SOGNANDO IL FUTURO
PROGETTO INTERDISCIPLINARE DI EDUCAZIONE CIVICA, ITALIANO, GEOGRAFIA, ARTE E TECNOLOGIA
Classe 3^H a.s. 2022-2023
Scuola Secondaria di primo grado E.Fermi - I.C. Rubiera
arà capitato a tutti di sentir parlare di paesi in via di sviluppo, popoli che vivono in condizioni di vita sfavorevoli, guerre, campi profughi, matrimoni combinati ecc… Spesso non siamo pienamente consapevoli di cosa significhi vivere in questo modo. Per questo è stato illuminante l’incontro con l’esperta Vilma Bulla che ha spiegato la storia di McCurry e ci ha mostrato i suoi scatti; alcuni di essi, riferiti al mondo dell’infanzia, sono appesi alle pareti della nostra scuola.
Dopo l’incontro, individualmente, abbiamo percorso i corridoi, scegliendo il volto ritratto da McCurry che più ci ha colpito e abbiamo inventato un testo biografico al riguardo. In questo racconto il personaggio narra la sua vita e svela un suo sogno.
Nelle ore di arte abbiamo realizzato un elaborato in stile fumettistico, dove il personaggio è in primo piano o sullo sfondo; abbiamo selezionato gli obiettivi dell’Agenda 2030 che potevano essere ricondotti alle situazioni descritte nel testo e inventato uno slogan per promuovere lo sviluppo dell’obiettivo prescelto.
Questo progetto, se preso seriamente, può aiutarci a crescere nella consapevolezza delle varie sfaccettature del nostro pianeta, a prendere a cuore certe tematiche e a lavorare per rendere il mondo un posto migliore.
S
Sono Rahma, ho dieci anni e vivo in un paesino dell’Afghanistan.
Io e la mia famiglia lavoriamo come operai nei campi: raccogliamo frutta e verdura e la mettiamo dentro a delle cassette di legno che poi vengono caricate sui camion e vendute al mercato.
Dopo aver aiutato i miei genitori gioco con le mie amiche a lanciare i sassi.
Di solito quando ceniamo mangiamo la zuppa con le verdure che prende la mamma dall’orto.
Coltiviamo diversi ortaggi come patate, carote, pomodori e insalata.
Siamo cinque figli e viviamo con i genitori e i nonni in una casetta di legno piccola con una mini cucina, una stanza con tre letti e un bagno.
L’acqua la prendiamo nel pozzo vicino casa, non abbiamo giochi e nemmeno tanti vestiti, infatti io uso quelli che non vanno più bene a mia sorella maggiore.
Noi siamo felici lo stesso perché ci divertiamo con poco e siamo molto uniti.
Il mio sogno è di poter studiare e diventare una dottoressa, per aiutare i bambini in difficoltà e inoltre sogno di avere una casa grande con vestiti nuovi e cibi caldi.
La storia di Rahma - Matteo T.
Vorrei aiutare le persone più in difficoltà o i bambini poveri come me, perché innanzitutto devono essere in salute, poi devono avere un’istruzione.
La storia di Sun - Francesca
Sono Sun, un ragazzino di soli 9 anni, i capelli corti corti, sono molto magro e vivo in Birmania.
Precisamente la città in cui vivo è Mandalay, conta più di un milione di abitanti ed è un porto commerciale sul fiume Irrawaddy.
Ci sono molte industrie tessili, metalmeccaniche, alimentari e del legno.
La mia famiglia, ovvero, mia mamma Nadi e mio papà Ram, lavorano in un campo dove producono legno e lavorano campi; qualche volta sono anche costretti a rimanere tutta la sera per finire il raccolto e poter portare qualche avanzo per me e mia sorella Noe per cena.
La mia casa è piccolina; ci sono due stanze, una in cui dormono i miei genitori, e l’altra in cui dormiamo io e mia sorella; ci sono due letti, che abbiamo trovato in un piccolo negozietto di usato; abbiamo una piccola cucina, che utilizziamo a ogni pasto, e che io e mia sorella sistemiamo per poter far trovare tutto già pronto alla mamma e al papà quando tornano a casa; e un minuscolo bagno che si trova verso l’esterno della casa.
La nostra casa si trova poco distante dal campo in cui i miei genitori lavorano ogni giorno, e questa situazione è molto favorevole, dato che a volte devono andare lì la mattina presto o tornare la sera tardi..
Il loro lavoro, da come lo descrivono, è parecchio faticoso, e occupa quasi tutta la loro giornata; ogni tanto sono impegnati anche il weekend, sono fuori dalle 8 del mattino alle 18 di sera.
Qualche volta anche io e mia sorella siamo andati ad aiutare i nostri genitori a raccogliere nei campi, era il periodo in cui avevamo bisogno di molte conserve per l’inverno, e perciò siamo andati ad aiutarli; da un lato era stato divertente perchè avevo conosciuto un amico, si chiamava Joe, ma era anche stato molto stancante, e a
fine giornata ero davvero distrutto. Noi non andiamo a scuola, non ce lo possiamo permettere, e questa cosa
mi fa rabbrividire ogni volta che ci penso; mi vengono in mente tutti i bambini più fortunati di me perché sono ricchi o vanno a scuola, ma ho capito col tempo che devo ritenermi fortunato perchè ogni giorno posso stare con la mia famiglia e mangiare insieme a loro e questo è davvero un bene prezioso. Il nostro paese manca di adeguate infrastrutture, le merci viaggiano principalmente lungo il fiume Irrawaddy. Le ferrovie sono vecchie e le strade sono tutte distrutte, a parte alcuni punti in cui le persone passano spesso. Ma almeno non manca il cibo, perché il nostro paese è uno dei maggiori produttori di riso e viene coltivato in quasi tutte le zone. Però i prezzi dei prodotti, anche di quelli meno raffinati, sono molto alti, sono aumentati nell’ultimo periodo, e quindi c’è stata una forte crisi economica che ha colpito tutta la popolazione.
Amo uscire sia la mattina che il pomeriggio, osservare il sole che tramonta o che sorge, fare attenzione a ogni minimo dettaglio del cielo, e notare se qualcosa è cambiato rispetto al giorno prima.
Amo andare vicino al fiume Irrawaddy e osservare le barche che passano e la natura che gli si trova intorno, ma il mio luogo preferito è un piccolo edificio che si trova vicino al fiume, da lì riesco a sbirciare chiunque e qualsiasi cosa. All’entrata c’è una porta con molti dettagli dorati, invece all’interno c'è una stanza enorme, completamente vuota, ma quando vado lì mi sento me stesso e riesco a levarmi tutti i brutti pensieri dalla testa. Un giorno mentre ero lì ho trovato questo vestito rosso, nuovo e pulito, e ho deciso di indossarlo; da lì me ne sono innamorato. Io e mia sorella svolgiamo sempre le faccende di casa, puliamo e cerchiamo di renderci il più utile possibile per i nostri genitori.
Spero che in futuro il nostro paese cambi, che ci sia più lavoro e che chiunque possa lavorare e inseguire il suo sogno, come vorrei fare io…
mio sogno sarebbe quello di lavorare sul porto del fiume Irrawaddy, oppure di guidare una barca, per poter scoprire sempre cose nuove sul nostro paese e sul mondo. I miei genitori mi hanno sempre raccontato che sin da piccolo avevo questa passione nello scoprire cose nuove, volevo conoscere le meraviglie che mi circondavano, e col tempo ho capito che veramente è ciò che voglio fare nella vita… Sarà quasi impossibile da realizzare, ma come i miei genitori mi hanno detto:
“con tanti sforzi, tanto impegno e fatica, prima o poi i risultati arriveranno e sarai fiero di te, non devi mai scoraggiarti, ma devi andare avanti e credere sempre in te stesso, senza farti ostacolare dalle altre persone che potrebbero portarti verso una strada sbagliata”.
Vorrei anche diventare una persona che aiuta i poveri e tutte le persone in difficoltà…
Il
La storia di Adila - Jacopo
Ciao, sono Adila, ho 9 anni e vivo in Libano con mia madre e mio padre. Sono figlia unica. Mio padre ha un campo non molto distante da qui dove pianta tanta verdura tra cui patate. Viviamo in una piccola casa vicino a un palazzo crollato che risale a 40 anni fa; è stato parzialmente distrutto durante la guerra civile; una signora anziana che abita qui vicino dice che alcune persone avevano fatto esplodere le fondamenta con delle mine e poi la parte sopra è tutta crollata. Noi abitiamo in un appartamento al terzo piano, abbiamo un balcone da cui si vede il palazzo e si vede quasi il campo di mio padre. Oggi finalmente le patate sono pronte per essere raccolte e quando mio padre le porterà aiuterò mia madre a pelarle. Mi piace aiutarla. Mentre non mi piace portare il raccolto insieme a mio padre: è troppo pesante.
Mia madre vende delle cose varie come vestiti, attrezzi per la cucina e verdure in un mercato molto popolato in centro. Siamo abbastanza lontani dal centro, quindi per andare a scuola mi ci vuole tanto tempo. Qua noi parliamo arabo e siamo musulmani. Sono molto credente. Mi piace vivere qui. Mi piace un sacco andare a scuola. Lì le maestre sono gentili e ho molti amici. Siamo tanti in classe. La scuola ha due piani ed è abbastanza piccola, ma basta stare un po' stretti. Una volta delle persone hanno provato a farla saltare completamente in aria mentre eravamo tutti dentro, fortunatamente hanno trovato gli esplosivi, ci hanno fatto evacuare e le hanno tolte. Dopo aver scoperto che stavamo per morire ho avuto paura. In futuro sogno di trasferirmi da qualche altra parte e di aprire un ristorante.
Ciao sono Zhao, vorrei raccontarti la mia storia. Ho 12 anni e vivo in Tibet, una regione della Cina con tanti problemi preoccupanti. Pochi giorni fa ho trovato una cagnolina smarrita, in un cespuglio nascosto di fronte a due grattacieli ristrutturati da poco. Era di razza Labrador, l’ho vista quasi morta soffocata, ma per fortuna l'ho salvata, portandola a casa mia. Le ho dato da mangiare, l‘ho fatta dormire fino alla mattina successiva.
Quando si è svegliata, era più tranquilla, meno impaurita degli altri giorni immagino e l’ho chiamata Sky.
La storia di Zhao - Elisa
Da quando l'ho trovata trascorro la maggior parte dei giorni con lei, infatti insieme a Sky il tempo passa in fretta e in un batter d’occhio sono già le sette di sera!!!
Ogni giorno quando sto con la mia cagnolina penso al mio futuro con lei, spero che non la perderò mai e che lei non mi perderà mai per nessun motivo al mondo.
La storia di Farah - Stephanie
Ciao, sono Farah e ho 14 anni, vivo in Afghanistan con la mia famiglia.
La mia terra è un luogo bello, ma povero. Io abito in un villaggio chiamato Kesal, un posto misero e sporco, pieno di gente poco gentile, ladri e senzatetto. Le case sono di paglia e di bambù. Dove vivo non ci sono molte occasioni di divertimento, però mi piace andare al mercato del villaggio, dove ogni sabato andiamo a comprare, con i pochi soldi che abbiamo, degli alimenti.
Un posto in cui mi diverto in realtà esiste: è “la piazza”, almeno come la chiamo io, perchè è uno spazio circondato dalle case in cui abitiamo, che forma una grande cerchio, e in mezzo noi giochiamo a Kalamaki, che in italiano è “Un, due,tre stella!”.
La mia famiglia è composta da due fratelli e due sorelle, mamma e papà: in totale siamo sei membri.
Mio padre si chiama Omar. Lavora sodo nei campi per guadagnare qualche soldino. Lui è molto simpatico, sempre solare e non ci fa mai mancare il cibo in casa; anche se torna tardi, ha sempre tempo per me e i miei fratelli. Per me lui è un eroe.
Mia madre si chiama Aisha, lei non lavora, o meglio è una casalinga e si prende cura di noi.
Poi ci sono i miei fratelli più grandi: Hassan e Karim. Loro invece vanno al mercato per vendere delle merci che possono interessare alla gente, per prendere almeno qualche spiccio.Infine c'è mia sorella gemella che si chiama Raya.
Noi due insieme aiutiamo nostra madre nelle faccende di casa.
Nel villaggio parliamo tutti il pashtu e siamo musulmani. Anche se non siamo tanti, siamo molto uniti, come dico io, nonostante tutto, Kesal è un mondo di pace e di tranquillità perché condividiamo tutto.
Nel tempo libero amo giocare in piazza con i miei amici e con mia sorella, senza farci scoprire dalle persone, e quando sentiamo dei passi avvicinarsi, corriamo subito in casa. Un'altra cosa che mi piace fare è studiare insieme a Raya, con i libri che mio padre un po’ di tempo fa ci ha regalato. Quel giorno ero così contenta che ho chiesto una foto all’unica persona del villaggio che possiede la macchina fotografica. Se vi siete informati sull'Afghanistan, saprete che noi donne non possiamo frequentare la scuola, allora noi studiamo a casa ed è molto bello imparare cose nuove. In pratica a me piace fare tutto, ma la cosa che non mi piace è condividere il letto con i miei fratelli e sorelle: è troppo piccolo per quattro persone. Spero tanto di continuare a studiare a casa, così da grande potrò trovare un buon lavoro e offrire una vita migliore alla mia famiglia; sogno, inoltre, di visitare altri luoghi lontani da Kesal.
Ciao sono Yago… - Dario
In questa foto sono all’entrata della mia casa, una delle più ricche della Birmania. Mi ritengo molto fortunato, perché i miei genitori sono degli imprenditori, ma non ci sono quasi mai. C’è solo mio zio Laurat, ci divertiamo insieme ma io vorrei passare del tempo anche con i miei genitori. Ho un’insegnante privata, viene a casa mia e mi insegna sei materie: lingua birmana, matematica, inglese, storia, spagnolo e diritto. Il mio villaggio si chiama Pegu, non so descriverlo, perché non sono mai uscito.
PerchèYagononseimaiuscito?
Vuoi sapere la verità, Dario? Di come non ho fatto mai niente?
Sepuoisi,manonseiobbligato,iosonoquiperascoltarti.
Te lo dirò.
Io non ho mai capito perchè i miei genitori non mi vogliano far uscire, non so niente del mio paese Pegu. Se non esco non saprò mai niente.
Adesso basta pensare a queste cose, ti dirò cosa amo fare.
Amo disegnare e costruire vari modellini, di solito con zio
Lauret disegno ciò che vedo ma anche ciò che penso. Delle volte creo dei modellini di varie macchine come la Ferrari. Ah Dario tu vieni dall'Italia: è da lì che viene la Ferrari?
Sì Yago, uno che ha inventato questa macchina è Enzo Ferrari;tidicounaprecisazione,conosciillogodellaFerrari?
Sì, il cavallo?
Esatto,quelcavallovienedaunapersonamorta nellaprima guerramondiale…SichiamavaFrancescoBaracca.Dovesei arrivatoinStoria?
Beh, adesso ti spiego. La storia qui non è come quella che studiate voi in Italia. Qui siamo in Asia e noi studiamo la storia dell’Asia, naturalmente noi studiamo anche le guerre mondiali ma una cosa che voi in Italia e in tutta Europa non studiate è l’intera storia della Cina, del Giappone ecc…
Io spero in futuro di poter andare in Giappone: è il mio sogno, vorrei andare a vivere lì.
Dario, sono le 15, devo andare al corso di spagnolo, spero di rincontrarti presto.
CivediamoYago!!Einseguiituoisogni.
10 minuti dopo..
Yago?Cosasuccede?
Ciao Dario, oggi la prof non c'è. Vuoicontinuare?
Si certo.
Io vorrei andare in Giappone perché la mia parte materna è Giapponese. Mio zio delle volte mi porta delle cartoline.
MaYago,tuoziononstasempreconte?
Beh, mio zio sta con me tutto il giorno ma non ho mai detto quanti giorni sta con me. Nel weekend va in Giappone.
Lavora in una grande industria giapponese.
Delle volte mi porta giochi e cibi giapponesi. E da quando ho assaggiato il cibo mi sono innamorato perdutamente del Giappone. È il mio sogno andare in Giappone.
Leggo anche tantissimi manga giapponesi: My hero academia e One piece.
Dario, è arrivata mia madre ci vediamo domani!!
Ok…certo!Apresto.
La storia di Doung - Nicole
Sono Doung, che nella mia lingua vuol dire "coraggioso"; sono nato in Vietnam, la notte di un giorno molto caldo, con la luna piena. Mia madre mi dice sempre quanto i miei occhi le ricordino quel momento.
Lei si chiama Nuyen, lavora tutto il giorno e aspetta un bambino, che spero sia maschio dato che una sorella ce l’ho già, Chau, che significa “cosa preziosa”.
Io e la mia famiglia viviamo in una capanna sulla spiaggia; la costruì mio padre prima che se ne andasse, mamma dice che è in vacanza, ma io non ne sono sicuro.
Ad ogni modo è molto bella, soprattutto perchè quando ho finito di lavorare mi prendo una pausa e faccio un bel tuffo in acqua.
L'unico problema è quando piove, la casa si allaga e siamo costretti ad andare in città a stare da un’amica di mamma.
Abito quasi vicino ad Hanoi, la capitale, ma il mare che mi circonda è migliore delle strade di città.
Il paesino in cui abito è noto per la produzione di alghe, tutti gli abitanti fanno questo lavoro e poi le esportano in tutto il mondo.
Adoro lavorare però mi manca il mio compagno Bao; un po’ di tempo fa la mamma mi disse che sarebbe andato a scuola in un’altra città e rimasi un po’ confuso perchè non avevo ben capito cosa fosse la scuola, però sembrava il paradiso delle alghe da come ne parlava lei.
Ci pensai un paio di notti e poi me ne dimenticai perché Chau mi disse che era il mio turno di pulire il bagno.
Odio farlo.
Dopo aver pulito costringo Chau a farmi una treccia col mio ciuffo e ogni volta mi urla contro perché deve lavorare e non ha tempo da perdere.
Chau è una ragazza molto seria, è più grande di me e crede che presto se ne andrà da qui e sposerà un uomo molto benestante per dare una mano alla sua famiglia.
Presto saremmo andati ad Hanoi per festeggiare il Capodanno lunare, ovvero la fine dell’anno in base al calendario lunare.
Questa è la mia festività preferita perchè facciamo un giro in città e poi andiamo dalla nonna Hang a mangiare chili di Chả giò.
Amo tutte quelle luci e le danze col fuoco.
Quest’anno dovrebbe essere l’anno del coniglio, vista la data di celebrazione.
Io sono molto felice del posto in cui abito e voglio tanto bene alla mia famiglia, ma a volte mi chiedo come si viva in altre parti del mondo.
Penso che per quanto sia bello il mare, lì dove c’è l’asfalto
saremo più sereni, anche senza le alghe.
Il sogno di Sabrina - Lina
Ciao, mi chiamo Sabrina, ho 14 anni e frequento la scuola media che si trova a Lucena; studio inglese, Wikand, filippino e spagnolo, anche se non è molto parlato nella mia città. Vivo insieme ai miei genitori in un piccolo appartamento, in quegli edifici grandi con moltissimi appartamenti tutti attaccati uno all'altro, colorati di bianco con qualche crepa sul muro e l'acqua che cade dal soffitto. Mia madre si chiama Lorena, ha 49 anni e lavora come responsabile del marketing digitale. Mentre mio padre si chiama Ferdinando, ha 56 anni e lavora come Ingegnere di software.
Oggi vi parlerò delle mie giornate qua nelle Filippine; Lucera non è molto popolata come città, perché maggior parte dei cittadini vive a Manila che è la capitale con circa 10 milioni di abitanti. Io e la mia famiglia siamo cattolici, anche se i miei nonni sono buddisti, infatti per questo non vado molto a visitarli. Durante le vacanze estive mio padre mi porta a fare un giro in barca, al mare delle Filippine, come si può notare dalla foto qui sopra. Mia madre non era in barca con noi perché ha paura dell'acqua, anche se si è persa una vista spettacolare sul mare. Siamo andati a mangiare del pollo inasal che ha cucinato mio padre sul barbecue. Infatti noi Filippini siamo definiti il re dei barbecue perché mangiamo spesso all'aperto e non ai ristoranti oppure dentro casa. Lo abbiamo accompagnato con dei pancit, un tipo di pasta che si fa nelle Filippine, infatti noi non mangiamo gli spaghetti. Anche se molte persone non riescono a permettersi del pancit o del pollo insal, perché nelle Filippine come in qualsiasi altro paese del mondo c'è la povertà, causata dalla scarsa crescita economica, dalla bassa qualità di lavoro, dall’ alta inflazione e dall’alta crescita della popolazione.
Anche io con la mia famiglia per un breve periodo abbiamo vissuto nella povertà per mancanza di lavoro, ma adesso abbiamo risolto tutto; anche se nelle Filippine la povertà non diminuisce affatto e questo crea diverse lotte nella popolazione e molte persone muoiono per la povertà e scarsità di cibo. Ma torniamo alla mia vita: presto inizierò la scuola superiore e non vedo l'ora di andarci e fare nuove amicizie, anche se i miei genitori dicono che è molto impegnativa. Voglio studiare per raggiungere il mio obiettivo ovvero quello di diventare infermiera, aiutando le persone e salvando delle vite. Amo la musica, infatti suono la chitarra classica e amo la danza, infatti quando viene la festa delle candele mi metto a danzare insieme alle mie amiche e mia madre dove ci divertiamo un mondo.
Ti consiglio vivamente di visitare le Filippine, in particolare nel periodo di Natale, quando festeggiamo insieme ai nostri coetanei nella piazza, ci regaliamo regali a vicenda e ci abbuffiamo come non mai.
Il sogno di Abiti - Matteo U.
Sono Abiti e vengo da Herat. Qui la vita non è semplice, tra parenti che partono come soldati e genitori sempre costretti a lavorare, è davvero come se lasciassero le chiavi del mondo a dei bambini che non sanno nè leggere nè scrivere. Herat non è come le città normali, a causa delle guerre, le nostre case sono state distrutte dalle bombe e la popolazione si è dovuta arrangiare con quello che è rimasto. A noi, fortunatamente, le bombe non hanno arrecato danni alla casa, a differenza di chi abitava in centro. Riguardo al cibo la nostra famiglia riesce a malapena a nutrirsi, a causa dei troppi membri (4 sorelle e 3 fratelli), e per questo che i nostri genitori rientrano a casa tardi, perchè vogliono sfamarci; se non vuoi guadagnare lavorando con tanta fatica e tanto tempo, c’è solo una cosa da fare: rubare. Noi abbiamo giurato che non l’avremmo mai fatto, dopo aver visto una persona fucilata da un militare per aver rubato del cibo vicino alla nostra casa.
La nostra famiglia veniva chiamata “gli emarginati” oppure “coloro senza lingua”; non ho mai capito il motivo di questi due nomignoli così offensivi nei nostri confronti, fin quando un giorno in cui stavamo aiutando i nostri genitori con il raccolto, le persone nei vicoli ci iniziarono ad urlare: ”Perchè non parlate? Ah ecco perché, vero signor Lal?”. Dopo questa frase nostro padre aumentò il passo ad una velocità incredibile; noi non siamo riusciti a raggiungerlo e ci siamo beccati gli insulti al posto suo. Alcuni continuarono ad inseguirci. Quel giorno corsi fin quando non mi trovai in un vicolo, ma non era come tutti gli altri, si chiamava il vicolo “dello spargisangue”. Il soprannome si riferiva a questo muro pieno di mani sagomate col sangue, era per “onorare i caduti”, infatti si contava quanti soldati morivano in guerra, e con le loro mani ricoperte di sangue gli facevano
un segno sul muro, in memoria dei loro compagni. Da lì mi venne in mente di raggiungere un buco che avevo scavato io stesso, ma si sentì solo una cosa “click”, mi accorsi che eri tu, Steve, dalla paura mi nascosi dietro il muro. Corsi subito verso casa e vidi solo un biglietto sul tavolo, però era chiuso in una lettera, lo aprii e… non credevo ai miei occhi: era un biglietto per andare in America! Ero felicissimo, non vedevo l’ora di partire, poi una mano mi toccò la spalla: era mio padre, mi disse che mi avrebbe dato una mano con i bagagli e mi avrebbe accompagnato all'aeroporto. Chiesi subito spiegazioni, ma lui non aprì bocca per tutta la serata. Non seppi quale mistero lo aveva spinto a mandarmi via. Però pensai che forse in America avrei realizzato il mio sogno: diventare un attore, sin da piccolo mi piaceva fare finta di essere un supereroe e salvare le persone, oppure un marinaio senza paura che supera una tempesta.
AMMON - Maria Vittoria
Sono Ammon e vivo in un piccolo villaggio nell’Isola di Mindanao dove si trova la miniera d’oro di Lepanto. Il mio paese ha molte ricchezze naturali e l’oro è una delle più importanti.
Lavoro tutti i giorni nella miniera sotterranea e sono spesso malato. Ho la febbre e dolori muscolari.
Nelle miniere è facile ferirsi con pietre e travi di legno. Quando scendo nei pozzi a 10 metri di profondità ricevo aria da un tubo collegato a un compressore collocato sulla superficie. Se il compressore, per mancanza di carburante, smette di funzionare, posso morire. Devo lavorare perché siamo poveri, mio padre ha sempre lavorato in miniera ed ora è malato.
Lavorare in miniera è pericoloso, si è esposti al mercurio: un metallo molto tossico che viene utilizzato per separare l’oro dal minerale grezzo. Vivo insieme alla mia famiglia. Siamo una famiglia abbastanza numerosa: mio padre , mia madre, la mia sorellina e i miei due fratellini. Io sono il più grande, in realtà il più grande era mio fratello Ichabod. Il suo nome significa “gloria perduta”. E’ morto quando io avevo tre anni, me lo ricordo ancora: aveva 10 anni e per la sua età era molto alto, era minuto, aveva gli occhi scuri con uno sguardo profondo e spensierato e aveva dei capelli castano scuri mossi; me lo ricordo come se fosse ieri. E’ morto nelle miniere, aveva solo 10 anni. I miei genitori non ne parlano mai, i miei fratellini non l’hanno mai conosciuto.
Mio padre si chiama Bernardino, ha quasi 45 anni. Ultimamente è esile, è dimagrito molto, non mangia quasi mai, è sempre nel letto. Anche lui lavora nelle miniera da quando aveva 13 anni. E’ stato lui ad avvertirmi della pericolosità di questo lavoro.
I miei genitori si sono conosciuti in questa comunità, si conoscono da quando sono piccoli. Mia madre non ha mai studiato, non ha mai viaggiato. E’ sempre rimasta a casa dove svolgeva le pulizie per diventare, un domani, una brava moglie e madre. Si chiama Kate ed è più giovane di mio padre di qualche anno, ne ha 38. Mia mamma è un’ottima cuoca. Sa cucinare perfettamente qualsiasi piatto, infatti, passa dai piatti tipici con carne e pesce come l’Adobo a panini come il Siopao (panino al vapore con vari ripieni). I miei fratelli minori si chiamano: Estrelito e Ejay. Sono gemelli ed hanno 6 anni. Non vanno a scuola, cercano di aiutare la mamma e la comunità, sono molto disponibili. Stanno sempre con altri ragazzi del villaggio. Ho anche una sorellina che si chiama Abegail, ha circa due anni e da poco ha incominciato a camminare. Ha gli occhi chiari, come me, li abbiamo presi da mamma. Quando non sono nelle miniere trascorro molto tempo con lei, per aiutare la mamma. Viviamo in una comunità e riceviamo sostegno da un programma di aiuto statale contro lo sfruttamento del lavoro minorile. La nostra casa è costituita principalmente da legno. E’ piccolina, facciamo fatica a starci, soprattutto in questo momento in cui mio padre non sta bene. Io e i miei tre fratelli dormiamo insieme nel letto matrimoniale. Nella nostra camera c’è una finestra in cui si vede un panorama meraviglioso rovinato dalle miniere: sono state distrutte tantissime foreste per costruirle.
Mia madre adesso dorme in quel piccolo divano, che ormai cade a pezzi, vicino alla camera da letto dove dorme il papà. Il nostro bagno è esterno. Abbiamo solo il water e una piccola doccia. Dopo il lavoro sono distrutto, quasi a pezzi. Provo a non mostrare queste emozioni quando ci sono i miei fratelli. Nella comunità abbiamo trovato tanti amici. Essa è per noi una famiglia, anche se non siamo una famiglia a tutti gli effetti ci sosteniamo come una di esse. C’erano tanti bambini, invece non avevo mai visto delle bambine. E’ importante imparare perché così dopo si riesce a capire tutto quello a noi sconosciuto. Per esempio ho imparato che le Filippine sono un arcipelago con più di 7000 isole, ho imparato anche che le Filippine sono ricche nel sottosuolo ed è per questo che ci sono molte miniere, ed è grazie a questa informazione che ho scoperto perchè è così diffuso lo sfruttamento minorile. Prima non sapevo cosa significassero queste due parole, ma ora ho appreso il significato. Io e la mia famiglia apparteniamo all’etnia Moro, la più grande non cristiana. Spesso con questo termine si indicano anche i mori musulmani.
Il governo filippino ha avuto contrasti con loro, dopo il presunto massacro di Jadidah avvenuto nel 1969, anche se l’evento non è mai stato verificato ufficialmente adesso cercano di ottenere l’indipendenza di Mindanao. Non mi piace andare a lavorare in miniera, non trovo giusto che i bambini e adolescenti vengano privati delle loro esperienze di vita perché devono lavorare. Da grande mi piacerebbe andare a Manila (la capitale) a studiare. Voglio imparare, studiare, apprendere e in questo modo potrei viaggiare. Voglio viaggiare, non ho mai visto il mare, l’unico viaggio che ho fatto è stato dalla mia casa alle miniere.
Vorrei vivere come gli altri bambini che possono andare a scuola, viaggiare e soprattutto sono liberi e non schiavi di qualcuno come me. Vorrei continuare a vivere nelle Filippine , perché penso che abbia molte qualità di cui andare fieri come alcune specie di animali rari, grandi foreste, acque limpide con colori diversi sempre meravigliosi… una cultura caratterizzata da feste e tradizioni, musica e balli tipici.
Vorrei solo avere delle certezze su tutto questo, non solo speranze, è troppo da chiedere?
L’arte e Chandani - Melany
Ciao, mi chiamo Chandani. Sono indiana e ho circa 11 anni, o forse meno, non lo so, faccio fatica a calcolare gli anni senza sapere la matematica. Mio padre, prima di lasciarmi, mi ha insegnato una o due cose su come contare i numeri, ma non mi ha dato nessun libro per ripetere i suoi insegnamenti. Non sono andata a scuola, i miei genitori… intendo… mio padre non poteva permetterselo. I libri costavano troppo e lui non aveva neanche abbastanza denaro per comprarmi un paio di sandali sporchi. Abitavo in un paese molto piccolo, di cui non mi ricordo il nome, se poi ne aveva uno. Mio padre non poteva mantenermi, quindi mi ha “regalata” a mio zio, un uomo di circa 60 anni.
Uso il termine regalata, perché il papà ripeteva più volte che, se mi avesse mai data in adozione a qualcuno, sarei stata un regalo per loro. Parole troppo gentili per qualcuno che mi lasciò di fronte alla porta di un vecchio sempre arrabbiato. Non fraintendetemi, mio zio non mi farebbe mai male ed è molto comprensivo, ma si arrabbia spesso per ragioni che non capirò mai. A volte, quando qualcuno rompe qualcosa, inizia a dire frasi senza senso, e dice il nome di una donna: “Arya si sarebbe arrabbiata!” o roba simile. Non so chi sia Arya, forse è il nome della zia.
A proposito di lei! Non abita con lo zio. Ma non perché hanno divorziato, ma perché lei ha trovato lavoro in una grande città, dove deve rimanere per quasi tutto il giorno, quindi dorme lì. Lo zio ha detto che tornerà verso l’estate e lo spero vivamente! Non capisco come abbia fatto a scegliere un lavoro così lontano quando suo marito aveva una casa così carina ed accogliente. Ok, forse non è bellissima, ma non è orrenda!
Ha solo un piano, ma non è piccola. Appena entri, trovi il corridoio con dei vasi a terra. Lo zio dice che dentro ci sono le ceneri dei suoi antenati, ma io non ci credo tantissimo. Dopo aver passato il corridoio (è un po’ freddo a causa del pavimento in marmo, ma fa lo stesso) c’è il salotto. Il divano
è molto comodo, e ci sono tantissimi scaffali e con molti libri. Sto imparando a leggere, anche se è difficile. La cucina ha tutti i mestoli e posate che servono per mangiare e cucinare, e non manca il cibo. Il pane che lo zio tiene nella mensola più alta è duro, ma comunque commestibile. Il bagno è freddo durante l’inverno e faccio fatica a sedermi sul WC congelato.
Ma non posso lamentarmi, ci sono bambini che devono fare i bisogni in un buco nel pavimento! Le camere da letto sono due: quella del figlio, cioè mio cugino (che si è trasferito in America per ragioni di lavoro. Fa il cameriere in un ristorante vicino a Salt Lake City) e quella degli zii, con un letto matrimoniale enorme. E’ molto comodo, ci vado a dormire ogni volta che torno dal mercato in piazza. La camera di mio cugino è piccola e accogliente. Il suo letto ha ancora le coperte di quando abitava lì! La sua scrivania è vuota, ma nei cassetti ci sono tanti libri e quaderni. Ho trovato anche delle matite colorate. A volte le uso per disegnare sulla stoffa delle mie vecchie maglie. Non voglio rovinare i quaderni, e mi vergogno ad andare a chiedere dei fogli allo zio, che paga il doppio di quando viveva da solo. Mi piace disegnare paesaggi e sfondi, soprattutto il cielo quando tramonta il sole. E’ uno spettacolo e ogni giorno sono felice che posso assistere a quella meraviglia. Quindi, come hobby, posso dire che mi piace disegnare e guardare il cielo e il tramonto! Vorrei tanto imparare a disegnare meglio, come i pittori dei quadri nella stanza degli zii. Ma costerebbe troppo e probabilmente non ci sono scuole d’arte vicino a me. Fa lo stesso, da grande mi trasferirò in uno stato dove gli artisti sono amati ed apprezzati, così sarà facile iscrivermi all’accademia! Tornando al mio discorso di prima… amo osservare il cielo, ma detesto il fatto che, ogni volta che abbasso la testa, davanti ai miei occhi c’è sempre una povertà molto triste. La nostra casa è molto accogliente, ma non posso dire lo stesso del paesino. Non abitiamo in piazza, a mio zio non piaceva l’idea, quindi ha comprato una casa proprio al confine del paese. Dobbiamo fare molta strada per arrivare al mercato e comprare cibo. I nostri vicini sono gentili, sfortunatamente non rispecchiano il comportamento del resto degli abitanti. Sono arroganti e pessimisti, ma non posso biasimarli. Anch’io sarei diventata triste e cattiva al pensiero di dover morire in un posto così desolato e sporco.
La piazza è vasta e ci sono dei negozi di vestiti e cibo. Ogni martedì e mercoledì, arrivano dei camion che poi si
aprono e rivelano dei tavoli con grandi quantità d’indumenti e alimentari rari. I mercanti non sono gentilissimi, ma almeno non sputano dentro i barattoli e non strappano le calze. Lo zio lavorava per uno di quei mercanti, ma adesso ha cambiato lavoro. Ora lavora in un negozio di scarpe, dove pulisce e si assicura che sia tutto pronto per essere venduto. Il suo manager non è cattivo, però lo fa comunque lavorare a cottimo. Lo stipendio è decente.Tornando al paesino, come stavo dicendo prima, è piccolo, ma alcune parti sono grandi abbastanza da ospitare più di 5 camion. Parte dal negozio più vecchio e di scarsa qualità, passa per la piazza, e finisce dove abitiamo noi. Scommetto che tu abiti in un posto molto più grande e carino, ma non mi lamento, non l’hai chiesto tu di nascere lì! Le possibilità di trovare un lavoro non sono alte, ma non sono neanche basse. Una volta, una signora mi ha chiesto di lavorare per lei. Io raccolgo le verdure, lei mi paga 1 rupia indiana a verdura. L’ho guardata male (odio raccogliere verdure e sporcarmi le mani di terra!) e ho detto: “No, alza i prezzi”. Lei sembrava scioccata dalla mia risposta, come se si aspettasse che dicessi subito di sì. Dopo, è diventata rossa dalla rabbia. Ha arricciato la stoffa della sua gonna con una faccia da pomodoro, ed è corsa via (non prima di avermi detto delle parolacce in hindi). E già, nel nostro paesino parliamo hindi, la lingua ufficiale dell’India. Mi piace come lingua, ma voglio imparare anche l’inglese. E’ molto utile, soprattutto se voglio trasferirmi nel futuro.
Come ho già detto prima, vorrei fare l’artista, quindi, devo almeno sapere come salutare in inglese!
Ora devo davvero andare, è tardi e ho promesso allo zio di tornare a casa presto per aiutarlo con la cena. E’ stato un piacere conoscerti, e l’intervista mi è piaciuta. Spero di rivederti presto!
Mi chiamo Yang, ho 14 anni e vivo nel monastero Shaolin-sì di Dengfeng, in Cina. Il tempio è stato costruito nel 497 d.C. ed è immenso; in questi anni non sono ancora riuscito a vedere tutte le stanze visitabili (alcune sono vietate a noi studenti). Dentro il monastero noi giovani monaci shaolin impariamo il kung fu attraverso l’allenamento fisico, la meditazione e lo studio del buddhismo. Ogni giorno è simile a quello precedente, noi monaci siamo molto abitudinari e tutti i giorni facciamo quasi sempre le stesse azioni. La mattina ci svegliamo presto intorno alle 5.30, in seguito ci vestiamo e facciamo colazione. Le lezioni di cultura cinese e scrittura iniziano alle 6.30 e finiscono alle 11.30, poi pratichiamo 45 minuti di meditazione e pranziamo tutti insieme sia con i monaci più anziani che con i professori e tutti gli altri studenti. Dopo il pranzo abbiamo circa un'ora di pausa in cui ci si può riposare oppure si può giocare nel cortile del monastero. Subito dopo la pausa ci sono altre due ore di lezioni varie e il momento di preghiera in cui ci riuniamo tutti nel salone, preghiamo e prepariamo per il rito del giorno dopo, sistemando e pulendo. Dalle 4 alle 7 ci alleniamo e impariamo le mosse sacre del kung fu antico e combattiamo tra di noi, in una sorta di torneo. Dopo la cena facciamo un'altra ora circa di meditazione e ne abbiamo un'altra in cui poter studiare o riposarci, prima di andare a dormire; la mattina dopo si riparte allo stesso modo. Noi monaci abbiamo solo un mese di vacanze da poter passare con i nostri parenti; la mia famiglia non è ricchissima, ma neanche povera, diciamo che sta bene economicamente ed è formata da me, mio padre Wong, che mi ha spinto a studiare per diventare monaco, mia madre Kumiko, la mia sorellina Mei, i miei zii e i miei cinque cugini. Le mie passioni più grandi sono il kung fu, che pratico tutti i giorni e la filosofia. Un giorno spero di diventare come il fratello di mio nonno: un filosofo ed esperto di cultura buddista e cinese, e insegnare ai giovani studenti la cultura e le grandi imprese dei loro antenati, con sapienza e ragione; per ora il mio primo obiettivo è quello di riuscire a finire il percorso per diventare monaco e frequentare il corso di filosofia nelle sale sacre del monastero, dove 1500 anni fa la cultura shaolin ha avuto origine e nel corso degli anni è stata plasmata e modificata dai migliori monaci mai esistiti. Nella mia classe siamo in 15 ragazzi, i miei migliori amici sono Shun e Kari.
LA STORIA DI YANG - Mattia
Shun viene da Pechino ed è orfano ma questo non gli ha mai creato problemi; prima viveva da senzatetto nella stazione di Pechino, fino a quando il professor Kama-Ku non l’ha visto aiutare una signora che stava per essere derubata con delle mosse di kung fu e ha deciso di proporgli di diventare un monaco; lui ha immediatamente accettato, essendo quello uno dei suoi più grandi sogni. Kari, invece, viene da una famiglia molto ricca di Shanghai ma nonostante la sua ricchezza è molto umile e generoso: infatti nel mese che abbiamo di vacanza Shun va insieme a Kari a casa sua. Una volta mi ha raccontato che casa sua è grande quasi come l’intero tempio e ha due enormi piscine e un giardino con tanto di cascatelle e fiumiciattolo nel cortile. Kari è molto bravo in storia, filosofia, matematica e in quasi tutte le altre materie; invece io e Shun sia molto più bravi nelle arti marziali e nel combattimento corpo a corpo, quindi noi aiutiamo Kari a imparare le mosse di kung fu e lui ci aiuta con le materie scolastiche.
Anche Kari vuole diventare un monaco docente, infatti vorrebbe insegnare matematica e geometria, mentre Shun vuole entrare nell’esercito cinese e fare carriera militare.
Questa è la mia meravigliosa vita e spero che un giorno ognuno riesca a trovare ciò che più ama. Saluti, Yang.
LA STORIA DI MARIAN - Filippo
Mi chiamo Marian, sono una bambina libanese di 8 anni; mia madre si chiama Laila e ha 43 anni, mio padre non c’è più, gli hanno sparato durante una rapina nel suo negozio di frutta e ortaggi.
Abito a Tripoli con mia madre, mi sono rimasti solo 5 amici perché gli altri se ne sono andati dal Libano per emigrare in Europa dove si vive meglio, si mangia meglio e non si sentono spari ogni giorno. Di solito io sto in casa tutto il giorno perchè ho paura che mi succeda quello che è successo a mio padre, Laila invece va a lavorare al negozio, dove lavorava con mio padre e anche lei ha molta paura, quindi gira con un coltello da cucina molto appuntito nascosto tra i vestiti.
I miei 5 amici sono: Ali, che abita di fianco a me in un appartamento molto in alto; Jan, che abita a 300 metri circa da casa mia; Mona, che abita nello stesso palazzo di Ali; Elly, che abita a 100 metri circa da me e infine c’è Fatima che abita in una casetta accanto alla mia.
Io e miei amici ci incontriamo poco perché stiamo in casa tutto il giorno a cucire oppure a preparare da mangiare per le nostre famiglie, a volte da soli oppure con i genitori.
Ieri, mentre dormivo, c’è stato un terremoto fortissimo che ha fatto crollare molte case ma fortunatamente non la nostra, anche il palazzo dietro a casa mia è crollato; ho sentito persone che urlavano e piangevano, mia madre mi ha fatto andare subito sotto al tavolo della cucina, invece lei stava pregando sotto un altro tavolo molto più piccolo e meno resistente; fortunatamente ci siamo salvati.
La mia città è abbastanza grande ma sta andando completamente a pezzi, sia per i terremoti che per i terroristi.
Mia madre mi ha raccontato che quando era giovane si viveva molto meglio, non c’erano case distrutte, le persone uscivano in piazza a fare shopping oppure a passeggiare, non c’era la paura di essere uccisi, invece ora nessuno esce più di casa, i terroristi e i ladri ogni sera sparano per far paura ai cittadini.
Tripoli ha una piazza molto grande, dei portici nella piazza, fontane, case enormi, grattacieli, piscine, strade lunghissime, viali molto colorati; ma tutto questo ormai non c’è più si vedono solamente pietre, fucili scarichi, proiettili, cenere, polvere da sparo, case distrutte e la piazza ormai è diventata un cimitero perché è lì che i terroristi portano i cadaveri. Laila sta pensando di non andare più a lavorare perché ha troppa paura, quando torna a casa è sconvolta da quello che vede. Spero che in futuro tutto tornerà come quando era giovane mia madre.
La storia di Mohammed - Gianluca
Ciao, io sono Mohammed, ho 7 anni e abito a Udhagamandalam, un paese in montagna nella regione di Tamil Nadu. I miei genitori sono entrambi dei contadini perché qui vicino c'è il nostro prato, in cui coltiviamo principalmente carote e grano; abbiamo anche alcuni alberi di melo. I miei due fratelli lavorano in una miniera abbastanza lontana da casa nostra, arrivano sempre stanchi e sudati, però la loro giornata continua. Devono raccogliere tutte le carote che sono cresciute e andare a cercare qualche mela da mangiare il pomeriggio. Invece io vado a scuola, sono in seconda elementare; il pomeriggio quando sono libero mi piace fare sport e giocare a nascondino o rincorrere i miei compagni di classe. La mia città che si può chiamare anche Ooty, come in molti fanno per semplificare il nome, era una comunità pastorale dei Toda nel XVII secolo. L'economia è basata principalmente sul turismo per i bei paesaggi che è possibile vedere o sull'agricoltura perché molte persone fanno i contadini come i miei genitori; difatti quando hanno abbastanza carote o grano vanno nella loro bancarella al mercato e vendono qualcosina per comprare pane, acqua e qualche frutto come banane, mele o angurie. Qui a Ooty una coltivazione che va alla grande è quella del tè, perché a molte persone piace ma soprattutto vale tanto.
In molti parlano l'inglese o il Tamil, che sono le 2 lingue principali, molte persone sono cristiane ma anche musulmane. Per il mio futuro spero di non essere più in queste condizioni, perché non è bello vedere genitori e fratelli stanchi e sperare di poter mangiare qualcosa a tavola, a volte può esserci poco, e dobbiamo accontentarci di mangiare quel poco, o non esserci proprio, però per fortuna capita poche volte.
Piacere, io mi chiamo Sarah, sono una bambina Libanese; sono nata a Beirut il 3 agosto 2017, il nostro paese è sull’orlo del collasso e abbiamo poche risorse. Tre anni dopo la mia nascita, il 4 agosto 2020 ci fu un’esplosione di nitrato d’ammonio, che distrusse la mia città natale e che provocò la morte di molte persone, compreso mio padre. Subito dopo mia madre, Fatima, ha dovuto crescermi da sola e ricominciare una nuova vita a Tyr, una città nella parte meridionale di Libano, non è grande come Beirut, ma almeno si vive bene. Nella mia famiglia ci siamo solo io e mia madre: non abbiamo né zii né parenti lontani.
Mia madre è una sarta e lavora in piazza tutto il giorno, quando rincasa tardi, sono io che le preparo da mangiare; dopo essere tornata da scuola per alleggerirle il lavoro faccio qualche faccenda domestica come lavare i piatti o fare la spesa per esempio.
Sarah bambina Libanese - Lucio
Quando ho finito le faccende e non ho più niente da fare, vado fuori a giocare con i miei amici a pallone.Se mi capita vado a trovare mia madre, mentre è a lavoro, per vedere se mi ha cucito qualche vestito nuovo da indossare, nel caso i miei vecchi vestiti non mi vadano più. La nostra casa non è proprio il massimo, certo abbiamo solo questa, anche se ogni tanto, soprattutto quando piove, andiamo a stare da un’amica di mia madre, Mariam. Ci andiamo quando piove perché durante la pioggia la nostra casa si allaga per via di alcune fessure sul soffitto. Francamente la mia vita mi piace molto, amo stare dove vivo, però mi piacerebbe viaggiare per il mondo, andare all’avventura in qualche luogo fantastico, vedere come è la vita negli altri paesi ed esplorare il mondo.
Sono Mohammad, vivo a Kabul, o almeno quello che ne resta dopo la sua caduta; abito nei resti di una casa, io e la mia famiglia l'abbiamo costruita con i mattoni che mio padre ha preso dal lavoro. La mia abitazione ha solo la “cucina” con dei mobili in legno, dove custodiamo i nostri effetti personali, come una piccola manciata di soldi e dei vestiti bucati e sporchi.
Mio padre fa il muratore part-time e per curare mia madre malata vende delle piccole statuette di legno che crea a mano.
Mia madre non può lavorare per le leggi che abbiamo in Afghanistan.
Io mi occupo di comprare del cibo per la mia famiglia e di cucinarlo.
Abito in un piccolo quartiere di case distrutte come la mia. Il quartiere dove vivo ha una strada, una piccola piazza e un mercato dove fare acquisti.
Vicino alla strada c'è "la zona urbana" dove abita la maggioranza dei cittadini. Alla fine della strada c'è il mercato: è il luogo più vivo della mia città, ognuno ha la sua bancarella delimitata da un tappeto, i venditori più ricchi hanno vere bancarelle con un tetto.
Il mio quartiere è un posto pieno di positività per il futuro.
LA STORIA DI MOHAMMAD - Simone
Ogni tanto io e i miei amici amiamo aiutare delle persone più sfortunate di noi; ad esempio c'è un’anziana signora che per la vecchiaia non riesce ad uscire per prendere da mangiare, ogni giorno la visitiamo per chiederle se ha bisogno di qualcosa.
Dobbiamo aiutarci a vicenda se vogliamo mantenere questo clima positivo.
Sogno di diventare un bravo cuoco e di venir preso come cuoco personale di una qualche celebrità o lavorare per Gordon Ramsay.
La storia di Nadir - Alessia
Io sono Nadir, ho 5 anni e vivo ad Aden, in Yemen. Mio padre è un avvocato, invece mia madre è una geometra. Ho una sorella più grande che si chiama Izira e ha 14 anni. Viviamo in una grande casa a due piani, però, purtroppo non ha un giardino. La nonna paterna vive con noi e ogni mattina mi porta con lei giù al mercato. Un giorno mentre stavo giocando con i miei amici ad acchiapparella, mi fermò un signore che, giudicando da come era vestito, sembrava un turista. Iniziò a chiedermi qualcosa in un'altra lingua e io non capii; di solito qui parlano tutti arabo! Poi, a un certo punto, fece uno strano segno che credo significasse qualcosa nella sua religione, siccome, nella religione dell'islam quel segno non l’ho mai visto.
Aden come città mi piace molto: ci sono molte vie dove io e i miei amici corriamo e alcune volte cerchiamo di farci dare qualcosa dai mercanti (visto che i nostri genitori sono tirchi!) e un parchetto e vari boschetti in cui giochiamo a nascondino e a pallone. Economicamente Aden potrebbe essere migliore: sembra che la nostra scuola cada a pezzi, la strade sono piene di buchi ed è difficile procurarsi da mangiare, infatti io che ne ho sono fortunato!
Amo molto giocare, leggere e viaggiare ma un po' meno studiare e fare le faccende di casa.
Io da grande vorrei diventare uno scienziato: mi piace molto la chimica e la scienza e sono le uniche materie che studio volentieri; papà dice che se continuo a studiare ci riuscirò! Spero che abbia ragione perché studiare mi scoccia proprio.
ALAN - Carlotta
Sono Alan, ho 4 anni e vivo in Afghanistan, un paese povero e con poca igiene. Mia mamma e le mie due sorelle maggiori sono costrette a indossare un velo che copre l’intero viso, perchè altrimenti non possono uscire di casa per andare al nostro campo; infatti abbiamo un piccolo appezzamento di terreno dove con fatica, da qualche seme, siamo riusciti a coltivare ortaggi. Purtroppo a causa delle tante guerre io e la mia famiglia abbiamo perso la casa e anche il vecchio grande campo che i miei genitori coltivavano. Il nostro rifugio è una baracca di vecchi stracci raccolti per strada, ci ripara dal freddo della notte ma è lontano dal chiamarsi casa.
Ognuno di noi ha un compito; quello di mia mamma e delle mie sorelle è cercare di vendere il poco cibo che con fatica coltiviamo, per poi comprare un po’ di pane. Il compito di mio papà invece è più faticoso: deve occuparsi del campo, dove con fatica stanno crescendo le prime carote o i primi ciuffi di insalata. È difficile lavorare un terreno con questa scarsità di acqua. Il mio compito invece è quello di andare a scuola al mattino: non è un gran che la scuola in cui vado ma quel poco che imparo poi lo spiego alla mia famiglia. C’è solo un piccolo problema, nel mio piccolo paese la scuola che frequento è molto cara , e in certi periodi non vado perchè i miei genitori non hanno abbastanza soldi per pagare l’iscrizione, quindi aiuto mio padre nel campo. A volte lui per guadagnare qualche soldo in più va a lavorare per delle persone un po’ più fortunate di noi, così ogni tanto riusciamo a pagare la scuola. Io e la mia famiglia siamo molto religiosi, quindi ogni tanto andiamo a pregare in Moschea. Una cosa che amo è fare la campana con i sassi insieme alle mie sorelle, ogni volta ci divertiamo tantissimo. Ma purtroppo il lavoro chiama, quindi dopo neanche 5 minuti di divertimento, i nostri genitori ci chiamano per andare nei campi oppure a cercare di vendere il raccolto.
Il mio sogno nel cassetto è di uscire da questa brutta situazione economica. Non voglio che i miei genitori vengano sfruttati e malpagati, nonostante il duro lavoro. Vorrei solo che né io né la mia famiglia venissimo trattati come se non valessimo niente, perché ognuno di noi nel suo piccolo può fare qualcosa e nessuno dovrebbe sentirsi emarginato.
La storia di Jemal - Denis
Ciao Denis, io mi chiamo Jemal e oggi ti parlo di come viviamo noi qui in Etiopia, della mia famiglia e del mio stile di vita. Nel mio villaggio siamo messi tutti abbastanza male economicamente, i servizi igienici non sono come i vostri e i luoghi pubblici sono fatiscenti; la scuola, ad esempio, è stata costruita con materiali di scarto; i banchi e le sedie sono formati da qualche sbarra di ferro e assi di legno (anche questi sono materiali riciclati). La mia casa è stata costruita allo stesso modo, però è molto più piccola e d’inverno c’è freddo. La mia famiglia è molto numerosa: siamo quattro fratelli, tre sorelle e poi ci sono i miei genitori. Vi starete chiedendo perchè i miei genitori hanno fatto così tanti figli: noi maschi, per farci lavorare nei campi, invece le femmine sono obbligate a stare a casa e sbrigare faccende domestiche; possono uscire solo per andare al fiume a lavare i panni oppure andare al pozzo della città per prendere l’acqua.
Per fortuna sono ancora piccolo, ma appena diventerò più grande dovrò lasciare la scuola ed andare a lavorare come i miei fratelli e mio padre. Adesso, finché l’età me lo permette, gioco con i bambini del mio villaggio. Io vorrei andare via da questo paese, perché non si vive bene e poi vorrei vedere le differenze tra il mio paese e il tuo per esempio, perché come ti ho detto prima non si vive così bene qui alla fine.
Ciao Denis, ci sentiamo, magari in un futuro migliore per me.