda in ottica cloud e digitalizzazione, il mercato sembra aver effettivamente colto il messaggio. Almeno secondo il punto di vista Oracle, che con una propria ricerca sui CEO presentata in occasione del recente Oracle Partner Day, ha confermato un buon livello di attenzione. Il 42% afferma infatti di aver collocato l’aggiornamento dell’IT al centro delle proprie strategie. Il 31% inoltre, ammette un impatto positivo sui profitti, come mai in precedenza. Segnali importanti, per un’azienda impegnata da tempo nell’allestire un’offerta cloud a tutto campo e al tempo stesso coinvolgere il canale per garantire servizi e consulenza a misura della singola realtà. «Possiamo immaginarci come un aereo pronto per il viaggio verso il cloud afferma Roberto Scapin, A&C Leader di Oracle Italia -. I nostri clienti sono naturalmente i passeggeri, mentre i partner rappresentano l’equipaggio, pronto a garantire sicurezza e comfort. Dal canto nostro, mettere a disposizione una piattaforma completa con la possibilità di aprirsi agli altri ambiti presenta evidenti vantaggi. La nostra idea è affiancare le aziende in una crescita graduale, mantenendo per quanto possibile la base installata».

Un canale sopra la media Soddisfazioni da dividere equamente con i partner, responsabili del 50% del fatturato Oracle, quota che in Italia è prossima al 60%. «Possiamo contare su un gruppo di 851 specializzazioni sull’offerta cloud, su un totale di 1.951

certificazioni, di cui 171 in ambito Implementation - sottolinea Scapin -. Inoltre possiamo vantare uno dei più importanti Oracle Partner Cloud Evolution Center, quello di Computer Gross. Lavora ormai a pieno ritmo, per consulenza e formazione ed è di supporto anche per aiutare a individuare come sviluppare le applicazioni». Dove invece emerge ancora un certo margine di miglioramento è la messa a punto di offerte pacchettizzate direttamente dai partner. L’obiettivo è partire da esigenze certe, come la possibilità di muovere in cloud servizi di base come il disaster recovery per stimolarne la diffusione più estesa. In un mercato con una marcata impronta verticale, anche la relativa strategia di canale si muove nella stessa direzione. «Per ogni tipologia di partner abbiamo definito un percorso di evoluzione specifico. Per esempio, per i system integrator in ambito SaaS, bisogna insistere verso le competenze e il valore, proponendosi ai clienti come consulenti».

Per ogni figura un percorso di evoluzione Per gli ISV il messaggio è invece di partire dalle proprie soluzioni on premises per estenderle al cloud e da qui eventualmente inserirle nel marketplace Oracle una volta integrate con le relative componenti SaaS. «Il percorso più sfidante è quello rivolto a Var/Vad - conclude Scapin -. Si tratta di passare dal vendere componenti tecnologiche al saper proporre valore. Restando nella nicchia si rischia di essere travolti dal cloud. La nostra idea è un’offerta pacchettizzata dove quanto si vende venga anche installato con del valore aggiunto. In pratica, diventare una sorta di broker in uno scenario multicloud».

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Giuseppe Goglio

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Una visione aperta si sta rivelando la strada migliore per aiutare le aziende nel passaggio alle nuove architetture, grazie anche alla capacità dei partner di entrare nel merito della singola soluzione


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Scalabile, iperconvergente e multicloud: è il data management di commvault Copertura geografica del mercato e percorsi di formazione sui servizi professionali. In attesa della Hyperscale Appliance, destinata al midmarket italiano. Dal cloud alle appliance, il canale di Commvault eleva il concetto di storage a gestione dinamica dei dati

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Loris Frezzato

Vittorio Bitteleri country manager di Commvault Italia

La crescita a dismisura dei dati non può essere lasciata senza gestione. A crescere non sono solo le dimensioni dei dati, ma anche la loro importanza all’interno delle aziende, che man mano stanno imparando a trarne informazioni utili da tradurre in business. Il concetto di data management è il focus di Commvault, che si affranca da quello di storage tradizionale per enfatizzare la possibilità di gestione in maniera dinamica dei dati stessi. Un approccio al mercato che il vendor ha voluto estendere al canale in occasione del proprio Partner Event tenutosi recentemente a Milano, che ha visto la partecipazione di un numero selezionato dei maggiori system integrator proveniente da tutt’Italia. «Un incontro doveroso con il nostro canale, cui deleghiamo la totalità del nostro business - ha affermato Vittorio Bitteleri, country manager di Commvault Italia - e che supportiamo direttamente attraverso account di area e presales in modo da rispondere prontamente agli stimoli che arrivano loro dal mercato. Una vicinanza al canale che va di pari passo con l’aumento delle opportunità del loro business, ora estese ai servizi professionali, per i quali abbiamo ufficializzato un apposito percorso di certificazione attraverso il Service Advantage Program».

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Cloud eterogeneo gestito da una sola console Vincenzo Costantino Emea South technical services director di Commvault

Un nuovo approccio strategico nella copertura del mercato e del canale relativo che si affianca con la presentazione di nuovi paradigmi tecnologici nell’affrontare i temi della gestione dati, sempre più profilati in base alle esigenze dei singoli mercati verticali. Nuove tecnologie che siano in grado di indirizzare nuove esigenze. «Il canale non ci deve considerare come business di sostituzione - riprende Bitteleri

-. Si può andare oltre. E proporre tecnologie a costi più accessibili rispetto alle soluzioni legacy. Infatti la tecnologia hyperscale è in grado di mantenere performance elevate riducendo i costi rispetto alle architetture tradizionali a “bidoni”». E anche la paura del cloud ormai è scemata e le nuvole sono sempre più prese in considerazione per fare backup e disaster recovery, ma anche per storage più “preziosi”, ricavandosi un ruolo di commodity per la gestione di spazi, attraverso un’unica console che consente di sapere dove sono e di chi sono i dati, anche in rispetto alle nuove normative. E in vista del multicloud data management. «L’offerta Commvault non consiste di semplici prodotti, ma di soluzioni che vanno spiegate al canale - avverte Vincenzo Costantino, Emea South technical services director di Commvault -. Per questo motivo abbiamo deciso di iniziare a presentare la nuova soluzione a quei partner che hanno già competenze sufficienti per comprenderla. Successivamente ci muoveremo anche sulla fascia più bassa del canale, soprattutto grazie alle nuove appliance, vere e proprie all-in-one delle tecnologie hyperscale orientate all’iperconvergenza. Le Hyperscale Appliance hanno come target ideale il nostro midmarket e presto si faranno operazioni di lancio consistenti. Ma al momento giusto, quando il mercato, noi e il nostro canale saremo pronti. Le potenzialità sono consistenti, trattandosi di un’appliance che può crescere in maniera scalabile, preinstallata e preconfigurata che può sollevare il partner di piccole dimensioni dai maggiori problemi tecnici. L’appliance al momento è venduta solo come subscription, mentre si sta studiando una forma d’acquisto anche come Capex».


nasConde la Complessità dei nuovi Cloud

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Con l’iperConvergenza nutanix

Alberto Filisetti country manager di Nutanix Italia

Ridurre la complessità dell’infrastruttura con sistemi iperconvergenti basati e governati su software è la mission dichiarata di Nutanix, che intende portare i tanti benefici di semplicità, flessibilità e di ottimizzazione dei costi, tipicamente percepiti sul Cloud pubblico, all’interno dei data center delle aziende. Un obiettivo che il vendor persegue attraverso i propri partner indiretti, ai quali delega la totalità del business: un centinaio di partner certificati gestiti dai due distributori Exclusive Network e Systematika. «Se le aziende non vogliono andare nel cloud, portiamo noi il cloud in casa loro - è il pensiero di Alberto Filisetti country manager per l’Italia di Nutanix -. Negli ultimi anni di cloud se n’è parlato talmente tanto che le aspettative di business delle aziende sono state praticamente resettate. Il cloud è ormai sinonimo di facilitatore di business, e il cloud pubblico è simbolo di riduzione del time to market. Oppure si opta per il public cloud infrastrutturale per il lancio di qualche nuovo progetto di business, prima di decidere se investire in maniera più consistente».

Chi ha paura del public cloud?

Matteo Uva channel manager di Nutanix Italia

Un public cloud anch’esso ormai al passo con l’innovazione, e sul quale si può fare affidamento, con la garanzia di avere a disposizione un vero e proprio data center quando se ne ha bisogno, supportato dalle ultime tecnologie. Mentre dall’altra parte aumenta la complessità delle infrastrutture on premise, che deve essere continuamente upgradata e gestita con alti costi. «Costi fissi che si potrebbero ormai evitare appoggiandosi al cloud, riducendo la complessità e concentrandosi solamente sull’applicazione - aggiunge Matteo Uva, channel manager per l’Italia di Nutanix -. Il cliente, in fin dei conti, non deve preoccuparsi dell’infrastruttura, ma solo del fatto che l’applicazione possa essere lanciata e che funzioni. E su queste premesse ben si cala il

concetto di iperconvergenza, che andrebbe a semplificare la struttura a blocchi attualmente utilizzata nel 90% dei data center dei clienti. Connettività, storage, hypervisor, network, in singoli blocchi, con la conseguenza di avere tanti team interni, tanti centri costo, tanta spesa, tante competenze dirottate. Insomma: problemi. Tanti blocchi specializzati con il proprio software interno e manutenzione distinta per ognuno di essi. Ed è questo modello che Nutanix intende semplificare, rendendolo agile come se fosse un cloud pubblico».

La semplificazione che passa dal software Con questo obiettivo Nutanix si è focalizzata sull’iperconvergenza, ridefinendo gli stack di hardware e di software secondo logiche diverse da quelle tradizionali concentrando la parte computazionale dei server, con quella storage e network. Un approccio tipicamente da hardware vendor compiuto, invece, da un’azienda che continua a definirsi software vendor. Che Filisetti intende spiegare: «Se agli inizi la nostra tecnologia si basava su un “pezzo di ferro”, costruito da un OEM interno al gruppo, e vestito del nostro software, abbiamo strada facendo adottato una strategia che prevede di appoggiare il nostro software ad hardware prodotto da terze parti, da cui ha preso vita la partnership con i sistemi di Dell EMC e, in seguito, con Lenovo. Da qui abbiamo poi proseguito con una soluzione software only, che gli integratori possono associare all’hardware che preferiscono. Con blocchi che possono poi essere scalati, aggiungendone di nuovi secondo le esigenze del cliente». Quindi, al blocco di base, che comprende server, data protection e storage, oggi Nutanix aggancia i nuovi stack, che comprendono Virtualizzazione Integrata, le One Click Operations, secure Networking, Application Automation e Multicloud Management.

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Loris Frezzato

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Portare la semplicità del cloud pubblico all’interno dei Data Center on premise è la mission del vendor che propone console unificate per la gestione dei vari stack infrastrutturali


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AvAyA cAmbiA e Apre Ai pArtner

lA strAdA dellA trAsformAzione I partner del vendor chiamati a percorrere insieme la strada della trasformazione digitale. Un ecosistema che può accedere a un marketplace globale dove inserire le applicazioni di UCC e Customer Engagement sviluppate sulla piattaforma Avaya

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Loris Frezzato

Massimo Palermo

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Country manager di Avaya Italia e responsabile South Eastern Europe

Sono stati 200 i partecipanti ad Avaya Edge, l’incontro che Avaya ha dedicato al proprio canale dei partner, al quale il vendor delega, a livello globale, il 75% del business, quota che in Italia va ben oltre il 90%. L’obiettivo è di portare ai partner il messaggio del valore del trade nelle politiche di go-to-market dell’azienda, la quale, dopo avere abbandonato l’area networking, è sempre più focalizzata nelle soluzioni di UCC, Customer Engagement e Contact Center evoluto. «Da quest’anno, infatti, abbiamo voluto tenere l’evento per i partner separato da quello con i clienti, proprio per enfatizzare i messaggi di collaborazione con cui intendiamo, insieme, affrontare il mercato - afferma Massimo Palermo, country manager di Avaya Italia e responsabile South Eastern Europe -. A loro stiamo passando il messaggio di cambiamento e di trasformazione che noi stessi stiamo vivendo, passando da hardware a software e service vendor. Un percorso di cambiamento che anche i nostri partner devono affrontare, non più per scelta, ma per necessità. Il nostro ecosistema deve essere in grado di seguire la nuova domanda del mercato, che non consiste più di fornitura pura, ma di use case progettuali su singole esigenze, che coinvolgono processi integrali di innovazione». Non prodotti, quindi, ma progetti, che si devono appoggiare su di una piattaforma che consenta la cooperazione e integrazione di più ingredienti. Avaya si propone, infatti, con una propria piattaforma, customizzabile, che consente ai partner di aggiungere valore, oltre a fungere da aggregatore di skill affinché insieme alla propria rete di partner possa essere riconosciuta come interlocutore primario per la digital transformation. «Non l’unico interlocutore - sottolinea Palermo -, perché non si può affrontare un così complesso come da digital transformation da soli, ma è un lavoro corale, dove la system integration avrà sempre più un ruolo pri-

mario». Una decina i partner italiani che a oggi hanno contribuito con le proprie soluzioni ad arricchire il marketplace del vendor in diversi ambiti verticali e che ha visibilità a livello worldwide, aprendo di fatto a mercati globali anche soluzioni costruite da partner locali.

Collaborazione, sviluppo e cloud: i temi trasferiti al canale Temi futuribili, promossi dalle nuove tecnologie, ai quali i protagonisti dell’IT sono chiamati a dare interpretazioni utili al business delle aziende. «La digital transformation oggi è un’esigenza per ogni tipo di cliente - commenta Fadi Mubarak, VP e Channel Leader, Avaya International -, che deve potere identificare quali opportunità cogliere e come la tecnologia può aiutarli. Il ruolo nostro e del canale è quello di interpretare il business dei clienti e capire cosa è meglio automatizzare. Soprattutto ora che le nuove tecnologie stanno aprendo a scenari inediti, come l’AI per esempio, ma sempre applicati ai processi aziendali. Vogliamo affrontare questo tema attraverso partner che possono trasferire e aumentare il valore, anche utilizzando le nostre API per sviluppare nuove applicazioni e poterle poi inserire all’interno del nostro marketplace». Il punto fondamentale che Avaya evidenzia è la necessità di attivare una collaborazione all’interno dell’ecosistema dei partner, sinergie sulle soluzioni e non su ciò che il singolo vendor propone, quale elemento enfatizzante la capacità di integrazione del partner stesso. «Attraverso il nostro partner program stiamo facilitando e spingendo la transizione verso il cloud - conclude Mubarak -, abilitando i partner con formazione e incentivi, per proporre una transizione modulare, lasciando scegliere ai clienti se e cosa mettere in cloud e decidere la quota di Capex e di Opex secondo le proprie esigenze».


il cANAle puNtANdo su hybrid cloud e sistemi ipercoNvergeNti

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NetApp vuole rAfforzAre

Andrea Fumagalli Channel & Alliances Sales Manager di NetApp

NetApp e il suo ecosistema di partner: circa 250 aziende accreditate suddivise tra Star, Platinum, Gold e Register. La “super” Star internazionale è Fujitsu mentre quello di più alto livello in Italia è Sinergy (oggi parte di Lutech). I partner della categoria Platinum sono Veeam, VarGroup e Gruppo Project; un centinaio i Gold e quasi 150 i Register (registrati al programma di canale ma “meno attivi”). Questi i numeri da cui parte Andrea Fumagalli, Channel & Alliances Sales Manager di NetApp il quale, in un ristretto incontro riservato alla stampa dell’Ict trade, ricorda l’importanza per la multinazionale anche delle partnership di natura più tecnologica che commerciale, come Fujitsu, Cisco, Amazon AWS, Sap e, a brevissimo, anche Microsoft. «Al nostro Partner Academy ho visto un canale che non conoscevo, molto dinamico e proattivo», è uno dei primi commenti di Fumagalli. «L’ecosistema di partner di NetApp ha un approccio di condivisione verso i progetti e le strategie di mercato: i partner non ci chiedono “quanti ordini mi procuri” ma “quali sono i clienti su cui possiamo muoverci insieme”. È una visione nuova, importante rispetto al percorso di cambiamento che la stessa NetApp sta compiendo: non siamo più un Nas provider ma un vendor di tecnologia che va dai sistemi all-flash all’offerta di servizi cloud, passando per HCI - Hyperconvergence Infrastructure e persino facendo leva sull’HPC - High Performance Computing». Hybrid cloud e HCI, in particolare, sono le due aree di punta dei prossimi mesi, «un mercato totalmente in mano al canale», ribadisce Fumagalli. «Abbiamo raccolto moltissime richieste di Poc sui sistemi iperconvergenti e nelle prossime

settimane partiranno i primi progetti concreti. Su questo fronte abbiamo avuto anche occasione di incontrare partner nuovi, system integrator che non avevano mai lavorato con NetApp». Per quanto riguarda l’hybrid cloud il partner più rilevante è AWS - Amazon Web Services «ma anche rispetto a questo tipo di offerta stiamo ampliando l’ecosistema; abbiamo sviluppato in casa una soluzione chiamata Cloud Control che consente di fare il backup di Office365, un servizio che oggi possiamo offrire in cloud, sempre attraverso il canale», puntualizza Fumagalli. Oggi il fatturato NetApp arriva ancora per la maggior parte dai sistemi core legati allo storage «ma a tendere aumenterà sempre più il peso delle vendite di sistemi iperconvergenti e servizi cloud», fa sapere Fumagalli. «Questo non significa che perderemo il focus sul nostro ecosistema tradizionale: i tre distributori di riferimento (Arrow, Computer Gross e Icos) continueranno ad essere un punto di riferimento importante per tutto il nostro canale che acquista direttamente da loro; abbiamo anche una persona interna totalmente dedicata a questi tre distributori». La strategia di canale di NetApp, oltre alla focalizzazione sulle tematiche tecnologiche HCI e hybrid cloud, si completa con programmi di incentivazione che si declinano sia sui “new name” sia sui progetti tecnologici (per esempio sulla specializzazione storage in ambito Flex oppure sulla sostituzione di sistemi obsoleti, con incentivi ad hoc se della concorrenza). «Una parte molto importante del programma di canale è dedicato alla formazione conclude Fumagalli - e alle attività di marketing, in particolare quelle di demand e lead generation».

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Nicoletta Boldrini

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NetApp alla ricerca di “partner veri”, non di clienti. Così Andrea Fumagalli, Channel & Alliances Sales Manager NetApp, spiega le nuove strategie di canale dell’azienda che chiede di puntare su all flash, hybrid cloud e HCI - Hyperconvergence Infrastructure


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Marco Argenti Vice President Technology di AWS

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AWS democrAtizzA il rApporto con gli SviluppAtori

Non solo piattaforma tecnologica, ma leva per migliorare la competitività delle imprese. AWS guarda al mondo dei Builder e degli sviluppatori offrendo strumenti abilitanti, che democratizzano l’accesso anche alle tecnologie più complesse

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Maria Teresa Della Mura

Non solo Developer, ma Builder. Non solo sviluppatori, ma tutto quell’articolato ecosistema di figure professionali che danno vita a nuovi servizi, a nuovi processi e a nuove applicazioni per le imprese e verso le imprese. Sono loro oggi il focus di AWS, come spiega Danilo Poccia, Technical Evangelist della società: «I Builder per noi sono tutti coloro che prendono parte a un progetto e che aiutano le imprese a passare dal mondo delle idee a quello della realizzazione concreta dei progetti di trasformazione, abilitati dal cloud. Sono gli sviluppatori, certo, sono i nostri partner, ma sono anche le operation, i CTO, le figure IT, che all’interno delle imprese prendono parte ai cambiamenti». Siamo in una fase nuova. Non si tratta più di valutare il “se” portare avanti un progetto, ma del come e del quando farlo, spingendo su due leve chiave: l’agilità e la velocità. C’è un’evoluzione evidente nella modalità in cui AWS si propone alla community dei propri partner e dei propri clienti: da piattaforma tecnologica a leva abilitante per i percorsi di digital transformation sui

quali le aziende costruiscono oggi la loro competitività. E se di leva abilitante si parla, questa leva deve essere “democratica”, vale a dire alla portata di tutti. Ed è qui che AWS ha concentrato il proprio lavoro. Democratizzare, spiega Marco Argenti, Vice President Technology di AWS, significa rendere disponibili una metodologia e un approccio accessibili a tutti, anche a chi non ha


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pria disposizione algoritmi di machine learning, che lavorano automaticamente e attivano, sempre automaticamente, l’applicazione. Di fatto SageMaker semplifica la distribuzione del modello, una volta che questi sia stato addestrato e messo a punto, consentendo dunque di iniziare a generare nuove previsioni su nuovi dati. Ma AWS ha fatto un passo ulteriore, verso gli sviluppatori e verso i partner che danno vita alle soluzioni per i suoi clienti. Oltre a SageMaker, ha reso disponibili infatti anche servizi applicativi già sviluppati e pronti all’uso, come Lex, il servizio per la creazione di chatbot, Polly, per la trasformazione del testo in conversazione reale, Rekognition e Rekognition Video, per il riconoscimento degli oggetti che compaiono in video oppure in immagini, Transcribe, per il riconoscimento vocale automatico, Translate, il servizio di traduzione automatico, e Comprehend, per l’elaborazione del linguaggio naturale, per scoprire le informazioni contenute nel testo.

Techedge, con il machine learning verso l’Industria 4.0 Partner di AWS da molto tempo ormai, Techedge si muove nell’ambito dell’industria manifatturiera, con soluzioni che ne facilitano la trasformazione digitale I partner sono componente essenziale della strategia di go to market di AWS. «Lavoriamo con partner di tutte le dimensioni, dai grandi integratori e consulenti alle realtà più piccole, fino alla Cloud Alliance, che è una associazione composta da piccole realtà locali». Fa parte della rete dei partner di AWS Techedge, una realtà nata in Italia e che oggi conta su una presenza in 20 Paesi con una struttura di oltre 1700 persone. «Siamo un System Integrator - spiega Gianni Pellizzo, Industry 4.0 Corporate Director della società - e abbiamo scelto alcune piattaforme sulle quali lavorare. Tra queste AWS. Siamo partiti utilizzando AWS come l’infrastruttura cloud sulla quale far migrare i sistemi di backend dei nostri clienti, dunque come layer IaaS per la migrazione del backend, per poi considerarla piattaforma applicatiuva, dunque spostandoci verso una logica PaaS». Techedge è uno dei partner che lavora nello specifico sui progetti di Industria 4.0, con due focus specifici: in primo luogo lo smart manufacturing, in particolare per quanto riguarda il monitoraggio e l’ottimizzazione dei processi interni alle aziende, in secondo luogo tutto il fronte dei prodotti connessi. «Sono aree sulle quali abbiamo lavorato e che stanno già vivendo importanti evoluzioni, che guardano in particolare al dato». Pelizzo spiega come stia partendo una nuova wave che spinge l’attenzione sull’edge computing: «Il volume di dati generati dalle macchine e dai sensori richiede una elaborazione a livello locale e uno streaming vicino alla fonte dei dati. Per questo oggi sempre più spesso viene richiesto di portare su un layer di edge computing quota parte degli algoritmi predittivi che abbiamo in cloud». Sempre sui dati è incentrata anche la seconda wave tecnologica su cui Techedge sta lavorando: «Parliamo dell’utilizzo intelligente dei dati, grazie agli algoritmi di machine learning. In questo AWS rappresenta per noi un partner fondamentale, con la sua piattaforma di servizi e di soluzioni, che ci consente di muoverci sui clienti con soluzioni molto specifiche, realizzate in tempi decisamente più rapidi».

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competenze specifiche o non ha al proprio interno risorse adeguatamente formate. L’esempio concreto è rappresentato da una delle leve tecnologiche che più frequentemente oggi vengono citate a supporto della trasformazione digitale: il machine learning. Nella data driven economy nella quale siamo oggi pienamente coinvolti, la capacità di lavorare sui dati, di trarre insight, di imparare dai dati è considerata il vero elemento di differenziazione nei contesti più diversi. «Oggi è fondamentale poter mettere in relazione i dati strutturati e non di tutta l’azienda, comprendere gli eventi, attivare azioni in modo dinamico e automatico, grazie agli algoritmi di machine learning», spiega ancora Poccia. Pensiamo, ad esempio, a una applicazione che evolve con l’uso, in base ai contesti, ai comportamenti e ai dati raccolti, senza che sia necessario riscriverne il codice. È proprio qui che si gioca la sfida: «Finora lo sviluppo degli algoritmi è stato prerogativa di figure professionali altamente specializzate: i data scientist. Democratizzare il machine learning significa farlo uscire dal controllo dei soli esperti, tenendo conto che non tutte le realtà possono permettersi l’ingaggio di un data scientist», riconosce a sua volta Argenti. Non tutte le realtà, non tutti gli sviluppatori. Il loro compito è sfruttare gli algoritmi, non scriverli. «Di norma, il lavoro dello sviluppatore si svolge in tre fasi: sviluppare una applicazione, farla lavorare sui dati reali, portarla in produzione». AWS rende disponibile agli sviluppatori AWS SageMaker, un servizio gestito che crea e distribuisce modelli di apprendimento automatico. Questo significa che lo sviluppatore ha a pro-


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KaspersKy Lab riveLa Le strategie di canaLe per Le soLuzioni b2b

Al secYOUrity 2018 Kaspersky ripercorre le proprie origini e conferma l’approccio 100% indiretto, puntando su un canale variegato impegnato nella diffusione del brand e del valore della cybersecurity, soprattutto attraverso soluzioni B2B

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Durante l’ultima Partner Conference di Kaspersky Lab, intitolata “secYOUrity Innovation.Strategy.Business”, l’azienda ha voluto ha rimarcare quanto sia vitale l’approccio totalmente indiretto che oggi vede i partner impegnati sia sul fronte della visibilità del brand ma anche, e soprattutto, sullo sviluppo del business B2B.

I successi dei 20 anni di attività

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Nicoletta Boldrini

Il messaggio arriva dalle parole dirette del General Manager di Kaspersky Lab Italy, Morten Lehn, il quale, ricordando l’importante momento legato ai vent’anni di attività della società, sottolinea i successi raggiunti lo scorso anno: «700 milioni di dollari il fatturato 2017 raggiunto, con una crescita del 6% rispetto all’anno precedente - fa presente Lehn -; anche l’Italia ha contribuito fortemente a questo successo con un organico che oggi conta circa 50 persone tra Milano e Roma». Le ragioni del successo il General Manager le evidenzia ricordando le origini dell’azienda: «Siamo sempre stati una realtà fortemente impegnata nella ricerca e sviluppo. Dei 4mila dipendenti che oggi abbiamo a livello globale, quasi 2mila sono coinvolti sul fronte R&D». Altro elemento di spicco della società che Lehn rimarca è il Kaspersky Security Network (KSN), una rete globale che analizza grandi moli di dati provenienti da oltre 100 milioni di aziende i quali, analizzati in real-time, consentono di rafforzare continuamente le capacità di protezione delle soluzioni Kaspersky attraverso un approccio che l’azienda identifica come “sicurezza adattiva”. L’evento di Milano è stato occasione, inoltre, per confermare l’impegno dell’azienda nei confronti dei partner di canale a valore come Security Consulting e System Integrator per consolidare la propria presenza nel mercato B2B, con focus su settori verticali quali industry 4.0, finance, insurance,

Morten Lehn General Manager di Kaspersky Lab Italy

Giampiero Cannavò Head of Channel B2B di Kaspersky Lab Italia

government e PA. Per aiutare i partner in questa “missione”, Kaspersky Lab ha sviluppato un Partner Program ad hoc con l’obiettivo di supportare le aziende a raggiungere, nello specifico, tre importanti risultati: ampliare l’offerta di servizi gestiti per la sicurezza informatica, senza ulteriori risorse o carichi amministrativi; ottenere nuovi clienti e aumentare le vendite.

Non si ferma il recruiting di partner «Il canale rappresenta una parte fondamentale del nostro business in quanto tutti i prodotti e servizi venduti da Kaspersky Lab vengono gestiti tramite i nostri partner. Quest’anno contiamo di reclutare nuovi partner ad alto valore aggiunto in grado di supportarci nell’offerta della nostra sempre più vasta offerta sia per il mercato enterprise sia per le PMI», spiega Giampiero Cannavò, Head of Channel B2B di Kaspersky Lab Italia. Il supporto ai partner si concretizza anche in attività di marketing e comunicazione, come ha ricordato Maura Frusone, Head of Marketing Kaspersky: «Operiamo attraverso tutti i principali media e il canale italiano per aumentare la brand awareness e abbiamo sviluppato uno specifico programma di supporto (chiamato Kaspersky Points) per incentivare con premi e riconoscimenti le vendite da parte del nostro canale. Per i partner più strategici sono previsti anche momenti formativi e supporto diretto per lo sviluppo del business». Dal punto di vista tecnologico, il focus attuale è sull’architettura che Kaspersky identifica come HuMachine Intelligence e Adaptive, basata su Machine Learning, Big Data Analytics e Threat Intelligence, «il pilastro portante della “sicurezza adattiva” attorno alla quale si sta sviluppando la roadmap tecnologica dell’azienda», conferma Lehn in chiusura.


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Huawei arma i partner per

Ernest Zhang presidente di Huawei Enterprise WE

Cloud, Big Data, IoT, AI e 5G sono gli ingredienti per una digital transformation che si traduca in una tecnologia customer centrica. Ingredienti, o obiettivi, che si affidano a infrastrutture solide e a soluzioni innovative, una partita nella quale Huawei sta giocando un ruolo primario, ma nella quale intende coinvolgere l’ecosistema dei partner, con un modello aperto non solo alla vendita, ma che si estende anche alla realizzazione di soluzioni verticali. Queste le premesse con cui Ernest Zhang, presidente di Huawei Enterprise WE ha introdotto l’edizione 2018 del WEU Huawei Partner Summit che ha raccolto ad Amsterdam oltre 500 partner dell’area Western Europe, tra distributori e system integrator, tra i quali una cinquantina di nomi italiani.

Partner ingaggiati per soluzioni verticali «La strategia di Huawei si basa fondamentalmente sulle piattaforme e sull’ecosistema - spiega Zhang -: piattaforme aperte, flessibili e sicure e un ecosistema di partner con rapporti basati su reciproci benefit. Dal canto nostro, stiamo puntando i riflettori sulle industrie locali: Manufactoring, Energy, Finance, Government e Transportation e proprio su questi mercati stiamo attivando partnership con realtà locali per creare insieme delle soluzioni verticali». Partner con i quali il vendor cinese intende attivare relazioni trasparenti e semplificate, con servizi di supporto efficienti, migliorando nel contempo la brand recognition e diversificando le strategie di marketing di canale. L’obiettivo dichiarato dal vendor è di diventare uno “One stop shop” per i pro-

pri partner, grazie al sempre più ampio portfolio di soluzioni a loro disposizione, dal datacenter all’edge computing. Per questo Huawei sta anche guadando con attenzione a nuove figure da fare entrare nel proprio ecosistema, nuovi partner, ISV o technology partner, che abbiano di nuovo anche il business model, in modo da coinvolgerli nella collaborazione. «Vogliamo rafforzare il nostro brand e collocarlo come miglior partner per l’abilitazione della digitalizzazione industriale - afferma Zheng - e in questo senso investiremo molto in comunicazione, marketing, eventi, webinar, oltre a una localizzazione dei training in lingua, abilitando inoltre i partner a cogliere opportunità anche dall’ambito dei servizi».

Storage all-flash, all-cloud e all-AI Sul fronte dei prodotti, l’evento è stato l’occasione per presentare ai partner il rinnovo dell’offerta strorage con OceanStor V5, pensato per il target Enterprise, e che si propone per essere all-Flash, all-Cloud e all-AI. La nuova serie punta a facilitare la migrazione delle applicazioni mission critical delle aziende verso il cloud, estendendo di fatto ai servizi abilitati dalla collaborazione con partner sul proprio Huawei public cloud. Mentre per quanto riguarda la rete, la proposta va ben oltre l’SDN, puntando dritto verso l’IDN, ossia l’Intent Driven Networking , una rete autonoma, in grado di tradurre gli intenti di business nella tipologia di network più adatta, con possibilità di effettuare verifiche prima dell’esecuzione automatica e di prevedere i cali di rete prima che accadano.

Al Huawei Partner Summit indirizzato ai partner europei il vendor ribadisce la necessità di creare un ecosistema basato sulla collaborazione, commerciale e tecnologica, per affrontare nuovi mercati con le tecnologie dell’innovazione

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Loris Frezzato

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portare innovazione sui mercati locali e verticali


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Qualys alla ricerca di

vulnerabilità nei perimetri aziendali estesi La società californiana propone una soluzione as a service che scova e neutralizza le vulnerabilità. Un mercato che segue attraverso una rete di partner votati alla consulenza

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Loris Frezzato

Emilio Turani,

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Managing director Italia, Spagna e Portogallo

La connessione è il paradigma alla base della Digital Transformation, un processo che si è potuto iniziare a sviluppare proprio grazie al crescente numero di oggetti collegati alla rete. Il risultato è un affollamento di tali oggetti IP based, dalle stampanti, ai laptop, ai vari device mobili, con la conseguente espansione dei perimetri aziendali, sempre più sfumati. Va da sé che una tale situazione non può far altro che complicare il monitoraggio della sicurezza. La californiana Qualys, nasce nel 1999 proprio con l’obiettivo di scovare le minacce, i punti d’accesso e gli eventuali attacchi silenti presenti in azienda, attraverso soluzioni e servizi di Vulnerability Assessment disponibili in cloud. «Qualys è presente nel mondo con una trentina di filiali - spiega Emilio Turani, managing director Italia, Spagna e Portogallo -. Un’espansione che è andata di pari passo con il successo sul mercato delle soluzioni di Vulnerability Assessment, che Qualys arricchisce con vulnerability management, protection e Web application scanning, rappresentando di fatto la soluzione adatta in termini di sicurezza e compliance, disponibile in modalità as a service. Un modello che quindi garantisce costi di amministrazione bassi a fronte di un’alta scalabilità, apprezzabile dai mercati di qualsiasi dimensione, ma soprattutto da quelli medio-alti, dal Finance, al Telco o la PA, ossia quelle realtà dove gli indirizzi IP da proteggere e scansionare sono numerosi, offrendo nel contempo un servizio interoperabile con i processi aziendali, in grado, anzi, di abilitarli».

Partner in grado di dare consulenza Sono già un’ottantina i clienti che Qualys ha acquisito in Italia nei 2 anni dall’apertura della filiale, aziende enterprise e medium-business seguite attraverso partner, tipicamente profili con competen-

ze consulenziali, in grado di enfatizzare anche l’aspetto economico delle soluzioni proposte le quali, grazie al modello pay per use e pay as you grow, sono in grado di scalare secondo le esigenze dei clienti e soddisfare le variabili di budget. Servizi che vengono erogati da 4 data center per il repository dei dati, 2 dei quali in Europa. Un modello di vendita che ben si adatta ai processi di Digital Transformation in atto, sfruttando anche i contributi fiscali legati ai progetti di Industry 4.0, per i quali il vendor è riconosciuto e accreditato, proponendo un servizio a costi prevedibili, indipendentemente da dove i dati risiedano, essendo il pricing basato unicamente sul numero degli indirizzi IP da gestire. «Non possiamo fermare l’onda che va verso il cloud e l’esasperazione dell’IP – interviene Luca Besana, Channel manager Italia di Qualys -. Le aziende saranno sempre più fluide e quindi bisogna orientarsi alla corretta gestione, senza comunque “appesantirle”, non avendo tecnici e budget per seguire le nuove tecnologie. In tal senso, i servizi di Qualys si adattano a quel che trovano in azienda, senza vincolare il cliente, offrendo un’unica console dalla quale monitorare la sicurezza dei dati. Qualys ha un tradizionale posizionamento enterprise. Ma oggi lo spettro del target si è abbassato all’SMB, un cambio di scenario che ci ha fatto crescere molto sul canale. Che deve essere strategico, capillare e consulenziale. Oggi collaboriamo con una ventina di partner system integrator che gestiamo in maniera one tier, alcuni dei quali erogano i servizi in modalità gestita, in qualità di MSP (Managed Service Provider), un numero che non è previsto in crescita a breve: prefriamo per ora concentrare i nostri sforzi sui partner esistenti in modo da potenziarne le opportunità di business».


per unIre le forze del canale

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InformatIzza ItalIa, un network L’accresciuta complessità del mercato IT, unita all’emergere del fenomeno degli acquisti diretti via Web, ha messo buona parte degli operatori di canale in una situazione estremamente diversa rispetto al passato, quando una piccola struttura poteva essere sufficiente per coprire diverse aree di interesse e servire numerosi clienti finali. Oggi, invece, la dimensione aziendale rischia di costituire un pericolo per le prospettive future dei system integrator, tanto che non a caso nel settore si sente sempre più spesso parlare della necessità di creare rapporti e sinergie all’interno del trade nazionale. Per non rischiare, prima o poi, di dover abbandonare il mercato, in cui i player di maggiori dimensioni hanno più carte da giocare sul tavolo. Questa sfida è stata raccolta dal system integrator veneto JTP Informatica, che ha lanciato nei mesi scorsi un progetto, ribattezzato Informatizza Italia, che va esattamente in questa direzione.

plementare, considerato che il lavoro svolto attraverso il network JTP sarebbe stato svolto da qualche concorrente, correndo peraltro il rischio di vedersi scippare da questi ultimi anche i propri servizi. Dunque Informatizza Italia si rivolge a società di informatica, Web Agency, installatori e Var di varia natura sparsi sul territorio nazionale, non necessariamente di piccola dimensione. Fanno infatti già parte del network di JTP aziende con centinaia di addetti, magari focalizzate in determinate nicchie di mercato. Come puntualizza meglio Paquola, la logica di Informatizza Italia

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Gianluigi Torchiani

è quella della coopetition a cui tanto si ispirano anche i grandi vendor dell’Information Technology: «Informatizza Italia è un network di aziende, che diventano partner e non più competitor, permettendo la valorizzazione delle specificità di ciascun operatore. Il progetto è partito ufficialmente a gennaio, abbiamo già alcuni associati e tanti altri li stiamo cercando in tutta l’Italia. L’obiettivo è dare al network una struttura solida e organizzata a livello nazionale, con una sede in ogni regione. Da parte nostra, come JTP, ci siamo già predisposti per supportare il progetto, dedicandovi una serie di figure commerciali e di presales».

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L’iniziativa, promossa da JTP Informatica, punta a favorire la cooperazione tra partner con diverse competenze su tutto il territorio nazionale

Un network all’insegna della coopetition Andrea Paquola CEO di JTP Informatica

Come racconta a Digital4Trade Andrea Paquola, CEO di JTP Informatica, «Con informatizza Italia abbiamo lanciato un progetto che consentirà a tutti i system integrator che vorranno associarsi di diventare partner di JTP. In questo modo potranno andare a proporre ai clienti dei servizi che oggi non sono in grado di offrire, potendo contare sul braccio operativo e commerciale di JTP e degli altri operatori aderenti. D’altra parte, con l’ingresso nel network c’è la possibilità di andare a proporre i propri servizi, valorizzando in maniera adeguata le proprie specificità e competenze. Il modello di business è estremamente semplice e chiaro: chi si associa al network riceverà una quota fissa per tutta la durata dell’opportunità segnalata, pur non svolgendo effettivamente l’attività. In questo modo i partner hanno la possibilità di allargare il proprio portafoglio di offerta e di contare su un’entrata certa e sup-


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TeamSySTem unifica il canale

e punTa a un fuTuro all’inSegna di cloud e digiTale Il gruppo ha presentato i risultati positivi del 2017 durante l’evento “TalkS2018 - Digital is Running”. A guidare la crescita è stato soprattutto il business della nuvola, che inciderà sulle strategie di canale. A cominciare dalla nomina di Stefano Roversi come responsabile unico del settore

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Fabrizio Marino

Federico Leproux

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CEO di TeamSystem

«La trasformazione digitale sta accelerando. Gli investimenti in tecnologia dei professionisti sono cresciuti e anche l’Italia sta facendo la sua parte. Siamo davanti a una opportunità enorme, ma c’è ancora tanto lavoro da fare. A cominciare dalla creazione di un ecosistema collaborativo all’interno del quale operare e crescere insieme. Il digitale non deve essere visto come una minaccia, ma come un’opportunità». È questo il messaggio principale che Federico Leproux, CEO di TeamSystem, ha voluto lanciare dal palco di “TalkS - Digital Is Running”, l’evento corporate che ha riunito aziende del mercato ICT, istituzioni e opinion leader del mondo dell’innovazione, per discutere di trasformazione digitale. Al grido di “sì, noi ci crediamo”, il gruppo ha messo in evidenza i risultati positivi del 2017, frutto principalmente di investimenti effettuati proprio nel campo dell’innovazione digitale. «Siamo cresciuti quasi esclusivamente in maniera organica, ha spiegato Leproux, e abbiamo accresciuto le nostre competenze anche grazie a piccole acquisizioni, fatte con l’obiettivo di estendere l’offerta del nostro gruppo». Il motore della crescita del gruppo è stato senza dubbio il cloud, considerata l’architettura più semplice e scalabile per gestire i dati perché abbina a queste due caratteristiche anche la sicurezza. All’interno di una crescita media dei ricavi superiore all’8%, infatti, il business del cloud è cresciuto del 60%, con picchi di quasi il 90% se si includono le acquisizioni. Nel dettaglio, gli affari legati al mondo della nuvola per TeamSystem sono retti da tre pilastri: apertura di nuovi segmenti di mercato (fatturazione elettronica per esempio); servizi aggiuntivi che mettono in relazione le aziende e il mondo esterno (firma digitale, ecommmerce, in generale tutti i business che

passano da una gestione di processi fisici a una di processi software); passaggio al cloud di clienti tradizionali (on-premise). L’evoluzione del gruppo guidato da Leproux, però, si muove anche lungo l’autostrada dell’open innovation, che trova espressione concreta in acquisizioni di realtà imprenditoriali focalizzate su business specifici. Per citarne alcune: Euresys (società che produce software per la gestione HR), EvolutionIt (startup del settore wellness), ma soprattutto Fatture in Cloud, startup attiva nel settore della fatturazione elettronica, guidata da Daniele Ratti, che punta a rivoluzionare il mondo delle micro-imprese e dei liberi professionisti. Sul fronte dei partner, invece, un messaggio forte è stato indirizzato agli operatori di canale. La scommessa dell’azienda è reinventare il ruolo del VAR: sempre meno installatore di macchine e software e sempre più consulente per lo sviluppo di applicazioni. Per questo il gruppo ha deciso di unificare il canale distributivo, nominando Stefano Roversi responsabile unico del comparto. L’obiettivo di Roversi sarà sempre di più il sellout, ovvero l’adozione del cliente finale di una soluzione TeamSystem, a prescindere che questa adozione avvenga attraverso il canale diretto o quello indiretto. «Il 2016 e il 2017 sono stati due anni in cui il mercato ha dato un segnale forte al canale diretto». Ha aggiunto Stefano Roversi. «Il cloud c’è e la domanda è forte. Anche i clienti che fino a qualche tempo fa si mostravano scettici, ora stanno puntando con convinzione su questa tecnologia. Il vero tema semmai è quello legato alle competenze: per convincere un cliente a passare al cloud ci vogliono le argomentazioni adatte. Ecco perché ci apprestiamo a investire sulla formazione dei nostri partner».


il canalE con la rivoluzionE cloud

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Bootcamp EsprinEt: comE camBia Come le soluzioni cloud Microsoft possono trasformarsi in un concreto vantaggio per i rivenditori? Questo il tema con cui il distributore si è confrontato recentemente con il canale

Mobility, time to market, scalabilità e affidabilità: le nuove sfide per le aziende Come ha messo in evidenza Paolo Filpa, Services Division Manager di V-Valley-Esprinet, la composita famiglia di prodotti della casa di Redmond consente alle aziende moderne di affrontare quattro sfide cruciali per il business di oggi: mobilità, time to market, scalabilità e affidabilità. Esigenze che, è facile da capire, possono offrire tantissime opportunità, stimate addirittura da Microsoft in 4.500 miliardi di dollari a livello globale. Che possono essere intercettate soltanto grazie a un ruolo

fondamentale dei partner. La chiave per mettere in pratica questo modello è la formula CSP avviata già da qualche tempo da Microsoft: il rivenditore acquista le tecnologie cloud da un distributore, in questo caso Esprinet, che le offre a condizioni vantaggiose, mettendoci sopra qualcosa di suo e contrattualizzando direttamente con l’utente finale.

Il cloud Esprinet che ruota intorno ad Azure Ovviamente il Bootcamp è stata anche l’occasione per fare il punto sulla famiglia di prodotti cloud di Microsoft: in particolare in ambito SaaS ci sono tantissimi strumenti, magari poco noti, che consentono di abilitare funzioni molto importanti in ottica di comunication e collaboration all’interno dei team aziendali, senza dimenticare la sicurezza, su cui il vendor sta investendo molto. Altro punto importante sono le soluzioni di backup remoto e disaster recovery orchestrate da Esprinet, che consentono ai clienti di utilizzare a un costo ragionevole un servizio di cui hanno bisogno e agli operatori IT di vendere un servizio aggiuntivo e non puramente sostitutivo. A partire da Azure Backup, i partner possono implementare progetti specifici integrando gli altri vendor del settore che il distributore ha a portafoglio: Veeam, Veritas, Commvault, Dell EMC, Acronis, Barracuda e Quest. A proposito di Azure, la vastità del catalogo dei servizi può disorientare i rivenditori; ecco perché Esprinet mette sul campo una serie di servizi che possono facilitarne il lavoro. Due, in particolare, i servizi esclusivi che sono stati presentati in occasione del Bootcamp: l’interruttore digitale, che permette al rivenditore di “spegnere” con un clic i server virtuali di cui il cliente non ha necessità, anche soltanto temporanea, con vantaggi significativi anche da un punto di vista dei costi. La visibilità sui costi e non solo è invece resa possibile da un vero e proprio cruscotto digitale sviluppato dal distributore, la Cost Dashboard for Azure.

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Il contesto economico in cui siamo immersi è ormai profondamente diverso rispetto al passato: buona parte dei servizi di cui usufruiamo, dalle vetture che guidiamo alla musica che ascoltiamo, non viene più acquistata per intero, ma attraverso un modello as a service, in cambio di un pagamento di un tot al mese. Una rivoluzione che va sotto il nome di cloud e che, ormai da qualche anno, sta interessando anche la modalità in cui le aziende usufruiscono dei propri servizi ICT. Proprio al cloud è stato dedicato uno speciale Bootcamp organizzato da Esprinet a Torino e dedicato al mondo dei rivenditori, con al centro le soluzioni di una delle società più attive in questa svolta tecnologica, vale a dire Microsoft.

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Gianluigi Torchiani


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Business application:

come il canale aiuta le pmi italiane In un periodo complesso come quello che stiamo vivendo, per le aziende di piccole e medie dimensioni non è semplice identificare le soluzioni tecnologiche migliori e capire su quali applicazioni di business fare affidamento. Il canale è “in fermento” e ritiene ci possano essere interessanti “cambi di passo” in questo 2018

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Nicoletta Boldrini

Gian Domenico Ceroni,

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President & CEO di VM Sistemi

L’avvento della Digital Transformation ha cambiato i modelli di business delle organizzazioni ed ha determinato un’attenta revisione dei processi e dei flussi informativi in grado di generare valore non solo per i propri clienti, ma anche per i diversi ruoli aziendali e per gli altri attori del mercato. Le aziende non possono più considerare un’opzione l’adeguamento alla Digital Transformation ma una reale necessità oltre che un’opportunità. Non mancano però le difficoltà e seguire un cambiamento così radicale implica importanti scelte sia culturali sia di adozione tecnologica. Scelte che le PMI non possono affrontare da sole. Approfittando di un evento che SAP ha organizzato lo scorso dicembre in Val Gardena, abbiamo chiesto ad alcuni dei suoi partner di canale di condividere le loro considerazioni rispetto all’attuale contesto in cui si muovono le PMI e quali sono le possibili azioni di supporto che queste realtà possono “mettere in campo”.

Per far crescere le PMI servono tecnologie globali e scalabili

«Stiamo assistendo a un cambio generazionale nelle PMI. Gran parte delle piccole e medie imprese Italiane sono a conduzione familiare o mediamente strutturate. Con il supporto e la spinta innovativa, ma soprattutto con l’entusiasmo dei neolaureati, le aziende hanno la necessità di evolversi in realtà dinamiche e reattive ai cambiamenti. Se le aziende non adottano strumenti tecnologici di ultima generazione che possano gestire i dati in maniera strutturata, il rischio è quello di avere una visione globale d’azienda distorta con conseguenze critiche di gestione. Il nostro messaggio è quello di non “navigare a vista” ma prendere coscienza dei propri dati e anticipare le tendenze di mercato», è la visione che esprime Alessio Maggi, Chief Technology Officer di Alfa Group. «La nostra sfida è quella di trasmettere questi concetti alle aziende, attraverso un’analisi dei processi e un supporto direzionale, utilizzando in tempo reale i Big Data che sono all’interno dell’azienda ma soprattutto quelli esterni al mercato». Il mercato di riferimento di Alfa Group sono tutte le piccole e medie imprese italiane che hanno una forte volontà nel crescere in termini di qualità del lavoro ed aumentare il proprio business verso l’estero. «Questo approccio può essere sostenuto solo da un ERP che nasce con una visione globale (come il software SAP Business One) che ci consente di aiutare le PMI anche nell’ottimizzazione e nella gestione efficiente dei processi aziendali con un approccio, oltre che da informatici, da consulenti direzionali aziendali».


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Dalle business application, nuove opportunità per il canale

Chiedendo ai nostri intervistati quali sono le prospettive per questo 2018, le risposte sembrano andare coralmente in un’unica direzione, quella della svolta, del “cambio di passo” da parte delle PMI con investimenti maggiori su tecnologie avanzate che guardano, in particolare al mondo Big Data e Analytics. «Sfruttando la potenza del software internazionale SAP Business One - garantita anche dalla tecnologia in-memory di SAP HANA - tracciamo una netta linea di demarcazione col passato e siamo convinti di offrire un importante vantaggio competitivo ai nostri clienti», dice senza troppi giri di parole Ceroni. Anche Maggi punta su HANA: «La piattaforma introduce le analisi predittive sui dati aziendali in tempo reale, senza Alessio Maggi, Chief Technology Officer di Alfa Group

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Dello stesso parere sono anche Riccardo Rolando, Amministratore Unico di Upgrade e Stefano Blasi, Owner di InformEtica, seppur con esperienze ed approcci di mercato differenti. «Upgrade nasce come system integrator che in pochi anni ha fatto il salto da impresa locale a realtà con clienti internazionali di grandi dimensioni - racconta Rolando -. Lo scorso anno abbiamo però deciso di ritrovare il nostro focus sulle PMI puntando in particolare su quelle che hanno necessità di espansione, anche in mercati esteri. In percorsi di internazionalizzazione ci sono esigenze ben specifiche che richiedono, dal punto di vista tecnologico, l’utilizzo di piattaforme aperte ed estremamente documentate». InformEtica è un partner di SAP che focalizza quasi tutta l’offerta sulle soluzioni del vendor tedesco, «facciamo il 90% del nostro business attraverso le loro soluzioni ma non siamo “semplici” rivenditori - spiega Blasi -; abbiamo una divisione di sviluppo software al nostro interno che ci consente di creare add-on software certificati e aggiungere funzionalità tecnologiche alle applicazioni di business standard, processi spesso fondamentali per molte tipologie di aziende che sono di piccole/medie dimensioni ma che operano in mercati e contesti globali».

Gian Domenico Ceroni, President & CEO di VM Sistemi, ricordando il ruolo dell’azienda quale «riferimento primario per i distributori italiani di materiale elettrico», partecipa al nostro dibattito spiegando innanzitutto quali sono gli obiettivi e la strategia per il 2018: «Quest’anno, proseguendo la collaborazione intrapresa con Angaisa e Idrolab, abbiamo l’obiettivo di far conoscere ai grossisti del commercio di altre filiere - in particolare di articoli idro-termosanitari, ferramenta ed utensilerie - l’opportunità di sfruttare soluzioni gestionali basate su SAP Business One, adatte a rispondere ai mutamenti del particolare mercato, anticipando le loro esigenze». Analizzando poi il contesto delle PMI italiane, Ceroni ritiene che il 2018 possa essere un anno interessante per quanto riguarda gli investimenti tecnologici: «La nostra conoscenza ultratrentennale del mercato della distribuzione ci permette di affiancare le imprese nell’accettare la sfida dell’istantaneità del processo decisionale, che la quarta rivoluzione industriale ha lanciato. In ottica “impresa 4.0” ci aspettiamo interessanti incentivi, che potranno ulteriormente stimolare il fermento verso l’innovazione tecnologica del settore della distribuzione».

utilizzare nessun altro software di business intelligence. Questa integrazione permette di ridurre i costi di implementazione ed avere sempre le informazioni disponibili a qualsiasi livello aziendale». Visione del tutto allineata a quella di Blasi e Rolando. «In tre anni abbiamo duplicato il nostro fatturato e pensiamo che il 2018 sia un anno di ulteriore crescita dovuto proprio ai nuovi investimenti che le aziende faranno sul fronte Analytics», fa sapere Blasi. «La nostra strategia è stata fin da subito incentrata su Big Data e Analytics - rivela Rolando - tanto da spingerci a strutturare meglio la nostra organizzazione, portando al nostro interno competenze DevOps e IoT. SAP HANA è il sistema che ci aiuta ad avere tutti i dati in un unico punto, un plus che abbiamo sperimentato prima al nostro interno e che ora siamo pronti a proporre alle aziende anche attraverso corsi di formazioni ad hoc».

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La distribuzione in campo


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EY aprE a Milano WavEspacE: uno spazio pEr l’intEgrazionE di businEss E tEcnologia

EY ha inaugurato uno spazio di 700 metri quadri nel cuore di Milano. Obiettivo: abilitare le aziende alle nuove tecnologie utili per la trasformazione del business

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Gianluigi Torchiani

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Gli interni dello spazio Wavespace inaugurato a Milano

L’integrazione delle moderne tecnologie digitali, specie per progetti complessi e specifici, ha bisogno di spazi appositi, dove poter toccare con mano le soluzioni più innovative. Con questa motivazione EY ha inaugurato Wavespace, uno spazio di 700 metri quadri, nel cuore di Milano, dedicato alla tecnologia, ma con un occhio ben attento alle esigenze concrete delle aziende. L’obiettivo, infatti, non è tanto quello di fare ricerca tecnologica pura ma, piuttosto, realizzare progetti digitali in ottica business. L’intento finale è quello di aiutare le aziende clienti a ripensare le proprie strategie, migliorando la propria produttività e ad abbattere i propri costi, mantenendo alti i livelli qualitativi dei propri prodotti e servizi. Tutto questo grazie alle competenze di oltre 100 professionisti EY nella trasformazione digitale in svariati settori chiave (data analytics, artificial intelligence e machine learning, robotic process automation (RPA), blockchain, customer experience).

Uno spazio a disposizione Come ha dichiarato Donato Iacovone, Amministratore Delegato di EY in Italia e Managing Partner dell’area Mediterranea, «L’apertura di EY wavespace è un ulteriore investimento in questa città, dopo l’inaugurazione della nuova sede EY in Via Meravigli quasi due anni fa. Sfide importanti come quelle che ogni giorno le imprese affrontano per innovarsi e rafforzare la propria competitività non si affrontano da soli». Ma che tipo di progetti verranno sviluppati in Wavespace? L’idea è quella di continuare sulla falsariga adottata nei mesi scorsi: EY utilizza come base tecnologie già presenti e consolidate sul mercato, combinandole tra di loro con una integrazione ad hoc e aggiungendoci sopra piccoli ritocchi, come ad esempio algoritmi per una particolare funzione. Investendo dunque, più che in tecnologie hardware, nelle competenze necessarie perché queste ultime siano utili al mercato. Con questa modalità EY ha realizzato Npl, una soluzione che abilita l’evoluzione operativa e gestionale della filiera del credito, con particolare riferimento al portafoglio dei crediti scaduti e non performing. Il processo decisionale di argomenti così delicati è favorito e reso più razionale dall’impiego di metodologie di advanced analytics per clusterizzare il portafoglio, tecniche di machine learning per ottimizzare la strategia/cliente, strumenti di visual analytics per meglio comprendere gli output dei modelli e supportare il processo decisionale. L’obiettivo dichiarato di EY è di sfruttare al massimo Wavespace, portando a provare le nuove tecnologie almeno un cliente al giorno. E, per il momento la strategia sembra funzionare tanto che EY parla di un’agenda prenotata per tutto il primo trimestre di attività.


Il punto di riferimento

per l’aggiornamento Executive sull’Innovazione Digitale Gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano sono una fonte unica di informazioni, dati e conoscenza sui temi chiave dell’Innovazione Digitale. Attraverso una piattaforma multimediale e interattiva, WWW.OSSERVATORI.NET, è possibile accedere al know-how e agli eventi sui temi chiave dell’Innovazione Digitale per essere costantemente aggiornati in qualsiasi luogo e con qualsiasi dispositivo. Gli Osservatori elaborano strategie e modelli per molteplici ambiti B2c, B2b e PA: finance, customer experience, export, gioco online, risorse umane, sanità, beni e attività culturali, retail, turismo, media, banking, food, sport, manufacturing, supply chain finance, ...

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