Ilaria Bernardini
Faremo Foresta
Le piante mezze morte Dopo l’estate ho trovato una casa nuova e durante una delle prime visite ho chiesto all’inquilina se era una casa in cui era stata felice. Mi ha risposto che era stata molto felice. In quelle stanze si era lasciata con suo marito ma la felicità di sicuro c’era stata. Era anche felice di essersi separata. Abbiamo riso. Aveva la faccia triste dalla fronte fino al naso e felice e riposata tra la bocca e il mento. Due umori abitava-no lo stesso volto, la stessa donna. La fine era stata una fine ma l’aveva resa contenta. La fine era stata un inizio anche a livello maxillofacciale. «Le piante del terrazzo non posso portarle con me. Te le posso vendere?» mi ha chiesto. «Certo» le ho detto. Le sue piante mezze morte sono diventate le mie piante mezze morte e la casa in cui si era lasciata con suo marito è diventata la casa in cui andavo dopo essermi lasciata con mio marito. Lei ora era più felice di me, almeno nella parte bassa della faccia. In casa abbiamo buttato giù due muri, imbiancato, aggiustato quello che bisognava aggiustare e mio marito ha traslocato qui i miei e i suoi scatoloni: non eravamo stati molto chiari fra di noi. Soprattutto non eravamo sicuri di niente, e del resto avevamo lasciato la casa precedente in malo modo e di fretta. Anche noi divisi, fronte-naso e naso-mento. Dicevamo addio e intanto montavamo sedie insieme. Compravamo piante ma erano già mezze morte. «Perché hai portato le tue cose qui?» gli ho chiesto la sera del trasloco. Era inverno. Qualunque pensiero era gelido. Non avevamo neanche un centimetro