Sette - Servizio sui 20 anni di AlmaLaurea - 7 marzo 2014

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Studio e lavoro AlmaLaurea, la banca dati universitaria che il mondo ci invidia

Mettere la laurea in archivio? Può essere un affare Basta entrare nel sistema che raccoglie 2 milioni di curricula dei diplomati di tutte le facoltà. Un catalogo degli studenti italiani (con tanto di proflo) dal quale “pescano” 5mila aziende, non solo italiane

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li inizi ricordano quelli di una moderna start-up e per quel po’ di precarietà che caratterizza certe opere geniali. AlmaLaurea, la grande banca dati universitaria italiana nata nel 1994, quando mosse i primi informali passi, alcuni anni prima, lo fece infatti in un sottoscala. Dell’ateneo più antico del mondo certo, quello di Bologna, ma sempre in uno spazio che sarebbe stato piuttosto vocato a essere ripostiglio. Un inizio in cui si può scorgere qualcosa del garage in cui vide la luce Apple o dello studentato dove prese le mosse Facebook. Assonanze lontane, perché invece che ragazzotti creativi, come Steve Jobs e Marck Zuckerberg, a dare il primo click ad AlmaLaurea fu un professore di mezza età dell’Alma Mater Studiorum. E diversi poi sono stati gli sviluppi: niente di comparabile all’hardware e al sistema operativo della mela morsicata, né al grande socialnetwork che, in Italia, ha superato i 10 milioni di utenti: AlmaLaurea è “solo” un sistema che contiene 2 milioni di curriculum vitae di altrettanti laureati italiani e dal quale oltre 5mila aziende italiane e straniere pescano. Sorride a ricordarlo Andrea Cammelli, che è quel professore. «Nel sottoscala eravamo in tre», ricorda, «io e due tecnici di valore». Oggi 71enne e già docente di Statistica, in venti anni ha trasformato l’Osservatorio statistico d’ateneo in un consorzio che riunisce 64 università (su 80), pari a quasi l’80% della popolazione studentesca italiana. E lo ha fatto con pervicacia tutta toscoemiliano-romagnola (è nato a Forlì ma cresciuto sotto le Torri e ha pure un quarto di sangue forentino). Se oggi dai server di

via Masini 36, in un palazzone di recente costruzione a due passi dalla stazione, passa la gran parte del talento italiano, e se AlmaLaurea è un sistema nazionale, lo si deve alla tenacia e alla abilità diplomatica di questo professore. Le note di merito. Destreggiandosi fra i cento campanili dell’accademia italiana, vincendone ritrosie e personalismi, Cammelli ha infatti costruito una macchina che ha registrato persino l’interesse della Banca mondiale, dove è stata presentata alla fne del 2013, e che la Commissione europea vuol esportare nell’area balcanica, in Armenia e in alcuni Paesi del Maghreb (vedi box). Non che sia stato facile. «Per anni», ammette, «mi sono sentito un po’ Guglielmo Marconi. Avevo inventato una cosa infnitamente più piccola, incomparabile per carità, ma anche lui andava da un ministero a un altro, in cerca di sostegni e gli accadde persino d’essere messo alla porta». Oltre a incrociare domanda e offerta di lavoro, dal 1998, anno dei primi rapporti statistici, a Bologna studiano la storia didattica e il rendimento di ogni singolo neodottore degli atenei aderenti, dai singoli voti a quello fnale di laurea, analizzandone la correlazione con la formazione scolastica precedente, per tracciare il Proflo dei laureati, indagine preziosa sulla qualità del “prodotto fnito” di quelle che un tempo chiamavamo facoltà (scuole, dopo la riforma Gelmini). L’enorme catalogo del nostro sapere, ordinato in tante piccole storie personali, fatte di esami sostenuti e di titoli di tesi. Dante parcellizzato nelle migliaia di Paolo, Francesca e Beatrice che l’hanno studiato; Fermi

Il consorzio riunisce 64 atenei su 80, pari quasi all’80 per cento. Vi lavorano 60 addetti tra Bologna, Milano, Roma e Padova 30

Sette | 10 — 07.03.2014

spezzettato nelle ricerche dei tanti Laura, Martina e Rocco; Pareto diluito nelle tesi di Luigi, Stefania e Matteo, dalle Alpi a Lilibeo. Non solo, AlmaLaurea monitora ciò che avviene a valle del “pezzo di carta”: chi lavora e chi no, in quali settori, a che livello di inquadramento, con quale pertinenza con gli studi seguiti, con che forma contrattuale, con quale salario e molto altro ancora. Osservando i laureati al lavoro, a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo, quest’altra «indagine sulla condizione occupazionale dei laureati» (il 12 marzo si presenta la XVI edizione) è, a suo modo, un’ulteriore ecografa al corpaccione della nostra accademia, in grado di rivelarcene lo stato di salute, sia pure in presenza di una patologia esterna conclamata come la crisi e i suoi tassi record di disoccupazione giovanile. Ma che cosa succede nella pancia di AlmaLaurea, quando un’azienda va alla ricerca di un neolaureato? «L’imprenditore o il direttore delle risorse umane hanno una grande possibilità di interrogazione», spiega Cammelli muovendosi a colpi di click nella maschera di ricerca di almalaurea.it, «dalle informazioni sulla carriera scolastica, dal voto di maturità in poi, fno all’esperienze lavorative e alle attività di volontariato». La consultazione è gratuita, poi, se l’azienda vuole conoscere le coordinate del laureato, deve comprare il curriculum, a un prezzo che oscilla dagli 8 euro fno ai pochi centesimi, a seconda del numero di profli acquistati. La prova su strada. Abbiamo fatto un test drive, una sorta di prova su strada: ci siamo immedesimati in un’azienda italiana che dovesse spedire in Polonia un ingegnere ottimamente laureato in energetica. Non un professionista qualsiasi ma uno che avesse già avuto un’esperienza lavorativa nel setto-

Martino LoMbezzi/contrasto

di Giampaolo Cerri


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