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PROFETA DORMIENTE
L’incredibile, ma non impossibile, storia di Edgar Cayce di Claudio Cannistrà
In questa pagina: una foto del labirinto che si trova di fronte alla sede dell’Edgar
Cayce’s
A.R.E. Association for Research and Enlightenment in Virginia Beach
Esiste la possibilità di viaggiare nel tempo e nello spazio, al di là delle barriere che ci impone la nostra natura terrena? La storia sembra dire che esistono personaggi in grado di farlo, aprendoci verso dimensioni sconosciute, al di là dei cinque sensi. Uno di questi è stato sicuramente il veggente Edgar Evans Cayce (1877-1945). Personaggio straordinario per le sue doti extrasensoriali e le eccezionali facoltà medianiche, Cayce nasce da una famiglia di poveri agricoltori il 18 marzo del 1877 ad Hopkinsville nello stato americano del Kentucky. Si racconta che, bambino prodigio, leggesse la Bibbia già all’età di sette anni. Durante una di queste letture, improvvisamente udì una musica ed una visione gli si materializzò nella luce, mentre una voce diceva: “Le tue preghiere sono state ascoltate! Cosa desideri dal Cielo?”. Il bimbo, che a quell’età aveva già avuto visioni e apparizioni, rispose: “Mi piacerebbe curare gli altri e amare i miei fratelli”. Questa visione si realizzerà alcuni anni più tardi. Come molti nati nel segno dei Pesci, Cayce incontrerà la sua vocazione in un’atti- vità di aiuto agli altri e dopo un percorso professionale tormentato, che lo farà passare da un lavoro all’altro. Da giovane desidera studiare per diventare sacerdote, ma la povertà della famiglia glielo impedisce. Si trasferisce in città, dove svolge numerosi lavori come commesso in un negozio di scarpe e in una libreria, assicuratore, rappresentante, fino a quando in seguito a una severa afonia, che gli impedisce di parlare con chiunque, è costretto a lavorare in un gabinetto fotografico.
Chiaroveggenza Medica
La sua vita cambia nel 1901 per l’incontro con un medico ipnotista e osteopata, Al Layne, che gli consiglia di descrivere il carattere del suo disturbo, mentre si trova in stato di autoipnosi. Le persone presenti lo ascoltano, mentre sotto autoipnosi spiega le cause della sua afonia e i rimedi da utilizzare per curarla. In pochi giorni Cayce guarisce da tutti i suoi mali e l’1 aprile del 1901 guarisce con la stessa tecnica Layne, che soffre di dolori di stomaco, descrivendone in autoipnosi le infermità e la relativa cura. I due aprono uno studio di
‘letture medianiche’ gratuite; Layne aiuta Cayce nel condurre le letture, che si svolgono anche a grande distanza dal paziente, e nel preparare i rimedi. In pochi anni questa diventa la loro principale attività. Edgar Cayce riuscirà, nel corso della vita, a guarire oltre 40.000 persone, diventando famoso in tutti gli Stati Uniti e riuscendo con il lascito finanziario di un agente di cambio di New York addirittura a costruire un ospedale per i suoi pazienti.
Il suo soprannome Profeta dormiente gli deriva dal metodo utilizzato nelle sue ‘letture medianiche’. Si addormenta e cade in trance in pochi secondi, dopo di che è in grado di discutere di storia, filosofia, medicina, viaggiando nel passato e nel futuro con estrema facilità. Non chiede mai denaro per trattamenti e consulenze, consigliando a seconda dei casi a volte medicine, a volte erbe e rimedi naturali, massaggi o semplici esercizi. É in grado di scoprire le cause di malattie comples- se, che a volte risalgono, come egli afferma, a precedenti incarnazioni, ed insegna alle persone, che lo contattano da tutto il mondo, come sciogliere situazioni ‘karmiche’, provenienti da vite passate, oltre a fare previsioni straordinarie. Un esempio valga per tutti! Nel 1929, in una lettura medianica riguardante l’andamento dell’economia americana, Cayce profetizza che la borsa di Wall Street da lì a poco crollerà, cosa che effettivamente si verifica il 29 ottobre.

LA MEMORIA AKASHICA
Alla domanda di come riesca a prevedere tali fatti, Cayce risponde semplicemente che la sua mente pesca nei cosiddetti registri akashici: una sorta di memoria universale, che, secondo gli studiosi del paranormale, funziona come un grande magazzino, che contiene tutti gli eventi dei singoli e dell’umanità fin dall’inizio del mondo, rimasti impressi nell’etere.
Per chi fosse scettico, sono disponibili le testimonianze autografe delle persone guarite e oltre 14.000 ‘letture medianiche’ di Cayce, stenografate dalla sua segretaria; un materiale, che unito ai libri, rappresenta una vera miniera di informazioni sull’al di là e sui misteri della vita. Nei suoi scritti, Cayce richiama la nostra attenzione sull’importanza delle semplici cose, che ci circondano: una vita sana a contatto con la natura, un regime alimentare equilibrato, un vero amore per il prossimo, un’apertura verso una reale spiritualità. Solo così riusciremo a vivere un’esistenza piena e soddisfacente.
Claudio Cannistrà fa parte della “Bottega dell’Astrologo”, associazione pratese di recente costituzione, che ha come obiettivo di contribuire allo sviluppo di una nuova comprensione della realtà visibile grazie all’interpretazione delle simbologie celesti e che organizza corsi ed attività culturali. Per informazioni: canniclau@libero.it; labottegadellastrologo@gmail.com
Nelle foto in alto: un ritratto di Lorenzo Giusti di fronte alla GAMeC e alcune immagini di allestimenti della galleria
Prospettive Ad Arte
Lorenzo Giusti, nuovo direttore della GAMeC di Bergamo di Virginia Mammoli
Tra 38 domande arrivate dall’Italia e dall’estero il consiglio direttivo della GAMeC (Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea) di Bergamo ha scelto Lorenzo Giusti come direttore del museo con mandato dal 2018 al 2020 e chissà, magari anche per il triennio successivo. Lo storico dell’arte e curatore pratese ha così lasciato la direzione del Man di Nuoro e ha preso il posto di Giacinto Di Pietrantonio che ha guidato il museo per quasi 18 anni.


Dal MAN di Nuoro alla GAMeC di Bergamo. Come ha reagito a questa notizia?
Mettendomi subito al lavoro. Per gli artisti e i curatori della mia generazione la GAMeC è stata uno dei principali punti di riferimento per l’arte contemporanea in Italia, una galleria dalla forte vocazione sperimentale, favorita dalla vicinanza di Milano, l’unico vero centro del contemporaneo nel nostro paese. Un museo reso oggi ancora più interessante dalla prospettiva della nuova sede, più ampia e funzionale. Cosa significa per lei questo nuovo incarico?
Significa un altro passo in avanti. Nel mio cammino non ho bruciato tappe. Dopo la laurea ho continuato a studiare, lavorando e viaggiando il più possibile. Ho iniziato come freelance e poi sono entrato nelle istituzioni, prima come curatore, poi come direttore, in Sardegna e adesso alla GAMeC.
Che progetti ha per la GAMeC?
Ho presentato da poco il programma per la seconda metà del 2018 e le linee guida per il prossimo triennio. Ho immaginato una galleria audace, capace di sostenere l’attività degli artisti e dei curatori emergenti e di gettare ponti tra un passato più o meno recente e un presente in via di definizione.
In questo momento le sale dalla GAMeC stanno ospitato la grande esposizione Raffaello e l’eco del Mito. Ci può anticipare qualcosa sulle prossime mostre?
La mostra di Raffaello, che include aperture sul Novecento e sulla contemporaneità, è espressione della storica collaborazione tra GAMeC e Accademia Carrara, che ogni due anni trova forma in un progetto condiviso. Il 7 giugno inaugureremo la prima mostra in un museo italiano dell’artista americano Gary Kuehn, maestro del post-minimalismo, a cinquant’anni esatti dalla sua prima e unica personale in Italia, da Christian Stein a Torino. Parallelamente presenteremo il progetto Enchanted Bodies/Fetish for Freedom, a cura di Bernardo Mosqueira, con importanti artisti internazionali accomunati dall’esperienza della migrazione, della deportazione o dell’esilio, tra cui Tania Bruguera, Dahn Vo, Haegue Yang, Abbas Akhavan. Sempre in estate presenteremo il primo evento del ciclo La collezione impermanente, una piattaforma di ricerca, espositiva e laboratoriale. In autunno presenteremo il primo capitolo di un ambizioso progetto pluriennale che affronterà un discorso trasversale sul tema della materia e che coinvolgerà grandi autori come Burri, Fontana, Fautrier, Dubuffet, fino alla contemporaneità di Urs Fisher, Florence Peake, Thomas Ruff, Jol Thomson. L’artista che sogna di esporre.
Il mio sogno ricorrente devia piuttosto nettamente dagli ambiti in cui mi muovo di solito. Vorrei dedicare una grande mostra a Caspar David Friedrich, per parlare di ciò che resta del romanticismo. Un sogno, non una priorità. In questo momento penso sia più importante dedicarsi ad altri temi.
Cosa le manca della sua città natale?
I miei amici di sempre, i pranzi della domenica a casa con il filone fresco del Mattei, le camminate in Calvana, i sabati pomeriggio in biblioteca e le serate al Terminale.
I suoi luoghi del cuore a Prato?
Il muretto di via del Ghirlandaio, dove sono nato, e piazzetta Alberti, dove sono andato a vivere da solo. Canneto, dove avrei voluto vivere, e Casa Bastoni, dove mi ritirerò da vecchio (so bene che non è possibile).
Un tour d’arte a Prato firmato Lorenzo Giusti.
Della Robbia alle Carceri, Giovanni da Milano e Lorenzo Bartolini al Pretorio, Nicola Pisano e Livio Mehus nell’Opera del Duomo, Bonaccorso di Cino nel Palazzo degli Spedalinghi. Gli orti di San Niccolò e la vista sulle ultime ciminiere dal Cas- sero restaurato. Merz, Melotti e Kapoor al Pecci. Ciò che resta dei murales di Blu in via Nenni e alla Passerella. La corte di via Genova.
La città sta vivendo un periodo di grande energia sotto vari aspetti, anche quello artistico…
Sono cresciuto a Prato negli anni della grande crisi del tessile e dell’arrivo della comunità cinese. Per me c’era una forte energia anche allora. L’energia delle cose che cambiano, del doversi ritrovare, riscoprire, ridefinire. Del doversi confrontare con una società in trasformazione, che evolve e che sfida il presente. L’energia della resistenza alle difficoltà, da sempre uno dei grandi motori per la creazione artistica. Se oggi qualcosa è cambiato è perché la tensione accumulata si è trasformata in energia positiva. Il destino di Prato rimane comunque quello di raccontare il nostro tempo.
Prato è? Ci risponda con un’opera d’arte.

La Venere degli stracci di Pistoletto.
