Alshari

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Capitolo III

Sostantivi con ghiaccio

Sentii un lieve sobbalzo al petto, come se qualcuno avesse letto in piazza i miei diari. Possibile? Poco fa pensavo a lui ed ora lui era lì. Lo guardai direttamente, la distanza dalla mia postazione all’ingresso consentiva uno sguardo senza bisogno di fraintendimenti. Era bardato anch’egli in un cappotto, non più nuovo, annotai. Poi una semplice maglia di lana e pantaloni di tela nera, però civettuole scarpe italiane. Un libro, due giornali ed il necessario per la pipa sottobraccio. Portava anche folti capelli neri, lieve brizzolatura, andatura dinoccolata: ciondolava camminando, pendendo da una parte, la destra, con una spalla rialzata rispetto all’asse corporeo, come se avesse vissuto su un asse inclinato dai marosi oppure avesse posseduto una Mercedes, auto che induce il guidatore a comode ma innaturali posture. Ordinò qualcosa e se lo fece somministrare in un basso bicchiere ricolmo di ghiaccio, poi si voltò, scrutò rapidamente il locale e si diresse verso di me, guardandomi e sorridendo al contempo. “E’ libero?” chiese, indicando la panca spalancata di fronte il bicchiere d’aranciata oramai vuoto. “Lei permette?” replicò, prima ancora ch’avessi il tempo di rispondere alla prima domanda. Accennai un sì ed all’improvviso mi venne la folgorazione di nascondere la lettera che tenevo bella dispiegata sul tavolo. Non osai farlo. Così lui si sedette, lentamente. Posò le sue cose ed infine anche lo sguardo sul foglio, che parve tremare. “Non vorrei procurarle disturbo”, esordì e sorrise ancora, “ma non c’è altro posto libero”, si giustificò. “Le da fastidio se fumo?” Scossi il capo e, vedendo che non dava peso al foglio, feci per riporlo. Allora lui se n’accorse o diede ad intendere di essersene accorto. “Ah, l’ha ricevuta 15


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