SUBVERTISING - pirateria degli spazi pubblicitari

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Questo libro è il risultato di un lavoro collettivo?

È un lavoro fatto da liberi individui, non da un collettivo - i partecipanti sono tutti creditati, e negli interventi di gruppo (vedi capitolo Sabotaggio Coordinato) di ciascuno è specificato il tipo di contributo. Dal momento che nella pianificazione di un azione di subvertising non sono previsti ruoli fissi le persone si associano con il solo intento di fornire un servizio di “riorganizzazione dello spazio pubblico” (vedi punto 2 del ManifestoAntipubblicitario). Alcuni subvertiser definiscono questa struttura fluida come un agenzia di controinformazione, ma il termine “agenzia” è da intendersi in maniera del tutto parodistica. I “clienti” non sono definibili in quanto tali, dal momento che non pagano per il servizio anche qualora lo richiedessero espressamente. HOGRE si autofinanzia attraverso la produzione di manufatti che immette nel mercato dell’arte contemporanea, utilizzando poi i guadagni per foraggiare successivi arrembaggi.

Come definire questo lavoro, arte o attivismo?

Questo è un libro di design che non tratta di propaganda o di politica, ma riconosce che tutto il design è politico. “Ogni design o serve o sovverte lo status quo. Non esiste prodotto grafico che può esser disconnesso dai valori, dai presupposti e dalle ideologie che hanno portato alla sua creazione” (Ruben Pater “The Politics of Design”).

Cosa significa Subvertising?

Subvertising è un termine inglese, derivante dalla crasi delle parole subvert (sovvertire) e advertising (pubblicità). Il Subvertising (traducibile come “sovversicità”) consiste nel deturpare, piratare e occupare abusivamente spazi pubblicitari con l’intento di mettere in discussione l’utilizzo massiccio di immagini di propaganda consumista nello spazio pubblico. Più che dalla street art questi interventi si ispirano al détournament situazionista degli anni 60-70. Forme di subvertising sono già presenti negli USA agli inizi degli anni 80 con il nome “Adbusting” o “Culture Jamming”, che già allora contestavano la mancanza di spazio espressivo in un mondo sempre più brandizzato, dove il potere passa di mano dai governi alle multinazionali. Naomi Klein commenta in proposito: “la libertà d’espressione manca di significato se la cacofonia commerciale si è alzata a un punto tale in cui nessuno può ascoltarti.”


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