hi.tech dermo 3/2013

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hi.tech dermo

Corso accreditato ECM Il carrello dell’urgenza in dermatologia Una strana puntura di insetto Dermatofibrosarcoma protuberans in un adolescente Tre casi clinici di pseudomelanoma dopo trattamento laser Trattamento chirurgico di angiofibromi del viso in sclerosi tuberosa

Anno VIII

Numero 3

2013

ANGOLO DELLA CLINICA

Hi Tech Dermatology Italian High Tech Network in Dermatological Sciences

3

Nr. 3/2013 - Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n.46) art 1 comma 1, DCB Milano Taxe Perçue



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SOMMARIO

editoriale

pag. 9

angolo della clinica

pag. 41

letteratura internazionale

pag. 43

medico paziente malattia

marketing & sviluppo

ECM / modulo 3

Il carrello dell’urgenza in dermatologia

pag. 11

Definizione, dotazioni, farmaci e manutenzione Michela Ferro

pag. 45

Una strana puntura di insetto

pag. 49

Analisi delle strutture dell’epidermide e del derma superficiale in modo non invasivo con la microscopia confocale

pag. 21

Barbara De Pace, Amanda Losi, Federica Arginelli, Giovanni Pellacani, Alice Casari

Dermatofibrosarcoma protuberans in un adolescente

pag. 27

Caso clinico di rara lesione tumorale cutanea asintomatica e revisione della letteratura Ausilia Maria Manganoni, Laura Pavoni, Giulio Gualdi

Tre casi clinici di pseudomelanoma dopo trattamento laser

pag. 31

La rimozione chirurgica di una lesione pigmentata congenita in alcuni casi è da preferire al trattamento laser Ausilia Maria Manganoni, Laura Pavoni, Elena Sereni, Camillo Farisoglio, Cristina Zane

Trattamento chirurgico di angiofibromi del viso in sclerosi tuberosa

pag. 35

Asportazione di tessuto a livello del derma superficiale con un generatore di radiofrequenza Paola Monari, Giulio Gualdi, Piergiacomo Calzavara Pinton

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NORME REDAZIONALI Requisiti per la pubblicazione di un manoscritto Gli articoli devono pervenire al Comitato di Redazione (info@laserforum.it) in copia cartacea e in forma elettronica nella loro stesura definitiva, completi di nome, cognome, qualifica professionale, indirizzo, telefono, email e firma dell’autore/i. Le illustrazioni devono essere numerate progressivamente e corredate di relative didascalie, con precisi riferimenti nel testo. Devono essere ad alta risoluzione (almeno 300 DPI, in formato TIFF, EPS oppure JPEG). Grafici e tabelle dovranno essere forniti su supporto cartaceo e magnetico (possibilmente in formato Microsoft Excel), numerate progressivamente e corredate di relative didascalie, con precisi riferimenti nel testo. È necessario includere l’autorizzazione per riprodurre materiale già pubblicato in precedenza o per utilizzare immagini ritraenti persone, qualora identificabili. L’articolo deve comporsi delle seguenti parti: Titolo, conciso e senza abbreviazioni, in italiano e in inglese Sottotitolo, in italiano e in inglese Nome e cognome di autore/i e relative qualifiche professionali Sommario di apertura, in italiano (minimo 30, massimo 50 parole) Riassunti in italiano e in inglese (minimo 50, massimo 100 parole). Parole chiave in italiano e in inglese (da 2 a 5), usando i termini indicati nell’Index Medicus. Qualora l’articolo sia una ricerca, il lavoro deve essere sintetico e non superare le 2.000 parole (bibliografia esclusa). Qualora l’articolo sia una rassegna, deve avere una lunghezza massima di 3.500 parole (bibliografia esclusa). Entrambi con un numero massimo di 12 foto. L’articolo può assumere la forma di una comunicazione breve, non superando in questo caso le 1.000 parole con un numero massimo di 4 foto. Struttura dell’articolo Qualora l’articolo sia una rassegna (casi clinici, test su strumenti eccetera) è sufficiente prevedere una divisione in paragrafi e sottoparagrafi, tale da rendere meglio identificabili le parti di cui è composto il lavoro e agevolare la fruizione del testo. Qualora sia una ricerca, l’articolo avrà la classica struttura dell’articolo scientifico. In questo caso si avranno: Introduzione, riassume lo stato attuale delle conoscenze; Materiali e metodi, descritti in modo tanto dettagliato da permettere ad altri la riproduzione dei risultati; Risultati, riportati in modo conciso e con riferimenti a tabelle e/o grafici. Discussione e conclusioni, enfatizzando gli aspetti importanti e innovativi dello studio. Bibliografia. Le voci bibliografiche dovranno essere elencate in ordine di citazione nel testo con una numerazione araba progressiva. Le voci bibliografiche dovranno essere redatte secondo lo stile dell’Index Medicus, pubblicato dalla National Library of Medicine di Bethesda, MD, Stati Uniti. Dovranno quindi recare cognome e iniziale del nome degli autori, il titolo originale dell’articolo, il titolo della rivista, l’anno di pubblicazione, eventualmente il mese, il numero del volume, il numero di pagina iniziale e finale. I rimandi bibliografici all’interno del testo, invece, dovranno essere posti tra parentesi recando il numero della voce/i cui fanno riferimento, in ordine di apparizione. L’approvazione alla pubblicazione è concessa dal Board scientifico. Le bozze inviate agli autori devono essere restituite corrette degli eventuali refusi di stampa entro il termine che verrà indicato. I lavori non possono essere stati offerti contemporaneamente ad altri editori, né pubblicati su altre riviste. L’Editore provvederà gratuitamente alla pubblicazione degli articoli, per la stesura dei quali è esclusa ogni sorta di compenso a favore dell’Autore/i. La proprietà letteraria dell’articolo pubblicato spetta all’Editore. Estratti Gli autori possono richiedere estratti a pagamento. Per ogni informazione riguardante gli estratti è possibile contattare la Redazione scrivendo a redazione@griffineditore.it 4

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L’Editore dichiara di accettare, senza riserve, il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Dichiara altresì di accettare la competenza e le decisioni del Comitato di Controllo e del Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria, anche in ordine alla loro eventuale pubblicazione.

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CON IL PATROCINIO DI

Società Italiana di Dermatologia Chirurgica Oncologica

SIDeMaST Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica, Estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse Aidnid Associazione Italiana di Diagnostica non Invasiva in Dermatologia CoNESCoD Comitato Nazionale Etico-Scientifico Sorveglianza dei Cosmetici e dei Dispositivi Medici Ddi Donne Dermatologhe Italiane Dermoscopy Forum Forum italiano di dermoscopia e imaging cutaneo Esld European Society for Laser Dermatology Girtef Gruppo Italiano Radiofrequenze e Terapia Fotodinamica Gisv Gruppo Italiano per lo Studio e la Terapia della Vitiligine Istd International Society of Teledermatology Sidec Società Italiana di Dermatologia Estetica e Correttiva SIDeLP Società Italiana dei Dermatologi Liberi Professionisti Sild Società Italiana Laser in Dermatologia Sildec Società Italiana Laser Chirurgia Dermatologica e Cosmetica Sircped Società Italiana di Radiofrequenza in Chirurgia Plastica e Dermatologia 6

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International Italian Society of Plastic Aesthetic and Oncologic Dermatology

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Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali

Il Network, con sede a Milano, Via della Moscova 42, ha come fine quello di creare una vera e propria rete di connessione tra medici specialisti che, operando nell’ambito della dermatologia e della chirurgia plastica, utilizzano dispositivi biomedici di alta tecnologia. Si propone pertanto di mantenere e sviluppare la formazione e l’aggiornamento professionale del dermatologo e del chirurgo plastico ed estetico al più alto livello della pratica clinica in merito agli impieghi delle tecnologie e dei dispositivi medico chirurgici. L’Associazione ha come sua caratteristica costitutiva l’interdisciplinarietà e, nell’espletare le sue attività, trova sedi idonee e confacenti i momenti congressuali delle varie società mediche e chirurgiche, con le quali il Network avrà ampia collaborazione. Di tale interdisciplinarietà il Network desidera fare propria peculiarità principale, in quanto l’Associazione non nasce come una nuova società scientifica, ma si costituisce con l’intento di rappresentare una realtà trasversale in cui tutti i professionisti di specialità affini, interessati all’impiego nell’ambito della loro professione di dispositivi ad alta tecnologia, possano affluire per scambiare le proprie esperienze e crescere in virtù di questi scambi. Inoltre l’Associazione si propone di valutare sia la qualità dei dispositivi medico chirurgici che i loro protocolli applicativi. Hi Tech Dermatology è presente on line con il suo sito ufficiale www.hitechdermatology.org e si avvale della pubblicazione della Rivista hi.tech dermo, che rappresenta la sua espressione scientifica. Sono soci dell'Associazione tutti coloro che, enti, persone fisiche e giuridiche, cooperano al progresso e allo sviluppo della scienza medica nel campo delle applicazioni della dermatologia e chirurgia plastica, estetica ricostruttiva, della dermatologia chirurgica e oncologica e della dermatologica estetica e correttiva, e che a tale progresso e sviluppo siano interessati. Sono presidenti onorari del Network i professori Luigi Rusciani Scorza e Nicolò Scuderi. Sono soci onorari i presidenti in carica delle società scientifiche di riferimento e personalità proposte e accettate dal consiglio direttivo. Il consiglio direttivo del Network è formato dal coordinatore: Pier Luca Bencini; vice coordinatore: Patrizio Sedona; segretario scientifico: Michela Gianna Galimberti; tesoriere: Gian Marco Tomassini; consiglieri: Marco Ardigò, Davide Brunelli, Marco Dal Canton, Giovanni Pellacani. Sono responsabili e coordinatori territoriali per l’Italia settentrionale Matteo Tretti Clementoni (email: mtretti@tin.it), per l’Italia cenHTD trale Claudio Comacchi (email: comacchidermatologia@interfree.it) e infine per l’Italia meridionale e insulare Federico Ricciuti (email: ricciutifederico@tiscali.it). hi

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Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani

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BOARD SCIENTIFICO

Direttore Scientifico Pier Luca Bencini

Comitato di redazione

Marco Dal Canton

Michele Fimiani

Giacomo Calzavara Pinton

Matteo Tretti Clementoni

Giovanni Pellacani

Luigi Rusciani Scorza

Patrizio Sedona

Comitato scientifico

Vincenzo Ansidei

Riccardo Cicchi

Jacopo Lotti

Mario Santinami

Marco Ardigò

Claudio Comacchi

Torello Lotti

Paolo Sbano

Giuseppe Argenziano

Anna Chiara Corazzol

Leonardo Marini

Stefania Seidenari

Maurizio Benci

Salvatore Curatolo

Alberto Massirone

Gian Marco Tomassini

Enrico Bernè

Antonino Di Pietro

Luciano Mavilia

Gian Marco Vezzoni

Paolo Bonan

Michela Gianna Galimberti

Santo Raffaele Mercuri

Giovanni Fabio Zagni

Davide Brunelli

Saturnino Gasparini

Angela Motta

Malvina Zanchi

Franco Buttafarro

Gianluigi Giovene

Massimo Papi

Cristina Zane

Piero Campolmi

Gabriella Fabbrocini

Federico Ricciuti

Nicola Zerbinati

Giovanni Cannarozzo

Massimo Laurenza

Corinna Rigoni

Giampiero Castelli

Caterina Longo

Antonio Rusciani Scorza

Responsabili sezioni speciali

Istopatologia

Direttore proceeding devices

Fisica bioimaging

Giorgio Annessi

Marco Fumagalli

Francesco Pavone

Diagnostica non invasiva

Dermochirurgia oncologica

Riparazione tissutale

Sara Bassoli

Giuseppe Guerriero

Marco Romanelli

Dermatologia estetica

Medicina legale

Imaging cutaneo

Carlo Bertana

Giovanni Lombardi

Pietro Rubegni

Medicina legale

Biologia molecolare

Fisica e bioingegneria

Valerio Cirfera

Rosa Mancina

Orazio Svelto

Chirurgia plastica ricostruttiva

Istopatologia

Farmacologia clinica

Pierfrancesco Cirillo

Guido Massi

Stefano Veraldi

Cosmetologia

Bioingegneria ricostruttiva

Valeria Dazio

Davide Melandri

Imaging cutaneo

Epidemiologia

Vincenzo De Giorgi

Luigi Naldi

Editors internazionali

Peter Bjerring

Martin Mihm

(DANIMARCA)

Glen Calderhead

(STATI UNITI)

Harry Moseley

(GIAPPONE)

(SCOZIA)

David Green

(STATI UNITI)

Girish Munavalli

Sean Lanigan

(REGNO UNITO)

Ercin Ozunturk

Jean Luc Levy

Marc Roscher

(FRANCIA)

Claudia I.M. van der Lugt

(OLANDA)

Xavier Sierra

(STATI UNITI)

(TURCHIA)

(SUD AFRICA)

Peter Soyer

(AUSTRIA)

Mario Trelles

(SPAGNA)

Mariano Velez-Gonzalez Maria Alejandra Vitale

(SPAGNA)

(SPAGNA)

Marwan al Zarouni (EMIRATI ARABI UNITI)

(SPAGNA)

Editors onorari

Presidente Adoi

Presidente Isplad

Presidente Sidco

Presidente Sidemast

Ornella De Pità

Andrea Romani

Massimo Polverelli

Gino Vena 7


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EDITORIALE

Dermatologia italiana: debolezza e forza Eccoci di nuovo in piena stagione congressuale: il variegato mondo delle società dermatologiche si mobilita... e meetings, corsi, congressi si susseguono a ritmo incalzante. Talvolta sovrapponendosi; scandendo inesorabilmente le settimane e riempiendo a tal punto il nostro tempo da divenire in questo periodo, paradossalmente, l'ambito totalizzante della nostra vita personale; cosicché sembra che nulla possa esistere al di fuori. Come in una comunità monastica tutto sembra scandito dal calendario congressuale e una famiglia itinerante (di fatto sempre gli stessi, solo ogni anno un po' più vecchi) migra da una parte all'altra dell'Italia, da un incontro all'altro, in cui vita professionale e tempo libero si fondono fra programmi scientifici e sociali. Tutto questo nonostante i grami tempi di crisi che stiamo vivendo e le sempre più scarse risorse che le aziende mettono a disposizione... C'è addirittura chi con soddisfazione misura il numero di sponsor e di aziende presenti rispetto a quelle del congresso concorrente, non accorgendosi che tutti siamo a un passo dal baratro e dalla scomparsa. Eppure i problemi e le sfide che ci troviamo ad affrontare sono ben altri. Occorrerebbe ad esempio costruire una voce forte e unitaria che sappia essere un’autorevole fonte di riferimento per le istituzioni e di educazione sanitaria per gli utenti, i quali, soprattutto in ambito di cure estetiche, sono sempre più smarriti e in preda al primo ciarlatano autoreferenzialista abile nel comunicare tramite i media. Tuttavia, nonostante le amare considerazioni con cui sono avvezzo annoiarvi da queste pagine, emerge da tutti i nostri congressi una sorprendente forza e un’incredibile originalità: anche se alcune divisioni formali hanno inciso solchi profondi tra una società scientifica e un'altra, ogni evento scientifico brilla e si impone per la qualità delle relazioni e l'autorevolezza degli speaker, che vengono invitati nei vari congressi indipendentemente dalla loro società di apparenza. Ad esempio, sono rimasto veramente colpito, partecipando al congresso Isplad, nel notare la bellezza del confronto scientifico, l'armonia e il rispetto reciproco, il dialogo costruttivo che si è instaurato nelle sessioni tra platea e relatori indipendentemente dalla loro storia societaria. Era come sperimentare un pezzo di mondo ideale e quindi realmente possibile oggi. Allora, mi chiedo se è possibile questo quando si parla di scienza, perché non provare a costruire un clima unitario e una voce condivisa e intersocietaria, nel rispetto delle diverse storie, che si levi alta e autorevole a rappresentare la nostra amata disciplina? Pier Luca Bencini

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ECM

corso ECM a distanza 2 0 1 3 A cura dell’Italian Resuscitation Council (IRC) e della Società Italiana di Dermatologia Chirurgica e Oncologica (SIDCO)

RISERVATO AGLI ABBONATI PAGANTI

GESTIONE DELLE EMERGENZE IN CHIRURGIA DERMATOLOGICA: PREVENZIONE, RIANIMAZIONE, FORMAZIONE Responsabili scientifici Manrico Gianolio – Specialista in anestesia e rianimazione – Vicepresidente IRC Marco Dal Canton – Specialista in dermatologia – Membro del consiglio direttivo SIDCO Programma del corso Il dermochirurgo è un professionista che opera per lo più in regime ambulatoriale o di day surgery, nella maggiore parte dei casi in autonomia operativa e decisionale, trattando un elevato numero di pazienti caratterizzati dalle più varie condizioni cliniche. Nelle strutture decentrate, quali l’ambulatorio divisionale o extraospedaliero, gli automatismi della corretta selezione del paziente quanto quelli della gestione delle emergenze devono corrispondere a criteri accreditati e condivisi, al fine di garantire la sicurezza dei pazienti e la tutela degli operatori. La formazione istituzionale universitaria nella maggiore parte dei casi non tiene nell’adeguata considerazione la necessità di preparare ogni medico alla gestione delle emergenze. Per questo motivo la SIDCO ha identificato come “mission” e qualificante strumento operativo e motivazionale dell’equipe dermochirurgica, l’integrazione di una formazione specifica e proporzionata nell’area dell’emergenza, mirando tanto all’arricchimento culturale quanto all’individuazione di strumenti di formazione concreti, accreditati e adeguati alle effettive necessità della dermochirurgia. L’interazione tra IRC e SIDCO ha portato a individuare nei corsi ILS (Immediate Life Support) il percorso formativo più adatto, affiancato ora da questo corso di formazione a distanza (FAD) su argomenti pertinenti alle gestione delle emergenze nella routine dell’ambulatorio dermochirurgico. Sulla tipologia e contenuti degli argomenti che saranno trattati, messi a punto partendo dalle effettive esigenze di formazione del dermatologo “operativo” (ovviamente, in termini di emergenza, tali esigenze si possono estendere a tutti gli altri contesti della medicina), sono impegnati professionisti con competenze ed estrazione diversa, di primo piano nel panorama nazionale e internazionale nel campo della formazione e della gestione delle emergenze. Gli argomenti selezionati hanno un indubbio valore culturale, ma sono presentati volutamente con un’impostazione pratica. L’obiettivo è di sensibilizzare lo staff sanitario ad apprendere e mettere in atto procedure e comportamenti corretti prima di tutto per prevenire le situazioni di emergenza e in secondo luogo per sostenere efficacemente il paziente nell’eventualità che una situazione di emergenza abbia a verificarsi. Struttura del corso MODULO 1 La chirurgia ambulatoriale; selezione e preparazione dei pazienti, i criteri ASA e le linee guida SIAARTI MODULO 2 Anestetici locali: indicazioni, dosaggi e reazioni avverse MODULO 3 Il carrello dell’emergenza: definizione, dotazioni e farmaci MODULO 4 Farmacologia di base nelle urgenze MODULO 5 La defibrillazione: di chi è la competenza e con quali strumenti? MODULO 6 La formazione in emergenza; BLSD, ILS, ALS, quali corsi per quali competenze? Responsabili dei moduli: Federico Semeraro, Thomas Pellis, Andrea Scapigliati, Michela Ferro, Niccolò Grieco, Katya Ranzato Modalità di somministrazione del corso e accreditamento ECM In ogni numero di hi.tech dermo (in uscita tra gennaio e dicembre 2013) verrà pubblicato un modulo composto da un articolo e da un questionario di autovalutazione. A fine corso saranno disponibili online (www.fadmedica.it) tutti i moduli pubblicati sulla Rivista e sarà possibile rispondere a un questionario di valutazione finale. L’erogazione dei crediti ECM, validi per l’anno 2013, avverrà al superamento della prova finale, per la quale è necessario rispondere correttamente al 75% delle domande. Tutti gli iscritti al corso riceveranno le informazioni necessarie per l’accesso online e la compilazione dei questionari.


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Modulo 3

Michela Ferro Coordinatore area formativa emergenza Azienda ospedaliero universitaria Santa Maria della Misericordia, Udine Componente commissione formazione Italian Resuscitation Council

Il carrello dell’urgenza in dermatologia Definizione, dotazioni, farmaci e manutenzione

Premessa

Definizione

L’attività di un ambulatorio medico/chirurgico improntata sui principi della sicurezza e della prevenzione impone la disponibilità di un carrello d’urgenza ben strutturato, con farmaci e presidi distribuiti in modo preciso e metodico e le cui indicazioni e modalità di utilizzo siano conosciute da parte del personale sanitario. La formazione in senso teoricopratico dei medici, degli infermieri e, per alcuni aspetti, del personale di supporto presente in ambulatorio, deve essere contestuale alla presenza del carrello delle urgenze e deve rispettare uno standard mirato che comprenda la capacità di reazione agli eventi possibili o probabili nell’ambiente specifico e le conoscenze che ogni medico/cittadino dovrebbe avere nell’affrontare eventi più gravi, come l’arresto cardiaco (1).

Per carrello d’urgenza si può quindi intendere, in questo contesto, quello strumento, razionalmente organizzato e periodicamente controllato, contenente farmaci e presidi che consentono la gestione, in relazione alle competenze possedute, di qualsiasi situazione avversa, più o meno grave, che possa intercorrere durante l’esecuzione di procedure medico-chirurgiche ambulatoriali (2).

Realizzazione e utilizzo Un carrello funzionale e mirato deve prevedere una costituzione impostata, da un lato, assecondando una previsione del rischio basata sulla propria pratica professionale e, dall’altro, garantendo un’assistenza efficace per eventi che possono accadere a prescindere dalle circostanze

specifiche (3). Le domande fondamentali alle quali si deve rispondere quando ci si accinge a preparare il proprio carrello dell’urgenza potrebbero essere le seguenti. Rispetto al mio specifico contesto lavorativo, quali sono le emergenze probabili/possibili per i miei pazienti? Che cosa sono in grado di fare da solo/a in termini di trattamento definitivo o in attesa del personale del sistema 118, prontamente attivato in caso di situazione allarmante? In quale stato è il mio equipaggiamento (presidi e farmaci) per la gestione di un’eventuale emergenza? Chiedersi che cosa può accadere impone il pensiero critico per il paziente e per se stessi. L’oggettivizzazione che una determinata patologia potrebbe potenzialmente verificarsi impone al professionista il recupero dei dettagli procedurali 11


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legati al problema e al suo potenziale sviluppo e trattamento. È opportuno ricordare che le situazioni di emergenza correlabili all’attività chirurgica ambulatoriale non sono frequenti e, quando accadono, si tratta per il 90% di episodi lievi, risolvibili rapidamente, e per il 10% di situazioni più serie. I dati disponibili in letteratura sono parziali e riguardano attività ambulatoriali comparabili. L’emergenza medica di più frequente riscontro è la sincope vasovagale con il 60% dei casi. Seguono le reazioni allergiche lievi, l’iperventilazione, l’angina, le crisi ipo- o ipertensive, le crisi epilettiche, l’asma, le alterazioni glicemiche e l’anafilassi. L’infarto miocardico e l’arresto cardiaco sono riportati come eventi rari se si considera la probabilità per ogni singolo professionista. Escludendo la sincope vasovagale, la prevalenza totale delle emergenze è di 0,7 casi per ambulatorio per anno. Ai fini di una gestione adeguata di questi eventi, dovrebbero essere presenti e chiare nell’ambulatorio chirurgico le procedure per una rapida richiesta di aiuto in caso di necessità (118), le competenze in rianimazione cardiopolmonare di base e di defibrillazione semiautomatica (Blsd) estese al personale di supporto, la capacità di valutare le funzioni vitali, coscienza, respiro e circolo secondo lo schema ABCDE e di supportarle con manovre e strumentazioni di base in attesa dei soccorsi.

La chiamata di aiuto L’utilizzo del carrello d’urgenza coincide con una situazione avversa. Il medico che opera in 12

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Gestione di chiamata esterna 118

Dati logistici, domande chiave • Numero di telefono • Cognome e nome • Indirizzo • Riferimenti topografici

Evento traumatico • Situazione ambientale • Dinamica evento • Lesioni anatomiche evidenti • Indicatori per traumi maggiori

Dati sanitari • Stato di coscienza • Attività respiratoria • Età reale/presunta • Tipo di evento

Evento non traumatico • Sintomi principali • Domande specifiche

Tab. 1 Gestione di chiamata esterna ambulatorio deve gestire questa circostanza, decidendo se risolvere il problema in autonomia o se richiedere un aiuto esterno attivando il sistema di emergenza sanitaria 118. La chiamata di aiuto deve essere precoce in caso di situazioni oggettivamente o soggettivamente allarmanti e deve essere eseguita rispettando i canoni della corretta comunicazione. Una telefonata di allerta confusa o approssimativa potrebbe far perdere tempo prezioso (4). Le informazioni essenziali che devono essere fornite sono il numero di telefono e l’indirizzo di chi chiama e lo stato di coscienza e l’attività respiratoria del paziente. Al fine di far comprendere i meccanismi che stanno alla base di una corretta comunicazione in emergenza, si propone quale esempio di gestione della chiamata da parte del 118 il modello illustrato in tabella 1. Un esempio di comunicazione strutturata potrebbe quindi avere contenuti di questo tipo: Mi chiamo… Telefono dalla struttura ambulatoriale di… Situata in via…

Chiamo dal numero di telefono… L’emergenza è di carattere sanitario (ambientale, incendio, allagamento…) L’allarme coinvolge un paziente… Il paziente non risponde, respira… Sono solo/a, posso contare su altre persone Che cosa posso fare nell’attesa dei soccorsi? Sono un dermochirurgo; ho una certificazione Blsd/Ils…

Lo schema ABCDE per la valutazione del paziente Quale schema valutativo del paziente si utilizza la sequenza letterale ABCDE dove: A sta per airway ovvero valutazione e controllo delle vie aeree; B sta per breathing ovvero valutazione e gestione del respiro; C sta per circulation ovvero valutazione e gestione dei segni di circolo ed emorragie esteriorizzate; D sta per disability ovvero per valutazione e gestione dell’aspetto neurologico;


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E sta per exposure ovvero per la valutazione e gestione dell’esposizione con controllo dell’ipotermia del paziente. Il contenuto del carrello d’urgenza deve rispecchiare lo schema di valutazione del paziente e prevedere i farmaci e i presidi necessari a risolvere i singoli punti critici. Lo schema ABCDE, applicato alla valutazione dei pazienti e alla predisposizione dei presidi, facilita l’accostamento “problema-provvedimento” con un approccio univoco (5).

Predisposizione dei presidi del carrello d’urgenza Di seguito riportiamo un breve elenco dei presidi che devono essere presenti nel carrello d’urgenza. A: airways (vie aeree) Cannule orofaringee Aspiratore

B: breathing (respirazione) Fonte di ossigeno Maschera per somministrazione di ossigeno con reservoir e prolunga Saturimetro Maschera facciale Pallone autoespansibile C: circulation (circolazione) Sfigmomanometro Defibrillatore semiautomatico Monitor cardiaco

Defibrillatore semiautomatico e monitor cardiaco sul carrello d’urgenza Vista la loro importanza e la loro attualità, gli argomenti che riguardano la defibrillazio-

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ne e i defibrillatori saranno oggetto di uno specifico modulo di questo corso Fad. In questa circostanza ricordiamo che, anche a seguito di recenti drammatici avvenimenti, la normativa introdotta con il decreto ministeriale del 18 marzo 2011 (“Determinazione dei criteri e delle modalità di diffusione dei defibrillatori automatici esterni”) promuove una notevole diffusione dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero: «La diffusione graduale ma capillare dei defibrillatori semiautomatici esterni deve avvenire mediante una distribuzione strategica in modo tale da costituire una rete di defibrillatori in grado di favorire la defibrillazione entro quattro/cinque minuti dall'arresto cardiaco, se necessario prima dell'intervento dei mezzi di soccorso sanitari. [...] Va pertanto valutata, sulla base dell'afflusso di utenti e di dati epidemiologici ed in base a specifici progetti, l'opportunità di dotare di defibrillatori semiautomatici esterni i seguenti luoghi e strutture: luoghi in cui si pratica attività sanitaria e sociosanitaria: strutture sanitarie e sociosanitarie residenziali e semiresidenziali autorizzate, poliambulatori, ambulatori dei medici di medicina generale» (6). Il monitor cardiaco consente di effettuare il monitoraggio elettrocardiografico continuo e permette la visualizzazione costante dell’attività elettrica cardiaca. Il monitoraggio si realizza mediante elettrodi posti sul torace che, grazie a un sistema di filtraggio e amplificazione, permettono la costante visualizzazione della frequenza cardiaca e del ritmo cardiaco. L’utilità di

un monitoraggio cardiaco nell’ambito della chirurgia ambulatoriale può apparire scontata, ma è legata alla capacità interpretativa e di reazione del professionista rispetto alle alterazioni di base del ritmo cardiaco. Caso clinico Un paziente di anni 28, Asa 1, viene sottoposto a intervento chirurgico in anestesia locale in pronto soccorso per sutura di una ferita cutanea. Al momento dell’iniezione dell’anestetico locale il paziente appare pallido, sudato e riferisce malessere. Il personale provvede a posizionare un monitoraggio elettrocardiografico e alla misurazione della pressione arteriosa. Il monitor cardiaco mostra un ritmo sinusale regolare con frequenza di 40 battiti/min. La pressione arteriosa sistolica è di 70 mmHg. In mancanza di un accesso venoso è praticata un’iniezione intramuscolare di atropina 0,5 mg. Dopo pochi minuti la frequenza cardiaca al monitor è di 80 battiti/min e la pressione arteriosa è di 130/70 mmHg. Il paziente riferisce di sentirsi bene. L’intervento è portato a termine senza ulteriori problemi.

Farmaci del carrello d’urgenza La dotazione farmacologica del carrello d’urgenza (tab. 2) deve prevedere farmaci di prima linea, facilmente somministrabili e di cui si è competenti. Si sottolinea che caratteristiche, indicazioni, dosaggi e vie di somministrazione dei farmaci proposti per l’inserimento nel carrello d’urgenza saranno oggetto di trattazione del prossimo modulo del corso Fad. 13


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Modulo 3

Farmaco

Formulazione

Ossigeno

bombola con erogatore

Adrenalina

fiale da 1 mg/ml

Salbutamolo

spray/aerosol

Clorfenamina

fiale da 10 mg/ml

Idrocortisone

fiale da 100 mg

Nitrati

compresse/spray sublinguale

Acido acetilsalicilico

compresse 300/500 mg

Glucosio

in qualsiasi forma per os

Glucagone

fiale da 1 mg

Midazolam

fiale da 5 mg 1 ml o 15 mg 3 ml

Intralipid

sacche 250, 500 ml 20%

Atropina

fiale da 0,5 mg 1 ml

Tab. 2 Dotazione farmacologica del carrello d’urgenza Disposizione dei farmaci e dei presidi nel carrello d’urgenza La disposizione dei farmaci e dei presidi all’interno del carrello dell’urgenza può differire nelle varie realtà a seconda delle preferenze e delle scelte degli utilizzatori. Il suggerimento universale è quello di attenersi alla costituzione basata sullo schema ABCDE, adeguandolo con la realtà operativa e le competenze del singolo professionista. In linea generale questo sistema prevede che tutto ciò che è posto dentro i cassetti sia diviso ordinatamente da separatori trasparenti. I farmaci vanno sistemati nel primo cassetto seguendo l’ordine alfabetico, con il nome chiaramente visibile all’operatore. Nel secondo cassetto si pone solitamente il materiale per la gestione delle vie aeree suddiviso per A (airway) e B (breathing), perciò cannule oro-faringee, connettore per ossigeno, maschere 14

facciali, pallone autoespansibile. Nel terzo cassetto si pone tutto il materiale per la gestione di C (circulation), ovvero set per infusioni, guanti sterili di diverse misure, rubinetti, soluzioni per infusione, sfigmomanometro manuale. Il piano di lavoro deve restare sufficientemente libero per consentire un’adeguata operatività. Esso permette anche la disposizione delle scatole di guanti monouso di diversa misura, di disinfettanti e di antisettici. Le due ante ribaltabili permettono la disposizione ottimale di siringhe, garze di cotone, elettrodi e dispositivi di protezione individuale. Sul ripiano laterale sono solitamente sistemati il monitor cardiaco e il defibrillatore semiautomatico. La parte frontale alta, sopra al piano di lavoro, può essere equipaggiata con tutto il necessario per l’incannulamento venoso (7).

Proposta di modello operativo per la gestione del carrello d’urgenza L’infermiere in servizio nella struttura, prima dell’inizio dell’attività operativa con gli utenti, esegue la verifica a vista dei farmaci e dei presidi medico chirurgici che devono essere presenti nella sala visita dove presterà servizio durante quella giornata. L’infermiere, se necessario, provvede immediatamente al ripristino di farmaci e presidi mancanti nel carrello. Laddove il farmaco e/o il presidio medico chirurgico risultasse mancante anche nella scorta del luogo adibito a farmacia, l’infermiere è tenuto a segnalarlo nell’apposito registro. L’operatore sanitario identificato come responsabile per la gestione dei farmaci effettua quotidianamente il controllo di eventuali registrazioni e provvede di conseguenza al recupero del mancante. Riordino specifico del carrello L’infermiere, prima del termine del proprio turno di servizio, effettua il riordino del carrello presente nel locale visita utilizzato. Il riordino specifico consiste in una serie di operazioni, di seguito elencate: verificare la presenza della quantità minima dei farmaci e presidi prevista nel carrello; disporre i farmaci in modo che sia sempre visibile la data di scadenza; eliminare dal carrello i farmaci scaduti; avvisare il responsabile e il medico di eventuali mancanze di farmaci e/o presidi medico chirurgici.


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Funzione-attività

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Farmacista

Medico

C

R

Prescrizione della terapia farmacologica

Operatore sanitario identificato come responsabile

Infermiere

Richiesta dei farmaci per dotazione ordinaria

C

R

C

Richiesta dei farmaci con caratteristiche particolari

R

(C)

C

R

C

Presa in carico dei farmaci richiesti

C

Tenuta e conservazione dei farmaci

C

R*

R

C

Preparazione della terapia farmacologica

R*

R*

C

R

R*

C

R

R

C

Somministrazione della terapia farmacologica Smaltimento dei prodotti scaduti/non utilizzati

C

Tab. 3 Matrice delle responsabilità R = responsabile, R* = responsabile in alcune situazioni, C = collabora

Riordino periodico del luogo adibito a farmacia Il riordino periodico del luogo adibito a farmacia interna è effettuato con frequenza mensile da un infermiere identificato dal responsabile. L’infermiere incaricato è tenuto a compilare e a firmare il modulo, che deve essere appositamente creato e che certifica l’avvenuto controllo. Richieste di farmaci e dei presidi medico-chirurgici Le richieste settimanali e mensili dei farmaci e dei presidi medico-chirurgici sono effettuate dal responsabile utilizzando le procedure specifiche per le richieste ordinarie dei

farmaci e per le richieste di prodotti galenici a inventario. Gestione dei farmaci dei presidi medico-chirurgici La gestione dei farmaci e dei presidi medico-chirurgici è un compito che rientra nelle competenze dell’operatore sanitario identificato. L’incaricato è responsabile deve occuparsi: della gestione degli armadi dei farmaci e dei presidi medicochirurgici; della verifica degli ordini settimanali e mensili in base alle segnalazioni dell’infermiere e in base alla verifica visiva personale delle scorte presenti nella struttura.

Matrice delle responsabilità Nell’ottica di una chiara gestione e organizzazione delle funzioni ambulatoriali, in linea con gli adempimenti legislativi previsti e, non ultimo, nel rispetto della qualità stessa che la professionalità impone, è opportuno individuare quali sono gli ambiti di responsabilità e di competenza dei professionisti nella gestione dei farmaci in un ambulatorio. La matrice riportata in tabella 3 sintetizza tali indicazioni individuando quali sono i soggetti responsabili (medico, farmacista, operatore sanitario, infermiere) per le diverse attività o funzioni. 15


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Modulo 3

Caratteristiche, manutenzione e pulizia del carrello d’urgenza Il carrello d’urgenza deve rispettare determinate caratteristiche di design, manovrabilità (meglio se è dotato di ruote) e di capienza confacenti alle esigenze igieniche e strutturali dell’ambulatorio medico. Il numero dei cassetti deve essere adeguato all’impiego dei farmaci e dei presidi che vi vanno disposti. La maggior parte dei carrelli disponibili in commercio prevede la presenza del piano di lavoro centrale, un piano laterale aggiuntivo unitamente ai vani laterali di raccolta dei materiali. Il carrello non richiede manutenzione, escluse le operazioni di pulizia. L’acciaio può essere facilmente pulito e le sue superfici rimangono disinfettate e con un elevatissimo grado d’igiene. Per rimuovere le impronte dalle superfici è sufficiente un panno morbido, una spugna imbevuta in acqua saponata o un panno in microfibra. Per lo sporco più resistente, come il grasso o altro tipo di macchie, basterà utilizzare un semplice prodotto in crema. È da evitare l’uso di prodotti abrasivi che possono lasciare graffi o di pagliette in metallo. Anche disinfettanti contenenti ipoclorito di sodio o soluzioni a base di acido cloridrico possono danneggiare l’acciaio se concentrati o se lasciati a lungo in contatto con la superficie. Alla fine del ciclo vitale il carrello può essere riciclato.

Conclusioni Il carrello d’urgenza è uno strumento appositamente disegnato e razionalmente equi16

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paggiato per affrontare in modo agevole ogni tipo di evento avverso che si possa verificare nell’ambito di uno studio medico in cui si svolga attività chirurgica ambulatoriale. Rappresenta uno degli elementi che contribuiscono a creare condizioni di sicurezza per operatori e pazienti. Deve contenere farmaci di prima linea e presidi che il personale sanitario sia in grado di utilizzare. È organizzato ripercorrendo lo schema ABCDE della valutazione del paziente. Consente ogni intervento necessario in attesa dei soccorsi.

Bibliografia 1. The Emergency crash cart. Chevillotte J, Cassan P; Soins; 2007 Dec(721): 57-8. 2. Crash cart. Emergency Medicine MIMS. Sajith Kumar; August 15, 2010. 3. A piece of my mind. Putting the “art” in a crash cart. Cusin S. JAMA. 2012 Feb 22;307(8):793-4. 4. Patients who call emergency ambulances for primary care problems: a qualitative study of the decision making process. Booker MJ et al. Emerg Med J 2013 Mar 27. 5. Development of an indigenous paediatric crash cart based on the ABC of resuscitation. Green DA et Al. Trop Doct 2006 Oct 36(4): 216-17. 6. Decreto 18 marzo 2011 “Determinazione dei criteri e delle modalita' di diffusione dei defibrillatori automatici esterni di cui all'articolo 2, comma 46, della legge n. 191/2009”. 7. Resuscitation trolley. Winstanley J. Nurse stand 2005 Oct-Nov 1;20(7): 63-4.

Normativa riguardante le professioni sanitarie • Decreto Ministeriale 14.09.1994, n. 739 - Regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere. • Legge 26.02.1999, n. 42 – Disposizioni in materia di professioni sanitarie. • Legge 10.08.2000, n. 251 – Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica. Linee guida e raccomandazioni • Linee Guida della American Society of Hospital Pharmacy Guidelines on Preventing Medication Errors in Hospitals. www.ahsp.org (Am J Hosp Pharm 1993; 50: 30). • Raccomandazioni del National Coordinating Council for Medication Error Reporting and Prevention. Recommendations from the National Coordinating Council for Medication Error Reporting and Prevention. 19.03.1999. www.nccmerp.org. • Ministero della Salute. Commissione tecnica sul rischio Clinico (DM 5/3/2003): Risk management in Sanità. Il problema degli errori. Marzo 2004 www.ministerosalute.it.


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QUESTIONARIO DI AUTOVALUTAZIONE 1. Quali tipi di farmaci deve contenere il carrello d’urgenza? Solo farmaci di prima linea che l’operatore è in grado di utlizzare Tutti i farmaci previsti nella gestione delle situazioni di emergenza Solo farmaci somministrabili per via endovenosa I farmaci attivi sul sistema cardiovasolare I farmaci che servono per le specifiche procedure ambulatoriali

2. Quali presidi essenziali devono essere presenti sul carrello d’urgenza per la gestione di problemi legati a C (circulation)? Saturimetro, defibrillatore semiautomatico e aspiratore Ossigeno, saturimetro, pallone autoespansibile Sfigmomanometro, defibrillatore semiautomatico, monitor cardiaco Cannule orofaringee, saturimetro, monitor cardiaco Tubi endotracheali, cannule venose

3. Effettuando una chiamata di aiuto al 118, quali informazioni essenziali devono essere fornite? Numero di telefono, indirizzo, stato di coscienza, attività respiratoria Solo le informazioni legate allo stato clinico del paziente Indirizzo e numero di telefono Età e dinamica dell’evento Sintomi principali del paziente e riferimento topografico

4. A cosa è finalizzato un carrello d’urgenza? È finalizzato alla gestione di qualsiasi situazione avversa più o meno grave che possa intercorrere durante l’esecuzione di procedure medico-chirurgiche ambulatoriali È finalizzato alla gestione di tutte le attività invasive ambulatoriali

È finalizzato a contenere tutti i presidi medico-chirurgici ambulatoriali È finalizzato a contenere tutti i presidi farmacologici ambulatoriali È finalizzato a soddisfare i requisiti medico legali

5. Dove deve essere posizionato il defibrillatore semiautomatico? In un cassetto chiuso a chiave per prevenire furti In un luogo accessibile dell’ambulatorio Non esiste un luogo predefinito Sul ripiano laterale superiore del carrello d’urgenza In un cassetto del carrello d’urgenza

6. Come deve essere costituito un carrello d’urgenza? Non c’è una regola generale In base alle preferenze dell’utilizzatore Secondo le norme stabilite per legge In base alla disponibilità di spazi In base alla previsione del rischio e garantendo interventi efficaci per eventi che prescindono dalle circostanze

7. Quale dei seguenti farmaci non è previsto nel carrello d’urgenza?

Ossigeno Clorfenamina Adrenalina Atropina Clonidina

8. Rispetto al modello operativo per la gestione del carrello d’urgenza, il riordino specifico va effettuato:

quando è più comodo per l’infermiere alla fine dell’attività dell’ambulatorio compatibilmente con gli orari una volta alla settimana non è indicato un momento specifico

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MICROSCOPIA CONFOCALE /

Diagnostica

Una strana puntura di insetto

Barbara De Pace Amanda Losi Federica Arginelli Giovanni Pellacani Alice Casari Clinica dermatologica Università di Modena e Reggio Emilia

Analisi delle strutture dell’epidermide e del derma superficiale in modo non invasivo con la microscopia confocale

Introduzione Il melanoma amelanotico rappresenta un sottotipo di melanoma cutaneo con scarsa o assente pigmentazione all’esame clinico. La sua incidenza è stimata tra il 2 e l’8% e può presentare caratteristiche comuni a lesioni melanocitiche e non melanocitiche, sia benigne che maligne (1). La dermoscopia può risultare utile nel determinarne la natura benigna o maligna, tuttavia l’unico criterio identificabile è rappresentato dalla presenza di un pattern vascolare atipico ovvero vasi disposti irregolarmente secondo linee e punti o con aspetti caotici (2). La microscopia laser confocale (Rcm) è una metodica in vivo emergente che permette di ottenere immagini a una risoluzione quasi istologica. Bersaglio della microscopia laser confocale sono i melanosomi e la melanina, presenti, anche se non clinicamente visibili, nel melanoma amelanotico. Per questo motivo la microscopia confocale può rappresentare un utile supporto diagnostico (1).

Case report La paziente è una donna di 46 anni, fototipo II, con storia personale di moderata esposizione solare e conseguente fotodanno. La donna aveva eseguito un precedente intervento chirurgico per asportazione di una lesione melanocitaria atipica in sede deltoidea destra, risultata essere un nevo composito. Giunge al controllo dermatologico annuale nel mese di agosto,

Il melanoma amelanotico è una rara lesione cutanea che presenta notevoli difficoltà diagnostiche a causa della totale assenza di pigmentazione visibile clinicamente. L’innovativa tecnica di microscopia laser confocale in vivo, utilizzando come bersaglio la melanina contenuta nei melanociti, può essere un valido aiuto nel riconoscimento della natura melanocitaria della lesione

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MICROSCOPIA CONFOCALE /

Diagnostica

CASO CLINICO

Fig. 1A: immagine clinica di

Fig. 1B: l’immagine dermoscopica

papula rosea, ulcerata al centro, di 1,5 x 1 cm di diametro, localizzata al fianco sinistro di una donna di 46 anni

(DermLite Foto; 3 Gen Llc) evidenzia pigmentazione rosa diffusa, erosione centrale e presenza di vasi puntiformi (frecce nere)

Fig. 1C: l’immagine acquisita

Fig. 1D: l’immagine acquisita con microscopia laser confocale (1000 X 1000;Vivascope 1500, Lucid, Henrietta, NY) rivela una marcata atipia citologica caratterizzata da cellule pleomorfe, nucleate, fortemente riflettenti (freccia nera)

con microscopia laser confocale (1000 x 1000;Vivascope 1500, Lucid, Henrietta, NY) mostra a livello della giunzione dermoepidermica una disorganizzazione generale della struttura, con papille dai contorni sfumati e mal definiti.Tuttavia, al loro interno risultano identificabili nidi di cellule melanocitarie atipiche (frecce bianche)

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al ritorno dalle ferie estive. All’esame dermoscopico, l’attenzione è attratta da una lesione rosea del fianco sinistro della donna, di 1,5 x 1 cm di diametro, ulcerata al centro (fig. 1A). La paziente associa tale lesione a una puntura di insetto avvenuta durante la recente vacanza e lamenta intenso prurito. L’esame dermoscopico evidenzia la completa assenza di reticolo, la presenza di un’ampia area di erosione centrale, aree rosse lattescenti e vasi irregolari puntiformi (fig. 1B). Data la discrepanza fra il racconto fatto dalla paziente e l’immagine dermoscopica, si decide di procedere con l’esecuzione dell’esame di microscopia laser confocale in vivo. L’esame identifica la presenza di cheratinociti di forma irregolare a livello dello strato epidermico, ma è lo strato giunzionale a rivelare la natura melanocitaria della lesione per la presenza di cellule atipiche raggruppate in nidi irregolari all’interno di papille dai contorni mal definiti. Si decide allora di procedere con l’asportazione della lesione con criterio di urgenza. Il successivo esame istologico conferma la diagnosi di melanoma: lo spessore secondo Breslow risulta essere pari a 1,5 mm, III livello di Clark, 5 mitosi per mm2. La paziente viene sottoposta a un intervento chirurgico di radicalizzazione e di asportazione del linfonodo sentinella negativo. Come da linee guida, la paziente esegue una prima Tac encefalo e una Tac total body con esito negativo per lesioni sostitutive.


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Discussione Con il termine di melanoma amelanotico si identifica un raro sottogruppo di melanoma caratterizzato, da un punto di vista clinico, da totale assenza di pigmentazione visibile o, talora, da rari focolai di pigmento (melanoma ipomelanotico). All’esame clinico, il melanoma amelanotico vero si presenta come una macula, papula, placca o nodulo dall’aspetto asimmetrico, dalla colorazione variabile rosa-rossastra, dai bordi sfumati, spesso associato a una storia positiva per cambiamenti delle dimensioni, del colore o dell’aspetto. L’assenza di una pigmentazione visibile rende estremamente complessa la diagnosi clinica, tanto da porre questa tipologia di melanoma cutaneo in diagnosi differenziale con diverse lesioni, di natura benigna e maligna, tra cui ricordiamo il nevo dermico, il nevo di Spitz, la cheratosi attinica, il granuloma piogenico, alcune neoplasie annessiali, tumori vascolari, morbo di Bowen, basalioma, carcinoma squamo cellulare, cheratoacantoma e tumore a cellule di Merkel (2). La dermoscopia rappresenta un utile supporto alla diagnosi, poiché permette di osservare in vivo caratteri morfologici al di sotto della superficie cutanea non altrimenti apprezzabili a occhio nudo. La classificazione dermoscopica delle lesioni melanocitarie si basa principalmente su strutture morfologiche specifiche, distribuzione del pigmento e colore (3). Tuttavia, gli aspetti dermoscopici specifici del melanoma,

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come pigmentazione atipica, punti, globuli irregolari e strie, risultano assenti nel melanoma amelanotico. In questo caso, la presenza di un pattern vascolare polimorfo, caratterizzato da vasi di dimensioni e aspetto variabile, può rappresentare l’unico reperto dermoscopico utile alla diagnosi (4). Nel nostro caso, un’ampia erosione centrale occupa la maggior parte della lesione e si estende dal centro verso la periferia, occultando il pattern vascolare sottostante. All’estrema sinistra della lesione, in una piccola area, sono comunque riconoscibili strutture vascolari puntiformi. I parametri osservati in dermoscopia non risultano sufficienti per definire con certezza la natura della lesione. La microscopia laser confocale in vivo è un’innovativa tecnica di imaging che consente lo studio delle strutture dell’epidermide e del derma superficiale in modo non invasivo, in tempi rapidi e a una risoluzione quasi istologica (5, 6). La microscopia confocale riveste un ruolo cruciale nello studio del melanoma amelanotico, poiché consente di identificare strutture altamente riflettenti, come la melanina e i melanosomi contenuti nei melanociti e nei melanofagi, anche in assenza di pigmentazione clinicamente e dermoscopicamente visibile (1). L’algoritmo proposto in microscopia laser confocale per la diagnosi di melanoma da Pellacani et al. include una serie di descrittori maggiori (papille dai contorni mal definiti, atipia citologica alla giunzione dermo-epidermica) e descrittori minori (pagetoidi

rotonde, infiltrazione diffusa pagetoide nell’epidermide, cellule nucleate all’interno delle papille, nidi cerebriformi nel derma). Secondo tale algoritmo, a ciascun descrittore maggiore è assegnato il valore di 2 e a ciascun descrittore minore è assegnato il valore di 1. Un punteggio superiore o pari a 3 pone un forte sospetto per melanoma (1, 7). Nel nostro caso l’esame in microscopia confocale ha permesso immediatamente di identificare la natura melanocitaria della lesione. A livello della giunzione dermo-epidermica risultavano infatti facilmente riconoscibili nidi densi di cellule atipiche di natura melanocitaria localizzati all’interno di papille dermiche dai contorni mal definiti (fig. 1C). L’atipia citologica tipica delle lesioni ad alto grado di malignità è espressa, nel nostro caso, dalla presenza di cellule nucleate, pleomorfe e altamente riflettenti situate fra gli spazi interpapillari irregolari (fig. 1D). La microscopia confocale ha inoltre permesso la valutazione della componente vascolare, che risulta essere costituita da vasi di forma e di dimensioni variabili. Secondo l’algoritmo diagnostico proposto per la diagnosi di melanoma in microscopia laser confocale, le papille dai contorni mal definiti e l’atipia citologica presente a livello della giunzione dermo-epidermica rappresentano criteri diagnostici maggiori. Il punteggio complessivo risultava pari a 4 e poneva un forte sospetto diagnostico per melanoma. 23


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Conclusioni Il melanoma amelanotico pone notevoli difficoltà diagnostiche e può assumere aspetti tali da rendere complessa la diagnosi differenziale con altre lesioni cutanee non pigmentate, sia benigne che maligne. La dermoscopia rappresenta un valido supporto alla diagnosi, permettendo la valutazione del pattern vascolare atipico del melanoma, in assenza di altri criteri specifici. La microscopia laser confocale, utilizzando come bersaglio la melanina contenuta nei melanociti, consente il riconoscimento della natura melanocitaria della lesione, anche nei casi in cui la pigmentazione sia clinicamente e dermoscopicamente assente.

Diagnostica

Ges. 2007 Nov; 5(11):985-92. 4. Piccolo D, Lozzi GP, Altamura D, Fargnoli MC, Peris K. Dermoscopic evolution of vascular pattern in two cases of amelanotic melanoma. Acta Derm Venereol. 2010;90(1):83-5. 5. Rajadhyaksha M, Grossman M, Esterowitz D, Webb RH, Anderson RR. In vivo confocal scanning laser microscopy of human skin: melanin provides strong contrast. J Invest Dermatol. 1995 Jun;104(6):946-52. 6. Rajadhyaksha M, González S, Zavislan JM, Anderson RR, Webb RH. In vivo confocal scanning laser microscopy of human skin II: advances in instrumentation and comparison with histology. J Invest Dermatol. 1999 Sep;113(3):293-303). 7. Pellacani G, Cesinaro AM, Seidenari S. Reflectance-mode confocal microscopy of pigmented skin lesions-improvement in melanoma diagnostic specificity. J Am Acad Dermatol. 2005 Dec;53(6):979-85. Epub 2005 Oct 19.

RIASSUNTO

Una strana puntura di insetto La microscopia laser confocale (Rcm)è una metodica in vivo emergente che riveste un ruolo cruciale nello studio del melanoma amelanotico, poiché consente di identificare strutture altamente riflettenti ma clinicamente non visibili, come la melanina e i melanosomi contenuti all’interno dei melanociti e nei melanofagi. Presentiamo il caso clinico di una paziente donna di 46 anni, giunta alla nostra attenzione in seguito alla comparsa di una lesione rosea ulcerata del fianco sinistro. PAROLE CHIAVE Microscopia laser confocale, Rcm, melanoma amelanotico

Riferimento per contatti Giovanni Pellacani pellacani.giovanni@unimore.it

CONFLITTI D’INTERESSE DICHIARATI NESSUNO

Bibliografia 1. Carrera C, Puig S, Malvehy J. In vivo confocal reflectance microscopy in melanoma. Dermatol Ther. 2012 Sep;25(5):410-22. doi: 10.1111/j. 1529-8019.2012.01495. 2. Zalaudek I, Argenziano G, Kerl H, Soyer HP, Hofmann-Wellenhof R. Amelanotic/Hypomelanotic melanoma--is dermatoscopy useful for diagnosis? J Dtsch Dermatol Ges. 2003 May;1(5):369-73. 3. Zalaudek I, Hofmann-Wellenhof R, Kittler H, Argenziano G, Ferrara G, Petrillo L, Kerl H, Soyer HP. A dual concept of nevogenesis: theoretical considerations based on dermoscopic features of melanocytic nevi. J Dtsch Dermatol 24

ABSTRACT

A strange insect bite Confocal laser microscopy (Rcm) is an innovative imaging method which plays a crucial role in the study of amelanotic melanoma, because it allows to identify highly reflective but not clinically visible structures, such as melanosomes and melanin content in the melanocytes and melanophages. We present the case report of a 46 years old patient, who came to our attention for the appearance of a pink ulcerated lesion of the left hip. KEY WORDS Confocal laser microscopy, Rcm, amelanotic melanoma


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CHIRURGIA /

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Terapia

Dermatofibrosarcoma protuberans in un adolescente

Ausilia Maria Manganoni Laura Pavoni Giulio Gualdi Clinica dermatologica Spedali civili di Brescia

Caso clinico di rara lesione tumorale cutanea asintomatica e revisione della letteratura

Introduzione Il dermatofibrosarcoma protuberans (Dfsp) è un tumore raro, a malignità intermedia, solitamente descritto in età adulta (range 20-50 anni) (1, 2). I dati riportati in letteratura, tuttavia, suggeriscono che una quota significativa di Dfsp potrebbe rimanere sottostimata durante l'infanzia (3). I motivi più comuni che possono portare a un ritardo diagnostico sembrano essere l'aspetto apparentemente benigno, la lenta crescita, la mancanza di sintomi soggettivi e la sottostima in età giovanile (4). Martin et al. (5) hanno descritto quattro varianti cliniche: lesioni nodulari confluenti che formano una placca sclerotica; placca sclerotica simil-cheloide; massa tumorale; placca atrofica. Dfsp è tipicamente fisso al derma, ma si muove liberamente sui tessuti sottostanti. Il colore varia dal marrone al rosso-bluastro, con una colorazione blu o rossa della cute circostante (4). La patogenesi non è ancora completamente chiarita; è stata proposta un’origine di natura mesenchimale, fibroblastica, istiocitaria o neurale. La presentazione istologica di Dfsp è caratterizzata da una proliferazione di cellule fusate disposte con un pattern storiforme. All’immunoistochimica, Dfsp risulta positivo al CD34 e vimentina, negativo per il fattore XIIIa (6). Dfsp è caratterizzato dalla presenza di anomalie citogenetiche specifiche e la traslocazione reciproca t(17;22) (q22;q13) è stata la più frequentemente riportata in età pediatrica.

Il dermatofibrosarcoma protuberans (Dfsp) è un tumore raro, solitamente descritto in età adulta. La letteratura suggerisce, tuttavia, che una quota significativa di Dfsp potrebbe rimanere sottostimata durante l'infanzia e l’età giovanile a causa dell'aspetto apparentemente benigno. Il trattamento standard è l’asportazione chirurgica che prevede l’ampia resezione del tumore

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Materiali e metodi Di seguito descriviamo un caso di Dfsp in un adolescente e riportiamo i risultati di una revisione di casi clinici riportati in letteratura in pazienti con età inferiore o uguale ai 18 anni e con diagnosi istologica confermata per Dfsp. Abbiamo anche considerato l'età di comparsa della lesione, qualora l’informazione fosse disponibile. Da questo studio abbiamo escluso il fibroblastoma a cellule giganti e Dfsp pigmentato (tumore Bednar), anche se alcuni autori li identificano come una variante di Dfsp.

Case report Nel 2005, un quattordicenne maschio, caucasico, è giunto alla

nostra osservazione per una lesione marrone che cresceva lentamente in regione sopraclavicolare. Non riportava traumi pregressi nell’area interessata. All’esame obiettivo dermatologico emergeva una placca color bruno chiaro, atrofica, di 3 cm, asintomatica. La biopsia ha mostrato un tumore circoscritto nel derma e ipoderma, composto da cellule fusiformi disposte in un pattern storiforme, senza attività mitotica significativa né evidenza di foci di necrosi (fig. 1). La colorazione immunoistochimica mostrava una forte positività per CD34, sostenendo la diagnosi istologica di Dfsp. Successivamente è stato eseguito un intervento chirurgico d’escissione ampio con 3 cm di margini di resezione, inclusa la fascia sottostante. Il paziente è in

CASO CLINICO DI SCHWANNOMA CUTANEO MALIGNO Riportiamo il caso di un paziente di 35 anni, da 4 anni al followup per pregressa asportazione di nodulo simil-cistico dolente al dorso e per la persistenza con la quale si era presentato alla nostra attenzione. Anche in considerazione della non specificità clinica della lesione, oltre alla tendenza della stessa a crescere, abbiamo posto l’indicazione all’escissione chirurgica. L’esame istologico integrato dall’immunoistochimica è risultato diagnostico per schwannoma epitelioide maligno. Lo schwannoma epitelioide maligno è un raro tumore maligno di origine mesenchimale che origina dai nervi periferici e che si caratterizza per componenti prevalentemente epitelioidi. È un tumore difficilmente sospettato dal punto di vista clinico ed entra in diagnosi differenziale con il dermatofibrosarcoma protuberans, oltre che con lesioni cutanee benigne. Nei 26 casi descritti in letteratura, le sedi interessate sono state gli arti e il tronco. Sette pazienti hanno sviluppato recidive locali e in 4 casi erano associate a metastasi. Questi pazienti non erano stati sottoposti ad ampia escissione, ora indicata in letteratura. Come nel caso del dermatofibrosarcoma, si sottolinea che anche nei tumori maligni di origine mesenchimale il quadro clinico spesso è aspecifico ed è necessaria la biopsia per giungere alla diagnosi. Per ridurre il rischio di recidive, è necessaria poi l’ampia escissione che porti a radicalità, oltre al successivo follow-up.

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follow-up da 7 anni, fino ad ora senza evidenza di recidiva.

Conclusioni Il caso clinico di un dermatofibrosarcoma protuberans riportato in un giovane di 14 anni mette in evidenza che la lesione era presente da tempo imprecisato e il paziente è stato posto all’osservazione dermatologica nel momento in cui è stata notata la crescita della lesione. Il fattore evolutivo, cioè la crescita, è stato il segnale d’allarme che ha indotto alla valutazione dermatologica, mentre l’aspetto clinico e la mancanza di sintomatologia soggettiva non sembravano indurre un sospetto. Per questo motivo, l’insorgenza di un quadro clinico spesso aspecifico, come la presenza di una placca persistente o che tende a crescere o di un nodulo, senza una diagnosi clinica patognomonica, può porre il dubbio diagnostico (7) che dovrebbe indurre alla biopsia per la valutazione istologica. Nel nostro caso, infatti, la biopsia cutanea ha confermato il sospetto di dermatofibrosarcoma protuberans. All’esame ha fatto seguito un intervento chirurgico d’escissione ampia con 3 cm di margini di resezione, inclusa la fascia sottostante, permettendo la radicalità del tumore che non ha mostrato recidive al follow-up. La rivalutazione delle caratteristiche cliniche e il trattamento del dermatofibrosarcoma protuberans diagnosticati durante l'infanzia e l'adolescenza riportati in letteratura possono fornire nuovi indizi clinici su questa malattia rara. Una conoscenza


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più approfondita della malattia è infatti il presupposto per una diagnosi precoce e un trattamento adeguato.

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CASO CLINICO

Analisi della letteratura Il numero totale di articoli che sono stati inclusi nell'analisi di revisione è di 64 (8-16). In totale sono stati esaminati 183 casi, compreso il nostro paziente. Dfsp era equamente riportato nel sesso femminile (50%) e nel sesso maschile (47%), mentre non era disponibile nel 3% dei casi.L'età media alla diagnosi istologica era di 9 anni (nascita-18 anni) e il tempo medio da quando i pazienti notavano la lesione a quando si giungeva alla diagnosi istologica era di 4 anni. La lesione si presentava più spesso sul tronco (34%), seguita da arti inferiori (31%), testa e collo (13%) e arti superiori (13%). Dfsp veniva descritto principalmente come placca o placca atrofica (32%) e nodulo (31%). Nel 15% dei casi sono state fornite definizioni aspecifiche di Dfsp (ad esempio tumore, nodulo o massa). I dati non erano completi in alcuni studi. Dalla revisione emerge che trattamento standard era la chirurgia. Dfsp è stato rimosso mediante escissione chirurgica con un margine di 1,5-3 cm e compreso fascia sottostante o con tecnica Mohs. I pazienti, nella maggior parte dei casi, hanno avuto un buon corso; in sporadici casi si sono presentate recidive, trattate prevalentemente con radioterapia, chemioterapia o imatinib mesylate (17).

Fig. 1 La biopsia mostra un tumore circoscritto nel derma e ipoderma, composto da cellule fusiformi disposte in un pattern storiforme

Il trattamento standard per Dfsp è l’asportazione chirurgica che prevede l’ampia resezione del tumore. Non esistono linee guida ufficiali che stabiliscano i margini chirurgici, ma la rimozione di almeno 3 cm di cute sana sino alla fascia compresa è stata ampiamente accettata come trattamento principale; in alternativa è possibile eseguire asportazione chirurgica con tecnica di Mohs (non disponibile in tutte le strutture ospedaliere per l’elevato costo sanitario). La questione più importante è la necessità di ripetere la procedura chirurgica fino a quando non si ottengano margini istologicamente negativi; diversamente, il tasso di recidiva riportato è tra il 32 e il 76% e in genere la massima incidenza di recidive si verifica entro 3 anni.

È importante pertanto la radicalizzazione, confermata istologicamente, e il follow-up. Dato l'alto tasso di ricorrenza del Dfsp si evince che la corretta gestione è indispensabile per raggiungere un obiettivo di guarigione oncologica: pertanto, una diagnosi precoce, da considerare anche in età pediatrica, una conoscenza accurata del comportamento biologico della malattia e trattamenti adeguati risultano indispensabili.

Riferimento per contatti Ausilia Maria Manganoni

ausilia.manganoni@spedalicivili.brescia.it

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Bibliografia 1. Darier J, Ferrand M. Dermofibromes progressifs er récedivants ou fibrosarcomes de la peau. Ann Dermatol Syphil 1924;5:545-62. 2. Hoffman E. Uber das Krollentreibende Fibrosarkom der Haut (Dermatofibrosarkoma protuberans). Dermat Ztschr 1925;43:1-28. 3. Jafarian F, McCuaig C, Kokta V, et al. Dermatofibrosarcoma protuberans in childhood and adolescence: Report of eight patients. Pediatric Dermatology 2008; 25(3), 317-325. 4. Fiore M, Miceli R, Mussi C, et al. Dermatofibrosarcoma protuberans treated at a single institution: a surgical disease with a high cure rate. J Clin Oncol 2005 Oct 20;23(30):7669-75. 5. Martin L, Combemale P, Dupin M, et al. The atrophic variant of dermatofibrosarcoma protuberans in childhood: a report of six cases. Br J Dermatol. 1998 Oct;139(4):719-25. 6. Sandberg AA, Bridge JA. Updates on the cytogenetics and molecular genetics of bone and soft tissue tumors. Dermatofibrosarcoma protuberans and giant cell fibroblastoma. Cancer Genet Cytogenet. 2003;140(1):1-12. 7. Manganoni AM, Farisoglio C, Lonati A, et al. Cutaneous epithelioid malignant schwannoma: review of the literature and case report. J Plast Reconstr Aesthet Surg. 2009;62(9):e318-21. 8. Moumine M, Armani A, ElKbabri M, et al. Congenital dermatofibrosarcoma: A pediatric case. [Dermatofibrosarcome de Darier et Ferrand conge?nital : un cas pe?diatrique] Revue De Stomatologie Et De Chirurgie Maxillo-Faciale 2008; 109(6), 393-395. 9. Gerlini G, Mariotti G, Urso C, et al. Dermatofibrosarcoma protuberans in childhood: Two case reports and review of the literature. Pediatric Hematology and Oncology 2008; 25(6), 559-566. 10. Feramisco J, Larsen F, Weitzul S, et al. Congenital atrophic dermatofibrosarcoma protuberans in a 7-month-old boy treated with mohs micrographic surgery. Pediatric Dermatology 2008; 30

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25(4), 455-459. 11. Reddy C, Hayward P, Thompson P, et al. Dermatofibrosarcoma protuberans in children. Journal of Plastic, Reconstructive and Aesthetic Surgery 2009; 62(6), 819-823. 12. Love WE, Keiler SA, Tamburro JE, et al. Surgical management of congenital dermatofibrosarcoma protuberans. Journal of the American Academy of Dermatology 2009; 61(6), 1014-1023. 13. Ahmed AA, Ostlie D, Fraser JD, et al. Dermatofibrosarcoma protuberans in the breast of a 2-year-old girl. Annals of Diagnostic Pathology 2010; 14(4), 279283. 14. Gooskens SLM, Oranje AP, Van Adrichem LNA, et al. Imatinib mesylate for children with dermatofibrosarcoma protuberans (DFSP). Pediatric Blood and Cancer 2010; 55(2), 369-373. 15. Zaraa I, Ben abdallah M, Driss M, et al. Dermatofibrosarcoma protuberans in children. [Dermatofibrosarcome protubérant de l'enfant] Archives De Pediatrie 2011; 18(1), 23-27. 16. Blaser JL, Nguyen TV, Becker EM, et al. Using the "feed and wrap" technique and mohs surgery to eradicate congenital dermatofibrosarcoma protuberans in a 4month-old. Dermatologic Surgery 2011; 37(6), 862-866. 17. Price VE, Fletcher JA, Zielenska M, et al. Imatinib mesylate: An attractive alternative in young children with large, surgically challenging dermatofibrosarcoma protuberans. Pediatric Blood and Cancer 2005; 44(5), 511-515.

RIASSUNTO

Dermatofibrosarcoma protuberans in un adolescente Il dermatofibrosarcoma è un tumore raro, a malignità intermedia, solitamente descritto in età adulta. L'aspetto apparentemente benigno può portare a un ritardo diagnostico e una sottostima nell'infanzia. In presenza di un quadro clinico aspecifico di una lesione che tuttavia tende a crescere, la scelta corretta è la biopsia della lesione. In caso di conferma istologica di dermatofibrosarcoma, l’indicazione è poi l’ampia escissione, inclusa la sottostante fascia muscolare, e il follow-up. PAROLE CHIAVE Dermatofibrosarcoma protuberans, dermatofibrosarcoma di Darier e Ferrand, DFSP, tumore dei tessuti molli

ABSTRACT

Dermatofibrosarcoma protuberans in a teenager Dermatofibrosarcoma is a rare tumour with intermediate malignancy, usually described in adulthood. The apparently benign appearance can lead to a delay in diagnosis and an underestimation during childhood. In presence of a nonspecific clinical appearance of a lesion that tends to increase, the correct choice is the biopsy of the lesion. In the case of histological confirmation of dermatofibrosarcoma, the subsequent indication is the wide excision including the underlying fascia and the follow-up. KEY WORDS Dermatofibrosarcoma protuberans, dermatofibrosarcoma of Darier and Ferrand, DFSP, soft tissue tumor


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Tre casi clinici di pseudomelanoma dopo trattamento laser

Ausilia Maria Manganoni Laura Pavoni Elena Sereni Camillo Farisoglio Cristina Zane Clinica dermatologica Spedali civili di Brescia

La rimozione chirurgica di una lesione pigmentata congenita in alcuni casi è da preferire al trattamento laser

Descrizione dei casi Presentiamo tre casi di nevi ricorrenti in sede mammaria in giovani donne giunte alla nostra osservazione per la comparsa di lesioni pigmentate clinicamente e dermoscopicamente atipiche, in sede di precedente trattamento di nevi con laser ablativo. Una donna di anni 30, caucasica, è giunta alla nostra osservazione presso la clinica dermatologica per la comparsa da 4 mesi di una lesione pigmentata puntiforme irregolare in sede periareolare mammaria destra (figg. 1-2). La paziente non riferiva anamnesi personale né familiare positiva per melanoma, ma spiegava che nella medesima sede le era stata asportata una lesione pigmentata di piccole dimensioni con laser CO2 ultra pulsato, eseguito presso una struttura ambulatoriale esterna. Un’altra paziente di 30 anni (figg. 3-4), caucasica, si è presentata alla visita riportando la comparsa da 2 mesi di una lesione pigmentata sulla cute della regione mammaria destra. La paziente era preoccupata, perché presentava familiarità positiva per melanoma, e all’anamnesi riferiva che la lesione era apparsa pochi mesi dopo un trattamento con laser CO2 ultra pulsato, eseguito presso una struttura ambulatoriale esterna, per rimuovere una lesione congenita di 1 cm di diametro. La terza paziente, anamnesticamente negativa per melanoma, era una donna di 26 anni, caucasica, che è venuta alla nostra osservazione a causa di una recidiva di lesione pigmentata in regione mammaria sinistra. Di recente si era sottoposta a un trattamento di un nevo congenito piccolo in quest'area, con un laser CO2 ultra pulsato. Clinicamente, le tre lesioni ricorrenti mostravano asimmetria e pigmentazione irregolare.

La ricorrenza dello pseudomelanoma è probabilmente correlata a una procedura di asportazione incompleta di un nevo melanocitico, spesso con una terapia laser che consente l’eliminazione dei melanociti superficiali senza tuttavia distruggerli completamente nello strato più profondo, permettendo così la proliferazione dei melanociti intraepidermici residui

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All'osservazione in videodermatoscopia emergevano pigmentazione diffusa irregolare, una rete atipica e aree non strutturate. Abbiamo dunque asportato chirurgicamente completamente le lesioni con margine di 2 mm per parte e richiesto l'esame istologico. Il sospetto diagnostico era nevo ricorrente versus melanoma.

mide con nucleoli prominenti, nuclei di grandi dimensioni e apoptosi; nel derma papillare erano presenti incontinenza pigmenti con melanofagi, scarso infiltrato linfocitario e fibrosi; le cellule neviche mature del derma non mostravano atipie.

Diagnosi Esame istologico L’esame istologico mostrava un'epidermide normale, ma con un aumento del numero di melanociti atipici di grandi dimensioni confinati all'epider-

Questi risultati istologici erano compatibili con la diagnosi di pseudomelanoma, completamente escisso. Alle pazienti è stato comunque raccomandato un follow-up clinico regolare. Nessuna ulteriore recidiva si è

presentata in entrambi i casi a distanza di 2 anni.

Conclusioni Il termine pseudomelanoma fu coniato da Kornberg e Ackerman nel 1975 (1) per indicare quei nevi persistenti che mostravano l’aspetto clinico o istologico di un melanoma. La ricorrenza insorge in sede d’incompleta asportazione di un nevo melanocitico acquisito o congenito. Si manifesta più di frequente soprattutto su cicatrice di asportazione di nevo congenito, sia che venga asportato chirurgicamente o in seguito a manovre

CASO CLINICO 1

Fig. 1: lesione pigmentata

Fig. 2: analisi lesione in sede

puntiforme irregolare

periareolare mammaria

CASO CLINICO 2

Fig. 3: lesione pigmentata in regione mammaria

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Fig. 4: analisi lesione pigmentata su cute mammaria


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tipo curettage o dermabrasione. La ricorrenza è probabilmente la conseguenza di una procedura che consiste nell’eliminazione dei melanociti superficiali, ma non in grado di distruggerli nello strato più profondo. Lo pseudomelanoma può essere quindi una complicanza di una terapia laser, così come di altre forme di terapia in cui si ha un'escissione incompleta della lesione, che potrebbe causarne la ricorrenza come risultato della proliferazione dei melanociti intraepidermici residui (2). Non è infrequente che i pazienti richiedano di rimuovere una lesione pigmentata spesso congenita con trattamento laser, una procedura che appare più invitante rispetto alla tradizionale asportazione chirurgica completa, per l'esecuzione più rapida e i migliori risultati estetici. Tuttavia, i pazienti non sono consapevoli che la lesione potrebbe essere atipica e che l’unico modo per giungere all’esame istologico è l’asportazione chirurgica completa (3, 6). Dal momento che la dermoscopia fornisce informazioni morfologiche aggiuntive alla valutazione clinica, per la differenziazione di lesioni cutanee melanocitiche e non melanocitiche (7, 10), e cerca di identificare criteri che permettano di distinguere le lesioni benigne da quelle maligne, si consiglia di considerare l’utilità di una visita dermatologica con l’osservazione dermatoscopica, sapendo che solo l’esame istologico consente una diagnosi definitiva. Bisogna comunque sempre ricordare che l’intervento da eseguire per ogni lesione con dubbio di atipie è l’escissione chirurgica con un margine non eccedente i 2 mm e l’esame istologico che consenta la diagnosi. Riteniamo che l’impiego del laser per il tratta-

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mento dei nevi vada rigorosamente sconsigliato, perché il tessuto viene completamente distrutto e pertanto non è possibile analizzarlo. La collaborazione tra clinici faciliterà il percorso diagnostico corretto, così come l'esecuzione di trattamenti ottimali. Riferimento per contatti Ausilia Maria Manganoni

ausilia.manganoni@spedalicivili.brescia.it

CONFLITTI D’INTERESSE DICHIARATI NESSUNO

Bibliografia 1. Kornberg R et al. Pseudomelanoma: recurrent melanocytic nevus following partial surgical removal. Arch Dermatol 1975; 111, 1588-1590. 2. Trau H et al. Pseudomelanoma following laser therapy for congenital nevus. J Dermatol Surg Oncol 1986; 12(9):984986. 3. Lee H-W et al. Pseudomelanoma following laser therapy. JEADV 2006; 20: 342-344. 4. Hwang K et al. Pseudomelanoma after laser therapy. Ann Plast Surg 2002: 48, 562-564. 5. Dummer R et al. Pseudomelanoma after laser therapy. Dermatology 1998; 197, 71-73. 6. Manganoni AM et al. Nodular melanomas associated with nevi. J Am Acad Dermatol. 2010 Nov;63(5):e97. 7. Böer A et al. Pseudomelanoma following laser treatment or laser-treated melanoma? JDDG 2003; 1:47-50. 8. Seidenari S et al. Instrument-, age- and site-dependent variations of dermoscopic patterns of congenital melanocytic naevi: a multicentre study. Br J Dermatol 2006; 155(1): 56-61. 9. Rose SE et al. Melanomas difficult to diagnose via dermoscopy. G Ital Dermatol Venereol 2010; 145: 111-26. 10. Zalaudek I et al. The morphologic universe of melanocytic nevi. Seminar Cutan Med Surg 2009; 28(3):149-56.

RIASSUNTO

Tre casi clinici di pseudomelanoma dopo trattamento laser Il nevo ricorrente o pseudomelanoma può essere una complicanza della terapia laser, così come di altre forme di terapia in cui si ha un'escissione incompleta della lesione che potrebbe causarne la ricorrenza come risultato della proliferazione dei melanociti intraepidermici residui. Riteniamo che l’impiego del laser per il trattamento delle lesioni melanocitarie vada rigorosamente sconsigliato perché il tessuto è completamente distrutto e non è possibile analizzarlo mediante l’esame istologico. PAROLE CHIAVE Pseudomelanoma, trattamento laser, nevo ricorrente

ABSTRACT

Three cases of pseudomelanoma after laser therapy The recurrent nevus or pseudomelanoma can be a complication of a laser therapy as well as other forms of therapy in which there is an incomplete excision of the lesion that may cause the occurrence, as a result of the proliferation of intraepidermal residues of melanocytes. We believe that the use of lasers for the treatment of melanocytic lesions has not to be recommended because the tissue is completely destroyed and it is impossible to analyze it by means of histological examination. KEY WORDS Pseudomelanoma, laser treatment, recurrent nevus

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Trattamento chirurgico di angiofibromi del viso in sclerosi tuberosa

Paola Monari Giulio Gualdi Piergiacomo Calzavara Pinton Clinica dermatologica Spedali civili di Brescia

Asportazione di tessuto a livello del derma superficiale con un generatore di radiofrequenza

Introduzione La sclerosi tuberosa è una malattia a trasmissione autosomica dominante a penetranza variabile, caratterizzata dalla presenza di amartomi che possono interessare tutti gli organi: la pelle, il sistema nervoso centrale, gli occhi e i reni sono quelli più frequentemente colpiti. Le caratteristiche dei pazienti colpiti da questa patologia sono sintetizzate dall’acronimo Epiloia: epilepsy, low intelligence, adenoma sebaceum. La prevalenza della sclerosi tuberosa è valutata intorno a 1:10.000/1:38:000 nella popolazione generale. Il tasso di nuove mutazioni è valutato tra il 66% e l’86% e l’ereditarietà è riportata solo nel 25% dei casi. La malattia è dovuta a un difetto nel controllo della proliferazione e differenziazione cellulare (2 geni identificati, Tsc1 e Tsc2), tale per cui si sviluppano amartomi multipli (angiomiolipomi renali, astrocitomi gigantocellulari cerebrali e retinici, rabdomiomi cardiaci e linfangioleiomiomi polmonari) in diversi organi, la cui funzione può alla fine risultare compromessa. Quasi tutti gli organi possono essere interessati da sclerosi tuberosa, soltanto il sistema muscolare e il sistema nervoso periferico sembrano esserne sempre indenni. Le manifestazioni sitemiche più frequenti sono l’epilessia e gli spasmi infantili, il ritardo mentale, i noduli gliali displastici subependimali, le tuberosità corticali, l’amartoma retinico, il rabdomioma cardiaco, gli angiolipomi e le cisti renali e i disturbi psichiatrici. A livello cutaneo, le manifestazioni più comuni possono essere di

L’intervento chirurgico mediante asportazione tangenziale delle singole lesioni a shaving è indicato nel trattamento della sclerosi tuberosa. Questa tecnica permette una rapida guarigione delle ferite, senza controindicazioni e senza lasciare cicatrici. La procedura viene raccomandata per attenuare una condizione che può generare imbarazzo nel paziente

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CASO CLINICO

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Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Fig. 5

Fig. 6

Fig. 7

diverso genere. Ne riportiamo di seguito un elenco. Chiazze caffellatte: generalmente sono osservate fin dalla nascita o nel primo anno di vita e rimangono immodificate nella dimensione e nella forma per tutta la vita; tali lesioni, il cui

numero può variare da 1 a 100, normalmente si distribuiscono sul corpo in maniera asimmetrica, preferenzialmente a livello del tronco e delle estremità ; sono rare sul viso. Chiazze lanceolate: ipopigmentazioni localizzate generalmente al tronco, con tipico

aspetto allungato, a foglia di frassino, presenti fin dalla nascita e nel 90% circa dei pazienti, identificabili mediante luce di Wood. Nevi connettivali: conosciuti anche come chiazze a pelle di zigrino, si localizzano nella zona lombare, talora con aspetto in


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Fig. 4: immagine intraoperatoria. La paziente, in sedazione, è stata trattata con shaving e asportazione di tessuto superficiale. Questa tecnica ha permesso di rimuovere il tessuto in maniera selettiva, scongiurando la necrosi tissutale ed evitando un eccessivo sanguinamento.

placca mammellonata. Sono presenti in circa un quarto dei pazienti. Tumori di Koenen: detti anche fibromi periungueali, si accrescono lentamente negli anni fino a deviare o distruggere la lamina ungueale. Lesioni del cavo orale: anomalie dello smalto (Pits) e fibromi gengivali sono frequenti ma poco sintomatici. Angiofibromi del viso: presenti in più della metà dei pazienti, tendono presentarsi in giovane età con aspetto di piccole papule colore della cute. Nel tempo tendono a crescere e a diventare eritematose, solcate da fini teleangectasie, e a confluire in larghe placche con seri problemi di sfiguramento del volto che appare bozzuto ed eritematoso. La lenta crescita di angiofibromi può esitare in uno sfiguramento del volto e limitare quindi la

vita di relazione del paziente che ne è affetto. La letteratura contempla l’asportazione tangenziale delle singole lesioni a shaving oppure la dermoabrasione, l’elettrochirurgia o il laser, con garanzia temporanea dei risultati, data la sottesa malattia genetica. Recentemente è stato proposto il Sirolimus topico, attualmente non disponibile in Italia. Di seguito riportiamo un caso in cui compito del dermochirurgo è stato quello di farsi carico di patologie non prettamente oncologiche, nelle quali però la scelta chirurgica ricostruttiva si è rivelata altrettanto valida per il bene del paziente.

Caso clinico Una giovane donna dell’età di 27 anni, razza caucasica, affet-

ta da sclerosi tuberosa, viene inviata dai colleghi del centro dialisi per la presenza di numerosi angiofibromi del viso, estesi a fronte, guance, naso e mento (figg. 1-2-3). Le lesioni sono tali da deformare il contorno del viso della paziente e da generare imbarazzo. La paziente è affetta da insufficienza renale cronica e per questo in terapia dialitica. L’impatto sulla qualità di vita della paziente è tale da indurle il rifiuto a uscire di casa e, nelle ultime settimane, determina altresì una riluttanza a recarsi alle periodiche sedute dialitiche, con un rischio per la sua salute. Per tale motivo, di comune accordo con il centro dialisi e previo nulla osta dell’anestesista, si decide per un trattamento chirurgico complessivo delle lesioni, da eseguirsi in sedazio37


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ne, data l’impossibilità di trattare una così vasta zona in sola anestesia locale e vista la bassa sopportazione al dolore della paziente, affetta da un lieve ritardo mentale. Abbiamo quindi eseguito un rimodellamento del viso, con maggiore attenzione alla definizione del naso e delle guance ossia le zone dove le lesioni erano maggiori sia per dimensione che per numero. Abbiamo eseguito uno shaving uniforme di tutto il viso, con asportazione di tessuto a livello del derma superficiale, utilizzando un generatore di radiofrequenza (Hyperion) con manipolo ad ansa; questo ci ha permesso di ottenere la rimozione di tessuto in maniera precisa, senza necrosi tissutale e con adeguato controllo del sanguinamento (fig. 4). A fine intervento è stata eseguita una medicazione non aderente con lamina al silicone (Mepitel), sagomata su tutto il viso, che è rimasta in sede per sette giorni. È stata eseguita una terapia antibiotica ad ampio spettro e antivirale profilattica. La guarigione delle ferite e la completa riepitelizzazione sono state ottenute al decimo giorno, senza cicatrici retraenti o alterazioni della pigmentazione. La paziente è stata addestrata sul proseguimento delle cure, che constava d’idratazione quotidiana e protezione solare totale con schermo chimicofisico. La paziente è stata soddisfatta e a distanza di 2 anni permane il beneficio del trattamento, senza recidive di lesioni, con ripresa di una normale qualità di vita (figg. 5-6-7). 38

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Conclusioni RIASSUNTO

Anche se con finalità estetiche e con risultati sicuramente non persistenti, l’intervento chirurgico operato ha permesso alla paziente di ritornare alle cure dialitiche, peraltro necessarie, e di superare l’imbarazzo dato dalle lesioni del viso. Inoltre la tecnica effettuata ha reso possibile avere una rapida guarigione delle ferite, senza effetti collaterali o cicatrici. In conclusione anche se affetta da ritardo mentale la nostra paziente, come altri portatori della stessa condizione, ha molto sofferto per il suo aspetto, via via più complicato dall’estensione delle lesioni. Per tale motivo abbiamo interpretato il ruolo del dermochirurgo non solo come operatore nel campo strettamente oncologico, ma come esperto in grado di alleviare e attenuare una condizione di malattia. Riferimento per contatti Paola Monari paola.monari@libero.it

CONFLITTI D’INTERESSE DICHIARATI NESSUNO

Bibliografia Giannetti A. Trattato di Dermatologia 2007, Casa Editrice: Piccin. O. Braun-Falco, G. Plewig, H. H. Wolff, W. C. Burgdorf Dermatologia, 2004. Cuevas Asencio I, Albornoz López R, Salido Vallejo R, Reyes Malia M. Farm Hosp. Topical sirolimus 0.4% formulation for treatment of facial angiofibromas2012 Sep-Oct;36(5):433-4. Salido-Vallejo R, Garnacho-Saucedo G, Moreno-Giménez JC Current Options for the Treatment of Facial Angiofibromas. Actas Dermosifiliogr. 2013 Mar 21.

Trattamento chirurgico di angiofibromi del viso in sclerosi tuberosa La sclerosi tuberosa è una malattia a trasmissione autosomica dominante a penetranza variabile.A livello cutaneo si possono avere alterazioni della pigmentazione e angiofibromi del viso che tendono a crescere e a diventare eritematosi. La letteratura contempla l’asportazione tangenziale delle singole lesioni a shaving oppure la dermoabrasione. Riportiamo il caso di una ventisettenne affetta da tale condizione in cui la scelta di shaving delle lesioni con strumento a radiofrequenza, in anestesia generale, si è rivelata efficace. PAROLE CHIAVE Sclerosi tuberosa, angiofibromi, terapia chirurgica

ABSTRACT

Surgical treatment of facial angiofibromas in tuberous sclerosis Tuberous sclerosis is an autosomal dominant genetic condition in which the skin manifestations could represent a social and psychological problem for the patient. Facial angiofibromas are present as a mild erythema and slowly they evolve in pink papules that can involve large face area. For this reason various modalities of treatment have been adopted. We present the case of a 27 year old caucasian female affected multiple erythematous nodular angiofibromas. We decide to treat the facial nodules under general anesthesia. KEY WORDS Tuberous sclerosis, angiofibromas, surgical treatment


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ANGOLO DELLA CLINICA

Chiazza eritematosa atrofica in regione scapolare A cura di Elena Sereni, Marina Venturini, Cristina Zane Clinica dermatologica, Università degli studi di Brescia

Descrizione Il caso è di una paziente donna di 44 anni, caucasica, che riferisce la presenza di una chiazza eritematosa atrofica localizzata in regione scapolare sinistra di circa 2 cm (fig. 1). Tale lesione era presente da anni ed era asintomatica. Nel contesto della lesione si osserva evidente fotoeliosi. La paziente godeva di buona salute, non assumeva alcuna terapia domiciliare e non riferiva familiarità per patologie dermatologiche o sistemiche di rilievo. La paziente negava l’applicazione di topici o traumatismi cronici. Alla videodermatoscopia, con ingrandimento x 20 e x 50, la lesione mostra un pattern aspecifico, un’area biancastra centrale scar-like (figg. 2-3).

Fig. 1

Fig. 4

È stata eseguita una biopsia incisionale della lesione. L’esame microscopico del tessuto mostra un’epidermide normocheratosica e normotrofica. A livello del derma è presente proliferazione di cellule fusate, con nucleo ora piccolo e ipercromico, ora più voluminoso e citoplasma allungato, organizzate irregolarmente in fasci che si estendono all’ipoderma, seguendo setti interlobulari e infiltrando in singoli elementi i lobuli adiposi, con architettura di tipo “storiforme” (figg. 4-5). All’indagine immunoistochimica la popolazione neoplastica mostra una positività per CD34 e negatività per FXIIIA (figg. 6-7).

La diagnosi è alla pagina seguente

Fig. 2

Fig. 5

Fig. 3

Fig. 6

Fig. 7

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ANGOLO DELLA CLINICA

Diagnosi Sulla base dei risultati della biopsia incisionale è stata posta diagnosi di dermatofibrosarcoma protuberans.

Discussione Il dermatofibrosarcoma protuberans (Dfsp) venne descritto per la prima volta nel 1924 da Darier e Ferrand come “dermatofibroma progressivo ricorrente”; in seguito, nel 1925 Hoffman lo definì “dermatofibrosarcoma protuberans”. Il Dfsp è un tumore raro, a basso grado di malignità, localmente aggressivo, con basso potenziale metastatico ed elevata tendenza alle recidive locali dopo escissione chirurgica. Si tratta di un sarcoma fibroistiocitario che presenta aggressività locale e lenta crescita. Questo tipo di tumore costituisce l’1-1,8% di tutti i sarcomi dei tessuti molli. Origina nel derma e invade sia lateralmente i fasci di fibre collagene, sia profondamente il connettivo. Ha un comportamento biologico intermedio tra dermatofibroma e istiocitoma fibroso maligno e si manifesta con un’incidenza di 0,8 casi/milione di persone/anno, colpendo in prevalenza giovani adulti (20-50 anni), anche se in realtà può colpire tutte le fasce di età, compresi pazienti in età infantile. Non c’è prevalenza tra i due sessi, che ne risultano ugualmente colpiti. L’obiettività dermatologica è caratterizzata da placche dure rosacee o viola-rossastre, da masse nodulari e papule multiple a lenta crescita, spesso invariate per anni. Può colpire una qualunque parte del corpo, ma più frequentemente si localizza al tronco, alle estremità (parte prossimale) o in regione testa/collo. Tali lesioni tendono a crescere, infiltrando localmente i tessuti più profondi. Il Dfsp ha molto probabilmente un'origine fibroblastica: oltre il 90% di casi si associa alla produzione del fattore di crescita disregolato derivato dalle piastrine (PDGF), che origina da una traslocazione cromosomica o da un cromosoma ad anello sovrannumerario derivato dalla t(17;22). Il punto di rottura della traslocazione interessa molto spesso il secondo esone del gene PDGFB sul cromosoma 22 (22q13.1), che viene fuso con il gene del collagene alfa di tipo 1 (COL1A1) sul cromosoma 17 (17q21.33). La traslocazione cromosomica produce un’iporegolazione del gene PDGFB sotto forma di un proto-oncogene fuso, COL1A1/PDGFB. 42

La diagnosi viene posta sulla base dell'analisi istologica del campione prelevato che rivela la presenza di un tumore fibroblastico differenziato, positivo per CD34, ed evidenza al microscopio di caratteristici fasci intrecciati di cellule che formano una specie di spirale. Per confermare la diagnosi possono essere prese in considerazione le analisi citogenetiche che identificano la traslocazione cromosomica t(17;22) caratteristica o la FISH in interfase con l'uso di sonde specifiche del cromosoma 22. I diversi tipi di imaging, come le scansioni con risonanza magnetica o Tac, sono molto utili per valutare la profondità dell'invasione del tumore e per identificare i siti metastatici. La diagnosi differenziale si pone con il fibrosarcoma, il dermatofibroma, il neurofibroma e altri tumori dei tessuti molli. La resezione chirurgica radicale è il trattamento d’elezione per il Dfsp primitivo e ricorrente. La chirurgia micrografica di Mohs (Mms), che usa il sezionamento sequenziale orizzontale con esame microscopico immediato, può ridurre la quantità del tessuto resecato e comporta un basso rischio di ricorrenza. Può essere usata la radioterapia postoperatoria quando la resezione è parziale. L'imatinib, un inibitore orale del recettore della tirosina chinasi, PDGF, può portare dei benefici ai pazienti affetti da una malattia metastatica o da lesioni localmente avanzate e non resecate. La citotossina non si è dimostrata invece una terapia efficace.

BIBLIOGRAFIA • Cottier O, Fiche M, Meuwly JY, Delaloye JF. Dermatofibrosarcoma presenting as a nodule in the breast of a 75year-old woman: a case report. J Med Case Rep. 2011 Oct 5;5:503. • Galimberti G, Montaño AP, Kowalczuk A, Ferrario D, Galimberti R. Outcomes in 11 patients with dermatofibrosarcoma protuberans treated with Mohs micrographic surgery. Int J Dermatol. 2012 Jan;51(1):89-93. • Cai H, Wang Y, Wu J, Shi Y. Dermatofibrosarcoma protuberans: clinical diagnoses and treatment results of 260 cases in China. J Surg Oncol. 2012 Feb;105(2):142-8. • Kim M, Huh CH, Cho KH, Cho S. A study on the prognostic value of clinical and surgical features of dermatofibrosarcoma protuberans in Korean patients. J Eur Acad Dermatol Venereol. 2012 Aug;26(8):964-71. • Wahal AO et al Annales de chirurgie plastique esthetique 2012;57:140-6. • Valdivielso-Ramos M, Hernanz JM. Dermatofibrosarcoma protuberans in childhood. Actas Dermosifiliogr. 2012 Dec;103(10):863-73.


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Rassegna di articoli selezionati dalle principali riviste scientifiche A cura di Annachiara Corazzol

Effetti cellulari da epilazione domiciliare con dispositivi a luce pulsata

Rassegna sulle azioni legali per danni da trattamenti laser cutanei

L’uso di dispositivi a luce pulsata per epilazione domiciliare sta diventando sempre più diffuso. Questo studio, eseguito su 10 soggetti, si propone di indagare l’effetto cellulare innescato da un nuovo apparecchio a luce pulsata, con impulso quadro e bassa energia. Dopo quattro trattamenti settimanali eseguiti alle ascelle si è verificato un aumento significativo di follicoli in telogen; dopo 6 mesi la riduzione del numero dei peli terminali è stata dell’87%, mentre i peli vello non sono stati modificati dal trattamento. Resta da chiarire con ulteriori studi se i danni arrecati dalla luce pulsata ai follicoli piliferi siano permanenti.

Gli autori in questo studio hanno passato in rassegna le azioni legali per danni in seguito a trattamenti laser cutanei, analizzando i dati contenuti in un database nazionale, tenendo conto della frequenza e della natura dei casi, dell’anno, della causa, delle motivazioni, della sentenza e del risarcimento. Dal 1985 al 2012 gli autori hanno identificato 174 casi correlati a danni da trattamenti laser cutanei, con una tendenza costante all’aumento. La procedura per epilazione laser è risultata quella più denunciata e i chirurghi plastici gli specialisti maggiormente coinvolti. Inoltre, i medici sono stati giudicati responsabili se il danno viene provocato da personale non medico.

Trelles MA, Ash C, Town G. Clinical and microscopic evaluation of long-term (6 months) epilation effects of the ipulse personal home-use intense pulsed light (IPL) device. J Eur Acad Dermatol Venereol. 2013 Jan 18.

Jalian HR, Jalian CA, Avram MM. Common causes of injury and legal action in laser surgery. JAMA Dermatol. 2013 Feb 1;149(2):188-93.

Dolore e tollerabilità della terapia fotodinamica con Ala Caratteristiche ed efficacia degli apparecchi per l’epilazione laser In questa ampia rassegna della letteratura vengono prese in considerazione le basi teoriche dell’epilazione laser e le caratteristiche degli apparecchi laser e a luce pulsata disponibili, compresi i dispositivi per uso domiciliare. La letteratura conferma l’efficacia dei laser alessandrite, diodo, Nd:yag e degli apparecchi a luce pulsata per l’epilazione permanente. Per quanto riguarda i fototipi alti, il laser più sicuro è il laser Nd:yag. Restano invece da indagare in modo più approfondito sia l’efficacia che la sicurezza dei dispositivi per uso domiciliare. Gan SD, Graber EM. Laser Hair Removal: A Review. Dermatol Surg. 2013 Jan 17.

La terapia fotodinamica con Ala viene spesso limitata dal dolore. Risulta pertanto interessante lo studio pilota nel quale la fluenza prevista è stata erogata in due fasi, allo scopo di aumentarne la tollerabilità. Nell’analisi sono stati presi in considerazione 14 pazienti caucasici, affetti da carcinoma basocellulare superficiale e nodulare e malattia di Bowen in 3 casi. I pazienti sono stati trattati, dopo applicazione di Ala, con due diverse irradianze: la prima più bassa (30-50 mW/cm2 per 20 J/cm2) utilizzata fino al 90% dell’effetto sull’Ala, seguita dalla più alta (150 mW/cm2 per una fluenza totale di 200-300 J/cm2) per completare la seduta. Per la valutazione del dolore è stata usata una scala analogica visiva. I risultati clinici, a 6-12 mesi dalle sedute di terapia, sono stati parago43


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LETTERATURA INTERNAZIONALE

nabili a quelli raggiungibili con la metodica tradizionale; l’intensità del dolore è diminuita in modo significativo ed è stata fortemente messa in relazione con la sede delle lesioni, piuttosto che con il tipo, le dimensioni e il numero delle stesse. Zeitouni NC, Paquette AD, Housel JP, Shi Y, Wilding GE, Foster TH, Henderson BW. A retrospective review of pain control by a twostep irradiance schedule during topical ALAphotodynamic therapy of non-melanoma skin cancer. Lasers Surg Med. 2013 Feb;45(2):89-94.

Il pretrattamento con laser CO2 accelera la fotosensibilizzazione Il pretrattamento con laser CO2 frazionale aumenta la distribuzione della sostanza fotosensibilizzante nella pelle. Questo studio indaga se questa maggiore penetrazione sia legata alla profondità dei canali provocati dal laser o al tempo di incubazione. A questo scopo sono state erogate su pelle di suino diverse energie con il laser CO2 (37, 190 e 380 mJ per impulso), seguite dall’applicazione di Mal (Metvix) per tempi diversi (30, 60, 120 e 180 minuti). Successivamente la fluorescenza è stata quantificata con foto e microscopia sulla superficie cutanea e a 5 diverse profondità (120, 500, 1000, 1500 e 1800 µm). I dati risultati indicano che la penetrazione del fotosensibilizzante viene accelerata dal pretrattamento con il laser in modo significativo, mentre appare meno correlata alla profondità dei canali intradermici. Haak CS, Farinelli WA, Tam J, Doukas AG, Anderson RR, Haedersdal M. Fractional laserassisted delivery of methyl aminolevulinate: Impact of laser channel depth and incubation time. Lasers Surg Med. 2012 Dec;44(10):787-95.

Port-wine stains con dye laser: tre settimane di intervallo tra le sedute I port-wine stains si presentano nei neonati in una percentuale che varia dallo 0,3% allo 0,5% e il trattamento con dye laser pulsato (Pulsed 44

Dye Laser) rimane il trattamento privilegiato. Questo studio ha lo scopo di stabilire quale possa essere l'intervallo ideale tra una seduta e la successiva. Nel corso dello studio 24 bambini sono stati trattati con il dye laser per un totale di almeno 5 sedute, distanziate di 2, 3 e 4 settimane. Gli effetti collaterali del trattamento sono stati quelli prevedibili, quali eritema, edema, porpora ed effetti simili in tutti i gruppi, mentre non si sono verificati in nessuno dei casi ipopigmentazione, cicatrici e infezioni. I miglioramenti al termine del ciclo di terapia, variabili dal 50% al 100% considerando la totalità dei pazienti, sono stati maggiori nei gruppi con l'intervallo più breve. Pertanto gli autori ritengono che, distanziando di 2 o 3 settimane le sedute laser, i risultati siano superiori in termini di efficacia e rapidità, mantenendo contemporaneamente la sicurezza del trattamento. Anolik R, Newlove T, Weiss ET, Brightman L, Hale EK, Karen JK, Bernstein L, Geronemus RG. Investigation into optimal treatment intervals of facial port-wine stains using the pulsed dye laser. J Am Acad Dermatol. 2012 Nov;67(5):985-90.

Possibilità di impiego della tossina botulinica nei trattamenti estetici I trattamenti a fini estetici con la tossina botulinica sono in espansione, risulta quindi interessante approfondirne le potenzialità ancora non conosciute. L'articolo riporta uno studio svolto per indagare l'effetto della tossina botulinica sui fibroblasti umani. Mediante test di laboratorio sono state misurate la produzione di peptidi del procollagene 1 e la sintesi di metalloproteinasi. Si è visto che, in presenza di tossina, i fibroblasti aumentano la produzione di collagene e diminuiscono quella delle metalloproteinasi, riducendo così il processo di degradazione del collagene. Oh SH, Lee Y, Seo YJ, Lee JH, Yang JD, Chung HY, Cho BC. The potential effect of botulinum toxin type A on human dermal fibroblasts: an in vitro study. Dermatol Surg. 2012 Oct;38(10):1689-94.


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MEDICO PAZIENTE MALATTIA

Il binge eating disorder e la fame infinita Roberta Bidone, psicologa psicoterapeuta, Milano Hellas Cena, medico chirurgo, specialista in scienza dell’alimentazione Università degli studi di Pavia L’espressione binge eating syndrome è stata utilizzata per la prima volta negli anni ‘50 in una pubblicazione sulla rivista scientifica Psychiatric Quarterly dal dottor Albert Stunkard, rinomato esperto di obesità presso la facoltà di medicina della University of Pennsylvania. In realtà, l’espressione è stata proposta da un suo paziente che, per descrivere al medico cosa accadesse nei confronti del cibo, prese spunto da binge drinking, modo di dire comunemente utilizzato dagli anglosassoni con il significato di “alzare il gomito, perdere la misura nel bere”. Si trattava di un insegnate di 37 anni, della statura di 1,75 m e del peso di 123 kg, in sovrappeso dall’infanzia. Durante le visite raccontava al dottor Stunkard come il cibo fosse diventato per lui un’ossessione, tanto che le giornate venivano catalogate come buone o cattive a seconda che fosse riuscito o meno a rispettare la dieta o a trattenersi dall’impulso di mangiare. Il suo stile alimentare era

raramente costituito da pasti regolari, bensì per la maggior parte da abbuffate. Per definizione, il binge eating disorder (Bed), tradotto in italiano come “disturbo d’alimentazione incontrollata”, è «un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da episodi di abbuffate con perdita di controllo, senza l’utilizzo di metodi di compenso (come per esempio vomito autoindotto o uso di lassativi)». Il binge eating disorder nell’attuale Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-IVR) è classificato nell’appendice dedicata a “criteri e assi utilizzabili per ulteriori studi” ed è oggetto di discussione per il DSM-V che uscirà nel 2013 come categoria diagnostica a sé, all’interno dei disturbi del comportamento alimentare. Attualmente la valutazione diagnostica del Bed implica i seguenti punti: A) Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Un episodio di alimentazione incontrollata si caratterizza per la presenza di entrambi i seguenti elementi: mangiare, in un periodo di tempo (per es. entro un periodo di 2 ore) un quantitativo di cibo chiaramente più abbondante di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo simile di tempo e in circostanze simili; sensazione di perdita del controllo nel mangiare durante l’episodio (per es. la sensazione di non riuscire a fermarsi oppure controllare che cosa e quanto si sta mangiando). B) Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati a tre (o più) dei seguenti sintomi: mangiare molto più rapidamente del normale; mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni; mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati; 45


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MEDICO PAZIENTE MALATTIA

mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando; sentirsi disgustato verso se stesso, depresso o molto più in colpa dopo le abbuffate. C) È presente marcato disagio riguardo alla perdita di controllo nei confronti del cibo (vergogna e senso di colpa). D) Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta mediamente, almeno per 2 giorni alla settimana in un periodo di 6 mesi. E) L’alimentazione incontrollata non risulta associata all’utilizzazione sistematica di comportamenti compensatori inappropriati (per es. uso di purganti, digiuno, eccessivo esercizio fisico) e non si verifica esclusivamente in corso di anoressia nervosa o di bulimia nervosa.

Epidemiologia Circa il 2-5% della popolazione generale soffre di Bed; la prevalenza è ancora più elevata in alcuni gruppi specifici, come ad esempio per chi afferisce a trattamenti per il controllo del peso. Generalmente le persone che soffrono di disturbo di alimentazione incontrollata hanno problemi di soprappeso e obesità. Spesso la loro storia è caratterizzata da un alto numero di diete, che non vengono mai portate a termine. Una dieta eccessivamente ipocalorica può innescare con maggiore facilità l’abbuffata in queste persone. Il disturbo colpisce prevalentemente il sesso femminile, con un rapporto di 3 a 2. L’insorgenza del comportamento incontrollato avviene con maggior frequenza nella tarda adolescenza, mentre la diagnosi Bed si ritrova più spesso in soggetti adulti (30-40 anni) che mostrano un quadro anamnestico con disturbi della sfera alimentare intorno ai 20 anni. La sindrome risulta presente in tutte le classi sociali, con una leggera preponderanza percentuale nel livello socioeconomico più basso. Sono soprattutto le donne a intraprendere trattamenti medici multidisciplinari, motivate inizialmente dalla preoccupazione per il proprio aspetto fisico, che le porta a richiedere un trattamento dietologico per contenere il problema del sovrappeso. Per quanto riguarda il territorio italiano è da evidenziare una certa povertà di dati epidemiologici, da ricondursi principalmente al fatto che que46

sto disturbo gode di interesse da un periodo di tempo relativamente breve.

Aspetti psicologici I binge eaters sono pazienti che quando riescono a rivolgersi a uno specialista si presentano autenticamente preoccupati per l’aumento ponderale e solitamente motivati a recuperare lo stato di salute. Molti di loro vivono nell’afflizione di non poter controllare l’impulso a mangiare: l’assunzione di cibo avviene in maniera ricorrente nell’arco della giornata, rapidamente e con frequenza diversa a seconda della gravità del disturbo. Dapprima le abbuffate iniziano in maniera saltuaria e, se il problema si aggrava, aumentano di frequenza. Dal punto di vista psicologico è come se il cibo in questa fase diventasse una forma di autoterapia per curare una sgradevole attivazione emotiva che trova sollievo nell’atto del mangiare. Sono stati riconosciuti alcuni fattori di rischio associati allo sviluppo di tale patologia in età pediatrica: in particolare l’inizio precoce di dieting, l’importanza familiare eccessiva data al peso e alle forme corporee come punti fermi su cui è costruita l’autostima, l’esposizione precoce e duratura ai commenti negativi e alle beffe di


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compagni e di familiari, esperienze traumatiche infantili, storia di depressione nei genitori. Un ulteriore e importante fattore implicato nell’insorgenza di tale patologia è la storia di abuso sessuale. Valutazione di se stessi negativa, scarsa autostima, senso di inefficacia e di inadeguatezza sono stati riconosciuti come fattori di rischio, insieme all’impulsività e alla vulnerabilità emotiva associata a un deficit della regolazione emozionale. Si sono riscontrati alcuni aspetti comuni nelle famiglie d’origine di questi pazienti, quali per esempio un alto livello di criticismo su peso, aspetto e alimentazione, come pure elevate aspettative, scarsa affettività, scarso contatto e inadeguato coinvolgimento genitoriale

Emotional Eating Come nelle pazienti bulimiche, anche tra coloro che soffrono di Bed a volte le diete incongrue e il loro fallimento rappresentano l’evento che scatena un’abbuffata, ma con modalità diverse. Più che la restrizione alimentare, sarebbero le emozioni negative legate alla privazione del piacere del cibo o alla constatazione della difficoltà di dimagrire a indurre gli eccessi alimentari. I risultati delle ricerche sottolineano l’importante ruolo esercitato dalle emozioni e dalla regolazione emotiva (in particolare rispetto alle emozioni negative) nel binge eating. Per esempio, tra i fattori scatenanti più citati della condotta alimentare di tipo incontrollato si registrano situazioni di stress e abbassamento del tono dell’umore. La presenza di un deficit nelle abilità di riconoscimento, comprensione e gestione delle emozioni viene indicato come uno dei possibili motivi per cui coloro che soffrono di Bed ricorrono al cibo in risposta alle emozioni spiacevoli e valutano le situazioni maggiormente stressanti rispetto a quanto non le ritengano gli altri. Sembra proprio che nel Bed il blocco emozionale si manifesti secondo modalità peculiari che coinvolgono la difficoltà a controllare gli impulsi e la presenza di una “finestra emozionale stretta”: un’alta soglia di percezione e una bassa soglia di intolleranza delle emozioni. Con questa definizione si fa riferimento al fatto che i pazienti che soffrono di Bed riescono a percepire le

emozioni solo quando esse raggiungono una certa intensità, ma appena iniziano a percepirle, altrettanto rapidamente non sono più in grado di tollerarle e pertanto reagiscono cercando conforto nel cibo. La presenza di un’emozione troppo intensa induce all’utilizzo del cibo come mezzo per bloccarla e non percepire più nulla. L’abbuffata serve ad allontanare dalla coscienza le emozioni negative focalizzando il soggetto su quelle positive indotte dal cibo. L’emotional eating rappresenta spesso l’unica modalità di risposta alle difficoltà della vita di tutti i giorni.

Cura e trattamento Per far fronte a questo tipo di problema non è sufficiente seguire una dieta, ma risulta fondamentale intraprendere anche un lavoro di tipo psicologico che aiuti il soggetto a individuare e comprendere che cosa provoca questo comportamento, riconoscendo i pensieri e i vissuti emotivi collegati, tra i quali spesso si riscontrano problemi di scarsa autostima, ansia e depressione. Risulta quindi di fondamentale importanza rivolgersi a professionisti con una formazione specifica per disturbi del comportamento alimentare. Ad oggi l’intervento ottimale risulta essere un approccio multidisciplinare che tenga in considerazione i seguenti aspetti: approccio dietologico che comprende una gestione internistica generale, educazione alimentare, modificazione dell’alimentazione e

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introduzione di attività fisica e di uno stile di vita più attivo; approccio psicologico in cui l’orientamento che si è dimostrato più efficace per questo tipo di problematica risulta essere quello cognitivo comportamentale, approccio originariamente studiato per la terapia della bulimia nervosa e focalizzato sull’interruzione delle abbuffate e la risoluzione dei meccanismi che le sostengono. La psicoterapia prevede la normalizzazione dell’introito calorico, la messa in discussione delle idee disfunzionali, l’identificazione degli stati emotivi che possono portare alla perdita di controllo e lo sviluppo di abilità alternative al cibo per fronteggiarli. Tutto ciò con l’obiettivo di accrescere il senso di controllo, che favorirebbe tra l’altro l’adesione alle strategie di cambiamento e permetterebbe di ottenere il miglioramento sia del tono dell’umore che della psicopatologia associata. Il trattamento può essere individuale, di gruppo o di entrambi i tipi, in base alle caratteristiche personali del paziente. Oggi finalmente è stata stilata una mappatura

nazionale di tutti i centri riconosciuti che si occupano di disturbi alimentari con un approccio multidisciplinare, facilmente consultabile su collegandosi al sito internet dedicato www.disturbialimentarionline.it. Un intervento tempestivo e polispecialistico sarà in grado di sostenere la persona con questo disturbo in modo completo, aiutandola a uscire da un profondo e controproducente vissuto di vergogna e isolamento.

BIBLIOGRAFIA • Safer DL, Telch CF, Chen EY. Binge eating e bulimia: trattamento dialettico-comportamentale. Raffaello Cortina Editore (2011). • Fairburn CG, Wilson GT. Binge Eating. Nature, assesment and treatment, Guilford, New York (1993). • Ostuzzi R, Luxardi GL. Un boccone dopo l’altro. Come aiutare i nostri ragazzi con problemi di peso. Baldini Castoldi Dalai (2007). • Vinai P, Todisco P. Quando le emozioni diventano cibo. Psicoterapia cognitiva del binge eating disorder. Cortina Libreria Milano (2007).


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MARKETING & SVILUPPO

ABILAST REPAIR MASK Abilast repair mask è un prodotto specifico per la protezione e il ripristino delle condizioni fisiologiche della pelle danneggiata e il riequilibrio della cute irritata. La maschera è particolarmente indicata per arrossamenti, stati di disequilibrio cutaneo o fasi di iperreattività. La sua composizione, ricca in principi attivi funzionali ad azione lenitiva, idratante ed emolliente, favorisce i processi di riparazione e rigenerazione delle alterazioni superficiali dell’epidermide e consente il rapido riequilibrio cutaneo, donando

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zione della superficie cutanea o come trattamento abituale per prevenire o ridurre screpolature e arrossamenti e contrastare l’invecchiamento cutaneo, attenuando rughe e segni d’espressione. Si consiglia di utilizzare Abilast repair mask 1 o 2 volte alla settimana applicando un abbondante strato di maschera su viso, collo e decolletè e lasciando agire per 15 minuti, massaggiando poi il prodotto residuo fino a completo assorbimento. La sensazione di benessere e freschezza è immediata e dona un istantaneo sollievo. Distribuito da Inverni della Beffa Tel. 02 57496224 www.sharperderma.it

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Med Pharm presenta truSculpt, un innovativo sistema non invasivo che sfrutta il potenziale delle onde radio ad alta frequenza per il rimodellamento dei tessuti connettivi e il rassodamento corporeo. Si tratta di una novità mondiale che in poche sedute e senza downtime può trattare diverse aree come addome, fianchi, cosce e glutei.

Sfruttando l’altissima potenza generata dalle onde radio ad alta frequenza, gli strati adiposi assorbono l’energia termica rilasciata sotto forma di calore uniforme, con temperature anche superiori ai 45 °C, a livello cutaneo superficiale e profondo. Elettrodi di ampio diametro facilitano la penetrazione di corrente ad alta intensità fino a profondità di 7-15 mm, consentendo lo scioglimento del tessuto adiposo in modo non invasivo e permettendo una riduzione della circonferenza della zona trattata. Il trattamento è indicato per tutti i tipi di pelle e può essere effettuato su qualsiasi zona del corpo, in quanto non è richiesto uno spessore minimo di adipe. Il numero delle sedute dipende dall’area che si vuole trattare e dai risultati desiderati; tipicamente sono necessari 2-3 trattamenti a distanza di 4-8 settimane l’uno dall’altro. Ogni seduta, della durata massima di un’ora,

prevede un breve trattamento preparatorio, seguito dall’applicazione della tecnologia truSculpt sulla zona da trattare e successivo rilascio dell’impulso energetico a radio frequenza, ciascuno della durata media di 4 minuti. Non è necessaria un’azione di raffreddamento della zona nè l’applicazione di anestetici topici o altre medicazioni. Trusculpt è un dispositivo a onde radio per lo scioglimento del tessuto adiposo e degli inestetismi della cellulite attraverso l'alta temperatura autorizzato FDA (ente governativo statunitense deputato alla valutazione e approvazione della sicurezza e dell’efficacia dei numerosi prodotti, tra cui i dispositivi medici).

Med Pharm Group Tel. 02 48012331 info@medpharm.it www.medpharm.it 49


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7-05-2013

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MARKETING & SVILUPPO

S-REPAIR SACHETS

S-Repair Sachets è un integratore a fini medici speciali contenente ingredienti utili per il regime alimentare di individui allettati per la prevenzione e il trattamento di lesioni da decubito. Un fattore chiave nelle ferite cutanee è infatti rappresentato dallo stato di nutrizione del paziente, fondamenta-

le per il mantenimento dell’integrità tissutale e la promozione dei processi di cicatrizzazione. Alcuni studi hanno infatti evidenziato come la gravità delle lesioni da decubito sia strettamente correlata all’entità del deficit nutrizionale. In particolare, i pazienti anziani sono i soggetti maggiormente a rischio di malnutrizione per problematiche concomitanti, come ad esempio la ridotta funzionalità dell’apparato digerente, malattie croniche, modificazioni metaboliche, perdita dell’autosufficienza e assunzione di farmaci. Qualora un adeguato apporto proteico, che includa aminoacidi essenziali e aminoacidi condizionatamente essenziali, non venga assunto con la dieta, la ferita cutanea tenderà a non guarire a causa dell’insufficiente stimolo alla formazione del tessuto di granulazio-

ne e in particolare del collagene (sostanza fondamentale dei tessuti). In questi casi l’azione di SRepair può essere di aiuto garantendo l’assunzione di minerali, vitamine e oligoelementi indispensabili nei processi di guarigione. La sua formulazione contiene ingredienti come L-arginina, aminoacido polare basico fondamentale per il mantenimento dell’omeostasi, e collagene, proteina di struttura della cartilagine. Inoltre, l’associazione di zinco e vitamina C favorisce la formazione e il mantenimento dei tessuti cutanei e contrasta i danni causati dallo stress ossidativo e dai radicali liberi anche a livello cutaneo. Candioli Farmaceutci Spa Tel. 011 3490232 info@candioli.it www.candioli.it

BENVENUTO SOLE DI EAU THERMALE AVÈNE Anche per l’estate 2013 Eau Thermale Avène ripropone l’iniziativa Benvenuto Sole, progetto di educazione e sensibilizzazione sull’importanza di una corretta foto protezione che comunica in modo chiaro e rigoroso quali sono gli effetti delle radiazioni solari sulla pelle, suggerendo i comportamenti più corretti e sicuri per esporsi al sole, senza però creare allarmismi. Nei weekend di giugno e luglio l’iniziativa sarà presente in alcuni parchi acquatici a livello nazionale con corner educativi e laboratori creativi in cui i più piccoli potranno imparare in modo divertente a proteggersi dal sole sotto la guida di giovani dermatologi. L’educazione alla foto protezione dei più giovani è infatti la via più sicura ed efficace per cambiare le 50

abitudini consolidate e rendere sempre più l’esposizione al sole un momento di puro piacere. Sul sito www.benvenutosole.it si possono trovare utili informazioni sulla foto protezione, con contributi di dermatologi e pediatri per una corretta foto esposizione. Inoltre quest’anno Benvenuto Sole di Eau Thermale Avène propone una novità assoluta: la app Occhio ai nei, compatibile sia con il sistema iOS sia con Android, strumento di autovalutazione con sezioni informative utili per capire le caratteristiche dei nei e le semplici regole per monitorarne l’a-

spetto nel tempo. Come la funzione “Diario”, con la quale è possibile osservare eventuali cambiamenti dei nei, che potrebbero rivelarsi non benigni, scattando e archiviando foto dei nei suddivise per distretto corporeo. In questo modo è più semplice e immediato tenerne sotto controllo l’evoluzione e prendere in considerazione, in caso di dubbio, una visita dermatologica. Eau Thermale Avène – Pierre Fabre Tel. 02 477941 www.avene.it www.benvenutosole.it



hi.tech dermo

Corso accreditato ECM Il carrello dell’urgenza in dermatologia Una strana puntura di insetto Dermatofibrosarcoma protuberans in un adolescente Tre casi clinici di pseudomelanoma dopo trattamento laser Trattamento chirurgico di angiofibromi del viso in sclerosi tuberosa

Anno VIII

Numero 3

2013

ANGOLO DELLA CLINICA

Hi Tech Dermatology Italian High Tech Network in Dermatological Sciences

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Nr. 3/2013 - Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L.27/02/2004 n.46) art 1 comma 1, DCB Milano Taxe Perçue


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