Rocket by Gianluca Norcia
Font anatomy of the source font
Overshooted serif
Ascender Cap Height x-Height
Baseline Descender
Type High contrast
Minion Pro is a serif typeface released in 1990 by Adobe Systems. Designed by Robert Slimbach, it is inspired by late Renaissance-era type and intended for body text and extended reading.
Small eye
face Bracketed serifs with tapered terminals
Diagonal stress
Uppercase
ABCD EFGHIJK LMNOP QRSTU VWXYZ
Roc
Lowercase
abcd efghijk lmnop qrstu vwxyz
ket
Numerals
01 23 45 67 89
Signs
.,:;'"«» @?&#§%!©€ +-÷×=~<> /\(){}[] Diacritics
àá èé ì òó ùú ä ü ö
Evolution
M
The source font is Minion Pro
Skeleton of Minion Pro
Modifying the skeleton of the source font
Applying brushes to the strokes and performing cuts
M
Final lettershape of Rocket
Brushes
45 °
0°
90°
Used for vertical and thicker diagonal strokes in upper- and lowercase letters
0°, 95%, 8 pt
45 °
0°
90°
Used for roundings in upper- and lowercase letters
0°, 95%, 7 pt
45 °
0°
90°
Used for thinner horizontal and thinner horizontal strokes in upper und lowercase letters
0°, 100%, 6 pt
0°, 95%, 6 pt
45 °
0°
90°
Used for thicker horizontal lines in upperand lowercase letters
Font relationships uppercase
Font relationships lowecase
Font characteristics
The inner part of the stroke of the letter a is hollowed out by the intersection of the round part
Cuts are always performed at an angle of 0°, 45° or 90°
The termination of f, J, j, t, drawn through a section of a circle, is repeated and is an evident feature of the font
M, N and W, in the central part, Wdo not touch the baseline/cap height
Typographic scale
Soyuz
12 pt
Shuttle
16 pt
Space
22 pt
Rocket
28 pt
Skylab
34 pt
Gagarin
Telescope
Columbia
Armstrong
40 pt
46 pt
52 pt
58 pt
Font anatomy
Uppercase letters are smaller than the ascender line
Ascender Cap Height x-Height
Baseline Descender
Very moderate contrast
Sky Cuts have always an inclination of 0°, 45° or 90°
Vertical stress
lab The vertical stroke is hollowed out by the intersection of the round part
ROCKET
Different font sizes in use
Apollo 13
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"Houston, abbiamo un problema“ Doveva essere la terza missione a sbarcare sulla Luna dopo Apollo 11 e 12, ma è diventata celebre per il guasto che impedì l‘allunaggio e rese difficoltoso il rientro sulla Terra.
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La missione Apollo 13 decollò alle 19:13:00 UTC dell‘11 aprile 1970 da Cape Canaveral, Florida. Durante le prime fasi del volo, mentre il razzo stava spingendo la navetta verso l‘orbita terrestre, si verificò un‘anomalia in quanto il motore centrale del secondo stadio del Saturn V si è spento con circa due minuti di anticipo. Per sopperire alla mancanza di spinta il controllo missione decise di far funzionare i rimanenti quattro motori più a lungo del previsto. Anche il motore J-2 del terzo stadio del razzo vettore venne fatto funzionare più a lungo e, nonostante il problema precedentemente descritto, la deviazione dalla traiettoria dell‘orbita prevista fu minima e ininfluente per il proseguimento della missione. Circa due ore dopo, venne effettuata un‘ulteriore accensione per raggiungere una traiettoria di inserzione lunare, dando il via al viaggio verso la Luna. L‘ingresso al LEM per testare i suoi sistemi era stato programmato a 58 ore dall‘inizio della missione; quando l‘equipaggio si svegliò il terzo giorno della missione, furono informati che era stato posticipato di tre ore e in seguito di un‘ulteriore ora. A quasi 56 ore dal decollo da Terra, Apollo 13 si trovava a circa 330 000 km dalla Terra. Il sensore di pressione di uno dei serbatoi di ossigeno del modulo di servizio era apparso in precedenza mal funzionante e quindi Seymour Liebergot, il controllore incaricato di monitorare il sistema elettrico, richiese l‘attivazione dei mescolatori dei serbatoi. Swigert attivò gli interruttori che controllavano i sistemi. Novantacinque secondi dopo che Swigert ebbe attivato questi interruttori, gli astronauti sentirono un "botto piuttosto grande“. 26 secondi dopo, Swigert riferì al centro di controllo: "Okay, Houston, abbiamo avuto un problema qui“. Nei minuti successivi all‘incidente, ci furono diverse letture insolite della strumentazione, che mostravano che il serbatoio 2 era vuoto e che la pressione del serbatoio 1 diminuiva lentamente. A causa della tensione del momento, inizialmente Liebergot non si accorse dei preoccupanti valori relativi al serbatoio 2, concentrandosi maggiormente sul serbatoio 1 e credendo che i valori di quest‘ultimo valessero anche per il secondo, un errore che fecero anche gli specialisti che lo supportavano. Quando il direttore del volo Kranz gli chiese in merito alla situazione, Liebergot rispose che potevano esserci state delle false letture a causa di un problema di strumentazione. Tuttavia, Lovell, guardando fuori dal finestrino, riferì che "un gas di qualche tipo“ si stava disperdendo nello spazio, chiarendo così che vi fosse un problema serio. Dato che le celle a combustibile avevano bisogno dell‘ossigeno per funzionare, quando il serbatoio di ossigeno 1 fosse rimasto vuoto, la cella a combustibile si sarebbe spenta, facendo sì che le uniche fonti significative di energia della navetta sarebbero state le batterie del modulo di comando. Queste sarebbero state necessarie per le ultime ore della missione, ma la cella a combustibile rimanente del modulo di servizio stava già attingendo dai serbatoi del modulo di comando. Kranz,
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allora, ordinò l‘isolamento del serbatoio di ossigeno del modulo di comando, al fine di risparmiarlo, ma ciò significò che la cella a combustibile rimanente si sarebbe esaurita entro due ore, poiché l‘ossigeno nel serbatoio 1 veniva consumato e si disperdeva. Inoltre, lo spazio intorno alla navetta spaziale si riempì di piccoli frammenti di detriti provenienti dall‘esplosione, rendendo complicato qualsiasi tentativo di usare le stelle per la navigazione. Con questa situazione l‘obiettivo della missione divenne, quindi, semplicemente riportare in vita gli astronauti sulla Terra. Per compiere un ritorno sicuro sulla Terra, la traiettoria della navicella venne cambiata notevolmente. Tale cambio di rotta non sarebbe stato difficile utilizzando la propulsione del motore del Modulo di Servizio. Tuttavia i controllori dalla Terra, non sapendo l‘esatta entità del danno, preferirono evitare l‘uso di tale propulsore, e per correggere la traiettoria del rientro venne utilizzato il motore di discesa del Modulo Lunare. Solo dopo lunghe ed estenuanti discussioni gli ingegneri decisero che era fattibile una manovra di quel tipo, quindi gli astronauti accesero una prima volta il motore del LEM dopo l‘attraversamento della Luna, per acquistare velocità, e una seconda per una correzione in corsa. Questo destò non poche preoccupazioni, dato che il motore di discesa del LEM non era stato progettato per essere acceso più di una volta. Il rientro in atmosfera richiese un inusuale punto di sgancio e di uscita fuori bordo dal modulo lunare, dato che era stato mantenuto per tutto il volo. Ci fu un certo timore per le temperature ridotte durante il ritorno, che avrebbero potuto produrre condensa e conseguentemente danneggiare l‘elettronica del modulo di comando, ma l‘apparecchiatura funzionò perfettamente anche in quelle circostanze. Apollo 13 ammarò nell’Oceano Pacifico alle ore 18:07:41 UTC del 17 aprile 1970.
Nobody believes me, but during this six-day odyssey we had no idea what an impression Apollo 13 made on the people of Earth. We never dreamed a billion people were following us on television and radio, and reading about us in banner headlines of every newspaper published. We still missed the point on board the carrier Iwo Jima, which picked us up, because the sailors had been as remote from the media as we were. Only
when we reached Ho-nolulu did we comprehend our impact: there we found President Nixon and [NASA Administrator] Dr. Paine to meet us, along with my wife Marilyn, Fred‘s wife Mary (who, being pregnant, also had a doctor along just in case), and bachelor Jack‘s parents, in lieu of his usual airline stewardesses. Jim Lovell
7/8 pt