GA Vision 2022_03.04

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2022/03.04 READ ON

glamouraffair.vision RIVISTA BIMESTRALE DI FOTOGRAFIA, ARTE E DESIGN BIMONTHLY REVIEW OF PHOTOGRAPHY, ART AND DESIGN Registrazione al Tribunale di Milano n° 27 del 14/02/2019 Registration at the Law Court of Milan n° 27 of 14/02/2019 Cover Credits © MONDADORI PORTFOLIO - MARISA RASTELLINI L’attrice italiana Monica Vitti si protegge dal sole con un ombrello, 1971. Editorial Staff Direttore responsabile | Editor in Chief ALESSIO GILARDI Direttore artistico | Art Director FLAVIO TORRE - satisfystudio photo Direttore digitale | Digital Director STEFANO GILARDI Collaborazioni | Collaborations MARIA VITTORIA BARAVELLI ELEONORA ANNA BOVE ROSA FASAN CARLO DE MARCHI Contact WEBSITE | www.glamouraffair.vision E-MAIL | info@glamouraffair.vision FACEBOOK | www.facebook.com/glamouraffairpage INSTAGRAM | www.instagram.com/glamouraffair Publisher QUADRIFOLIUM GROUP Srl P.zza XX Settembre, 40 23900 Lecco - Italy www.quadrifoliumgroup.com info@quadrifoliumgroup.com © 2022 - All rights reserved Printer G&G srl Via Redipuglia, 20 35131 Padova

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MARISA RASTELLINI Mondadori Portfolio HAIKOU DUTY FREE CENTER public architecture FRANCESCO CORTI interview HER LIFE IS AN ABSTRACTION art series FRANCESCO CIARAMELLA minimalism PIETRANTONI, CORPO E MONDO exhibition MARUYAMA JUNNA pop-surrealism TIME photo project CLAUDIO OLIVIERI italian artist ARCHITECURE DRAWING PRIZE award BUTTERNUT house architecture DOMUS, ENZO CRISPINO photo series STELIAN GHIGĂ abstractionism EG office design ISABELLA QUARANTA portfolio DOSSIER 02/2022 community selection


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Virna Lisi con un gattino. 1961 - © Archivio Mondadori

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MARISA RASTELLINI

MONDADORI PORTFOLIO


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Alberto Sordi dall’oblò di una poltrona in vimini. Roma, 1961 - © Archivio Mondadori


Pier Paolo Pasolini a casa sua. Roma, 1962 - © Archivio Mondadori

Oggi viviamo il miglior mondo possibile per l’arte e per la fotografia. Un mondo iper connesso, vicino, in cui tutto risulta essere tangibile e alla portata di un click. Eppure, in un orizzonte in cui le distanze si accorciano e le cose del reale si intrecciano, qualcosa riesce ancora a sottrarsi a questo automatismo e a sfumare nell’indeterminato. Prima dei social media, della pioggia digitale, del mondo virtuale, erano i cassetti, gli archivi, le buste piene di fogli volanti e i giornali stampati a conservare la nostra memoria e i nostri ricordi. È per questo che Mondadori Portfolio, l’agenzia fotografica di Mondadori, ha deciso di curare e valorizzare gli archivi storici di autori che per anni hanno lavorato in riviste e giornali, registrando come una valida cartina tornasole ciò che siamo stati e che con tutti i dovuti cambiamenti saremo per sempre. Sarà presentata in occasione del Mia Photo Fair di Milano, la prima retrospettiva dedicata a Marisa Rastellini, la fotografa che negli ultimi scampoli degli anni 50 comincia a collaborare con le riviste Epoca e Grazia di cui possediamo solo qualche piccolo frammento di una biografia ancora oggi lacunosa.

Oltre duemilanovecento fotografie, tra ritratti e fotografie di reportage. Un giovane Valentino Garavani, racconti visivi dal rimando neorealista “Cristo è ancora fermo ad Eboli”, da Monica Vitti ad Elsa Morante fino ad arrivare a Pierpaolo Pasolini e Luchino Visconti. Mondi diversi la cui unica trait d’union, il fil rouge, era l’occhio schivo ma presente di Marisa Rastellini. Discreta ma empatica, incisiva senza mai essere aggressiva: come lei stessa amava raccontare, era in continua lotta tra la voglia di conoscere le persone, di rubare loro un gesto, una espressione, un sentimento e la fermezza nel considerare la persona al di la dell’obiettivo come un segreto inviolabile. Una donna con i pantaloni, un sacrilegio per allora, ma ingentilita dal mestiere di fotografo che le ha permesso di entrare nella vita delle persone. Partendo da una delle poche fonti dirette in nostro possesso, una intervista rilasciata dalla stessa Marisa Rastellini al collega Calogero Cascio nel suo libro “Professione Fotoreporter” riproponiamo qualche scambio di domanda e risposta.

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Elsa Morante con in mano un catalogo di Guttuso. Roma, 1961 - © Archivio Mondadori CALOGERO CASCIO: Pensa che il mestiere di fotografa abbia cambiato la sua personalità? MARISA RASTELLINI: No penso che questo mestiere necessiti di una personalità molto forte e chi ha una tale personalità non cambia facilmente. Ma debbo aggiungere che questo lavoro mi ha migliorato. 8


Luchino Visconti in un momento di pausa. 1972 - © Archivio Mondadori

CALOGERO CASCIO: Io penso che la donna non è tagliata per certe particolari attività fotografiche mentre lo è particolarmente per altre. Perché? MARISA RASTELLINI: Lo penso anche io. Una donna non potrà essere un buon inviato di guerra per esempio. Troppe emotività. Poca aggressività e competitività.

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CALOGERO CASCIO: La gente come reagisce al fatto che a fotografarla sia una donna? MARISA RASTELLINI: In certi casi la donna è avvantaggiata perché vederla in un ruolo che le è così poco congeniale, incuriosisce e permette di cominciare una conversazione che altrimenti sarebbe difficile. Molti cominciano col chiedere “ma come mai ha scelto questo mestiere?” E a quel punto il ghiaccio è rotto.

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Federico Fellini. 1974 - © Archivio Mondadori


Marcello Mastroianni in camerino. 1976 - © Archivio Mondadori

Today we live in the best possible world for art and photography. A hyper-contacted world, close, where everything is tangible and just a click away. And yet, in a horizon where distances are shortening and pieces of reality are intertwining, something still manages to escape this automatism and fade into the indeterminate. Before social media, digital rain, virtual world, it was the drawers, the archives, the envelopes full of loose sheets and printed newspapers that preserved our history and our memories. This is why Mondadori Portfolio, that is Mondadori’s photo agency, has decided to curate and enhance the historical archives of authors who have worked in magazines and newspapers for years, recording as a valid litmus paper what we have been and what, with all due changes, we will always be. On the occasion of the Mia Photo Fair in Milan, the first retrospective dedicated to Marisa Rastellini, the photographer who, in the late 1950s, began to collaborate with the magazines Epoca and Grazia, of whom we only have a few fragments of a biography that is still incomplete.

Over two thousand nine hundred photographs, including portraits and reportage photographs. A young Valentino Garavani, visual stories from the neorealist reference “Cristo è ancora fermo ad Eboli”, from Monica Vitti to Elsa Morante, until you get to Pierpaolo Pasolini and Luchino Visconti. Different worlds whose only trait d’union, the fil rouge, was the shy but present eye of Marisa Rastellini. Discreet but empathic, incisive without ever being aggressive: as she herself loved to say, she was in a constant struggle between the desire to get to know people, to steal a gesture, an expression, a feeling, and the firmness in considering the person beyond the lens as an inviolable secret. A woman with trousers, a sacrilege at the time, but mellowed by the craft of photography that allowed her to enter people’s lives. Starting from one of the few direct sources in our possession, an interview given by Marisa Rastellini herself to her colleague Calogero Cascio in his book “Professione Fotoreporter”, we propose some exchanges of questions and answers.

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Courtesy of ARCHIVIO MONDADORI www.mondadoriportfolio.com Content by MARIA VITTORIA BARAVELLI @mariavittoriabaravelli

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Ritratto di Monica Vitti. 1971 - © Archivio Mondadori

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R E T EN C ON I T P E C E R E E R F TY U D L A N O I T A N R E T IN U O K I HA

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L’architettura, risalente all’età della pietra, ha utilizzato strutture elementari per fornire alle persone un riparo dalla pioggia. Sulla base della funzionalità, viene iniettata la ricerca di un’anima più spirituale. L’edificio si trova nella Haikou Binhai New Area, caratteristica non solo di un centro vendite, ma anche di una galleria d’arte moderna. È la porta d’ingresso alla città dalla costa occidentale e il punto nevralgico di questa zona. Nella progettazione, si utilizzano approcci decostruttivisti per smantellare e ricostruire l’involucro dell’edificio, liberare la forma e il volume, e quindi realizzare le infinite possibilità dello spazio intervallando i blocchi. L’integrazione di questa scuola di stile astrae e semplifica l’architettura, rendendola un elemento artistico. Abbiamo aumentato lo spessore del muro esterno per enfatizzarlo e per creare un forte simbolo architettonico. Allo stesso tempo, finestre e terrazzi vengono inseriti nelle pareti per aprire l’interno alla città, introducendo anche eventi urbani nell’edificio e diventando un luogo in cui il pubblico può generare eventi. L’aggiunta di elementi circolari sottolinea ulteriormente il senso geometrico dell’edificio. Il muro curvo viene visualizzato all’apertura del muro esterno e vengono utilizzati materiali completamente diversi per creare un focus visivo sulla facciata. L’interno è anche intervallato da blocchi di forme diverse, formando uno spazio ricco e vario. Nella scelta del colore della facciata, abbiamo considerato il clima caldo e confortevole della città di Haikou tutto l’anno, con sufficiente luce solare, e abbiamo scelto il bianco per rendere l’edificio più luminoso e visivamente fresco. L’ampia area del muro bianco è come una tela pura, con la luce e

Architecture, dating back to the Stone Age, has used the basic structure of wind to provide people with shelter from rain. On the basis of functionality, the pursuit of a more spiritual soul is injected. The building is located in the Haikou Binhai New Area, not only characteristic of a sales center, but also a modern art gallery. It is the gateway to the west coast city and the spiritual fortress of this area. In the design, we use deconstructionist techniques to dismantle and reorganize the building wall, release the form and volume, and then realize the infinite possibilities of space by interspersing the blocks. The integration of this style school abstracts and simplifies the architecture, rendering it an artistic element. We increased the thickness of the outer wall to emphasize it and to form a strong architectural symbol. At the same time, windows and platforms are inserted into the wall to open the covered building to the city, which also introduces urban events into the building and becomes a place for the public to create events. The addition of circular elements further emphasizes the geometrical sense of the building. The curved wall is displayed at the opening of the outer wall, and completely different materials are used to form a visual focus on the facade. The interior is also interspersed with blocks of different shapes, forming a rich and varied space. In the choice of facade color, we considered the city of Haikou’s warm and comfortable year-round climate, with sufficient sunshine, and chose white in order to make the building brighter and more refreshing visually. The large area of the white wall is like a pure canvas, with the light and shadow

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l’ombra che fungono da penna e inchiostro. La pittura sul muro ricorda quella tradizionale cinese. Il materiale del prospetto utilizza pannelli a grana orizzontale e pannelli di zinco-titanio come abbellimenti sulle pareti sporgenti e sulle pareti curve dell’edificio. Il bianco della lastra a grana incrociata e il grigio della tavola titanio-zinco si scontrano, creando un forte contrasto. La trama dei due materiali è derivata dalla pelle della palma essiccata, che rende l’edificio più strutturato e fa eco all’ambiente naturale circostante. Il progetto è funzionalmente suddiviso in due aree principali: un’area di marketing e un’area di promozione degli investimenti. Al fine di ottenere la relativa indipendenza delle due aree funzionali e l’integrità dell’edificio, abbiamo disposto il volume a forma di L. L’area marketing è disposta lungo la strada principale ed è più aperta. L’area trattative, situata al primo piano, sfrutta un’ampia superficie vetrata per rendere l’interno luminoso e trasparente ai pedoni. L’eccellente accessibilità consente ai pedoni di partecipare facilmente alle attività all’interno dell’edificio. Rispetto all’area marketing, l’intera zona investimenti è relativamente chiusa per garantire la privacy dei visitatori. La funzione della parte di promozione degli investimenti si sviluppa lungo l’arteria secondaria della città. Sul lato del fronte stradale, il muro vero e proprio è utilizzato per isolare dai rumori e la vista si apre sul lato rivolto verso il cortile interno. I visitatori entrano all’interno dell’edificio attraverso un cilindro in lastre di titanio e zinco. Un terrazzo si trova al secondo piano per godere della vista della corte interna e dell’intera area.

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serving as pen and ink. Painting on the wall is reminiscent of traditional Chinese painting. The elevation material uses horizontal-grained panels and titanium-zinc panels as embellishments on the protruding walls and curved walls of the building. The white of the crossgrained board and the gray of the titanium-zinc board collide, forming a strong contrast. The texture of the two materials is derived from the skin of dried palm, which makes the building more textured and echoes the surrounding natural environment. The project is functionally divided into two major areas - a marketing area and an investment promotion area. In order to achieve the relative independence of the two functional areas and the integrity of the building, we arranged the volume in an L shape. The marketing area is arranged along the main road and is more open. The negotiation area, located on the first floor, uses a large area of glass to render the interior bright and transparent to pedestrians. Excellent accessibility allows pedestrians to easily participate in activities inside the building. Compared with the marketing area, the overall investment zone is relatively closed to ensure the privacy of visitors. The function of the investment promotion part is developed along the city’s secondary arterial road. On the side of the street interface, the real wall is used to isolate noise, and the view opens onto the side facing the inner courtyard. Visitors enter the interior of the building through a cylinder of titanium-zinc plates. A terrace is set on the second floor to enjoy the view of the inner courtyard and the entire area.


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aoe

Technical sheet

aoe è uno studio di progettazione architettonica pluripremiato con sede a Pechino fondato nel settembre 2016. Il nome “aoe” (architecture of event) deriva dall’espressione attribuita all’architetto americano Bernard Tschumi che afferma che “non c’è architettura senza evento”. Al di là dell’affermazione, la filosofia architettonica è il valore fondamentale della pratica di aoe. E’ una forza progettuale dinamica nel mondo in rapida evoluzione, che si concentra sull’obiettivo di migliorare l’ambiente della vita coinvolgendo nuove tecnologie, materiali, valori sociali, storia, arte e cultura. Durante la progettazione, aoe studia e perfeziona la chiara relazione tra architettura, spazio e suoi utenti per incoraggiare un impatto positivo sulla società con soluzioni di design innovative. La logica naturale dell’essere, come lo spazio, il materiale, la costruzione e la tecnologia, è la forza chiave per generare spazio e forma. L’approccio progettuale orientato alla soluzione di aoe fornisce servizi professionali per massimizzare il successo di ogni progetto.

Architecture Firm: aoe Firm Location: Beijing, China Construction Status: Completed Building area: 2700 Square Meters Design Period: 2021 Project location: Haikou, China Lead Architects: Wen Qun Photo credits: UK Studio Photography Design Team: Wen Qun, Ma Jianning, Xiao Tang, Qing Liu,Chen Liu

aoe is an award-winning Beijing-based architectural design practice established in September 2016. The name “aoe” (architecture of event) is derives from the expression attributed to American architect Bernard Tschumi that states that ‘there is no architecture without event’. Beyond the statement, the architectural philosophy is the core value of aoe’s practice. aoe is a dynamic design force in the fast-changing world, focusing on the goal of improving the living environment by engaging new technologies, materials, social values, history, art and culture. When designing, aoe studies and refines the vivid relationship between architecture, space, and its users to encourage a positive impact on society with innovative design solutions. The natural logic of being, such as space, material, construction, and technology, is the key-driven force for generating space and form. aoe’s solution-oriented design approach provides professional services to maximize the success of every project.

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WEBSITE | aoe-china.com INSTAGRAM | @aoe.architect FACEBOOK | AOE Courtesy of v2com-newswire.com


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FRANCESCO CORTI 22


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Fragile è il titolo della prima esposizione di Francesco Corti. Il progetto nasce da una proposta di Eleonora De Laurentis, che si occupa attivamente dello spazio espositivo di Largo Venue a Roma dove Francesco si è ritrovato appunto ad esporre le sue immagini, scattate in un arco temporale di circa dieci anni. Corti si occupa di fotografia e graphic design sin dai primi anni duemila. Agli studi letterari affianca una lunga formazione pratica, dapprima come assistente e in seguito come professionista freelance. Collabora pertanto con aziende e privati. La sua ricerca fotografica ruota principalmente attorno all’emotività e ai rapporti interpersonali. D’altronde la fragilità è l’aspetto che accomuna tutti gli esseri viventi e non, nel corso di un’esistenza in continuo mutamento. Ed ecco che la parola “fragile” si collega necessariamente a “forza”, ma anche “coraggio”. Ci vuole molta forza per prendersi cura delle fragilità altrui, ma anche nostre. D’altronde basta una svista e una noncuranza per causarne la rottura. Fragile is the title of Francesco Corti’s first exhibition. The project stems from a proposal by Eleonora De Laurentis, who actively takes care of the Largo Venue exhibition space in Rome where Francesco found himself exhibiting his images, taken over a period of about ten years. Corti has been involved in photography and graphic design since the early 2000s. Alongside his literary studies, he has a long practical training, first as an assistant and later as a freelance professional. He therefore collaborates with companies and individuals. His photographic research mainly revolves around emotions and interpersonal relationships. On the other hand, fragility is the aspect that unites all living and non-living beings, in the course of a constantly changing existence. And here the word “fragile” is necessarily linked to “strength”, but also to “courage”. It takes a lot of strength to take care of the frailties of others, but also ours. On the other hand, an oversight and a carelessness are enough to cause it to break.

ELEONORA ANNA BOVE: Fragilità è l’aspetto che probabilmente ci rende tutti uguali nel corso della nostra esistenza. Cosa hai voluto esplorare in particolare e perché ti “sei servito” proprio del corpo femminile per farlo? FRANCESCO CORTI: “Fragile” è un progetto nato quasi per caso, sviluppato inizialmente partendo da immagini del mio archivio. Nel corso della selezione mi sono accorto che la fragilità è un filo conduttore presente da molto tempo e con il quale ho a che fare costantemente. Più che esplorare, ho voluto fare il punto su questa constatazione. In realtà non tutti i soggetti della selezione sono donne, ma in effetti la presenza femminile è un’altra costante del mio lavoro e, fin da bambino, della mia vita personale. ELEONORA ANNA BOVE: Fragility is the aspect that probably makes us all the same throughout our existence. What did you want to explore in particular and why did you “use” the female body to do so? FRANCESCO CORTI: “Fragile” is a project born almost by chance, initially developed starting from images from my archive. During the selection I realized that fragility is a common thread that has been present for a long time and with which I constantly deal. Rather than explore, I wanted to take stock of this finding. In reality, not all the subjects of the selection are women, but in fact the presence of women is another constant in my work and, since childhood, in my personal life. EAB: Come affronti la fragilità nella tua vita personale e quanto ti ha aiutato la Fotografia nei momenti fragili? Come invece affronti i momenti fragili nel tuo percorso creativo/fotografico? FC: Non mi reputo una persona fragile, ho sempre affrontato i momenti difficili con una certa fermezza e ho la tendenza a tenere gli aspetti più delicati in ambiti molto riservati. Per contro, ho spesso a che fare direttamente con la fragilità altrui, non di rado le persone con le quali interagisco dimostrano una certa facilità nel confidarmi le loro difficoltà e le loro debolezze. La Fotografia è uno strumento di analisi, probabilmente in

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questo momento rappresenta per me il linguaggio più appropriato per maneggiare queste fragilità nella maniera più responsabile. È un importante privilegio ricevere tanta fiducia dalle persone che si incontrano. EAB: How do you deal with fragility in your personal life and how much has Photography helped you in fragile moments? How do you deal with the fragile moments in your creative / photographic journey? FC: I do not consider myself a fragile person, I have always faced difficult times with a certain firmness and I have a tendency to keep the most delicate aspects in very private areas. On the other hand, I often deal directly with the frailty of others, not infrequently the people with whom I interact demonstrate a certain ease in confiding their difficulties and weaknesses to me. Photography is an analysis tool, probably in this moment it represents for me the most appropriate language to handle these fragilities in the most responsible way. It is an important privilege to receive such trust from the people you meet. EAB: L’idea di fragilità richiama necessariamente poi due altri concetti: protezione e forza/coraggio. Che spazio occupano questi ultimi nel tuo progetto? FC: Sono elementi necessari. Per proteggere un oggetto fragile si deve essere forti, altrimenti la protezione viene meno. Nel selezionare le immagini mi sono accorto che in effetti hanno tutte uno stile fotografico piuttosto deciso, alcune vorrebbero essere impattanti, per rimanere impresse e magari stimolare una riflessione. Penso che, in fin dei conti, la fragilità dei contenuti e la forza della forma siano posti su due piani adiacenti, più o meno come personalmente mi rapporto alle fragilità di chi vuole affidarmele. EAB: The idea of ​​ fragility then necessarily recalls two other concepts: protection and strength / courage. What space do the latter occupy in your project?

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FC: They are necessary elements. To protect a fragile object one must be strong, otherwise the protection fails. In selecting the images I realized that in fact they all have a rather decisive photographic style, some would like to be impactful, to remain impressed and perhaps stimulate reflection. I think that, after all, the fragility of the contents and the strength of the form are placed on two adjacent floors, more or less as I personally relate to the fragility of those who want to entrust them to me. EAB: Pensi di proseguire questo progetto, ampliandolo in futuro o lo consideri già chiuso/concluso? Come ti ha invece cambiato per le foto successive ad esso? FC: Il progetto è aperto e in divenire, non voglio darmi scadenze. A parte la serie fotografica, vorrei che “fragile” diventasse un vero e proprio approccio, per i lavori futuri. In effetti mi piacerebbe riuscire ad applicarlo anche alle foto che realizzo su commissione. EAB: Do you plan to continue this project, expanding it in the future or do you consider it already closed / concluded? How did it change you for the photos after it instead? FC: The project is open and in progress, I don’t want to give myself deadlines. Apart from the photographic series, I would like “fragile” to become a real approach for future works. In fact, I’d like to be able to apply it to the photos I make on commission as well. EAB: In definitiva. “Fragilità” è una parola che assoceresti o meno a “Fotografia”, oggigiorno? FC: Le considerazioni sulla fragilità partono dalla responsabilità insita nel gesto del fotografare, che è di per se un gesto persuasivo e che, senza le dovute riflessioni, può diventare estremamente invasivo. Con una fotocamera si può esercitare una pressione che può essere molto forte e, quando applicata a un soggetto fragile, può causarne la rottura.


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Intervista di / Interview by ELEONORA ANNA BOVE (@eleonoraannabove) WEBSITE | www.francescocorti.net INSTAGRAM | @francesco.corti FACEBOOK | Francesco Corti Fotografie

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Negli ultimi tempi, col proliferare degli agenti fotografanti, ho l’impressione che stiano venendo meno certi princìpi che sarebbero alla base dell’interazione tra esseri umani. In nome di una fotografia, spesso neanche così intrisa di contenuti, si tende a escludere concetti come rispetto, privato e persona. Non sto parlando semplicemente del mero aspetto estetico, ma del fondamentale risvolto etico. Questo progetto vuole essere una riflessione in questo senso. Ci sono tantissimi soggetti fragili, non si può e non si deve danneggiarli in alcun caso, men che meno soltanto per scattare una fotografia. Chi fotografa ha un potere che deve saper amministrare con responsabilità, altrimenti non dovrebbe fotografare. Un discorso abbastanza complesso, in effetti ci sarebbe da parlarne a lungo... EAB: Definitely. Is “Fragility” a word you would or would not associate with “Photography” today? FC: The considerations on fragility start from the responsibility inherent in the act of photographing, which is in itself a persuasive gesture and which, without the necessary reflections, can become extremely invasive. Pressure can be exerted with a camera that can be very strong and, when applied to a fragile subject, can cause it to break. In recent times, with the proliferation of photographic agents, I have the impression that certain principles that are at the basis of the interaction between human beings are failing. In the name of a photograph, often not so full of content, we tend to exclude concepts such as respect, privacy and person. I am not speaking simply of the mere aesthetic aspect, but of the fundamental ethical aspect. This project aims to be a reflection in this sense. There are many fragile subjects, you cannot and must not damage them in any case, least of all just to take a photograph. The photographer has a power that he must know how to manage responsibly, otherwise he shouldn’t take pictures. A rather complex speech, in fact we would have to talk about it for a long time ... EAB: La maggior parte degli scatti sono dei dettagli: intravediamo una schiena spigolosa, i polsi, uno sguardo attraversato dalla luce, dei rossori sulla pelle. Si intravede probabilmente anche della sofferenza, sottile, ma esiste. Dunque, mi viene spontaneo domandarti in che posizione si colloca il dolore nella fragilità, all’interno delle tue immagini? Come lo hai “sfruttato” per trasmettere, invece, un messaggio positivo? FC: Credo che in queste immagini il dolore sia una sorta di pregresso, il background delle singole storie, necessario a percepire la fragilità dei soggetti. In realtà si tratta di una presenza casuale, non voluta, imprevista. Una specie di “punctum” barthesiano, forse. Emerge tra le altre cose come veicolo di empatia. L’empatia è un altro concetto molto importante. È il fulcro involontario su cui queste immagini fanno leva per sollevare la riflessione. Se capisci cosa prova l’altro, magari regoli il tuo comportamento nei suoi confronti. È un meccanismo tutt’altro che inedito, forse un po’ desueto negli ultimi tempi, che, secondo me, può innescare una grande bellezza. EAB: Most of the shots are details: we see an angular back, the wrists, a glance crossed by the light, redness on the skin. Suffering is probably also glimpsed, subtle, but it exists. So, it comes naturally to me to ask you in what position do you place pain in fragility, within your images? How did you “exploit” it to convey a positive message instead? FC: I believe that in these images the pain is a sort of background, the background of the individual stories, necessary to perceive the fragility of the subjects. In reality it is a casual, unwanted, unexpected presence. A kind of Barthesian “punctum”, perhaps. It emerges among other things as a vehicle of empathy. Empathy is another very important concept. It is the involuntary fulcrum on which these images leverage to raise reflection. If you understand what the other feels, maybe you can regulate your behavior towards him. It is a mechanism that is anything but unprecedented, perhaps a little out of date in recent times, which, in my opinion, can trigger great beauty.

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ABSTRACTION 32


L’Aube d’un nouveau jour, acrylic on canvas, 2017

Francoise Issaly 33


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L’esprit s’y risquera, acrylic on canvas, 2017


C’est ici que l’on retrouve le mythe, acrylic on canvas, 2019

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La serie di dipinti realizzati da Francoise Issaly negli ultimi anni (“Clouds”, “Plis et formes”) rappresentano esclamazioni, meditazioni e riflessioni, simboli di ricerca personale, spiritualità e trasformazione eterna. Combinando la cultura occidentale con la spiritualità orientale, l’arte di Francoise Issaly potrebbe facilmente aprire discussioni sul concetto di Maurice Merleau Ponty del “visibile invisibile”1 che descrive una “mediazione attraverso una gamma di relazioni, tra cui senziente e percepito, tatto e visione, corpo e mondo, sé e altro, fatto ed essenza, percezione e linguaggio”. Ammirando i suoi dipinti astratti, si potrebbero sperimentare immediatamente queste relazioni di cui sopra, perché le sue nuvole/forme emergono dai fatti e dall’essenza, dalla percezione e dal linguaggio visivo, dal sé e dalle altre esperienze. Tutte queste composizioni astratte rivelano i suoi sentimenti, emozioni, pensieri profondi attraverso ogni forma e colore, invitando a una profonda meditazione e alla scoperta di sé. Questo magnifico

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corpus di opere d’arte incarna la potente spiritualità orientale e i concetti taoisti: le nuvole di Francoise Issaly hanno raramente la forma circolare e fluente del simbolo Yin/Yang, questa dualità tra luminoso e scuro, positivo e negativo che descrive come le forze contrarie possano effettivamente essere complementari, interconnessi e interdipendenti in natura, e come si enfatizzano a vicenda per la loro reciproca interrelazione. Diana roman Frammento del testo pubblicato in “Francoise Issaly, Cloud Gliding – Paintings 2018-2021”, Ed. FRI, Montreal, 2022 1. Emerso nel suo volume postumo “Il visibile e l’invisibile”. 2. Toadvine, Ted, “Maurice Merleau-Ponty”, The Stanford Encyclopedia of Philosophy (edizione primavera 2019), Edward N. Zalta (a cura di).


The series of paintings created by Francoise Issaly over the last few years (“Clouds”, “Plis et formes”) represent exclamations, meditations, and reflections, symbols of a personal quest, spirituality, and eternal transformation. Combining Western culture to Eastern spirituality, Francoise Issaly’s art could easily open discussions on Maurice Merleau Ponty’s concept of the “visible invisible”1 which describes a “mediation across a range of relations, including sentient and sensed, touch and vision, body and world, self and other, fact and essence, perception and language.” Admiring her abstract paintings, one could immediately experience these relations mentioned above, because her clouds/forms emerge from facts and essence, from perception and visual language, and from self and other experiences. All these abstract compositions reveal her feelings, emotions, deep thoughts through each and every shape and color, inviting to profound meditation and self-discovery. This magnificent

corpus of artworks embodies the powerful Eastern spirituality, and the Taoist concepts: Francoise Issaly’s clouds seldom have the circular flowing shape of the Yin/Yang symbol, this duality between bright and dark, positive and negative describing how contrary forces may actually be complementary, interconnected, and interdependent in Nature, and how they emphasize each other by their reciprocal interrelation. Diana Roman Fragment of the text published in “Francoise Issaly, Cloud Gliding – Paintings 2018-2021”, Ed. FRI, Montreal, 2022 1. Emerged in his posthumous volume “The Visible and the Invisible”. 2. Toadvine, Ted, “Maurice Merleau-Ponty”, The Stanford Encyclopedia of Philosophy (Spring 2019 Edition), Edward N. Zalta (ed.).

Plis et formes, acrylic on canvas, 2018

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Le vide de soi, acrylic on canvas, 2018

WEBSITE | francoiseissaly.com INSTAGRAM | @francoise_issaly FACEBOOK | Francoise Issaly Courtesy of ARTZ GALLERY, Shanghai www.artzspace.art | @artzgallerysh

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L’esprit s’y risquera II, acrylic on canvas, 2017

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FRANCESCO CIARAMELLA Francesco Ciaramella è nato a Napoli nel 1986. Si interessa alla fotografia a ventinove anni quando, per caso, ha iniziato a maneggiare una macchina fotografica presa in prestito dalla sua compagna. Il Suo approccio alla fotografia è da autodidatta. Legge e studia qualsiasi cosa gli permetta di migliorare e trovare il suo stile. Si ispira principalmente a René Magritte, Andy Warhol e Franco Fontana, tant’è che la sua fotografia si concentra sull’architettura, con richiami alla pop art e al surrealismo. La ricerca del minimalismo si fonde con il colore e le ombre, restituendo immagini armoniose e surreali in una continua ricerca che punta a incuriosire e sorprendere lo spettatore. Questo progetto fotografico, che porta avanti da circa due anni, prende il nome di “Minimalismo Urbano”, proprio perché cerca di valorizzare parti di un palazzo o di un grattacielo per lui più interessanti. Non solo le linee, ma anche i colori e le ombre giocano un ruolo fondamentale in questo progetto, e molte volte sono proprio i colori e le ombre a diventare i protagonisti dell’immagine, andando oltre alla classica fotografia d’architettura in bianco e nero.

Francesco Ciaramella was born in Naples in 1986. He is interested in photography at the age of twenty-nine when, by chance, he began to handle a camera borrowed from his partner. His approach to photography is self-taught. He reads and studies anything that allows him to improve and find his own style. He is mainly inspired by René Magritte, Andy Warhol and Franco Fontana, so much so that his photography focuses on architecture, with references to pop art and surrealism. The search for minimalism blends with color and shadows, returning harmonious and surreal images in a continuous search that aims to intrigue and surprise the viewer. This photographic project, which he has been carrying out for about two years, takes the name of “Urban Minimalism”, precisely because he tries to enhance parts of a building or skyscraper that are most interesting to him. Not only the lines, but also the colors and shadows play a fundamental role in this project, and many times it is the colors and shadows that become the protagonists of the image, going beyond the classic black and white architectural photography. .

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INSTAGRAM | @fvancesco.ciaramella

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PIETRANTONI Corpo e Mondo 48


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La mostra monografica dell’artista Marcello Pietrantoni, si è chiusa a Milano il 9 gennaio 2022. Allestita presso lo Spazio Studio LAMONARCA-HOAA, in via privata Don Bartolomeo Grazioli, 47 ha conquistato il pubblico della città meneghina. Questo inesausto disegnatore, conosciuto soprattutto come scultore, ma in primis celebre architetto, celebra con l’apice della sua carriera artistica il fuoco estetico che gli arde dentro da sempre. “Nell’impossibilità di poterci veder chiaro, almeno vediamo chiaramente le oscurità”; questa frase di Freud si avvicina molto a Marcello Pietrantoni, come se dovessi paragonare una materia ai suoi disegni direi subito “magma vulcanico”. Siamo davvero davanti ad un “augure” dell’antica Roma, nel senso che lui osserva i segnali che l’universo gli manda, i voli degli uccelli, e poi dà il suo vaticinio, il suo responso. Sono come delle scie di lumaca i suoi disegni. Siamo davanti ad un architetto bresciano nato nel 1934, con madre insegnante di greco al liceo classico. Le sculture rimandano a mondi arcaici, micenei, cretesi, probabilmente sono frutto di qualche reminiscenza d’infanzia, filtrata dai ready-made duchampiani, e che si inceppa nel surrealismo. Lì il telefono suona, quel telefono della SIP, con i buchi per le dita, con la rotella che poi ritornava indietro, ma niente, ormai la chiamata è partita, dall’altro capo rispondono, lui ancora lì a fare i numeri successivi e noi ad ascoltarlo, increduli. Questo è l’effetto delle sue sculture. Una telefonata che non trova risposta, ma che si afferma. Ormai il numero è stato fatto. Basta. E’ quel mondo lì, che gli arriva dall’architettura, dall’ordine, dal rigore, dall’incasellamento famigliare e di studi, e che poi

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si scioglie, trova la vena, erutta in qualcosa di imprecisato e devastante, che riesce a raggruppare in sé tutte le fasi della sua carriera e delle nostre vite. Sì, perché in Pietrantoni c’è scritto tutto. C’è l’alfa e l’omega del tutto. Parliamo di un uomo nato nel trentennio. Di un artista che ha vissuto negli anni incandescenti del secondo dopo guerra, in cui assieme alla Costituzione era tutto da riscrivere. Lui costruisce. Parte dai palazzi e arriva alle sculture, ai disegni. Dal generale al particolare. Così particolare che arriva a parlare singolarmente a ciascuno di noi, nel profondo. La definizione di arte, di umanesimo, con il suo contributo magmatico e devastante. Vi propongo un esercizio. Scegliete uno qualunque dei disegni che sono appesi alle pareti di questa mostra, e che qui in parte riproponiamo, per non dimenticarla. Mettetevi davanti e osservatelo per più di sessanta secondi: Non ce la fate. Girate di sicuro lo sguardo. Perché è troppo uno squarcio, è troppo un affondo sugli abissi interiori che ognuno di noi ha. E’ come mettersi al bordo di un burrone per chi soffre di vertigini, oppure ritornare a vivere un incubo che ci ha spaventati la notte precedente e dal quale grazie a Dio ci eravamo svegliati. “Il bello è bello, l’arte è inquietante” dice Marcello. Siamo lì, su quel “die Brucke” con l’urlo di Munch, a braccetto con Pietrantoni, in un paesaggio di colori angoscianti, e mentre noi sudiamo lui guarda sereno l’orizzonte. Esattamente come diceva Freud: “Nell’impossibilità di poterci veder chiaro, almeno vediamo chiaramente le oscurità”. Rosa Fasan


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The monographic exhibition of the artist Marcello Pietrantoni closed in Milan on January 9, 2022. Set up at the Spazio Studio LAMONARCA-HOAA, in a private street Don Bartolomeo Grazioli, 47 has conquered the public of the Milanese city. This inexhaustible draftsman, known above all as a sculptor, but primarily a famous architect, celebrates with the apex of his artistic career the aesthetic fire that has always burned within him. “In the impossibility of being able to see clearly, at least we see the darkness clearly”; this phrase by Freud is very close to Marcello Pietrantoni, as if I had to compare a material to his drawings I would immediately say “volcanic magma”. We are truly faced with an “augur” from ancient Rome, in the sense that he observes the signals that the universe sends him, the flights of birds, and then gives his prophecy his response. His drawings are like snail trails. We are in front of an architect from Brescia born in 1934, with his mother a Greek teacher at the classical high school. The sculptures refer to archaic, Mycenaean, Cretan worlds, they are probably the result of some childhood reminiscence, filtered by Duchampian ready-mades, and which gets stuck in surrealism. There the phone rings, that SIP phone, with holes for the fingers, with the wheel that then came back, but nothing, now the call has started, from the other end they answer, he is still there to make the next numbers and we listening to him, incredulous. This is the effect of his sculptures. A phone call that cannot be answered, but that affirms itself. The number has now been done. Enough. It is that world there, which comes to him from architecture, from order, from rigor, from family and study classification, and which

then melts, finds the vein, erupts into something unspecified and devastating, which he manages to group in itself all the phases of his career and of our lives. Yes, because everything is written in Pietrantoni. There is the alpha and omega of everything. We are talking about a man born in thirty years. Of an artist who lived in the incandescent years of the second post-war period, in which, together with the Constitution, everything had to be rewritten. He builds. He starts from the palaces and reaches the sculptures to the drawings. From the general to the particular. So particular that he comes to speak individually to each of us, in depth. The definition of art, of humanism, with his magmatic and devastating contribution. I propose you an exercise. Choose any of the drawings that were hung on the walls of this exhibition, and which we are partly reproducing here, so as not to forget it. Stand in front of it and observe it for more than sixty seconds: You can’t do it. Look around for sure. Because it is too much a gash, it is too much a thrust into the inner abysses that each of us has. It’s like putting yourself on the edge of a ravine for those suffering from vertigo, or going back to living a nightmare that frightened us the previous night and from which thank god we woke up. “Beauty is beautiful, art is disturbing” says Marcello. We are there, on that “die Brucke” with Munch’s scream, arm in arm with Pietrantoni, in a landscape of distressing colors, and while we sweat he looks calmly at the horizon. Exactly as Freud said: “In the impossibility of being able to see clearly, at least we see the darkness clearly”. Rosa Fasan

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TEXT: Rosa Fasan (@rosafasan) PHOTO CREDITS: Giorgio Merighi

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MARUYAMA JUNNA

Casual, 2021. Oil on canvas, 59x84 cm

Junna Maruyama è nata a Saitama, in Giappone, nel 1999 e si è laureata alla Joshibi University of Art and Design Junior College nel 2019. Junna si sta attualmente affermando nella scena artistica contemporanea asiatica come una promettente giovane artista pop-surrealista grazie alle sue opere caratterizzate da una simbologia magica e tavolozze caleidoscopiche. Frizzante e dolce, il linguaggio di Junna è estremamente romantico ed è allo stesso tempo incantevole e disarmante. In un vortice di colori delicati e avvolti da un’esplosione floreale, i personaggi di Junna sembrano emergere per raccontare una storia magica che esplora e celebra allo stesso tempo la libertà introspettiva dell’immaginazione e quella dell’individuo. Magistralmente modellati con pennellate materiche quasi impressionistiche insieme a raffinate tecniche illustrative, i fantastici scenari di Junna incorporano vari materiali 3d come bottoni glitterati e adesivi che impregnano le sue creazioni uniche di elementi chiave della cultura pop, conferendo alla sua arte un’atmosfera giocosa.. Junna, vive e lavora a Tokyo, ed espone a livello internzionale dal 2018. Ha vinto il primo premio alla Women’s Power Exhibition 2018 Art Competition e il Laboratory Encouragement Award alla Joshibi University of Art and Design Exhibition nel 2019. Nel 2021 una presentazione personale del suo lavoro è apparsa a il Museo Powerlong.

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Junna Maruyama was born in Saitama, Japan in 1999. She graduated from Joshibi University of Art and Design Junior College in 2019. Junna is currently rising in the contemporary Asian art scene as a promising pop-surrealist young artist thanks to her artworks characterized by magical symbology and kaleidoscopic palettes. Sparkling and sweet, Junna’s language is extremely romantic and is at once enchanting and disarm-ing. In a vortex of delicate colors and wrapped in an explosion of flowers, Junna’s characters seem to be emerging to tell a magical story that explores and celebrates at the same time the introspective freedom of the imagination and that of the individual. Magistrally shaped with almost impressionistic material brushstrokes together with refined illustra-tive techniques, Junna’s fantastic scenarios incorporate various 3d materials such as glittery buttons and stickers imbuing her unique creations with key elements from the pop culture, to confer a play-ful mood to her Art. Tokyo-based Junna has now exhibited internationally since 2018 and has won the first prize at the Women’s Power Exhibition 2018 Art Competition and the Laboratory Encouragement Award at the Joshibi University of Art and Design Exhibition in 2019. In 2021 a solo presentation of her work appeared at the Powerlong Museum.


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Piaf, 2021. Oil on canvas, 23x15 cm


Firefly, 2021. Oil on canvas, 38x45 cm

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Noise, 2021. Oil on canvas, 60x73 cm

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Dorothy Circus Gallery Via dei Pettinari 76, Roma (Italy) 35 Connaught St, St George’s Fields. London (UK) www. dorothycircusgallery.it

INSTAGRAM | @junna_maruyama @dorothycircus

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Ghost of the sea, 2021. Oil on canvas, 53x45 cm


Tapir, 2021. Oil on canvas, 33x24 cm

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TIME Teresa Bontà

Il tempo. Veloce, lento, infinito, ricco, sterile, il tempo con cui ogni giorno ci confrontiamo. Ecco come descriverei questa quarantena in cui mi trovo da oltre un mese. Scansionato e vissuto. Agli inizi di marzo sono arrivate le prime segnalazioni di chiusure stradali, qui al nord è iniziato, prima che nel resto d’Italia, il blocco del traffico, delle attività e già la tensione cominciava a farsi sentire. Non so quando vedrò le persone che amo, la mia famiglia lontana, non so quando potrei riprendere le mie normali attività, il lavoro, la fotografia, i progetti, la vita di tutti i giorni. I casi in Cina mi avevano già fatto pensare molto e vedere quelle immagini di persone completamente sconvolte in un nuovo modo di vivere mi faceva pensare. La paura, il disagio, la nuova percezione delle distanze hanno fatto nascere in me questo progetto. E il tempo è stato quello che mi ha accompagnato, spronato e persino sfidato durante i servizi fotografici. Sono riuscito a fare una parte degli scatti, poi l’impossibilità di uscire mi ha fermato ma mi ha anche dato una grande opportunità: vivere il tempo con ritmi completamente diversi da quelli a cui siamo abituati. Ho iniziato a respirare il tempo.

The Time. Fast, slow, infinite, rich, sterile, the time with which every day we confront each other. Here’s how I’d describe this quarantine I’ve been in for over a month. Scanned and lived. At the beginning of March, the first reports of road closures arrived, here in the north the blocking of traffic and activities began, before the rest of Italy, and the tension was already beginning to be felt. I don’t know when I will see the people I love, my distant family, I don’t know when I will be able to resume my normal activities, work, photography, projects, everyday life. The cases in China had already made me think a lot and seeing those images of people completely upset in a new way of life made me think. The fear, the discomfort, the new perception of distances have given rise to this project in me. And time was the one that accompanied me, spurred and even challenged during photo shoots. I managed to do a part of the shots, then the impossibility of going out stopped me but also gave me a great opportunity: living time with completely different rhythms than we are used to. I started breathing the time.

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Teresa Letizia Bontà nasce a Licata Agrigento nel 1981. Si avvicina al mondo della fotografia giovanissima da autodidatta. Il primo soggetto che l’ha stimolata è stato sicuramente il suo ambiente e le bellezze artistiche e paesaggistiche del suo paese. Fra i suoi temi preferiti non mancano le persone, la donna, la realtà circostante ma soprattutto temi sociali. Le sue fotografie nascono con l’intento di dare una melodia a una nota senza suono che per tanto tempo è rimasta tale; la fotografia rappresenta la luce, quella luce che riesce nella maniera più diretta a illuminare ogni parte buia che rimane oscura troppo spesso dentro di noi. Nella società moderna oggigiorno c’è troppo poco tempo per comprendere l’imprevedibilità di un’emozione, la corsa ti obbliga ad ascoltare troppo poco il tuo io mentre le emozioni stesse dovrebbero prendere più spesso vita su quel palcoscenico che tutti noi abbiamo dentro. Se ci fermiamo un attimo a riflettere, ci accorgiamo che la fotografia ci fa capire quanto alcune emozioni che ti spezzano il cuore, possono anche essere le stesse che riescono a guarirlo.

Teresa Letizia Bontà was born in Licata Agrigento in 1981. She approaches the world of photography at a very young age as a self-taught. The first subject that stimulated her was certainly her environment and the artistic and landscape beauties of her country. Among her favorite themes there are people, women, the surrounding reality but above all social issues. Her photographs are born with the intention of giving a melody to a soundless note that has remained so for a long time; photography represents light, that light that manages in the most direct way to illuminate every dark part that remains dark inside us too often. In modern society today there is too little time to understand the unpredictability of an emotion, running forces you to listen too little to your ego while the same emotions should come to life more often on that stage that we all have inside. If we stop for a moment to reflect, we realize that photography makes us understand how some emotions that break your heart can also be the same ones that can heal it.

WEBSITE | bontateresa.it INSTAGRAM | @teresa.letizia.bonta75 FACEBOOK | Teresa Letizia Bonta’

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CLAUDIO OLIVIERI i trionfi del colore

“Dai giorni del mio viaggio in Grecia mi si è rilevata l’importanza della luce come sostanza della forma e non solo come fonte. La luce greca, appunto, è una luce che è al tempo stesso misteriosa e vivente: è la forma stessa della sua purezza.” Claudio Olivieri

Margine Nero, 1971. Airbrush on canvas, 70x100 cm

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“Il colore è una conquista moderna che ha arricchito la tradizione. Ma non c’è nessuna scissione, in pittura, tra antico e moderno”. Chi scriveva così era qualcuno che di pittura se ne intendeva: Matisse. E le sue parole tornano in mente guardando le opere di Claudio Olivieri. Anche loro dimostrano che la pittura moderna non esiste. Esiste, quando esiste, la pittura. Non so voi, ma io quando guardo i quadri di Olivieri non penso più a tutte le cose che abbiamo imparato (o, peggio, insegnato) a scuola: l’astrazione, la Scuola di New York, Rothko, Barnett Newman… Saranno anche vere, ma mi sembra che complichino inutilmente, come chi davanti a un fiore parlasse di tepali e perianzio. Dicono tutto, tranne l’essenziale. Ai quadri di Olivieri, invece, si potrebbe dare il titolo medioevale, petrarchesco, di Trionfi. Sono trionfi del colore, non nel senso trionfalistico di eccesso, come spesso si intende oggi. Lo sono, piuttosto, perché si incentrano totalmente sul colore: il colore come mistero e come evidenza, come energia e come fragilità, come festa mobile e apparizione immobile, come temporalità e superamento del tempo. Contraddizioni? Ma le contraddizioni riguardano la vita e interessano alla filosofia. La pittura è, felicemente, al di là. “Color is a modern achievement that has enriched tradition. But there is no split, in painting, between ancient and modern “. Whoever wrote like this was someone who knew about painting: Matisse. And his words come to mind when looking at the works of Claudio Olivieri. They too show that modern painting does not exist. Exists, when it exists, the painting. I don’t know about you, but when I look at Olivieri’s paintings I no longer think of all the things we learned (or, worse, taught) at school: abstraction, the New York School, Rothko, Barnett Newman ... They will also be true , but it seems to me that they complicate uselessly, like someone talking about tepals and perianth in front of a flower. They say everything, except the essential. Olivieri’s paintings, on the other hand, could be given the medieval title, Petrarchesque, of Trionfi. They are triumphs of color, not in the triumphalistic sense of excess, as is often understood today. They are, rather, because they are totally centered on color: color as mystery and as evidence, as energy and as fragility, as a moving feast and motionless apparition, as temporality and the overcoming of time. Contradictions? But the contradictions concern life and concern philosophy. Painting is happily beyond. Elena Pontiggia

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Inoltre. Airbrush on canvas, 190x240 cm

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Alle calende, 1985. Airbrush on canvas, 200x145 cm

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Occiduo, 1991. Airbrush on canvas, 200x150 cm


Untitled, 2001. Airbrush on canvas, 130x165 cm

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Abbrivio, 2007. Airbrush on canvas, 60x80 cm

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Emergere, 1960. Oil on canvas, 120x150 cm

Claudio Olivieri è nato a Roma nel 1934. Trascorre l’infanzia a Mantova, città natale della madre, e nel 1953 si trasferisce a Milano, dove frequenta l’Accademia di Brera diplomandosi in Pittura. I suoi esordi avvengono nell’ambito della pittura informale, gestuale e segnica. Nel 1960 ha tenuto la sua prima personale al Salone Annunciata di Milano. Da questo momento l’attività espositiva è intensa e costante: tiene numerose mostre personali in gallerie, musei e spazi pubblici italiani e internazionali. Nel 1966 viene invitato con alcune opere alla Biennale di Venezia, dove ritorna nel 1980 e nel 1990 con una sala personale, e ancora nel 1986 nella sezione del colore. È considerato uno dei maggiori esponenti della Pittura Analitica italiana e partecipa a importanti esposizioni collettive e manifestazioni come La Quadriennale di Roma (1973) e Documenta di Kassel (1977). La sua produzione pittorica è inoltre affiancata all’elaborazione di diversi scritti. Dal 1993 al 2011 è titolare della cattedra di Arti Visive e Pittura alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, città dove ha vissuto fino al dicembre 2019.

Claudio Olivieri was born in Rome in 1934. He spent his childhood in Mantua, his mother’s hometown, and in 1953 he moved to Milan, where he attended the Brera Academy, graduating in painting. His beginnings take place in the context of informal, gestural and sign painting. In 1960 he held his first solo show at the Salone Annunciata in Milan. From this moment on, the exhibition activity is intense and constant: he holds numerous personal exhibitions in galleries, museums and Italian and international public spaces. In 1966 he was invited with some works to the Venice Biennale, where he returned in 1980 and 1990 with a personal room, and again in 1986 in the color section. He is considered one of the greatest exponents of Italian Analytical Painting and participates in important collective exhibitions and events such as La Quadriennale di Roma (1973) and Documenta di Kassel (1977). His pictorial production is also flanked by the elaboration of various writings. From 1993 to 2011 he held the chair of Visual Arts and Painting at the New Academy of Fine Arts in Milan, the city where he lived until December 2019.

Courtesy of GALLERIA TONELLI - Milano, Porto Cervo WEBSITE | galleriatonelli.it INSTAGRAM | @galleriatonelli FACEBOOK | Galleria Tonelli

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ARCHITECTURE Drawing Price

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Overall winner and joint Hybrid category winner Flood-responsive landscape performance by Dafni Filippa - Photo credit: Dafni Filippa


Digital finalist: The Recess 1, Pasing Anton Markus - Photo credit: Anton Markus

Il vincitore assoluto dell’Architectural Drawing Prize 2021 è stato annunciato il 25 gennaio al Sir John Soane’s Museum di Londra come Dafni Filippa con “Fluid Strata – Flood-responsive landscape performance”: un disegno ibrido che combina diverse tecniche di rendering. Sir John Soane’s Museum: “Il progetto di Filippa prende come punto di partenza l’emergenza climatica, immaginando una futura Londra in cui la barriera del Tamigi è stata travolta e le inondazioni improvvise sono un evento regolare. Propone una soluzione che prevede l’iniezione di idromembrane in profondità nel sottosuolo, proteggendo l’infrastruttura dalle acque alluvionali. L’immagine è iniziata con la fotografia di un modello fisico che è stato poi manipolato digitalmente” Ken Shuttleworth, fondatore di Make Architects e giudice, ha commentato il disegno di Dafni Filippa: “Come giuria, siamo rimasti tutti colpiti da Fluid Strada e dal modo in cui sfuma i confini tra oggetti fisici e disegno con grande abilità e immaginazione, rendendolo un esempio davvero eccezionale di rendering ibrido.” Il Museo di Sir John Soane ha ospitato una mostra dedicata al The Architecture Drawing Prize. La mostra presenta “Fluid Strata” di Dafni Filippa, oltre ai disegni dei finalisti dell’anno scorso e dei vincitori di categoria. Sono incluse anche le opere del Premio 2020 che non hanno potuto essere esposte prima a causa della pandemia.

The Overall Winner of the 2021 Architecture Drawing Prize was announced on 25 January at Sir John Soane’s Museum in London as Dafni Filippa with “Fluid Strata – Flood-responsive landscape performance”: a hybrid drawing combining different rendering techniques. Sir John Soane’s Museum: “Filippa’s project takes the climate emergency as its starting point, imagining a future London in which the Thames Barrier has been overwhelmed and flash floods are a regular occurrence. She proposes a solution which involves injecting hydro-membranes deep underground, protecting the infrastructure from flood waters. The image began with a photograph of a physical model which was then digitally manipulated” Ken Shuttleworth, founder of Make Architects and a judge, commented on Dafni Filippa’s drawing: “As a jury, we were all impressed by Fluid Strada and the way it blurs the lines between physical objects and drawing with great skill and imagination, making it a truly exceptional example of a hybrid rendering.” Sir John Soane’s Museum is hosting a dedicated exhibition of The Architecture Drawing Prize. The exhibition features Dafni Filippa’s “Fluid Strata”, as well as drawings by last year’s finalists and category winners. Also included are works from the 2020 Prize that could not be exhibited earlier due to the pandemic.

Il Premio Creato in collaborazione tra il Museo di Sir John Soane, Make Architects e il World Architecture Festival, The Architecture Drawing Prize è giunto alla sua quinta edizione. Attira voci da tutto il mondo e mostra i migliori e più innovativi disegni architettonici di oggi. La misura in cui il disegno fa una proposta sulle possibilità dell’architettura è un criterio importante nel processo di giudizio, così come l’abilità tecnica e l’originalità dell’approccio.

About The Prize Created as a collaboration between Sir John Soane’s Museum, Make Architects, and the World Architecture Festival, The Architecture Drawing Prize is now in its fifth year. It attracts entries from around the world and displays the best and most innovative architectural drawings of today. The extent to which the drawing makes a proposition about the possibilities of architecture is an important criterion in the judging process, as are technical skill and originality of approach.

Le Mostre Nell’ambito del programma del Premio, i finalisti e i vincitori sono esposti al Museo di Sir John Soane. Quest’anno ci sono due mostre: il Sir John Soane’s Museum ospita la mostra del Premio

The Exhibitions As part of The Prize programme, finalists and winners are exhibited at Sir John Soane’s Museum. This year, there are two exhibitions: Sir John Soane’s Museum is hosting the 2020-2021

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Hybrid category joint winner: (Un)homliness, Part 1, Boji Hu - Photo credit: Boji Hu

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2020-2021 e ha anche curato una mostra virtuale con Make Architects, una retrospettiva quinquennale dell’Architecture Drawing Prize. Entrambe le mostre celebrano come la comunicazione di idee o concetti di design sia effettivamente al centro di ciò che rende un disegno architettonico forte, sia esso puramente concettuale o relativo a un progetto destinato a essere costruito.

Prize exhibition, and has also curated a virtual exhibition with Make Architects, a 5-Year Retrospective of the Architecture Drawing Prize. Both exhibitions celebrate how communicating ideas or design concepts are effectively at the heart of what makes a strong architectural drawing, be it purely conceptual or relating to a project intended to be built.

La Mostra del Premio 2020-21 al Museo di Sir John Soane La mostra esplora gli ultimi sviluppi nell’arte del disegno architettonico, con una forte attenzione su come le tradizionali tecniche di rendering si combinano con i più recenti strumenti digitali. Le voci degli ultimi due anni dimostrano come il disegno sia stato un mezzo importante per riconnettersi con l’ambiente circostante durante la pandemia e per vedere quell’ambiente da una nuova prospettiva. Un accresciuto senso del luogo è emerso in primo piano e al centro nelle richieste dei candidati, il che è stimolante considerando che molti architetti sono stati fisicamente allontanati dai loro progetti e il processo di progettazione è stato sempre più basato sullo schermo durante i blocchi e i periodi di lavoro da casa . La mostra al Museo è un’istantanea della retrospettiva online, esplorando molti dei temi simili, ma anche dimostrando come architetti e studenti, in particolare, stiano eccellendo nell’uso degli strumenti digitali in modo abile e maturo. Nel 2021 è stata la prima volta che tutti i vincitori di categoria erano composti da studenti, esibendo così l’abilità artistica posseduta dalle ultime generazioni di laureati in architettura.

The 2020-21 Prize Exhibition at Sir John Soane’s Museum The exhibition explores the latest developments in the art of the architectural drawing, with a strong focus on how traditional rendering techniques are combined with the latest digital tools. Entries from the past two year’s demonstrate how drawing has been an important medium in reconnecting with one’s surroundings during the pandemic, and in viewing those surroundings from a fresh perspective. A heightened sense of place has emerged front and centre in applicant submissions, which is thought-provoking considering that many architects have been physically distanced from their projects, and the design process has been increasingly screenbased during lockdowns and work-from-home periods. The exhibition at the Museum is a snapshot of the online retrospective, exploring many of the similar themes, but also demonstrating how architects and students, in particular, are excelling in the use of digital tools in an artful, mature way. 2021 was the first time that all category winners were comprised of students, thus exhibiting the artistry possessed by the latest generations of architecture graduates.

La retrospettiva virtuale del Premio Architecture Drawing Prize La retrospettiva mette in mostra i disegni dei vincitori e dei finalisti del Premio per il disegno di architettura sin dal suo inizio nel 2017. Esemplifica come lo spazio virtuale sia in grado di facilitare l’allestimento di grandi mostre che possono fungere

The Virtual Retrospective of The Architecture Drawing Prize The Retrospective showcases drawings by the winners and finalists of The Architecture Drawing Prize since its inception in 2017. It exemplifies how virtual space is able to facilitate the mounting of large exhibitions that can work as a strong


Hybrid category joint winner: (Un)homliness, Part 3, Boji Hu - Photo credit: Boji Hu

da forte complemento a mostre fisiche più piccole e più mirate. Greg Willis di Make Architects, che ha guidato la progettazione della galleria virtuale e ha collaborato a stretto contatto con la curatrice Louise Stewart, alla progettazione della mostra retrospettiva del Museo di Sir John Soane, afferma: “The Vault of Contemporary Art utilizza le nostre capacità di placemaking per creare una piattaforma digitale che gioca con matericità, luce, suono e senso del luogo in modo innovativo e distintivo, prestando grande attenzione al modo in cui gli oggetti vengono visualizzati. L’idea è stata quella di migliorare la nostra esperienza dello spazio digitale, rendendolo più memorabile e distinto. La curatrice delle mostre al Sir John Soane’s Museum, Louise Stewart, ha organizzato la retrospettiva attorno a dieci temi che vanno da “Luce, spazio, ombra, a “Questa città affollata” a “Visioni distopiche” e afferma: “In questo gruppo di disegni, gli artisti affrontano le minacce future. In tal modo, tengono conto di questioni come il cambiamento climatico, la sovrappopolazione e la fornitura di energia. Il loro immaginario inquietante dimostra l’impatto dell’architettura sulle persone e sul pianeta e il suo potenziale per sostenere, esacerbare e risolvere i problemi affrontati dalla società”. Il Premio per il disegno di architettura 2021 è sponsorizzato da Gleeds. È presieduto da Paul Finch, direttore del programma del World Architecture Festival, co-curatori di The Architecture Drawing Prize insieme a Make Architects e Sir John Soane’s Museum.

complement to smaller, more focused physical exhibitions. Greg Willis from Make Architects, who led the design of the virtual gallery and collaborated closely with Curator, Louise Stewart, on Sir John Soane’s Museum retrospective exhibition design, says: “The Vault of Contemporary Art uses our placemaking skills to create a digital platform that plays with materiality, light, sound, and sense of place in an innovative and distinctive way, giving great care to how objects are displayed. The idea has been to improve our experience of digital space, making it more memorable and distinct. Curator of Exhibitions at Sir John Soane’s Museum, Louise Stewart, has organised the Retrospective around ten themes ranging from “Light, Space, Shade, to “This Crowded City” to “Dystopian Visions” and says: “In this group of drawings, artists grapple with future threats. In doing so, they take account of issues such as climate change, overpopulation, and energy provision. Their unsettling imagery demonstrates architecture’s impact on people and planet, and its potential to underpin, exacerbate, and solve the problems faced by society.” The 2021 Architecture Drawing Prize is sponsored by Gleeds. It is chaired by Paul Finch, Programme Director of the World Architecture Festival, co-curators of The Architecture Drawing Prize along with Make Architects and Sir John Soane’s Museum.

Vincitore assoluto 2021: “Flood Responsive Landscape Performance” di Dafni Filippa Vincitore estratto a mano 2021: ‘Riconfigurare le narrazioni di Addis Abeba’ di Antonio Paoletti Categoria ibrida 2021: Quest’anno ci sono due vincitori congiunti ’Fluid Strata’ di Dafni Filippa - ’(Un)homeliness’ di Boji Hu. Vincitore categoria Digital 2021: “Site(s) of Flux” di Zachary Higson. Vincitore premio Lockdown 2021: “Site(s) of Flux” di Zachary Higson.

2021 Overall winner: ‘Flood Responsive Landscape Performance’ by Dafni Filippa 2021 Hand drawn winner: ‘Reconfiguring Addis Ababa’s Narratives’ by Antonio Paoletti 2021 Hybrid category: This year there are two joint Winners Fluid Strata’ by Dafni Filippa - ‘(Un)homeliness’ by Boji Hu. 2021 Digital category winner: ‘Site(s) of Flux’ by Zachary Higson. 2021 Lockdown prize winner: ‘Site(s) of Flux’ by Zachary Higson.

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MAKE ARCHITECTS

SIR JOHN SOANE’S MUSEUM

Make è uno studio di architettura internazionale pluripremiato con la reputazione di sfidare le convenzioni e perseguire l’eccellenza del design. La pratica dà vita ai progetti in un’ampia gamma di settori e luoghi, spingendo per l’innovazione in ciascuno di essi, che si tratti di un piccolo schema guidato dalla comunità o di una nuova struttura fondamentale. Questo approccio ha portato a progetti per numerose collaborazioni artistiche e culturali degne di nota, incluso uno spazio espositivo dinamico per artisti emergenti a Hong Kong. Negli ultimi dieci anni, il lavoro di Make è stato arricchito dal talento e dall’impegno di molti altri membri del settore creativo, inclusi artisti come Kenny Hunter e Catherine Bertola, collaborazioni che hanno prodotto una serie di bellissime e stimolanti opere d’arte pubbliche. Il fondatore di Make, Ken Shuttleworth, è stato anche riconosciuto per la sua abilità nel disegno nel corso degli anni, guadagnandosi il soprannome di “Ken the Pen”.

La casa, il museo e la biblioteca di Sir John Soane al n. 13 di Lincoln’s Inn Fields sono stati un museo nazionale dall’inizio del diciannovesimo secolo. Alla sua nomina a professore di architettura alla Royal Academy nel 1806, Soane (1753-1837) iniziò a sistemare i suoi libri, antichità classiche, calchi e modelli in modo che gli studenti di architettura potessero trarre vantaggio dall’accesso ad essi. Nel 1833, ha negoziato un atto del Parlamento per preservare la casa e la collezione dopo la sua morte a beneficio di “dilettanti e studenti” in architettura, pittura e scultura. Oggi, il Museo di Sir John Soane è uno dei musei più insoliti e significativi del paese, con un impegno continuo e in sviluppo per l’istruzione e l’ispirazione creativa.

Make is an award-winning international architectural practice with a reputation for challenging convention and pursuing design excellence. The practice brings projects to life across a broad range of sectors and locations, pushing for innovation in each one, whether it’s a small community-led scheme, or a landmark new structure. This approach has produced designs for several noteworthy arts and culture projects, including a dynamic exhibition space for emerging artists in Hong Kong. Over the past decade, Make’s work has been enhanced by the talent and commitment of many other members of the creative sector, including artists like Kenny Hunter and Catherine Bertola – collaborations that have produced an array of beautiful, inspiring public works of art. Make’s founder, Ken Shuttleworth, has also been recognised for his skilled draughtsmanship over the years, earning him the nickname “Ken the Pen.”

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Sir John Soane’s house, museum, and library at No. 13 Lincoln’s Inn Fields has been a national museum since the early nineteenth century. On his appointment as Professor of Architecture at the Royal Academy in 1806, Soane (1753-1837) began to arrange his books, classical antiquities, casts, and models so that students of architecture might benefit from access to them. In 1833, he negotiated an Act of Parliament to preserve the house and collection after his death for the benefit of ‘amateurs and students’ in architecture, painting, and sculpture. Today, Sir John Soane’s Museum is one of the country’s most unusual and significant museums, with a continuing and developing commitment to education and creative inspiration.

WEBSITE | worldarchitecturefestival.com INSTAGRAM | @architecturedrawingprize FACEBOOK | ArchitectureFestival Courtesy of v2com-newswire.com


Handdrawn Finalist: Treehouses without Trees, Thomas Schaller - Photo credit: Thomas Schaller

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BUTTERNUT Maurice Martel architecte

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Costruita con pareti prefabbricate, facente parte di un progetto di abitazione modello, Butternut è una casa a un piano che esplora l’abitare come un gioco di volumi che bilancia apertura e intimità. Con il vincolo delle dimensioni dei pannelli strutturali coibentati (SIP), il progetto ha rappresentato per l’architetto una grande sfida di costruzione e creatività. Per rompere l’effetto di standardizzazione della prefabbricazione, la residenza si dispiega su quattro volumi che giocano con le altezze, e la cui disposizione offre un percorso ricco di molteplici scorci e atmosfere. Un volume in equilibrio tra apertura e intimità Il lotto, tipico di una soluzione abitativa suburbana, non offriva molta privacy. Per garantire la prossimità con i vicini, l’architetto ha privilegiato una disposizione a recinto da cui emerge un cortile interno naturalmente protetto. La collocazione strategica di alcuni muri perimetrali intorno alla residenza conferisce una nota armoniosa di intimità, garantendo l’ingresso di abbondante luce attraverso ampie finestre, dove si evitano incontri vis-à-vis con il quartiere. All’interno, colori neutri e materie prime danno il tono a un’architettura calda e semplice. I dettagli sono lavorati con finezza, come dimostrano le giunzioni tra le pareti e il soffitto, così come quelle tra i pannelli di compensato che disegnano sottili fessure. Questa estetica a righe crea una cornice discreta ed elegante. La cucina, progettata in collaborazione con “À Hauteur d’Homme”, è collocata nel cuore della casa, come un passaggio necessario per l’accesso agli altri ambienti. Piacevole e compatta, come la residenza stessa, si apre sulla corte interna. Situato nel volume più alto, l’esperienza offerta dal bagno è ulteriormente amplificata dalle sue porte e dalla tenda walk-in.

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Built with prefabricated walls, as part of a model house project, Butternut is a single-storey house that explores living as a game of volumes that balances openness and intimacy. With the constraint of the dimensions of the structural insulated panels (SIP), the project represented a great challenge of construction and creativity for the architect. In order to break the standardization effect of prefabrication, the residence unfolds through four volumes that play with the heights, and whose layout offers a rich journey offering multiple views and atmospheres. A volume balanced between openness and intimacy The lot, typical of a suburban home layout, did not offer much privacy. To preserve proximity with neighbours, the architect favored an installation in the form of an enclosure from which a naturally protected interior courtyard emerges. The strategic placement of a few perimeter walls around the residence strikes a harmonious note with intimacy by enabling entry of abundant light through large windows, where vis-à-vis views with the neighbourhood are avoided. Inside, neutral colors and raw materials set the tone of a warm and simple architecture. The details are worked with finesse, as evidenced by the joints between the walls and the ceiling, as well as those between the plywood panels drawing fine slits. This lined language creates a discreet and elegant frame. The kitchen, designed in collaboration with “À Hauteur d’Homme”, is placed in the heart of the house, like a necessary passage providing access to the other rooms. Pleasant and compact, like the residence itself, it opens onto the interior courtyard. Located in the highest volume, the experience offered by the bathroom is further amplified by its doors and walk-in curtain.

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Un’architettura con un dialogo intrecciato tra spazi interni ed esterni I vari volumi della casa possono essere apprezzati dai diversi cortili, conferendo allo spazio un carattere urbano e protettivo. La presenza di alberi secolari, che si stagliano dietro i volumi, conferisce al paesaggio esterno un carattere esotico e rigenerante. Il progetto trae la sua forza dall’attenzione riservata agli spazi interni ed esterni. Al posto del tradizionale giardino di una casa suburbana, l’architetto offre diversi spazi esterni con esperienze diverse. C’è un’area giardino per raccogliersi attorno al fuoco, un cortile centrale attorno al quale si snoda la residenza e, d’estate, consente la continuità della cucina e costituisce il cuore del progetto. Infine, un altro piccolo cortile esterno offre protezione dalle intemperie. Gli eleganti cortili corrono lungo vialetti in cemento adiacenti a patii in legno. Il paesaggio è pulito e arricchisce le viste dagli spazi interni della casa. Butternut si rivela come il percorso di un viaggio che non offre tutte le sorprese in un solo sguardo. All’interno dei quattro volumi che compongono lo schema architettonico, gli scorci sono ricchi, gli spazi luminosi e la qualità della vita preservata, sia all’interno che all’esterno della residenza. Maurizio Martel Maurice Martel è uno studio di architettura che sposa modi creativi di pensare al design, alla materialità, alla struttura e alla costruzione nell’evoluzione dell’architettura contemporanea. Fondata nel 2009, la sua missione è stimolare l’architettura e l’interior design attraverso opere costruite, ricerca critica, mostre e scritti.

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An architecture of woven dialogue between interior and exterior spaces The various volumes of the house can be appreciated from the different courtyards, adding an urban and protective character to the space. The presence of mature trees, which stand out behind the volumes, provides the outdoor landscape with an exotic and rejuvenating character. The project draws its strength from the attention paid to both interior and exterior spaces. In lieu of the traditional suburban home garden, the architect offers several outdoor spaces with varying experiences. There is a garden area for gathering around a fire, a central courtyard around which the residence unfolds and, in summer, enables the continuity of the kitchen and forms the heart of the project. Finally, another small exterior courtyard offers protection from the elements. The elegant courtyards run along concrete paths adjacent to wooden patios. The landscaping is neat and enriches views from the interior spaces of the house. Butternut is revealed as the rhythm of a journey that does not offer up all of its surprises in a single glance. Within the four volumes that make up the architectural program, the views are rich, the spaces bright, and the quality of life preserved, both inside and outside of the residence. Maurice Martel Maurice Martel is an architecture firm espousing creative ways of thinking about design, materiality, structure, and construction in the evolution of contemporary architecture. Founded in 2009, its mission is to stimulate architecture and interior design through constructed works, critical research, exhibitions, and writings.

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Technical sheet Architecture: Maurice Martel Construction: Volum.ca Kitchen: Hauteur d’Homme Windows: Shalwin Site: Gatineau Area: 1 600 sq.ft. Photographer: Maxime Brouillet

WEBSITE | mauricemartel.com INSTAGRAM | @mauricemartelarchitecte FACEBOOK | Maurice Martel architecte Courtesy of v2com-newswire.com

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DOMUS ENZO CRISPINO

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Nato a Frattamaggiore (Napoli) nel 1964 e risiedo in provincia di Reggio Emilia. Fotografo autodidatta, ammesso per meriti artistici in qualità di Socio di Merito all’Accademia Internazionale d’Arte Moderna di Romacon nomina a Maestro di Fotografia Artistica. Mie due opere “Il velo dell’anima” e “ La bellezza perduta” incamerate dai Musei Civici di Reggio Emilia. Il progetto fotografico VEGLIA composto da sei opere sono state incamerate dal Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto.

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Born in Frattamaggiore (Naples) in 1964 and resident in the province of Reggio Emilia.Self-taught photographer, admitted for artistic merits as a Member of Merit at the International Academy of Modern Art in Rome with appointment as Master of Artistic Photography. My two works “Il velo dell’anima” (The veil of the soul) and “La bellezza perduta” (The lost beauty) were forfeited to the Civic Museums of Reggio Emilia. The photographic project VEGLIA composed of six works were forfeited by the Museo Storico Italiano della Guerra in Rovereto.

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Alcuni miei progetti fotografici sono conservati presso il C.S.A.C di Parma, Centro Studi Archivio e Comunicazione della Università di Parma. Pubblicazione di due miei libri fotografici da parte della casa editrice Corsiero editore: “La bellezza perduta” e “Otto ore” Rappresentato da Artifact Gallery di New York e da Galleria DuePuntoZero di Bergamo. Nell’ultimo anno mi sono dedicato alla poesia ricevendo riscontri in concorsi letterari.

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Some of my photographic projects are kept at the C.S.A.C of Parma, Study Centre for Archives and Communication of the University of Parma. Publication of two of my photographic books by Corsiero editore: “La bellezza perduta” and “Otto ore”. Represented by Artifact Gallery in New York and Galleria DuePuntoZero in Bergamo. In the last year I have dedicated myself to poetry, receiving feedback in literary competitions.

WEBSITE | enzocrispino.com INSTAGRAM | @enzo.crispino FACEBOOK | Enzo Crispino

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Untitled. Oil on canvas, 135x130 cm (detail)

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STELIAN GHIGĂ 105


Untitled. Oil on canvas, 120x120 cm

Nel dipinto di Stelian Ghigă, l’impressione totale è sorprendente, l’occhio si rifiuta di fermarsi in un punto specifico della superficie della tela e viene rapidamente attratto da qualsiasi area di interesse. Stelian Ghigă è un pittore di processo, un pittore il cui approccio parte da una struttura standard della rete, in cui diversifica la modularità, il motivo, la composizione, i colori, essendo ogni opera in diretta corrispondenza con le precedenti. Nei dipinti di Ghigă, il colore determina la struttura e il sistema compositivo. Il suo approccio si riferisce alle contingenze e alle improvvisazioni che ha descritto nei termini musicali dei ritmi e delle armonie. Sebbene senza titolo, i suoi dipinti astratti mostrano un riferimento alla natura e conoscendo Stelian Ghigă da più di 30 anni, posso facilmente dire che è sempre stato in piena ammirazione per la bellezza della Natura. Pertanto, mentre le associazioni sembrano impressionistiche - tratti interrotti possono evocare il ricordo di rami spezzati, o sfumature scure riccamente dipinte possono suggerire le oscure profondità dei boschi - i dipinti articolano sia l’esperienza personale di un luogo particolare, che un significato collettivo della natura che lo circonda.

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In Stelian Ghigă’s painting, the total impression is amazing, the eye refuses to stop at a specific point on the surface of the canvas, and is quickly drawn to any area of interest. Stelian Ghigă is a process painter, a painter whose approach starts from a standard structure of the network, in which he diversifies the modularity, pattern, composition, colors, each work being in direct correspondence with the previous ones. In Ghiga’s paintings, color determines the structure and the compositional system. His approach refers to the contingencies and improvisations which he described in the musical terms of rhythms and harmonies. Although untitled, his abstract paintings show a reference to nature and knowing Stelian Ghigă for more than 30 years, I can easily say that he has always been in full admiration of the beauty of Nature. Therefore, while the associations seem impressionistic—interrupted strokes may conjure the memory of broken branches, or richly painted dark shades may suggest the murky depths of the woods—the paintings articulate both the personal experience of a particular place and a collective signification of the nature surrounding him.


Untitled. Oil on canvas, 160x130 cm

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Untitled. Oil on canvas, 120x160 cm

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Untitled. Oil on canvas, 120x160 cm

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Untitled. Oil on canvas, 120x160 cm (detail)

Courtesy of ARTZ GALLERY, Shanghai www.artzspace.art | @artzgallerysh

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EG Jean Vervillearchitecte

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Affrontando il potenziale fittizio dello spazio architettonico, il progetto EG fa parte di un’effettiva ibridazione tra architettura e intervento installativo. Affascinati dai mondi fotografici che illustrano la produzione eclettica di Jean Verville, i clienti, desiderosi di esperienze creative insolite, adottano l’approccio giocoso dell’architetto con passione, rigore e sensibilità. Il risultato è un’architettura allo stesso tempo funzionale ed estetica, che offre un’esperienza minimalista e giocosa caratteristica del lavoro dello Studio Jean Verville architectes.

Addressing the fictional potential of architectural space, the EG project is part of an actual hybridization between architecture and installation intervention. Fascinated by the photographic worlds illustrating the eclectic production of Jean Verville, clients, eager for unusual creative experiences, adopt the playful approach of the architect with passion, rigor, and sensitivity. The result is an architecture that is both functional and aesthetic, offering a minimalist and playful experience distinctive of the work of Studio Jean Verville architectes.

«Un’avventura complice, maliziosa... un risultato straordinario e, soprattutto, degno del nostro team!» Vincent Drapeau e Samuel G. Labelle, comproprietari, Les Entreprises d’électricité E.G. Ltee.

«A complicit, mischievous adventure...an amazing result for and, above all, worthy of our team!» Vincent Drapeau and Samuel G. Labelle, co-owners, Les Entreprises d’électricité E.G. Ltée.

Privilegiando un intervento architettonico con una presunta scenografia, e rientrando in una strategia di minimizzazione del suo impatto ambientale, il progetto propone la riabilitazione di un edificio industriale dismesso degli anni ‘80 al fine di stabilire la sede di Les Entreprises d’électricité E.G. Ltée, fondata nel 1951. Posizionando 250 canaline in acciaio inossidabile, un imponente dispositivo architettonico organizza distanze e prossimità, circolazioni e raggruppamenti. Questi profili metallici, comuni in campo elettrico, vengono utilizzati per fissare le pareti divisorie, per sostenere i mobili e per mimetizzare tutti i cablaggi. Questa profusione di elementi compone una cornice irregolare che segna lo spazio con linee verticali strutturando le delimitazioni spaziali. Il carattere industriale, offerto dalle superfici grezze del cemento, dalla lucentezza dell’acciaio inossidabile e dalle parti-

Prioritizing an architectural intervention with an assumed scenography, and falling within a strategy of minimizing its environmental impact, the project proposes the rehabilitation of a disused industrial building from the 1980s in order to establish the head office of Les Entreprises d’électricité E.G. Ltée, founded in 1951. By deploying 250 stainless steel strut channels, an imposing architectural device organizes distances and proximities, circulations, and groupings. These metal profiles, common in the electrical field, are used to fix the partitions, to support the furniture, and to camouflage all of the wiring. This profusion of elements composes an irregular frame that marks the space with vertical lines structuring the spatial delimitations. The industrial character, offered by the raw surfaces of the concrete, the shine of the stainless steel, and the translucent partitions


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zioni traslucide unificanti in un’entità energizzata da accenti di colore arancione, carica lo spazio di una coesione estetica che enfatizza la reinterpretazione del concetto di ufficio a piano aperto. Al tempo stesso minimalista ed espressivo, EG offre un ambiente indulgente all’accumulo e all’eccesso per stimolare l’esperienza partecipativa che fa parte della vita quotidiana dei suoi utenti. Promuovendo un layout in cui i dipendenti possano dialogare facilmente tra loro, l’intervento combina aree private garantendo la necessità del distanziamento fisico per la protezione e il benessere di tutti, nonché spazi di incontro, punti di ristoro e aree per lo sport e l’intrattenimento. La porzione dedicata agli uffici, spazio distribuito su semilivelli e troppo angusto per le esigenze dell’azienda, necessita di una completa riconfigurazione (reception, uffici amministrativi, sala convegni, cucina, stanza dipendenti e deposito). Gli spazi di lavoro individuali e collaborativi, che richiedono un’ampia superficie, sono allestiti in una

unifying in an entity energized by accents of orange colour, loads the space with an aesthetic cohesion emphasizing the re-interpretation of the open-plan office concept. Both minimalist and expressive, EG offers an environment indulgent of accumulation and excess to stimulate the participatory experience that is part of the daily life of its users. Promoting a layout where employees can easily communicate with each other, the intervention combines private areas ensuring the need for physical distance for the protection and well-being of everyone, as well as meeting spaces, rest stations, and areas for sports and entertainment. The portion dedicated to offices, a space distributed in half-levels and proving too cramped for the needs of the company, requires a complete reconfiguration (reception, administrative offices, conference room, kitchen, employee room, and storage). The individual and collaborative workspaces, requiring a large area, are set

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porzione sottratta all’enorme spazio di stoccaggio dell’edificio. Parzialmente decostruito, il firewall esistente, realizzato in blocchi di cemento, viene trasformato in una ringhiera articolata e una scala che offre l’accesso visivo e fisico a questo nuovo settore situato al di sotto degli spazi amministrativi. Tale area di lavoro, definita da un nuovo recinto sempre in blocchi di cemento, costituisce un generoso volume con un’altezza di sei metri sotto il soffitto, beneficiando di un accesso a livello con l’immensa area magazzino al fine di ottimizzare la funzionalità dei locali. Per massimizzare l’apporto di luce naturale, l’enorme portone del garage è sostituito da una facciata continua. Sul tetto, l’aggiunta di sei lucernari, con dimensioni che si adattano alla conformazione strutturale esistente, aiuta a fornire una maggiore illuminazione naturale. Queste molteplici sorgenti luminose, filtrate da partizioni traslucide, avvolgono lo spazio in un’illuminazione cinetica che contribuisce alla teatralità dell’esperimento.

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up in a portion subtracted from the huge storage space of the building. Partially deconstructed, the existing firewall, made of concrete blocks, is transformed into an articulated railing and astaircase offering visual and physical access to this new sector located below the administrative spaces. This work area, defined by a new enclosur ealso in concrete blocks, constitutes a generous volume with a height of six meters below the ceiling, benefitting from level access with the immense warehouse area in order to optimize the functionality of the premises. In order to maximize the contribution of natural light, the huge garage door is replaced by a curtain wall. On the roof, the addition of six sky lights, with dimensions that fit into the existing structural framework, helps provide increased natural lighting. These multiple light sources, filtered by translucent partitions, wrap the space in kinetic lighting that contributes to the theatricality of the experiment.


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Technical sheet Year(s) of construction: 2021 Use: Industrial Area: 3000 m2 Client: LesEntreprises d’électricité E.G. Ltée Team studio Jean Verville architectes Jean Verville, architect (leadarchitect) Tania Paula Garza Rico, architect (studio director) France Goneau (artisticadvisor) Rémi St-Pierre, architect Samuel Landry, MA architecture CamilleAsselin, MA architecture Jacob Éthier, MA architecture candidate Bahia Burias, MA architecture candidate Photos: FélixMichaud, photographer Digital Collages: Jean Verville + studio

WEBSITE | jeanverville.com INSTAGRAM | @jeanvervillearchitecte FACEBOOK | Jean Verville architecte Courtesy of v2com-newswire.com

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ISABELLA QUARANTA In questo progetto, nato nel 2017 e ancora in via di sviluppo, ho voluto creare un’atmosfera in cui realtà e sogno si mescolano, carica di pathos, energia e mistero. Ho realizzato queste fotografie in vari periodi, ho seguito dei momenti di ispirazione personale, dati da emozioni vissute o suggeriti da sogni. Sono rappresentate metamorfosi, speranze, preoccupazioni e desideri. Ho sempre amato tutto ciò che è arte. Il mezzo fotografico mi ha permesso di tirare fuori immaginari e visioni, di esprimere parti del mio mondo interiore. E’ un metodo per esorcizzare le proprie ansie, per trovare nuovi stimoli, per crescere. E’ bella la sensazione di mettersi in gioco ogni volta, sfidare la propria immaginazione, suscitare curiosità nell’osservatore. Lavoro attraverso l’autoscatto o con le persone, mi piace indagare l’inconscio, far emergere emozioni attraverso l’elaborazione degli scatti; questo metodo permette di fare un viaggio interiore per affrontare al meglio il presente, con più consapevolezza, mettendo a fuoco ciò che si sta vivendo.

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LA CURA I started my project Beyond reality in 2017, and it is still in progress. I wanted to create an atmosphere in which reality and dreams are blended with mystery. I followed moments of personal inspiration, brought from experience demotions or dreams about metamorphoses, hopes, worries and desires. The photographic medium has allowed me to express parts of my inner world into my images. For me, photography is a method to release fears and to find urges to grow. I challenge my own imagination and create curiosity in myself as the observer. Through my self-portraits and making portraits of people, I investigate the unconsciousness. This method allows me to take an inner journey to face the present, with more awareness, focusing on what I am experiencing. These series were inspired by my inner journey, my dream state, metaphysical art, music, and symbolism.

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BECOMING

DARK WATERS

IN THE ROOM


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ANXIETY


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SHADOWPLAY


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LA FILLE DES ROCHES

OBSOLESCENCE

INQUIETUDINE


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Nata a Torino nel 1985, Isabella Quaranta si è laureata in Scienze dei Beni Culturali Storico Artistici nel 2012 e ha conseguito un Master in Fotografia Avanzata presso lo IED di Milano nel 2014. Da alcuni anni concentra il suo lavoro sull’autoritratto e il ritratto, descrivendo situazioni tra realtà e onirico. I suoi lavori son fatti di luci e ombre, atmosfere rarefatte, descrizioni di silenzi e di attese, attimi introspettivi. Alcuni suoi scatti sono stati pubblicati su varie riviste e ha esposto sia in Italia che all’estero. E’ fra gli otto artisti selezionati per rappresentare l’Italia alla Biennale JCE (Jeune Création Européenne) 2019-2021. Vincitrice del Premio Basilio Cascella 2020, sezione fotografia, premio della critica. Parallelamente a questa ricerca fotografica è fotografa di scena (collabora con la compagnia teatrale LabPerm di Castaldo) e di eventi.

WEBSITE | isabellaquarantavisualart.com INSTAGRAM | @isabellaquaranta_ph FACEBOOK | Isabella Quaranta

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Isabella Quaranta wasborn in Turin (Italy) in 1985. She concentrates her work on self-portrait and portrait, describing situations between reality and oniric. In 2012 she graduated in Sciences of Cultural and Historical Artistic Heritage in Turin, and she obtained a Master in Advanced Photography at the European Institute of Design in Milan (2014). Parallel to this photographic research, she is also dedicated to music portraits, events and theatre photography. She is among the eight artists selected to represent Italy at JCE Biennale 2019-2021. She won the critics’ award in the photography section of Basilio Cascella Prize 2020. Parallel to this photographic research she is a scene photographer (she collaborates with the theater company LabPerm di Castaldo) and of events.

SHIELD

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FOLLINA (TV) | Proseccoland www.hoteldeichiostri.com

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Photo Credits: @mazzarolo_photography

Dossier 02/2022 131


Gallery

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FLOWERS INSTAGRAM | @rosycarletti_photography

Rosy Carletti 133


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#GAddicted

#GAddicted

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PHOTO CREDITS

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Photo: @mazzarolo_photography Model: @07kiara17

Photo: @photography_hannaneh Pag. 142

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Photo: @annadagostino.it

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Photo: @alfredospagna_fotografia Collab: @zanardi.lara Make-up: @martinatomirotti.makeupartist Model: @lidia_latella_

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Photo: @leonshaydulin Model: @_in_vina_veritas_

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Photo: @zanardi.lara Collab: @alfredospagna_fotografia Model: @pheryna

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Photo: @kadir.senses Model: @beyzanurkays

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Photo: @inns_pics Model: @hunulvelf Location: @red.photo.studio

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Photo: @freedom_gallery_ph Stylist: @ben_talarico School: @tobeacademy Model: @rosypandolfo Make-up: @anna_mariabonanni

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Photo: @isabellaquaranta_ph

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Photo: @evijapavlovaphotos Model: @simon.zl Location: @zavodstudiouk

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Photo: @orrfa Model: @edelmanss Studio director: @leonshaydulin

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Photo: @cristianazamboniart

Photo & Model: @luisapuntelli2

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Photo: @anna_zakharova_photo

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Photo: @robertozaninelli Model: @mavaleriaconcha

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Photo: @matteobevilacqua_photography Model: @julietlucarelli

Photo: @venicephoto_lavestedisabbia Horse: @passionhorseofficial @poggesechristian Model: @fiamma_126 Make up: @alicezogno.mua

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Photo: @davidesartini_photo Model: @apallasunqueen @plamedimakundu Make up: @aliceziosimua @kimaera_mua Outfit: @titlimilano Assitant: @simo.portraits

Photo: @stemonx Model: @molinari_marta

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Photo: @matteosmatte Model: @seeyouinthemoshpitt Accessories: @fabrizio_bonvicini

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Photo: @vincenzodanzuoni_photo Master: @damianoerrico_official Model: @ragazzadellefarfalle Location: @studio144_roma

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Photo: @marco_dex83 Model: @juuliam__ Location @filandapregiatarentalstudio

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Photo: @larisa_usmanova_44 Models: @gancheva__ @_.yana.g._




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