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Ciao Renzo infaticabile prete-giornalista e amico di una vita
from April 2021
di Vincenzo Compagnone
Appeso come un piccolo quadro, a una parete della vecchia redazione del Messaggero Veneto di via Diaz, a Gorizia, c’era un calendario. Ma non di quelli che elencano i mesi e i giorni. Era il calendario del campionato di calcio, con i risultati delle partite e la classifica aggiornata. Per due squadre soltanto: il Milan e la Juventus. A compilarlo ci pensavano il capocronista, Maurizio Calligaris (supertifoso del Milan) e don Renzo Boscarol (fan sfegatato, come me, della Vecchia Signora bianconera). Tutte le storie hanno un inizio e questo, per forza di cose improntato alla simpatia, contrassegnò il mio primo incontro con don Renzo, che il maledetto Covid si è portato via in una tristissima giornata di marzo.
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Mi ero affacciato alla redazione del Messaggero da timido collaboratore ventenne, che voleva occupare con la passione per la scrittura il tempo libero dagli studi universitari. Avevo ovviamente bisogno di imparare i rudimenti del mestiere, anche se, dopo il primo pezzo, Calligaris se ne uscì con un gratificante “La stoffa c’è!”. Maurizio e Renzo furono, senza alcun dubbio, i miei primi maestri, quelli ai quali uno, poi, rimane affezionato per sempre.
Il “don” era all’epoca il factotum della Voce Isontina, il settimanale diocesano, diretto da don Maffeo Zambonardi, al quale un giorno chiesi: “Quanto tempo ci vuole per confezionare un settimanale?”. E lui, serafico: “Dipende dalla voglia di lavorare di Renzo”. E di voglia di lavorare Renzo ne aveva tantissima, sempre di corsa, sempre trafelato ma sorridente, gioviale, pronto alla battuta magari in “bisiaco”. Al Messaggero veniva a scrivere i suoi pezzi, dopo essersi confrontato con Maurizio e aver salutato gli amici della redazione (con me c’era anche, tra gli altri, il mio caro amico d’infanzia Roberto Collini, pure lui ultrà del Milan).
Don Renzo, che divenne poi per vent’anni direttore di Voce Isontina e, successivamente, della rivista Iniziativa Isontina, è stato uno di quegli ormai rari esemplari – non me ne vogliano i colleghi - di giornalisti con la schiena dritta: Voce Isontina – mi spiegò – non doveva essere soltanto un bollettino diocesano, ma un modo di fare informazione a 360 gradi, che non aveva paura di denunciare una certa politica, vissuta non come espressione di servizio all’uomo e al bene comune, ma per il tornaconto personale. Fu questo il suo insegnamento, che accompagnava con la frase: “Scrivi comunque sempre con la saggezza del cuore”.
Diventammo subito, come ho detto, molto amici: fu lui a sposarmi con Giuliana e a battezzare mio figlio Daniele, al quale per l’occasione regalò un giocattolo, un enorme camion dei vigili del fuoco. Divenuto parroco di Sant’Anna celebrò il rito funebre per mio padre, esordendo con una considerazione che mi commosse: “Di quest’uomo, e non è la solita retorica, ho sempre sentito parlare soltanto che bene”.
Don Renzo Boscarol (1944- 2021), vittima del Covid
Grazie, don Boscarol
Mi sembra di vederlo, serenamente seduto su una nuvola, lassù dove si trova ora, con in mano un’agenda dalla quale spuntano fogli e post-it di varie dimensioni, con lo sguardo sornione e benevolo, mentre assiste alle tante attestazioni di affetto e di riconoscenza, un po’ seccato, forse, da questo gran parlare di lui, abituato ad accompagnare il suo agire con l’umiltà e la discrezione. Don Renzo era un uomo dal multiforme ingegno e dalle molteplici passioni, un campione di Humanitas, intesa nella sua accezione di empatia e di condivisione del difficile cammino dell’essere uomini in tempi in cui umanità è un termine obsoleto. Uomo di alto spessore culturale e morale, aperto al dialogo , con il dono di rapportarsi tanto con gli ultimi quanto con i primi della scala sociale, è stato educatore, insegnante, promotore di continue iniziative culturali e sociali, con un occhio attento e vigile verso la Politica, intesa come attività quotidiana e disinteressata, al servizio dei cittadini. Sono tantissimi i ricordi legati a don Renzo, a partire dal 1976, quando, assieme ai suoi fraterni amici don Sergio e don Diego venne nominato cappellano a S.Anna, nel periodo più critico della storia del borgo.
Tra le numerose iniziative promosse la costituzione all’interno della Parrocchia del Gruppo Universitari. Attorno al tavolo della sala da pranzo che fungeva da scrivania, dove troneggiava la sua macchina da scrivere, si discuteva, ogni giovedì sera, di Attualità, di Etica, di Morale, di Cultura, di Storia e della Storia di queste terre, della necessità di superare le ataviche divisioni, ma anche della Juventus, dei preparativi della Sagra, delle prove del Coro, di scampagnate, di vacanze, e del futuro di Gorizia.
Grazie per averci insegnato ad esaminare la realtà sotto varie angolature , per essere stato la coscienza critica della nostra città in diversi momenti della sua storia, per tutti gli input lanciati per il superamento dei suoi confini mentali e per il suo miglioramento! Tornato nella sua Ronchi, don Renzo continuò ad adoperarsi in modo infaticabile nel suo impegno a tutto campo, nella fede e nella cultura, nell’aiuto ai più deboli, nell’ascolto e nel dialogo. Lo rivedevo di tanto in tanto, a eventi o festival letterari come “Leali delle Notizie”. Sempre prodigo di osservazioni centrate, spunti di riflessione, battute cordiali.
Ciao Renzo, continuerai a vivere nei pensieri di chi ha conosciuto te, la tua profonda cultura, il tuo essere intelligentemente fuori dagli schemi, e la tua grande umanità.
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