ITALIANISTICA

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Italianistica.it

Rivista Internazionale di lingua e cultura italiana del Centro Internazionale per lo Studio e la Didattica dell’Italiano e dei Dialetti (CISDID) Vol. I 2012


Direttore Antonio Sorella – Università “Comenio” di Bratislava Comitato Scientifico Roberta D’Alessandro – Università di Leiden Anna Maria Di Sciullo – Université du Québec à Montreal Claudio Giovanardi – Università di Roma Tre Pavol Koprda – Università “Costantino filosofo” di Nitra Adam Ledgeway – Università di Cambridge Fethi Nagga – Università El Manar di Tunisi Maria Paynter – Hunter College CUNY Ülar Ploom – Università di Tallinn Edgar Radtke – Università di Heidelberg Marija Radulović – Università del Montenegro Giampaolo Salvi – Università di Budapest Ljerka Šimunković – Università di Split Michelangelo Zaccarello – Università di Verona

Redazione Annalisa Civitareale Andrea De Luca Pierluigi Ortolano

«ITALIANISTICA.IT» is an International Peer-Reviewed Journal.

CISDID Editrice Università degli Studi "G.d'Annunzio" Via dei Vestini, 31 66100 - CHIETI Tel. +39.0871.3556690 Fax +39.0871.3556691 ISBN: 978-88-98338-00-9


INTRODUZIONE Antonio Sorella

Da tanti anni progettavamo questa rivista, per dare voce e spazio a tutti coloro che si occupano di lingua e cultura italiana nel mondo, con passione e capacità. Scopo del CISDID, Centro Internazionale per lo Studio e la Didattica dell’Italiano e dei Dialetti, era di creare una rete di italianisti che collaborassero a progetti comuni e si sentissero parte di un gruppo, geograficamente disperso, ma in continuo contatto, grazie soprattutto alle moderne tecnologie comunicative. I quattro convegni organizzati finora, dal primo a Cambridge, ai successivi a Pescara, Tallinn, Bratislava e Chieti, hanno mostrato, pur nella disparità di interessi e di metodologie di ricerca di tutti noi, una profonda affinità scientifica ed un’unione d’intenti che costituiscono un buon viatico per le iniziative future. L’idea di creare una rivista, che fosse nello stesso tempo diffusa attraverso il tradizionale canale della pubblicazione a stampa e della rete, nacque proprio dall’esigenza di superare le distanze geografiche, nonché i balzelli doganali e postali: una rivista, appunto, subito disponibile in rete, ma poi ottenibile anche nella versione cartacea, con i consueti metodi della spedizione internazionale, ma anche attraverso la distribuzione brevi manu, in occasione degli incontri frequenti di tutti gli iscritti al CISDID ai convegni, conferenze, visite accademiche, e anche – perché no – degli scambi di studenti, nella modalità del programma Erasmus LLP, oppure grazie ad apposite convenzioni internazionali extraeuropee (in particolare con la CUNY di New York, con l’Università di Stato di San Pietroburgo, con l’Università El Manar di Tunisi, con l’Università del Montenegro). Questo primo numero raccoglie i contributi al II Congresso Internazionale del CISDID, Italiano, dialetti e lingue romanze sotto la pressione dell’inglese globalizzato, svoltosi a Chieti e a Bratislava, nei giorni 13-15-22 ottobre 2011. Dal punto di vista redazionale, si è cercato di intervenire il meno possibile, in considerazione del fatto che i diversi metodi di studiosi operanti in paesi distanti e culturalmente legati alle proprie identità scientifiche richiedano differenti modi di citazione e di segnalazione bibliografica. Devo forse giustificare la presenza dell’ultima sezione, dedicata alla poesia italiana scritta fuori dall’Italia. Chiunque abbia occasione di viaggiare all’estero, visitando università dove si insegni l’Italiano, avrà avuto certamente modo di notare che soprattutto i colleghi di origine italiana che si sono trasferiti fuori dalla loro madrepatria tendono a coltivare il loro rapporto con essa non solo con la produzione scientifica, ma anche con un’attività poetica, che spesso rimane nei cassetti, impubblicata. Noi vorremmo aprire alcuni di questi cassetti e rendere pubblico ciò che vi è contenuto, anche per non far dimenticare che per secoli la nostra lingua e la nostra cultura hanno avuto un primato indiscusso, proprio grazie ai versi, nel momento in cui invece esse tendono a conquistarsi nuovi territori globalizzandosi in campi ben diversi, seppure beninteso tutti rispettabili, come la moda, la gastronomia, lo stile di vita, lo sport e molto altro.

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LA LINGUA ITALIANA NEL MONDO: IL LETTORE MINISTERIALE D’ITALIANO1 Pasqualina Corropolese

This article is the result of a detailed worldwide study to highlight the importance of the ministerial Lecturer for the promotion of Italian language and culture in the world. The research has involved all the Embassies and Consulates, which have at least one ministerial lecturer of Italian, as indicated by the Ministry of Foreign Affairs (Bureau IV). At the end of 2006, a formal letter was sent to those Embassies and Consulates, with the research methodology and an attached questionnaire for the lecturers. Through an accurate and statistically meaningful analysis of all completed questionnaires collected, it was possible to monitor the current state of Italian lectureship worldwide, evaluating the most important weaknesses and strengths, with the purpose of a future professional improvement of the ministerial Lecturer of Italian abroad. Nell’articolo è presentata una lunga e dettagliata disamina del ruolo e delle abitudini didattiche del lettore ministeriale di italiano. L’autrice è a sua volta una lettrice ministeriale di italiano e ha potuto giovarsi per la sua indagine della propria esperienza e dei contatti con i propri colleghi, nonché con le ambasciate italiane e gli istituti di italiano all’estero. Reader Ministry, Ministry of Foreign Affairs, Promotion of Italian Language and Culture, Language teaching.

INTRODUZIONE 1.1 LA PROMOZIONE DELLA LINGUA E CULTURA ITALIANA NEL MONDO Il Ministero degli Affari Esteri ha da sempre speso innumerevoli energie per garantire piani finanziari adeguati alla creazione e al sostentamento di strategie operative efficaci nella promozione della lingua e cultura italiana nel mondo; ciò, ovviamente, è stato e viene tuttora fatto, in risposta ad una domanda che è obiettivamente in continuo aumento, visto il peso notevole delle comunità italiane nella vita politica ed economica dei Paesi in cui vivono nonché la sempre maggior richiesta di insegnamento e apprendimento della lingua italiana, considerata, a livello planetario, non più come semplice lingua straniera bensì come vera e propria lingua di cultura, marcata a fuoco dalla millenaria storia del paese Italia in tutte le sue più piccole sfaccettature, e che, per antonomasia e con nostro orgoglio, assurge a veicolo di cultura per eccellenza: una con1

Il presente articolo è tratto dalla mia tesi di dottorato in Storia della lingua italiana, discussa presso l’Università “G. d’Annunzio” di Chieti, relatore il prof. Antonio Sorella. 4


tinua conferma del “talento” italiano. La richiesta di insegnamento e apprendimento della lingua italiana è pertanto ampiamente diffusa nel mondo grazie all’impegno e allo sforzo che le varie istituzioni, guidate dal Ministero degli Affari Esteri (M.A.E.), mettono in gioco nel garantire qualità ed efficacia alla promozione della cultura italiana. Diverse sono le strategie adottate per la diffusione dell’italiano nel mondo, ma tra queste certamente spicca per importanza e potenzialità la rete dei Lettorati italiani all’estero. 1.2 LA FIGURA DEL LETTORE M.A.E. La rete dei lettorati italiani all’estero è uno degli strumenti maggiori di promozione e cooperazione linguistica e culturale dell’Italia all’estero ed è, senz’altro, il più importante a livello universitario laddove i lettori di ruolo svolgono funzione di insegnante di madrelingua italiana. Con la circolare M.A.E. n. 1899 del 24.06.96, pur persistendo la mancanza di una figura giuridica riconosciuta del Lettore di ruolo, viene finalmente delineato il ruolo e l’indirizzo della figura del Lettore e cioè quella “di un vero e proprio collaboratore culturale, di addetto linguistico e docente di primaria importanza non solo per la diffusione della cultura italiana ma anche per l’evoluzione dell’italianistica all’estero”. Tuttavia è solamente nel 2001, nel giorno 8 maggio 2001, in Roma, presso il M.A.E., in sede di contrattazione integrativa, che la delegazione di parte pubblica, al D.M. n. 3024 del 28 marzo 2000, così come modificato dal D.M. n. 5221 del 27 novembre 2000 e dal D.M. n. 2618 del 26 gennaio 2001 e, quella di parte sindacale, costituite ai sensi dell’art. 9 del CCNL 26 maggio 1999, come richiamato dall’ultimo comma dell’art. 11 della sequenza contrattuale del 24 febbraio 2000, concordano l’ipotesi di un “Contratto Collettivo Nazionale Integrativo Estero” previsto dalla sequenza contrattuale sottoscritta il 24 febbraio 2000 in cui viene finalmente a delinearsi un vero e proprio profilo pratico della figura professionale di Lettore di ruolo (art. 11 e 12). È possibile identificare nel campo operativo del Lettore all’estero due ordini di attività: l’attività accademica ed extra-accademica. Per quanto concerne l’attività accademica, il Lettore di ruolo può trovare collocazioni plurime all’interno di diversi dipartimenti universitari di carattere più strettamente umanistico (italianistica, romanistica, lingue straniere, traduzione ed interpretariato) nonché presso facoltà di discipline economico-commerciali, giuridiche o scientifiche per l’insegnamento di linguaggi settoriali. Nella vasta e policroma definizione di “insegnamento della lingua italiana” è infatti possibile far rientrare molteplici attività accademiche: dai canonici impegni di docenza all’aggiornamento di materiale d’archiviazione, preparazioni e revisioni linguistiche di pubblicazioni accademiche, partecipazione a commissioni d’esame, di laurea e/o master, contributi alla stesura di progetti comunitari, bilaterali o speciali (borse, scambi, ricerche etc.) tra Università estere ed italiane, rapporti con enti locali e via dicendo. L’attività extra-accademica, invece, prevede necessariamente una maggior sensibilità e flessibilità concretizzandosi in un lavoro a stretto contatto con la rete diplomatico-consolare locale (organizzazione di manifestazioni artistiche e culturali, progetti di coordinamento linguistico, promozione di scambi e borse di studio, raccordo fra comunità accademiche locali e istituzioni italiane nel settore culturale): il Lettore sarà coinvolto più propriamente in attività extra-accademica laddove Istituti di Cultura Italiana saranno assenti, precari o in condizioni disagiate con un organico sottodimensionato o non adeguato alla vivacità culturale rilevabile nel territorio di riferimento.

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Da quanto detto emerge chiaramente come il Lettore ufficiale M.A.E. non sia un semplice Lettore madrelingua addetto alla pura e semplice didattica, bensì un diretto delegato del M.A.E. che agisce nel territorio locale di destinazione per la promozione della cultura italiana in maniera assolutamente policroma e polivalente anche, ma certamente non solo, in ambito didattico: l’arduo compito del Lettore di ruolo sarà quello di affinare sempre meglio il suo più basilare ruolo di “operatore linguistico” a quello più ampio e caleidoscopico di “operatore culturale”, così da rendere la funzione di docenza non semplicemente propulsiva, rispetto alla diffusione della lingua e cultura italiana, bensì propositiva nel processo di evoluzione dell’italianistica all’estero. È al Lettore di ruolo che spetta il privilegio e l’onere di presentare, all’interno dei sistemi universitari esteri, la lingua, la tradizione e la cultura italiana ed è quindi di fondamentale importanza che abbia la possibilità di una formazione di qualità nonché le capacità didattiche, relazionali e gestionali idonee allo scopo e riuscire, dove necessario, a far da tramite tra rappresentanze diplomatiche e realtà locali mediandone i bisogni in termini di cultura italiana. Il Lettore di ruolo è il fiore all’occhiello del ventaglio di alternative di promozione dell’italiano all’estero, una figura professionale, a mio avviso, ancora troppo sottovalutata e poco definita, nonostante la sua indiscutibile responsabilità e significatività. LA RICERCA: MOTIVAZIONI E OBIETTIVI Il maggior spessore che nel tempo è andato ad assumere il ruolo di Lettore, quale strumento di promozione della cultura italiana all’estero, viene certamente a riflettersi in una maggiore esigenza lavorativa in termini di requisiti che il Lettore deve necessariamente possedere: alle ovvie e specifiche competenze professionali in campo linguistico, didattico e letterario (soprattutto glottodidattiche e di metodologia dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda) si sommano conoscenze delle tecnologie multimediali, informatiche, gestionali, di organizzazione, nonché le troppo spesso sottovalutate capacità attitudinali. Le disposizioni del M.A.E. hanno un valore rilevante sul piano istituzionale-organizzativo ma le realtà culturali sociali e politiche, nelle quali i singoli lettori si trovano ad agire, risultano di necessità profondamente diverse fra loro. Di qui l’esigenza prioritaria di un attento monitoraggio che coinvolga ciascun lettorato in modo da poterne oggettivamente registrare gli obiettivi conseguiti e l’efficacia delle dinamiche attivate. La mia ricerca è stata condotta su scala planetaria ed ha coinvolto tutte le Ambasciate e tutti i Consolati che hanno almeno un Lettore M.A.E. ufficiale, come indicato dall’Ufficio IV del M.A.E. alla fine del 2006, cui ho inviato una circolare, dove si spiegavano motivazioni e metodologia della mia ricerca, con allegato un questionario per i colleghi Lettori. Benché non tutti i Lettori abbiano deciso di collaborare a questo progetto di ricerca, il numero di adesioni riscontrate ha raggiunto la significatività statistica permettendomi l’elaborazione e la stesura dei risultati, di seguito presentati, e il raggiungimento dei seguenti obiettivi: 1. Dare risalto a tutti quegli aspetti che confluiscono nella figura del Lettore ministeriale di italiano, 2. Tracciare le fondamenta per un confronto costruttivo fra i colleghi lettori, 3. Tracciare una guida per tutti i nuovi lettori che si accingono a svolgere il loro lavoro all’estero, 4. Valutare la qualità dell’insegnamento, e quindi di promozione, della nostra lingua presso le università straniere che hanno l’opportunità di usufruire del sostegno di un Lettore ufficiale, 6


5. Realizzare un’analisi “geolocalizzata” del profilo professionale del Lettore di ruolo: gettare le basi per tentare un nuovo approccio di studio che, se da un lato trova di fondamentale importanza la valutazione globale dell’attività didattica nelle diverse macroaree geografiche, in modo da avere una panoramica complessiva di quanto e come venga a realizzarsi la promozione didattica della lingua italiana, dall’altro mira verso una contestualizzazione dei risultati dell’analisi caricandoli così di maggior significatività. MATERIALI E METODI Il questionario è stato elaborato in modo da poter ricavare dai Lettori che avrebbero aderito alla mia iniziativa, le informazioni adeguate allo scopo della mia ricerca focalizzando l’attenzione su tutti quegli aspetti che maggiormente mi interessava conoscere e approfondire circa l’attività dei miei colleghi. Ciascun questionario prevede la compilazione dei dati generici dell’informatore (nome e cognome, e-mail, Università, Facoltà, Dipartimento, Città e Stato, Ambasciata e Consolato di riferimento) e si articola in 35 domande, 10 delle quali sono domande aperte mentre le restanti sono chiuse. Ogni domanda ha una sua piena autonomia e indipendenza ma alcune di esse, in modo più o meno palese, si intersecano andando così ad approfondirsi, a verificarsi e a tracciare delle tematiche comuni. È infatti possibile raggruppare i vari items di cui si compone il questionario in 5 diverse aree tematiche, di cui è possibile mettere in risalto i singoli motivi portanti che nel complesso andranno a soddisfare quelli che sono gli obiettivi globali della mia ricerca. Le suddette aree tematiche sono le seguenti: A. COLLOCAZIONE DIDATTICA E LAVORATIVA DEL LETTORE DI RUOLO Le prime nove domande del questionario (domande 1-9) sono domande a risposta multipla con cui si cerca di delineare il profilo professionale del Lettore di ruolo ponendo l’attenzione sul livello linguistico, sull’offerta e l’organizzazione didattica del Dipartimento/Facoltà di riferimento (numero di corsi, studenti e colleghi), sul tipo di attività, in aggiunta alle ore di insegnamento, che il Lettore svolge presso il dipartimento, nonché sull’attività extra-accademica, diplomatica o di completamento dell’orario di cattedra, che eventualmente il Lettore è chiamato a svolgere; si chiedono inoltre informazioni sul rapporto con studenti e colleghi e sul tipo di colla borazione con Ambasciata e/o Consolato e/o Istituto di Cultura. Questa prima parte del questionario ci consente di ottenere un quadro complessivo della collocazione didattica e professionale del Lettore, della realtà dipartimentale in cui presta servizio e, di riflesso, dell’importanza che il Dipartimento di Italianistica riveste all’interno del Paese in termini di offerta didattica. B. APPROCCIO GLOTTODIDATTICO DEL LETTORE DI RUOLO E DEL DIPARTIMENTO DI RIFERIMENTO Le domande 10-28, tutte a risposta multipla, pongono attenzione sull’attività didattica svolta dal Lettore e dal Dipartimento in modo da metterne in evidenza, laddove possibile, le eventuali differenze metodologiche e d’impostazione della didattica; in particolare vengono di seguito richieste informazioni circa il programma e l’approccio didattico (comunicativo, diretto, grammatico-traduttivo, strutturale audio-orale), la lingua veicolare utilizzata dal Lettore (inglese, italiano, lingua locale), la presentazione della grammatica (metodo induttivo, deduttivo o misto) e la proposta della letteratura italiana agli studenti, i libri di testo e il materiale didattico utilizzati, 7


l’ausilio di glottotecnologie, la frequenza e modalità di esercitazione e verifica delle quattro abilità linguistiche. Diversi sono, quindi, gli obiettivi dell’indagine di questa seconda parte del questionario: - verificare la modalità didattica di riferimento dell’intervistato, - valutare la capacità dell’intervistato di coniugare le proprie conoscenze di teoria glottodidattica con le modalità di esercizio e verifica delle quattro abilità linguistiche, - confrontare l’approccio didattico dell’intervistato con quello adottato dal Dipartimento nei termini di impostazione dell’attività didattica. C. STRUMENTI E MATERIALI GLOTTODIDATTICI La terza parte del questionario (domande 16-22, 26, 27, 34) è dedicata alla valutazione di strumenti e materiali didattici utilizzati dal Lettore e dal Dipartimento, il cui ricorso riflette sia l’approccio metodologico utilizzato (di Lettore e Dipartimento) sia le dotazioni strumentali, più o meno tecnologicamente avanzate, del sistema universitario in cui il Lettore è chiamato a collaborare. D. CONTESTO AMBIENTALE: RIFLESSIONI E PROSPETTIVE Nell’ultima parte del questionario (domande 29, 30, 31, 32, 33, 35) ogni Lettore viene invitato, tramite domande aperte, ad un lavoro più introspettivo, riflessivo ma nello stesso tempo propositivo. Alla descrizione del contesto ambientale, lavorativo e non solo, in cui il Lettore si trova ad operare è stata dedicata un’unica domanda aperta (n. 29) in modo tale che l’intervistato potesse concentrarsi a rispondervi non disperdendo la sua attenzione su domande similari o di contorno, avendo così a disposizione un proprio spazio per testimoniare le più importanti difficoltà ambientali eventualmente riscontrate all’estero, direttamente o indirettamente correlate alla sua esperienza lavorativa. Successivamente, a partire dall’invito ad attribuire una definizione di significato al concetto di promozione della lingua e della cultura italiana all’estero, in modo da verificare il grado di consapevolezza che l’intervistato ha nei confronti del suo compito professionale, al Lettore viene, infine, proposta un’autovalutazione della propria competenza didattica, dei punti deboli e di forza della propria abilità professionale. Alla luce della loro esperienza all’estero, i Lettori sono, inoltre, invitati ad esprimere eventuali osservazioni circa l’attività svolta ed eventuali suggerimenti e proposte per un prossimo aggiornamento della figura professionale del Lettore di ruolo M.A.E. RISULTATI I risultati ottenuti dall’analisi dei questionari saranno esposti per specificità di aree geografiche, così come da regolamentazione ministeriale (Europa, Americhe, Asia e Oceania, Mediterraneo e Medio-Oriente, Africa Sub-Sahariana). EUROPA A. COLLOCAZIONE DIDATTICA E LAVORATIVA DEL LETTORE DI RUOLO Come chiaramente illustrato dai grafici che seguono, l’analisi dei questionari rivela, in Europa, una realtà dipartimentale ed un contesto lavorativo del Lettore di ruolo piuttosto eterogenei. In particolare: 8


1. Il Dipartimento/FacoltĂ offre corsi di lingua italiana rivolti in modo omogeneo ai tre principali livelli di competenza linguistica:

2. Il numero degli studenti seguiti dal Lettore non supera, nella maggior parte dei casi, le cento unitĂ :

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3. Più della metà dei Lettori ha a suo carico almeno quattro corsi didattici:

4. In quasi la metà dei casi il numero dei colleghi che affiancano il Lettore sono più di quattro, ma in un buon numero di sedi di lettorato italiano il Lettore collabora con un unico docente locale:

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5. Oltre alla specifica attività didattica, i Lettori, in Europa, svolgono all’interno del Dipartimento altre attività e soprattutto attività di tutoraggio agli studenti:

6. Il completamento dell’orario di cattedra, se necessario, viene prevalentemente effettuato presso l’Ambasciata di riferimento o, dove presente, l’Istituto Italiano di Cultura:

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7. Il rapporto con Ambasciata e/o Istituto di Cultura è maggiormente impostato nei termini di promozione culturale e linguistica:

8. In media i rapporti del Lettore con gli studenti sono stati valutati come buoni o ottimi e lo stesso giudizio viene riservato per il rapporto con i colleghi. B. APPROCCIO GLOTTODIDATTICO DEL LETTORE DI RUOLO E DEL DIPARTIMENTO DI RIFERIMENTO Dall’analisi dei grafici relativi a questa seconda parte dei questionari è però emerso che spesso i dipartimenti di riferimento non usano lo stesso approccio didattico del Lettore, nella maggior parte dei casi è di tipo comunicativo, bensì vertono verso una glottodidattica prevalentemente grammatico-traduttiva. Quanto detto è vero soprattutto nell’Europa dell’Est dove solo negli ultimi anni c’è stata l’apertura alle linee guida elaborate dal gruppo di ricerca del Consiglio d’Europa: Approccio didattico del Lettore

Approccio didattico del Dipartimento

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Tendenzialmente il Lettore di ruolo mira primariamente a garantire con la sua attività lo sviluppo negli studenti della competenza linguistica della comprensione orale; le altre abilità vengono, invece, esercitate con minor frequenza da parte del Lettore vista la maggior dedizione dei Dipartimenti, soprattutto nei territori dell’Est Europa, alla produzione e comprensione scritta:

Tra le tecniche didattiche disponibili, i Lettori prediligono la produzione orale e la domanda di composizione orale e scritta, di riflesso al loro approccio didattico-comunicativo. Nel Dipartimento, invece, è la traduzione che si afferma come tecnica didattica utilizzata con maggior frequenza e nel maggior numero di sedi, di riflesso ad una didattica prevalentemente grammaticotraduttiva: Tecniche didattiche utilizzate dal Lettore:

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Tecniche didattiche utilizzate dal Dipartimento:

In Europa, molti colleghi usano l’italiano (L2) per comunicare con gli studenti, mentre una parte minore usa la lingua locale e, solo una piccola parte l’inglese come lingua veicolare:

Solo pochi Lettori riferiscono di insegnare agli studenti la grammatica della lingua italiana basandosi su metodi prettamente induttivi (Azerbaijan, Francia, Germania, Irlanda, Montenegro, Norvegia, Svizzera) o deduttivi (Lussemburgo, Malta, Spagna); la maggior parte dei Lettori rivela una netta preferenza verso un approccio “misto”, senza una particolare predilezione per l’uno o l’altro metodo:

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La verifica viene effettuata con prove di fine anno accompagnate, in molte sedi europee, anche da prove in itinere. Nella maggior parte delle sedi di lettorato c’è conformità con le direttive del Quadro Comune Europeo anche nel momento della verifica, in quanto gli esami proposti mirano alla valutazione diretta e complessiva delle quattro competenze linguistiche. C. STRUMENTI E MATERIALI GLOTTODIDATTICI Solo poco più della metà dei Lettori di ruolo intervistati riferisce che, nelle sedi di lettorato italiano in cui operano viene stabilito un programma didattico, il che se da un lato agevola, almeno in parte, l’organizzazione didattica del Lettore, dall’altro pone al didatta dei vincoli da rispettare, limitando così la possibilità di una costruzione autonoma del percorso didattico da proporre agli studenti. Nella maggior parte delle sedi di lettorato italiano in Europa, il Lettore usufruisce di almeno un libro di testo per l’organizzazione del proprio impegno didattico; spesso, inoltre, la scelta del manuale specifico da parte del Lettore coincide con quella del Dipartimento in cui opera: i manuali di grammatica, che sono comunque quelli più adottati, sono affiancati da libri di narrativa, civiltà e letteratura italiana (in particolare quella moderna) ed in Belgio viene addirittura proposta la lettura di romanzi di autori italiani contemporanei. Tuttavia in molte sedi europee (ad es. Croazia, Danimarca, Estonia, Georgia, Montenegro), per ragioni di volta in volta differenti, il Lettore sostituisce il testo con materiale didattico di diversa tipologia opportunamente rielaborato. Un particolare interesse riveste la realtà bulgara, dove Lettore e Dipartimento ricorrono a manuali scritti da docenti locali di filologia italiana. Una grammatica contrastiva italiano/lingua locale esiste nella maggior parte dei paesi europei ad eccezione di Albania, Armenia, Azerbaijan, Georgia, Islanda, Lettonia e Lussemburgo. Sono soprattutto i Lettori dell’Europa dell’Est a lamentare difficoltà nel reperimento di materiale didattico (in particolare Armenia, Azerbaijan, Bulgaria, Lettonia, Repubblica Ceca, Romania, Ucraina) ma in molti vige l’iniziativa di gestire la propria didattica affiancando al canonico libro di testo strumenti di diversa tipologia, come ad esempio realia (articoli di giornale, riviste, canzoni, spezzoni di telegiornale o film, documentari, programmi tv) e/o materiale multimediale o autoprodotto di natura cartacea. Tutti i Lettori intervistati affermano di usufruire di glottotecnologie nella loro pratica didattica quotidiana ed in particolare gli strumenti maggiormente utilizzati sono cassette audio/video, spesso allegate ai manuali di adozione, ma anche dvd, cd-rom e in alcuni casi persino videoconferenze e dirette di programmi tv. I Lettori sono consapevoli dell’utilità e del valore che si cela dietro la tecnologia didattica e in molti ricorrono anche all’utilizzo di Internet per organizzare e rielaborare il materiale didattico da utilizzare poi in classe.

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D. CONTESTO AMBIENTALE: RIFLESSIONI E PROSPETTIVE In linea generale in Europa non si ravvisano grandi difficoltà da parte del Lettore di italiano, né dal punto di vista prettamente logistico e organizzativo (impatto ambientale, comunicazione, alloggio etc.) né per quanto concerne l’insegnamento nel sistema universitario e lo svolgimento della propria attività lavorativa fatta eccezione per i Paesi Scandinavi (Norvegia in particolare), dove l’imperante metodo pedagogico impostato sulla libertà comportamentale dei ragazzi ha, in qualche caso, deluso le aspettative disciplinari del Lettore di italiano. L’immagine che però viene a delinearsi da una più attenta analisi dei questionari provenienti dall’Europa dell’Est (ma almeno in parte anche da Spagna ed Irlanda) è quella di un sistema universitario fondamentalmente rigido e basato su un impianto glottodidattico prevalentemente grammatico-traduttivo e su programmi didattici universitari e ministeriali non ancora del tutto conformi agli obiettivi del Quadro Comune Europeo per la presumibile mancanza di adeguati corsi di aggiornamento specifici necessari per la promozione di nuovi approcci metodologici. Nell’Europa dell’Est (e in particolare in Ucraina ed Ungheria) si aggiungono difficoltà pratiche nello svolgimento delle attività di Lettorato legate prevalentemente al reperimento di materiale didattico, mentre in Lettonia e in Bulgaria le testimonianze dei Lettori evidenziano la fragilità del contesto ambientale di riflesso alle rispettive difficoltà in ambito politico e sociale. AMERICHE A. COLLOCAZIONE DIDATTICA E LAVORATIVA DEL LETTORE DI RUOLO Lo scenario dipartimentale americano che nel complesso si offre al Lettore di ruolo è il seguente:

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1. I corsi di lingua italiana sono organizzati dal Dipartimento nei tre livelli linguistici di base in modo paritario:

2. Solo in pochi casi il numero degli studenti seguiti dal Lettore di ruolo superano le centocinquanta unitĂ :

3. Nella maggior parte dei casi il Lettore segue didatticamente piĂš di quattro corsi di lingua italiana:

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4. Il numero di docenti di lingua italiana che collaborano in Dipartimento con il Lettore è maggiore di quattro in tre sedi su dieci:

5. Tutoraggio agli studenti e seminari linguistici sono le attivitĂ di Dipartimento che, in aggiunta a quella didattica, coinvolgono in maggior misura il Lettore di ruolo:

6. A completamento del proprio orario di cattedra, i Lettori prestano servizio soprattutto presso l’Istituto Italiano di Cultura e secondariamente nell’Ambasciata o nel Consolato di riferimento:

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7. La collaborazione del Lettore di ruolo presso Ambasciata, Consolato e/o Istituto Italiano di Cultura consta soprattutto di attività di promozione culturale, linguistica o di aggiornamento dell’insegnante:

8. In media i rapporti del Lettore con studenti e colleghi sono stati valutati come buoni o ottimi; solo in una piccola percentuale di casi, risultano di natura semplicemente professionale. B. APPROCCIO GLOTTODIDATTICO DEL LETTORE DI RUOLO E DEL DIPARTIMENTO DI RIFERIMENTO In linea generale, in America, i Lettori impostano la loro didassi su un approccio di tipo comunicativo. Quanto detto è vero soprattutto in America dove, senza eccezioni, Lettore e Dipartimento concordano per un approccio comunicativo. Nel Centro e Sud America, invece, emergono alcune realtà (come in Costa Rica e alcune sedi argentine) dove sono segnalate preferenze per una glottodidattica strutturale-audio orale e/o diretta. Approccio didattico del Lettore:

Approccio didattico del Dipartimento:

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In America il Lettore concentra la sua attività didattica soprattutto nell’esercizio e sviluppo della competenza linguistica di comprensione, sia scritta che orale:

La domanda di comprensione scritta è la tecnica didattica utilizzata in prevalenza (seguita, in ordine di frequenza, da produzione orale ed esercizi strutturali scritti) ma incuriosisce anche l’importante uso del dettato, tecnica di rigoroso impianto glottodidattico grammatico-traduttivo, e della scelta multipla i cui limiti didattici vengono trascurati grazie ai vantaggi offerti dalla velocità di esecuzione e dall’oggettività della correzione. I Dipartimenti, invece, sembrano preferire le tecniche didattiche di produzione orale e domande di comprensione sia scritta che orale, ma anch’essi lasciano gran spazio nel quotidiano ad esercizi strutturali, scritti e orali. Tecniche didattiche utilizzate dal Lettore:didattiche utilizzate dal Dipartimento:

Mentre nella quasi totalità delle sedi sudamericane la lingua parlata dal Lettore per comunicare con gli studenti è l’italiano (L2), nell’America anglofona si preferisce la lingua inglese:

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Ad eccezione di alcune sedi argentine (in cui si preferisce ricorrere a metodi unicamente induttivi), la presentazione della grammatica agli studenti avviene complessivamente in modo misto:

Per quanto concerne la verifica, soprattutto in Nord America, la valutazione delle competenze apprese viene proposta a fine anno accademico e/o in itinere e viene impostata in modo da valutare lo studente nelle quattro competenze linguistiche, secondo le direttive previste dal Quadro Comune Europeo. C. STRUMENTI E MATERIALI GLOTTODIDATTICI In alcune sedi di Lettorato italiano (in particolare Uruguay ma anche in alcune zone peruviane, canadesi e statunitensi) il Lettore di ruolo non ha un programma didattico definito su cui improntare la propria attività. In queste sedi, ma anche laddove si riscontrano obiettive difficoltà nel reperimento di materiale didattico (Ecuador, Guatemala, Uruguay, Argentina e Perù), il Lettore tende a proporre agli studenti l’utilizzo di materiale didattico autoprodotto e/o autentico o addirittura testi letterari. Nonostante queste eccezioni, la maggior parte dei colleghi lettori americani utilizza almeno un libro di testo per lo svolgimento della propria attività didattica ed in genere il manuale viene scelto tra quelli adottati dal Dipartimento stesso. Una menzione, a parte per il Guatemala in cui è possibile l’adozione di un libro di testo scritto e stampato dall’Istituto Italiano di Cultura locale, la letteratura proposta agli studenti è soprattutto contemporanea (Canada in particolare), in molti casi moderna e solo in alcuni Paesi (Argentina, Cuba, Usa) si preferisce quella classica. Una grammatica contrastiva italiano/lingua locale esiste nella maggior parte dei Paesi americani ad eccezione di Costarica e Uruguay. Infine, con l’eccezione del territorio cuba21


no, in tutte le sedi americane di lettorato italiano, si testimonia l’uso di glottotecnologie da parte dei Lettori (in special modo di cassette audio/video, dvd, lavagna luminosa e cd-rom). I risultati complessivi vanno però letti alla luce del fatto che le Americhe, forse più che altrove, raccolgono un insieme di realtà locali sostanzialmente differenti: se in Nord America è lecito, infatti, aspettarsi un uso massiccio delle tecnologie, e anche di quelle più avanzate, in Centro e Sud America, invece, la logistica imporrà difficoltà maggiori per i Lettori, i quali, tuttavia, non rinunciano al sostegno tecnologico limitandolo, semmai, alle cassette audio/ video allegate al libro di testo.

D. CONTESTO AMBIENTALE: RIFLESSIONI E PROSPETTIVE Il quadro complessivo circa l’attività di Lettorato svolta in territorio americano, derivante dall’analisi dei questionari raccolti, appare dicotomico. In linea generale, in Nord America, il Lettore non ravvisa particolari disagi nel contesto lavorativo se non di ordine strettamente pratico e di sistemazione come la ricerca di un alloggio; fanno eccezione i colleghi operanti in Canada che testimoniano l’esistenza di una società e, di riflesso, di un contesto universitario caratteristicamente multietnico e plurilingue capace, a volte, di generare non poche circostanze difficili da affrontare e gestire. In Sud America, invece, se da un lato i Lettori lamentano unicamente il fatto di trovarsi spesso costretti alla costruzione autonoma del materiale didattico vista la carenza e difficoltà di reperimento dello stesso, dall’altro viene segnalata una realtà universitaria molto particolare in cui gli studenti non sempre hanno un bagaglio formativo didattico idoneo per un cammino universitario adeguato; sicuramente questa situazione di svantaggio e demotivazione degli studenti sudamericani riflette un contesto ambientale e culturale più generale e, per gran parte, incapace di riconoscere alla carriera universitaria l’ occasione per un più facile e immediato riscontro lavorativo. Nord e Sud America si distanziano sotto molti punti di vista, ciò è vero anche per quanto riguarda l’immagine che hanno del nostro bel Paese e di conseguenza le attività di promozione culturale che l’Italia vi gestisce. Se il Nord America “vive” l’Italia riferendosi spesso a stereotipi che ancora non si è riusciti a demistificare del tutto, il Sud America, invece, soprattutto in ragione della consistente comunità italiana che vi risiede, ci guarda con occhi completamente differenti, tanto da permettere alla nostra lingua, cultura e tradizione artistica di permeare l’identità nazionale di numerosi Paesi latino – americani.

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ASIA E OCEANIA A. COLLOCAZIONE DIDATTICA E LAVORATIVA DEL LETTORE DI RUOLO Dall’analisi dei questionari pervenuti, il quadro generale della realtà dipartimentale in Asia e Oceania è il seguente: 1. I corsi di lingua proposti da Facoltà/Dipartimento sono omogeneamente suddivisi nei tre livelli linguistici di base, con leggera prevalenza per il livello principiante:

2. Nella metà delle sedi dipartimentali intervistate, il numero di studenti seguiti dal Lettore di ruolo oscilla tra le undici e le cento unità ma, in una buona percentuale dei casi, i corsi vengono frequentati da centocinquanta studenti:

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3. Nella quasi totalità dei casi il Lettore svolge attività didattica in almeno quattro corsi di lingua diversi:

4. I colleghi di dipartimento che affiancano il Lettore nella sua attività didattica sono più di quattro nella maggior parte dei casi:

5. In aggiunta all’attività didattica, il Lettore svolge altri compiti in sede dipartimentale e tra questi spicca certamente il tutoraggio agli studenti:

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6. A completamento del proprio orario di cattedra, i Lettori vengono prevalentemente chiamati a svolgere incarichi professionali presso l’Ambasciata di riferimento:

7. La collaborazione con Ambasciata, Consolato e/o Istituto Italiano di Cultura riguarda soprattutto la promozione culturale e linguistica dell’italiano a livello locale:

8. In media i rapporti del Lettore con gli studenti sono stati valutati come buoni o ottimi, lo stesso per i rapporti con i colleghi che, solo in una piccola percentuale di casi, risulta essere di natura semplicemente professionale.

B. APPROCCIO GLOTTODIDATTICO DEL LETTORE DI RUOLO E DEL DIPARTIMENTO DI RIFERIMENTO I Lettori intervistati riferiscono di adottare un approccio didattico di tipo comunicativo nella maggior parte dei casi, anche se spesso collaborano con strutture di Dipartimento universitario in cui viene ad essere preferito un approccio prevalentemente orientato verso un’ottica di matrice grammaticale-traduttiva o strutturale-audio orale (soprattutto in Cina, Malaysia, Pakistan e in alcune sedi australiane).

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Approccio didattico del Lettore:

Approccio didattico del Dipartimento:

I Lettori riferiscono, inoltre, di riservare particolare attenzione nella didattica quotidiana allo sviluppo delle competenze linguistiche orali, con netta preferenza per la comprensione piuttosto che per la produzione.

La produzione e comprensione orale si attestano pertanto come tecniche didattiche pi첫 utilizzate dal Lettore di ruolo, mentre il Dipartimento (soprattutto nel sud-est asiatico) usufruisce prevalentemente di traduzioni e domande di comprensione scritta, chiaro segno di una didassi poco comunicativa ad impronta prevalentemente grammatico-traduttiva.

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Tecniche didattiche utilizzate dal Lettore:

Tecniche didattiche utilizzate dal Dipartimento:

Nella maggior parte dei casi i Lettori riferiscono di utilizzare la lingua italiana nella pratica didattica, a volte aiutati dalla lingua inglese, mentre sono davvero pochi i casi in cui i Lettori fanno ricorso alla lingua locale come lingua veicolare:

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Ad eccezione di alcune realtà cinesi e vietnamite (in cui si ricorre rispettivamente a metodologie di insegnamento di tipo induttivo e deduttivo), la grammatica viene presentata agli studenti in modo “misto”.

In Asia e Oceania, infine, più che in tutto il resto del mondo, i test di verifica proposti agli studenti vertono all’accertamento delle quattro competenze linguistiche mirando al raggiungimento degli obiettivi previsti dalle più importanti certificazioni di italiano come L2. C. STRUMENTI E MATERIALI GLOTTODIDATTICI Più della metà dei Lettori intervistati riferisce che il programma didattico nelle sedi in cui operano non viene stabilito dal Dipartimento, il che va ad esacerbare le difficoltà del Lettore nella gestione della propria attività didattica, soprattutto laddove non sono in uso libri di testo (ad es. Filippine, Pakistan, alcune sedi cinesi) o vi sia una generale difficoltà di reperimento del materiale didattico (come in Vietnam, Thailandia e Cina) per cui si è spesso obbligati a ricorrere all’uso di materiale autentico (facilmente reperibile qualora la rete internet sia disponibile) oppure, come previsto da alcuni dipartimenti cinesi, a manuali elaborati da autori locali. Nella quasi totalità dei casi (fanno eccezione Cina e Pakistan) viene proposto agli studenti lo studio della letteratura italiana senza una particolare predilezione per quella classica, moderna o contemporanea. In molte sedi universitarie (in particolare Pakistan, Cina, Vietnam, Malaysia, Filippine) non esiste una grammatica contrastiva italiano/lingua locale. Infine, tutti i Lettori intervistati (con eccezione della collega in Thailandia) riferiscono di far uso di almeno un supporto tecnologico per lo svolgimento della propria attività didattica (soprattutto dvd, cd-rom, cassette audio/video, lavagna luminosa). L’uso di internet, capace di sopperire a problemi didattici di ordine logistico ed econo28


mico che potrebbero limitare l’accesso di molti studenti alla scelta universitaria, non è purtroppo diffuso come in altre aree geografiche e spesso (in particolare nel sud-est asiatico) il Lettore, pur volendo, non può, per contingenza, usufruirne.

D. CONTESTO AMBIENTALE: RIFLESSIONI E PROSPETTIVE Il Lettore che svolge la propria funzione lavorativa in Asia e Oceania si trova ad affrontare situazioni ambientali, culturali, sociali e religiose sicuramente molto differenti da quelle italiane. Molti sono stati i disagi riscontrati e raccontati nei questionari dai colleghi, imputabili a svariate ragioni. In primis, l’impatto climatico mette spesso a dura prova la capacità di adattamento del Lettore ai livelli di temperatura e umidità locali, ma quello che si ravvisa è che in molti paesi asiatici e oceanici il clima stesso influisce sull’operatività comune e sul ritmo di vita, portandoli verso un piuttosto marcato rallentamento tale per cui il Lettore dovrà essere in grado di adattare i propri obiettivi lavorativi e programmi didattici ad un sistema operativo essenzialmente meno dinamico rispetto a quello in cui è abituato a rapportarsi. In linea generale si riscontrano disagi anche per quanto riguarda le strutture d’alloggio riservate al personale universitario, nonché quelle adibite allo svolgimento delle attività didattiche che spesso mancano dei mezzi necessari per un suo adeguato espletamento e, in alcuni casi, per il Lettore è anche difficile la creazione autonoma del materiale didattico vista l’assenza degli strumenti minimi (fotocopiatrici, computer, stampanti, in alcuni casi addirittura il telefono) e indispensabili allo scopo. La figura del Lettore diviene così un riferimento essenziale e “pionieristico” della cultura italiana all’estero. Completa un quadro così precario in termini di promozione culturale, e non solo, la mancanza di fondi che, in alcuni paesi, crea al Lettore un reale e concreto impedimento allo svolgimento della propria attività lavorativa e alla realizzazione dei più semplici programmi didattici. Spesso, in quest’area geografica, sarà richiesta al Lettore una notevole preparazione e capacità diplomatica per riuscire a destreggiarsi in un sistema universitario costruito su una proteiforme eterogeneità, soprattutto da un punto di vista etnico e religioso. MEDITERRANEO E MEDIO-ORIENTE A. COLLOCAZIONE DIDATTICA E LAVORATIVA DEL LETTORE DI RUOLO Secondo quanto emerso dall’analisi dei questionari, la realtà dipartimentale offerta dalle sedi di lettorato italiano di Mediterraneo e Medio Oriente ha le seguenti caratteristiche:

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1. I corsi di lingua garantiti dal Dipartimento sono maggiormente rivolti a studenti principianti:

2. Rispetto ad altre realtà mondiali, il numero di studenti seguiti da ciascun Lettore nel Mediterraneo e Medio Oriente è, in media, leggermente superiore, raggiungendo anche le centocinquanta unità :

3. I corsi didattici tenuti dal Lettore sono, nella totalitĂ dei casi, almeno due:

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4. In più della metà delle sedi di lettorato italiano, il Lettore ha più di quattro colleghi:

5. Tra gli incarichi dipartimentali extra-accademici del Lettore, si distinguono con maggior frequenza l’attività di tutoring agli studenti e la gestione di biblioteche/cineteche:

6. La metà dei Lettori intervistati riferisce di svolgere attività di completamento dell’orario di cattedra presso il Consolato di riferimento:

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7. La collaborazione dei Lettori di ruolo con Ambasciata, Consolato e/o Istituto Italiano di Cultura si basa soprattutto su attivitĂ di promozione culturale:

8. In media i rapporti del Lettore con gli studenti sono stati valutati come buoni o ottimi, lo stesso per quanto riguarda il rapporto con i colleghi che, solo in una piccola percentuale di casi, risulta essere di natura semplicemente professionale. B. APPROCCIO GLOTTODIDATTICO DEL LETTORE DI RUOLO E DEL DIPARTIMENTO DI RIFERIMENTO BenchÊ sia Lettori sia i rispettivi Dipartimenti tendono a non utilizzare un impianto glottodidattico univoco utilizzando approcci didattici diversi, è pur vero che, mentre il Lettore nella maggior parte dei casi tende ad un approccio comunicativo, nei Dipartimenti si ravvisa una maggior predilezione per un approccio di tipo grammatico-traduttivo. Approccio didattico del Lettore:

Approccio didattico del Dipartimento:

Comprensione e produzione orale sono senza dubbio le competenze didattiche a cui i Lettori di ruolo aspirano con maggior frequenza ad esercitare gli studenti:

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Per quanto concerne le tecniche didattiche del Lettore, quelle utilizzate con maggior frequenza sono sicuramente la produzione e gli esercizi strutturali orali, mentre il Dipartimento tende a ricorrere prevalentemente a domande di comprensione scritta e orale: Tecniche didattiche utilizzate dal Lettore:

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Tecniche didattiche utilizzate dal Dipartimento:

Per quanto riguarda la lingua parlata con gli studenti, l’inglese si rende assolutamente necessario per molti Lettori (in Libia è addirittura utilizzata come lingua veicolare) e si affianca in maniera più o meno scrupolosa e didatticamente sensata all’uso dell’italiano (come in Egitto) e in alcuni casi anche della L1 (Libano, Giordania):

Ad eccezione del lettorato di Istanbul (Turchia) in cui la grammatica viene presentata induttivamente, i Lettori insegnano la grammatica agli studenti in modo “misto”, non prediligendo un metodo induttivo o deduttivo in assoluto:

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Infine, per quanto riguarda la verifica, i Lettori riferiscono che nell’area mediterraneo-medio orientale i test di valutazione vengono effettuati con assidua periodicità, in itinere e poi finali. C. STRUMENTI E MATERIALI GLOTTODIDATTICI Un programma didattico di riferimento per il Lettore di ruolo è presente solo in alcune sedi di lettorato italiano dell’area mediterraneo – medio orientale (è assente in Egitto, Libia e in alcune sedi turche). Molti Lettori, inoltre, testimoniano le difficoltà che hanno avuto nel reperimento del materiale didattico (soprattutto in Libano, Libia, Giordania e Turchia). Scarseggia anche l’utilizzo di strumenti didattici “non ufficiali” tanto che, a differenza di altre aree geografiche, i Lettori non riferiscono l’elaborazione di materiale autoprodotto, multimediale o autentico, limitandosi, laddove necessario, all’uso di fotocopie. Tuttavia la maggior parte dei Lettori (eccetto in Giordania) fa uso di almeno un libro di testo su cui incentrare l’attività didattica. In tutte le sedi è previsto il ricorso a manuali di grammatica e solo in alcune di esse si affiancano libri di narrativa e/o civiltà (Turchia, Libano) o di letteratura italiana (Giordania, Turchia). Ad eccezione di Ankara (Turchia), in tutte le sedi di lettorato è assente una grammatica contrastiva italiano/lingua locale. Le glottotecnologie risultano, invece, essere sfruttate da tutti gli intervistati senza eccezioni. In particolare si ricorre a cassette audio/video e dvd riservando attività multimediali più complesse solo laddove vi siano risorse strumentali adeguate come nel caso di alcune sedi dipartimentali turche.

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D. CONTESTO AMBIENTALE: RIFLESSIONI E PROSPETTIVE Diverse sono state le difficoltà riscontrate dai Lettori che svolgono la loro attività lavorativa nelle regioni medio orientali. Il forte impatto climatico e le abitudini igienico-sanitarie sono motivo dei disagi più frequentemente testimoniati. In alcuni Paesi, tuttavia, si riconosce anche uno scarso rispetto della puntualità, nonché dei veri e propri ostacoli comunicativi legati al fatto che la popolazione autoctona conosce e utilizza esclusivamente la lingua locale; di conseguenza sarà richiesta al Lettore un’adeguata preparazione per riuscire a comunicare almeno a livello elementare. Laddove, invece, ci sia conoscenza anche della lingua inglese, a livello universitario si riscontrano difficoltà nell’ apprendimento e produzione orale in lingua italiana, dovute alle interferenze con la lingua inglese come conseguenza dello scarso esercizio nello studio delle lingue straniere. In molti Paesi medio orientali, inoltre, la burocrazia è ancora estremamente lenta e farraginosa ed è fonte di ostacoli e ritardi nell’emissione dei permessi di soggiorno da parte delle autorità locali, nonché nell’organizzazione del dipartimento. AFRICA SUB-SAHARIANA A. COLLOCAZIONE DIDATTICA E LAVORATIVA DEL LETTORE DI RUOLO

La collocazione didattica e professionale del Lettore di ruolo in Africa Sub-Sahariana risente più che altrove della precaria condizione dei Dipartimenti di Italianistica, che spesso mancano addirittura. Tuttavia dall’analisi dei questionari pervenuti emerge il seguente quadro generale: 1. I corsi di lingua proposti sono destinati prevalentemente a studenti principianti:

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2. Tutti i Lettori intervistati riferiscono un numero di studenti frequentanti i loro corsi non superiore alle cento unitĂ :

3. La maggior parte dei Lettori segue didatticamente piĂš di quattro corsi:

4. Nella totalitĂ dei casi i Lettori sono affiancati da uno o due colleghi:

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5. Il tutoraggio agli studenti e il coordinamento di biblioteche e cineteche sono le mansioni extradidattiche dipartimentali svolte dalla maggior parte dei Lettori:

6. I Lettori prestano servizio, qualora necessario, presso l’Ambasciata di riferimento o, dove presente, l’Istituto di Cultura:

7. La promozione culturale è il tipo di collaborazione prevalentemente promossa tra Lettore e gli enti istituzionali locali:

8. I rapporti del Lettore con gli studenti e con i colleghi sono stati mediamente valutati come buoni o ottimi e, solo in una piccola percentuale di casi, esclusivamente professionali. B. APPROCCIO GLOTTODIDATTICO DEL LETTORE DI RUOLO E DEL DIPARTIMENTO DI RIFERIMENTO In linea generale l’approccio utilizzato dai Lettori è di tipo comunicativo, anche se in Sud Africa, laddove l’insegnamento della lingua italiana viene in sostanza effettuato per via tele38


matica, per ovvie ragioni di praticità la metodologia glottodidattica viene più concretamente impostata in un’ottica di tipo grammaticale,traduttiva e/o strutturale e audio orale. Approccio didattico del Lettore:

Approccio didattico del Dipartimento:

Le competenze linguistiche prevalentemente curate dal Lettore di ruolo sono quelle della comprensione e produzione orale, mentre tra le tecniche didattiche vengono utilizzate con maggior intensità e frequenza la domanda di comprensione orale e la scelta multipla. Le scarse notizie ricevute circa l’attività dei dipartimenti, che spesso sono oltretutto inesistenti, non permettono di delineare un quadro complessivo sulla metodologia didattica della lingua italiana in essi vigente.

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Tecniche didattiche utilizzate dal Lettore:

I Lettori tendono ad utilizzare la lingua italiana per comunicare con gli studenti (ad eccezione del Sud Africa in cui è preferito l’inglese), ma laddove sia possibile, visto il pluralismo linguistico e culturale che caratterizza il territorio africano, la lingua veicolare è quella locale:

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La presentazione della grammatica, ad eccezione del Sud Africa in cui è preferito il metodo induttivo, non avviene in maniera predefinita secondo la classica distinzione del metodo deduttivo/induttivo, ma nella maggior parte dei casi i Lettori riferiscono di utilizzare una metodologia mista:

Per quanto concerne la verifica, i Lettori intervistati riferiscono che vengono periodicamente effettuati test di verifica ed esami finali al termine dei corsi annuali di lingua italiana. C. STRUMENTI E MATERIALI GLOTTODIDATTICI In base ai dati raccolti, i colleghi Lettori in Africa utilizzano almeno un libro di testo come ausilio per la propria attività didattica e nel complesso non ci danno informazioni per quanto riguarda i manuali adottati dal dipartimento. Libri di testo o materiale autentico, spesso raccolto da internet, sono utilizzati anche per poter proporre agli studenti lo studio di letteratura, civiltà e narrativa italiana. Testi specifici di letteratura italiana (soprattutto contemporanea) sono utilizzati da tutti i lettori intervistati. Una grammatica contrastiva italiano/lingua locale è presente in molte sedi di lettorato italiano ad eccezione del Camerun. Insufficienza e/o irreperibilità di materiale didattico vengono lamentati da molti Lettori intervistati tanto da costituire delle obiettive difficoltà pratiche nell’organizzazione e realizzazione dell’attività didattica (soprattutto in Mozambico e Camerun). Le difficoltà logistiche e ambientali riducono ampiamente le possibilità di una didattica basata sull’utilizzo di materiale tecnologicamente avanzato. I Lettori, tuttavia, fanno uso di supporti prevalentemente audio – visivi e, in taluni casi, anche il dvd rappresenta una risorsa ben sfruttata.

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D. CONTESTO AMBIENTALE: RIFLESSIONI E PROSPETTIVE L’esiguo numero di sedi di lettorato italiano istituite nel territorio africano deriva prevalentemente dal difficile scenario sociale, politico e culturale che caratterizza da sempre questo continente, tanto da rendere vano qualunque tipo di confronto si voglia proporre con altre realtà mondiali. Dalle testimonianze dei colleghi Lettori che hanno svolto il loro incarico ministeriale nei Paesi dell’Africa sub – sahariana, emerge chiaramente come, agli ovvi disagi conseguenti all’impatto ambientale, si sovrappone un sistema universitario dove spesso mancano completamente i dipartimenti e, laddove essi siano presenti, vige una disorganizzazione tale per cui le attività del Lettore risultano seriamente messe in discussione. Oltretutto nell’ultimo decennio, in territorio africano, soprattutto in risposta alle crescenti difficoltà economiche e politiche, si è registrato una diminuzione dell’insegnamento delle lingue europee, in particolare dell’italiano a livello universitario; ciò si è tradotto concretamente nella chiusura di alcuni dipartimenti di italianistica. È in uno scenario di questo tipo che, tuttavia, proprio in risposta alle difficoltà didattiche, vale a dire quelle di carattere schiettamente pratico, il rapporto umano e il desiderio di studiare riescono a farsi carico di una più significativa valenza umana, nonché della speranza per gli studenti di un futuro riscatto, quantomeno di carattere sociale e culturale, grazie ad eventuali soluzioni professionali che si impongano come valida alternativa alle realtà locali. La didattica riesce, quindi, a trovare ottime soluzioni, anche se purtroppo disagevoli per il Lettore; un esempio in tal senso è offerto dalla “Distance Learning University” di Pretoria, in Sud Africa. DISCUSSIONE Grazie a tutte le informazioni raccolte, è stato possibile tentare di delineare le caratteristiche principali di un ipotetico Lettore di ruolo che svolge la sua attività didattica nel mondo. Il Lettore di italiano all’estero presta servizio presso Dipartimenti di Italianistica, in cui i corsi d’italiano sono strutturati nei tre diversi livelli linguistici di base (principiante, intermedio, avanzato) in modo equo; al Lettore di ruolo è affidata la gestione di almeno quattro corsi, per un totale di cento studenti al massimo, con cui ha buoni rapporti, se non ottimi; lo stesso dicasi per quanto concerne i rapporti con i colleghi che, almeno in numero di tre, si affiancano al Lettore nell’attività didattica. I compiti del Lettore non si esauriscono nella didattica, egli, infatti, in ambito dipartimentale svolge altre mansioni, soprattutto tutoraggio agli studenti e gestione di biblioteche e cineteche, mentre, a completamento dell’orario di cattedra e/o per incarichi extra – accademici, 42


collabora spesso con l’Istituto Italiano di Cultura, se presente, e con Ambasciata o Consolato in termini di promozione linguistica e culturale. Una delle maggiori difficoltà del Lettore di ruolo è quella di riuscire ad inserirsi in modo efficace e completo nella didattica di Dipartimento, questo è vero soprattutto in aree geografiche come il Sud – Est Asiatico, il Mediterraneo e Medio Oriente e in Europa dell’Est, cioè in tutte quelle regioni dove, in sostanza, vige tuttora una didattica di Dipartimento di tipo grammatico – traduttivo e che, quindi, spesso stona con l’innovatività del Lettore, promotore di un’idea didattica diversa, di più ampio respiro, fondata su un approccio essenzialmente comunicativo. In ambito più strettamente didattico, l’attività del Lettore si distingue per il maggior uso della lingua italiana come lingua veicolare con gli studenti, per una presentazione della grammatica in modo misto (fusione della deduttività dell’approccio grammatico – traduttivo con l’induttività comunicativa), e per l’esercizio nelle quattro abilità linguistiche con tecniche diverse (dal dettato, traduzione, riassunto e parafrasi – tecniche di matrice grammatico – traduttiva – alle domande di comprensione scritta e orale, produzione orale e composizione scritta – espressione di un’ impostazione didattica comunicativa). Il libro di testo viene in genere scelto tra quelli adottati dal Dipartimento ma, se necessario, il Lettore utilizza anche libri propri magari ricorrendo a fotocopie; tuttavia gli strumenti didattici non si limitano a quelli di natura cartacea. Il Lettore, infatti, ricorre con entusiasmo all’uso delle glottotecnologie ogni qualvolta ne abbia la possibilità e fa largo uso di internet, interpretato soprattutto come fonte e sostegno concreto alla costruzione di materiale auto – prodotto, che possa garantire alla sua didattica potenzialità sempre maggiori, sia in termini di successo con gli studenti, perché capace di attirare maggior attenzione e curiosità, sia in termini più schiettamente didattici, perché spesso permette il contemporaneo esercizio di più abilità linguistiche e, infine, è opportuno sottolineare che dall’analisi dei questionari emerge chiaramente quanto, a prescindere dalla loro specificità, il contesto ambientale e la realtà dipartimentale di riferimento siano spesso fonte di disagio per il Lettore: la gran parte degli intervistati ha riferito di aver incontrato ostacoli (di natura sociale e/o politica e/o culturale o quanto meno logistici) nell’integrazione locale e non sempre solo dal punto di vista professionale. CONCLUSIONI Come si evince dalle testimonianze dei miei colleghi, e come io stessa ho potuto personalmente sperimentare in occasione del mio mandato come Lettrice M.A.E. in Montenegro, l’esperienza didattica, la formazione di insegnante di lingua straniera in Italia ed il corso di formazione di due o tre giorni al massimo previsto per i Lettori che si accingono a partire per l’estero, sono fondamentali, ma certamente non sufficienti per garantire un’esperienza di lettorato all’estero di successo. Spesso sono, infatti, richieste al Lettore doti che vanno ben aldilà della semplice conoscenza e praticità metodologica, come l’apertura interculturale, la capacità di adattamento a nuovi contesti situazionali, ma soprattutto un’estrema elasticità metodologica: contenuti e metodi vanno declinati in base alle diverse esigenze degli studenti e alla loro competenza linguistica. Quanto detto è vero soprattutto qualora il Lettore venga a confrontarsi con realtà e scelte locali arretrate e capaci di ostacolare, in maniera più o meno diretta, la spontaneità e l’intraprendenza del Lettore: la conoscenza del futuro ambiente lavorativo, la preparazione e la cognizione culturale si appalesano come punti deboli della competenza del Lettore. Se da un lato, quindi, il lavoro del Lettore non può limitarsi ai soli corsi accademici, ma deve necessariamente andare oltre gli 43


schemi didattici concretizzandosi in eventuali novità progettuali di promozione culturale, dall’altro è pur vero che ciò sarà più difficile da compiersi qualora l’ambiente universitario non sia di per sé preparato ad accogliere una “sfida” di questo genere, come nei casi di quelle realtà locali che si reggono su delicati equilibri di potere, espressione di disagi d’ordine politico, sociale, culturale o religioso che solo secondariamente si riversano anche nel panorama didattico locale. Un rischio in cui può incorrere il Lettore, soprattutto in aree difficili in cui non esiste un Istituto Italiano di Cultura e in caso gli vengano assegnati incarichi extra - accademici, è quello di sentirsi spesso escluso, frustrato, vittima della distanza che può crearsi tra la realtà locale, il Consolato e l’Ambasciata italiana di riferimento; nasce dunque l’esigenza di una partecipazione più attiva del M.A.E. , sia a livello locale con l’invio di fonti e materiale che possano in qualche modo riuscire a dar maggior visibilità, credito e supporto al Lettore, sia nel nostro territorio nazionale prima della partenza del Lettore stesso con il contributo dell’ Ufficio delle Politiche Estere Internazionali, che dovrebbe mettere il Lettore a conoscenza delle strategie politiche italiane nei confronti dei Paesi di destinazione in modo da poter garantire al Lettore una maggior destrezza nell’esercizio della propria attività professionale. Una proposta di più semplice attuazione, presentata da un numero importante di Lettori intervistati, è la creazione di una piattaforma informatica in cui possano essere realizzati forum e corsi di aggiornamento on – line, in modo da garantire un’interazione continua tra formatori e Lettori nonché creare occasioni ed opportunità di confronto, supporto, condivisione e scambio di esperienze e materiali. Sono molte le strategie d’intervento, centrali e locali, che possono essere messe in atto per dare un sostegno concreto ai Lettori, che hanno maggiori difficoltà nel pieno svolgimento del loro incarico ministeriale e le idee proposte in questa sede sono quelle che ho avuto possibilità e fortuna di raccogliere dallo studio dei questionari. Aldilà di quanto difficile possa essere stata la loro esperienza, tutti i Lettori testimoniano con grande emotività la loro storia: anche se a volte si sentono “trascurati” a livello centrale e fraintesi a livello locale, sono calorosamente accolti dagli studenti, il che rappresenta certamente un scopo importante del loro mandato; questo però non basta: come già detto, infatti, il compito del Lettore in realtà consiste nel creare, attraverso le rappresentanze diplomatiche, un concreto ponte di collegamento tra la realtà socio – politica – culturale del Paese in cui opera e l’Italia: solamente non trascurando quello che può essere definito il “cuore” della missione del Lettore di italiano si potrà realmente dare un senso ad ogni tentativo di aggiornamento della sua figura professionale. BIBLIOGRAFIA AA. VV., Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri, Torino, Teorema, 2000. Andorno Cecilia, Linguistica testuale, Roma, Carocci Editore, 2003. Balboni E. Paolo, Didattica dell’italiano a stranieri, Università per stranieri di Siena, Bonacci editore, 1994. Balboni E. Paolo, Dizionario di glottodidattica, Perugia, Guerra Edizioni, 1999. Id., Le sfide di Babele, Torino, Edizione Utet Università, 2002.

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FORMAZIONE ED EUROPA: RIFLESSIONI SU SILONE Augusta Marconi

The path to the various cultural, existential, political choices of Ignazio Silone, one of the writers more translated in Europe and in the world, is full of extraordinary events that mark his life. The universal rights, denied to the peasants of his native land, are amplified by him in the innumerable political and cultural activities: the protagonists of Silone’s literary works are the last of the earth, heroes without name but full of dignity. It seems strange today, when the globalization is more mature and prominent, that a man always persecuted by the fascism could be always involved in a whirlwind of extraordinary personal contacts, with the dream of a united Europe that founds its own identity upon the universal access to equal rights. Silone è uno degli scrittori italiani più tradotti in Europa e nel mondo, sicché la sua vicenda umana ed intellettuale, così ricca a dispetto della rigida censura fascista, può essere oggi un punto di riferimento anche da una prospettiva formativa. Ignazio Silone – European Education - human dignity – universal rights – fascism.

Quel che più stupisce dell’attualità di Silone è la lucida e acuta lettura del suo presente attraverso le nette proiezioni nel futuro: rara eccezione, nel panorama italiano, di intellettuale che lega una visione europeista ad una serrata critica del presente, prevedendo il superamento di una fase storica, di cui vorrebbe accelerare la fine, pur rassegnandosi al lento dipanarsi degli avvenimenti e delle decisioni politiche in uno dei periodi più bui del vecchio continente. Un mondo particolare, quello sentito da Silone, eppure vicinissimo al nostro, che sorprende per l’intrico di dettagli in cui si agita e in cui cerca uscite di sicurezza2. Una formazione tutta politica che parte da Pescina, paese della Piana abruzzese del Fucino, dove impara a leggere sul viso dei contadini i sentimenti di rivalsa e di ribellione all’oppressione, quei sentimenti che per loro scrive nei comunicati che i capilega delle nascenti lotte di liberazione della Marsica dall’autorità dei principi Torlonia fanno circolare nei campi, per spingere all’insurrezione; quelle dure rughe contadine che Silone ricorda come simboli di eroismo anonimo e diffuso tra gli ultimi della terra. Una formazione che gli permetterà di individuare e leggere un territorio, quello della Marsica, attraverso le lotte che rimandano a quelle più globali tra oppressi e oppressori: i suoi contadini sono gli ultimi di tutto il mondo, schiacciati dalle forze contro cui si ribellano. Quel territorio si lega, così, ad una dimensione planetaria: i diritti dei contadini marsicani diventano i diritti degli oppressi di ogni angolo del pianeta; i Torlonia, oppressori, sono le forze che 2

“Scrivere non è stato, e non poteva essere, per me, salvo in qualche raro momento di grazia, un godimento estetico, ma la penosa e solitaria continuazione di una lotta , dopo essermi separato da com pagni assai cari” (I. Silone, Uscita di Sicurezza, Firenze, Vallecchi, 1970, p. 51). 47


dappertutto sfruttano gli uomini nell’ingiusta accumulazione delle ricchezze. Silone conosce appieno i meccanismi della forma-partito e il loro stringente soffocamento delle libertà individuali: la formazione politica lo porta, però, accanto agli intellettuali nelle carceri spagnole, ai costruttori delle forze antifasciste e antinaziste che dall’esilio creano le condizioni per una rinascita democratica dell’Europa. È l’agire politico che ne disegna un tratto unico e distintivo: solo chi non ha mai percorso o studiato un periodo di attività e di impegno politico può dare poco peso ad un processo formativo complesso che può iniziare con l’inserimento all’interno di un’organizzazione per poi connettersi all’impegno più libero nel voler modificare lo stato delle cose esistenti. Comunque avvenga quella scelta, le possibilità di indagare e leggere la realtà risultano potenziate come sotto una lente di ingrandimento. Ciò non determina, come possibile conseguenza, l’omologazione pedissequa al cammino e alle scelte di quell’organizzazione. Silone sa di essere scomodo, vuole essere scomodo, propugna questo suo stato come un pungolo all’interno della sacralità delle organizzazioni istituzionalizzate, siano esse organizzazioni religiose o partitiche. Vede come privazione della propria e dell’altrui libertà l’essere incastrato in decisioni non condivise, non partecipate, dettate da volontà spesso distanti e in aperto conflitto con le idee stesse su cui quell’organizzazione è nata. “Mi considero inabile permanente per tutti gli apparati del presente e del futuro”: è il rifiuto di ogni chiesa, sia religiosa che partitica; è la consapevolezza di poter non essere compreso quando si richiama ai capisaldi di libertà che non giustificano l’arrendevolezza alle contingenze; è l’ostinata contrarietà al fascismo e allo stalinismo, facce della dittatura. Silone ha la possibilità di viaggiare e lavorare con i protagonisti delle forze rivoluzionarie, antifasciste e antinaziste in Europa3: ciò lo sgancia da una visione tutta interna all’Italia che invece riesce a traslare su un piano internazionale. Quei diritti, che vede chiesti come un urlo dalle rughe dei contadini della Marsica, li amplifica e globalizza nelle innumerevoli attività politiche e culturali. Sembra strano, oggi che la globalizzazione è più matura ed evidente, il piano di azione di un uomo sempre perseguitato dal fascismo, costretto all’esilio, malato, in ristrettezze economiche, censurato in Italia, eppure coinvolto in un turbine di straordinari contatti personali, di idee, di scritti e con il sogno di un’Europa unita! La stranezza che rende attuale questo percorso risiede nel constatare, oggi, come sia proprio la visione localistica a far perdere spesso di vista le coordinate e i raccordi con il piano globale dei diritti: il tempo siloniano era scandito dalle economie nazionali ma diede anche voce alle utopie rivoluzionarie della libertà per tutti in una cittadinanza cosmopolita. Mentre un conflitto mondiale dilagava nell’orrore della dittatura nazifascista, nella clandestinità le forze democratiche impedivano la putrefazione dei diritti alla libertà, all’uguaglianza e alla fraternità: nella vita di tutti i giorni, i protagonisti furono gli ultimi della terra, quegli eroi siloniani senza nome che facevano della propria dignità il baluardo dei diritti umani, che nel silenzio e nella preparata attesa della fine dell’oppressione speravano di poter vedere un altro mondo possibile. Nel 1931 ai 1200 docenti delle università italiane venne imposto di aderire al “giuramento di fedeltà al regime”: solo 13 rifiutarono e persero la loro cattedra 4. Degli altri 1189, che giurarono, 3

Le prime opere che resero internazionale il nome di Silone vennero edite a Zurigo prima nella tra duzione tedesca (Fontamara nel 1933, tradotta da Nettie Sutro; Pane e Vino nel 1936, tradotta da Adolf Saager) e successivamente nella versione italiana. 4

Giorgio Levi Della Vida, Piero Martinetti, Ernesto Buonaiuti, Mario Carrara, Gaetano De Sanctis, Antonio De Viti De Marco, Giorgio Errera,Bartolo Nigrisoli, Francesco Ruffini, Edoardo Ruffini, 48


molti erano addirittura antifascisti ma scelsero l’allineamento e l’adesione alla dittatura anche per l’allettante inserimento nelle istituzioni culturali a cui si accompagnava tutta una serie di privilegi e riconoscimenti. Il regime penetrava nelle coscienze attraverso complessi meccanismi: normalizzava quello che per uomini come Silone, Modigliani, Brecht5, Gramsci, Mann e molti altri rappresentava una dolorosa linea di demarcazione, oltre la quale c’erano invece uomini come Pirandello, Mascagni, Gentile: assurdo porre come equazione, però, che le opere d’ingegno degli uni e degli altri mantengano all’interno questa demarcazione, che fu soprattutto scelta di vita, il chè ridurrebbe anacronisticamente il valore artistico delle stesse opere. Con ciò non si può, oltremodo, sostenere che le scelte di vita non segnino anche un percorso formativo e di crescita culturale, ma questo può, appunto, rappresentare un aspetto. Nell’esistenza di quegli ultimi della terra che popolavano gli scritti di Silone, la scelta era segnata negli sguardi di chi non abbassava la testa, contadini o preti che fossero, ma anche nelle contraddizioni che si aprivano nelle piccole comunità rurali, nelle maschere individuali e sociali, nel sonno che accompagnò gli anni più bui del regime, Quando il conflitto si spense e non se ne sentirono più i terribili frastuoni, uomini come Silone non pensarono ad autocelebrarsi per diventare eroi con un nome: spinsero ancora più avanti il piano dell’utopia. Silone pensava ad un’unità delle forze democratiche e sapeva che l’Europa avrebbe scardinato i confini degli Stati-Nazione. “La vera questione non è se i popoli europei debbano migliorare la propria sorte mettendosi assieme, oppure se debbano conservare la propria attuale sovranità. La questione è se essi debbano cercare di sopravvivere, mettendosi assieme, oppure uno dopo l’altro, ognuno a modo suo, sparire. Cioè, essi perderanno ugualmente la propria sovranità, chi in un modo, chi in un altro; ma non volontariamente, con l’adesione a una formazione statale superiore in cui entrerebbero su un piede di uguaglianza, ma decadendo inevitabilmente nella condizione umiliante dei protettorati e delle colonie.(…) Se non faremo l’Europa, la nostra generazione potrà considerarsi fallita”: queste parole vengono pronunciate il 27 ottobre 1947 durante la manifestazione federalista presieduta da Ferruccio Parri, Pietro Calamandrei, Luigi Einaudi e Gaetano Salvemini. È un’Unione Europea che non ha ancora i libri bianchi di Delors e Cresson6 che la dirigeranno sui binari forzati di scelte economiche liberiste; è, piuttosto, il disegno di una comunità che sogna di nascere sul terreno dei diritti e della libertà. L’Europa unita e federalista rappresenta, nell’utopia siloniana, il superamento delle terre d’esilio, che hanno visto storicamente non la sconfitta di intelligenze che si volevano sopprimere ma il rifugio forzato per idee troppo progressiste rispetto alle stesse fasi storiche. Il tema dell’esilio, la terra natia spesso vagheggiata, i volti incontrati e resi immortali nei personaggi di un libro, non tolgono l’amarezza di una perdita: è il fardello di chi parte, di chi chiude nei suoi occhi un mondo che spera di ritrovare non troppo stravolto dalla storia e dal tempo. Lionello Venturi, Vito Volterra e Antonio Giulio Borgese. 5

A dimostrare una circolazione culturale fervida tra intellettuali europei basti qui ricordare che le prime edizioni siloniane di Fontamara e Vino e Pane vennero utilizzate dal compositore tedesco Hanns Eisler (allievo di Schoenberg), su segnalazione di Bertold Brecht, per sette cantate (Kammerkantaten). 6

A. Marconi, La formazione nello spazio europeo, Pescara, ESA, 2008. 49


Quando Silone torna a Pescina tutto gli appare dolorosamente diverso: quei volti così scolpiti nelle pagine dei suoi romanzi non lo riconoscono più. L’emigrazione, sia essa dettata da problemi di sopravvivenza o da scelte politiche, segna un distacco spesso incolmabile, che fa i conti con la speranza di entrare in altre comunità. Condizione possibile, spesso entusiasmante, per i proficui incontri, quella di Silone; tragica, spesso irraccontabile quella degli ultimi, costretti a fuggire. E quando nei suoi affetti più nudi parlerà di poter solo così tornare pescinese, lo farà riaprendo gli occhi su quel mondo portato altrove. Così vicino, questo Silone che parla del Sud del mondo, che incontra i paesi arabi, che promuove associazioni e convegni per la difesa della Costituzione Repubblicana e contro la pena di morte, che raccoglie i più grandi intellettuali intorno alla “Libertà della cultura”, che declina la presidenza della RAI ma scrive sceneggiature televisive, che vede la fine degli stati-guida e l’avvento di una società che traghetta verso la modernità, che ama la contestazione come linfa vitale della società perché la libertà va conquistata. Ed è sempre la contestazione e la preoccupazione che i partiti possano occupare lo Stato ad animare Silone. Il 1° dicembre 1942 pubblica “Il manifesto per la disubbidienza civile”, dove propugna una disubbidienza che rifiuti di appoggiare il fascismo e diventi una temibile arma pacifica volta a paralizzare la repressione e ad accelerare il crollo del regime attraverso più forme: creando confusione nei trasporti; non pagando i servizi, non partecipando alle manifestazioni fasciste nelle scuole o rivendicando la propria libertà. Cosa fa più paura di Silone? Certo deve pesare l’immortalità di alcuni suoi personaggi: se quegli ultimi del mondo, che sono ormai la folta schiera del nostro pianeta globalizzato, dovessero pacificamente ribellarsi al di là di ogni chiesa e di ogni partito, diversa fortuna avrebbe Silone. Sperare che dietro confezioni pseudoscientifiche si possano alterare e depotenziare scelte di giustizia che partano dal basso e azzerare nell’auspicato mare magnum di una corruzione endemica, senza tempo e spazio, tutto il genere umano non servirà ad affievolire la condanna e la rivalsa contro i moderni oppressori. Oltremodo, riprendere Silone nella sua terra significherebbe, ad esempio, capire chi sono i migranti che ne popolano i campi e qual è il piano interculturale dove incontrarli; chiedersi come è morto un movimento contadino che ha segnato la storia nel Mezzogiorno d’Italia; sapere quali funzioni hanno avuto e hanno enti, istituzioni e finanziamenti che dovrebbero garantire lo sviluppo dei territori; comprendere, insomma, le dinamiche che legano uno agli altri angoli della terra. Riprendere Silone: leggere la realtà senza infingimenti, identificarne gli attori e i ruoli, stare dalla parte degli ultimi. È, tuttavia, aperta l’indagine per la conoscenza delle reti territoriali che nelle particolari fasi storiche ne hanno determinato la fortuna o il declino anche attraverso protagonisti, come Silone: intellettuali che hanno saputo leggerne le dinamiche interne per rapportarle a quelle più ampie dell’universalità dei diritti.

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RETRODATAZIONI NEL VOCABOLARIO ITALIANO-INGLESE DI GIOVANNI TORRIANO (1659)7 Pierluigi Ortolano

The vocabulary of John Torriano was published in 1659 in London; in this article the author underlines the importance of some items in the vocabulary which are not attested in the main historical and etymological dictionaries of Italian language; among the most interesting are example: anorexia, throttle, cabin, hamster, modulus, wear. Il Vocabolario Italiano-Inglese di Giovanni Torriano, pubblicato a Londra nel 1659, rivela la presenza di termini retrodatabili anche di una certa importanza, come ad esempio anoressia. Italian dictionary – Italian in England – Lexicography – Italian/English dictionary – Italians exiled in England.

Giovanni Torriano fu un insegnante italiano vissuto a Londra nella seconda metà del XVII secolo ed è considerato uno dei maggiori esponenti della lingua e della cultura italiana in Inghilterra; si conosce poco di questo scrittore, salvo che suo padre Alessandro era prete e che, fattosi protestante, fuggì a Genova, e di lì poi a Londra intorno al 1620. Il suo nome è fortemente legato alla revisione del World of Words di Giovanni Florio8, opera che per tutto il Seicento ed oltre rappresentò la pietra miliare della vocabolaristica italo-inglese e della storia delle relazioni culturali tra l’Italia e l’Inghilterra9. Dopo la morte di Florio, avvenuta nel 165310, Londra perse la massima autorità nell’insegnamento della lingua italiana, ma di lì a poco, ne acquistò un’altra non meno degna di rispetto proprio con Torriano. A differenza di Florio, sul quale esistono diverse monografie11, Torriano fu ignorato dai contemporanei, non comparendo neppure nell’opera di John Aubrey, Brief Lives, che comprendeva le personalità viventi in Inghilterra tra il 1669 e il 169612. In questo contributo mi occuperò delle numerosissime retrodatazioni presenti nel suo Vocabolario italiano ed inglese, a Dictionary of Italiana and English, pubblicato a Londra nel 7

Sono grato al prof. Sorella per avermi affidato questo lavoro, nato da una sua scoperta. Lo ringrazio inoltre per i suggerimenti e per le correzioni apportate al testo. 8

Giovanni Florio, World of words, London, Arnold Hatfield, 1598. Silvio Policardi, John Florio e le relazioni culturali anglo-italiane agli albori del XVII secolo, Venezia, Montuorio, 1947, p. 110. 10 Anna Laura Messeri, Giovanni Torriano e il suo dizionario inglese-italiano, in «Lingua Nostra», XII 1956, p. 108. 11 Cfr. principalmente Chambrun Longworth, Giovanni Florio, Parigi, Imprimerie nationale, 1921; Frances Amelia Yates, John Florio, Cambridge, Cambridge University, 1934; S. Policardi, John Florio e le relazioni culturali anglo-italiane agli albori del XVII secolo, cit. 12 John Aubrey, Brief Lives, London, Secker & Warburg, 1958. 9

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165913; il lavoro che presento è parte di un lavoro più ampio che mira alla traduzione, all’edizione e all’analisi linguistica del dizionario di Torriano che vedrà a breve la sua pubblicazione. Il dizionario è dedicato alla Compagnia dei mercanti turchi a Londra; il motivo di questa dedica sta nel fatto che l’autore voglia sottolineare il mutamento dei tempi: la fortuna dell’italiano come lingua colta stava venendo meno e, quindi, si trovava di fronte ad un problema diverso, di ordine pratico, ossia di insegnare una lingua che servisse all’uso quotidiano dei diversi mercanti i quali facevano tappa nei porti d’Oriente. Per quanto riguarda le novità introdotte da Torriano ne segnaliamo una molto importante e sulla quale verterà gran parte delle retrodazioni analizzate nell’articolo; infatti l’autore segnala, nel suo dizionario, attraverso l’uso di asterischi «either that all such words are not be found in Mr. Florio last edition […] or that is an alteration and addition in their interpretation». Ma, come evidenzia Anna Laura Messeri, «il lettore non può fidarsi completamente di questo accorgimento, trovandosi con asterisco voci rimaste tali e quali, e viceversa. Comunque, seguendo questa traccia e prendendo in esame alcune parti del dizionario, si può avere un’idea delle voci introdotte nell’edizione del 1659, almeno in parte ricavate dagli appunti lasciati dal Florio»14. Molte di queste voci sono vere e proprie retrodatazioni di lessemi notevolmente interessanti e di uso odierno come anoressia, acceleratore, baracca, cooptazione, criceto, fanfara, freddoloso, solo per citarne alcune. Il dizionario è fortemente arricchito, rispetto all’opera di Florio, di un notevole aumento di voci tecniche e non riguardanti l’anatomia e le scienze naturali: vi sono numerose voci di animali, e spesso queste voci si riferiscono a piante o animali esotici, il che fa pensare che il compilatore del dizionario doveva essere informato dei paesi orientali. Altre voci si riferiscono ai campi dell’astronomia, dei minerali, della culinaria o del linguaggio dei mercanti. Le nuove voci provengono dai campi più disparati, mentre dalla Crusca sono ripresi termini antiquati. Il dizionario aumenta in modo assai considerevole nei derivati che formano una fittissima schiera; fra questi ricordiamo participi, deverbali e denominali. Assai notevole il contributo delle formazioni avverbiali, frequenti già in Florio, ma qui numerose. La maggior parte delle espressioni deriva dal dizionario della Crusca. Alla parte italiana-inglese del dizionario segue quella inglese-italiana, dovuta completamente a Torriano. Il contrasto tra le parti è evidente, anche per la quantità delle voci, assai più numerose nella prima parte: anziché lunghe definizioni, si ha la semplice traduzione. RETRODAZIONI RISCONTRABILI NEL DIZIONARIO15 ABLAZIONE: s.v. ablatione, ‘asportazione’; s. f. ‘asportazione d'una parte dell'organismo’ (1827, Diz. comp. sc. med.), ‘fusione ed evaporazione d'un ghiacciaio’ (1871, “Lo scioglimento, ossia l'ablazione, che si calcola di 3 metri annualmente, fornisce l'acqua d'infiltrazione”; Stoppani I 13

Giovanni Torriano, Vocabolario italiano ed inglese, a Dictionary Italian and English, formerly compiled by John Florio and Since his last Edition, Anno 1611 augumented by himself in His Life time, with many Thousand Words, and Thuscan Phrases. Now most diligently Revised, Corrected, and Compared, with La Crusca, and other approved Dictionaries extant since his Death; and enriched with very considerable additions, London, J. Martin, S. Allestry, T. Dicas, 1659. 14 A. L. Messeri, Giovanni Torriano e il suo dizionario inglese-italiano, cit., p. 109. 15 Riporto, rispettivamente, la voce e il significato (laddove l’autore lo specifichi) introdotti nel Dizionario di Torriano e successivamente le precedenti attestazioni fornite dal DELI (Dizionario Etimologico della lingua italiana, a cura di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli, Bologna, Zanichelli) o dal GDLI (Grande dizionario della lingua italiana, a cura di Salvatore Battaglia, Torino, Utet). 52


219); ‘in astronautica, disintegrazione per attrito del rivestimento di un veicolo spaziale al rientro nell'atmosfera’ (1961, Enc. it, III App., II 221a). ACCATTIVARE: s.v. accattivare, ‘affascinare, ammaliare’; v. tr. ‘ingraziarsi, guadagnarsi la benevolenza di qualcuno’ (1853, D'Ayala). ACCELERATORE: s.v. accelleratore, ‘regolatore di velocità, chi guida a velocità eccessiva’; agg. ‘che accelera’ (1729, Crusca 4), s. m. ‘negli autoveicoli, dispositivo a pedale, premendo sul quale si aumenta la velocità del veicolo’ (1925, Zing.), ‘apparecchio usato per accelerare gli ioni ad alti livelli di energia’ (1948, Enc. it. II App. I 4). ADESIONE: s.v. adhesione, ‘prendere parte a’; s. f. ‘l'aderire, l'essere in stretto contatto’ (av. 1730, A. Vallisnieri), ‘attaccamento sentimentale, consenso’ (1686, P. Segneri), ‘approvazione, acconsentimento’ (1788, in un doc. pratese, cit. in Voc. giur.). ADORABILE: s.v. adorabile, ‘degno di essere adorato’; agg. ‘degno d'adorazione, di grande rispetto’ (1699, F. Corsini), ‘persona o cosa particolarmente cara o gradita’ (1666, C. Dottori: Dardi 413). AFFACCENDARE: s.v. affaccendare, ‘darsi molto da fare; arrabattarsi’; v. rifl. ‘occuparsi, darsi da fare’ (av. 1673, O. Rucellai Ricasoli). AFFRANCAZIONE: s.v. affrancamento, affrancatione vedi: affrancare ‘liberare, mettere in libertà; anche prendere coraggio’; s. f. ‘liberazione da un onere’ (av. 1763, M. Foscarini: Rez.), ‘l'affrancare pacchi o lettere’ (1798, negli atti delle Assemblee della Repubblica Cisalpina: Dardi Forza par. 144). AGGRESSIONE: s.v. aggressione, ‘assalto, chi assalta, aggredisce’; s. f. ‘atto dell'aggredire’ (av. 1680, R. Montecuccoli). AGRODOLCE: s. v. agro-dolce, ‘sia dolce che agro’; agg. ‘che ha sapore agro e dolce insieme’ (agro-dolce: 1677, F. Nazari; agrodolce: 1679, D. Bartoli, cit. entrambi in Dardi 243; prec., in F. Carletti, av. 1636, “un agro et dolce che mai non stucca”), s. m. ‘salsa, vivanda di sapore agrodolce’ (1879, TB Giunte). ALLUSIVO: s.v. allusivo, ‘che allude o contiene allusioni’; agg. ‘che contiene allusioni’ (av. 1704, B. Menzini). AMMIREVOLE: s.v. ammirevole, agg. ‘degno di ammirazione’ (1879, TB Giunte). AMANUENSI: s.v. anagnosti, overo amanuensi ‘così chiamati da Cicerone, perché scrivevano tutto ciò che avevano in mente senza omettere una sillaba’; s. m. ‘scrivano’ (1726, A. M. Salvini). ANATOMICO: s.v. anatomico, ‘pertinente all’anatomia’; agg. ‘dell'anatomia’ (1667, L. Magalotti: Poggi Sal Mag. 41). ANCILLARI: s.v. ancillari, ‘sacrifici offerti dalle ancelle’; agg. ‘proprio delle ancelle’ (“amori ancillari furono chiamati gli amori con le serve, la propensione erotica per le serve [Processo Murri 1905] e la locuzione piacque ed acquistò una certa voga”: 1908, Panz. Diz.). ANORESSIA: s.v. anoresia, ‘mancanza di appetito, nausea, aborrimento del cibo’; s. f. ‘mancanza di appetito’ (1819, Bonav.). ANTINOMIA: s.v. antinomia, ‘riferito alla contraddizione di due leggi’; s. f. ‘contraddizione’ (1663, Oudin: VEI; 1664, Duez). APPIATTIMENTO: s.v. appiattimento, ‘spianamento’; s. m. ‘schiacciamento’ (1906, Bilanc.; il DEI data la vc. al XIX sec., senza però indicare la fonte), ‘livellamento dei salari’ (1948, A. De Gasperi: Menarini Profili). 53


ARRANGIARE: s.v. arrangiare, ‘variare; mettere in ordine’; v. tr. ‘sistemare, accomodare alla meglio’ (1845, Puoti: LN XVIII (1975) 15; “è voce molto in uso, ma patentemente barbara”: 1848, Ugol.), ‘nella musica leggera, effettuare un arrangiamento’ (1952, P. Barzizza: LN LIV [1993] 67). ASCARIDE: s.v. ascaride, ‘larva di insetto che vive sotto terra’; s. m. ‘verme dei nematodi’ (av. 1698, F. Redi; sicuramente falsa l'attest. del Trattato delle mascalcie, riportata in Crusca 4,5 e Batt.: Volpi Fals.). ASSICURABILE: s.v. assicurabile, assicurevole ‘affidabile’; assicurabile, agg. ‘che si può assicurare’ (1865, TB). ASSOLUTEZZA: s. f. ‘qualità di assoluto’ (1865, TB). ATARASSIA: s.v. atarassia, ‘serenità d’animo’; s. f. ‘imperturbabilità’ (“Tenendosi sempre lontani dall'acconsentire ad alcun dogma, e procurando per questa via all'intelletto e all'anima loro, come essi credevano, una certa Ataraxia, o vero Imperturbazione e privazione di tumulto”: av. 1729, A. M. Salvini; atarassia: 1745, Berg. Voci). ATTACCABRIGHE: s.v. accatta brighe, come catta brighe, ‘una persona che crea problemi, che infastidisce’; s. m. ‘persona litigiosa’ (av. 1900, E. De Amicis; 1884, Arlìa Giunte, s. v. attacchino). ATTACCATICCIO: s.v. attaccaticcio, ‘appiccicaticcio, sgradevolmente appiccicoso’; agg. ‘che si attacca facilmente’ (av. 1685, D. Bartoli), ‘persona importuna’ (av. 1673, O. Rucellai). AVANZATO: s.v. avanzato, ‘inoltrato’; agg. ‘inoltrato (detto dell'età)’ (av. 1698, F. Redi), ‘collocato avanti’ (1742, G. Baretti), ‘audace, innovatore’ (av. 1793, C. Goldoni: Voc. Acc., ma diffuso sopr. nel sec. XX). BAGORDARE: s.v. bagordare, bagoredeggiare ‘divertire, fare il mimo o mascherarsi’; v. intr. ‘fare bagordi’ (1686, P. Segneri). BAMBINAGGINE: s.v. bambinaggine, bambinera, bamboleggiaménto, bambolità, bamboceria ‘infantile, oppure azioni di bambini’; s. f. ‘azione, comportamento da bambino’ (1817, G. Leopardi; prob. falsa l'attest. di Guittone riportata in Crusca 4,5 e TB: Volpi Fals.). BARACCA: s.v. baracca, ‘casa di poveri, casotto, abitazione fatta di legname’; s. f. ‘costruzione di legno o metallo per ricovero provvisorio di persone, animali, materiali e attrezzi’ (av. 1665, L. Lippi; anche lo scarto cronologico fa respingere l'es., che la Crusca 5 riporta, di Fra Giordano), fam. ‘complesso di una famiglia, di un'impresa e sim., e dei problemi a queste connessi’ (1904, Tommaseo-Rigutini; mandare (avanti) la baracca: 1863, Fanf. Tosc.), ‘teatrino dei burattini’ (viva nella loc. fig. piantare baracca e' burattini ‘abbandonare ogni cosa’: 1870, Fanf. Voci e man.: piantar la baracca è burattini in precedenza piantare il banco e i burattini: 1865, TB), spreg. ‘ciò che è in cattive condizioni’ (1865, TB; andare, mandare in baracca, fig. ‘a catafascio’, come in parecchi dial.: 1891, piem. essi giù 'd baraca, ndè 'd baraca ‘andare in rovina, ridursi al verde’, Gavuzzi), ‘baldoria, bisboccia’ (1863-66, D'Azeglio 147: “usava spesso andare a far pranzi [baracche] in lingua di quartiere”; far baracca: 1906, I. Nieri; 1905, Panz. Diz.: “costumanza spiccatamente romagnola, onde lo speciale nome”, ma l'usanza e la parola sono anche di altri numerosi luoghi dell'Italia sett.: 1891, fè [la] baraca e barachè ‘gozzovigliare’ in Piemonte: Gavuzzi). BARDO: s.v. bardo, ‘poeta. per lo più inglese ed irlandese’; s. m. ‘poeta vate dei popoli celtici, che celebrava le imprese dei capi illustri’ (1763, M. Cesarotti), est. ‘cantore, poeta patriottico’ (1800, M. Cesarotti). Anche agg.: bardo ‘poetico’ (1966, R. Di Marco: Vaccaro II); anche bardito ‘proprio del bardo’ (1806, V. Monti, Il bardo della Selva Nera). 54


BARDOTTO: s.v. bardotto e propriamente quel cavallino usato per cavalcare che di solito non viene pagato, questo termine viene utilizzato in Italia quando qualcuno va in qls posto a mangiare e va via sempre senza pagare, allora si dice passare per bardotto; s. m. ‘animale ibrido non fecondo che si ottiene dall'incrocio di un'asina con un cavallo’ (av. 1686, F. F. Frugoni), fig. ‘garzone, apprendista’ (av. 1749, G. S. Saccenti, ma è vc., che non esce dalla Toscana: 1942, Migl. App., anche se vi dipende l'isolato lomb. bardòtt ‘aiutante del postiglione’ Tenca 429, VDSI), ‘chi è addetto al tiro dei natanti con l'alzaia’ (1863, Fanf. Tosc. e 1865, TB, da cui prob. lo prese il D'Annunzio delle Laudi; passato anche in sardo: DES I 180). BARONALE: s.v. baronale, ‘che riguarda il barone’; agg. ‘di barone o baronia’ (av. 1735, N. Forteguerri; per il Berg. Voci anche in G. De Luca, 1673). BASCHINA: s.v. baschina, ‘baschetto spagnolo’; s. f. ‘parte della giacca femminile dalla vita al fianco’ (1890, M. Serao: “il semplice corpetto attillato che conserva il nome spagnuolo di baschina”). BENINTESO: s.v. bene inteso, ‘inteso bene’; avv. ‘certamente, naturalmente, come risposta affermativa o come raff.’ (1857-58, I. Nievo), ‘purché, a patto che’ (1855, Ugol. per respingerlo, 1858, Viani, per difenderlo; sign. già presenti nel 1788, D'Alb.: Hope II 471; il Baldinucci, 1681, registra beninteso, come agg.). BIRBO: s.v. birbo, birbone, ‘compagno truffatore, ingannatore’; s. m. ‘birba’ (av. 1704, B. Menzini). BISCOTTINO: s.v. biscottelli, biscottini, ‘piccoli biscotti, ciambelle, usato anche per castagne cotte col vino, dopo seccate e mangiate durante l’inverno’; s. m. ‘dim. di biscotto’ (1797, D'Alb.). BLINDA: s.v. blinda, ‘corazza, anche qualsiasi sistema come muri, sacchi di terra per difendersi dai proiettili’; s. f. ‘copertura o rivestimento per proteggere da esplosioni o tiri di armi da fuoco’ (1663, Oudin, cit. nel VEI; 1670, G. Gualdo Priorato: Dardi 134; 1797, D'Alb., al pl.; come abbr. di autoblindata: 1955, Junker). BOZZOLOSO: s.v. bozzoloso, bozzoluto, ‘pieno di bozze’; agg. ‘pieno di bozzoli, di bitorzoli’ (av. 1730, A. Vallisneri; falso l'es. del Bencivenni, riportato dalla Crusca 1 e dal TB). BRACIERE: s.v. braciere, ‘qualsiasi tipo di braciere’; s. m. ‘recipiente di rame o altro metallo, da tenervi le brace per riscaldarsi’ (1666, L. Magalotti). BRAMIRE: s.v. bramire, ‘ruggire come un leone, ragliare come un asino’; v. intr. ‘emettere barriti’ (1865, TB; nell'Oudin, 1663, secondo la testimonianza del VEI, riferito al ‘muggire’ del toro), est. ‘gridare selvaggiamente’ (1914, D. Campana). BRILLO: s.v. brillo, ‘luccichio, scintillio; metaforicamente: felicemente ubriaco, anche arbusto che cresce nell’acqua’; agg. ‘che è leggermente inebriato da bevande alcoliche’ (av. 1665, L. Lippi). BRIVIDARE: s.v. brividare come abbrividare, ‘avere brividi, irrigidirsi a causa del freddo’; v. intr. ‘fremere, rabbrividire’ (av. 1963, F. Flora, cit. in Migl. App., ma brividante già in G. Papini, 1912). BRUCIATO: s.v. bruciati come abbruciati, ‘bruciare, metaforicamente: dolere, prudere, pungere’; part. pass. e agg. ‘che è consumato dal fuoco’ (1728, A. M. Salvini; in particolare “nella lotta clandestina, i patriotti consideravano bruciati, cioè ormai inutilizzabili, quei luoghi ecc. su cui già fosse caduto il sospetto della polizia”: 1950, Migl. App. e, successivamente, nel mondo dello spettacolo, dello sport e della politica, si definì bruciato colui “che si è compromesso, che non ha più speranze e possibilità di affermarsi”: 1974, De Felice-Duro; gioventù bruciata ‘quella turbo55


lenta e cinicamente amorale cresciuta nei primi anni che seguirono la seconda guerra mondiale’: 1950, Migl. App.). CACASENNO: s.v. caca-senno, ‘persona saccente presuntuosa; saputello’; s. m. ‘sputasentenze’ (1866, Crusca 5). CALCOLABILE: s.v. calculabile, calculevole, ‘che può essere calcolato, o contato’; agg. ‘che si può calcolare’ (1769, G. Targioni Tozzetti). CALLA: s.v. calla, callaia, ‘valico, stretto passaggio praticato in una siepe, per poter attraversare, per lo più fatto per gli animali selvatici per permettergli di attraversare gli steccati, anche un passaggio fatto in mezza all’acqua con pietre o mucchi, anche un sentiero tra i campi per poterlo facilmente attraversare, anche acqua guadabile, molti definiscono con questo termine una specie di piante che cresce sul ciglio del sentiero, anche un tipo di rete, usata per recintare’; s. f. ‘pianta erbacea, con foglie lucide di color verde scuro’ (1820, Bonav.). CAMBISTA: s.v. cambiere come cambista; s. m. ‘cambiavalute’ (1723, G. M. Casaregi, Il cambista instruito, Firenze). CAMERATA: s.v. camerata, camerado; ‘camerata, società riunuta in una camera’; s. m. ‘compagno d'armi’, poi ‘amico (in generale)’ (av. 1665, L. Lippi), ‘antica voce, rinnovata nel senso di compagno nella fede fascista’ (1931, Panz. Diz., che riporta un'attest. di B. Mussolini del 1° genn. 1927). CAMORRA: s.v. camorra, ‘mantello o tappetino irlandese, anche indumento dei marinai, anche arnese con la punta affilata’; s. f. ‘associazione della malavita napoletana, che procacciava favori e guadagni a coloro che ne facevano parte’ (1862, M. Monnier, La camorra, Firenze; nel sign. di ‘bisca’: “La camorra innanzi Palazzo è detta una casa da gioco nella prammatica De Aleatoribus del 1735”: B. Croce, La lingua spagnuola in Italia, Roma, 1895, p. 58; un v. camorrare è attest. in un doc. del 1580: Alessio Postille), ‘lega di imbroglioni, società di malfattori’ (1863, La Perseveranza: Masini 146; ma già G. De Sivo, I napolitani al cospetto delle nazioni civili, 1861, p. 43, parlando degli intrighi per realizzare l'unità dell'Italia, scrive: “Questo è far la camorra in grande”). CAMPAGNOLO: s.v. campagnino, campagnuolo, campaiuolo, campagliuoli, ‘chi abita in campagna o nei campi, anche un piccolo campo oppure una varietà di fungo molto piccola’; agg. ‘che riguarda la campagna’ (av. 1698, F. Redi), s. m. ‘persona di campagna’ (‘abitante della campagna romana’: 1663, Oudin [VEI] e 1664, Duez; 1771, D'Alb., s. v. paysan). CANGIABILE: s.v. cangiabile, cangiante, cangievole, ‘cambiabile, mutabile, alterabile’; agg. ‘che cambia facilmente’ (av. 1729, A. M. Salvini). CANNONCINO: s.v. cannoncello, cannoncino, ‘il diminutivo di Cannone’; s. m. ‘cannone leggero, di piccolo calibro’ (av. 1786, A. D'Antonj: Grassi Mil.; nella Crusca 3 I 338 [anno 1691] è registrato cannoncino senza specificazione di sign.), ‘piccola piega a rilievo in vestiti femminili’ (1772, D'Alb.), ‘pasta dolce a forma cilindrica, ripiena di crema all'uovo o di panna’ (1729, Crusca 4). CANTONIERA: s.v. cantoniera, ‘una comune prostituta o amante, una frode ingannatrice, una prostituta astuta’; s. f. ‘mobile a ripiani destinato a occupare l'angolo d'una stanza’ (1780, V. Monti), ‘casa nella quale abita un cantoniere’ (av. 1873, F. D. Guerrazzi; ma casa cantoniera: 1832, Stampa milan.).

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CAPSULA: s.v. capsula, ‘la membrana che avvolge il cuore, simile ad una piccola custodia’; s. f. ‘frutto secco deiscente che si divide in valve nelle quali sono inseriti i semi’ (capsola: av. 1725, Clarici Sp.; cassula: 1768, G. Targioni Tozzetti; capsula: 1820, Bonav.), ‘in anatomia, involucro per lo più di tessuto connettivo con funzioni di copertura’ (sec. XV, Mondino de' Liucci: LN XXVIII [1967] 12), ‘artifizio impiegato per dar fuoco a cartucce, inneschi e spolette’ (1853, D'Ayala), ‘involucro solubile di cheratina, gelatina e simili usato per racchiudere medicamenti sgradevoli’ (1875, Lessona), ‘contenitore per strumenti, esseri viventi e simili, trasportato da un missile nello spazio’ (1962, Batt.), ‘tipo di chiusura di metallo o plastica applicabile esternamente sull'apertura d'un contenitore’ (1908, Panz. Diz.). CASTALDA: s.v. castalda, ‘casa di campagna, fattoria, casa colonica’; s. f. ‘moglie del castaldo’ (1761, C. Goldoni). CEDIMENTO: s.v. cedimento, ceditione, cedizione, ‘concessione, cedimento’; s. m. ‘cessione’ (1667, V. Siri: LN XIX [1958] 40), ‘atto, effetto del cedere’ (1797, D'Alb.). CENERINO: s.v. cenericrio, cenerino, cenerigno, cenerognolo, ceneraro, ceneraticcio, ‘l’angolo in cui si ammucchia la cenere, anche il contenitore in cui si conserva la cenere, anche il colorito color cenere di un cadavere, metaforicamente: una persona pigra che non sa fare altro che stare davanti ad un camino’; agg. ‘che ha un colore grigio chiaro simile a quello della cenere’ (1681, F. Baldinucci). CHIODO DI GAROFANO: s.v. chiodo-di garofano, ‘chiodo di garofano’; ‘gemme fiorali d'una pianta tropicale delle mirtali raccolte prima che si sviluppi il fiore, ed essiccate, usate come spezie e come droga’ (garofano: av. 1250, Cielo d'Alcamo: Contini I 182; chiodo garofano: 1659, Torriano: LN XVII [1956] 110; chiodo di garofano: 1765, Diz. citt., s. v. garofano). CINQUENNE: s.v. cinquenne, ‘di cinque anni’; ‘agg. ‘che ha cinque anni’ (1865, TB). CLIMATICO: s.v. climatico, ‘climaterico, gli anni pericolosi della vita, di solito ogni sette o ogni none, e in particolare sessantatré, poiché è sette volte nove, e nove volte sette, alcuni li chiamano anni scalari, o giorni scalari’; agg. ‘relativo al clima’ (1892, Gar.; il VEI data la vc. al 1888, senza però indicare la sua fonte). COLLOCAMENTO: s.v. collocamento, collocanza, collocatura, ‘collocazione’; s. m. ‘atto, effetto del collocare’ (av. 1667, S. Pallavicino). COLLUDERE: s.v. colludere, ludo, lusi, luso, ‘colludere, agire in collusione’; v. intr. ‘accordarsi segretamente in un'azione diretta contro legittimi diritti altrui’ (1673, G. De Luca; secondo Berg. Voci è attest. in G. B. Nani, 1662). COMMESSA: s.v. commessa, ‘commissione, incarico, anche comitato’; s. f. ‘ordinazione di merce’ (1942, Migl. App.). COMPENSABILE: s.v. compensabile, compensevole, ‘che può essere ricompensato’; agg. ‘che si può compensare’ (av. 1667, S. Pallavicino). COMPIANTO: s.v. compianto, ‘compianto’; agg. ‘pianto da molti; rimpianto’ (av. 1799, G. Parini), ‘detto di persona defunta’ (1931-43, C. E. Gadda; 1942, Migl. App.). COMPROMISSORIO: s.v. compromissorio, ‘compromissorio’; agg. ‘relativo a compromesso’ (1797, D'Alb.). CONCILIABILE: s.v. conciliabile, ‘conciliabile’; agg. ‘che si può conciliare’ (1699, F. Corsini; secondo Berg. Voci l'agg. è attest. nella Storia Veneta del Nani [1662], dove non ci è stato possibile rintracciarlo). 57


CONCUSSIONARIO: s.v. concussionario, ‘chi estorce denaro’; s. m. ‘reo di concussione’ (1771, D'Alb., s. v. concussionnaire). CONDANNA: s.v. condanna, condannagione, condannatione, ‘condanna’; s. f. ‘sentenza con la quale i giudici infliggono una pena’ (1673, G. De Luca), ‘disapprovazione, biasimo’ (av. 1731, S. Borghini). CONFESSIONALE: s.v. confessionale, ‘un libro di confessioni, o della confessione’; agg. ‘che si riferisce alla confessione sacramentale’ (1745, Berg. Voci che lo attesta con un es. del Cavalca di dubbia autenticità), ‘che è proprio di una confessione religiosa o di una professione di fede’ (1892, Gar.). CONFRATELLO: s.v. confrate, confratre, confratello, ‘frate, confratello’; s. m. ‘persona iscritta ad una confraternita, membro d'una comunità religiosa’ (1700, P. Naldini: Fontanot 107), ‘membro d'una associazione, compagno, collega’ (1681, L. Magalotti). CONFUTABILE: s.v. confutabile, confutevole, ‘confutabile’; agg. ‘che si può confutare’ (1673, P. Segneri). CONGEDARE: s.v. congedare, congediare come licentiare; v. tr. ‘dare congedo, concedere facoltà d'andarsene’ (av. 1729, A. M. Salvini), ‘mandare in congedo i militari’ (1801, V. Cuoco). CONSOCIARE: s.v. consociare, ‘consociare’; v. tr. ‘unire in società, associare’ (1816, V. Monti). CONSOCIO: s.v. consocio, ‘socio, consocio’; s. m. ‘chi è socio insieme con altri in una società o simili’ (1723, G. M. Casaregi). CONSULENTE: s.v. consulente, ‘consulente’; s. m. ‘professionista a cui ci si rivolge per avere informazioni e consigli’ (av. 1673, G. De Luca). CONTROVENTO: s.v. contravento, ‘controvento’; s. m. ‘membratura che assicura la resistenza di una costruzione alla pressione del vento’ (1830, Tram.), avv. ‘in posizione o direzione contraria a quella verso cui spira il vento’ (contravvento: av. 1852, V. Gioberti; controvento: av. 1930, U. Fracchia). CONTUSO: s.v. contuso, ‘contuso’; agg. e s. m. ‘che ha subito una contusione’ (1750, A. Cocchi; falsa l'attest. del Bencivenni riportata in Crusca 4,5, TB e Batt.: Volpi Fals.). COOPTAZIONE: s.v. co-optatione, ‘scelta di cose che si somigliano’; s. f. ‘atto effetto del cooptare’ (1793, in un promemoria del vicario di provvisione: Dardi Forza par. 127). CORMO: s.v. cormo, ‘un tipo di frutta’; s. m. ‘struttura tipica delle piante superiori distinta in radice, fusto e foglie’ (1820, Bonav.). CORRUGARE: s.v. corrugare, ‘corrugare, aggrottare le sopracciglia’; v. tr. ‘rendere rugoso, contrarre’ (av. 1698, F. Redi), ‘aggrinzare la pelle in segno di sdegno, malumore, collera e simili’ (1723, A. M. Salvini). CRICETO: s.v. criceto come hamestre, ‘un piccolo animale selvatico molto crudele, della natura del furetto, che devasta il grano, morde in maniera forte, si azzarda a combattere con tutti gli altri animali, e i suoi denti sono così aguzzi, che se all’improvviso ti afferra è fa difficoltà a staccarsi’; s. m. ‘piccolo mammifero dei roditori con corpo tozzo, coda breve, pelame rosso-giallastro e caratteristiche tasche sulle guance’ (1836, Bazz.). CRURALE: s.v. crurale, vedi vena, vedi arteria, ‘l’arteria della coscia’; agg. ‘relativo alla gamba o alla coscia’ (av. 1673, O. Rucellai Ricasoli). DEFRAUDATORE: s.v. defraudatore, defrodatore, ‘defraudatore’; s. m. e agg. ‘che defrauda’ (1680, G. P. Oliva, Prediche dette nel Palazzo Apostolico, Venezia, II, p. 514). 58


DENTE DI LATTE: s.v. dente-di latte, ‘dente giovane, dente da latte’; ‘che compaiono dal sesto al trentesimo mese e vengono sostituiti fra il sesto e il dodicesimo anno di vita’ (1692, M. Garzoni). DENTELLARE: s.v. dentellare, ‘far dentelli, metaforicamente: dentellare come fanno gli ingranaggi’; v. tr. ‘intagliare a dentelli, spec. ai margini’ (1884, G. Carducci). DIGITAZIONE: s.v. digitatione, ‘digitazione, l’avvinghiarsi delle dita’; s. f. ‘portamento della mano sulla tastiera, maniera d'applicare le dita alla tastiera’ (1869, TB). DIRITTA: s.v. diritta come dritta, ‘diritta, la mano destra’; s. f. ‘mano destra’ (dritta: av. 1786, G. Gozzi; diritta: 1848, Periodici popolari). DISINFETTARE: s.v. disinfettare, ‘disinfettare’; v. tr. ‘distruggere i germi patogeni’ (1812, Bernardoni). DISSEMINATORE: s.v. disseminatore, ‘che sparpaglia’; s. m. e agg. ‘chi dissemina’ (1731-35, P. Giannone). DISSODAMENTO: s.v. dissodamento, ‘contr. di rendere sodo, solido’; s. m. ‘atto, effetto del dissodare’ (1842, Stampa milan.; “manca alla lingua il sostantivo, che per giusta derivazione sarebbe dissodamento”: 1848, Ugol., s. v. ranco; dissodamento è successivamente registrato nel TB e usato dal Capponi e dal Cattaneo). DOTTOREGGIARE: s.v. dottoreggiare, ‘fare il dottore o comportarsi come un dottore’; v. intr. ‘ostentare in modo saccente la propria dottrina’ (1817, A. d'Elci; av. 1827, U. Foscolo). ENTRARE IN BESTIA: s.v. entrare in bestia, ‘metaforicamente: andare in collera, diventare stolto’; ‘infuriarsi’ (1839, Cherubini; ma già nel Cinquecento con modi affini, come dar, entrar, montare, saltare in bestia: TB). FANFARA: s.v. fanfara, fanfarata, ‘il suono di una o molte trombe, per esempio per celebrare vittorie o trionfi pubblici, metaforicamente: spacconeria, ostentazione vana, vuota’; s. f. ‘composizione musicale per trombe e timpani, adatta all'uso militare’ (1834, Tram.; Lichtenthal, 1826, registra la vc. nella forma fr. fanfare; il TB la registra con un testo non identificato; il DEI data la vc. al XVIII sec., senza indicare la sua fonte), ‘banda musicale militare formata spec. da ottoni’ (1853, D'Ayala). FARE FAGOTTO: s.v. fare fagotto, ‘fare le valigie e andarsene, fare fagotto’; ‘andarsene in modo frettoloso’ (av. 1665, L. Lippi). FARE LA CILECCA: s.v. fare la cilecca, ‘giocare a prendere in giro qualcuno’; detto di arma da fuoco quando la cartuccia non esplode, fallire’ (av. 1850, G. Giusti). FARE LA SCARPA: s.v. fare la scarpa, ‘tagliare un borsellino’; ‘fargli del male nascondendosi sotto una falsa apparenza di amico’ (“Fare le scarpe a uno, si suol dire per Riferire al superiore il suo male operare, per modo che sia punito”: 1863, Fanf. Tosc.). FIACCA: s.v. fiacca, ‘fiacca, stato di stanchezza, avvilimento, vedi fiaccare, anche come fracasso’; s. f. ‘stanchezza, svogliatezza’ (1841, Tomm. N. prop.; ma l'accr. fiaccona è già nel Pananti, 1808-25). FORBICIATA: s.v. forbiciata, ‘colpo di forbice, taglio, sforbiciatura, forbiciata, ritaglio’; s. f. ‘taglio netto fatto con le forbici e segno che rimane’ (av. 1675, L. Panciatichi), ‘nello sport, sforbiciata’ (1970, Batt.). FREDDOLOSO: s.v. freddoloso, freddoso, ‘che rabbrividisce, che ha freddo’; agg. ‘che soffre il freddo’ (av. 1698, F. Redi; nel Piccolomini, 1552, nel sign. di ‘freddo, alquanto rigido’; falsa l'attest. di fra Giordano riportata in Crusca 3,4,5, TB e Batt.: Volpi Fals.). 59


FUNERARE: s.v. funerare, come funestare, ‘celebrare un funerale’; attestato da Bellotti Felice (Milano, 1786-1858). FURBACCHIONE: s.v. furbacchio, furbacchione, furbacchiotto, furbo, ‘furbo, astuto’; s. m. ‘persona d'astuzia fine, che la sa lunga’ (1857-58, I. Nievo). GESTIONE: s.v. gestione, ‘azione, impresa’; . f. ‘complesso delle operazioni necessarie al funzionamento di un'azienda e al conseguimento dei risultati economici che le sono propri’ (1797, G. Abamonti: Leso 577; però fin dal 1305, Breve dell'Arte della Lana di Pisa: “Rendere vera e pura ragione de la gestione et administratione et acto del suo officio”, cit. dal Rez.). GODIBILE: s.v. godevole, godibile, ‘che può essere goduto’; agg. ‘che si può godere’ (av. 1673, O. Rucellai). ILLEGALE: s.v. illegale, ‘contrario alla legge’; agg. ‘contrario alla legge’ (1688, in un doc. dell'Archivio medico: Dardi 322). IMMATRICOLARE: s.v. immatriculare, ‘immatricolare’; v. tr. ‘iscrivere in un registro pubblico per la prima volta, assegnando alle persone e agli oggetti elencati un numero di matricola’ (1853, D'Ayala), v. rifl. ‘farsi registrare nella matricola, detto spec. di studenti che vengono iscritti al primo anno di Università’ (1956, Diz. enc.). IMPIETOSIRE: s.v. impietosire, ‘impietosire, impietosirsi’; v. tr. ‘muovere a pietà’ (av. 1667, G. A. Marini; anche nei Sermoni di G. Silos, av. 1674, secondo Berg. Voci), v. intr. pron. ‘sentire pietà’ (av. 1667, G. A. Marini; per Berg. Voci, nella Istoria della Repubblica veneta di G. B. Nani, av. 1678). IMPONDERABILE: s.v. imponderabile ‘imponderabile’; agg. ‘che non ha peso’ (1858, C. Cattaneo), ‘che ha un peso tanto piccolo da non poter essere pesato’ (1865, T. Mamiani; “Da ponderare, che val pesare, si sono legittimamente tratte le parole ponderabile e imponderabile che tanto si usano in fisica, e che ancora mancano al Vocabolario”, 1855, Ugol., a proposito di un es. del Gioberti, 1843), fig. ‘che sfugge alla critica e non è percepibile dalla ragione’ (1936, E. Cecchi),s. m. ‘ciò che non si può determinare o prevedere’ (1947, B. Croce; 1869, TB: “Così venne chiamato per l'addietro ogni agente naturale che non accresceva il peso dei corpi nei quali veniva manifestandosi. Il Calore, la Luce, l'Elettricità, il Magnetismo, erano gl'Imponderabili della fisica”). IMPREVISTO: s.v. imprevisto, ‘non previsto’; agg. ‘non previsto’ (1858, G. Carducci), ‘improvviso, subitaneo’ (av. 1872, G. Mazzini; 1869, TB), s. m. ‘evento non prevedibile’ (av. 1872, G. Mazzini; 1869, TB). IMPRODUTTIVO: s.v. improduttivo, ‘che non produce’; agg. ‘che non produce o dà un utile, anche fig.’ (1797, M. Delfico: Dardi Forza par. 156). INACCETTABILE: s.v. inaccettabile, ‘che non può essere accettato’; agg. ‘che non si può o non si deve accettare’ (1749, L. A. Muratori). INACCORDABILE: s.v. inaccordabile, inaccordevole, ‘inaccordabile’; agg. ‘che non si può concedere’ (av. 1683, V. Siri; 1656-57, S. Pallavicino). INAMMISSIBILE: s.v. inadmissibile, ‘inammissibile’; agg. ‘che non si può accogliere, ammettere’ (1662 B. Nani: Dardi 325). INALIENABILE: s.v. inalienabile, ‘inalienabile, diventare o rendere inalienabile’; agg. ‘che non può essere trasferito ad altri’ (1679, P. Segneri in senso giuridico e av. 1788, G. Filangieri in accez. politica; secondo Berg. Voci, già nel sec. XVI, in N. V. Gozzi).

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INCONFONDIBILE: s.v. inconfondibile ‘che non può essere confuso’; agg. ‘che non si può confondere con altro’ (1905, B. Croce; tra le “voci alla moda di questi ultimi decenni”: Migl. L. c.). INCONSAPEVOLE: s.v. inconsapevole, ‘inconsapevole’; agg. ‘che non è al corrente o non si rende conto di q.c.’ (1818 ca., G. Leopardi; secondo D'Alb.: av. 1742, G. B. Fagiuoli). INESPLORABILE: s.v. inesplorabile, ‘che non può essere esplorato’; agg. ‘che non si può esplorare, anche fig.’ (1869, TB). INTERLUDIO: s.v. interludio, ‘interludio’; s. m. ‘brano destinato a legare le diverse parti di una composizione per organo da chiesa, di opere drammatiche o sinfoniche’ (1869, TB). INTIMIDAZIONE: s.v. intimidatione, ‘intimidazione’; s. f. ‘atto, parola, minaccia per impaurire qc.’ (1848, Ugol.: “voce da non usarsi”). INTUMESCENZA: s.v. intumescenza, ‘gonfiore’; s. f. ‘atto, parola, minaccia per impaurire qc.’ (1848, Ugol.: “voce da non usarsi”). ISPIDEZZA: s.v. ispidezza come hirsutezza, ‘ruvidezza, l’essere irsuto, pelosità, irsutezza. Attestato da Marcello Pier Iacopo (Bologna 1665-1727). LADRONERIA: s.v. ladroneria, ‘ladroneria, furto’; s. f. ‘comportamento da ladro’ (1699, F. Corsini), ‘grosso furto’ (av. 1685, D. Bartoli). LATTIFERO: s.v. lattifero, lattificante, lattifico ‘che porta latte, che produce latte’; agg. ‘che ha o produce latte’ (1843, Stampa milan.; detto delle piante: av. 1698, F. Redi), ‘che porta il latte’ (1869, TB: canali lattiferi). LUCERNARIO: s.v. lucernario, lucerniere candeliere che pende al centro di grandi camere, anche un candelabro da parete, anche il piede di una torcia, anche una lampada, o colui che porta la torcia, o colui che ha l’incarico di accendere le torce nelle chiese; s. m. ‘apertura del tetto, provvista di vetrata, per dar luce alle scale o a locali poco illuminati’ (1803, D'Alb.), ‘rito iniziale nella celebrazione della veglia pasquale’ (1974, LN XXXV 91). MACINABILE: s.v. macinabile, macinevole ‘che può essere macinato’; agg. ‘che si può macinare’ (1879, TB Giunte). MELMOSO: s.v. melmoso, ‘melmoso, fangoso’; agg. ‘pieno di melma’ (av. 1698, F. Redi). MITEZZA: s.v. mitezza, ‘l’essere mite’; s. f. ‘qualità di mite’ (1731-35, P. Giannone). MITRALE: s.v. mitrale, ‘fatto come una mitra’; agg. ‘simile ad una mitra’ (1855, Gher. Suppl.; valvola mitrale ‘che separa l'atrio dal ventricolo sinistro del cuore’: 1775, R. Cocchi). MODULO: s.v. modulo, ‘dovute misure o proporzioni, dovuti accenti in musica; anche una confluenza di acque attraverso dei condotti, anche come modello’; s. m. ‘forma tipica e invariabile prevista per la stesura di certi documenti’ (1891, Petr.), ‘schema stampato, identico per tutti i casi analoghi, da riempire di volta in volta, in uso negli uffici pubblici’ (1862, G. Carducci; precedentemente – 1797, negli atti delle assemblee della Repubblica Cisalpina cit. da Leso 652 – modula), (arch.) ‘misura del raggio della colonna, assunta come unità di grandezza alla quale si riferiscono le dimensioni delle altre parti dell'edificio’ (sec. XIV, Guido delle Colonne volgar.), (numism.) ‘diametro di una moneta’ (1806, G. Santi), (idraul.) ‘unità di misura dell'acqua corrente o concessa a scopo irriguo o industriale’ (av. 1861, C. Cavour), ‘in varie tecnologie, intensità, ampiezza o valore numerico di una certa grandezza’ (1905, Panz. Diz.). ONNIPRESENTE: s.v. onnipresente, ‘sempre presente’; agg. ‘che è presente in ogni luogo, spec. riferito a Dio’ (av. 1800, L. Mascheroni), fig. scherz. ‘di persona che si incontra sempre e dovunque’ (1882-84, G. Faldella). 61


ONNISCIENTE: s.v. onnisciente, ‘che conosce tutto’; agg. ‘che sa tutto riguardo a ogni cosa, spec. riferito a Dio’ (av. 1745, Fr. Orazio della Penna; per Berg. Voci anche nelle Prediche di G. P. Oliva, 1659). RESIPISCENTE: s.v. resipiscente, ‘pentito’; agg. lett. ‘che si ravvede da un errore’ (1872, TB). SCAFOIDE: s.v. scafoide come scaphoide, ‘un osso del collo del piede, stinco’; attestato da Calzabigi Ranieri (Livorno 1714-Napoli 1795). SCARMANA: s.v. scarmana, ‘calentura, febbre tropicale’; s. f. ‘malessere causato da brusco raffreddamento dopo essersi riscaldati’ (“Scarmana è una specie d'infermità che viene a coloro che, dopo essersi soverchiamente riscaldati ... si raffreddano o col bere ...; e si dice Pigliare una scarmana o Scarmanare”: 1688, P. Minucci; scalmana: av. 1573, Bronzino 704, L. Rucellai), ‘infatuazione, entusiasmo eccessivo’ (“Dio, Dio, quante scalmane, quanti ragionamenti e patimenti per una vita che non conta un zero!”: 1858, I. Nievo, Lettere, Milano, 1981, p. 489, e cfr. Mengaldo Nievo 155-156 per altra documentazione; “Burlevolm. a chi mostra affannarsi molto attorno a una cosa diciamo: «Non faccia; piglierà una scalmana»”: 1875, Rigutini-Fanf.; “fig. l'infatuarsi in una cosa, il buttarcisi dentro con eccessivo entusiasmo: ha preso una scalmana per la fisica”: 1940, Palazzi). SCOSCENDIMENTO: s.v. scoscendimento, ‘scendere con violenza, ruzzolare, vedi scoscendere’; s. m. ‘atto, effetto dello scoscendere o dello scoscendersi’ (1691, Crusca 3), ‘luogo scosceso’ (1691, Crusca 3). SEDENTARIO: s.v. sedentario, ‘sedentario’; agg. ‘che si svolge stando seduti, che comporta poco movimento’ (av. 1638, V. Giustiniani), agg. e s. m. ‘detto di persona che si muove poco’ (1762, G. A. Pujati, Della preservazione della salute de' letterati e della gente applicata e sedentaria, Venezia; “Dubitarono i sedentarii”: 1919, G. D'Annunzio, Prose di ricerca, di lotta, Milano, 1966, I 809 [cfr. anche p. 435]; “Parola a cui Mussolini ha dato speciale senso: rond de cuir? inerte? «Il loro sacrificio ha dimostrato – contro il facile scetticismo dei sedentari – che il volo transoceanico imponeva una somma di rischi mortali». Dispaccio al generale Balbo, 15 gennaio '31. Forse dai servizi sedentari in tempo di guerra”: 1931, Panz. Diz., p. XVIII). SETTANTENARIO: s.v. settantenario, settegenario, ‘dell’età di settant’anni’; agg. ‘che ha settant'anni, detto di cosa o di persona’ (1960, Diz. enc.), ‘che ricorre ogni settant'anni’ (1970, Zing.), s. m. ‘ricorrenza del settantesimo anno da un avvenimento memorabile’ (1960, Diz. enc.). SFOLGORANTE: s.v. sfolgorante come folgorante, ‘che brilla, lampeggia improvvisamente, specialmente prima di un tuono, metaforicamente: brillante, scintillante, splendente o ardente, anche prodigo, generoso o smodato, eccessivo nelle spese, anche un soprannome dato a Giove’; part. pr. e agg. ‘che sfolgora, risplende’ (av. 1686, F. F. Frugoni). SFORTUNATAMENTE: s.v. sfortunatamente, ‘sfortunatamente’; avv. ‘per cattiva sorte’ (1805, Stampa milan.). SOCCORRITORE: s.v. soccorritore, ‘soccorritore’; s. m. e agg. ‘chi soccorre’ (1723, A. M. Salvini). SOCIETÀ: s.v. socialità, sociabilità, società, sociatione, ‘società, associazione’; s. f. ‘tendenza umana alla convivenza sociale’ (1686, P. Segneri). SOLCATORE: s.v. solcatore, ‘chi solca, chi ara’; s. m. e agg. ‘che solca’ (av. 1768, C. I. Frugoni), s. m. ‘organo della seminatrice che apre i piccoli solchi nei quali è posto il seme’ (1940, Palazzi).

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SOLUBILITÀ: s.v. solubilità, ‘solubilità’; s. f. ‘proprietà d'una sostanza consistente nel formare una soluzione con una o più altre’ (1805, D'Alb.). SOPRACCITATO: s.v. sopra citato, ‘sopracitato’; agg. ‘citato in precedenza’ (1664, F. Redi). SPERTICARE: s.v. sperticare, ‘sperticare’; v. intr. ‘allungarsi in alto come una pertica, detto di albero’ (1838, Tram.), rifl. ‘fare q.c. in modo esagerato e poco sincero’ (1940, Palazzi). SPETTANZA: s.v. spettanza, ‘spettanza, aspettativa, sguardo’; s. f. ‘appartenenza, competenza’ (“è di spettanza del corpo legislativo”: 1798, Monitore italiano, cit. in Fogarasi Parole 81). SPRIZZO: s.v. sprizzo, come spruzzo, come schizzo, ‘spruzzo’; s. m. ‘getto impetuoso di liquido’ (av. 1808, M. Cesarotti), ‘manifestazione breve e vivace d'un sentimento’ (1940, Palazzi). STIMMATIZZARE: s.v. stimmatizzare, ‘stigmatizzare, stimmatizzare’; v. tr. ‘bollare con parole di forte biasimo’ (“invano il proverbio popolare stimatizzò il loro ordine”: 1851, Diz. pol. pop. 220; stimmatizzare: 1857, C. Cavour, cit. in LN XXXIII [1972] 123; stigmatizzare: 1883, Manfr.). STUDIACCHIARE: s.v. studiacchiare, ‘studiacchiare’; v. tr. e intr. ‘studiare poco e male’ (1853, Proverbi toscani). SUBORDINAZIONE: s.v. subordinatione, subordinanza, ‘subordinazione’; s. f. ‘stato, condizione di subordinato’ (1673, P. Segneri). SUCCO: s.v. succo, ‘succo, metaforicamente: vigore, forza, anche un utensile di ferro che i ladri portano con sé’; s. m. ‘sostanza liquida spremuta da ortaggi e frutta’ (1735, Crusca 4 s. v. succhio; l'es. di succo che si legge nel TB s. v. sugo è letto suco nelle ediz. critiche moderne), ‘qualsiasi prodotto di secrezione ghiandolare’ (V. succo gastrico), ‘sostanza’ (1873, TB). SUCCOSO: s.v. succoso, succcolo, ‘pieno di succo’; agg. ‘che è pieno di succo’ (1673, P. Segneri), ‘sostanzioso e conciso al tempo stesso’ (1673, P. Segneri). SVENTAGLIARE: s.v. sventare, sventagliare, sventolare, sventillare, ‘evaporare, esalare, soffiare’; v. tr. ‘agitare il ventaglio, fare aria con un ventaglio’ (1873, TB), ‘agitare come un ventaglio’ (1960, Diz. enc.), rifl. ‘farsi aria con un ventaglio’ (1873, TB). SUGGERITORE: s.v. suggestore, suggeritore, ‘suggeritore’; s. m. ‘chi suggerisce’ (av. 1673, O. Rucellai Ricasoli; Berg. Voci lo attesta con E. Tesauro, av. 1675), ‘nel teatro di prosa e di rivista, chi suggerisce la parte agli attori sul palcoscenico’ (1827, Stampa milan.; ma suggeridor nel dial. milan. nel 1814, Cherubini; il TB lo attesta con un autore non identificato [Marc.]). TICCHIO: s.v. ticchio, ticchioso come capriccio, ‘capriccio, desiderio bizzarro, ghiribizzo, fissazione’; s. m. ‘tic’ (1829, Marchi), ‘vizio d'abitudine per cui un animale assume atteggiamenti anormali’ (1879, TB, con una lunga descrizione delle tre sorta di ticchi), fig. ‘capriccio, ghiribizzo, voglia strana’ (av. 1735, N. ForteguerrI, se si riconosce nel ticca di Cecco Angiolieri, come fa il Monaci e come pare, la stessa vc., essa va riportata agli inizi del Trecento; per saltare il ticchio V. saltàre). TONCHIO: s.v. tonchio, ‘un verme’; s. m. ‘insetto che vive e si sviluppa a spese dei legumi’ (av. 1665, L. Lippi). TRABALLAMENTO: s.v. traballamento, ‘traballamento’; s. m. ‘il traballare’ (1939-40, Palazzi). TRANSAZIONE: s.v. transattione, transattamento, ‘transazione’; s. f. (dir.) ‘composizione contrattuale di un conflitto di interessi tra due o più parti per porre fine a una lite’ (1667, in un ms. mediceo cit. in SLeI II [1980] 240; 1886, Rigutini Neol.: “è modo nuovo venutoci dalla solita fonte, in luogo del più schietto Affari, Contrattazioni, e simili”).

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TRAVATO: s.v. travato, travati, munito di travi; agg. ‘rinforzato o sostenuto con travi’ (1891, Petr.; il Rigutini-Fanf., 1875, lo registra solo come “aggiunto di cavallo balzano”). TUTOLO: s.v. totulo o tutolo ‘era anticamente una sciarpa di seta porpora che le mogli degli alti prelati portavano pieghettato sul capo per distinguersi dalle altre donne; anche gli alti prelati la indossavano duranti i solenni sacrifici, e perciò erano chiamati tutulati. Varro afferma che tutuli erano le trecce che le matrone avvolgevano a corona sulla testa. Secondo alcuni, titulo deriva da tutulo, e i soldati anticamente erano chiamati Tituli perché dovevano difendere il loro Paese. Varro afferma che Tutano (un dio nobile) era invocato da chi si trovava in stato di miseria’; s. m. (bot.) ‘asse dell'infruttescenza del granturco a cui sono attaccate le cariossidi’ (1846, Carena). VELLICARE: s.v. vellicare, ‘tirare, dare uno strattone’; v. tr. ‘solleticare’ (av. 1698, F. Redi), fig. ‘stimolare’ (av. 1729, A. M. Salvini). VENA GIUGULARE: s.v. vene giugulari, ‘vene giugulari’; agg. ‘che appartiene al giugolo’ (av. 1730, A. Vallisnieri; vena (g)iugulare ‘che si dirige verso il giugolo, raccogliendo il sangue che viene dalla testa’: le vene giogolari, av. 1729, A. M. Salvini; la vena e l'arteria giugulare: av. 1712, L. Magalotti). VENTRIERA: s.v. ventriera, ‘panciera per cavalli’; s. f. ‘panciera’ (1839, Panless. it.; 1810, Ruggieri, per il DEI), ‘borsa di pelle o fustagno cinta in vita, usata un tempo dagli artigiani per piccoli attrezzi e dai cacciatori per le munizioni’ (1879, TB; usata anche dai mercanti di bestiame per tener dentro denari: 1824, Bianchini). VERDASTRO: s.v. verdastro, ‘verdastro’; agg. ‘di un verde brutto, sporco’ (1684, F. Redi), ‘che tende al verde’ (1805, D'Alb.), s. m. ‘colore verdastro’ (1970, Zing.). VESSATORE: s.v. vessatore, ‘molestatore’; s. m. e agg. ‘chi, che vessa’ (1743-61, G. Lami, cit. dal D'Alb.). VISCERALE: s.v. viscerale, ‘viscerale’; agg. ‘dei visceri’ (1745, Berg. Voci con un rinvio alla Filosofia morale di E. Tesauro, av. 1675), fig. ‘profondamente radicato’ (1970, Zing.; per ‘irrazionale’ sarebbe vc. introdotta da P. Nenni nel 1958: 1963, Migl. App.). USURA: s.v. usura, uso, ‘usura, uso’; s. f. ‘degradazione funzionale di oggetti o parti meccaniche conseguente a uso o funzionamento prolungato’ (1908, Panz. Diz.: “Se ne fa anche il verbo usurare”), fig. ‘logoramento’ (1961, Diz. enc.).

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ALCUNE OSSERVAZIONI SULL’ORDINE DEI COSTITUENTI NELL’ITALIANO E NELLO SLOVACCO Zora Jačova

From a comparative perspective we focused our attention on some notable aspects of word order in which Italian differs from Slovak, but where the differences are not so extreme as between Slovak and English. In the introductory part of our contribution we have tried to approximate the most specific morphosyntactic attributes of Italian in comparison to other Romance and inflected languages. Like other Romance languages, Italian compensates its lack of flexion with frequent inversions and various deviations from the basic word order. In Slovak and other inflected languages the contextual organization of utterance is realized through free word order according to the utterance dynamicity grade of the sentence element. In the end of our contribution we stress the importance of the marked constructions that may be applied as equivalents of the free word structure when translating from Slovak into Italian. Nell’articolo si parla dell’ordine dei costituenti in italiano, con una riflessione comparatistica rispetto allo slovacco e all’inglese. Alcune considerazioni tornano utili al traduttore dallo slovacco all’italiano. Comparation, translation, flexibility, free word order, basic word order, marked construction.

1. INTRODUZIONE Un problema spesso trascurato nella problematica della riformulazione di un testo dallo slovacco in italiano (e viceversa) è quello legato alla differente distribuzione gerarchica dei costituenti dell’enunciato. Le nostre brevi considerazioni, agganciate alla prospettiva della traduzione dallo slovacco in italiano come lingua di arrivo, mireranno a mettere a fuoco alcuni dei procedimenti di ordine marcato della frase nell’italiano, in grado di riprodurre il grado di dinamismo comunicativo dei costituenti (DC), presente in un testo slovacco. A differenza di una lingua sintetica flessiva come lo slovacco, dotato di un sistema morfologico casuale assai articolato, l’italiano associa degli elementi moderatamente flessivi derivati dal latino con l’analitismo che esso condivide con le altre lingue europee e, più in particolare, con quelle romanze (cfr. Simone: 1998). Quello che più ci preme rilevare all’interno di una prospettiva di analisi comparata con la lingua slovacca è la notevole flessibilità di collocazione dei costituenti della frase nell’italiano contemporaneo, superiore a quella di altre lingue romanze. Ciò nonostante, si tratta di una libertà che è di gran lunga inferiore a quella di una lingua flessiva come il latino classico o dello slovacco, dove la flessione casuale assicura per lo più una piena autosufficienza morfologica alle singole parole, rendendo possibile un ordinamento quasi del tutto libero delle parole, per lo più svincolato da preoccupazioni di ordine morfosintattico (Dardano: 1997). Occorre invece sottolineare nell’italiano moderno l’impossibilità di spezzare la successione dei componenti interni di alcuni sintagmi, al contrario di quanto accadeva in italiano antico. Alludiamo qui in particolare, alle limitate possibilità nell’italiano di spezzare la successione verbo ausi65


liare + participio passato del verbo oppure verbo modale + infinito del verbo oppure ancora la sequenza, piuttosto fissa, pronomi personali atoni + verbo: *ho con tutti parlato; *parlato con tutti ho /rozprával som so všetkými; so všetkými som už rozprával; *non posso a tutti gli studenti la verità rivelare/ nemôžem všetkým celu pravdu prezradiť *lo volentieri aiuto / mu rád pomáham. Altrettanto divergente risulta la posizione delle particelle pronominali che nell’italiano devono precedere o seguire immediatamente il verbo, mentre invece nello slovacco le particelle pronominali possono essere separate dal verbo da uno o più elementi extranucleari della frase: al ritorno al lavoro vi dovete preparare/dovete prepararvi/ tutti in anticipo (na návrat do práce sa všetci musíte vždy včas pripraviť). Emergono a questo riguardo alcune marcate differenze sia con il latino 16 che con l’italiano antico, dove era assai frequente, oltre alla posizione latineggiante del verbo finito spesso collocato in fondo alla frase, la possibilità di invertire l’ordine ausiliare + participio passato o la possibilità di staccare il verbo modale dall’infinito del verbo: l’Occidente miserabilmente s’era ampliata; se stati fossero atati, campati sarieno; fu da molte immondizie purgato; cominciò i suoi dolorosi effetti a dimostrarlo (Dardano, 1997: 455). Nell’ambito della prospettiva di analisi comparata da noi qui abbozzata emergono forti analogie fra l’italiano e lo slovacco (e altre lingue flessive come anche il ceco) per quanto riguarda il grado di dinamismo comunicativo della frase (DC), in base alla teoria elaborata dal linguista ceco J.Firbas. Sotto un profilo contrastivo affiorano di contro marcate differenze con lingue come l’inglese o il tedesco dove l’ordine delle parole appare rigidamente grammaticalizzato17. A differenza di quanto avviene nelle lingue analitiche, più o meno prive del sistema morfologico dei casi, l’ordine delle parole nello slovacco (o il ceco) „è grammaticalmente libero, mentre la funzione grammaticale riveste una funzione marginale e interagisce sporadicamente” (Mistrík, 1966: 66).

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Nel latino classico all’ordine basico SOV (Petrus Juliam amat) subentrava spesso un ordine OSV (Juliam Petrus amat) oppure ancora VOS (amat Juliam Petrus), con una grande varietà di sfumature stilistiche. In seguito all’erosione progressiva del sistema casuale il latino si avviò verso un ordi namento SVO, prevalente già nel latino volgare, e verso l’analitismo, tipico delle lingue romanze. A proposito della forte mobilità dei sintagmi nell’italiano moderno R.Simone osserva che: “nel latino, diversamente dall’italiano moderno, la mobilità dei costituenti non coinvolgeva tanto i sintagmi, quanto i componenti interni del sintagma” (Simone, 1998: 43). 17

La studiosa ceca Klímová osserva che l’italiano, in base al principio firbasiano di dinamismo comunicativo /DC/ dei costituenti della frase, “occupa una posizione intermedia fra il ceco e l’inglese, che rappresentano i due poli contrapposti [...] per il ceco si può constatare una forte e per l’italiano abbastanza forte tendenza alla cosiddetta distribuzione fondamentale di DC, per cui la regola di base è: piů vicino alla fine dell’enunciato, più alto il grado di DC del costituente. Nel caso dell’italiano e del ceco i due fattori della PFE (prospettiva funzionale enunciato) rappresentati dall’ordinamento lineare e dal contesto sono sufficienti per segnalare la prospettiva comunicativa dell’enunciato, nella versione inglese, invece, né l’ordinamento lineare né il contesto segnalano in modo univoco la prospettiva comunicativa dell’enunciato” (Klímová, 2007: 7-8). 66


2. POSIZIONE DEL SINTAGMA AGGETTIVALE E VERBALE Il principio fondamentale che regola l’ordinamento degli elementi della frase in due lingue flessive come il ceco o lo slovacco (J.Mistrík: 1966) è rappresentato dalla cosiddetta „articolazione attuale dell’enunciato“, collegata con la distribuzione delle due componenti costitutive della frase, costituite da tema e rema. Si apre a questo punto la questione assai controversa dell’ordinamento fondamentale (non marcato) degli elementi basici della frase attribuibile allo slovacco, che secondo alcuni linguisti slovacchi sarebbe quello comune alla maggior parte delle lingue europee, incluso l’italiano: soggetto + verbo + oggetto (SVO). Considerando l’estrema mobilità dei costituenti della frase nello slovacco scritto, quasi del tutto svincolati da preoccupazioni di ordine morfologico, e la netta prevalenza di costrutti, percepibili dal punto di vista dell’italiano come costrutti di focalizzazione, saremmo inclini a condividere nella sostanza la tesi dei linguisti slovacchi E.Pauliny e J.Mistrík che esprimono forti riserve sull’ordinamento prevalente SVO attribuito da alcuni allo slovacco18. Da un’ottica comparativo-contrastiva vorremmo attirare l’attenzione sul problema con cui deve misurarsi un traduttore di madrelingua slovacca, legata alla variabilità di collocazione dei costituenti della coppia determinato+determinante nell’italiano che rispecchia forti differenze a livello strutturale fra le due lingue. Va detto a questo riguardo che nell’italiano,e più in generale nelle lingue romanze19, prevale un ordinamento di tipo progressivo, associato all’ordine SVO, che fa sì che, tranne nel caso dell’articolo la testa del sintagma nominale, il cosiddetto determinatum, sia situata a sinistra del modificatore, il determinans. A tale ordinamento si contrappone nello slovacco e più in generale nelle lingue flessive un ordine di tipo regressivo (l’aggettivo a sinistra del nome), comune anche alle lingue analitiche di ceppo germanico. Nell’italiano moderno la variazione di posizione dell’aggettivo, in posizione prenominale o postnominale, implica a volte cambiamenti di significato piuttosto rilevanti in una categoria piuttosto numerosa di aggettivi con funzione attributiva. I problemi di interpretazione semantica appaiono anche legati, lungo il versante della traduzione all’importante funzione semantica spesso disambiguante svolta dall’articolo definito e indefinito davanti ad alcuni aggettivi qualificativi (buono, altro, grande, nuovo, vecchio, povero) come anche con altri aggettivi con funzione di quantificatori (diverso, altro, unico, semplice, qualsiasi, ecc.) i quali modificano, se situati davanti al nome, il proprio significato originario legato alla loro posizione canonica (postnominale): l’unica occasione / un’occasione unica; qualsiasi vino, / un vino qualsiasi; diversi amici / amici diversi; un semplice problema / un problema semplice; altri amici /gli altri amici. A questo riguardo, vale la pena so18

Si tratterebbe secondo Mistrík, nel caso dell’ordinamento basico SVO attribuibile da alcuni allo slovacco di una classificazione convenzionale, con scarsi fondamenti teorici, “basata su esempi estrapolati dal contesto, propagata dai manuali scolastici, sulla base del modello dell’inglese” (Mistrík, 1966: 54). 19

Si segnala all’attenzione la situazione piuttosto anomala del rumeno, che sembrerebbe avviato verso un ordine basico VSO secondo una tesi avvalorata fra gli altri anche da L. Renzi (1991:216). Nel caso del rumeno va inoltre segnalata all’attenzione la posizione anomala, postnominale, che presenta l’articolo definito (casele mele / “case-le–mie”). Tale fenomeno viene ricondotto dagli studiosi al fattore areale di balcanizzazione, legato alla presenza di un fascio di tratti tipologici comuni, come risulta nel caso di due lingue slave arealmente vicine al rumeno ma geneticamente diverse: il bulgaro e il macedone,con un sistema casuale alquanto ridotto, ma compensato dalla presenza del l’articolo definito, posposto al nome (deteto /bambino il). 67


prattutto di sottolineare come alle valenze polisemiche di cui sono provvisti nell’italiano questi aggettivi, si contrappongono le connotazioni monosemiche dei vocaboli corrispondenti nello slovacco, che escludono qualsiasi ambiguità di interpretazioni: l’unica occasione / un’occasione unica – jediná príležitosť / jedinečná príležitosť. Alquanto problematica si rivela infine la corretta traduzione in slovacco di alcuni avverbi modali (semplicemente, praticamente, stranamente, onestamente, francamente) che, se situati ad inizio frase, assumono la funzione di avverbi frasali, richiedendo da parte del traduttore slovacco riformulazioni differenziate, che risultino sufficientemente aderenti al testo originario: non ha detto niente sinceramente / nič nepovedal uprimne; sinceramente, non ha detto niente / úprimne povedané, nepovedal nič; non ha parlato saggiamente / saggiamente, non ha parlato (nerozprával múdro: múdre od neho, že nerozprával. Inquadrando le brevi considerazioni sull’ordine delle parole vigente nelle due lingue messe a confronto nella prospettiva di base della traduzione in italiano come lingua di arrivo occorre sottolineare subito la difficoltà di tracciare dei confini troppo rigidi e netti fra le due componenti informative di tema e rema. Per quanto riguarda lo slovacco, in assenza di indagini più aggiornate, occorre basarsi sulle riflessioni d’importanza fondamentale, anche se ahimé ormai alquanto datate, del linguista slovacco J.Mistrík (1966), il quale, rilevando i fenomeni assai frequenti di inversione delle due componenti informative ‘tema’ e ‘rema’ nei testi scritti, rileva „l’evidente funzione stilistica espressiva, legata all’anteposizione del rema, situato alla testa all’enunciato“ (Mistrík, 1966: 118-123). Sul fronte dell’italiano ci sembra assai interessante rilevare l’esigenza espressa da parte di numerosi linguisti, dal Berruto alla Sornicola (1985), di pervenire ad un’opportuna ridefinizione concettuale delle categorie tradizionali, piuttosto sfuggenti, di tema e rema, spostando l’attenzione sulla categoria pragmatica di focus d’interesse, che riguarda il rapporto fra l’enunciato e il parlante, messa a fuoco in una prospettiva empatica già da Keenan e Schieffelin (1976). Occorre quindi spostare l’attenzione dal versante stilistico originario al versante comunicativo20 e in particolare alla dinamica conversazionale, dal momento che come rileva D. Agozzino, „la progressione testuale si caratterizza costantemente in riferimento al parlante e questo fenomeno sembra avere dei corrispettivi linguistici ... anche nella sfera segmentale. Relativamente a questioni di ordinamento lineare, si riflette sull’utilizzazione di determinate strutture testuali, oltre ad avere naturalmente influenza sulla distribuzione dell’informazione”(Agozzino, 1985: 29). La necessità di una operazione di reinterpretazione delle categorie di tema e rema viene d’altra parte condivisa anche dai linguisti cechi A.Svoboda e da E.Klímová (2007), che tendono a ridimensionare lo spessore di rilevanza della categorie di ‘tema’ e ‘rema’, mettendo invece l’accento sul grado di dinamismo comunicativo, sottolineato già da Firbas. Dai linguisti cechi e slovacchi viene assegnato un particolare risalto alla funzione pragmatica svolta dal sintagma verbale, caratterizzato da una posizione piuttosto variabile, dove si concentrerebbe il massimo grado di dinamismo comunicativo. Il verbo, definito da Mistrík „elemento transitante“ (tranzitný) come 20

Per quanto riguarda ad esempio il caso della costruzione con ordine marcato della dislocazione a sinistra, il Sobrero, rifacendosi ad alcune considerazioni del Berruto (1985) afferma: “Appurato che la presenza di questa inversione nell’ordine sintattico normale compare oltre che nel parlato anche nei testi stilisticamente più vicini al parlato (ad esempio nel linguaggio giornalistico,ci si chiede in primo luogo quale ne sia la funzione pragmatica” (Sobrero, 1998: 426-427). 68


sottolinea J.Mistrík, „situato in posizione eccentrica –in apertura o in fondo alla frase – segnala un procedimento di topicalizzazione“ (Mistrík, 1966: 116-120). Sempre secondo Mistrík, riprendendo l’opinione di e.Pauliny, la posizione piuttosto frequente del verbo in fondo alla frase nei testi letterari più antichi sarebbe riconducibile all’influsso diretto del latino e alla formazione classica degli autori del testo. 3. COSTRUZIONI CON ORDINE MARCATO: LA DISLOCAZIONE A SINISTRA Spostandoci sul versante delle frequenti manipolazioni sintattiche, alla base delle costruzioni con ordine marcato assai diffuse nell’italiano contemporaneo, che riflettono una flessibilità maggiore rispetto ad altre lingue romanze, occorre anzitutto rilevare all’interno della dinamica di evoluzione innovativa, il filo di una sostanziale, ininterrotta continuità con la tradizione linguistica e letteraria dell’italiano21. Questo, nonostante gli effetti pesantemente provocati dalla rigida codificazione normativa estetizzante, basata sull’imitazione, attuata nel Cinquecento dall’umanista veneto P.Bembo. La crescente diffusione di costrutti di topicalizzazione nell’italiano contemporaneo (in particolare, la dislocazione a sinistra e la cosiddetta „frase scissa“), con flagranti deviazioni dall’ordine basico delle parole, viene giudicato non a caso da F.Sabatini (1990) come uno dei fenomeni morfosintatttici più peculiari della varietà dell’italiano dell’uso medio, anche se „ognuno di questi tratti ha alle spalle secoli di uso parlato e scritto anche pienamente letterario“ (Sabatini, 1987: 145). Come si è già avuto modo di accennare in precedenza, va rilevata la crescente tendenza di attuare nei processi comunicativi strategie pragmatiche dirette ad eleggere empaticamente secondo scelte soggettive come ‘focus’ comunicativo un costituente della frase che non deve coincidere con il tema (il Berruto parla di „sintassi egocentrica del parlato“ 1987: 76-77). Direttamente collegabile a tali tendenze è la costruzione con ordine marcato forse più diffusa sia nel registro scritto che in quello parlato dell’italiano moderno: quella cioè della dislocazione a sinistra, la cui funzione principale è quella di evidenziare, estraponendolo a sinistra, l’argomento noto22 dell’enunciazione (per lo più un complemento diretto o indiretto) collocato in posizione postverbale. Va segnalata a questo proposito, per inciso, l’importante funzione disambiguante svolta implicitamente sul piano sintattico dal clitico di ripresa, data l’assenza nell’italiano di marche morfologiche, utili a distinguere la funzione sintattica del soggetto da quella dell’oggetto diretto. Lo scopo principale della dislocazione a sinistra sarebbe quella di compensare la sfasatura originaria fra la funzione sintattica, la funzione pragmatica e la posizione sintattica che il costituente occupa nella frase. Va sottolineato a questo riguardo come il ricorso al clitico di ripresa non sia una caratteristica soltanto dell’italiano ma si riscontra in misura assai accentuata soprattutto nel francese, con la forte tendenza a dare un particolare risalto ai sintagmi pronominali, at21

L’attestazione letteraria più antica e prestigiosa viene ritenuta quella della Carta Capuana (960 circa) che presenta l’anteposizione dell’oggetto diretto (kelle terre) seguito dalla copia pronominale le in posizione preverbale : Sao ke kelle terre per kelle fini que ki contiene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti 22

Nel caso della dislocazione a sinistra va sottolineato che il costituente noto della frase “non deve sempre identificarsi necessariamente con l’elemento informativo noto, ma esso spesso può rappre sentare soltanto quello che si ritiene genericamente sia noto o presente nella mente dell’interlocutore” (Salvi, 1988: 131). 69


traverso un uso enfatizzante dei pronomi:ça ne me plaît pas, moi / questo non mi piace, me. La differenza più marcata che emerge subito, all’interno di un’ottica di analisi comparata, agganciata alla traduzione in italiano di un testo slovacco, è, rispetto allo slovacco e ad altre lingue flessive sintetiche (ad eccezione del bulgaro23 e del macedone) l’obbligo tassativo nell’italiano moderno, a differenza dell’italiano antico24, del ricorso alla ripresa anaforica del pronome personale clitico libero che deve seguire il costituente dislocato a sinistra con la funzione di complemento oggetto, rimarcando così un procedimento di deviazione dall’ordine basico dei costituenti : il libro, te l’ho già dato / knihu som ti už dal. L’obbligo della copia pronominale esiste anche nel caso che venga dislocato a sinistra un oggetto diretto quantificato, con l’uso, questa volta, facoltativo,della preposizione di. (di turisti quest’anno ne sono venuti solo pochi / turistov v tomto roku prišlo iba málo). Va rilevata a questo riguardo la diffusa tendenza nelle varietà regionali italiane (non limitate solo al centro-sud ma anche all’Italia settentrionale e alla Toscana), con vari livelli di gradazione fino a punte estreme di parlato - parlato la dislocazione a sinistra dei pronomi tonici di prima e seconda persona singolare, accompagnati dalla copia pronominale (doubling clitic) e preceduto dalla preposizione a: a te non ti vogliamo. Ancora da una prospettiva contrastiva con lo slovacco, segnalando la spiccata tendenza del traduttore di madrelingua slovacca ad omettere automaticamente la ripresa pronominale, vale la pena di segnalare che la tendenza all’uso ridondante della preposizione a si verifica nell’italiano parlato non soltanto per la messa in rilievo di un pronome personale tonico (deittico) con la funzione di oggetto diretto, ma anche in presenza di un qualsiasi sintagma nominale: a Carlo le sue parole non l’hanno convinto: Karla jeho slová vôbec nepresvedčili. Nel contesto della dislocazione a sinistra, un altro elemento chiaramente divergente dell’italiano rispetto allo slovacco è rappresentato dalla tendenza all’impiego, piuttosto diffuso nell’italiano popolare e regionale, del clitico di ripresa, in presenza di verbi psicologici (piacere, sembrare, convincere) che di per sé evocano una situazione conflittuale fra soggetto logico e grammaticale: A Crisitna la carne le piace molto /Kristíne mäso veľmi chutí. La tendenza all’impiego facoltativo del clitico di ripresa, che non trova alcun possibile riscontro nello slovacco, prevale pure in presenza di casi obliqui e comunque di un qualsiasi sintagma preposizionale: di Cristina non parla mai volentieri; a Paola ho prestato molti soldi; :con te non ci esco più; al centro non voglio più andarci da solo. Risultano pertanto divergere nettamente nello slovacco le varianti d‘uso della dislocazione a sinistra, soprattutto per quanto riguarda l’assenza della ripresa pronominale. Assai più limitate rispetto all’italiano risulta essere infine la possibilità di riprodurre nello 23

Va segnalato il caso anomalo del bulgaro, dove si registra il ricorso alla copia pronominale con l’articolo definito in posizione enclitica, che segue il complemento oggetto diretto estraposto a sinistra: pismoto go izpratich / lettera la l’ho spedita. Il Tomelleri dando un forte risalto a questo costrutto afferma che “la sua reale portata non può essere ridotta ad un semplice balcanismo” (Tomel leri, 2005. 197). 24

Osserva a questo riguardo la Benincà: “Una caratteristica che era tipica delle varietà medievali, e che ora è rimasta solo in alcuni membri della famiglia romanza, permetteva l’anteposizione di un complemento oggetto diretto senza doverlo „copiare“ con un pronome clitico e senza doverlo contrastare con l’intonazione nei contesti in cui oggi noi diciamo:il libro, te lo porterò domani. Nella lingua moderna, un oggetto anteposto senza copia pronominale è possibile solo se è contrastato sia semanticamente che intonativamente. La frase sarebbe quindi oggi possibile solo con questo valore: i LIBRO, ti porterò domani (non altre cose)” (Benincà, 1998: 255). 70


slovacco dislocazioni a sinistra di proposizioni subordinate implicite, in particolare quella con funzione di proposizione oggettiva implicita (esempio c. (venire, ormai sicuramente non viene / prísť, už určite nepríde; partire, ha detto che non sarebbe partito; di aiutarmi sempre, me l’aveva promesso;) Se trova puntuali equivalenti la forma esplicita della proposizione dipendente oggettiva: che possa ancora venire, non ci credo (žeby ešte prišiel, tomu neverím), non trova al contrario alcuna possibile corrispondenza nello slovacco la dislocazione a sinistra del participio passato, riformulabile nello slovacco con l’infinito del verbo: partito non è ancora partito/ odísť ešte neodišiel. 3.1. LA COSTRUZIONE PASSIVA Da un punto di vista comparato-contrastivo, ancorato alla prospettiva della traduzione, uno degli elementi maggiormente divergenti nella fenomenologia di costrutti con ordine marcato diffusi nell’italiano (utilizzabili nell’ambito della traduzione) è la costruzione passiva che svolge nell’italiano una funzione stilistica più elegante e ad un livello più elevato della dslocazione a sinistra, con un suo largo uso soprattutto nel registro scritto e nel linguaggio giornalistico. La costruzione passiva, che ha un impiego assai più circoscritto in altre lingue romanze come lo spagnolo e nel francese25, ha una frequenza piuttosto scarsa nello slovacco, dove prevale l’uso di un soggetto generico indefinito con la terza persona plurale del verbo: ieri in Italia è stato formato il nuovo governo / včera v Taliansku zostavili novú vládu. I limiti di quest’ultima costruzione privilegiata nello slovacco, in alternativa a quella passiva, appaiono evidenti in confronto con la notevole variabilità di collocazione del soggetto grammaticale che in italiano può occupare sia la posizione di mezzo, postverbale, propria del complemento oggetto (sono state approvate nuove misure di austerità dal governo), sia quella che precede il predicato verbale: nuove misura di austerità sono state approvate dal governo. Uno dei maggiori punti di forza della costruzione passiva è soprattutto quello legato alla posizione gerarchicamente preminente che viene ad occupare l’oggetto, nella sua nuova posizione di soggetto, svolgendo in tal modo una funzione di messa in rilievo simile a quella della dislocazione a sinistra ma ad un livello assai più elevato; ieri tuo fratello è stato visto uscire dal teatro. L’importante risorsa stilistica rappresentata dalla costruzione passiva va individuata nel fatto che il soggetto logico svolge nella costruzione passiva il ruolo subalterno di complemento di agente, rimanendo spesso occultato. Grazie alla sua funzione prevalentemente allusiva e reticente tale costruzione rappresenta un elemento di forza privilegiato nella particolare strategia comunicativa propria del linguaggio della stampa, come pure nel linguaggio criptico e allusivo dei politici. CONCLUSIONI Abbiamo attirato l’attenzione da un profilo comparato su alcune differenze rilevanti fra l’italiano e lo slovacco nella prospettiva della traduzione, tratteggiando in maniera necessariamente sommaria alcune possibilità di impiego di costrutti con ordine marcato, utili a riprodurre dei costrutti, legati all’ordine libero delle parole, presenti in grande misura nello slovacco. Per mancanza di spazio siamo costretti a tralasciare l’analisi di altre costruzioni con ordine marcato assai diffuse nell’italiano come la frase scissa (cleft construction), pseudoscissa (wh-clefts), l’anteposi25

Prevale nello spagnolo e nel francese il ricorso al soggetto indefinito, assai diffuso peraltro anche nell’italiano, se e on: si è rotto il bicchiere / se rumpió il vaso; on a rompu le verre 71


zione contrastiva e il cosiddetto tema sospeso, (una variante sintattica, inquadrabile nella grande categoria degli anacoluti o considerato variante di nominativus pendens o soggetto assoluto) alcune delle quali presenti pure nello slovacco. Tali costruzioni riflettono storicamente forti spinte trasgressive, presenti da sempre sia nel parlato che nello scritto, ma scoraggiate dall’ideologia conformante rigidamente normativa del Bembo, pur restando radicate nella tradizione linguistica e letteraria dell’italiano, da Dante a Verga (Nencioni: 1987). Spostandoci sul versante di una lingua flessiva sintetica come lo slovacco, che ha rappresentato il nostro costante termine di paragone nel contesto della traduzione, occorre subito rilevare l’accentuata attenzione ai processi comunicativi e, in particolare, all’articolazione informativa delle categorie di ‘tema’ e ‘rema’, manifestata a partire dai primi anni del Novecento da Mathesius, che avrebbe aperto la strada ad ulteriori approfondimenti da parte dei più significativi rappresentanti della corrente del funzionalismo, costituitasi intorno agli anni Trenta nel circolo di Praga. Rimanendo ancora lungo il versante più specifico della lingua slovacca, occorre rilevare un certo ristagno teorico e un’attenzione tutto sommato alquanto limitata dedicata in questi ultimi anni alla fenomenologia dell’ordine delle parole e alla dinamica conversazionale, se si esclude l’indagine approfondita, compiuta negli anni Sessanta dal linguista slovacco J.Mistrík. Spetta a lui il merito di avere ripercorso le tappe principali degli studi orientati sull’ordine dei costituenti della frase e sulla categorie informativa di tema e rema, soffermandosi nello stesso tempo sugli aspetti più controversi di natura terminologica. Gli va rivendicato in particolare il notevole merito di avere colto la portata innovativa delle riflessioni di J.Firbas, legate alla definizione di prospettiva funzionale dell’enunciato. Si collegano a quest’ultimo i nuovi spunti di riflessione, in tempi più recenti, del linguista praghese A. Svoboda, aprendo la strada ad ulteriori approfondimenti di carattere comparato (Klímová: 2007) soprattutto in rapporto all’inglese e all’italiano. Concludendo le nostre brevi riflessioni, dirette a sottolineare la notevole flessibilità di collocazione delle parole dell’italiano moderno (che contempera elementi flessivi ereditati direttamente dal latino con tratti specificamente analitici, comuni a molte altre lingue europee occidentali), vorremmo ribadire l’importanza preminente che riveste l’ordine delle parole nel contesto della traduzione nel quadro di due lingue tipologicamente così diverse, come l’italiano e lo slovacco. Non ci rimane che esprimere l’augurio finale che la nostra breve indagine, mirata a segnalare alcuni elementi strutturali di notevole diversità fra le due lingue, fornisca lo spunto per ulteriori approfondimenti lungo il versante assai sfaccettato e ancora poco esplorato per lo slovacco dell’ordine dei costituenti della frase e dei costrutti con ordine marcato nell’italiano contemporaneo. BIBLIOGRAFIA AGOZZINO, D. (1985), Analisi delle strutture informative nel parlato, in Franchi De Bellis-Savoia: 19-31. BENNICÀ, P. (1998), Sintassi, in Sobrero (a c.di), Introduzione all’italiano contemporaneo. Le strutture, Roma, Laterza: 247-290. BERRUTO, G. (1985), Dislocazioni a sinistra e grammatica dell’italiano parlato, in Franchi De Bellis-Savoia: 59-82. 72


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DUE LINGUE SOTTO L’OPPRESSIONE DEGLI ANGLICISMI: L’ITALIANO E LO SLOVACCO Roman Sehnal There are basically two kinds of English usage in Italian: the established use of words for which an Italian equivalent is unavailable, and the often unnecessary or snobbish use of English. If you’ve flicked through an Italian newspaper or magazine, you’ll have spotted a lot of English words improperly added in the Italian. The present article focuses on those English words that are unusual or may hardly fit the Italian morfophonetic system. Paradoxically, they are drawn into Italian by journalists and politicians – the two communities that should select more carefully what kind of English words may be best adapted to the Italian language. Si tratta della presenza sovrabbondante di anglicismi in italiano e in slovacco. Sembra che tra I principali responsabili dell’introduzione di anglicismi superflui siano politici e giornalisti. Loanwords, equivalence, national language, purism, linguistic policy.

INTRODUZIONE Si scrive e si discute molto, oggi, sull’enorme influsso degli anglicismi nelle lingue europee. Il fenomeno è diventato un problema di tutt’Europa (tranne la Gran Bretagna). Si tratta di un problema di prim’ordine che provoca angosce sull’avvenire e sul futuro destino delle lingue nazionali in Europa. Anche se, ufficialmente, ogni lingua della Comunità europea dovrebbe essere sullo stesso piano delle altre, nei fatti le cose stanno diversamente. Si parla, addirittura, del tramonto delle lingue nazionali e ciò non può non provocare la diffidenza e le preoccupazioni dei linguisti nonché della gente comune. Le ansie si trasformano in uno stato d’allerta. Per averne conferma basta rivolgersi all’ottavo volume dell’almanacco Sociolinguistica uscito a Tübingen nel 1994 (la data della sua pubblicazione testimonia che non è un problema solo di oggi), in cui si cerca di dare la risposta all’allora già attualissima questione: in Europa solo l’inglese? Le opinioni dei relatori, tutti autorevoli linguisti, sono riassumibili nella loro univoca risposta: non solo l ´inglese, ma soprattutto l‘inglese. LA POLEMICA CRITICA IN SLOVACCHIA L’inglese è onnipresente in tutte le lingue e la questione su come affrontare il crescente afflusso di prestiti dall’inglese è all’ordine del giorno anche nella polemica fra i linguisti slovacchi. Anche in Slovacchia, soprattutto dopo la caduta della cortina di ferro (1989), assistiamo a un afflusso massiccio di anglicismi, con la conseguente discussione tra i linguisti su quali provvedimenti adottare per proteggere la lingua nazionale. I puristi descrivono la situazione linguistica in relazione agli anglicismi in modo molto drammatico, facendo appello ai sentimenti patriottici del popolo. Parlano di perdita dell’identità, di umiliazione della lingua nazionale o addirittura di fine della sovranità linguistica. Sono espres74


sioni che hanno il sapore della xenofobia e che non bisogna accettare senza riserve. Si fanno frequenti polemiche sulle tendenze alla globalizzazione nell’ambito dell’Unione Europea che, penetrando anche in ambito linguistico, abbassano l’importanza e il ruolo della lingua madre nell’atto comunicativo pubblico. Nello stesso tempo esse portano con sé la perdita della purezza della lingua nazionale, del suo colorito e della sua unicità. Oggi, per molti fedeli protettori della purezza della lingua nazionale, la lingua slovacca non è abbastanza slovacca, né sufficientemente pura, né desiderabilmente melodiosa come prima. Nel nome della conservazione dello status quo si fanno appelli ai sentimenti patriotici e nazionali del popolo comune con lo scopo di “salvare” la lingua materna, ormai barbarizzata dall’influenza di forestierismi, soprattutto degli anglicismi. Nella Slovacchia di oggi siamo testimoni di numerosi manifesti e scritti programmatici che si lanciano a favore della salvezza della “minacciata” autenticità e sovranità della lingua. Mi riferisco ad uno di essi, stampato sotto il titolo “Appello alla tutela della lingua nazionale” il 22 marzo 2006 sulle pagine del Settimanale letterario, in cui alcuni puristi si rivolgono agli atenei slovacchi con l’intimazione a prendere una netta posizione e ad intraprendere i passi decisivi contro la “corrosione” della lingua nazionale, ormai in pericolo di destabilizzazione. Ovviamente, non esiste nessun intervento estraneo nei confronti della nostra lingua e siamo esclusivamente noi, parlanti nativi, che nell'atto della comunicazione determiniamo il carattere della stessa lingua. Non a caso esiste uno stretto legame ideologico tra la corrente purista dei linguisti e i partiti di stampo nazionalista. Grazie a questo legame qualche anno fa è stata approvata una legge per la protezione della lingua nazionale. Questa legge (elaborata dal Ministero della Cultura) mirava, per mezzo di un meccanismo di sanzioni, fino a 5000 euro, a far scomparire dai luoghi pubblici e dalle pubbliche amministrazioni i termini che non appartengono al lessico dello slovacco, eccetto quelli già assimilati nella lingua comune. La legge si è rivelata inefficace, anche per la dinamicità con la quale gli anglicismi si affermano nella comunicazione comune, integrandosi nella lingua standard. Prendiamo in considerazione che nel nuovo dizionario della lingua slovacca (2011) sono registrati degli anglicismi (ad esempio homebanking, casting, lifting, last minute) che solo qualche anno fa sarebbero stati considerati barbarismi, e quindi sanzionabili, secondo i dettami della legge sopracitata. Il polo opposto dei puristi, cioè la corrente liberale, prende le mosse dalla tradizione della scuola funzionalista praghese. Le sue tesi principali sono riassumibili nel criterio della funzionalità linguistica: tutto ciò che nella lingua funziona allo scopo comunicativo ha un suo posto innegabile nel sistema linguistico. Sotto questo punto di vista vanno giudicati anche gli anglicismi o altri forestierismi. La loro presenza nella lingua è soprattutto pragmatica: non esistono per danneggiarla, ma servono per cancellare le barriere comunicative, per arricchire la lingua con innovazioni lessicali, oppure hanno una funzione puramente espressiva. Un esempio di questa polemica fra puristi e liberisti è dimostrabile (sia in italiano che in slovacco) a proposito del prestito pub. I puristi potrebbero ritenere che il suo uso sia superfluo e snobistico, dal momento che nella lingua nazionale esistono ben 3 equivalenti come locale, osteria, bar. I liberisti potrebbero obiettare che in questo caso il lato semantico della parola è marginale. Quello che conta è il lato pragmatico: con la scritta pub un proprietario vuole far sapere al potenziale consumatore che nel locale si respira un’atmosfera speciale, estranea, diversa da un tipico locale italiano o slovacco. Se l’effetto comunicativo raggiunge lo scopo, cioè attira il cliente, la scelta dell’espressione è stata adeguata: la parola ha adempiuto alla sua funzione pragmatica. E 75


non è per nulla detto che la parola verrà integrata nel lessico codificato della lingua d’arrivo e che respingerà l’equivalente domestico dalla memoria dei parlanti. A questo punto bisogna dire che i prestiti sono un fenomeno da sempre esistente in tutte le lingue (compreso l’inglese la cui forza attuale sta anche nell’aver incorporato il 60% del lessico latino e nell’aver recuperato molte espressioni, parole o elementi morfologici di origine latina che altrimenti sarebbero andati persi: memorandum, quorum, ultimatum, prefissi come super-, mini-, maxi- ecc.). I prestiti non sono un danno, al contrario, arricchiscono. La questione è: quando sono dannosi, quando arricchiscono? Da quanto detto risulta che è naturale che si dia precedenza all’uso di un forestierismo che disponga del vantaggio della stringatezza dell’espressione, oppure che non abbia un equivalente nella lingua d’arrivo. Ne risulta che non è possibile pensare ad un atteggiamento uniforme nei confronti dei forestierismi. Cercare di opporsi all’uso internazionale dell’inglese per esempio nel sottocodice scientifico, sarebbe un anacronismo, un passo indietro. Ignorare le espressioni usate terminologicamente in modo corretto come software, hardware, scanner, server, briefing, workshop, leasing, clearing, summit, rating, management, broker, marketing, bestseller, image ecc. sarebbe ugualmente inspiegabile come togliere alla lingua italiana, da sempre considerata “lingua della musica musica per eccellenza”, il diritto di esportare la classica terminologia musicale. L’ANGLOMANIA DEI GIORNALISTI E POLITICI D’altra parte non possiamo non essere d’accordo con gli esponenti del filone purista per quanto riguarda un enorme proliferare di anglicismi usati non terminologicamente e fuori luogo, i quali penetrano soprattutto dal linguaggio dei giornali. Gli esempi sono abbondanti in tutte e due lingue: sia in slovacco che in italiano. Recentemente è stata pubblicata un’intervista con l’image maker del nostro premierdonna Iveta Radicova su cosa dovrebbe indossare durante il suo incontro con Barack Obama, che tipo di outfit dovrebbe indossare per non fare un faux pas. Il lettore viene a sapere che un ricevimento ufficiale richiede un dresscode-business attire come uno stile meno formale, però nel foro Open Government Partnerschip bisogna presentarsi in un outfit overtime fuori tempo. Già questo breve estratto da un quotidiano slovacco conferma che gli anglicismi sono numerosi nei giornali slovacchi; la situazione, però, non sembra ancora allarmante. E lo affermano varie ricerche sociolinguistiche. La maggior parte dei prestiti sono internazionalismi presenti anche in altre lingue e c’è una forte tendenza ad adattarli al sistema morfologico della lingua nazionale (ad esempio: summit – samit, manager – manažér, leader – líder, casting – kasting ecc.). Inoltre, queste ricerche sugli anglicismi nel linguaggio giornalistico hanno rivelato una buona dose di autoregolamentazione professionale dei nostri giornalisti. “L’uso degli anglicismi appare soprattutto sulle pagine di pubblicità. E non è la colpa dei giornalisti. Possiamo rimproverare ai giornalisti l’uso di anglicismi. Non sono però tanti e non si può parlare dell’afflusso di anglicismi nei nostri giornali1” – è la conclusione di una tale ricerca. Per quanto riguarda l’italiano, chissà quale sarebbe la conclusione di una ricerca simile, perché qui l’abuso di anglicismi sembra esagerato. Parlo della mia esperienza personale. Mi sembra strano che alcuni dei miei studenti durante le lezioni di traduzione debbano portare con loro anche dizionari inglesi per poter tradurre un testo italiano. E malvolentieri devo sopportare il fat76


to che l’italiano, lingua melodiosa e armoniosa, debba lottare contro l’irrazionale valanga di anglicimi del tutto estranei al sistema morfofonetico dell’italiano. Mi riferisco ad anglicismi usati in contesti in cui non sono assolutamente funzionali, in cui non hanno nessuna ragione di essere, se non quella di oscurare la comprensione del testo, oppure la cui collocazione e densità di frequenza è tale da risultare alquanto sgradevole. A proposito, G. L. Beccaria (2006, 2010) ironicamente afferma che “gli italiani finiscono coll’essere più inglesi degli inglesi”. Gli esempi sono tantissimi e per darne prova possiamo servirci di alcuni passi casualmente estratti da un settimanale (Intimità): [cambiare look a una vecchia camicia?] [Ecco qualche raccomandazione per fare un make-up: Smoky eyes nero e grigio sfumati per allungare la forma dell’occhio e labbra illuminate da un semplice gloss.] [Vittoria Puccini – chic nel nude look Versace.] [Non so fare marketing delle mie emozioni, dei miei pensieri] [Una ragazza esaltata da un trucco rock chic] [Le news più fresche] [All’ultimo gossip] [Stefy, Carolina e Charlene – tre ladies] [Anna torna single] [Star look di Giusy Ferrè] [Scoop, gossip e classifiche dei lettori] [Scosse di terremoto provocano black-out] [La nuova televisione ha lanciato una advertising promotion] [l’estate del topless] [polizze sanitarie, e check-up offerti dall’azienda] [diritto alla privacy] [new entry Charlene] [posa da pin-up] [uno dei maggiori opinion maker americani] [personal trainer di Eva Mendez] [diet coach Samantha Biale] [Orlando Bloom sul red carpet] [I tecnici compilano la check list prima di dare l’ok al decollo] Se diamo uno sguardo più dettagliato si evidenzia, in alcuni casi, una manipolazione abbastanza libera, o addirittura caotica, con forestierismi anche dal punto di vista grammaticale. È il caso della parola lady che rasenta lo snobismo. In un brano si legge: “Tre first lady trionfano: Charlene, Stefy e Carolina nell’evento monegasco“. In un’altro, invece: “Loro due restano le firstladies, con la new entry Charlene, un passo indietro, chic, in verde smeraldo“. A questo punto viene spontanea una domanda: quale spiegazione ha l’anglicismo lady usato nei confronti delle principesse monegasche (e quindi nei confronti della cultura e civiltà francese) se dal Quattrocento nel lessico delle lingue romanze esiste la parola dama? E perché una volta usato invariabilmente mentre l’altra con la desinenza plurale inglese -ies? Per mero snobismo, per ignoranza? In casi come questo i forestierismi, invece di arricchire, impoveriscono la lingua, defor77


mando le abitudini linguistiche degli utenti, i quali accettano spesso parole o sintagmi inglesi senza saperne il significato preciso. Uno dei vantaggi degli anglicismi dovrebbe essere la stimolazione degli utenti alla competenza bilingue. Ma come rivela una ricerca condotta da Claudio Giovanardi “gli utenti fanno un uso meccanico di molti anglicismi, il livello di conoscenza presso le giovani generazioni risulta modesto: solo un’esigua minoranza dichiara una conoscenza buona o ottima, mentre la stragrande maggioranza si inserisce nel livello medio o scarso”. Il che, paradossalmente, porta a ipotizzare che, nonostante il numero sempre crescente degli anglicismi nella lingua d’arrivo, la loro percezione da parte della maggioranza degli utenti sia superficiale, spesso inconsapevole e non tale da stimolare a imparare la lingua in modo approfondito e attivo. A quanto pare, un’altra comunità linguistica affetta da anglomania snobistica, e quindi responsabile dell’inquinamento lessicale sono i politici, che hanno introdotto nella loro retorica anglicismi o addirittura pseudo-anglicismi oscuri anche ai madrelingua. È allarmante che le istituzioni italiane (tra cui i rappresentanti ufficiali dello Stato), invece di contrastare la pressione degli anglicismi, o almeno dare buon esempio ai parlanti di massa, continuino ad assecondarla, creando il ministero del welfare, consacrando in comunicati ufficiali di Palazzo Chigi espressioni come gossip, favorendo definizioni non ufficiali come governance, bipartisan, exit pool, tax day, labour day, devolution, election day, authority, privacy, question time. „Stiamo esagerando. Siamo più inglesi degli inglesi. E l’esempio viene dall’alto, dalle istituzioni, dall’amministrazione pubblica“ – così sinteticamente valuta la situazione G.L. Beccaria (2006, p.161). Se prendiamo in considerazione le statistiche2 secondo le quali al lessico della politica appartiene quasi il 10% dei neologismi apparsi dal 1998 al 2005, lo scimmiottare delle convenzioni statunitensi da parte dei rappresentanti dello Stato risulta irresponsabile e dannoso. A sorpresa gli anglicismi non sono rari neanche nei testi redatti e pubblicati dalle Facoltà ad indirizzo filologico. In un opuscolo si legge: in nessun caso saranno ammessi absolute beginners; al Lab verrà accettato chi presenterà l'application form; il LAB prevede 5 momenti integrati, tra cui Momento motorio, moving empathically in happinnes. Infine anche il gergo dei convegni è una fonte ricca di anglismi: abstract per riassunto, handout per materiale allegato, call for papers per richiesta di interventi, transparence per lucido, slide per diapositiva (Gualdo, R. 2008, p.114). PECULIARITÀ ITALIANA L’antilingua della burocrazia in italiano ha una lunga tradizione e sopravvive, sotto forme diverse, fino ad oggi. In alcuni sottocodici questo linguaggio snobistico, oggi caratterizzato, appunto, dall’abuso di anglicismi, è talmente radicato che sarà molto difficile sradicarlo. Quindi la peculiarità della situazione linguistica in Italia sta nel fatto che proprio le istituzioni, le quali maggiormente influenzano il carattere della lingua, e quindi dovrebbero essere molto attente e selettive nella scelta dei prestiti, si rivelano come importatori “per eccellenza” degli anglicismi impropri e fastidiosi. E la loro passione per l’inglese culmina con i prestiti delle parole d’origine latina tramite il filtro della lingua inglese. Si tratta delle parole come location, evolution, convention, escalation che passano in italiano, la figlia primogenita del latino (!), attraverso l’inglese portando con sé una strana, all’orecchio italiano, pronuncia. A questo punto vorrei ricordare le parole di Gian Luigi Beccaria che alla domanda “Dove va la lingua?“ risponde “la lingua va dove la porta chi parla e chi scrive“ (2010, p. 101). 78


Infatti, la colpa non è delle parole se inondano il lessico italiano, ma semmai degli utenti affetti da anglomania. Analogicamente viene valutata la situazione in Slovacchia dal nostro linguista J. Dolnik (2007, p. 53), il quale afferma che „coloro che esercitano pressione (degli anglicismi, nda) sono i membri della società linguistia slovacca“. Purtroppo ora i fautori della lingua non sono più scrittori e poeti, ma la TV, i presentatori televisivi, i giornalisti, i politici, insomma le persone che „bucano lo schermo“. E a quanto pare, proprio loro sono importatori “per eccellenza” di anglicismi impropri e fastidiosi. CONCLUSIONI La presenza d’inglese nelle lingue minoritarie della Comunità europea può essere percepita come fastidiosa ma non si rivela minacciosa per l’identità delle lingue stesse. Le lingue moderne sono talmente solide che la loro apertura agli internazionalismi non dovrebbe recare danni per il loro sviluppo diacronico. L’italiano oggi è una tra le lingue più studiate nel mondo, una forte lingua di cultura che gode buona salute, parlata da una comunità di 60 milioni di persone. Anche in Slovacchia gode in questo momento di una singolare fortuna. Così anche lo slovacco è una lingua sviluppata, capace di difendersi dagli eccessi della globalizzazione linguistica. L’eventuale sovrabbondanza di anglicismi è soltanto temporanea e, pur essendo fastidiosa, non dovrebbe rappresentare un grave pericolo per lo sviluppo diacronico delle lingue. In ogni lingua esiste un filtro naturale che seleziona elementi utili o necessari da quelli che potrebbero causare danni, un meccanismo che alla fine respinge elementi non funzionali. Sotto questa prospettiva vanno giudicati anche gli anglicismi. Non tutti “vengono per nuocere”, anzi la maggior parte di essi svolge un ruolo positivo. Usati in modo giusto al posto giusto sono indicatori di alta cultura e di elevata istruzione del parlante. Se, invece, si usano a vanvera, senza alcuna motivazione, testimoniano un atteggiamento che rasenta lo snobismo. In questo caso essi indicano bassa cultura da parte di chi li usa. BIBLIOGRAFIA AMMON, U.: The Present Dominance of English in Europe, in «Sociolinguistica», 8, Tübingen, Max Niemeyer Verlag 1994, pp. 1-14. BECCARIA, G.L.: Per difesa e per amore. La lingua italiana oggi, Milano, Garzanti 2006. ID.: Il mare in un imbuto, Torino, Einaudi editore 2010. BOSÁK, J.: Internacionalizácia v súčasných slovanských jazykoch: za a proti, Bratislava, Veda 1999. BUZÁSSYOVÁ, K.: Vzťah internacionálnych a domácich slov v premenách času, Bratislava, Jazykovedný časopis 2010. GIOVANARDI, C; GUALDO, R.; COCO, A.: Inglese – Italiano 1 a 1, San Cesario di Lecce. Piero Manni s.r.l., 2008. DOLNÍK, J.: Súčasná spisovná slovenčina a jej problémy,Bratislava, Stimul 2007. Literárny týždenník 2006, n. 9-10, pp. 1-2. ORAVCOVÁ, A.: Anglicizmy v dennej tlači. Spisovná slovenčina a jazyková kultúra, Bratislava, Veda 1995 http://aidainformazioni.it/aidainformazioni.it/pub/giovanardi122008.pdf 79


THE PROGRESSIVE PERIPHRASIS IN SARDINIAN Raimondo Murgia The principal aim of this contribution is to provide a brief description of the use of the progressive in Sardinian. Since I am a personal informant of Sardinian I will provide evidence for such a wider use of the progressive. The upshot of the present contribution is that the progressive is particularly exploited to lay emphasis to a given sentence. After a brief review on the collocation of Sardinian in the romance languages and after an overview on aspect and aktionsart, I will present some data that will lead us to conclude that the progressive in Sardinian is more widespread than in Italian. L’intento principale di questo contributo è di dare una breve descrizione dell’uso del progressive nel dialetto sardo. Essendo di madrelingua sarda, posso testimoniare l’ampiezza dell’uso del progressivo nel mio dialetto. Sembra che l’uso del progressivo nel sardo miri a dare enfasi a certe frasi. Aspect – Syntax – Dialectology – Sardinian dialect – Progressive tense.

1. THE COLLOCATION OF SARDINIAN IN THE ROMANCE LANGUAGES Although this paper aims at analysing the progressive periphrasis in Sardinian from a semantic point of view, I wish to spend a few words on the difficulties of carrying out a deep analysis. First, there is no exhaustive literature on aspect and its categories because the subject is related both to semantics and to morphology. As a result, this subject has been referred to with different terminology and it is liable to various interpretations, as also Binnick (1991: 148) observes: The difficulty here is that neither the semantics nor the morphology and the syntax of aspect seem to transport well from one language to another. To discount formal similarities and base comparison purely on meaning requires some theory of the semantics of aspect, but up to the point where many of these criticisms were being made, there was no idea even of what relevant meaning categories were, given the diversity of concepts which had been assigned to the rubric of “aspect”. Secondly, it is very hard to collect data from Sardinian because it lacks written literature. Third, I am forced by the circumstances to focus on oral data, though this is a demanding task, as Sardinian is divided into four macro varieties26. By drawing a comparison with Italian, I will venture to provide some evidence in order to outline the domain of aspect in Sardinian and to analyse its progressive periphrasis. It must be soon underlined that it is quite complicated to draw a clear distinction between language and dialect, mostly in the case of Sardinian for it is intertwined both with East26

For a deeper description of the Sardinian regional varieties see Blasco Ferrer (1986). 80


ern Romance Languages (Italian and Romanian) and with Western Romance Languages (Portuguese, Spanish, French). Consequently, the linguistic area taken up by Sardinian is broad, shadowy and hard to define. Virdis (2003) sets forth nine morphological criteria to unravel the peculiarities of this language and give it a proper collocation among the Romance Languages. The linguist has drawn a grid that highlights the points of discrepancy between Sardinian and other Romance languages in order to frame Sardinian within the area of a proper language. His criteria are the following: 1. accusative ‘a’; 2. weak vs strong third person pronoun; 3. partitive use of article; 4. lack of adverbs ending in –mente (-ly); 5. pro-drop parameter; 6. periphrastic construction of future tense; 7. use of auxiliary verbs ‘be’ and ‘have’; 8. past participle agreement with subject and object; 9. lack of simple past. As already mentioned, these nine criteria are the starting points for a detailed analysis of the difficulties of Sardinian. According to the first parameter, Sardinian belongs to the eastern Romance group, being a language which emphasises the direct object by using the preposition ‘a’: (1a)

A Maria as bittu? ‘prep. Mary have (you) seen?’ Have you seen Mary?

The sentence above is grammatical also without the preposition ‘a’: (1b)

Maria as bittu? ‘Mary have (you) seen?’ Have you seen Mary?

However, the occurrence of (1b) is much less than (1a). The same preposition also occurs in languages such as Spanish and Portuguese. Notice that the preposition ‘a’ before the direct object occurs only if the object bears the features [+human; +first name/surname]. (2)

*A su cavanacciu as bittu? ‘prep. the billhook have (you) seen?’ Have you seen the billhook?

[–human]

(3)

*A una femmina as bittu?

[+human; –first name/surname] 81


‘prep. a woman have (you) seen?’ Have you seen a woman? (4)

Appu bittu a Murgia. ‘(I) have seen prep. Murgia’. I have seen Murgia.

[+human; +surname]

We find the occurrence of the accusative ‘a’ together with kinship terms too: (5)

Appu bittu a ziu tu. ‘(I) have seen prep. uncle your.’ I have seen your uncle.

Recall that the sentences above may also appear without the preposition ‘a’ although such an occurrence is very rare. The emphasis on objects which do not bear the semantic features described above is carried out by other syntactic means. For instance, we may notice that the object precedes the verb in unmarked interrogative sentences of Sardinian. If we want to emphasize the object of interrogative sentences, we have to place it after the verb. In Italian the unmarked interrogative sentence is expressed by the construction S-V-O, whereas the marked interrogative sentence can be rendered by different means: cleft sentences, left dislocations as well as different prosody: (6a)

Agina ses pappendu? Stai mangiando dell’uva? Are you eating some grape?

(unmarked in Sardinian: O-V-S) (unmarked in Italian: S-V-O)

(6b)

Ses pappendu AGINA? É UVA quella che stai mangiando? Is it GRAPE that you are eating?

(marked in Sardinian: S-V-O) (marked in Italian: cleft sentence)

Marked declarative sentences are rendered by cleft sentences in Italian 27 and by a left dislocation in Sardinian: (7a)

AGINA soi pappendu. É UVA che sto mangiando. It is GRAPE that I am eating.

(7b)

Soi pappendu agina. Sto mangiando dell’uva. I am eating some grape.

(marked in Sardinian: O-V-S) (marked in Italian: cleft sentence) (unmarked in Sardinian: S-V-O) (unmarked in Italian: S-V-O)

27

The Italian marked declarative sentences are given by various syntactic constructions as well as by different intonations patterns. For details see, among the others, Marazzini (1994). 82


The parameter number two deals with the status of the third person pronoun. In this case, Sardinian is jammed in the middle of the two groups, because it does not have either the strong third person pronoun, or the weak one. In fact, the third person pronoun is the neuter issu/a for the singular and issos/issas for the plural. Italian has both weak third person pronouns egli/ella, and strong ones lui/lei. The third criterion is concerned with the use of partitive. Sardinian can be couched again in the middle of the two Romance groups, the use of partitive not being present in the eastern group. However, this is also found in Spanish, which belongs to the western group: (8)

Binu boleis? ‘wine (you) want?’ Would you like some wine?

The fourth criterion highlights the absence of the adverb endings –mente, which is a typical trait of the western group. In this instance, Sardinian behaves like the eastern group, although this feature is found in some south Italian dialects too. (9)

Furiada buffendu lestru. ‘(He) was drinking quick(ly).’ He was drinking quickly.

(10)

Beveva velocemente (Italian) ‘(He) drank quickly.’ He was drinking quickly.

The fifth parameter is concerned with subject deletion. Sardinian is a pro-drop language like Italian and Spanish, thus the subject is understood by means of their richness in morphology. Parameter number six deals with the future tense. Sardinian stands with the eastern Romance Languages. Lacking morphological inflection for the future tense, an auxiliary verb is needed. This is the verb ‘have’ followed by ‘a’. The future is built up by the periphrastic have + a + infinitive. (11)

Ad a torrai crasi. ‘(He) has prep. come back tomorrow.’ He will be back tomorrow.

Notice that the auxiliary ‘have’, which is followed by the preposition ‘a’, does not bear any deontic modality. The seventh parameter is concerned with the use of the auxiliary verbs ‘be’ and ‘have’. According to Sardinian, ‘be’ is combined with intransitive verbs, like Italian. On the contrary, ‘have’ is used with such verbs in Spanish and English: (12)

Maria est lompia.

[Sardinian] 83


Maria è arrivata. Mary has come. Maria ha llegado.

[Italian] [English] [Spanish]

This parameter is not borne out if we consider the auxiliary which follows the reflexive clitic. In fact, in Sardinian both the auxiliary ‘be’ and ‘have’ are allowed, while in English and Italian they are not: (13)

S’est pappau tottu sa sindria. Si è mangiato tutta l’anguria. ‘himself (he) is eaten all the watermelon’. He has eaten up the watermelon himself.

(14)

S’at pappau tottu sa sindria. *Si ha mangiato tutta l’anguria. ‘himself (he) has eaten all the watermelon’. He has eaten up the watermelon himself.

Parameter number eight refers to the agreement between a past participle and the subject of intransitive verbs and a past participle with the object of transitive verbs. Languages show different behaviours according to this criterion. For instance, in Spanish and English the agreement between subject and past participle of intransitive verbs in number and gender does not exist, while in Italian and Sardinian the aforesaid agreement does exist, as shown by the following sentence: (15)

Maria est lompia. Maria è arrivata. Maria ha llegado. Mary has come.

There is gender and number agreement also between the past participle and the object of passive verbs, though the use of passive sentences is very rare: (16)

Duas mattas funti stettias segadasa. ‘two trees are been cut.’ Two trees have been cut down.

(17)

Unu pippiu est stettiu ammelessau. ‘a child is been threatened.’ A child has been threatened.

The last criterion is about the status of the present perfect. This tense has completely ousted the simple past, not only in Sardinian but also in the north variety of Italian, in Romanian 84


and modern spoken French. Sardinian stands out because of the absence of simple past. Compare the sentence below: (18)

Est contoniau a bidda. ‘(he) is come back to the town.’ He has come back to the town.

The tense in (18) is the present perfect, but if we had to translate the simple past from English or Italian into Sardinian, we would use either the present perfect or the past perfect: (19)

He came back to the town. Est contoniau a bidda. Fiat contoniau a bidda.

(simple past) (present perfect) (past perfect)

In the sentence above we notice that Sardinian language expresses the simple past by the present perfect or by the past perfect. This ambiguity can easily be overcome by the context and by the shared knowledge between the interlocutors. Two more traits typical of Sardinian and not considered by Virdis are the existential constructions ‘there is/are’. The auxiliary ‘have’ is required if the object introduced is indefinite. If the object is specific the auxiliary ‘be’ is needed: (20) Du at cardulinu in su sartu. [indefinite object] ‘there have mushrooms in the countryside.’ There are mushrooms in the countryside. (21)

*Du at cincu cardulinusu in sa mesa. [specific object] ‘there have five mushrooms on the table.’ There are five mushrooms on the table.

(22)

Due funti cincu cardulinusu in sa mesa. [specific object] ‘there are five mushrooms on the table.’ There are five mushrooms on the table.

In (20) we find another trait of Sardinian, which is the use of collective plural expressed by the singular noun representative of its category: ‘cardulinu’, literally ‘mushroom’ and not ‘mushrooms’ (‘cardulinusu’), as one would have translated talking about all types of mushrooms. The aforementioned reference grid is a useful tool that highlights the difficulty to frame and schedule the hazy boundaries of Sardinian. In summary, the following traits are typical of Sardinian: 1. the object precedes the verb in the interrogative sentences; 2. cleft sentences are rendered by a left dislocation; 3. the auxiliary ‘have’ in existential constructions; 85


4. the auxiliary of the reflexive sentences are both ‘be’ and ‘have’; 5. lack of simple past; 6. collective plurals expressed by the singular noun they refer to. To these, I wish to add one more parameter that spotlights the peculiarity of Sardinian as a proper language: different uses of the progressive periphrasis. In the next section I will provide a brief description of aspect and its categories. The third section will be dealing with the close analysis of the progressive periphrasis in Sardinian. 2. ASPECT AND AKTIONSART Aspect is one category of the verb, together with tense and mood. While tense and mood have their clear-cut morphological inflections in the Romance languages, aspect is not fully mirrored in the morphology of the verb. If we turn the attention to Italian and Sardinian, for instance, we will notice that both tense and mood have their overt suffixes that convey detailed information. Tense inflections clearly express whether the time is present, past or future and which mood is being used: indicative, subjunctive or imperative. Furthermore, tense is a deictic category because it indicates the temporal location of an event related to the speech time, whereas aspect denotes the temporal structure of an event without any reference to the speech time. There are, of course, many points of discrepancy among languages in their verb categories representation. Since the analysis of the differences from one language to another would be misleading here, I will confine myself to the categories of aspect. Hereafter, I restrict the analysis to Italian, Sardinian, and occasionally to English and German. The main point of this section is to underline that verb inflections in the aforesaid languages do not represent all the features of aspect. Through the verb morphology of Italian, Sardinian and English we can barely understand whether the aspect is perfective or imperfective, i.e. whether the event is completed or on-going at a specific point in time. The -ing ending in English shows the event from an inside view and so does the Italian -ndo ending and the Sardinian one -ndu. English verbs can also occur with a particle that indicates the result of the action: (1a) (1b)

He has eaten the cake. He has eaten up the cake.

As we can see, the second sentence is more specific about the result of the event. The particle up says that all the cake has been eaten and nothing is left. Such verbs are called “resultative verbs”. A striking example is provided by the difference between the German verbs schlagen and erschlagen. The former means hit and the latter kill (hit to death). The verbs above show one morphological device to express aspect. So far, scholars (among others, Bertinetto 1986; Bhat 1999; Binnick 1991; Comrie 1976; Smith 1991) have broken down aspect into many subcategories according to the analysis of the situations expressed in the clause. It is crucial here that the focus is not on grammar, but on the concept of ‘situation’. According to Huddlestone & Pullum (2005), situations are classified as follows:

86


Situations

States

Occurrences

Processes

Activities

Achievements

Accomplishments

Smith (1991: 177) points out that the situations are not directly expressed in the sentence: Since they constitute covert categories in language, situation types are not apparent at the surface structure of a sentence. They are not formally marked. The situation type of a sentence depends on the verb, its arguments and their internal structure, and other complements. Together they form a lexical unit which has syntactic ramifications in the grammar of a language. The syntactic properties and tests developed for situation types are due to this fact. Aspect also mirrors the speaker’s point of view in describing a given situation. The speaker may either emphasize the duration of a given action or its relevance in the present. For instance, it would be interesting to conduct a survey where persons afraid of flying are asked about the flight. If we find out that anxious subjects use the progressive more than non-anxious ones, the hypothesis that the choice of aspect is influenced by the speaker’s subjectivity will have further evidence. Two possible answers could be: (2a) (2b)

We have been flying from London to Venice. We have flown from London to Venice.

We must consider the semantics of the verb without neglecting the point of view taken by the speaker. In a few words, aspect can be seen as the interaction of the objective semantics of the verb and the subjectivity of the speaker. This explains why the literature on aspect is characterized by such a large array of concepts. Broadly speaking, we may either describe situations from the outside, thus not caring of the internal structure of it, or we may describe them from the inside, taking into consideration their internal structure and the way they develop in time. The former view belongs to the perfective aspect, the latter to the imperfective one. Binnick (1991: 154) observes that the opposition perfective/imperfective rests on the following properties:

87


1. 2. 3. 4. 5.

non progressive/progressive; semelfactive/iterative; punctuative/habitual; dynamic/static; transitory/permanent.

I will look more carefully at these properties below referring to them as Aktionsarten and see how they combine with perfective and imperfective aspect. What is important to underline here, is that the imperfective aspect is used whenever the action itself is relevant, while the perfective highlights the result of the action and refers to a total event. Notice that the aspectual features of verbs are found in their semantics. For instance, run, come and go, all involve movement and allow the speaker to look either at the end of the movement (in the case of perfective view), or at the movement in progress (imperfective view). Other verbs such as find, know, and promise, do not allow any choice: the aspect they convey is perfective and cannot be otherwise. Turning now to the various situation types, we see that states exist or obtain unless something happens to change that states, they have temporal duration, and do not involve change, and therefore, they do not have an internal temporal structure. Since they do not have temporal structure they do not develop in time, then we cannot view states from within. This is the reason why they are incompatible with the imperfective aspect. On the contrary, occurrences are events that happen, take place and develop in time from a starting point to an end. Given this, we can focus the beginning, the middle or the end of such event. Compare: (3a) (3b) (3c)

He begins reading the book. He is reading a book. He finished reading the book.

Achievements are punctual, telic and instantaneous events that happen at a particular time only once. They are over as soon as they begin. An example is given by the verb reach in I have reached the top. Once we have reached the top the action has come to an end at the same point where it has started then we cannot reach the top again, unless we start another climbing. There are other syntactic means to represent aspectual oppositions. In fact, inside the scope of the VP, even a DP can alter the aspect of the verb. Compare the following sentences taken from German: (4a) (4b)

Er las das Buch. Er las im Buch.

The aspect in (4a) is perfective and thus we are led to conclude that the reading is completed, while in (4b) we picture the subject when his reading is still on-going and the action has not yet been completed. Another syntactic means of conveying aspect is given by paraphrases, such as (5b): 88


(5a) (5b)

She is working. She is at work.

These sentences show that the difficulty of defining aspect rests on the fact that it belongs both to grammar and semantics. In (5a) imperfective aspect is rendered by morphology, while in (5b) this aspect is mirrored in the semantics. Processes are durative occurrences that imply duration. Since they have duration, we can distinguish the phases of that duration, namely the beginning, the middle and the end. The concept of duration must be borne in mind because of its paramount importance in the analysis of imperfective aspect. As I have mentioned, this deals with the internal structure of a situation and its development in time. Comrie (1976: 28) notes that one problem arises at this point: which are the criteria to measure duration? He puts it like this: The problem of just what constitutes a characteristic feature of an extended period of time, rather than an accidental situation, is conceptual, rather than linguistic, as can be illustrated using the example Sally used to throw stones at my window in the morning; clearly, if she threw stones two or three times only, the sentence is inappropriate, while it is appropriate if over a period of several years she threw stones at my window every morning; but between these two extremes, it is more difficult to determine precisely how often, and with what degree of regularity (for surely a few mornings could pass without the stones), Sally would have to throw stones to make this an appropriate

utterance. According to the author the problem is conceptual. As a result, the subjectivity of the speaker and his perception are relevant to the choice of aspect. Moreover, I wish to remind that people measure time according with their subjective criteria. Processes are divided into activities and accomplishments. The first type of situations are durative, i.e. they extend in time involving dynamicity but do not have a specified goal or terminal point, this is why they are called atelic. On the contrary, accomplishments are also durative situations but they are telic because they indicate that the action has one point in which the goal has been reached. This terminal point is well defined: (6a) (6b) (6c) (6d)

We are writing notes. We are writing a note. We read the book in an hour. We read the book for an hour.

In (6a) the terminal point of the writing does not appear, whereas (6b) entails that the writing finishes once that note will have been written. Different NPs and PPs involve a change of situation types, whence a change in aspect. Verbs like read and write are activity verbs that do not imply any necessary conclusion, but by adding a complement, they turn into accomplishment verbs.

89


Following Binnick, aspect is conceived of as grammatical and subjective whereas Aktionsarten are lexical and objective. The author argues that although the view of a situation depends on the subjectivity of the speaker, since s/he can take (when possible, i.e. when the situation has an internal division) both internal and external point of views, the kind of situation expressed by verbs lies inside the semantics of those verbs. Aktionsart is the way of describing how actions proceed in their phases. Bertinetto (1986) proposes the following classification: Aktionsarten

non-durative

durative telic

non-transformative (= punctual)

transformative

reversible

resultative

non-reversible

stative

permanent

non-resultative

non-stative

non-permanent

From this chart we can already outline three main features of the Aktionsarten, namely durativity, telicity and dynamicity. The division proposed by Bertinetto is an adaptation of the four-way classification of verbal predicated into states, activities, achievements and accomplishments, which had first been proposed by Vendler (1957). Although Bertinetto uses different terminology, his chart isolates the semantic traits that lie inside verbs. The first property is whether a verb is telic or atelic, the former referring to actions which have a specified goal or a clear-cut end point, and the latter referring to actions where no goal or endpoints are involved. Under the feature [Âątelic] are couched together states and activities on the one hand, and achievements and accomplishments on the other hand. The second trait by which we distinguish between events with duration and punctual events is [Âądurative]. Here, the extension over time plays a central role. According to the third property, i.e. [Âądynamic], we can see whether the event is dynamic or static. In case of dynamic events a change of state is involved and the result of that change is focussed, as in The fire has destroyed the building. Telicity, durativity and dynamicity can be broken down further, according to their internal structure. This can be done only if they have a time extension. We may take, for instance, the telic verb write and highlight the result of the writing process, its stages, and even how the writ-

90


ing develops: just think about the difference between the Italian scrivere/scribacchiare, i.e. write/scribble. We might notice that the pairs progressive/non-progressive, semelfactive/iterative, punctuative/habitual, dynamic/static and transitory/permanent, are all concerned with telicity, duration, and dynamicity. Accordingly, I venture to define the Aktionsarten as follows28: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

ingressive; progressive; egressive; iterative; habitual; semelfactive; stative.

The ingressive emphasizes the initial phase of an action. An example is given by the verb awake. The progressive indicates that the action is in progress, then the middle phase of it is described. It is traditionally indicated by the suffix –ing, although this is a marker of aspect, rather than progressive Aktionsart. As we have seen, progressiveness in English can also be rendered by paraphrases, such as He is at work. Egressive verbs stress the terminal point of an action, as illustrated by the verb fall asleep. The adjective “iterative� describes the repetition of an action divided into sub-actions that develop within a short time span. For instance, knock and cough convey the repetition of a series of coughs and knocks. This Aktionsart is often confused with the habitual one. The latter represents the repetition of a single action that occurs with frequency in a relatively long time span. The time is usually specified by expressions like for x time, when I was young, those days etc.. Notice that habitual events are neither expressed by progressive forms in English, nor in Italian, whereas in Sardinian they are: (7a) (7b) (7c) (7d) (7e) (7f)

My son works in a factory. My son is working in a factory. Mio figlio lavora in fabbrica. Mio figlio sta lavorando in fabbrica. Filgiu miu trabalgiada in fabbrica. Filgiu miu esti trabalgiendu in fabbrica.

[habitual] [temporary] [habitual] [temporary] [habitual] [habitual]

Semelfactive verbs are over as soon as they occur, but unlike achievements they are atelic. This is the case of verbs such as cough and lighten. Stative Aktionsarten have duration but do not have dynamicity: (8) (9)

28

John had loved Mary for 20 years. He reigned for 10 years.

This is an adaptation of the categorization proposed by Binnick (1991). 91


Recall that aspect and Aktionsarten must be kept separated. The former is concerned with the event and the latter with the verb proper. Again, Aktionsarten belong to the semantics of the verb. The central issue in the theory is whether aspectual traits apply at the level of V’s or at the level of VPs. Since we have seen that DPs, NPs and PPs provoke shifts in aspect, we can state that aspect operates at the VP level. However, it must be underlined that different Aktionsarten are intrinsic features of verbs and thus they cannot be influenced by the speaker’s subjectivity. Write, for instance, conveys a dynamic Aktionsart, whichever aspect we attach to it. Thus, the sentences He was writing a letter and He has written a letter, both convey the dynamic action of writing, i.e. the Aktionsart [+dynamic]. It is through the interaction with the verb and its complements that aspect is expressed. In conclusion, aspect and Aktionsarten are related one to another, witnessed by the fact that there is a clash between stative Aktionsart and imperfective aspect and between perfective aspect and progressive Aktionsart. We have also noticed that Aktionsart seems to be more limited than aspect. The speaker can choose to report a given verb by taking either internal or external view. This option is only available if the verb itself has internal phase structure, otherwise the only possible view will be from outside, hence confining the aspect to perfective (recall the example with the verb find). Only durative verbs have an internal phase structure i.e. they extend over time through three phases: beginning, middle and end. Therefore, we may focus either on their development in time or on their result in a given situation. Compare: (10a) (10b)

I have been washing my car. I have washed my car.

Although the act of washing is emphasized in the first sentence, there is no implication that the car has been washed. In fact, the speaker may go on saying but I have stopped for a coffee. On the contrary, in (10b) the result of the washing is evident. 3. THE PROGRESSIVE PERIPHRASIS IN SARDINIAN In the previous section I have described aspect and Aktionsarten, although I do not have analysed the interactions between them. Therefore, I remind again that aspect is concerned with the speaker’s view on the event, while Aktionsart has to do with the internal structure of verbs. Since I have not fully dealt with the interaction with tense, it has to be underlined that the perfective aspect cannot be used in the present, but only in the future and in the past. This is because time never stops, then you cannot describe the present event as a complete whole because you belong to the present. That means that the only possible view on the present is the internal one, whence the only possible aspect is the imperfective one. Whenever we find perfective aspect together with present tense in English, Italian and Sardinian, habituality is involved: (1a)

Luisu bividi a Casteddu. Luigi abita a Cagliari. Luis lives in Cagliari.

92


The progressive present in English and Italian indicates a momentaneous or temporary action, whereas in Sardinian such implication is not always true: (1b)

Luisu esti bivendu a Casteddu. Luigi sta abitando a Cagliari. Luis is living in Cagliari.

[±habitual; ±temporary] [+ temporary] [+ temporary]

As mentioned above, the occurrence of progressive present in Sardinian is not only limited to temporary actions, but it applies to temporary actions too. The speaker may emphasize29 a habitual action by the progressive present. This use is also found in Italian and English: (2)

Esti sempri PESENDUSINDI a tardu. He is always GETTING UP late.

Ambiguous interpretations are also given by the interaction of past tense and imperfective aspect. The past continuous in Sardinian is ambiguous because it translates the present perfect continuous, the simple past continuous and the past perfect continuous of English. This is due to the lack of simple past, though it is a matter of tense rather than aspect: (3)

Fiant alleghendu a tottu notti. They have been talking all night long. They were talking all night long. They had been talking all night long. Stavano parlando tutta la notte. *Stettero parlando tutta la notte.

In Italian the co-occurrence of progressive and past perfect is ungrammatical. The speaker uses the progressive in the future tense in order to emphasize the verb. This construction occurs mostly with negations: (4a)

NO app’essi CALENDU deu a s’erriu crasi. *Domani NON STARÒ SCENDENDO io al fiume. I will NOT BE GOING to the river tomorrow.

(4b)

Crasi calu a s’erriu. Domani vado al fiume. I go to the river tomorrow.

In Sardinian, English and Italian the unmarked future is expressed by the present tense plus the temporal adverb ‘tomorrow’. The progressive in Sardinian is also used to convey emphatic polarity, which could be provoked by irony and sarcasm: 29

Hereafter the use of capital letters indicates a prosodically stressed word. 93


(5)

As’essi BINCENDU tui a su lotto. *Starai VINCENDO tu al lotto. You will be WINNING on the pools.

The sentence can be paraphrased Surely it is not you that will win on the pools. The focus on the verb is given by the progressive and by the left dislocation. According to Huddlestone & Pullum (2005), static situation clash with imperfective aspect, as they do not have internal structure. This is also true in Sardinian, compare the following sentences30: (6a)

Sa yanna est niedda. The door is black.

(6b)

*Sa yanna esti essendu niedda. *The door is being black.

(7a)

Deu sciu abua esti Caracas. I know where Caracas is.

(7b)

*Deu soi sciendu abua esti Caracas. *I am knowing where Caracas is.

Notice that the auxiliary in the progressive is ‘be’, like English but unlike Italian, which expresses the progressive using the auxiliary ‘stay’. As for achievements, we see that Sardinian behaves differently than Italian and English: since achievements do not have internal structure, we would expect that the occurrence with the progressive (Aktionsart) be ungrammatical, however: (8a)

AGATTENDU da sesi? ‘finding her/it are you?’ *Are you FINDING her/it?

(8b)

D’agattasa? ‘it (you) find?’ Do you find it? PRUMMETTENDUMIDDU sesi? ‘promising me you are?’ *Are you PROMISING me that?

(9a)

(9b)

Mi du prumittisi? ‘me it (you) promise?’

30

Henceforth I will not gloss the sentences in Sardinian; rather, I will translate them unless glosses are needed for a better comprehension. 94


Do you promise me that? Leaving aside the syntax, we see that Sardinian allows stative and progressive Aktionsarten to occur together. It seems that the action itself is more relevant than the whole situation or the result of the action. Activities are dynamic situations that do not have a specified goal or a defined terminal point and have a time extension. Because of their dynamicity and duration, they are more likely to involve imperfective aspect than perfective. When the choice between two aspects is involved, we have found that Sardinian tends to use the imperfective aspect: (10a)

Eitta as fattu erriseu? Fui scriendu litterasa. What did you do yesterday? I was writing letters.

(10b)

Eitta fus fendu erriseu? Fui scriendu litterasa. What were you doing yesterday? I was writing letters.

We would normally expect the answer in (10a) to appear with the same aspect as the question, i.e. perfective but such an answer would be less likely. Accomplishments are activities with a specified goal, they are also durative and dynamic. The focus falls on the terminal phase of the situation, thus giving importance to the result of the action. The speaker may use both imperfective and perfective aspect, being accomplishment concerned with a change of state and thus with the stages that have led to the change. Since these verbs highlight the terminal phase and the result, perfective aspect fits quite well with such verbs. The same is true in Sardinian: (11a)

Appu marrau tottu sa bingia. I have hoed the whole wine-yard.

Like English and Italian, we can also use the progressive form to underline the action itself, provided that an appropriate context is given. For example, we might have been hoeing all day long and, as a result, our back hurts. In this case the imperfective aspect is exploited: (11b)

Fui marrendu tottu sa bingia e moi mi olidi sa schina. I have been hoeing the whole wine-yard, now my back aches.

It is worth noticing that we may use the progressive in both the main clause and in the subordinate one, according to whether we want to stress the action in progress, or the result of it. The progressive in subordinate clauses is used to create the background for the main clause both in Sardinian and Italian: (12)

Fui contoniendu candu appu agattau custa crai. Stavo rientrando quando ho trovato questa chiave. I was coming back home when I found this key. 95


As we see, the action of coming back introduces the main action of having found the key. This is also possible because of the unbounded nature of the imperfective aspect: the beginning of the action in the subordinate clause is not well defined, and the end point either. It is the middle point that is being stressed. This allows the speaker to lay the ground for the main action, i.e. having found the key. This is a typical device exploited in narrative texts to create suspense. Particular uses of the progressive Aktionsart I have mentioned that the progressive in Sardinian seems to occur more frequently than in Italian. I have also talked about the inconsistency between progressive and stative Aktionsarten. Verbs with the semantic feature [+stative] cannot bear the feature [+progressive] since it is contradictory. However: (13a)

NON SCIENDU mancu cummenti si lammada, bregungiu! *NON SAPENDO neanche come si chiama, vergognati! *You are NOT even KNOWING her name, shame on you!

With stative verbs such as know, we would expect the following: (13b)

Non scisi mancu commenti si lammada, bregungiu! Non sai nemmeno some si chiama, vergognati! You do not even know her name, shame on you!

Sentence (13a) reminds the interlocutors about something that had occurred before. This is the case of a cause and effect relation: (13a) describes the effect of an unspoken main sentence that explains the cause. Given the cause and its possible effects, we notice that (13a) describes an unexpected effect. In fact, the sentence conveys astonishment and estrangement. For example, a possible unspoken main sentence could be that in brackets: (You have been talking to her for three hours and still) you do not even know her name, shame on you!. As for (13b), it represents an ordinary declarative sentence. Then, I venture to say that (13a) is the subordinate clause of a main adversative clause. Again, the progressive occurs whenever the speaker wants to highlight the semantic inconsistency of the clause in comparison with the real world. Turning to the example above, it sounds weird that although you have been talking for three hours with a girl, you do not know her name. What the progressive conveys is the subordinate clause. The possible main clauses of the adversative construction seem to be dropped. The progressive is also used to express illocutionary force. Compare: (14a)

Sa puncia d’agattasa? Lo trovi il chiodo? Do you find the nail?

(14b)

Sa puncia da sesi AGATTENDU? *Lo stai TROVANDO il chiodo? 96


*Are you FINDING the nail? Whereas (14a) is a pure question, in (14b) there is a covert request to hurry up or to look more carefully for that nail. See also examples (8a) and (9a) above. As we have seen in (14a), the progressive form also expresses astonishment, bewilderment, anger and other feelings: (15)

Biendu ca sa strada fu strinta meda, PASSENDUDENCI a fua sterria! *Vedendo che la strada era strettissima, PASSANDOCI ad alta velocità! *Seeing that the road was very narrow, DRIVING through very fast!

(16)

Seusu andausu a mari a Mes’e idasa, FENDUSÌ su bagnu! *Siamo andati al mare a Dicembre, FACENDOCI il bagno! *We went to the sea in December, BATHING!

(17)

D’appu nau ca non podiada, BESSENDU su propriu! *Gli ho detto che non poteva, USCENDO lo stesso! *I have told him he could not go out, GOING OUT anyway!

Notice that the progressive form is missing both the subject and the auxiliary verb. The progressive construction in Sardinian and English is composed of the subject, the auxiliary be and the verb with –ing inflection. Since Italian and Sardinian are pro-drop languages, the subject can be understood. What about the auxiliary verb? We have seen that whereas in Italian the auxiliary cannot be dropped, this is possible in Sardinian: (18a)

Eitta ses fendu? Pappendu. Cosa stai facendo? *Mangiando. What are you doing? *Eating.

(18b)

Eitta fus fendu? Pappendu. Cosa stavi facendo? *Mangiando. What were you doing? *Eating.

(18c)

Eitta as’essi fendu? Pappendu. Cosa starai facendo? *Mangiando. What will you be doing? *Eating.

Sentences (18) witness that aspect is non-deictic, whereas tense is deictic because it locates the time of a situation relative to the time of speaking. One more typical Sardinian feature is the employment of the progressive form in combination with verbs of perception: (19a)

Appu bittu Maria fuendu. 97


Ho visto Maria correre. I saw Mary running. (19b)

Appu intendiu una picciocca fendu su stergiu. Ho sentito una ragazza lavare i piatti. I heard a girl doing the washing-up.

(19c)

Appu fragau sa pessa abbruggendu. *Ho sentito l’odore di carne bruciando. I smelt the meat burning.

All the examples above also show the drop of the pronoun related to the object and of the auxiliary verb. In fact, sentences (19) can be paraphrased in Italian either by a present participle or by a relative construction. For instance, if we paraphrase (19a) into Italian we have: (19aa) Ho visto Maria mentre stavo correndo. I saw Mary while I was running. Although (19a) is grammatical, the meaning is misunderstood in Italian because they take for granted that the subject of the main clause is the same as the subordinate clause. Notwithstanding it is not like this. Therefore, the correct translation into Italian is the following: (19ab) Ho visto Maria che correva/stava correndo. I saw Mary running/who was running. In Sardinian the subject of the main clause I saw is not the same of the subordinate one. Furthermore, another possible translation would be I saw that Mary was running. Here the complementizer that and the auxiliary be are dropped both in English and in Sardinian. The combination with perception verbs and progressive does not focus the terminal point of that verb. Sardinian and English underline the end point of a given verb by the following construction: verb of perception + plain form: (20a)

Appu bittu Maria passai sa strada. I saw Mary cross the street.

(20b)

Appu bittu Maria passendu sa strada. I saw Mary crossing the street.

The first sentence cannot be continued with but she never got to the other side.31 A perception verb with a verb in its plain form entails a completed action. The progressive also occurs in marked constructions consisting of a verb and an adjective that refers to personal skills: 31

Example taken from Giusti (2003). 98


(21a)

Esti bonu/malu/lestru NADENDU. *É bravo/scarso/veloce NUOTANDO. *He is good/bad/quick SWIMMING.

The occurrence above is only possible in cases of emphatic polarity. If there is no emphasis, like in declarative or interrogative sentences, the use of progressive is ungrammatical: (21b)

*Esti bonu/malu/lestru nadendu. *He is good/bad/quick swimming.

(21c)

*Bonu/malu/lestru esti nadendu? *Is he good/bad/quick swimming?

The unmarked construction is adjective + a + plain form of the verb: (21d)

Esti bonu/malu/ lestru a nadai. É bravo/scarso/veloce a nuotare. He is good/bad/quick at swimming.

In conclusion, the imperfective aspect in Sardinian occurs often than in Italian and English. Namely, what is different from Italian is the use of progressive Aktionsart in the following contexts: 1. with habitual Aktionsart; 2. with stative Aktionsart;

3. 4. 5. 6.

to express illocutionary force; to convey feelings such as astonishment, bewilderment and anger; in substitution of the present participle; with emphatic polarity.

I have showed that in the progressive periphrastic the drop of a whole possible subordinate sentence and the drop of the auxiliary in the construction are allowed. The main point to underline is that the progressive in Sardinian occurs in all marked constructions, i.e. whenever emphatic polarity is involved, be it positive or be it negative. Finally, I wish to remind once again that aspect is one category of the verb but its terminology sometimes overlaps with Aktionsart. In this paper, I have assumed that aspect is confined within the speaker’s subjectivity and Aktionsarten are intrinsic features of verbs.

REFERENCES

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I LINGUAGGI NELLA MUSICA DI FRANCO BATTIATO Andrea De Luca This report presents the analysis of some works of the Sicilian singer and songwriter Franco Battiato. As the richness and variety of his writings are evident, even the languages of music by Franco Battiato are lush and full of various ‘loans’. For example, there is a wide use of a vocabulary borrowed from the languages of science (orbits, amino acids, hallucinations) and science fiction. The second part of the article is about the use of accents and hyphenation. Battiato uses different techniques to adapt the lyrics to the rhythm, There can be still found foreign words, no punctuation, alliteration, and another peculiarity of Sicilian singer-songwriter is the metric expedient to change the position of grammatical accents in the pronunciation of the words sung, in order to let them coincide with the music. In writing the verses, Battiato fills them with proparoxytone? words, in singing, changes the pronunciation of paroxytone words, and uses rhyme and versethat do not have a fixed number of syllables. Questo lavoro presenta l’analisi di alcune opre del cantautore siciliano. La ricchezza e la varietà della sua opera è evidente, ma anche i linguaggi musicali sono pieni di significato. In lui, si riscontra l’uso di vocabolari scientifici e fantascientifici. Le prime opera di Battiato manifestano l’interesse, fin dai titoli, per i vocabolari della biologia, della fisica, della chimica. La seconda parte dell’articolo si occupa degli aspetti ritmici e metrici dei componimenti di Battiato. Italian pop music – Songs and metrics – Italian songs – Rhythm and language – Songs and poetry.

Una volta, alla domanda quali fossero i motivi che scatenavano in lui il desiderio di avventurarsi in generi e linguaggi sempre diversi, Battiato attribuì scherzosamente questa sua attitudine al fatto di essere un pensatore errante, nella doppia accezione del termine – cioè che viaggia, e che sbaglia. La battuta si riferiva ad un certo atteggiamento ostile nei suoi confronti da parte dei critici, che lo hanno spesso attaccato proprio per quanto riguarda i linguaggi dei suoi testi. Come la ricchezza e la varietà dei suoi testi ci fa presagire, anche i linguaggi della musica di Franco Battiato sono variegatissimi e rigogliosi di qualsiasi “prestito”. Ad esempio c’è un ampio ricorso ad un lessico mutuato dai linguaggi della scienza (orbite, aminoacidi, messalina, allucinazioni) e della fantascienza. Come non ricordare allora i brani del Battiato degli esordi, nei quali spesso il lessico richiamava, fin dai titoli, la biologia, la fisica, la chimica. Citiamo a caso: cellula, ereditarietà, nucleo, pressione, cilindro, portata, microrganismo, esotomia, fenilchetone, programmazione, valvola, condotto, ioni isofoto, radio, litio, atomico, gas magnetico, termini legati appunto ai linguaggi speciali della scienza negli album “Fetus” e “Pollution”. Nel brano Fenomenologia troviamo addirittura un verso come “x=a(sen.wt)x2=a(sen.wt + a)”. Nel brano del 1998 Shock in my town, notiamo che una frase come “rozzi cibernetici signori degli anelli”, tutta giocata su un cantato meccanico ed innaturale, su una costruzione sintattica “nominale” (poiché manca il verbo), sull’assenza di punteggiatura e su un’improvvisa interruzione del commento musicale (che isola la porzione di testo), finisca col dare l’idea di un flusso di suoni, più che atti-

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rare l’attenzione sui significati. Non a caso l’effetto musicale di questo verso è assicurato dall’insistenza vocale i (figura retorica che prende il nome di “allitterazione”). ACCENTI E SILLABAZIONE Spesso nei testi di Battiato si incontrano sequenze di questo genere, come nel famoso verso di “Centro di gravità permanente”: Una vecchia bretoné…….. ……Non sopporto i cori russi La musicà finto rock La new wave italiana Il free jazz punk inglese Neanche la nera africana Dove troviamo ancora forestierismi, assenza di punteggiatura, allitterazione ed il ricorrente espediente di spostare, nel cantato, l’accento di una parola. Questa è un’altra particolarità del cantautore siciliano, cioè l’espediente metrico di modificare la posizione degli accenti grammaticali delle parole nella pronuncia cantata, facendo in modo che vadano a coincidere con quelli musicali. . I testi di Battiato a cavallo tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta hanno un ritmo sillabico nascosto: lunga-breve-breve, lunga-breve-breve. Nello scrivere i versi, Battiato li riempie di parole sdrucciole; nel cantare, modifica la pronuncia delle piane allungando la terzultima sillaba e usando svariate volte sineresi e sinalefi. In secondo luogo, non c'è la rima e i versi non hanno una numerazione fissa di sillabe. Una visione del ritmo vicina a quella latina e greca metrica quantitativa. ”Centro di gravità permanente” già sopra citata si apre con una lunga sequenza di trisillabi con accento sulla prima: "Eranoi / giòrnidi / màggiotra / nòisischer / zàvaarac / cògliereor / tìche...". "Làmusi / càfinto / ròcklaniu / uèivita / liànailfri / gèzpunkin / glèse...". Inoltre Battiato sposta l’accento di una parola sdrucciola sull’ultima sillaba, trasformandola in tronca (appunto:”la musicà finto rock” oppure:”difendimì dalle forze contrarie”), oppure adotta il procedimento contrario trasformandola in piana (“della dinàstia dei Ming”). Lavora, in sostanza, sugli accenti a seconda dei bisogni metrici delle sue canzoni, invece di limitarsi a collocare delle “zeppe” nel verso o semplicemente allungare la “durata” delle sillabe. Nello stesso album La voce del padrone (1980) c'è “Gli uccelli”, rigogliosa di parole sdrucciole: "volano", "nuvole", "regole", "aprono", "scendono", "atterrano", "cambiano", "imprevedibili", "velocissime", "impercettibili", "codici", "migrano", "nascondono". Il testo di “Sentimiento nuevo” ha versi sdruccioli in posizioni strategiche: "i desideri mitici di prostitute libiche", "lo shivaismo tantrico di stile dionisiaco", e il ritornello trova la sua conclusione con la parola "incantesimo". Il medesimo album contiene anche un’altra hit di successo come “Bandiera bianca” che ha invece un ricorrente uso del "bisdrucciolo", avanza per sequenze di quadrisillabi con ictus di prima: "àbetoven / èsinatra / prèferisco / lìnsalata / àvivaldi / lùvapassa / chèmidapiu /càlorie" / "òsentito / dèglisparin / ùnaviadel / centro".

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La prima canzone e titolo de L'era del cinghiale bianco (l'album della svolta pop) inizia con un verso sdrucciolo, in seguito Battiato allunga la prima sillaba e s'inventa un dattilo iniziale: "pièniglial-berghi a Tunisi". Per tutta la strofa e per quella successiva, Battiato attacca sempre con un dattilo:"pèrleva","àvolteun","nòncifa","pròfumi","stùdenti" Versi sdruccioli in “Up Patriots to arms”: "L'impero della musica"; "Alla riscossa, stupidi!"; "mandiamoli in pensione i direttori artistici"; "e non è colpa mia se esistono carnefici", "e non è colpa mia se esistono spettacoli con fumi e raggi laser , "se le pedane sono piene di scemi che si muovono", "noi siamo delle lucciole che stanno nelle tenebre". I critici proprio per l’uso di questa tecnica hanno attaccato provocatoriamente Battiato accusandolo di usare un metodo ampiamente saccheggiato dagli “urlatori” e che con lui è sfociato nel kitsch. Gli spostamenti metrici nel cantautore sono in realtà un falso problema. Innanzi tutto questo è un procedimento già da secoli presente nella lingua musicale italiana: in ballate regionali, nell’Opera, in canzonette del primo ‘900, come ad esempio “La Spagnola” di Vincenzo Di Chiara (1908), dove troviamo la sequenza: “Stretti stretti/ nell’esteasì d’amor”. In tempi più vicini anche altri cantautori hanno fatto uso di tale procedimento. Il motivo di queste pratiche è semplice: avvicinare, nella canzone, la musica e il testo, senza frizioni. Tornando a Battiato possiamo affermare che il cantante siciliano dimostra un’evidente consapevolezza verso questo procedimento e lo utilizza (specie negli anni ’80) per arricchire ulteriormente il gioco linguistico dei suoi brani, cosi come i testi di citazioni apparentemente senza senso o provocatorie

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LE DIFFERENZE E LE SOMIGLIANZE SEMANTICHE DEI FRASEOLOGISMI NELLA LINGUA ITALIANA E SLOVACCA

Zuzana Valentovičová In the article we deal with phraseologisms, focusing on various aspects: semantic similarities and differences between the Italian and Slovak languages, the different uses of phraseologisms, especially zoophraseologisms, and finally we introduce a dictionary of zoo-phraseologisms with translation into Slovak. In questo articolo ci si occupa di paremiologia, in particolare delle somiglianze e delle differenze tra l’italiano e lo slovacco per quanto riguarda gli zoo-fraseologismi. Segue un piccolo vocabolario in italiano con traduzione in slovacco. Phraseology – Lexicology – Lexicography - Italian / Slovak – Italian historical dictionaries.

In ciascun contesto culturale nascono modi di dire che originariamente accorpano alcune parole per significare qualcosa che non è soltanto la somma dei significati delle singole parole che li compongono. Essi si arricchiscono di un significato aggiuntivo, di solito metaforico. “Trovarsi tra l´incudine e il martello“ non significa materialmente trovarsi in quella condizione fisica, ma trovarsi in una situazione pressante o comunque molto difficile. Nella nostra vita quotidiana ci succede molto di rado d‘imbatterci in un‘incudine, e anche il martello non fa parte dello strumentario normale di tutti. “Fraseologismi – o espressioni che aspirerebbero a diventarlo – nascono in gran quantità, ma non tutti hanno fortuna, nel senso che in molti casi non raggiungono una posizione stabile nella lingua e presto svaniscono. A volte succede che nascano e si estinguano quasi simultaneamente. I soli casi che creano problemi al traduttore sono le locuzioni lessicali stabili, ricorrenti, che per il loro proprio significato metaforico non fanno affidamento soltanto sulla logica del lettore al momento della lettura, ma anche, soprattutto, sul valore che tale metafora ha assunto nella storia della lingua in questione. Introduciamo alcuni esempi dei fraseologismi italiani e slovacchi, ci siamo concentrati sugli zoofraseologismi e abbiamo trovato tante somiglianze, ma anche delle differenze semantiche tra la lingua italiana e quella slovacca: 1. 2. 3.

4.

Ci sono molti fraseologismi italiani che si traducono parola per parola in slovacco. Per esempio: Cane che abbaia non morde. – Pes, ktorý šteká, nehryzie. C‘è identita´di significato però non lessicale. Per esempio: Fare di una mosca un elefante – In slovacco: Robiť z komára somára. In slovacco per una certa situazione si usano zoofraseologismi ma in italiano non si usano: Per esempio: Sentirsi nel proprio elemento. In slovacco: Cítiť sa ako ryba vo vode. In italiano si usano zoofraseologismi per descrivere una certa situazione ma in

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slovacco non si usano: Per esempio: L'asino apprezza la coda quando l‘ha perduta. – In slovacco: Len keď stratíš, poznáš, čo si mal. ⁃ in italiano si usa la frase semplice e in slovacco pure la frase semplice: Cane morto non morde. – Mŕtvy pes nehryzie. ⁃ in italiano si usa la frase semplice però in slovacco la frase composta: Indovinala grillo! – Hádaj, v čom to väzí! 5. Nella lingua slovacca esistono tanti fraseologismi con lo stesso significato, ma utilizzando parole diverse, per esempio: ⁃ gli slovacchi dicono "Darovanému koňovi na zuby nepozeraj“ (letteralmente tradotto vuol dire: A caval donato non guardare i denti), invece gli italiani usano il proverbio "A caval donato non si guarda in bocca“, oppure gli slovacchi dicono „Byť mokrý ako myš“ (letteralmente tradotto vuol dire: "Essere bagnato come un topo“, invece gli italiani usano il proverbio "Essere bagnato come un pulcino“. Per dire "Quando il gatto non c’è i topi ballano“, gli slovacchi dicono „Keď mačka nie je doma, myši majú hody“ (letteralmente tradotto: Quando la gatta non è a casa, i topi festeggiano). Ci sono tante cose interessanti di cui si può scrivere, le differenze, le somiglianze, i diversi usi dei fraseologismi, ma noi vogliamo illustrarvi come si traducono alcuni vostri fraseologismi in slovacco. Di nuovo ci siamo concentrati sugli zoofraseologismi, perciò introduciamo un dizionario di zoofraseologismi con la traduzione in slovacco. DIZIONARIO DEGLI ZOOFRASEOLOGISMI A: ACCIUGA – sardela Essere come un‘acciuga. – Byť chudý ako trieska. Far l‘acciuga in barile. – Nekompromitovať sa. Predstierať, že sa nič nedeje. Pigiati come acciughe. – Byť natlačení na tesnom mieste ako sardinky. ANGUILLA – úhor Chi piglia l‘anguilla per la coda, può dire di non tener nulla. – Kto chytí úhora za chvost, nemá nič. AQUILA – orol Aquila non piglia mosche. – Vznešený človek sa neponíži. Avere un occhio/una vista d‘aquila. – Mať orlí zrak. Avere il naso aquilino. – Mať orlí nos. D‘aquila non nasce colomba. – Nebude z vlka baránok. ASINO – somár Essere un asino. – Byť somárom, hlupákom. Chi asino nasce, asino muore. – Kto sa hlúpym narodil, hlúpym aj zostane. 106


Raglio d’asino non giunge al cielo. – Psí hlas do neba nejde. Chi lava la testa all‘asino, perde il ranno e il sapone. – Zbytočne mrhať svojím úsilím. Hádzať(sypať) hrach na stenu. È come l‘asino al suono della lira. – Nevedieť niečo oceniť. Far come quello che cercava l‘asino e c‘era sopra. – Hľaďať nejakú vec a pritom je nablízku, alebo na dosah ruky. Il miele non è fatto per gli asini. – Hádzať perly sviniam. L‘asino quando ha mangiato la biada, tira calci al corbello. – Hlúpy nevie oceniť pomoc druhých ľudí. Un asino gratta l‘altro. – Vrana k vrane sadá. Attacca l‘asino dove vuole il padrone e, se si rompe il collo, suo danno. – Ak hlupák od teba vyžaduje nemožné, urob to, aj tak škodí len sám sebe. Essere un asino bardato. – Zbohatlík. Človek, ktorý prišiel rýchlo k peniazom. Essere un asino calzato e vestito. – Korunovaný osol. L‘asino apprezza la coda, quando l‘ha perduta. – Len keď stratíš, poznáš, čo si mal. Asino di natura non legge la sua scrittura. – Svoje chyby nikto vidieť nechce. Cercare la lana dell’asino. – Hľadať niečo tam, kde to nie je. Fare la barba agli asini. – Urobiť niečo zbytočné. B: BALENA – veľryba Essere una balena. – Mať nadváhu. BELVA – šelma, dravec Essere una belva. – Byť ako zver. BESTIA – zviera, dobytok Le bestie simili si leccano volentieri. – Vrana k vrane sadá, rovný rovného si hľadá. Lavorare, sudare, faticare come una bestia. – Drieť ako ako kôň. È un lavoro da bestia. – Drieť ako mulica. La vita da bestia. – Tvrdý, psí život. Trattare come una bestia. – Jednať s niekým ako so zvieratami. Bestia rara. – Biela vrana. BUE – vôl Bue dice cornuto all‘asino. - Len hlupák očierňuje iných. C: CALABRONE – sršeň Essere un calabrone. – Byť dotieravý sršeň. Essere nero come un calabrone. – Byť agresívny. 107


CAMMELLO – ťava Bere come un cammello. – Smädný ako ťava. CANE – pes Cane affamato non teme bastone. – Hladný pes sa ani palice nebojí. Chi il suo cane vuole ammazzare, qualche scusa sa pigliare. – Kto chce psa biť, palicu si nájde. Chi va al letto coi cani, si alza con le pulci. – Kto ide do mlyna sa zamúči. Mangiare, dormire come un cane. – Jesť, spať ako pes. Non trovare un cane. – Nikoho nenájsť. Sentirsi come un cane bastonato. – Cítiť sa ako zbitý pes. Essere(morire) solo come un cane. – Zdochnúť ako pes. Il tempo da cani. – Psie počasie. Guardare in cagnesco. – Dívať sa výhražne. Cane grosso – Veľké zviera. Cane è l‘amico dell‘uomo. – Pes priateľ človeka. Cane morto non morde. – Mŕtvy pes nehryzie. A cattivo cane, corto legame. – Na bitého psa je každá palica krátka. Fare come il cane di Esopo. – Dostal sa (pomohol si) z dažďa pod odkvap (z blata do kaluže). Fare come il cane dell‘ortolano. – Človek závistlivý, sám sebe je krivý. Un cane è sempre un cane, e un pecorone non potrà trasformarsi in un leone. – Neurobíš zo psa slaninu, ani z vlka baraninu. Da Santa Lucia a Natale, il dì s’allunga quanto un passo di cane. – Od Lucie do Vianoc každá noc má svoju moc. Cane vecchio non abbaia invano. – Starí nehovoria nič nadarmo. Buttare ai cani. – Pohŕdať, odhodiť. "Ci passa in mezzo un cane in corsa“, ("Ci passa in mezzo un cane con una fascina“). – Hovorí sa v súvislosti, keď sú nápadne viditeľné krivé nohy. CAVALLINA – kobylka, koník Essere una cavallina. – Byť mladou ženou. CAVALLO – kôň Voglio piuttosto un asino che mi porti, che un cavallo che mi getti a terra. – Mať v niečom istotu. Cavallo senza sprone è come la nave senza timone. – Kôň bez ostrôh je ako loď bez kormidla. Montare sul cavallo di Orlando. – Mať bojové úmysly. A caval donato non si guarda mai in bocca. – Darovanému koňovi nepozeraj na zuby. L’occhio del padrone ingrassa il cavallo. – Svojou prácou pomáhaš druhým. E cade anche un cavallo che ha quattro gambe. – Aj kôň má štyri nohy a potkne sa. 108


Esser magro come il cavallo dell‘Apocalisse. – Chudý ako lata. Stare a cavallo del fosso. – Byť nerozhodný. Na pol ceste pri riešení problému. La superbia va a cavallo e torna a piedi. – Pýcha predchádza pád. Quando non vanno i cavalli vanno anche gli asini. – Keď nie je kôň aj mula je dobrá. Non essere né a piedi né a cavallo. – Ani z voza ani na voz. CICALA – cikáda Essere una cicala. – Byť veľkou klebetnicou. COLOMBA – holubica Tubare come due colombi. – Hrkútať ako dva holúbky. COLOMBO – holub Essere come due colombi. – Byť ako holúbkovia. A colombo pasciuto la ciliegia è amara. – Vypasenému holubovi čerešňa je horká. Essere un colombo di gesso. – Neprevziať iniciatívu v konverzácií, zostať nečinný. CORVO – havran Corvi con corvi non si cavan mai gli occhi. – Vrana vrane oči nevykole. Nutri il corvo e ti caverà gli occhi. – Chovať si hada na prsiach. Essere il corvo del malaugurio. – Človek prinášajúci nešťastie. Corvo, con corvo, simile con il suo simile. – Vrana k vrane sadá, rovný rovného si hľadá. D: DELFINO – delfín Fare come il delfino che mette i tonni nella rete e poi scappa. – Spôsobiť zlo a nechať za to zaplatiť iných. E: ELEFANTE – slon Dove ballano gli elefanti, le formiche alla larga. – V niektorých situáciách je lepšie držať sa stranou. Essere l‘elefante in una cristalleria. – Byť slonom v porceláne. Byť neohrabaný. Essere un elefante. – Byť nemehlo, nemotorný. Muoversi con la grazia di un elefante. – Pohybovať sa ako slon v porceláne. F: FALCO – sokol Avere una vista di falco. – Dobre vidieť, mať sokolí zrak.

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FÒRMICA – mravec Formica che scava il terreno, promette bel tempo sereno. – Keď mravce vyjdú na kopec, bude pekné počasie. G: GALETTO – kohútik Essere un galletto. – Robiť zo seba frajera. GALLINA – sliepka Gallina vecchia fa buon brodo. – V starých rozum býva. Anche la gallina cieca trova un granello sull‘aria. – Prísť k niečomu ako slepé kura k zrnu. Gallina che non razzola ha già razzolato.- Kto neje, už jedol. Avere le zampe di gallina. – Mať malé vrásky okolo očí. Fare le zampe di gallina. – Škriabať ako kocúr. Meglio uovo oggi che la gallina domani. – Lepší vrabec v hrsti ako holub na streche. Disgraziate quelle case dove gallina canta e gallo tace. – Nešťastný taký dom býva, kde kohút mlčí a sliepka spieva. GALLO – kohút Due galli in un pollaio litigano sempre. – Dva kohúty na dvore: kde tých dvoje prebýva, nikdy dobre nebýva. GAMBERO – rak I gamberi sono buoni nei mesi dell‘R. – Kôrovce je dobre jesť v mesiacoch, ktoré majú v názve písmeno R. Essere rosso come un gambero. – Byť červený ako rak. GATTA – mačka Essere in quattro gatti. – Byť v malom počte. Fare come la gatta frettolosa. – Robiť nejakú vec veľmi rýchlo. Al buio tutti i gatti sono bigi. – Netreba vždy vo všetkom robiť rozdiely. Il gatto vorrebbe mangiare pesci ma non pescare. – Získať niečo bez námahy. La gatta prima lecca e poi graffia. – Byť falošný ako mačka. Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.- Dovtedy sa chodí s krčahom po vodu, kým sa krčah nerozbije. La gatta frettolosa fece i gattini ciechi. – Dva razy meraj a raz strihaj. Di notte tutti i gatti sono neri. – V noci je každá mačka čierna. Nuotare come una gatta di piombo. – Nevedieť plávať, (nevedieť byť na hladine) Chiamar la gatta e non micia. – Hovoriť jasne, bez eufemizmov a okolkov. GATTO – kocúr 110


Essere del gatto. – Dostať sa do slepej uličky. Gatto scottato dall´acqua calda, ha paura della fredda. – Koho raz pes pohryzie, ten sa potom i muchy bojí. Quando il gatto non c’e‘ i topi ballano. – Keď mačka nie je doma, myši majú hody. Fare come il gatto col topo. – Hrať sa na mačku a myš. Essere come il gatto e la volpe. – Byť nerozlučným priateľom. Vederci al buio come i gatti. – Vidieť v tme ako mačky. Non dire gatto se non l’hai nel sacco. – Nekrič hop, kým nepreskočíš. GRANCHIO – krab Prendere un granchio. – Nechať sa uniesť zovňajškom. Avere il granchio alla scarsella. – Byť lakomý. Avere un granchio alle mani. – Byť veľmi lakomý. GRILLO – cvrček Andare a sentire a cantare i grilli. – Zomrieť. I: IENA – hyena Essere una iena. – Byť ako hyena. L: LEONE – lev Dove non arriva il leone, arriva la volpe. – Kde nepríde lev, príde líška. Essere un leone in gabbia. – Byť ako lev v klietke. LEPRE – zajac Quando si parla della lepre, è nascosta nella siepe vicina. – My o vlku a vlk za humnami. Suonando il tamburo, non è il modo di prendere la lepre. – Ísť s bubnom na zajace. Correre come una lepre. – Utekať ako zajac. Se corri dietro a due lepri, non ne prenderai nessuna. – Kto dvoch zajacov naháňa, ani jedného nechytí. Pigliare la lepre col carro. – Byť ako spomalený film. Vedere dove sta la lepre. - Prísť veci na koreň. LUCCIOLA – svätojánska muška Una rondine non fa primavera, e una lucciola non fa sera. – Jedna lastovička jar nerobí a jedna svetluška nerobí večer. LUMACA – slimák Camminare come una lumaca. – Kráčať slimačím tempom. 111


Avere più corna di un cesto di lumache. – Mať parohy. LUPA – vlčica Avere il mal della lupa. – Trpieť nenásytným hladom. LUPO – vlk Cadere in bocca al lupo. – Padnúť do rúk nepriateľa. Avere la fame da lupo. – Byť hladný ako vlk. Essere il lupo di mare. – Byť starým morským vlkom. Gridare al lupo. – Planý poplach. Il lupo perde il pelo ma non il vizio. – Vlk premení srsť, ale nie náturu. Fare più miglia di un lupo a digiuno. – Veľa a neustále cestovať. Dove il lupo diventa pastore le pecore smarriscono la strada. – Urobiť vlka pastierom. Chi va col lupo impara a urlare. – Kto chce s vlkmi žiť, musí s nimi viť. A carne di lupo zanna di cane. – Na hrubé vrece, hrubá záplata. Chi fugge il lupo incontra il lupo e la volpe. – Kto unikne vlku, stretne vlka a líšku. Gridare al lupo quando l’ovile è ormai vuoto. /Chiudere il pozzo dopo che è annegato il vitello, o Chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati/. – Neskoro je plakať nad rozliatym mliekom. M: MAIALE – prasa, sviňa Essere indietro come la coda del maiale. – Mať dlhé vedenie. Grasso come un maiale. – Tlstý ako sviňa. Mangiare come un maiale. – Jesť ako sviňa. MOSCA – mucha Non farebbe male a una mosca. – Ani muche by neublížil (u človeka). Non si sente volare una mosca. – Ticho, že by ani muchu nebolo počuť prelietieť. Essere una mosca. – Neznesiteľná, otravná osoba. Essere come la mosca sul carro nella favola di Fedro. – Človek, ktorý si veľa o sebe myslí a presviedča i druhých o dôležitosti svojej osoby. Essere come una mosca nel latte. – Trčí ako mucha v cmare. Quando mordono le mosche, le giornate sono fosche. – Keď komáre štípu, bude dážď. Levarsi le mosche di torno; scacciarsi le mosche dal naso. – Zbaviť sa vecí, alebo dotieravých osôb. MULO – mulica Essere (fare) come un mulo. – Byť tvrdohlavý ako mulica. (Testardo come un mulo). Chi nasce mulo non diventa mai cavallo. – Kto sa hlúpy narodí, hlúpy aj umrie.

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O: OCA – hus Cento oche ammazzano un lupo. – Veľa psov pre zajaca značí smrť. ORSO – medveď Ballare come un orso. – Nevedieť tancovať. Russare come un orso. – Chrápať akoby dosky pílil. Essere a pelle d’orso. – Byť veľmi unavený. Dormire come un orso. – Spať ako medveď. P: PAPPAGALLO – papagáj Sapere una cosa a pappagallo. – Napapagájovať sa niečo. Fare il pappagallo. – Naliehavo (neodbytne) niekomu dvoriť. Ripetere a pappagallo. – Ustavične opakovať niečo ako papagáj. Stare come un pappagallo impagliato. – Stáť ako soľný stĺp. PAPERA – kačica Prendere una papera. – Skomoliť slová. PASSERO – vrabec Passero vecchio non entra in gabbia. – Stará „líška“ sa dá ťažko chytiť. Meglio un passero in mano che un piccione sul tetto. – Lepší vrabec v hrsti ako holub na streche. PAVONE – páv Fare il pavone (pavoneggiarsi). – Byť namyslený. Chodiť namyslený ako páv. PECORA – ovca Dare le pecora in guardia al lupo. – Urobiť capa záhradníkom. La pecora che si sbranca, la fiera la mangia. – Keby koza neskákala, nohy by si nezlámala. Triste è quella pecora che non vuol portar la sua lana. – Kto sa nevie prispôsobiť, vedie zlý život. Chi pecora si fa, lupo lo mangia. – Kto sa ovcou robí, vlci ho zjedia. Non tutte le pecore sono per il lupo. – Nie všetky ovce sú pre vlka. PESCE – ryba Non c’e‘pesce senza lische. – Niet ruže bez tŕňa. I pesci grossi mangiano i piccoli. – Veľké ryby jedia malé. Chi dorme non piglia pesci. – Komu sa nelení tomu sa zelení. Dalla testa puzza il pesce. – Ryba smrdí od hlavy. 113


Vai al mare, se vuoi ben pescare. – Na získanie dobrých výsledkov je potrebné veľké množstvo námahy. Piccoli pesci sono anche pesci. – Malé ryby sú tiež ryby. Un pesce fuor dall‘acqua, una noce fuori dal guscio, uno specchio fuori dalla cornice, un cavallo fuori dal freno, un topo fuori dalla terra, una fanciulla fuori dalla casa, e un fiore fuori dal giardino non possono aspettarsi altro che guai. – Veci, ktoré nie sú na svojom mieste, spôsobujú len problémy a starosti. Portare pesci al mare, risulta un magro affare. – Drevo do lesa nevoz. Espressivo come un pesce. – Nijaký výraz, bez výrazu. Fare il pesce in barile. – Robiť sa, že tu nie som. PESCECANE – žralok Essere un pescecane- Finančný žralok. PICCIONE – holub Fare il tiro al piccione – Zbabelo udrieť niekoho kto sa nemôže brániť. PIDOCCHIO – voš Scorticare il pidocchio. – Byť lakomý a úbohý. PORCO – prasa, ošípaná, sviňa È meglio un porco che sporca la casa che nessun porco. – Lepší vrabec v hrsti, ako holub na streche. Il porco sogna ghiande. – Sviniam sa len o žaluďoch sníva. Sembrare il porco di Sant’Antonio. – Byť tučný a spokojný. L’avaro è come il porco, è buono dopo morto. – Lakomec je rovný svini, len po smrti osoh činí. PULCE – blcha Levare gli occhi alle pulci. – Detailista, puntičkár. Noioso come una pulce. – Nudný, otravný. PULCINO – kurča, kura Sembrare un pulcino nella stoppa. – Byť maximálne pohodlný. Q: QUAGLIA – prepelica Anche le quaglie vengono a noia. – Aj tie najlepšie jedlá nás raz omrzia. R: RAGNO – pavúk 114


Ragno porta guadagno – Pavúk prináša šťastie. RANA – žaba Andar per rane. – Odbočiť od témy pri rozhovore. Fare come la rana con il bue. – Žaba chce byť volom. Cantare come una rana. – Spievať falošne. RONDINE – lastovička Una rondine non fa primavera. – Jedna lastovička jar nerobí. A San Benedetto, la rondine sotto il tetto. – Na sv. Benedikta prichádza jar. Rondinella bassa in volo, prendi ombrello e ferraiuolo. – Keď lastovičky nízko lietajú, bude pršať. ROSPO – ropucha Essere un rospo. – Škaredý človek. - Byť škaredý ako ropucha. S: SANGUISUGA – pijavica Essere una sanguisuga. – Byť vykorisťovateľom. SARDINA – sardinka Essere o stare pigiati come sardine. – Mať málo miesta. Byť natlačený ako sardinky. SCARAFAGGIO – šváb Ogni scarafaggio è bello per la sua mamma. – Pre každú matku je jej dieťa najkrajšie. SCIMMIA – opica Avere la scimmia. – „Mať opicu“. (Opitý človek). (Prendere una scimmia). SERPE – had Allevarsi la serpe in seno. – Chovať hada na prsiach. Nutri la serpe in seno, ti renderà veleno. – Čertovi dobre, peklom sa ti odmení. Chi è stato morso dalle serpi, ha paura delle lucertole. – Človek uhryznutý hadom bojí sa aj jašterice. Essere una serpe. – Byť „had“ (ničomná, zradná osoba). SERPENTE – had Viscido come un serpente. – Úlisný ako had. STRUZZO – pštros Avere lo stomaco di uno struzzo. – Dobre tráviť. Zjesť aj klince.

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T: TARLO – červotoč Tarli della coscienza. – Výčitky svedomia. TARTARUGA – korytnačka Camminare come una tartaruga. – Kráčať veľmi pomaly. TIGRE – tiger Fare una tigre. – Byť priebojnou a drzou osobou. TOPO – myš Quando il gatto manca i topi ballano. – Keď mačka nie je doma, myši majú hody. Con la trappola dei topi mai si pigliano le cicogne. – Je treba používať správne prostriedky na dosiahnutie určitých výsledkov. Fare la fine del topo. – Zle skončiť. Chytiť sa do pasce. Nudo come un topo. – Chudobný ako kostolná myš. Non c’e‘ casa senza topi, non c’e‘ tela senza buchi. – Nie je dom bez myší, pavučina bez dier. Sembrare un topo uscito dall‘orcio. – Byť mokrý ako myš. Esserci posto da far ballare i topi. – Sa hovori na priestorné a prázdne miesto. TORDO – drozd Meglio fringuello in gabbia che tordo in frasca. – Lepší vrabec v hrsti než holub na streche. TORO – býk Sembrare un toro. – Byť mohutný (po fyzickej stránke). Prendere il toro per la corna. – Vedieť sa vymotať (vynájsť). Cavare il latte dal toro. – Snažiť sa získať nemožnú vec mrhajúc pritom čas a energiu. U: UCCELLO – vták Ad ogni uccello suo nido è bello. – Každý vták svoje hniezdo chváli. Essere uccel di gabbia. – Byť ako vták v klietke. Quale l’uccello, tale il nido. – Aký vtáčik, taká klietka. Uccello ammaliziato non cura la civetta. – Očarujúci vták nevylieči sovu. Rete nuova non piglia uccello vecchio – Starého „psa“ novým kúskom nenaučíš. Insegnare agli uccelli a volare, (insegnare a nuotare ai pesci, o insegnare ai gatti ad arrampicare). – „Kur(č)a učí starú sliepku“, „Múdrejšie vajce od sliepky a kura od kvočky“. V:

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VACCA – krava Finire in vacca. – Zle skončiť, zlyhať. VIPERA – zmija La vipera morde il ciarlatano. – Ako ty mne, tak aj ja tebe. Essere una vipera. – Byť zmijou (uštipačnou, zradnou a zlomyselnou osobou). VITELLO – teľa Andar vittello e tornar bue. – Odísť s veľkými očakávaniami a vrátiť sa sklamaní a pokorení. Piangere come un vitello, (un agnellino). – Zúfalo plakať. VOLPE – líška Essere una volpe. – Byť prefíkaný. Essere una vecchia volpe. – Stará líška sa ťažko dá chytiť. Il povero piglia la volpe e il ricco ci si fa pelliccia. – Bohatý je kedy chce, chudobný keď môže.

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JIŘÍ ŠPIČKA, PETRARCA: Ľ UOMO POLITICO32 Pavol Koprda Della conoscenza dettagliata del periodo, delle circostanze e dei particolari della vita del Petrarca Špička si serve nella formulazione delle domande volte tutte a chiarire le effettive motivazioni che guidavano i singoli passi del Petrarca, i suoi atteggiamenti e deliberazioni. Così, il letore si vede indotto a ricostruire il Petrarca effettivamente esistente, non una immagine mista di eventi esterni a lui che lo sorvolino e che se lo portino con sé. Ľautore si rivolge al suo letore ideale con insistenza, sforzandosi di ottenere che il letore sia partecipe delle sue ragioni. Petrarca emerge da tale trattamento con una statura psicologicamente realistica, resa meglio che non dalle biografie dei più rinomati studiosi. Tra questi Ugo Dotti si dice grato a Ernest Wilkins, riconoscendogli in tal modo la autorità di guida e maestro. La vita del Petrarca, come era uscita dalla penna di Wilkins, viene accettata con gradimento dal letore perché umanamente comprensibile. Comunque, le decisioni che Petrarca prendeva non sono spiegate da quella biografia, partendosi dalľanalisi della motivazione psicologica di Petrarca e finendo per delineare un quadro di come egli avesse sentito se stesso ed i propri interessi nei confronti del mondo che lo circondava. Per la qual cosa diversi passi del libro di Wilkins dal lettore vengono percepiti a livello di informazioni oggettivanti, che permettono un ulteriore approfondimento. A volte il libro di Wilkins dà come ľimpressione che Petrarca fosse stato un semplice spettatore della sua vita, nel corso della quale, vivendola, avesse delle volte scritto e fatto questo e quello. Špička ha capovolto la relazione tra gli atteggiamenti, desideri e speranze del Petrarca da una parte, ed il “teatro del mondo“ dalľaltra. Lui ad ogni evento della vita del Nostro rileva quello che suppone dovesse essere stato ľinteresse personale delľumanista e poeta. Sotto tale luce le verità umanistiche del Petrarca appaiono condizionate dalle circostanze, variabili, con una validità relativa. Togliendo via dalla immagine del Petrarca le idealizzazioni interpretative, Špička si apre la strada verso una ri-valutazione del Petrarca-autore dei concetti del primo umanesimo. Petrarca aveva fondato ľapproccio alle questioni sociali, quello che rimane fino ai nostri tempi, producendo conseguenze a livello teorico metodologico (i modelli del pensiero sociopolitico), a cominciare da Piccolomini, attraverso Pietro Bembo e fino a Riccardo Picchio. Non soltanto: se ne fanno appoggio le strategie politiche, varie a seconda dei tempi e di chi si avvale dei suoi insegnamenti. Per essere un po´ concreti, a mio avviso ľatteggiamento che Piccolomini – Pio II aveva preso nel 1462 nei riguardi degli ambasciatori del re Jiří z Poděbrad risentiva del petrarchismo politico33. Anche se il libro di Špička ha per argomento i comportamenti politici del Petrarca, utili a ricostruire ed esplicitare in conclusione i suoi ideali umanistici, che si rivelano per la maggior parte poco seguiti nella realtà. Leggendo gli avvertimenti di Špička e il suo 32

Traduzione abbreviata della recensione al libro di Jiří Špička: Petrarca: homo politicus. Politika v životě a díle Francesca Petrarky, Agro, Praha ISBN 978-80-257-0172-0, 332 pagine, pubblicata nel volume Pavol Koprda a kolektív: Medziliterárny proces VIII. Zákonitosti staršej literatúry. Nitra 2010, pp. 176 – 181. 33 G. Papparelli, Enea Silvio Piccolomini..., Longo Ed., Ravenna 1978. 118


suggerimento a non assolutizzare i concetti delľumanesimo del Petrarca, ma a preferire la ricostruzione realistica, ho avuto ľimpressione che Špička tenda un arco tra i tempi remoti e quei moderni, perché infatti la ingerenza degli intellettuali nella politica fino ad oggi risente di quella che Giambattista Vico aveva chiamato la boria degli intellettuali. Di tale boria, se è lecito usare questo concetto di Vico, proprio Petrarca nella storia europea moderna è tra i fondamenti. Špička, analizzando le singole prese di posizione politiche del Nostro, rileva tra le altre le tesi delľumanesimo petrarchesco, come segue: - ogni umanista – uomo politico, secondo Petrarca dovrebbe partire dalla tesi che ci vuole la pace, visto che ľuomo idealmente deve diventare auto-interrogante, bisognoso che gli sia messo a disposizione tutto lo spazio della vita, perché ad ogni istante deve riflettere sulla propria volontà insufficiente; - la malattia dello spirito, superata, ma non del tutto, viene presentata come spinta che muove ľintellettuale a manipolare le decisioni politiche, conforme alľagostiniano: sebbene tu non sia del tutto guarito (non sei cioè signore della tua volontà), vai tra la gente; - mentre nel mio periodo io, Petrarca, sono pressoché solo, fra non molto gli intellettuali elitari come me saranno tanti di più, fino a diventare una forza politicamente influente; - la élite intellettuale discute le questioni politiche per provvedere alla pace tra gli strati sociali, a favore delľ otium filosofico e del benessere; - in merito alla sua continua presenza nella discussione sociale, la élite intellettuale cambia diventando arbitro, cioè egemone della vita sociale o una „classe politica“; - tutta la classe elitaria godrà delľ autorità sociale nella misura in cui ogni intellettuale sarà preceduto dalla chiara fama di erudito; - non si diventa eruditi per scopo di lucro ma per amore della società. Perciò ľintellettuale è operoso fino al sacrificio; - una volta ottenuta una simile fama, cioè ľautorità pubblica, chi ne gode, può servirsene per fare pressione sul rappresentante del potere politico, presentando se stesso come modello della società futura, per la quale cosa il governatore che non rispetti ľautorità di tale intellettuale abbia a temere la condanna del futuro; - la società per necessità si svilupperà verso ľotium intellettuale, cioè verso la vita non specialistica, perché quel modello unico permette di dedicare il tempo presente alla riflessione su come cambiare il mondo del futuro; - il governante che oserà non rispettare il desiderio degli intellettuali di oggi, sarà condannato dal pubblico intellettuale del futuro, per la qual cosa sin da ora un tale governante si veda stigmatizzato dalla condanna del futuro ideale; - il fatto che i governanti hanno da temere che dagli intellettuali loro contemporanei siano dati in pasto al giudizio del futuro fa delľintellettuale un collega del governante, in un tipo di governo parallelo, o piuttosto potere delľautorità morale, la quale proprio perché tale esercita la sua pressione come forma di potere; - ľintellettuale al lavoro progettuale si vede spinto anche dal timore metodologico, cioè dal timore che servendosi del metodo scorretto il suo progetto sia vanificato: avendosi per scontato che per conoscere il metodo da applicarsi sul presente si deve 119


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imparare a conoscere le leggi che regolavano il passato delľumanità, egli deve applicarsi agli studia humanitatis; la vita di un intellettuale e la sua attività sociale hanno per senso e per scopo ottenere che la immagine del mondo da lui creata diventi realtà, che cioè i rapporti sociali da lui prefigurati restino costanti „per cinquecento anni“. Cioè anche i rapporti politici globali devono restare gerarchizzati durevolmente come annodati al presente; per godere delľautorità presso i governanti non basta alľintellettuale la erudizione, gli serve anche che sia preceduto dalla fama di uomo imparziale e libero; la fama di uomo imparziale e libero ľintellettuale deve costruirsela, come se coi propri atti scrivesse la autobiografia ideale. Alľumanista perciò non piace tanto vedere che stanno mettendo a nudo quali erano in realtà le sue motivazioni etiche, religiose, civili e politiche, né la loro portata e validità effettiva.

Le sopraddette e altre strategie e qualità politiche auspicate delľumanista sono mirate a ricostituire in qualsiasi modo un tipo di Impero romano antico, ravvivato, con nel centro Roma e ľItalia. Le modalità possono essere svariate: ľimpero con Praga come testa e cuore Roma, la res publica internazionale degli eruditi, oppure la res publica sovrastatale e universale cristiana. In tutti i tre casi la autorità degli intellettuali italiani sarà centrale perché a livello paneuropeo sarà istituito ľuso del latino classico, cosa dal Petrarca accennata nelle lettere scritte da lui a Jan ze Středy e Arnošt z Pardubic. Il latino medievale andrebbe dunque sostituito da quello classico, cosa dalla quale risulterebbe la cortesia nelľesecuzione del potere. Ognuna di queste e di altre categorie delľumanesimo politico è viziata dentro. Il libro mostra a passo a passo e con pazienza, trattando gli eventi della vita politica del Petrarca, che ľotium, cioè ľautoperfezionamento nella solitudine degli studi e senza la partecipazione nella prassi sociale, in Europa non era ben accetto. Vediamo che per Petrarca la pace doveva sussistere solo tra gli Stati italiani, mentre che anche Petrarca non rifuggisse dalľidea di etnocidio. Il libro porta delle riprove che il doge veneto Dandolo si trovava obbligato a stringere la pace con Genova, essendo sotto la pressione delľopinione pubblica italiana, anche senza che vi contribuisse il Petrarca. Era dunque superfluo e retorico ľimporsi del Petrarca come arbitro morale di Dandolo. Anche in altri casi Špička mostra che era superflua ľapplicazione del criterio di autorità morale. Pure ľimmagine di sé quale intellettuale imparziale e libero il Petrarca la ergeva soltanto ai fini delľambito intra-italiano, mentre traboccava spesso di odio nelle questioni esterne. Stilizzava se stesso come collega dei governanti e pari ad essi, ma non sopportava quando la politica procedeva bene anche senza di lui, atteggiamento che fa pensare che la parità da lui fosse pensata come ľoccasione di esercitare pressioni. I sovrani più di una volta avevano agito senza prestare rispetto alľautorevolezza del Petrarca, la quale così veniva meno. Non era coerente presentare se stesso come intellettuale non di parte e nel contempo, e con quale zelo, ricevere le prebende ecclesiastiche. Ľumanesimo doveva essere internazionale, ma da Petrarca veniva pensato come italo-centrico. Siffatta biografia del Petrarca, metodologicamente inappuntabile, corrispondente alla realtà e storicamente fondata, non finisce nel chiudere il ritratto del Petrarca nei fatti biografici, ma lo fa risultare anche dalla stessa tendenza petrarchesca ad autorappresentarsi e raccontarsi, 120


oltre che dalľimmagine ideale del Petrarca umanista fissata con ľandare del tempo dalla petrarcologia. Il confronto, operato da Špička, del Petrarca ideale con il Petrarca reale, non ha il potere di ottenere che non si continui a preferire al Petrarca reale quello ideale. I concetti petrarcheschi di un intellettuale elitario, qui presentati e altri ancora, seppure dimostrati come bisognosi di una necessaria revisione storica, furono tramandati da una generazione di umanisti alľaltra e nei rispettivi periodi funzionarono come fondamento di varie ideologie e di vari interessi. Sulle orme delle aspettative del Petrarca camminava nel Quattrocento Enea Silvio Piccolomini, da ambasciatore e dopo come Papa. La res publica christiana, la Polonia quale propagatore importante di essa ed il latino classico in quanto strumento da usarsi nel costituire tale cosa pubblica, tutto questo cento anni dopo Petrarca costituiva la continuazione ideale delle sue riflessioni sopra le forme di pietà e sopra il latino classico quale lingua di propagazione della res publica christiana. Visto che il modo petrarchesco di pensare le cose pubbliche trova delle analogie nel corso della storia, nonostante alquanto vacillanti siano i concetti base, naturalmente esso fa accrescere il bisogno di studiare Petrarca come realmente era, cioè un uomo che non di rado contraddiceva se stesso. Scoprendo le contraddizioni, appaiono i limiti dei teoremi e dei concetti che erano destinati a diventare base del primo umanesimo. Tale studio si presenta come storicamente necessitato. Il volume di Špička esprime proprio tale necessità storica e a mio avviso in questo consiste la sua funzione modellante per il futuro. Potremmo definire il libro una espressione sistematica e ponderata della posizione nazionale ceca, nella quale costantemente si rispecchia un altro spazio culturale, indipendente ed autonomo. Penso agli indizi che sono visibili nella presentazione di come nel corso della storia era utilizzato nelľambiente ceco il Liber sine nomine. Su questo sarà opportuno fare riferimento ai saggi della prof.ssa Nechutová e del prof. Pelán pubblicati a Nitra nel volume Petrarca nella Mitteleuropa – Petrarka v strednej Európe, atti del convegno, Nitra 21. – 22 10. 2004. Le biografie stimate tra le più importanti, quella di Wilkins e quella di Dotti, non considerano Petrarca sotto ľaspetto degli spazi culturali che per lui erano il barbaricum. Il libro di Špička perciò colma questa lacuna forse a nome anche degli altri ambienti del mondo, presenti nel pensiero del Petrarca, specie della Francia, del mondo musulmano oppure della Germania medievale. Fa riferimento tra ľaltro al romanzo di Amin Maalouf, Le crociate viste dagli Arabi (trad. It., Torino 1989) dove le crociate vengono considerate la ragione della decadenza fatale della civiltà musulmana ed araba, alľavanguardia fino a quei tempi. Non sono fine a se stessi i capitoli sul rapporto interessato del Petrarca riguardo alla società francese, musulmana ecc. Sembrano propensioni moderne delľatteggiamento imperiale del Petrarca certi slogan quali „la guerra come igiene del mondo“, a cominciare da Alfieri, fino ai futuristi e al cattolico Giovanni Papini. Similmente il „mare nostrum“, nonché, secondo Frank Wollman, il concetto di „Pax slavia romana“. Come succede alle idee generali, esse proliferano figli, in questo caso le retoriche che male nascondono i desideri di dominare altri popoli. In questo senso la Slovacchia ha bisogno ugualmente o più delľ ambiente ceco di questa presentazione analitica del Petrarca. Perciò considero questo il migliore esito delľadoperarsi scientifico di Špička nonché del suo atteggiamento umano. Una eccezionale occasione di riassumere la valutazione del Petrarca dal punto di vista ceco viene offerta dal tipo di atteggiamento che Petrarca ebbe riguardo a Carlo IV ed ai dignitari cechi. Qui il libro di Špička mi pare più convincente del capitolo „La biografia ideale delľ 121


umanista“ nel libro di Ugo Dotti Petrarca e la scoperta della coscienza moderna (Feltrinelli, Milano 1978, p. 27ss.) e più delľappendice allo stesso libro, intitolata L´umanesimo e la vita civile che si occupa del carteggio tra Petrarca e il cancelliere imperiale Jan ze Středy. Laddove Dotti cerca di interpretare il rapporto con Carlo IV e coi dignitari cechi come esempio di come Petrarca avesse fatto valere i propri principi umanistici, Špička riassume affermando che il viaggio in Italia di Carlo, fatto per farsi coronare, era commerciale. Carlo non si interessava delľItalia e perciò Petrarca non aveva la possibilità di intromettersi a favore delľItalia, di conseguenza le sue lettere e gli incontri con Carlo non erano che una opportunità di aumentare la propria reputazione pubblica. Špička è autore delľintroduzione alla traduzione ceca di Psík del De secreto conflictu curarum mearum (Richard Psík. OIKOMENEH, Praha 2004). Sa perciò apprezzare Petrarca umanista in quanto fondatore della cultura laica. Petrarca si era reso conto che la cultura si era laicizzata ed i chierici non ce la facevano a esprimere il cambiamento. Non perciò gli intellettuali laici dovevano essere miscredenti. Le questioni della fede nelľambiente laico Špička le tratta soltanto nel capitolo che parla della parzialità di Petrarca rispetto agli arabi, e poi nella Conclusione delľopera. Il libro è pregevole anche per la quantità di riferimenti bibliografici.

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IL CIELO È VIVO STEFANO MARIA CAPILUPI De fide Davvero meritiamo L’attenzione dei demoni O è solo materia la nostra? Quanta strada ha da fare Il tempo e quanto ancora dovrò Mangiare per essere Degno di morire? Quanto dura il sospiro Del parto silenzioso? E quanto sangue sentiremo Ancora fischiare Negli orecchi Desiderosi di pace? La fede è un pungolo nella carne fatto di domande? L'intellettuale di sinistra L'intellettuale di sinistra aveva una faccia triste: fra meste sezioni, case occupate muri sfregiati e periferie era costretto a vedere cose che il suo occhio d'esteta soffriva: aveva la sua manovalanza una funzione quasi espiatoria. Mescolava al suo senso di colpa, che coltivava spesso inconsapevole, quella che l'Anonimo Ateniese chiama ribalderia: consegnarsi alla causa del proletariato per l'insano complesso del medico di campagna, brillare come dotto e benefattore

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fra i diseredati, cavalcare il soggetto-tappezzeria nelle luminose stanze della sua utopia.

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18 Aprile Potrei parlarvi di Saverio presidente del seggio volante. Oggi ho scrutinato e farne poesia è adottare giocoforza un tono di prosa e certa metrica piana e dolente. I capelli rossicci a caschetto quarant'anni sguardo chiaro e giocoso. S'aggirava fra i malati tranquillo guidandomi piano, un sorriso che era un orpello un tenero uncino o un tratto di pastello; silenzioso l'altro (tre in tutto eravamo) gli occhi spalancati il viso scarno e minuto (i tratti di uno di quelli che hanno nel cuore una sola delle cinque stagioni: la Causa Comune). Il Sessantotto li univa ma Saverio è psicologo di mestiere e l'altro pare un suo assistito. Avendo sbagliato una procedura mi ha dato del poeta (come sapeva?). -La sofferenza insegnami ha detto con leggerezza vedendomi scosso davanti al letto vuoto d'uno che la sera prima gorgogliava dormendo nella flebo: se n'era andato non avendo votato. Saverio ha avuto voltandosi frettoloso nei commiati una smorfia d'amarezza... ...Vita è colpa tua se rantolano i malati 125


se l'amarezza d'uno già vissuto a cui capita di provare improbabile simpatia, anche se l'aprile me la fa sentire mia Vita è colpa tua questa cosa che non so dire. Arduo rispondere Arduo rispondere nobili e galanti al duello che il cielo rovinerebbe su di noi, agli affronti sonori delle ubriache nuvole affrante da carico piovano, mentre voluttuoso freme il dorso della natura e si trasforma in tumulto di chiome, lungo le pendici quasi a porre nuove radici all'origine di tanto equoreo gemito. Arduo dal luminoso balcone dove stiamo prigionieri in lucida vedetta riemergere ora che svetta la traccia densa d'uomo agricoltore per la pianura immensa coi suoi invisibili archi di quiete, fin dove spenta la sete, torna pascolando un sole tenue e il giorno scende quasi modulando un travaso di chiarore. Concerto Il luminoso sospiro del piano davanti le pietre antiche di parete un poco efferate dietro quel nero squillante d'ebano e d'acqua. Cade fuori nel buio nel bruciore di luci lontane e nel silenzio cavo rimane il soffio dell'ombra bionda sedutami accanto: al suonatore un grido:"Bravo!" 126


M'immergo nel meridione In treno verso Brindisi via Bari meta la Grecia. M'immergo nel meridione dopo un'intensa escursione a nord. In Norvegia vagavo in ricerca di me intorno m'apriva uno scenario l'anello che non tiene: Montale non sapeva che il nulla celato in intrigo d'arsura, fosse un'ampia brulla desolazione, gelido fiato delle nevi "lievi come viste in un arazzo" che lucidi e vaghi mantiene gli occhi e le parole palesando l'io nudo stremato fermo a un alterno eterno vagito. L'uomo nell'oro del grano nel ricamo grezzo dei campi è il capostazione immobile scrivano nella frescura precaria dell'ufficio, socchiude le palpebre il giovane milite e fuma una sigaretta sull'asfalto rovente: sorriso sornione gli si confà ; perchÊ s'adagia e assiste a una danza di eccessi, la vita febbrile e sparsa della natura suggerisce concilia citazione. Partecipiamo di un moto e ci appartiene solo in forma di sole sul viso. Paese Paese che ti guarda in faccia: chi sei? Tutti 127


con la gelatina in piazza: che vuoi? Che la mamma gambe lunghe scendeva al fiumesi spegne lontano barlume, voglio l'opaco perchĂŠ penso: qui colonia americana si dĂ le arie rombano le utilitarie, sotto il sole sigaretta in bocca che vuoi? Voglio la rocca il carcere antico... Desiderando semplicitĂ La terra gela e le fronde al vento, un accesparsi di creature in salvo. Vorrei una casa in legno duro e nell'alito del camino nel pertugio guardar mio padre che torna con l'archibugio a tracolla. Percezione notturna Stanotte un'ansia di varco proprio quando ritirati i remi odi solo il rollare della barca alla deriva lunare e i braccioli del tuo riposo marmorei pomi di fontana appena fuori dell'acqua. Insonnia Aspetto camomilla e si sciolga e si freddi, qui seduto immobile potrei udire i cani... 128


I piccoli cuori del gas esitano e le cose intorno, il reticolo delle cose del paese. Camomilla il pretesto. Infuria la linfa, la carne mi disegna altre cose. Immergi i piedi rapida nel marmo Immergi i piedi rapida nel marmo la gonna colma nelle curve si ferma alle ginocchia; oggi creatura d'interni fiera mansueta ti fermi e stai, leggendo lodi le mie parole e un sorso benevola concedi al mio arso amore. "Sai, il mio uomo" dici quasi un intercalare e il mio cuore derubi della gioia di costeggiare le tue spiagge tenera altera isola. Anche stasera ti saluto un bacio sulla guancia e giĂ tremila nodi dai tuoi pensieri mi barcameno fra i corsari della strada.

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Luminosa visione A volte sentiamo d'essere falene accorte e ragionevoli che ancora indugiano di fronte al fuoco. Dubitiamo se amare, temere, vorremmo restare nel tepore che il sole dà a una distanza giusta, inventando in fretta altri nomi: musica, genio, armonia... Scordiamo d'essere fortunati animali anfibi per i quali contatto è il trapasso, non urto: diventiamo sconosciute creature. Giullare di Dio Ai miei occhi non s'era ancora levata la luna pulita e feconda dei vangeli. Così mi lamentavo:"Non conosco i remoti chiarori i primari alfabeti. Solo osservo un animale quest'uomo che ringhia, m'incute timore e io rimango soggiogato dal suo nauseante nitore". Appena la linfa fluiva e la mente si faceva ardita in una mensa privata di sapienza, già traboccando mi curavo del travaso speravo in levità. Sembrasse anche genuina esuberanza. Mi parve trovare un pieno respiro nelle isole calme dell'umiltà.

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A volte ancora m'annoia il compagno muto e sogno soltanto di bere, bere alle fonti. Forse sono stanco di levigare l'anima e voglio dormire. Forse voglio ancora provarmi in questa preghiera che osa aggirare il divino. Ne sentissi anche solo l'eco chiara tenterei d'oscurarla temendo silenzio insuperabile o fatiche di intricati cunicoli del Verbo. Per mascherarLo Lui stesso ci fornisce i trucchi nel gioco piĂš generoso. Io ne godo lo scherno benevolo spero mi lasci in eterno giullare. L'opera del Vasaio Il Vaso della musica giĂ alto e decorato ruotava ancora metteva di nuovo in bilico la forma. Materia umida noi ingoiavamo saliva gli occhi spalancati orbitando senza criterio. Eravamo lunghi sospiri. La sera si compone La sera si compone 131


dei gesti lenti di animali rintanati (misuro l'ampiezza delle braccia o quanto lunghe le dita) e le acque calme del buio lambiscono i frutti di sforzi secolari. A dare uno sguardo sopra i tetti noto solo l'inquietudine d'una punta di cipresso. Altrove sono gli eremi gli orli degli abissi. Ma qui si parla d'altro.

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Oggi la nostalgia Oggi la nostalgia è indefinita come un promontorio in lontananza. Se le file di ombrelloni e la piantagione veloce di umori e di bambini che fa la gente qui fossero una scusa sufficiente... Ma l'orizzonte ha i suoi polmoni e manipoli di gioia e congiure innocue fanno i vivi. Guardando fuori A sera le finestre socchiuse liberano lunghe luci, gli ultimi raggi gocce d'acqua maldestre urtano vulnerabili gli angoli morenti della notte. Brulicano nel buio i riflessi divorati dai pipistrelli. Lamento di Giobbe La mia tela dei rimorsi oggi è imbratta, manca di Grazia. In treno sulle note di questa miopia, non vedo la nobiltà del bosco non penso al fato né trovo i segni della Provvidenza. Giornata storta da sputare in un flusso di coscienza - Dio lasciamolo stare, Dio divertito 133


nel grano. Le creature Il verso degli uccelli sembra irridere al nostro dolore. Eppure noi traiamo forza da meraviglie come questa e non siamo così duri con noi stessi se notiamo il nostro arrancare le nostre licenze dall'amore esposti al canto di queste creature. Le creature Il canto degli uccelli irride al nostro dolore. Eppure noi traiamo forza da meraviglie come questa e non siamo così duri con noi stessi se vediamo le nostre licenze dall’amore esposte al canto di queste creature. La fatica di amare Il tempo è una tavola continuamente da apparecchiare. La verità è lì nel piatto la condividi con i commensali. Ma già rimangono solo i resti e bisogna apparecchiare e preparare nuovamente. Amore mi stupisco, non riesco a cullarti come niente fosse come fossi tu il mio elemento naturale.

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Canto dell'uomo Fingono le stelle, la loro serenità cela il dolore del mutamento. Mi sento più affine alla terra offerta al passo dei giorni e paziente di essere Non è il cambiamento di governo Non è il cambiamento di governo che il nostro cuore va cercando. A combattere quel dittatore andrei in Cina direttamente. Io sono in cima al mondo e leggo i sublimi versi offrendoli all'udito delle stelle. Visione Credevo di avere imparato da mio padre a contemplare pacatamente il dolore. Quando persi lui volli fare lo stesso, ma d'un tratto tutte le persone mi parvero animali occhiuti ed orecchiuti con i denti bianchi-niente di più se non il fatto che al pascolo invece di tacere parlano. A riveder le stelle Giovane scienziato innamorato della melanconica magia dell'amarezza sappi quanto vale il viso 135


grinzoso d’un vecchio: i solchi della pelle possono dare notizia di salvezza. La speranza riconsegna luce alle pietre delle piazze davanti alle chiese, le case della città hanno bisogno di amore, cosÏ possenti e bagnate dalla sera. In nostalgia di mio padre Per un attimo, su questo suolo di erbe sane, nell'augurio nella tregua dell'estate, fosse qui sereno con le sue formidabili sigarette, non violerebbe il patto, vi assicuro, nessuno lo accuserebbe d'essere. Concedi all'anima queste domande Se fosse nelle fessure di luce nel marmo, nella storia che indovini nei suoi chiaroscuri, la pace? Se fosse già nella sera, vicina quanto il viola caldo delle nubi? Concedi all'anima queste domande e sia al dunque soltanto un volo. L'estate mi ritrovo tra i matti

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L'estate mi ritrovo tra i matti che l'asfalto secerne e il sole stimola salando. I matti che d'inverno sono chiusi nel fango. Eredità Ora, padre, sii alba, clima, erba luminosa e consiglio. Ad ogni morte il mondo è piÚ forte e giovane. Fino al giorno che un musico vedremo in ogni ramo. A Marta Amando te conosco i nomi degli alberi piÚ alti Venezia Rosso tappeto sfibrato, irto di aghi il brulicare dei tetti dal campanile; gonfi, lisci frutti di mare le cupole bianche nella luce fluente, ostili nelle croci di ferro. Insiste il sole, si adopra per stendervi sopra un velo uniforme; dorme in quel vero il pensiero, nelle scaglie dal sole sulle acque seminate che ponte Rialto sovrasta; si apre la vista al frullo 137


molteplice e lieve: dello scenario i piccioni rendono morbidi i bordi facendo di penne neve. Questo vino Il sangue di Lui sia l'acqua della notte che inonda gli occhi, il segreto del mio cammino apparente fra morte e morte, il sole che bussa e si introduce: sia questo tavolo di legno su cui poggio i gomiti ora, il vortice terreno della civiltĂ , la mia dignitĂ infinita. Indecisi Indecisi se bere al calice colmo di solari appetiti o rarefare il cuore modulandolo nei cori. Dubbio Devo citare qui gli angusti istinti quei penosi indugi o rimanere immerso fra i rami dei gesti puri, nelle intuizioni? La cronaca muta

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Dimentico la maturità della sera, d'un paese antico il respiro, la sua salute delicata. Dimentico questa cronaca muta. Premevo ai confini d'un cuore Premevo ai confini d'un cuore la schiena bruna svanì nell'autunno. A Ravenna mi rinchiusi fra svaghi d'amanuense e celeste liquore di panorama. Centinaia di monasteri. Richiamo Creature d'altra natura un tempo lontano. Ma un lento diluvio dal nostro cielo ci sradicò. Erigemmo le case che ansiose vedi la sera in cima a una cascata di nubi. Il cielo Un nugolo d'uccelli voluminosi era lassù v'assicuro. Ora ha l'aspetto di un pugno d'insetti, ma l' ho visto bene prima che fosse una scia lontana. 139


Pensate la vita a quella quota. Il cielo è vivo tuttora. La speranza La croce è un intreccio verde di rami e di foglie quando il sommesso fischio di Dio porta con sé la notte. Il dolore all'orizzonte incorona l'intera semisfera del cielo. Ma rami e foglie crescono ogni giorno con fermezza dolce. Ottobre Una farfalla sterminata sembra il sole sopra l'erba, si posa in ombra, tenue e vagabonda educa poi ceramiche di nubi. È autunno chiaro un umido fragore s'è spento, per l'amore basta camminare poco, sollevare un ramo... Se cominciassi a pregare I miei torti e le mie incompiutezze, quei confini invalicabili si fanno canto nella sera. 140


A volte penso basti cambiare (mutare) la posizione del letto aggiustare la serranda rotta, ma dimentico quanto alta ancora sia la fiamma del male. Non mi fermerei cominciando a pregare. Lamento di Qoelet Mi anima uno sguardo triste, io non cerco piÚ trofei di amore o ingegno e spedisco i sensi a questa calma melodia del mondo. Ma la infranga il frutto sano del dolore, cuore di ogni vicenda. Il manicomio (1) Due uccelli bianchi fanno una canzone solitaria nell'aria pesante: in disparte, su un prato che fiancheggia il nido dei matti. Io compio una corsa nelle sue vie e sento un grido di donna. Nei pini e’ l'enigma di pace. Il manicomio (2) Il nido dei matti ha viali alberati. Su un prato che lo fiancheggia due uccelli bianchi fanno una canzone solitaria nell'aria pesante: 141


in disparte. E un grido di donna senti nell'enigma di pace dei pini. Per rientrare in me stesso Signore illumina ancora i contorni precisi delle ombre serene che porta la sera, quelle mani di luce che vanno a toccare le corde del suono. Dove sono le ali della speranza? Rientrando in me stesso Il sole è un profeta: la quiete appena sonora del fiume nascosto, l'innocenza del cielo, paziente custode di case, sono presagio di pace. Soltanto t'inquina l'ombra dell'erba che parla d'un tempo perduto. Ma al tempo che scorre ti riporta lo sguardo esperto del cane: esige nuovi pensieri pronti a ciò che t'occorre il Signore. Nella misteriosa attesa La Croce è cosparsa di luce come il selciato dopo una pioggia autunnale. Somiglia a un innocuo espediente questa 142


giornata tranquilla. Ma è stato-sarà anche disastro, prima del Cielo. Dimenticando Quando avrai realmente udito il fraseggio e le figure poco resterà a narrarle, gli argini mangiati da molte viottole colme di auto, dagli applausi, dal fumo dei camini. Io volentieri m'adagerei nel sospiro luminoso del piano nelle sue risorse e fantasie e negli adagi come nella vicenda di sole e di luna e spedirei i sensi. Ritratto Ascoltando un gruppo latino che sia "voce calda" o "flauto andino" a lui non importa, ne beve l'essenza deglutisce al sole negli occhi specchiato è l'orizzonte. Una signora avanti con l'età distingue, definisce timidamente, dal suo sguardo esorbitano ormai le strisce purpuree. Lui sicuro che l'alto nuvolato, quella silenziosa sinfonia siano per lui.

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Abulia Toccare il fondo naufragando nella tivvù, in un vagare tondo reclama baci un io abbacinato. E i monaci del silenzio legati al fato e indifferenti tu d'ascoltare t'inventi? È il gatto e il mobile vecchio invecchia scricchiolando. Canto del poeta Il poeta trascende il patetico e il morboso: gusta l'essenza detesta del cibo il fondo: lascia sempre qualcosa nel piatto. Famiglia Mamma ti vede ti sente (lei dice che t'ascolta) quindi cede a un'immagine colta, sorridente t'abbandona affascinante icona d'impazienza. Nonna martella nell'udito trito aneddoto ritrito. Papà raggiunge il massimo quando recita citando "per lo calle" poi aggiunge faceto "altrui" insomma…due palle nella misura in cui. Fiordo

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S'ergeva la roccia, muschiosa di boschi e pudica fino alla vita, nel seno e nel volto indispettita e spoglia compagna del nembo. Su una soglia come esitante trovava dimora un villaggio di Troll, lĂŹ dove procace sito porgeva tenera la roccia sul mare. Ho visto le case varie di tinte, rade e inquadrate (sparso paese e minuto) da ogni pensiero, saluto e amore abitate, che nel clamore e in cuore alcuno non trova posto, non detto o non corrisposto. L'avrebbe amata troppo Troppo – diceva - l'avrebbe amata ed è vero: lo sa bene la misericordia del giorno che scende e cosparge d'invisibili piume ferite tutte le piante, le case. Rileggendo i suoi versi troverete una fiamma spaventata d'amore. L'azione del Figlio A volte odo l'eco dei secoli a venire e Lo so abitare i monti nel vuoto della notte e forte e innocente come luna custodire il tempo che ci dona: 145


e sono creatura. La marcia delle nuvole Noi non possiamo avere la medesima comunione del Figlio con il Padre: lo sento bene quando la stagione annunzia solamente se stessa. A mani giunte allora mentre scende la sera, mi rivolgo verso oriente, e il cielo è inquieto, la marcia delle nuvole è irridente, le rondini sembrano inveire: tutto dice l'avara povertà della mia vita (tranne la gioia di qualche guarigione) eppure m'incoraggia questa nostra imperfezione. Mistero di fede Creatura non farti soggiogare dal tormento: ciò che la tua natura ha sopportato, fosse anche il dolore più oscuro e immeritato, ogni minuto scorrendo lo muta e lo trasforma, perché Cristo ne prova compassione. Fino al giorno in cui capiremo perché siamo stati mondo. Ansia 146


Pesa vivere: la bestia lo sa bene quando torce il muso e guarda con occhi spenti l'aria, anche se ride c'è noia in quel suo restare: oh, amare presto! Ai confini dell'estate Spazzava sul piano di fronte una tenue famigliola di pianisti le briciole del pranzo, bianchi e sgombri al sole i davanzali; io qui nella mia stanza spalancata, mamma di là affacciata al mondo della sua telenovela (vi si narra l'utopia di fronti corrugate nel sospetto di taciuti asti o di un bacetto non a pieno ricambiato, tra ricche visite e pasti). Mio fratello da mezz'ora al bagno mamma quasi carponi abbandona i suoi eroi, bussa e sbircia in serratura.- "Ma' ?" le rimprovero e domando. -"Roberto è qui rinchiuso da due ore..." mi risponde - "Ma non è una ragione sufficiente..." le ricordo, oltremodo con l'altro solidale. Se ne andò ammutolita ma invulnerabile come un capo di governo in piena guerra fredda. Conversazione

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In tenera età le verità dei padri ti farebbero far crociate: - Ricorda: il cuore è un organo, una pompa, solamente per filosofi e scrittori è sede del sentimento e dell' amore - . Al televisore un giorno intervistavano un noto chirurgo sudafricano, il primo che aveva trapiantato un cuore: - Nulla di eccezionale diceva sorridente - È solo un organo, una pompa, in fondo sapete bene che i pensieri e i desideri sono entrambi prodotti della mente Volsi il viso radioso al padre come fossimo giacobini dopo la presa vittoriosa. Di recente è caduto nuovamente nell'inutile distinguo, nel pieno d'un importante ragionare sul rapporto con mia madre. L'anno dopo è morto. Ho un amore di guanti raccolti Ho un amore di guanti raccolti che offro in un sole alto di maggio, fra la punta della biro e il mio quaderno; i crucci d'acqua e le alghe dei suoi occhi mi vanno soggiogando come eco di caverna marina: sono i monaci del silenzio ma il suo querulo cuore vive un sonno agitato, mentre dubita del canto. Senti quelli della vita 148


Senti quelli della vita fanno strane voci io non li capisco ho una mia musica cupa. Ingaggio una lotta col demonio ieri l' ho visto allo specchio gli ho chiesto donde veniva è capace anche di dire Dio. Federica Apparivano i tuoi occhi adombrati languidi stagni ingeminati a petali e piccoli pesci le mie parole guizzare sopra gli scogli delle tue ciglia, il tuo lungo sorriso una tenera alcova d'avorio per il mio desiderio. Una legge di mercato Impaurito il negretto osserva sudato una legge di mercato: s'è fermato prima ancora di stringere una mano, ostaggio d'interni affumicati quel suo sguardo e del passaggio d'un gendarme, esasperato e languido il latte della cornea nell'alito del metrò; la mano quasi non indica più la merce e non chiede se ci interessa: e’ una moderna artrosi occidentale? Eppure una promessa materna risuonava tra le palme nel canto d'una tenera nera virago. 149


La consistenza della pietra lunare "Vi salverà la musica perchÊ musica sarete" suggeriva la notte sacrificando stelle e silenzi. L'amore di Dio ha la medesima consistenza della pietra lunare; lo sa bene l'uomo che vi mise piede: quel deserto bianco precipitava in un abisso ferito da infinite luci lontane. L'universo donava le sue distanze concedeva l'indirizzo esatto. Ma respiro di un amante è già lo sguardo delle stelle. Antipatia "Ci tengo a sotto-valutare", dice, voleva invece esprimere entusiasmo: ha un orologio d'oro al polso, ha avuto un lapsus e sta mentendo, tuttavia dicono che Dio trovi poesia anche in questo: che lui ci tenga, per esempio e questo basti. Basta che non uccida. Lascio all'Onnipotente di amarlo la fatica. Cammina e va cercando Cammina e va cercando la gola arsa dalle parole il filo d'Arianna di una storia comune, cade una manna dal cielo denso... 150


Ripensa a suo padre... "Ciao bella ciao" sbandiera rutilante l'alba in bianco e nero, gravida di prosperi dolci fucili: irrompe melodiosa la camionetta nel vagito delle strade al sereno saluto dei muri diroccati, negli occhi sgranati l'elmetto oscilla giocoso giocato sul dito del bambino col fiato sospeso, ovunque l'aroma d'un mandarino sbucciato... Sale distratto sul tram Roma d'attorno lo sferza, sorde le strade a quel grumo di richiami come stoviglie fumose in una ressa di sguatteri e cuochi. Si curva in ricerca alle sue spalle, trova soltanto le spalle curve.

Mente e natura A battito mite s'apre il cuore delle piante: medusa misteriosa o delle menti astuto pellegrino. Abbandono Una stella pulsa appena, il suo bagliore somiglia a un pulcino. PiÚ in alto un'altra è un chiodo di luce. 151


Code di nuvole aliti del maresuperate le colonne d'Ercole voci e guaiti si mischiano; quasi mi volto a domandarmi del cielo. Smarrisco le nuvole Batte più celere il mio cuore nei voli in piena della sera. Il tepore, il chiaro aroma? Il mormorio lontano dove alitano miracoli di verde? Intravedo solitari beveraggi. Ad accogliere smarrisco le nuvole, mancano polmoni che forse solo gli aedi possedevano. Ti amo “Ti amo” va suggerendo il vento e il platano placido e immenso consiglia. Questi stessi colori Colori molto simili sono già in diverse mitologie primitive. Eppure lui vuole percepire di nuovo l'acuminata personalità dei linguaggi, la loro 152


dignità antica, il senso d'equità delle piogge. Possiamo essere pari alla pioggia o udire i cani più lontani della notte? Questa sera ho in mente un viso dolcissimo e l'impudico abbraccio. Ode alla Sapienza Ti guardo ma non credo a ciò che vedo. Tu sei sorriso sereno ma io non conosco il tuo segreto. Sei divina ma parli la lingua dei giorni, cammini dove s’affrettano gli altri. Hai la forza dei fiori incorrotti, la dolcezza dei semi appena gettati. A me basta il baratto: solo guardandoti io imparo ad amare Tanti limiti… Tanti limiti, tanti confini vanno per la via, quante le insufficienze e quanti i peccati alla bocca del tramonto. Capisci molto di più se guardi in giù? Guarda intanto quanto è inclinato l’asse… Eppure il midràsh diceva della lettera ebraica Bet, simile ad una parentesi quadra, che essa è la prima della Bibbia perché bisogna guardare solo avanti... 153


L’uomo diventa il mondo quando varca la soglia della casa e accende quella macchina di immagini e di suoni? Allora è l’anima del mondo la finestra illuminata e la tenda raccolta, ricamata. Allora ti convinci che esiste l’Anima mundi… Attenzione, scrittore ché diventi idea, e perdi il tempo e il sorriso di chi t’ascolta. La poesia era nata dopo il lavoro guardando l’umanità suddivisa, ma reale. Ora non so dove sia il vero, se nella testa, nel cielo, nella follia o forse nella cena. Preghiera Una poesia al giorno chiedo, o Signore a segnare che ho fatto gli straordinari non dicendo a nessuno che lo faccio per espiazione, poichè domani, per altro compierò altre sciagure di cui sanno solo i passeri coraggiosi che entrano nei bar. Signore, perché a mezzogiorno quella dama piena d’anni mi ha sorriso e chiesto se ero inglese? Eppure ho il viso di uno slavo… Le ho detto…anzi non le ho detto 154


proprio nulla, ho solo fatto solo cenno con la mano a significare “così e così”; lei aveva chiesto “English”? Ha taciuto, non chiedendomi più nulla, ma l’evento è stato quel passero ardito che attirava l’attenzione mia e sua: quel passero andò tra i tavoli del bar, sotto il tetto, a passeggiare accanto alle mani dei clienti. Vero quanto le rondini in patria Oh quanto spero in quel vento che nasce piano la notte e sorprende, quando la foglia ti dice quello che da tempo aspettavi, ma quando lo dice tu già da tempo stai solo chino a tirare su il pane e i tuoi occhi sono ormai desueti a pescare. Eppure contro ogni derisione scopri d’essere vero quanto le rondini in patria e la neve qui fra un mese Eternità L’eternità per noi è silenzio, ovvero un dialogo senza inizio, senza fine, un dialogo che non è dialogo di identici a se stessi, ma alterità in quanto tale, ovvero rapporto, relazione del dire, abbraccio casto della materia, un dire trasparente che non ha certo il peso di sentenze eterne o di una lezione senza fine. Il lago perforato Vedo un lago perforato da un treno, divorato da industrie e da pinete 155


soffocate dai rifiuti come gli orfani condotti qui da volontari a trascorrere un’estate, mi chiedo mentre chiedo pietà al Signore se Pietà non sia terminare l’esperimento della nostra libertà o piuttosto non chiedere mai che tutto finisca a Colui che ogni cosa puote: a Colui che non prova, ma conferma. Noi amiamo le cose che ci fanno bene Noi forse amiamo le cose che ci fanno bene e quelle che abbiamo conosciuto dopo il lungo crogiuolo. Io amo questo termosifone la sua luce rossa nella notte è forse la luce della speranza e dell’amore. Com’è difficile sapersi colpevoli e amare tutti, compreso se stesso. Io amo la donna da inseguire e da tradire una vita intera, quella che conobbi una sera e poi ho visto di rado. Forse il nome di quella donna è Sapienza. Nonostante tutte le icone del mondo Nonostante tutte le icone del mondo resta un tremore infinito. Quanta preghiera sia racchiusa in un fiato sanno le galassie mute 156


che la kènosi apre. Io non ho ancora pronunciato il nome del Regno. Sovershìlos’ Sovershìlos’ dicono le sommità di luce, perché l’icona ferita ma viva, anzi risorta, conduce il sole e anche le nubi. È la storia rossa del mare e quella di tutti i tramonti. È la storia del mare e dei monti. L’icona ferita sanguina luce: è un uomo fattosi Dio perché Dio lo era già prima del sole. Guarda la speranza e il senso di tutta la terra. O vuoi disperare, o vuoi prolungare ancora l’attesa? Piange la carne, e lo sguardo ride d’eterno. Il giudizio universale Davanti il giudizio dei popoli ognuno sarà giudicato non dai giornali, ma dall’abisso di luce che nel segreto gli era stato dischiuso. Stare lì dove ridono le donne Stare lì dove ridono le donne e guardare gli alberi d’oriente quando in autunno con la punta 157


delle chiome disadorna studiano ed amano i sogni d’occidente. A loro la neve A loro la neve porta l’amore in pianura, a noi lo portano i monti. Dio si fa vivo sulle alture, lo sguardo all’altezza ricorda l’intrico sospeso di condizioni create. Le distese sconfinate mascherano d’assoluto il finito. Hanno forse il merito di parlarci del cosmo, di come le parallele si incontrano nella cosmologia, ma ci illudono sulla vastità dell’anima umana. Ecco perché gli imperi sterminati sono così pericolosamente esposti al demonio: amerai solo te stesso e solo te stesso odierai! Allora solo la neve e le case ci parleranno di nuovo d’origine: solo sacrificando l’esteso troviamo il profondo. Una lama nel mio cuore Custodisco una lama nel mio cuore che ho appena ricevuto in Comunione, 158


spero ardentemente che non cessi la sua puntura salutare di donare alle mie vene il passaggio costante all’Unico mare dolce, senza nome. Contaminato dalla sera Contaminato dalla sera, consapevole d’essere in movimento, mentre i piedi nudi mi dicono e tacciono. E la sera apre i suoi cortili e tiene chiusi i tetti e manda al cielo messaggeri, sapendo che questi s’arresteranno a metà strada dubbiosi. Come cerco quell’arco teso capace di sostenere in un pulsare le domande affidate a risposte lontane!

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INDICE

Introduzione Parte prima: Formazione La lingua italiana nel mondo: il lettore ministeriale d’italiano di Pasqualina Corropolese Formazione ed Europa: riflessioni su Silone di Augusta Marconi Retrodatazioni nel Vocabolario italiano-inglese di Giovanni Torriano (1659) di Pierluigi Ortolano Parte seconda: Linguistica Alcune osservazioni sull’ordine dei costituenti nell’italiano e nello slovacco di Zora Jačová Due lingue sotto l’oppressione degli anglicismi: l’italiano e lo slovacco di Roman Sehnal The Progressive Periphrasis in Sardinian di Raimondo Murgia I linguaggi nella musica di Franco Battiato di Andrea De Luca Le differenze e le somiglianze semantiche dei fraseologismi nella lingua italiana e slovacca di Zuzana Valentovičová Parte terza: Recensioni Jiří Špička: Petrarca: homo politicus. Politika v životě a díle Francesca Petrarky. Agro, Praha ISBN 978-80-257-0172-0, 332 pagine – di Pavol Koprda Parte quarta: Poesia italiana dal mondo Il cielo è vivo di Stefano Maria Capilupi (San Pietroburgo)

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