C14 Journal 01

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N째1

DESIGN PREVIEW lighting with

FLOS WE WORK ON retail

Peuterey


Alexander Bellman / Matteo Nobili / Simone Russo / Alessandra Lemarangi / Andrea Mutti / Elena Barberini / Elisa Arini / Alexandra Viva Pizzorni / Federico Montagna / Floriana Cescon / Oscar Vitale / Mattia Oddone / Giulia Gabellini / Margarita Kelesoglou /

AEM – Milano Accademia del Profumo Aprilia Asti Spumante Ballantyne Cashmere Barabas Beaute Prestige International Benelli-Beretta Capgemini Ernst-Young Caterpillar Cielo Venezia Comune di Milano Comunità Europea Consorzio Valtellina Corepla DPR DUPONT ENEL ENIT Federmobili Frau Frescobaldi Gazzetta dello Sport Generali Properties Gilera Gruppo OBI GQ – Condé Nast Haier H3G - (Tre) Hotel Chiaravalle Ina Assitalia Inda Infostrada - IOL Intel It’s Cool IULM Jean Paul Gaultier Job Pilot Kodak Lancaster Lega Calcio Levi’s LG electronics Loropiana L’Oreal Radio e Video Italia SMI Luxottica Ragno Maliparmi Regione Lombardia Ministero dei trasporti Repi Nestlè Safilo Nielsen Sara assicurazioni Nokia Saras Petroli Nikon Shell OM-Fiat ST Microelectronics Partesa Tod’s Peuterey Swarovski Piaggio Swatch Group Pirelli Swiss&Global Pisa Orologeria Telecom Plantronics Timberland Playteam Tiscali Pomellato Toshiba Quiksilver UNESCO Unicredit Uvet American Express Vacheron Constantin Valtur Velasco Vitali Virgilio Virgin Vodafone Whirlpool Testori Zaf

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In copertina / On the cover ILLUSTRAZIONE GRUPPO C14

C14 Journal in collaborazione con Diorama Magazine

Stampato a Milano Novembre 2013 da Unigrafica - Arti Grafiche


LANDSCAPE

di Alexander M. Bellman

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Shanghai, 15 settembre 2013 È appena iniziato l’anno accademico. Non che questo significhi granché, tranne forse per il fatto che io, come altri spero, ho sempre considerato il puntuale ed incontestabile giorno in cui si azzerano gli orologi, si stappano le bottiglie e si brinda al nuovo anno come un momento poco interessante: i buoni propositi li ho sempre fatti a Settembre. Un delta temporale più ampio, un mese intero in cui dire una cosa un giorno e cambiare idea il giorno dopo, il tutto ripetibile almeno 15 volte: cosa altrimenti impossibile da fare, ossessionati da un countdown con scadenza improrogabile che si avvicina di secondo in secondo. Inoltre un atteggiamento più razionale, nessuna necessità di divertimento ma anzi, sensazioni sempre più melanconiche come ricordo dell’ingiustificata euforia estiva, che piano piano è andata scomparendo con il passare dei giorni. Parigi, 12 ottobre 2013 Ovviamente, come qualcuno dei più pignoli di voi potrebbe aver subito notato, tutta questa melanconia e razionalità hanno portato la rivista ad uscire a Novembre, invece che a Ottobre come previsto; ma negli articoli che seguiranno di melanconico non c’è proprio nulla. Anzi, siamo pieni di suggerimenti per le città più in voga del momento, Parigi e Shanghai, che mettiamo a confronto attraverso due nostri progetti per lo stesso brand; vi spieghiamo cosa finalmente cos’é MegaUzo (so che non riuscivate a dormire) e chiudiamo il capitolo Foresta Rossa alla Triennale di Milano. Enjoy,


PIACE

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the burning man di Simone Russo Scrivono sul sito www.theburningman.com che spiegare cos’è il burning man è come spiegare un colore ad un miope. Così ci provo: 8 giorni, in un gigantesco accampamento nel deserto Black Rock, nello stato del Nevada, migliaia di persone, buona parte delle quali (ne sono quasi certo) al limite della follia, contribuiscono con la propria opera artistica, qualunque essa sia, allo sviluppo di un tema che ogni anno viene indicato da Larry Harvey, uno dei fondatori del Festival. L’ultimo giorno, viene dato fuoco all’enorme uomo di legno da cui il festival prende il nome. Qualora vi venisse la sciagurata idea di partecipare, portatevi, oltre al vostro ingegno e a ciò che serve per dargli forma, una tenda e ciò che vi possa rendere autosufficienti per 8 giorni nel deserto. Li nessuno vende nulla, tranne i propri sogni.

EVENTO Ogni anno (Agosto - Settembre), Nevada - Black Rock Desert


RIvediamo

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ART / VELASCO VITALI

Come finestre sulla città Triennale di Milano

Triennale di Milano / Sala cubo B

ALCUNE DELLE “416 CITTÀ FANTASMA” DIPINTE DALL’ARTISTA VELASCO VITALI, IN UN ALLESTIMENTO CHE FORNISCE UN PUNTO DI VISTA DAVVERO PRIVILEGIATO.


6 ART / VELASCO VITALI

“416 città fantasma nel mondo”

Foresta Rossa / Esposizione opere

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onclusasi il primo giorno di Settembre presso la Triennale di Milano, “Foresta Rossa: 416 città fantasma nel mondo”, è la mostra personale in cui Velasco Vitali ha sintetizzato un lavoro di ricerca iniziato quattro anni fa. Grazie alla collaborazione ormai consolidata con Gruppo C14 l’esibizione apre uno scorcio suggestivo ed esauriente sull’indagine dell’artista; osservando e raccontando il soggetto della città fantasma, il percorso espositivo si snoda in diverse sale della Triennale. La prima, quasi uno stretto corridoio metafisico reso però intimo ed ospitale dalla luce soffusa, ospita un bianco tavolo lungo 20 metri sui quali sono esposti disegni, schizzi e acquerelli. Tratte da un archivio sterminato del quale solo una piccola parte è stata esposta, le opere sono disposte sul piano orizzontale e accompagnate da testi che raccontano le storie di altrettante città, su pannelli obliqui che, come una scacchiera irregolare, scandiscono la distesa di immagini conferendole un ritmo dinamico.

La mostra continua poi in maggiore scala, dove la narrazione della città avviene su 30 grandi tele, lavorate con diverse tecniche e collocate a due metri d’altezza. La luce naturale proveniente dai lucernari e quella artificiale dei proiettori si fondono in un risultato mutevole ed originale ma non invasivo, rendendo le sale perfetti involucri essenziali. Di fronte alle tele sono disposte sedute, rigorosamente bianche, che permettono ai visitatori un’ideale contemplazione di questo ambiente luminoso ma raccolto, senza tempo. Il tema della città viene così inquadrato da diverse prospettive, da documentazioni tassonomiche e realistiche a ritratti poeticamente idealizzati; disegno e materia trovano il giusto equilibrio non solo nel lavoro di Vitali, ma anche nella trasposizione formale e progettuale della mostra che lo espone.


7 ART / VELASCO VITALI

“Design and matter find the right balance not only in Vitali’s work, but also in the formal and projectual transposition of the exhibition that displays it”.

LIKE WINDOWS IN THE CITY: SOME OF THE “416 GHOST CITY” PAINTED BY THE ARTIST VELASCO VITALI, IN AN EXHIBITION THAT GIVES A TRULY PRIVILEGED POINT OF VIEW. Ended the first day of September at the Triennale in Milan, “Foresta Rossa: 416 città fantasma nel mondo” is the solo show in which Velasco Vitali synthesized a research work started four years ago. Thanks to the strengthened collaboration with Gruppo C14, the exhibition opens a striking and thorough glimpse on the artist’s inquiry; observing and describing the subject of the ghost city, the exhibition itinerary unknot itself through different rooms of the Triennale. The first, almost a narrow and ontological corridor, made more intimate and warm by the flattering light, hosts a white, 20-meter long table where drawings, sketches and watercolors are on display. Selected form a boundless archive of which only a little part has been shown, the artworks are displayed on the horizontal level and paired with texts that narrate stories of as many cities, on slanting panels which, like an irregular chessboard, articulate the image sweep lending a dynamic rhythm. The show continues in larger range, where cities’ narration occur on 30 big canvases, embellished with different techniques and set at 2 meters height. The natural light coming form skylights and the artificial one of the projectors melt in an original, variable, but never invasive result, making the rooms perfect essential cases. In front of the canvases there are rigorously withe seatings, that allows visitors to have an ideal contemplation of this bright, cozy and timeless environment. The city’s theme is therefore placed under different perspectives, from taxonomic and realistic documentations to poetically ideal portraits; design and matter find the right balance not only in Vitali’s work, but also in the formal and projectual transposition of the exhibition that displays it.

Foresta Rossa / Esposizione opere

Foresta Rossa / Evento di inaugurazione


8 ART / VELASCO VITALI

Fabrizio V. architetto

hipstart Lo abbiamo chiamato Hipstart, ed è un piccolo esperimento. Il punto di vista dei visitatori sulla mostra, una soggettiva di ciò che ognuno dei partecipanti ha colto più di altro.

Claudia B. giornalista Stefano R. fotografo


PIACE

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MONEGROS DESERT FESTIVAL di Oscar Vitale Nel deserto iberico tra Barcellona e Madrid, lontano da ogni forma di civiltà (e autorità), annualmente prende vita il Monegros Desert Festival: 24 ore ininterrotte di festa e musica nel mezzo del nulla. Pochi e semplici ingredienti bastano a trasformare questo luogo inospitale nel palcoscenico di uno degli eventi più sensazionali ed emozionanti della terra: un paesaggio suggestivo, uno scenario che evoca un mondo fantastico, mostri meccanici provenienti da un’ altra dimensione che si aggirano tra una folla brulicante e tanta, tantissima musica. Attorno a noi solo un mare di sabbia, attraverso la folla si scorge l’orizzonte, la linea che separa cielo e terra appare sfocata. La musica anima i corpi di migliaia di persone dettando il ritmo di quello che sembra un rituale antico dove sudore e polvere si mescolano. Un limbo di libertà assoluta, un giorno per evadere completamente dalla realtà che ci circonda. Siamo in Spagna e questo è il Monegros.

FESTIVAL Ogni anno a Luglio


10 PREVIEW / LIGHTING

Megauzo, deformazione fluida. MEGAUZO È UNA DEFORMAZIONE PUNTUALE E MORBIDA SU SUPERFICI COMPLANARI E PERLACEE. È LA METAFORA DI UNA GOCCIA DI ALCOOL, CON UN VIOLENTO RETROGUSTO DI ANICE, FATTA CADERE SU UN PIANO DI SICUREZZE, DI LINEE E DI GEOMETRIE STABILI. UN PIANO FATTO DI UN ALTRO LIQUIDO, MORBIDO E BIANCO COME IL LATTE.


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“Troppo Uzo anche per voi la scorsa estate in Grecia ? ”

Megauzo / Modello virtuale di studio

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egauzo é il risultato della contaminazione in cui la goccia alcolica plasma e scioglie il latte. Dallo scontro delle due sostanze si genera luce. Questa era la metafisica all’inizio del progetto, e secondo la pura teoria, Megauzo non dovrebbe mai avere forma solida e statica. E in un certo senso non ce l’ha; lo si capisce però solo una volta installato. Si possono scegliere diverse configurazione dimensionali e tipologiche (intradosso o estradosso) e generare diversi tipi di luce (indiretta e diffusa, diretta e concentrata, calda, fredda, colorata ecc...) e tutte le caratteristiche sono molto interessanti e uniche se applicate tutte insieme. Il motivo vero del dinamismo formale è quello che più auspicavo accadesse, ma di cui non potevo essere veramente sicuro in fase progettuale: si fa fatica a percepire la dimensione e la forma, guardando dal basso o dall’alto, da sinistra o da destra: i Megauzo appaiono sempre diversi, sono difficili da disegnare e da descrivere. In pratica disorientano, che siano spenti o accesi; se cerchi di dar loro un confine visivo, ti ingannano sempre. Molti visitatori si sono accorti che Megauzo era una significativa deformazione del soffitto solo salendo di un livello e cambiando punto di osservazione, ed invitati a ipotizzarne una misura, ad ogni gradino cambiavano idea. Comunque, appena pensati e disegnati, ne abbiamo parlato subito

con Flos; unica realtá, a nostro parere, in grado di realizzare il progetto. Senza una tecnologia specifica di cui è proprietaria, senza un ufficio tecnico e commerciale che ci ha voluto molto, ma molto bene, senza anni di esperienza su deformazioni morbide (come la linea Soft Architecture), tutto questo sarebbe stato impossibile. Le dimensioni (l’Uzo, ovviamente, è Mega), il peso eccezionalmente contenuto (140 kg per 4 metri di diametro e 2 di altezza), l’estrema precisione delle superfici, incredibilmente continue e lisce, perfette, come uscite da un modellatore tridimensionale fantascientifico: tutte caratteristiche richieste e soddisfatte. Ora, introducendo l’intervista a Gianluca Viceconte di Flos ne approfitto: faccio io la prima domanda, che mi incuriosisce moltissimo a livello personale e a cui non riesco a trovare risposta: “Flos lavora e ha sempre lavorato con i designers, e che quindi è una di quelle poche grandi aziende di illuminazione che tiene ad un rapporto diretto coi progettisti: in questo caso però, sapendo le difficoltà che si sarebbero incontrate, come diavolo vi è venuto in mente di mettervi a fare un progetto come questo? Troppo Uzo anche per voi la scorsa estate in Grecia?”.

Alexander M. Bellman


12 PREVIEW / LIGHTING

MEGAUZO IS A SOFT AND ACCURATE DISTORTION ON COPLANAR AND PEARLY SURFACES. IT IS A METAPHOR OF AN ALCOHOL DROP, WITH A VIOLENT ANISE’S AFTERTASTE, DROPPED ON A SAFETY LEVEL, MADE OF LINES AND SOLID GEOMETRIES. A LEVEL MADE OF A LIQUID, SOFT AND WHITE AS MILK. MEGAUZO IS A THE RESULT OF A CONTAMINATION IN WHICH ALCOHOL’S DROP SHAPES AND MELTS MILK. AFTER CRASHING, THE TWO SUBSTANCES GENERATE LIGHT. That was the metaphysics at the beginning of the project, and following pure theory, Megauzo should never have solid or static shape. And in one sense it doesn’t, but we understand only after having installed it. It is possible to choose between different dimensional and typological configurations (intrados or extrados) and different lights (indirect and widespread, direct and focused, warm, cold, colored etc…), applied all together, these characteristics are really interesting and unique. I wished for real formal dynamism, but during the design phase I could not be sure about it, it’s difficult to perceive size and form, observing from bottom to top or from left to the right: Megauzo appear always different, and it’s difficult to design and describe them. Turned off or turned on, they disorient us in any case; if you try to draw their visual lines, they always mislead you. Many visitors realized that Megauzo was a ceiling’s deformation only after coming up and changing point of view, and when encouraged to suppose a measure, they changed idea each step. Anyway, once designed, we talk about them with Flos, the only entity in our opinion that could be able to realize the project. This would not have been possible without their specialized technology, without their technical and business office, which really loved us, without a long-standing experience on soft distortion (as Soft Architecture line). Characteristics like dimension (Uzo is obviously Mega), exceptional restrained weight (104 kilos, 4 mt diameter and 2 mt height) and extreme surfaces’ precision that are as smooth as modelled by a three-dimensional space age blow-mold: all requests were satisfied. Now, I take advantage of introducing the first question to Flos’ Mr.Gianluca Viceconte in order to solve an unresolved wonder and satisfy my personal curiosity: “Flos has always worked with designers and therefore, is one of the few lighting design companies engaged in direct relationship with designers. In this case, conscious that you will have run into difficulties, how could you start a project like this? Too much Uzo also for you last summer in Greece?”

Flos / Megauzo


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INTERVISTA a ...“Innanzitutto, caro Architetto, vorrei sapere chi Le ha detto che sono stato in Grecia la scorsa estate! In realtà, non appena abbiamo visto la complessità del progetto, ci siamo detti: Proviamoci! Sono proprio i progetti più complessi che ci affascinano maggiormente.” La linea di prodotto Flos soft architecture ha un design che trae evidentemente ispirazione da sinuosità naturali e organiche, ed a una prima lettura sembrano meglio contestualizzabili in ambienti privati o comunque informali: C14 vi ha proposto un fuori scala, con svariate modalità di emettere luce, per un utilizzo immediato in un ambiente tradizionalmente istituzionale. Come avete accolto la contaminazione? O meglio si tratta di contaminazione o di integrazione? Probabilmente si tratta di entrambe le cose. Sempre più il nostro vivere in spazi lavorativi riproduce lo stesso calore e lo stesso piacere che abbiamo nei nostri spazi privati. Oggetti e forme quindi integrano l’ambiente lavoro per renderlo a noi più vicino. Le forme di uso boob (e quindi di mega-uzo) rimandano a vulcani e crateri, distruzione e fertilità: una dicotomia simbolica, che pone in dialogo ambienti diversi e separati ? Da che tipo di studio [estetico e funzionale] deriva? La natura è una fonte infinita di ispirazione. L’utilizzo di un prodotto particolare come Soft Architecture permette di

Sig. Gianluca Viceconte Direttore Commerciale Italia Flos Spa

plasmare lo spazio in assoluta libertà e senza rigidi schemi. Questa libertà permette alla luce di poter essere assorbita dalle superfici o di rompere la plasmarità ed essere gettata all’esterno della superficie stessa. Da Uzo a MegaUzo, com’è stato vissuto l’aumento in scala di un prodotto preesistente, a livello sia concettuale che progettuale? Cosa ne pensate a riguardo? Non sempre la riproduzione omotetica di una forma porta a risultati soddisfacenti. In questo caso ci è sembrato invece un tentativo assolutamente da realizzare, sapendo che il contesto in cui sarebbe stato inserito è stato progettato in maniera assolutamente organica. Un dato che a prima vista incuriosisce è il rapporto tra volume e peso. MegaUzo sembra, ed è, leggerissimo: come avviene in Flos ricerca e scelta dei materiali? Per noi la continua ricerca tecnico- formalematerica fa parte del nostro DNA. Nel caso specifico, Soft Architecture ci ha da subito affascinato per le sue caratteristiche di leggerezza, di durezza e di resistenza al fuoco.

E per quanto riguarda la lavorazione delle superfici, che si presentano come fusioni perfettamente omogenee? La ricerca tecnica sulla materia e sugli stampi da cui ricavare le forme ci ha permesso, come nel caso di Megauzo, di realizzare dimensioni estremamente importanti e di ottenere una qualità elevata, rendendo così il più possibile agevole la progettazione e l’installazione in cantiere. Dimensione e quantità dei MegaUzo, per il loro impiego al massimo effetto, fanno pensare ad un alto consumo: qual’è il rapporto tra i vostri prodotti ed il tema, attualissimo, del risparmio energetico? Al contrario, sono proprio elementi come questi che consentono di risparmiare energia e di rispettare l’ambiente. Per la luce abbiamo utilizzato le ultime generazioni di sorgenti LED, garantendo un’alta efficienza. Inoltre il materiale con cui è costruito Megauzo ha un ciclo produttivo assolutamente virtuoso: dalla produzione allo smaltimento si utilizzano materiali inerti e le acque di lavorazione vengono filtrate prima di essere smaltite. Il tutto certificato dal marchio “Cradle to Cradle”.



AND COME BACK

PARIS SHANGHAI

UN CONCEPT CHE GIRA IL MONDO ADEGUANDOSI AL CONTESTO IN CUI SI TROVA. A PARIGI COME A SHANGHAI, PEUTEREY CI METTE LA FACCIA(TA).


16 RETAIL / PEUTEREY


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SKIN DEEP Superficialità

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In architettura si parla spesso di pelle, di superficie come elemento fondamentale del progetto. In psicologia, non me ne intendo molto in realtà, ma lo strato superficiale è quello che interessa di meno “ bisogna sempre scavare nel profondo e cercare il significato nascosto delle cose...”. Sono orgoglioso di presentarvi un progetto fatto di superficie. E sì, perché stavolta il significato sta proprio nella pelle, un po’ come accade con alcune specie di rospi o rane sudamericane, la “sostanza” sta tutta lì (vedi nota a fondo articolo). La facciata di Shanghai è pensata in una condizione di libertà creativa assoluta, in una città commerciale per eccellenza, che modifica in continuazione la sua struttura urbana sulla base di aperture di mall e business center, una New York orientale in uno stato confusionale di proto-capitalismo, nella cui foga clamorosa sembrano scomparse cultura e tradizioni. In questo senso è una pelle in tensione, un’imponente onda di cilindri, espressione pura del logo Peuterey che diventa tridimensionale e superficiale allo stesso tempo. La luce la disegna e segue le curve morbide, suggerendo in continuazione nuove interpretazioni, visive ed emotive. Parigi è tradizione, Sovrintendenza e regola. Il negozio è boutique allo stato puro, il ritmo è classico, la scansione della vetrina imposta, la luce magica e decorativa. Il concept Peuterey Retail Mondo traspira in Rue de Saint’ Honoré attraverso una preziosa pelle di ottone, unica e parigina, non replicabile in altro luogo se non lì dove è stata pensata; una membrana che filtra interno ed esterno, tradizione ed innovazione.

In generale, credo che un progetto retail possa definirsi attuale solo quando, pur mantenendo chiari ed evidenti i concetti e gli elementi che lo caratterizzano, contiene gli strumenti adatti per potersi modificare a seconda di quello che, usando una terminologia da testo di architettura in disuso, veniva definito come “genius loci”. Nel caso di Peuterey lo facciamo in gran parte con lo studio della superficie, che, come dicevo all’inizio, in effetti è pura essenza, facendo coesistere i concetti di modularitá e tailor made.


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SHANGHAI

RETAIL / PEUTEREY

Nota: Tra le sostanze psicoattive rinvenute nelle secrezioni ghiandolari dei rospi del genere Bufo, quella che maggiormente spiega le loro proprietà è la 5-metossi-N, N-dimetiltriptamina. Oltre a questa sono state trovate anche la Bufotenina, la S-metossi-Nmetiltriptamina, la 5-idrossitriptamina, la 5-idrossiNmetiltriptamina, la deidrobufotenina, la bufotossina e l’epinefrina.. Soltanto le prime cinque si possono considerare allucinogene. Per maggiori informazioni si consiglia una semplice ricerca web su Google inserendo le parole “rospi psichedelici”: si chiariscono anche meglio i miti che riguardano le improbabili trasformazioni dei suddetti animali, una volta baciati, in principi.

Alexander M. Bellman


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“In questo senso è una pelle in tensione, un’imponente onda di cilindri, espressione pura del logo di Peuterey che diventa tridimensionale e superficiale allo stesso tempo. La luce la disegna e segue le curve morbide, suggerendo in continuazione nuove interpretazioni”.


PARIS

20 RETAIL / PEUTEREY

In architecture we often talk about skin, of surface as a fundamental element of the project. In psychology - I’m not that familiar with it, actually - the superficial layer is the less interesting: “we always have to dig in the deep to search the hidden meaning of things…”. I’m proud to present you a project made of surface. Yes, because this time the meaning is in the skin, a bit like it happens with some species of toads or south American frogs, the “substance” dwells all there. Shanghai’s facade is designed in an unconditional and free creative condition, it’s a business metropolis par excellence, that continuously modify its urban structure following malls and business center opening; an oriental New York in a confused original capitalistic state, in which cultures and traditions seem to be vanished through its sensational ardor. In this sense it’s a tense skin, a majestic wave of cylinders, pure expression of Peuterey’s logo that becomes three-dimensional and superficial at the same time. Light designs and follows smooth curves, continuously suggesting new interpretations. Paris is tradition, superintendence and rules. The shop is undiluted boutique, rhythm is classic, shop window’s scan is imposed, light is magic and ornamental. Peuterey’s world retail concept perspires in Rue de Saint’ Honor é through a precious brass skin, Parisian and unique, unreproducible somewhere else if not where it was designed; a membrane that filters inner and outer, tradition and innovation. Generally speaking, I think that we can call retail a project only when, even keeping clear characterizing concepts and elements, it includes all suitable tools to modify on the basis of what, according to a neglected architecture term, is the “genius loci”. With Peuterey we mostly do it with surface’s study which, as said at the beginning, is actually pure essence that makes coexist modularity and tailor made concepts.

Note: Between the psychoactive substances found in Bufo toad’s glandular secrections, the one which mostly explains their proprieties is 5-Methoxy-N, N-Dimethyltryptamine. Above these, also Bufotenin, S-methoxy-Nmethyltryptamine, 5-Hydroxytryptamine, 5-hydroxyNmethyltryptamine, Dehydro-bufotenine, Bufotoxin, Epinephrine, etc where found. Only the first five can be considered hallucinogenic. For more informations a simple Google web research based on the keywords “psychedelic toads” is suggested: you can also clarify myths about debatable transformations that those animals, once kissed, could accomplish.


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TORNEREMO

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alter concept store

Famoso per le sue linee geometriche e per la selezione del prodotto, questo concept store si trova in Xin Tian Di, zona nota per la densitá di negozi e locali. É sinonimo di un design di moda alternativo, innovativo e di alta qualità. L112, 245 Ma Dang Road, Xin Tian Di, 200021

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opo ore interminabili trascorse rimbalzando da un ufficio tecnico ad un cantiere polveroso, ci lasciamo scivolare tra le vie di Shanghai, alla ricerca di qualcosa che faccia il paio con la nostra voglia di nuovo. Ecco cosa abbiamo scovato, e che di seguito vi suggeriamo a mo’ di mini guida per viaggiatori entusiasti. Considerateci come il vostro “local friend”. Che abita a Shanghai. E fateci sapere. After endless hours, spent bouncing from a technical office to a dusty construction site, we let ourselves flow trough Shanghai’s streets, looking for something that match with our lust for something new. Here what we discovered, that we suggest you as a little guide for enthusiastic travelers. Consider us as your “local friend” who lives in Shanghai. And let us know.

eco village

complex mall

Si tratta di un complesso di nuova costruzione che ospita aziende e marchi il cui lavoro è, seppur in modi differenti, fondamentalmente guidato da principi di stile di vita sostenibile. É pensato per essere una sorta di one-stop shop per tutto il “mondo eco”, da abbigliamento e accessori a servizi di benessere e alimenti biologici. 485 Fenglin Lu, 200030


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“must see” market Tongchuan Lu Fish Xintiandi zone ian Mall Nanjing Lu Pedestr GLASS MUSEUM museum

Lo studio Logon ha trasformato una vecchia fabbrica ad un museo dedicato al vetro; situato nel distretto di Baoshan, nella periferia nord-est di Shanghai, l’intervento è già un must, per cultori della materia e non. Il nero, lucido vetro degli interni riflette le luci a LED e schermi posizionati in tutto lo spazio, creando una brillante atmosfera multidimensionale. Questo enfatizza l’interazione, l’interdipendenza e le influenze di periodi, continenti, popolazioni e materiali coinvolte in arte, artigianato e industria del vetro.

685 Changjiang Xi road, Baoshan, 200042

“must have” P

Smart Shanghai AP

Umbrella ation Address and desrstin in chinese characte

Ultraviolet by Paul Pairet

restaurant

waterhouse

boutique hotel

Neri & Hu Design Research Office, una delle voci principali della architettura cinese, ha interamente trasformato l’edificio del 1930 mantenendone peró la facciata originale. Lyndon Neri spiega la filosofia di design: “Questo è un hotel che mette l’accento sul viaggiatore alla ricerca di un significato, e non solo la componente di lusso di vivere.”.

1-3 Maojiayuan Road, Huangpu, 200011

10 commensali e un menú di 20 portate accompagnate da effetti sonori si incontrano tra 4 pareti arredate da proiezioni cinematografiche e suggestioni olfattive: Ultraviolet, un luogo stravagante in cui la misurata illuminazione rende leggerezza al multisensoriale concept food.

Bund 18, 6/F, 18 Zhongshan Dong Yi Road, 200002


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PIACE

Belgrade Design Week di Margarita Kelesoglou Le parole “Design Week” hanno sempre fatto rima con città come Londra, Milano o New York. Sentirle nominare affiancate a Belgrado può suonare come una piacevole sorpresa, soprattutto perché nell’immaginario collettivo la città balcanica porta ancora i segni visibili di una guerra recente. Tra mostre di prodotti innovativi e la presenza di famosi studi di design internazionali, l’evento più importante della passata edizione è stata una conferenza durata tre giorni. Importanti relatori come Virgilio Fernandez (FIAT 500l) e Zaha Hadid Architects (Beko) sono intervenuti parlando di tematiche di sostenibilità urbanistica, di innovazione e mobilità. Inoltre è stato possibile seguirli anche attraverso un efficace servizio di streaming video: tutto a vantaggio delle percezione dell’immagine cittadina all’estero. Può il design alleviare le sofferenze passate?

“The Greek Monsters”, mostra ispirata dalla mitologia greca e critica all’immagine attuale del paese - Beetroot Design Group

DESIGN WEEK

SERBIA - Ogni anno a Giugno www.belgradedesignweek.com/


25 DISPLAY / PEUTEREY

WORLD IS A STAGE COME A TEATRO, LE VETRINE SONO CONCEPITE COME UN PALCO SUL QUALE METTERE IN SCENA... LO STILE.

Peuterey / Rain


26 DISPLAY / PEUTEREY

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criveva Shakespeare: “world is a stage”. Si tratta di raccontare una storia, ma il tempo a disposizione per farlo è di pochi secondi. Lo spettatore non è comodamente seduto su una poltrona in platea, ma è di passaggio. Window display, o più semplicemente vetrine: la sfida di riuscire a catturare l’attenzione del pubblico in un istante, che dura più o meno il tempo di una porta che sbatte. Si parte dalla sceneggiatura, come sempre. Rivista e corretta viene ‘manipolata’ dal regista; lo scenografo viene interpellato una volta affinata la traccia del racconto. E qui comincia il bello: pochissimi metri quadrati per attori (molti li definiscono manichini, ma permetteteci di chiamarli collaboratori) che salgono su un palco allestito ad hoc e iniziano la loro interpretazione. Immobili. Per giorni. Immaginate; in questa mise en scene la sintesi più efficace e coinvolgente si risolve nell’attenzione del pubblico passante, che in sostanza, parlando di moda, equivale ad un più immediato impulso all’acquisto da parte del cliente. Oggi il concetto di vetrina si è esteso a tal punto da diventare una vera e propria pagina pubblicitaria, dove il prodotto ha un ruolo fondamentale, ma ancor di più ne ha la contestualizzazione dello stesso, l’atmosfera che lo avvolge

e che ne racconta la storia, le origini, i motivi. La vetrina è filtro, è una mano che sfiora con delicatezza la spalla di un passante distratto, che sussurra un messaggio intrigante e mai invadente. È anche una soglia, una porta di accesso ad un mondo complesso ed articolato. Queste riflessioni hanno convinto anche Peuterey, brand di moda in forte espansione sul mercato internazionale, che ha incaricato Gruppo C14 di sviluppare un concept su base annuale per le vetrine delle boutique di tutto il mondo. La sceneggiatura (o se preferite, brief), è opera dell’azienda, nei ruoli di ufficio stile e marketing, che tracciano i contorni di collezioni e strategie e la conseguente declinazione dei valori ad essi correlati. Il titolo di quest’opera, prima è stato così definito: “il Viaggio”, sottotitolo “la città come luogo per partire e al quale ritornare”. Abbiamo elaborato ed affinato questo tema, ispirandoci al cinema ed alla visione che grandi registi della storia

Peuterey / Stuntman


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“world is a stage”

Peuterey / La Renna

Peuterey / TV man

hanno avuto in relazione all’idea di città, e abbiamo così riconfezionato il titolo in “viaggio nelle città del cinema”. Un salto nel passato più o meno remoto ripescando linguaggi e stilemi di registi che hanno fatto la storia del cinema, da Frinz Lang a Ridley Scott: vere e proprie locandine cinematografiche che anticipano un mondo, un messaggio, e che giocano sul riflesso condizionato ed inconscio che qualcosa di tutto ciò che osserviamo, in piedi di fronte a quei vetri, in qualche modo fa parte della storia di ognuno di noi.

Simone Russo

Peuterey / Duplicity

Peuterey / Rain


28 DISPLAY / PEUTEREY

Peuterey / Uomo Moto

AS AT THEATRE, SHOP WINDOWS ARE PROJECTED AS STAGES IN WHICH REPRESENT STYLE. Shakespeare wrote: “world is a stage”. We are dealing with a story, but we have just few seconds on our hands. The spectator is not sitting on a comfortable seat in the auditorium, he’s just passing by. Window display: the challenge is to gain public’s attention in a second, it only last a door slamming. As usual, we start with the script. After being revised and corrected, it’s manipulated by the director; the scenographer is consulted since the plot’s track is sharpened. So we start with the most interesting part: few square meters for actors (many people defined them as mannequins, but let us call them collaborators) which climb into the ad hoc set up stage, and they start their representation. Static, for long days. Imagine; in this mise en scene the more effective and engaging synthesis is solved in the attention of the transiting public, which substantially, talking about fashion, it equates to a more immediate purchase impulse by the customer. Today the concept of display cabinet is extended in so far to became a real advertising page, where the product has a fundamental role, but even more fundamental is its the contextualization, as the atmosphere that surrounds it and

tells its story, origins and reasons. The shop window is a filter, a hand that gently touch the shoulder of a distract pedestrian and whispers an intriguing and never intrusive message. It’s also a threshold, an access door for a complex and articulated world. These reflections convinced also Peuterey, a fashion brand expanding in the international market, that designated Gruppo C14 to develop an annual concept for shop windows all around the world. The script (or brief, if you prefer), it’s a company work, inside the role of style and marketing department, that track collection’s profiles and strategies, and the resulting declination of connected values. The title of this work was first defined as “the Trip”, subtitled “the city as place to leave and come back to”. We developed and refined this theme, taking inspiration from cinema and from the vision that great historical directors had about the idea of city, so we went back over the title as “cinema’s cities travel”. A leap into the past, more or less remote, getting hold languages and styles of historical directors, from Fritz Lang to Ridley Scott: real movie posters that anticipate a world, a message, that play with unconditional and unconscious reflection. That something of everything that we observe, standing in front of those glasses is a life part of all of us.


INTERVISTIAMO

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FLORIANA CESCON

responsabile amministrativo C14 - “La Flo”

A 13 anni cosa voleva fare? Che domanda...: Carla Fracci, what else? E’ mai andato da uno psicanalista? A chi sta facendo la domanda? A me o all’altra me? Comunque si, ci siamo andate entrambe Il suo rapporto con droghe, psicofarmaci, alcol? Sono diventata sommelier per avere un alibi. A parte gli scherzi, la mia è una passione per il vino non di certo una dipendenza Ha il potere assoluto per un giorno, che cosa fa? Non ho dubbi, vorrei avere il potere sullo scorrere del tempo Cosa la tiene sveglio/a la notte? I miei vicini... e spero che leggano questa intervista Quanto conta il sesso nella vita? Ha il suo bel valore ma dipende con chi lo si fa Se la sua vita fosse un film chi sarebbe il regista? Vorrei un misto tra Ferzan Ozpetek e Blake Edwards Si reincarna in una donna/uomo, la prima cosa che sperimenta? Guardare fiero i peli delle mie gambe Un bambino le chiede: ”perché si muore?”. Cosa gli risponde? Quello che mi rispose il mio bisnonno quando gli chiesi di mio padre. Mi disse che ognuno quando nasce ha uno stoppino e quando questo finisce, vuol dire che hai terminato di fare le cose sulla terra ed è ora di andare in cielo La sua casa brucia, cosa salva? La foto con il mio papà, il mio primo libro di cucina e l’iphone. Passato, presente e futuro sempre con me Il senso più importante? L’olfatto e il gusto vanno di pari passo Cosa non indosserebbe mai? Le fivefingers , mi dicono che siano comodissime ma le trovo immettibili Il vero lusso è? Essere amati Di cosa ha paura? Tutto quello di cui avevo paura si è avverato, quindi ora rispondo: di niente, speriamo porti bene Nel migliore dei mondi possibili dovrebbe essere abolita la parola... Violenza


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