Tesi di Laurea in Architettura

AMPLIAMENTO D E L L’ A C C A D E M I A DI BELLE ARTI DI BRERA ALLO SCALO FARINI

Giulia Bonfanti, Beatrice Pedone, Ludovica Starnoni

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POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura Urbanistica Ignegneria delle costruzioni Corso di Laurea in Architettura: Progettazione architettonica Tesi di Laurea Magistrale AMPLIAMENTO DELL’ACCADEMIA DI BRERA ALLO SCALO FARINI Prof. Luca Monica relatore

Prof. Giovanni Luca Ferreri Prof. Andrea Antonio Bassoli (strutture) Prof. Sandro Scarrocchia Arch. Luca Bergamaschi Arch. Mehrnaz Rajabi correlatore

Giulia Bonfanti Beatrice Pedone Ludovica Starnoni

874055 873867 875231

candidati

Anno Accademico 2017/2018 3

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Indice Introduzione Ampliamento dell’Accademia di Brera -Rassegna Stampa -Mappa museo -Esempi acccademie -Accademia di Brera -Quantità

7 9 10 13 16 26 32

Analisi storica dell’area -Trasformazione storica -Nascita e trasformazione della ferrovia -Corpi Santi -Lettura morfologica

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Analisi area -Scalo Farini -Analisi accessibilità-funzionale -Scalo Farini, stato di fatto -Analisi edifici -Accordo di Programma -Questione della residenza

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39 46 53 54

70 74 84 88 101 122

Progetto 143 -Masterplan 145 -Progetto: Accademia, residenze, teatro 148 -Struttura 154 Bibliografia 160 5

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Introduzione La progettazione dell’area dello scalo Farini offre la possibilità di delineare un momento di costruzione e trasformazione della città, rappresenta un’ipotesi di progetto che identifica delle caratteristiche importanti sui temi della città. L’obiettivo è quello di cercare di far interagire l’area di Farini con il contesto circostante, per ricucire un territorio che risulta diviso in due dallo scalo e dalla ferrovia ancora in funzione tra Bovisa e Garibaldi.

Il Comune di Milano, insieme a Ferrovie dello Stato, attraverso l’Accordo di Programma ha dato avvio alla trasformazione dei diversi scali ferroviari dismessi, tra cui appunto Scalo Farini; un processo che darà ordine al sistema di connessioni sia all’interno della città che nel territorio circostante.

Il progetto ha come punto di partenza il tema dell’ampliamento dell’Accademia di Brera, tema su cui si è discusso molto in questi ultimi anni, integrando anche le necessità dell’Accordo di Programma, quali in particolare le residenze, sia convenzionate che temporanee per gli studenti dell’Accademia; le residenze per gli anziani; gli spazi dedicati ai bambini; gli spazi commerciali; e le zone dedicate al verde attrezzato.

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AMPLIAMENTO DELL’ACCADEMIA DI BRERA

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Rassegna stampa questione ampliamento accademia

26 Novembre 2009

19 Luglio 2010

4 Maggio 2016

28 Luglio 2016

22 Ottobre 2016 10

17 Novembre 2016

20 Novembre 2016

23 Giugno 2017 4 Maggio 2018

24 Settembre 2018

25 Settembre 2018 11

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Mappa museo La mappa rappresenta la concentrazione museale all’interno della città di Milano, integrata con l’individuazione delle principali infrastrutture, quali strade, ferrovie e metropolitane, per meglio intendere le relazioni e le possibilità di raggiungere i diversi poli culturali della città.

L’idea di partenza per la realizzazione di questa mappa è data dal concetto di “museo metropolitano milanese”; concetto che viene introdotto durante la XVI Triennale di Milano del 1981, curata da Antonio Acuto, attraverso un primo disegno concettuale basato su un intreccio di contesti monumentali che legano la città di Milano con il suo territorio.

La mappa elaborata tendeva a riconoscere i diversi regimi funzionali allora attivi nel sistema.

A partire da ciò, Canella poneva una prima definizione di “museo metropolitano”, da intendere come luogo fisico, centrale e reticolare sul territorio: “Il museo metropolitano dovrebbe articolarsi nel corpo della città, per stabilire rapporti di connessione tra le diverse istituzioni del circuito museale centrale e protendersi lungo direttrici foranee per agganciare le sedi museali decentrate. Abbiamo già notato come, nella particolare conformazione

del territorio milanese, queste ultime andrebbero individuate complessivamente per bacino strutturale, piuttosto che per settore prevalente. Il museo metropolitano dovrebbe quindi articolarsi con carattere di discontinuità fisica, seppur teso alla riconnessione delle sedi operative (istituti di ricerca, laboratori, biblioteche dipartimentali eccetera), e convogliare sul sistema museale un’utenza garantita dal sistema dell’istituzione e, in generale, dai luoghi dell’attività culturale. Il museo metropolitano troverebbe così una propria effettività virtuale nei sistemi museale, dell’istruzione, della cultura e dell’accessibilità, ma anche una propria fisicità nell’articolazione di parti di città e del territorio deputate a rappresentare figurativamente il divenire della forma urbis” I musei indicati nella mappa sono rappresentati con colori diversi in base alla loro localizzazione rispetto alle mura spagnole, infatti in rosso sono rappresentati i musei presenti all’interno del profilo delle mura spagnole, mentre quelli in nero si trovano al di fuori delle mura e in particolare sono presenti nell’hinterland milanese. È presente, inoltre, un altro tipo di classificazione: in giallo sono indicati i musei 13

di rilevanza storica presenti all’interno delle mura spagnole, per esempio il Castello Sforzesco e il Palazzo di Brera (Pinacoteca).

Dovendo affrontare il tema dell’ampliamento dell’Accademia di Brera, all’interno di questa mappa sono presenti alcune delle relazioni che ha l’Accademia con diversi enti, non si tratta solo di musei, ma sono presenti anche relazioni con associazioni ospedaliere e poli universitari, quali Politecnico di Milano e l’Università degli Studi Milano-Bicocca.

Brera, come punto centrale accessibile e storicamente consolidato, assume, all’interno del sistema museale, funzioni di organizzazione e trasmissione a distanza di conoscenze con sedi e contesti dell’hinterland.

Brera potrebbe diventare il punto principale di scambio in uno scenario di condivisione, un luogo capace di avere relazioni con altre accademie, facoltà scientifiche e umanistiche e di attivare collaborazioni con le istituzioni milanesi, ma anche di riproporre il ruolo che storicamente ha avuto come organismo autonomo, una convivenza tra istituzioni diverse.

Quello che ne viene fuori osservando la 14

mappa è una diffusione di edifici culturali, non solo più concentrati al centro della città, ma piano piano vanno ad espandersi e a trovare una localizzazione anche nell’hinterland della città, nelle periferie, due esempi sono l’Hangar Bicocca e la Fondazione Prada, caratterizzati da una riconversione di stabilimenti industriali.

1) Museo Archeologico 2) Accademia di Brera Orto Botanico Osservatorio Astronimico Pinacoteca Archivio storico Ricordi 3) Cenacolo Vinciano 4) Cripta di San Giovanni in Conca 5) Fondazione Antonio Mazzotta 6) Fondazione Arnaldo Pomodoro 7) Fondazione Prada 8) Galleria d’Italia 9) Hangar Bicocca 10) Museo dei Beni Culturali Cappuccini 11) Museo del Duomo 12) Museo del Novecento 13) Museo della Permanente 14) Museo di Sant’Eustorgio 15) Museo Diocesano 16) Palazzo della Ragione 17) Palazzo Durini 18) Palazzo Reale 19) Pinacoteca Ambrosiana 20) Rotonda di via Besana 21) Studio Museo Francesco Messina 22) Studio Treccani 23) Triennale 24) Villa Reale - GAM - Galleria d’Arte Moderna 25) PAC - Padiglione d’Arte Contemporanea

26) Fabbrica del Vapore 27) Fondazione Trussardi 28) Castello Sforzesco Civica Raccolta di Arte Applicata Civica Raccolta di Stampe “Achille Bertarelli” Museo d’Arte Antica Museo degli Strumenti Musicali Museo dei Mobili e delle Sculture Lignee Museo della Preistoria e della Protostoria Museo delle Arti Decorative Museo degli Egizi Pinacoteca Raccolte Extraeuropee 29) Museo Martinitt e Stelline - fondazione 30) Museo Poldi Pezzoli 31) Fondazione Forma per la Fotografia 32) Spazio Oberdan 33) Palazzo Morando, Costume Moda Immagine 34) Acquario e Civica Stazione Idrobiologica 35) Civico Planetario Ulrico Hoepli 36) Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci 37) Museo Interattivo del Cinema 38) Museo Teatrale alla Scala 39) Museo del Risorgimento 40) Museo delle Culture 41) Museo di Storia Naturale 42) Museo Popoli e Culure 43) Campus Bocconi 44) Campus Bovia 45) Fondazione Biblioteca di via Senato 46) Fondazione Minguzzi 47) Macao 48) WOW! Spazio Fumetto 49) Museo del Manifesto Cinematografico 50) Galleria d’Arte Sacra dei Contemporanei 51) Museo Branca 52) Museo Mangini Bonomi 53) Museo d’Arte e Scienza di G. Mattheas 54) Studio Museo Achille Castiglioni 55) Museo San Siro 56) Museo della Zoologia 57) Museo Orto Botanico di Cascina Rosa 58) Museo Paolo Pini 59) Memoriale della Shoah 60) Museo dei Pompieri 61) Museo delle Pentole Nella Storia 62) Museo dell’Acqua Potabile 63) Museo Louis Braille, Istituto dei Ciechi

64) Zucchi Collection 65) Fondazione Giancarlo Feltrinelli 66) Politecnico di Milano 67) San Carpoforo 68) Università Bicocca 69) Piccolo Teatro Grassi 70) Fondazione Mudima 71) Fondazione Maimeri 72) Fuorisalone 73) Expolis - Teatro della Contraddizione 74) Galleria MAC - Mirancoli Arte Contemporanea 75) Ospedale San Giuseppe 76) CAMO - Centro Oftalmico Ambrosiano 77) Ospedale Ofralmico 78) Fondazione Cariplo Strada urbana primaria Ferrovia Passante ferroviario Linea metro Fermata ferrovia Fermata metro

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Casi studio Accademie: Glasgow School of Arts Charles Mackintosh, Glasgow, 1885 Steven Holl, Glasgow, 2009 (ampliamento)

La Glasgow School of Arts risale alla fine dell’800; fu costruita da Charles Rennie Mackintosh, che utilizzò lo stile neogotico per il prospetto Nord, mentre sulle altre facciate è notevole l’influenza dello stile baronale scozzese.

I principali materiali utilizzati sono la pietra, che ricopre l’intera muratura dell’edificio e il ferro battuto per gli infissi.

Dalla sua fondazione a oggi, la scuola ha avuto sempre una rilevanza a livello internazionale per i corsi di studi offerti; anche se, la mancanza di spazio della sede principale, nel tempo, è diventata un serio problema che fu affrontato con la progettazione dell’ampliamento ad opera di Steven Holl.

Steven Holl si è ispirato allo studio della luce pensato da Mackintosh per la realizzazione dell’ampliamento della scuola; sono stati individuati degli spazi, in relazione tra loro, accomunati dalle diverse esigenze di luce naturale. Gli studi sono sistemati a Nord per ricevere una luce fredda e indiretta. Gli spazi che non richiedono un’illuminazione specifica, come la mensa e gli uffici, si trovano a Sud. L’ampliamento realizzato da Steven Holl è in forte opposizione con l’edificio preesistente, 16

l’uno esalta le diversità dell’altro; il primo crea al suo interno un gioco di luci, studiati nel dettaglio dall’architetto, e le pareti esterne ne alleggeriscono la struttura creando un netto contrasto con la muratura solida e piena del secondo.

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Glasgow School of Arts

Charles Mackintosh, Glasgow, 1885 10

0

1. Living animal 2. Ceramica 3. Oreficeria 4. Lavorazione dei metalli 5. Pittura su vetro 6. Modelli 7. Teatro 8. Magazzino 9. Anatomy room 10. Stanza del bidello 11. WC 12. Ornato 13. Architettura 14. Segreteria 15. Stanza del direttore 16. Sala pranzo 17. Design room 18. Antique room 19. Laboratorio 20. Esposizione 21. Biblioteca 22. Studio 23. Ricamo 24. Composition room

30

100mq 60mq 60mq 60mq 60mq 480mq 125mq 105mq 100mq 330mq 335mq 84mq 120mq 120mq 185mq 240mq 490mq 185mq 260mq 280mq 115mq 260mq

Laboratori 1655mq Spazi comuni 120mq Aule 1125mq Uffici 584mq Esposizione/Biblioteca/Teatro 570mq 18

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9

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5 6

Piano interrato/piano mezzanino

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Piano primo/piano mezzanino

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Piano terra/piano mezzanino

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Piano secondo 19

Glasgow School of Arts, ampliamento

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Steven Holl, Glasgow, 2009

2 6 7

0

1. Laboratorio plastica 2. Laboratorio elettronica 3. Fotografia 4. Teatro 5. Laboratorio legno 6. Laboratorio metallo 7. Zona di assemblea 8. Uffici 9. WC 10. Bar/zona pranzo 11. Digital Lab 12. Stanza seminari 13. Esposizione 14. Unione studentesca 15. Design della comunicazione 16. Project Space 17. Ufficio del direttore 18. Design della moda 19. Oreficeria 20. Design del prodotto 21. Design degli interni 22. Computer lab 23. Uffici professori

8

30

8

20mq 25mq 80mq 350mq 438mq 150mq 225mq 120mq 720mq 300mq 205mq 460mq 290mq 640mq 135mq 145mq 965mq 485mq 980mq 420mq 120mq 460mq

Laboratori 2023mq Spazi comuni 1370mq Aule 2700mq Uffici 725mq Esposizione/Biblioteca/Teatro 1015mq 20

9

3

4

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Piano interrato

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9

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15

15

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Piano primo 23 9

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18

Piano terzo

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18

18 18

18 23

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11

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Piano terra

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13 10 10

10

10

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Piano secondo

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19

16 16

9

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Piano quarto

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Piano quinto 21

Casi studio Accademie: Carpenter Center Boston Le Corbusier, Boston, 1963

Completato nel 1963, il Carpenter Center si trova nel campus dell’università di Harvard.

Esso si trova su un sito di dimensioni molto ridotte, in dislivello, ed è circondato da edifici in stile georgiano del campus. Il progetto si basava sullo stabilire un luogo dove gli studenti dell’università potevano guardare dall’esterno all’interno, per poi entrare e poter lavorare. Le Corbusier immaginava il Carpenter Center come un edificio che promuove un flusso continuo di movimento, luce, energia e idee, come un laboratorio di pensiero critico e creativo.

Questo progetto doveva rappresentare la sintesi delle arti in cui l’architettura si sarebbe unita con la pittura, la scultura, la fotografia e il cinema.

Le Corbusier mette in evidenza una promenade architettonica che attraversa il centro dell’edificio e che collega studi interni, gallerie e sale di proiezione agli spazi pubblici all’interno dell’edificio. All’interno Le Corbusier mantiene grandi open space sostenuti da pilotis, che permettono agli studenti di avere ambienti aperti di studio. In questo progetto, inoltre, viene utilizzato il sistema a parete curvilinea per definire il confine del volume interno, accentuando la promenade.

Al piano interrato, originariamente non previsto, sono dislocate le sezioni di cinema e fotografia del Centro. Oltre ai laboratori e agli archivi, è 22

inserita una sala proiezioni a doppia altezza.

Si accede a questo livello scendendo dall’atrio di ingresso posto al piano terra. Al livello zero la pianta mostra con chiarezza la maglia strutturale puntiforme e le principale parti costitutive: atrio, sale, uffici, ecc., differenziate dalle aree di passaggio e dai percorsi verticali e orizzontali.

Sovrapponendo alla pianta del piano terra quella del primo livello si osserva come l’impianto nel suo complesso cominci a delinearsi compiutamente.

I pilotis consentono l’esistenza, di differenti figure presenti all’interno dell’unità generale del manufatto. Al secondo livello giunge la rampa d’accesso alle due sale espositive principali ed è a questo piano che è possibile individuare come compresenti tutte le forme geometriche che determinano la configurazione. Le parti che compaiono a questo livello denunciano con la loro forma sia la presenza della figura libera della sala sottostante che la rigida geometria di quella posta al piano superiore. Il terzo livello mostra la figura quadrata della sala espositiva nella sua interezza, sovrapposta alle due sale a pianta libera. All’ultimo livello vi è il tetto giardino: qui, un unico atelier a pianta quadrata costituisce la sola parte climatizzata dell’edificio.

Soltanto attraverso la sovrapposizione di tutti i livelli l’edificio raggiunge la propria compiutezza fatta da forme diverse e autonome.

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Carpenter Center Boston Le Corbusier, Boston, 1963

0

10

1. Sala conferenze e proiezioni 2. Impianti 3. Sala riunioni 4. Laboratori sezione cinema 5. Laboratori sezione fotografia 6. Vuoto sala proiezioni 7. Amministrazione 8. Atrio - Sala esposizioni 9. Laboratorio falegnameria 10. Atelier 11. Sert Gallery 12. Studioli 13. WC

126mq 77mq 69mq 16mq 50mq 59mq 58mq 53mq 273mq 55mq 29mq 90mq

Laboratori 119mq Spazi comuni 216mq Aule 273mq Uffici 157mq Esposizione/Biblioteca/Teatro 113mq 24

Piano interrato

Piano secondo

Piano terra

Piano primo

Piano terzo

Piano quarto 25

Accademia di Brera

Evoluzione storica e progettuale 1201-16571: l’edificio è un convento dell’Ordine degli Umiliati 1229: Chiesa di Santa Maria in Brera 1347: la chiesa subisce delle modifiche ad opera di Giovanni di Balduccio da Pisa

1250 1571: Pio V assegna il convento e la chiesa ai Gesuiti che ne fanno un centro studi chiamato Università 1573: inizio di un ampliamento del complesso ad opera di M. Bassi 1615: l’ampliamento viene poi affidato a Francesco Maria Richini 1679: viene approvato il progetto dell’ampliamento

1570 1762-1764: fondazione dell’Osservatorio di Brera, a seguito dell’osservazione di una cometa da parte dei padri del collegio 1770: fondazione di una biblioteca 1774: istituzione dell’Orto Botanico di Giuseppe Piermarini 1775: progetto per le serre calde dell’Orto Botanico e fondazione dell’Accademia, in cui Giuseppe Piermarini ottiene la prima cattedra della facoltà di Architettura 1780: sistemazione del piano terreno e del primo piano ad opera di Giuseppe Piermarini 1786: apertura al pubblico della Biblioteca Braidese 1700 26

1801: Giuseppe Bossi viene nominato segretario 1806: Bossi inaugura il primo museo dell’Accademia, a scopo didattico 1810: l’antica chiesa di Santa Maria in Brera viene divisa per realizzare delle gallerie chiamate “Saloni Napoleonici”, destinate alle esposizioni. Un salone sarà destinato al museo delle Antichità Lombarde e l’altro alla Pinacoteca

1833 1859: l’Orto Botanico andò nelle mani dell’Istituto tecnico superiore (Politecnico di Milano) 1882: la Pinacoteca viene separata dall’Accademia 1914-1918: durante la guerra la Pinacoteca viene svuotata come forma di sicurezza e riallestita da Ettore Modigliani

1882 1926: fondazione dell’associazione “Amici di Brera” 1931: la scuola di Architettura viene spostata al Politecnico di Milano 1932: apertura di una succursale dell’osservatorio a Merate 1935: l’Orto Botanico viene affidato all’Istituto Superiore di Agricoltura, diventando una facoltà dell’Università degli Studi di Milano 1943: durante la Seconda Guerra Mondiale la Pinacoteca subisce danni a causa dei bombardamenti 1946: si inizia la ricostruzione della Pinacoteca, grazie ai finanziamenti di famiglie storiche milanesi, attuata da Fernanda Wittgens, Franco Albini e Piero Portaluppi 1925 27

1950

Attuale

28

1950: inaugurazione di un museo completamente rinnovato, dopo la ricostruzione fatta a seguito dei bombardamenti della Guerra 1972: acquisto di Palazzo Citterio 1974: il soprintendete Franco Russoli chiude la Pinacoteca e lancia il progetto della “Grande Brera”, per fornire l’Accademia di nuovi spazi e di un museo moderno 1975-1985: primo progetto mai realizzato degli architetti Ortelli, Sianesi e Sanbonet, la cui idea era che Palazzo Citterio diventasse la sezione moderna e contemporanea della Pinacoteca 1977: riapertura della Pinacoteca ampliata dall’aggiunta di una nuova ala 1989-2001: nuovo progetto di Stirling&Wilford, realizzato solo in parte, consiste nel modificare delle funzioni di Palazzo Citterio, collegandolo con l’Accademia attraverso l’Orto Botanico e la Pinacoteca con la città attraverso 1998: nasce la sede distaccata “Brera 2”, in viale Marche, per la Scuola di Nuove tecnologie dell’Arte 2005: viene accordato un nuovo progetto differente, chiamato “Brera in Brera”, in cui viene ceduto Palazzo Citterio all’Accademia, liberando degli spazi a favore della Pinacoteca. L’architetto Alberico Belgioioso presenta un progetto preliminare 2009: viene indetta una gara europea di progettazione per il restauro e la sistemazione della Pinacoteca. Lo studio di Mario Bellini vince la gara di progettazione 2010: il 9 luglio viene firmato il protocollo d’intesa in cui si concede all’Accademia di Belle arti di Brera le caserme Magenta e Carroccio in via Mascheroni, per realizzarvi un campus didattico. In cambio l’Accademia cederebbe alla Pinacoteca spazi al piano terra del palazzo 2011: nasce la sede distaccata del corso quinquennale di restauro di Camillo Boito ad Arcore 2012: Mario Bellini definisce gli interventi richiesti dal progetto “Grande Brera” e indice un concorso pubblico concentrato su: Restauro di Palazzo Citterio nel quale verrà inserita parte della collezione della Pinacoteca Rifacimento delle coperture dell’intero complesso Ristrutturazione delle caserme Magenta e Carroccio, in cui verrà trasferita parte dell’Accademia 2014: Amerigo Restucci vince il concorso per il restauro di Palazzo Citterio

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Accademia di Belle Arti, Brera Milano, via Brera 28 Pianta del piano terra Pianta del piano primo

Aule academia Pinacoteca Biblioteca Altro (Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, museo e uffici dell’Osservatorio, ex Serre, Sala Napoleonica) 30

Brera 2, sede distaccata Milano, viale Marche 71 Scuola di Nuove Tecnologie per l’Arte Pianta del piano secondo

Accademia di Belle Arti, sede distaccata Arcore, via Abate d’Adda Scuola di Restauro di Camillo Boito, corso quinquennale Pianta del piano terra Pianta del piano primo 31

Quantità Accademia di Brera Viene fatto un confronto in scala dell’attuale planimetria dell’Accademia di Brera e quello che, in maniera semplificata, viene definito schema dimensionale. Si vuole rendere evidente che non si tratta semplicemente di fare più spazio ad attività esistenti, ma si vuole dare possibilità di sviluppo e interscambio che vadano oltre il bisogno contingente.

Osservando in primo luogo l’organizzazione didattica attuale, è stata svolta un’analisi sui bisogni di alcuni ambiti disciplinari, supportati da dati forniti dai direttori delle diverse scuole prese in esame.

Il nucleo della nuova sede è costituito dalle cosiddette funzioni condivise, che rappresentano il motore della nuova accademia e al contempo il punto di connessione con la città. Oltre alla dotazione di tutti i servizi necessari all’uso quotidiano, come le aule studio, la mensa, si realizzano anche un loro sviluppo con una biblioteca didattica, aule dimensionalmente importanti e complete delle dotazioni tecniche necessarie ai fini della didattica; arrivando poi alle funzioni più rappresentative dell’accademia, che si configurano come veri e propri spazi urbani, nascendo quindi nell’istituzione accademica, con però la vocazione di vivere di vita autonoma come l’auditorium, il teatro 32

e gli spazi espositivi per eventi di scambio tra città e accademia.

Attorno a tali funzioni si sviluppano gli spazi più propriamente destinati alla didattica.

Stato attuale

Pianta Piano Terra Laboratori

4354 mq

Pianta Piano Terra Spazi dell’Accademia di Brera

3325 mq

Aule teoriche

866 mq

Spazi comuni e di distribuzione

5085 mq

Palcoscenico

100 mq

Spazi da cedere

4690 mq

Sala Napoleonica

300 mq

San Carpoforo

380 mq

Piano interrato

LABORATORI

SALA NAPOLEONICA

AULE TEORICHE

SPAZI DA CEDERE

SPAZI COMUNI E DI DISTRIBUZIONE

BIBLIOTECA PALCOSCENICO

SAN CARPOFORO

ACCADEMIA

0

20

50

100

33

Ipotesi dimensionamento della nuova sede Scuola di nuove tecnologie per l’arte

Scuola di progettazione artistica per l’impresa

Laboratori

Laboratori

1000 Aule

Deposito

Aule

1750 75

Docenti

100

Deposito

25

Segreteria 1100

50

950

Segreteria

Esposizioni 125

200

Biblioteca

Aula magna

Ufficio grafico

Esposizioni

75 300

Auditorium

50 300

500

Aula studio

Aula studio 200 400

Scuola di restauro

Scuola di scultura

Laboratori

Atelier

848 Deposito

Aule 196

255

Aula magna

Segreteria 60

152

2500 Aula computer

Spazio polifunzionale

Laboratori 250

400

Spazio polifunzionale (mostre, conferenze...)

178

Scuola di scenografia Laboratori

Deposito 400

300

Mensa 100

500

34

0

20

50

100

Scuola di scenografia

Scuola di restauro Laboratori

Laboratori 500

848 Aule

Esposizione

Scuola di nuove tecnologie per l’arte Laboratori

1000

Uffici 1750 75

Scuola di progettazione artistica per l’impresa

250

317

210

Laboratori

Aula magnaAuditorium

800

FUNZIONI CONDIVISE 50

Depositi

Spazio polifunzionale

178

Teatro

Docenti

Deposito 255

196

Ufficio grafico

75

200

Lab. falegnameria

Aule

Aule

100

Depositi

1100 950

300

Aule studio

100

50

Mensa

Biblioteca

Scuola di scultura Atelier

2500 Laboratori

200

Aula computer

250 35

300

Depositi Spazio polifunzionale 400 (mostre, conferenze...)

0

20

50

100

36

ANALISI STORICA DELL’AREA

37

38

Trasformazione storica Piano Beruto, 1884 Verso la fine del 1800, la città di Milano fu caratterizzata da una sorprendente crescita urbana che andò ad investire particolarmente il territorio esterno alla cerchia dei navigli, rendendo necessario attuare interventi per la realizzazione di strade e nuovi edifici.

Sotto la spinta dell’opinione pubblica, si mossero i primi passi per la realizzazione di un nuovo piano regolatore della città, affidato all’ingegnere Cesare Beruto. La prima versione venne prodotta e consegnata alla Giunta Negri nel 1884; l’obiettivo del nuovo piano era accompagnare quanto più possibile lo sviluppo che la città di Milano stava subendo in quegli anni, secondo uno schema monocentrico.

Una seconda versione definitiva venne redatta nel 1889, dove vennero modificati gli isolati considerati eccessivamente ampi e corretta la quantità edificatoria precedentemente prevista.

Il nuovo piano prevedeva un modello di sviluppo decentrato, situando le grandi fabbriche al di fuori del perimetro della città e collegandole ad essa mediante grandi viali di separazione, a sottolinearne il distacco con il centro abitato.

Allo stesso modo, anche gli interventi previsti all’interno delle mura erano finalizzati a mantenere una continuità stradale tra interno ed esterno. Altro elemento fu l’ipotesi di

realizzazione di una piazza di ‘’smistamento’’ del traffico urbano, originata da puntuali interventi di sventramento nel tessuto centrale cittadino.

Per la maglia stradale fu previsto uno sviluppo a partire dal centro di Milano secondo uno schema radiale di strade che si intersecavano con nuovi sistemi anulari concentri, sviluppati a patire dalla cerchia delle mura milanesi e a cui l’ingegnere Beruto ipotizzava di aggiungere una nuova circonvallazione.

Tale sistema di nuove strade e isolati venne tracciato in particolare fuori dal centro urbano e con una maggior estensione verso le aree di Nord e Nord – Ovest, considerate più salubri e maggiormente ricche di nuove iniziative edificatore.

La grande dimensione degli isolati rappresenta invece, l’elemento più interessante del piano, parte erano stati destinati a diverse funzioni, parte furono previsti per non essere edificati e lasciati liberi; nella seconda versione del piano, quella definitiva redatta nel 1889 tali isolati vennero modificati, poichè considerati eccessivamente ampi, inoltre venne corretta la quantità edificatoria precedentemente prevista.

Altro importante intervento rispetto alla maglia viaria, fu la realizzazione dei due assi principali, progettati tenendo conto il più possibile delle 39

vie di comunicazione esistenti e affidando all’iniziativa privata le suddivisioni più nello specifico.

Per quanto concerne l’area attualmente corrispondente allo Scalo, in quegli anni era attraversata da alcuni dei tracciati più importanti del settore Nord – Ovest della città: • L’antico tracciato per Como, rintracciabile nella attuale via Bramante e raccordato alla via della città Romana, che proseguiva verso Bovisa fino alla sua interruzione causata dalla realizzazione della cintura ferroviaria; • Il tracciato di via Anfiteatro – via Canonica e l’antica strada di collegamento con Varese; • I tracciati ottocenteschi di via Ceresio, impostati in funzione della rottura del sistema difensivo dei Bastioni e di collegamento con il nuovo Cimitero Monumentale; fu tale tracciato a permettere la realizzazione del raccordo per una nuova strada verso Como (via Carlo Farini), resa necessaria dopo le interruzioni causate dalla cintura ferroviaria.

Lo sviluppo previsto da Beruto, prevedeva a SudOvest dello scalo una lottizzazione sviluppata fino al limite con la ferrovia, mentre per l’area a Nord-Est fu prevista un’urbanizzazione di Via Farini per mezzo della realizzazione di un 40

sistema di strade tra loro ortogonali.

Sempre per quest’area, posta a Nord – Ovest della città e affidata all’ingegner Farini, furono previsti diversi interventi concentrati sul sistema Castello - Piazza d’Armi - Sempione, rendendolo quasi marginale e di riempimento; venne pertanto organizzata una nuova maglia stradale, rappresentata dal sistema Sarpi – Canonica e a sua volta delimitata dalle vie Ceresio e Procaccini.

Questo ruolo relativamente periferico e marginale dell’ambito urbano di via Procaccini, è inoltre sottolineato dal permanere delle vecchie strutture produttive, degli impianti e dei servizi urbani edificati nel periodo tra fine ‘800 inizio ‘900; tra le preesistenze se ne possono riconoscere alcune di particolare interesse architettonico – edilizio, come: l’ex sede del Deposito Tabaccai e risificio Ravasi; la sede Edison già deposito della SAO (Società Anonima Omnibus) di via Bramante, di matrice liberty e riconvertita a partire dal 1896 a grande centrale termoelettrica su progetto dell’architetto C. Longhi; gli edifici e i capannoni della Società italiana Carminati e Toselli, localizzati all’angolo tra via Messina e via Procaccini, progettati da G. F. Carminati ed E. Gussalli e realizzati tra il 1900 e il 1905. Tali edifici si inseriscono in un’area di espansione

terziaria e erano stati destinati ad essere riqualificati come servizi pubblici.

Piano Pavia – Masera, 1911 A partire dai primi anni del 1900 si sentì la necessità un nuovo piano regolatore, sia in ambito edilizio che di ampliamento per la zona centrale della città di Milano.

Studiato e redatto da Angelo Pavia e Giovanni Masera, il nuovo piano fu reso operativo a partire dal 1912.

Lo schema del nuovo piano riprende e amplia alcuni elementi di quello del 1800 dell’ingegnere Beruto: proseguendo la rete a ‘’ragnatela’’ posta esternamente e andando a riempire la fascia compresa tra la circonvallazione esterna e la nuova cinta ferroviaria.

Internamente, il piano prevede un aumento della densità edilizia senza la realizzazione di nuovi servizi e delle nuove esigenze della città rispetto ai trasporti e al traffico in aumento.

Viene infranto il cerchio della prima cintura ferroviaria, considerato fortemente intralciante a causa del restringimento attorno alla città avvenuto negli anni dopo l’unificazione, permettendo così di liberare ulteriormente l’area e le sue potenzialità.

Vengono realizzati: • Il deposito A.T.M. di via Messina del

1910 - 1912, successivamente ampliato tra il 1927 e il 1929; • L’edificio già sede della società Edison, ora Enel, di forte rilevanza architettonica e localizzato in via Ceresio; esso venne realizzato tra il 1937 e il 1940 su progetto dell’ufficio tecnico della società stessa; • Il palazzo del gruppo rionale fascista, realizzato nel 1936 dall’architetto Baciocchi di fronte al precedente e attualmente utilizzato dall’Ufficio Tecnico erariale.

Le criticità riscontrabili in tale piano si possono riassumere in uno sviluppo indifferenziato degli isolati, che non pone attenzione ai collegamenti a livello regionale, né allo sviluppo maggiormente concentrato nelle zone poste a Nord e Nord-Ovest, quelle maggiormente ricche di grandi centri industriali.

Piano Albertini, 1933 Nel 1934, in piena epoca fascista, venne approvato un nuovo piano regolatore, elaborato dalla Giunta comunale sotto la guida dell’ingegner Albertini.

Dal punto di vista dell’edificazione interna, viene ripresa la politica di sventramenti già proposta negli anni precedenti, proponendo la demolizione e la ricostruzione di quasi il 30% degli edifici presenti all’interno della cerchia 41

dei Bastioni, rimasti poi inattuati.

Il piano, inoltre, risulta di particolare rilievo nell’evoluzione del tessuto viario della parte di Milano appartenente alla prima parte del XX secolo.

L’idea alla base del piano era di rafforzare la connessione tra i vari quartieri cittadini e i nuovi poli di sviluppo, talvolta riutilizzando e trasformando l’esistente, altre volte stravolgendolo completamente. L’intenzione dell’ingegner Albertini era di dare al centro di Milano una funzione prevalentemente direzionale e decentrare la popolazione verso le zone meno popolate del territorio municipale.

La città veniva quindi distinta in un nucleo centrale, destinato a funzioni direzionali ed una larga fascia periferica, che raggiungeva quasi i confini comunali; concepita come un’enorme superficie per lottizzazioni, essa sarebbe stata destinata ad accogliere i ceti meno abbienti e popolari.

La sezione ideale delle nuove arterie facenti parte del piano si estendeva per circa 30 metri, con un doppio binario tranviario al centro, una zona di sosta riservata ai veicoli per ciascun lato e due marciapiedi per il transito pedonale. Una viabilità così concepita permise di accogliere e smistare in modo efficiente il traffico, collegando tra loro i punti d’arrivo delle grandi 42

strade esterne mediante la formazione di una più ampia circonvallazione; dopo quelle dei Navigli, quella dei Bastioni, la circonvallazione del Piano Beruto e quella ferroviaria, essa rappresentava la quinta arteria di traffico che cingeva la città.

Nel quadro del riordino e del potenziamento della viabilità urbana periferica, la prima metà degli anni Trenta vide anche concentrarsi gli sforzi nel potenziamento di quelle arterie a cui il piano Albertini affidava il compito di realizzare scorrevoli anelli di transito, situate nella zona compresa tra la prima circonvallazione e la prevista tangenziale esterna.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale il Piano di Ricostruzione non fece altro che rafforzare la funzione terziaria del centro, in particolare nella zona posta tra la Stazione Centrale e quella di Garibaldi, riservando minore attenzione ai problemi che erano connessi alla continua espansione della città verso la periferia.

Dal punto di vista delle criticità, il piano Albertini presentava un’inadeguatezza alla risoluzione dei problemi di traffico emergenti in quegli anni ed in particolare venne fortemente criticata la scelta di un’espansione indifferenziata delle zone, sottolineata da un’assenza di specializzazione dei quartieri e delle linee

principali di traffico. Il piano, a differenza dei precedenti, era stato sviluppato ad una scala maggiore, che comprendeva tutto il territorio comunale.

Variante Generale del 1980 A seguito dei primi studi per la correzione della radiocentricità di Milano, una prima proposta viene fatta nel 1945 con il piano AR; l’ipotesi è di due Assi Attrezzati di attraversamento con un punto di incrocio diverso rispetto a Piazza Duomo e localizzato in un nuovo Centro Direzionale. Sulla base di quest’ultimo, nel 1953 viene redatto un nuovo Piano Regolatore, caratterizzato da limitate trasformazioni indotte nell’area e da successive definizioni urbanistiche; l’ipotesi di realizzazione del sistema degli assi attrezzati, che avrebbe profondamente inciso su Porta Volta e sui tessuti edilizi preesistenti, viene mantenuta ma solamente parzialmente realizzata, per cui non incise in modo rilevante sulle trasformazioni dell’area. Viene inoltre accentuato il ruolo dei principali tracciati viari per il traffico urbano, in conseguenza anche della realizzazione del nuovo Centro Direzionale.

Le previsioni mancate del PRG del ‘53 determinano la presenza rilevante di aree libere e una porosità complessiva del tessuto urbano

lungo l’asse Palizzi – Monumentale.

Dal P.R.G. del 1980 ad oggi L’approvazione della Variante Generale di P.R.G. del 1980 innesca intensi processi di trasformazione nell’area, propiziati dalla progressiva decadenza delle attività industriali, dal contestuale rafforzamento della residenza e delle attività terziarie e commerciali; viene realizzato il complesso terziario di Via Messina (arch. Merisi).

Le vie Nono, Ceresio e Procaccini, il Piazzale del Cimitero, i Bastioni di Porta Volta, sopportano uno tra i maggiori carichi del traffico urbano, in relazione all’intensità degli scambi tra la città e il territorio Nord-Ovest, in particolare per la confluenza in questo settore del sistema autostradale.

Le aree Enel occupano, nel settore considerato, una posizione importante, in quanto, per estensione e localizzazione si collegano ai principali sistemi urbani esistenti: l’asse ottocentesco di via Ceresio e il piazzale del Cimitero Monumentale; le vie Bramante e Niccolini, tracciati dalla città storica e tramite con il sistema commerciale Sarpi – Canonica, la via Procaccini, circonvallazione ottocentesca e collegamento con il sistema del Sempione.

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1) Piano Beruto, 1884 (Archivio fotografico Bertarelli) 2) Vallardi, 1884 3) Piano Pavia-Masera, 1911 (Archivio fotografico Bertarelli) 4) Piano Albertini, 1933 (Tedoc) 5) Variante Generale del 1980 45

Nascita e trasformazione delle ferrovie La ferrovia Milano-Monza e la prima Stazione di Porta Nuova Il sistema ferroviario milanese ha modificato, nel corso della sua storia, il territorio influenzando lo sviluppo della morfologia urbana.

Nel XIX secolo la Lombardia e il Veneto erano sotto il dominio austriaco che mirava a creare un sistema di comunicazioni che rientrasse geograficamente sotto l’influenza territoriale dell’Impero; l’estensione di tale rete privilegiava le direzioni Nord-Nord/Est creando una zona divisoria tra il lombardoveneto e il Piemonte. Le prime iniziative sembrano siano state promosse da parte veneta e nell’aprile del 1837 venne concesso il permesso di costituire la Spa denominata “Società Veneto-Lombarda” per la strada ferrata Ferdinandea, in onore del sovrano Ferdinando, che collegava sette città: Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza, Padova e Venezia (in seguito si decise di escludere Bergamo per evidenti ragioni di tracciato).

Nello stesso periodo l’Imperatore concesse altri due importanti progetti : il primo per la realizzazione della strada ferrata MilanoComo fu presentato nel 1837 dall’ingegner Giuseppe Bruschetti e da Giovannino Volta ma, nonostante il progetto fosse stato 46

approvato, la linea non fu mai costruita; migliore sorte toccò al nobile Giovanni Putzer, rappresentante della ditta Holzhammer di Bolzano, che ottenne dall’Imperatore Ferdinando I d’Austria, nel novembre del 1839, ”il privilegio per la costruzione di una strada a rotaie di ferro da Milano a Monza”.

Quest’ultima venne inaugurata il 18 agosto del 1840 e sorse quindi la prima stazione, la cui costruzione suscitò non poche polemiche e contrasti, soprattutto per la sua collocazione, che alcuni avrebbero voluto più centrale. In quegli anni, però, il Comune di Milano era contenuto entro la Cerchia dei Bastioni e le porte della città venivano ancora tassativamente chiuse dopo il tramonto. Venne così deciso di costruire la stazione accanto a Porta Nuova, fuori le mura, quindi non nel comune di Milano, ma nel Comune dei Corpi Santi, nel settimo Mandamento, settimo Riparto (poco a SudEst rispetto all’attuale Ex Scalo Farini). Non si trattava semplicemente di una costruzione provvisoria, ma di un solido edificio in muratura che esiste ancora, anche se rimase in funzione solo per pochi anni. Il momento storico in cui vediamo sorgere il primo tratto di ferrovia attorno all’area di nostro interesse, è proprio quello che corrisponde

al primo tratto in assoluto costruito a Milano, quello di collegamento con la città di Monza (visibile nelle carte del 1888 e del 1914, indicato con la direzione “Monza”).

Milano e le due cinture ferroviarie A Porta Tenaglia (Porta Volta) sarebbe dovuta sorgere la stazione per la linea ferroviaria verso Como ma, come detto precedentemente, il progetto non fu mai realizzato. Nel 1846 la concessione passò al signor Antonio Grassi che, d’accordo con una Società Anonima, pensò di inserirsi nel tronco già realizzato di Monza. Apparve però evidente che la prima stazione della linea Milano-Monza non sarebbe stata sufficiente, e si decise pertanto di costruirne una nuova in uno spazio più ampio. Spostandosi di poche centinaia di metri c’era la possibilità di usufruire di una grande superficie, lungo il canale della Martesana: fu così realizzato un nuovo fabbricato di grandi dimensioni, entrato in servizio nel 1850. L’edificio in questione si può ancora riconoscere nell’attuale Caserma della Guardia di Finanza, in via Melchiorre Gioia, per la precisione si tratta della ex-Dogana.

Ci vollero molti anni prima che un treno, partito dalla nuova stazione di Porta Nuova,

raggiungesse direttamente Como. La linea fu infatti realizzata per tronchi successivi: dal primo ottobre 1849 fu attivata la MonzaCamnago Lentate, dal 6 dicembre dello stesso anno la Camnago Lentate-Albate Camerlata, dal 27 luglio 1875 la Albate Camerlata-Como S. Giovanni. Nel settembre del 1879 la linea raggiunse infine il confine svizzero (Como S. Giovanni-Chiasso). Nella nuova stazione confluì dal 1859 anche il nuovo tronco ferroviario Magenta-Milano della linea Torino-Milano (indicato, in tutte e tre le carte, con la direzione “Novara”). La costruzione di questa linea era iniziata nel 1852 e la sua entrata in servizio avvenne nell’ottobre del 1858.

Dall’esigenza di addentrarsi nella città e di accentrare su un’unica stazione il traffico ferroviario, nacquero numerose proposte che diedero vita alla prima Stazione Centrale inaugurata nel 1864. Una commissione stabilì il luogo più appropriato dove sarebbe dovuta sorgere; si scelse una stazione di transito a grande velocità, con annesso lo scalo merci, collocata parallelamente e a poca distanza tra il Lazzaretto e la Martesana.

Il tratto tra il bivio del cimitero e la Martesana viene assegnato al servizio commerciale con la denominazione di “scalo merci di Porta 47

Garibaldi” (da qui ha origine l’attuale scalo Farini).

A differenza delle prime modeste stazioni, con la costruzione della Stazione Centrale, la ferrovia cominciò ad avvolgere il perimetro a Nord-Est della città con una vasta cintura di binari e edifici che nei decenni hanno condizionato ed indirizzato le linee di sviluppo. Con il passare degli anni, le aumentate necessità del traffico ferroviario posero sempre nuovi problemi, che vennero affrontati e risolti volta per volta.

Milano, per la sua posizione geografica, attirava e distribuiva correnti di traffico che divennero anche internazionali. Il traffico delle merci, poi, crebbe continuamente sulla spinta della forte industrializzazione e della realizzazione dei trafori alpini tanto che nel 1884 si dovette creare un apposito scalo, quello di Milano Sempione (visibile nella carta del 1888), specificamente destinato allo smistamento merci.

All’inizio del 1868 una società privata stava lavorando alla costruzione del tronco ferroviario Milano-Vigevano che fu terminato ai primi del 1870. Con questa linea Milano guadagnava un secondo importante scalo ferroviario, che prese il nome dalla sua prossimità alla Porta Ticinese. La nuova 48

stazione, secondo gli atti del Municipio, sarebbe dovuta sorgere sull’area comunale a Ovest di Piazza Castello. La vicenda, però, prese un’altra piega perché gli industriali che già gravitavano nella zona di Porta Ticinese, invitati a sottoscrivere le azioni della nuova stazione, posero una precisa condizione: che la stazione venisse collocata nella loro zona.

La linea per Vigevano fu collegata con i tracciati preesistenti con un lungo raccordo che aggirava tutto il lato Ovest della città, diramandosi dalla Milano-Torino, al bivio “Vigevano”, in località San Rocco, al confine Nord del Cimitero Monumentale (tratto visibile nelle carte del 1888 e del 1914, indicato con la direzione “Vigevano”).

Successivamente, all’apertura attraverso i bastioni della Barriera di Porta Genova, la stazione cambiò nome, diventando di Porta Genova.

Quando, nel 1873, avvenne l’unificazione del Comune di Milano con quello dei Corpi Santi, la città era già quindi collegata per ferrovia con Torino, Venezia, Monza-Como, Vigevano e Piacenza e i tracciati ferroviari avevano già avvolto significativamente le future aree di espansione della città al di fuori delle mura.

Lo scalo merci di Porta Garibaldi e le Ferrovie Nord Nel 1873 entrò in servizio anche lo scalo merci di Porta Garibaldi: la sua posizione (diversa da quella dell’attuale, omonima stazione) era abbastanza vicino alla Centrale, al di là del Naviglio della Martesana, e più a Ovest della seconda stazione di Porta Nuova; quest’ultima cessò la sua funzione e l’edificio divenne sede della dogana.

Cinque anni dopo, nel 1878, erano in corso i lavori di sistemazione e riordinamento dell’area e delle strade attorno a una nuova stazione che si stava costruendo, vicino a piazza Castello, per la ferrovia MilanoSaronno (indicata nelle carte con la direzione “Varese”) e Milano-Erba (indicata nelle carte con la direzione “Como”), sulla base di un progetto che era stato redatto d’accordo fra l’ufficio Tecnico Comunale e quello della Società della Ferrovia. Si trattava di un edificio piuttosto modesto, con ossatura in legno, in uno stile che richiamava gli chalet alpini. Anche in questo caso il tracciato ferroviario non superava l’antico confine dei Bastioni, ma comunque penetrava più in profondità nel tessuto urbano, attestandosi lungo il confine della vasta Piazza d’Armi e del Castello, fino quasi alla cerchia interna

dei navigli. Nel marzo 1879 il Sindaco Giulio Bellinzaghi inaugurò la Milano-Saronno, con un convoglio che coprì il tragitto in quaranta minuti e il 31 dicembre dello stesso anno fu inaugurata la Milano-Erba.

Lo (scomparso) scalo merci di Porta Sempione Nei primi anni ottanta del XIX secolo la situazione ferroviaria milanese era dominata dalla nuova stazione Centrale alla quale pervenivano tutte le linee fino ad allora costruite. Come si è appena visto, dal lato occidentale c’erano le linee di Torino e la linea di Como; quest’ultima, abbandonata la stazione di Porta Nuova, si raccordava alla Centrale con una curva quasi ad angolo retto (visibile nelle carte del 1914 e del 2012). Dal lato orientale, c’erano le linee di Venezia, Piacenza e Pavia. Appena fuori della Centrale, sul lato Ovest, superato il bivio con la linea di Como, era situata la stazione di Porta Garibaldi (che non ha niente a che fare con l’attuale, omonima stazione), che fungeva da scalo per le merci; più oltre si inseriva la linea più recente, quella di Vigevano, sulla quale era sorta la stazione di Porta Ticinese. Lungo quest’ultima direttrice secondo i progetti della Società dell’Alta 49

Italia si doveva costruire un grande piazzale di smistamento per far fronte al traffico in continua crescita, sia per l’aumento del numero delle linee confluenti a Milano, sia del traffico proveniente d’oltralpe, tramite i trafori del Frejus e del Gottardo.

Fu perciò raccomandato di accelerare l’apertura della stazione di Porta Sempione nella quale trasferire quanto fino ad allora si faceva a Porta Garibaldi; così, come detto in precedenza, la stazione seppure non completa cominciò a funzionare dal settembre 1883.

La realizzazione della seconda cerchia ferroviaria negli anni 1905-1931 è preceduto da un lungo dibattito iniziato nel 1898, quando il ministero dei Lavori Pubblici nominò una apposita commissione di studio per la sistemazione definitiva del nodo di Milano.

Le ferrovie dello Stato e il riassetto ferroviario di Milano Il 10 luglio 1905 con la revoca delle concessioni ferroviarie a tutte le società private, e l’assunzione da parte dello Stato dell’esercizio della rete ferroviaria nazionale, nacquero le Ferrovie dello Stato. Questo evento semplificò molto la questione del 50

riordino ferroviario milanese, in quanto scomparve il dualismo prodotto dall’esistenza di due società ferroviarie: e furono eliminate distinzioni e ripetizioni. La Giunta comunale istituì una nuova Commissione, presieduta dal senatore Giuseppe Colombo, con l’incarico di studiare il migliore assetto da dare ai servizi ferroviari della città di Milano.

In essa si formarono due sottocommissioni, l’una per lo studio degli impianti ferroviari della stazione Centrale e l’altra per lo studio della nuova stazione di smistamento e della nuova linea di cintura.

Le indicazioni di questa Commissione possono essere così riassunte: • Abbandono della esistente stazione centrale, del tipo di transito, e costruzione di una nuova grande stazione di testa, a Nord di essa, nella zona del Trotter; • Conservazione della stazione di Porta Ticinese, ma soppressione del raccordo con Porta Sempione e con lo scalo del bestiame; • Abbandono dello scalo di Porta Garibaldi e costruzione di uno nuovo di testa nell’area Nord del Cimitero Monumentale (attuale Ex Scalo Farini); • Conservazione dello scalo per le merci a piccola velocità di Porta Romana ed abbandono di quello di Porta Sempione.

Inoltre, per quanto riguarda le linee di raccordo, si suggeriva l’abbandono dei collegamenti della Centrale con Porta Garibaldi e con Porta Sempione, e di costruire le linee di raccordo degli impianti milanesi in modo tale da consentire l’espansione edilizia secondo il piano regolatore della città, senza ostacolare la viabilità. In sostanza quindi la commissione si pronunciò per l’abbandono della Circonvallazione rimandandone la ricostituzione, in forma ampliata, a tempi futuri secondo un tracciato già definito, ma che per il momento non venne giudicato necessario. La nuova linea ferroviaria attualmente mantiene un andamento pressoché concentrico a quello delle precedenti linee, mentre la zona compresa nella vecchia cerchia era di circa 26 Km2, quella nuova raggiunge gli 80 km2.

La costruzione storica dell’area dello scalo merci Farini Le conclusioni della Commissione Colombo trovarono piena approvazione presso le Ferrovie dello Stato che iniziarono quasi subito a lavorare ad un progetto che trasformava profondamente non solo l’assetto ferroviario della città, ma tutto il territorio circostante, e che avrebbe richiesto lunghi anni per essere

realizzato. Oltre alla Stazione Centrale, il piano di riassetto prevedeva un ampliamento dello scalo merci di via Farini andando ad occupare la maggior parte dell’area a Nord del Cimitero Monumentale, nel triangolo di San Rocco. Un ulteriore nuovo scalo merci a Porta Vittoria sarebbe stato destinato esclusivamente al traffico ortofrutticolo, per alimentare l’adiacente mercato. Infine dovevano essere potenziate le stazioni di Rogoredo, sulla linea per Bologna e Genova, e di San Cristoforo, sulla linea di Vigevano.

I primi impulsi nella trasformazione delle modalità di produzione e la collocazione delle nuove attività industriali configurano le prima fasi di assetto moderno della zona.

L’insediamento della prima linea ferroviaria verso Nord-Ovest e l’attestamento delle attività produttive lungo le vie di uscita, condizionò lo sviluppo di questa porzione di città.

L’area intorno allo scalo merci si organizzò proprio grazie alla urbanizzazione delle aree affacciate sulla via Farini, con la creazione di un tracciato di strade perpendicolari e parallele a quest’ultima e grazie alla costruzione delle circonvallazioni berutiane che conservavano però i caratteri contrastanti, causati dallo scontrarsi di insediamenti edificati secondo tracciati orientati in maniera diversa. Le 51

applicazioni del piano Beruto non poterono mai dare una soluzione convincente all’assetto di un territorio che presentava caratteri difficilmente modificabili (linea ferroviaria e Cimitero Monumentale) aggravati in seguito dall’insediamento dello scalo merci, proprio perché la sua filosofia pianificatrice risultava sempre troppo rigida rispetto alle preesistenze che avevano caratterizzato il territorio. Ogni strada doveva attestarsi a fondi cieco contro le strutture ferroviarie, ad esempio la via Lancetti che fa parte di una circonvallazione che viene da Sud e le vie Caracciolo e Principe Eugenio che dopo aver attraversato Corso Sempione terminano contro il muro che cinge gli impianti ferroviari.

Soltanto con la variante P.R.G. si cominciò a parlare della eliminazione dello scalo merci e della possibilità di attraversamento degli impianti ferroviari, ma la situazione non è cambiata tanto che le strutture edificate residenziali e produttive hanno riempito gli spazi disponibili in prossimità dello scalo in maniera discontinua e casuale.

1) La cintura ferroviaria nell’anno 1880.

2) La cintura ferroviaria poco dopo il 1930, quando fu aperta la nuova stazione centrale.

Da Giuseppe De Finetti, Milano costruzione di una città, Etas Kompas, Milano, 1969.

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Corpi Santi A partire dal 1782, le realtà rurali esterne alle Mura Spagnole, erette a difesa della Città nel periodo della dominazione spagola tra il 1548-1562, vennero riunite in un unico comune sotto il nome di Corpi Santi a seguito di un decreto, emanato da Maria Teresa d’Austria nel 1757, ed attuato solo ad opera di suo figlio Giuseppe II.

commercio e per l’industria per l’assenza dei dazi doganali che invece interessavano le merci che attraversavano le porte doganali verso l’interno della Città. A segito dell’Unità d’Italia è quindi semplice intuire perchè si scelse di annettere il Comune dei Corpi Santi al territorio politico di Milano.

Con la legge del 22 dicembre 1797 venne disposta la soppressione del Comune dei Corpi Santi di Milano e la sua aggregazione al Comune. Il provvedimento non venne tuttavia attuato pertanto i Corpi Santi continuarono a godere di una significativa autonomia. L’annessione, sia geografica che politica, avverrà solo nel 1873.

Alla fine del Settecento i maggiori proprietari delle cascine e dei campi presenti in questi territori erano prevalentemente gli Enti religiosi milanesi e i nobili che risiedevano in città.

Nel corso dell’Ottocento, la popolazione residente crebbe notevolmente e a questo sviluppo seguì un notevole incremento delle attività industriali, favorite dal fatto che, come scrive Carlo Cattaneo, i Corpi Santi si erano trasformati nel “porto franco” della città: luogo privilegiato per il

Corpi Santi, 1843 53

Lettura morfologica Nel 1884 la Giunta Negri affidò all’ingegnere municipale Cesare Beruto la redazione di un piano regolatore, la cui finalità generale era di assecondare quanto possibile il tipo di espansione monocentrica in atto.

Beruto si preoccupò innanzitutto di “procurare il maggior possibile collegamento, la maggior possibile unione delle due grandi parti, interna ed esterna, nelle quali la città è divisa, fondendole, per cosi dire insieme, per modo di formare un tutto solo”, cancellando così dalla morfologia di Milano i segni dell’antico dualismo tra città murata e suburbio. A questo scopo egli moltiplicava le radiali in corrispondenza dei bastioni, di cui proponeva l’abbattimento e la sostituzione con due arterie parallele inframmezzate da isolati. All’esterno di questa fascia di suburbio “vasto campo di quasi infinita espansione”della città, veniva ricollegato senza soluzione di continuità col centro “prolungando opportunamente le vie sia vecchie che nuove aventi direzione dall’interno all’esterno, ed intersecando il fascio delle vie radiali con altro fascio di vie concentriche e perimetrali”.

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IGM 1888 Strade primarie Ferrovia Edifici preesistenti Isolati Strade presenti nell’IGM 1914 e nella CTR 2012 Corpi Santi

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Le previsioni demografiche previste dal piano Beruto vennero rapidamente smentite dai fatti: nel 1911 la città raggiunse i 600.000 abitanti.

Entrava così in crisi il modello di espansione compatta del piano: come scriverà De Finetti, “invece dell’accrescimento omogeneo a fasce di sviluppo concentriche si ebbe uno sviluppo irregolarmente stellante lungo le radiali principali e le propaggini andarono presto a cozzare contro la cintura ferroviaria. E nel 1910, in occasione di un riesame del problema generale si constatò che circa cento nuovi stabilimenti industriali erano sorti nel territorio del Comune, ma fuori dai limiti del piano regolatore”. L’amministrazione rispose con un nuovo piano regolatore elaborato da A. Pavia e G. Masera che non si differenzia per nulla dallo schema del Piano Beruto. Nel riproporre uno schema di crescita per concrezioni edilizie concentriche, il piano Pavia-Masera commetteva un doppio errore sia di previsione che di analisi: la formazione della periferia seguiva le leggi di aggregazione riconducibili a uno schema monocentrico, internamente più articolato, quindi più ricco di opportunità di sviluppo persino nei limiti speculativi della politica edilizia produttiva in atto, di quanto gli estensori del piano non avessero mostrato di intendere con la loro ottusa opera di colmatura delle sfrangiature perimetrali.

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IGM 1914 Strade primarie Ferrovia Edifici preesistenti Isolati Strade presenti nella CTR 2012

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Negli anni Sessanta l’hinterland milanese conosceva, lungo le sue direttrici, la massima espansione nel ruolo storicamente acquisito di luogo delle attività produttive e della residenza dei ceti popolari. A Ovest e a Sud, a ridosso delle espansioni sviluppatesi linearmente lungo le radiali, o intorno agli abitati esistenti, il paesaggio agricolo conservava la sua consistenza. A Est le infrastrutture predisponevano un territorio di urbanizzazione ancora rarefatta al decentramento di impianti industriali dal capoluogo e a massicci insediamenti residenziali.

Nel settore settentrionale, tra Cologno Monzese e Rho, l’espansione raggiungeva la massima concentrazione lungo le direttrici storiche dell’industrializzazione milanese, dilatandosi fino alla quasi totale saturazione degli interstizi con un tessuto eterogeneo dei tipi residenziali, di impianti industriali e di attrezzature commerciali ad essi connesse. Il periodo tra il 1980 e il 1993 ha visto a Milano uno smontaggio del disegno della Variante Generale al Piano Regolatore, a favore di un atteggiamento pragmatico e sperimentale. Nell’area vasta vi è l’assenza d’iniziative di governo alla scala metropolitana, in un contesto di forte crescita delle aree esterne a Milano; a entrambi i livelli si registra un forte peso dei partiti come attori delle decisioni urbanistiche.

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CTR 2012 Strade primarie Ferrovia Edifici preesistenti Isolati

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Ferrovia

CTR 2012 Tracciato presente dal 1888 Tracciato visibile dal 1914 60

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Ferrovia

CTR 2012 Tracciato 2012 Tracciato 1914 Tracciato 1888 62

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Strade

CTR 2012 Strade IGM 1888 Strade IGM 1914 Strade CTR 2012 64

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Isolati

CTR 2012 Isolati IGM 1888 Isolati IGM 1914 Isolati CTR 2012 66

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ANALISI AREA

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Scalo Farini L’ambito di trasformazione posto nel settore Nord-Ovest della città interessa una vasta area di circa 619.000 mq, per la maggior parte occupata dalle strutture dell’ex scalo merci Milano-Farini, attraversato dalla linea ferroviaria Milano-Varese e dalla linea Milano Centrale-Malpensa. In sottosuolo è attraversato dal Passante ferroviario, che proviene dalla stazione Milano Garibaldi e si dirige verso la stazione di Milano Bovisa.

L’area in dismissione è compresa a NordOvest dal cavalcavia Bacula, appartenente al sistema anulare della circonvallazione esterna, a Nord da viale Lancetti e via dell’Aprica, a Est da via Valtellina e via Farini, a Sud da via G. Ferraris e dal Cimitero Monumentale. L’intero ambito occupa una posizione strategica nella città, collocandosi su una delle direttrici principali di sviluppo e di accesso, lungo l’asse del Passante (stazione Lancetti) e delle linee ferroviarie FS e ferrovie Nord Milano-FNM. L’ambito si inserisce lungo la diagonale di sviluppo Nord-Ovest/Sud-Est, in cui si susseguono importanti ambiti di trasformazione urbana: il progetto GaribaldiRepubblica, oggi Porta Nuova, le aree di trasformazione di Bovisa, i grandi interventi di riqualificazione di Quarto Oggiaro e di 70

Cascina Merlata, le aree del sito Expo 2015, il Polo esterno della Fiera a Rho. All’interno dell’ambito in dismissione si trovano anche aree e immobili storicamente legati allo scalo merci, come gli immobili dell’ex Dogana, ancora parzialmente in uso alla Guardia di Finanza e ad Agenzia delle Dogane; erano inoltre presenti anche strutture che erano di servizio quali le officine ferroviarie San Rocco verso via Stilicone, e le officine ferroviarie denominate “Squadra Rialzo” su via dell’Aprica, quest’ultime recentemente demolite e ricollocate in area più esterna.

La Zona Speciale Farini è articolata in due Unità di attuazione, corrispondenti alle due grandi proprietà presenti, quella dello scalo ferroviario, di proprietà del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, in cui sono presenti anche alcune aree comunali da riorganizzare e quella delle strutture doganali, di proprietà del Fondo Olimpia. Le due unità potranno attuarsi con un piano o più piani attuativi coerenti con un Masterplan comune.

Nella Zona Speciale di Farini sono presenti linee e strutture ferroviarie attive, che vengono incluse e disciplinate come Aree

Strumentali, con una disciplina propria che, pur confermandone la destinazione, prevede il coordinamento degli interventi con le trasformazioni urbanistiche che coinvolgono le aree dismesse. Nel caso di Farini, dove le linee ferroviarie verranno razionalizzate e compattate, l’area strumentale verrà coinvolta da interventi di scavalco, al fine di garantire la ricucitura delle connessioni viarie, ciclabili e degli spazi a verde.

L’area si colloca in un ambito semicentrale della città con una buona accessibilità, sia di trasporto pubblico, una discreta dotazione di servizi ma una scarsa presenza di aree a verde, caratterizzata da un tessuto misto, in origine caratterizzato da molti depositi, che presenta frange di degrado e disordine morfologico, soprattutto nelle vicinanze del Cimitero Monumentale.

Sono prevalenti le funzioni residenziali a Sud-Ovest, verso i quartieri compresi tra l’asse del Sempione, viale Monte Ceneri/ cavalcavia Bacula e via Procaccini, mentre è più marcato il carattere misto, terziarioproduttivo-artigianali a Nord-Est, verso i quartieri storici di Bovisa e Dergano.

In quest’ambito il tema dell’infrastruttura e della mobilità riveste una rilevanza

strategica, la maglia urbana di formazione novecentesca risente della interruzione determinata dalla presenza dello scalo, presentando problemi di congestione nei pochi tracciati che superano la barriera ferroviaria. Le condizioni di accessibilità del trasporto pubblico possono ritenersi buone, se si considerano le autolinee circolari 90, 91 e 92, le linee tranviarie 4 e 14, la stazione Lancetti del Passante Ferroviario, intermedia fra le due importanti stazioni di interscambio di Garibaldi-Repubblica e Bovisa, e dove fermano le linee S1, S2, S5, S6 e S13, la vicinanza con la linea metropolitana M2 a Garibaldi e la linea M5 a Cenisio.

L’intero ambito è stato inoltre oggetto negli anni di una profonda trasformazione del tessuto funzionale, che da produttivo o legato alla logistica delle merci, con la dismissione dello scalo e delle funzioni doganali, è stato interessato da una diffusa riconversione funzionale e da interventi di rinnovamento del tessuto edilizio.

Nelle aree immediatamente adiacenti lo scalo, a Nord, lungo via Lancetti, Aprica, Maloia, sono stati realizzati nuovi complessi terziari con nuove piazze e spazi pedonali e di servizio alla sottostante stazione Lancetti.

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Analisi accessibilità Infrastrutture Tutta l’area di progetto gode di un’alta accessibilità da parte del trasporto pubblico collettivo.

L’area di Farini è molto vicina alla stazione di Porta Garibaldi, importante nodo del sistema ferroviario milanese. L’area è servita anche dal Passante Ferroviario, attraverso la fermata di Lancetti.

L’area di Farini è inoltre facilmente raggiungibile anche grazie alla rete delle metropolitane.

Le fermate di Garibaldi FS sulla linea verde M2 (Cologno/Gessate - Abbiategrasso) e di Maciachini sulla linea gialla M3 (Milano Affori – San Donato) si trovano infatti ad una distanza relativamente breve. La recente linea lilla M5 (Bignami – San Siro) fornisce inoltre altre fermate utili all’accessibilità dell’area dello scalo: Cenisio e Cimitero Monumentale, oltre che alla già citata Garibaldi FS. Anche dal punto di vista del trasporto pubblico di superficie, l’area gode di un’elevata accessibilità. Anche le zone circostanti non direttamente servite dalle ferrovie o dalle metropolitane, sono raggiungibili attraverso l’uso di tram, filobus ed autobus.

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Strada urbana primaria Ferrovia Passante ferroviario Linea metro Fermata ferrovia Fermata metro Bus 78, Via Govone - Bisceglie Bus 78, Biscegie - Via Govone Bus 82, Bovisasca - Zara Bus 82, Zara - Bovisasca Bus 90, Isonzo - Lotto Bus 91, Isonzo - Lotto Bus 92, Bovisa - V.le Isonzo Bus 92, V.le Isonzo - Bovisa Fermata bus Tram 2, P.za Bausan - 6 Febbraio Tram 4, Niguarda - Cairoli M1 Tram 10, V.le Lunigiana - P.le Segesta Tram 12, Roserio - V.le Molisa Tram 14, Lorenteggio - Cimitero Maggiore Tram 33, Rimembranze di Lambrate P.le Lagosta Fermata bus

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Analisi accessibilità Dati sul traffico Data la presenza dello scalo ferroviario Farini e delle linee FS e FNM, la viabilità circostante l’area di progetto, cioè l’ATU Farini-Lugano, è complessa e in alcuni punti interrotta.

Nella tavola seguente è possibile notare come la presenza dello scalo rappresenti effettivamente un limite per la connessione dei due brani di città da esso divisi. Molte sono infatti le vie che si interrompono incontrando il muro che attualmente delimita l’area di Farini.

L’aggiramento dell’area ferroviaria determina la situazione di forte congestione delle arterie stradali circostanti, in senso longitudinale, di penetrazione urbana. In particolare, sulla direttrice Nord-Ovest, si innesta il raccordo autostradale dell’Autostrada dei Laghi, che costituisce il terminale principale del sistema autostradale in senso Nord-Sud (Autostrada dei Laghi A8 ed A9) ed in senso Est-Ovest (A4 Milano Venezia), con i relativi problemi di distribuzione dalla zona Certosa verso i settori centro-orientali di Garibaldi e della Stazione Centrale.

Le maggiori criticità si riscontrano ovviamente in corrispondenza dei due punti di sovrappasso presenti a Sud e a Nord dell’area, in ordine Bacula e Via Farini, che 76

garantiscono il collegamento trasversale, e i relativi assi di adduzione, quali viale Bodio/ Piazzale Lugano a Nord, e Via Nono/P.za Cimitero Monumentale a Sud. L’imperfetto innesto sulla viabilità urbana di V.le Enrico Fermi, che porta ad aggravare il carico veicolare sull’asse di via Farini/via Valtellina e sul relativo scavalco ferroviario, rappresenta un ulteriore elemento di criticità. Per quanto riguarda i nodi, quelli più problematici sono: Piazzale Lugano, sul quale pesa anche il sistema di accesso da Sud al quartiere di Bovisa, l’imbocco Sud del ponte di Via Farini, dove si incrociano i flussi provenienti da Nord con quelli provenienti da Viale della Liberazione, Viale Don Sturzo e Via Cenisio e l’imbocco Nord del ponte di via Farini, dove convergono i tre assi viari di via Farini, via Bassi e via Valtellina.

Assi molto congestionati Assi congestionati Assi molto trafficati Assi interrotti

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Analisi accessibilità Accordo di programma Lo sviluppo dell’ambito dello scalo Farini, che costituisce di fatto la frattura più vasta generata dalla rete ferroviaria nel tessuto urbano, prevede che siano realizzate anche alcune importanti connessioni viarie; nuove strade in grado di garantire da un lato la corretta accessibilità all’area, dall’altro di realizzare le connessioni mancanti della rete, viaria e di trasporto pubblico. I tracciati di nuova viabilità previsti nell’Accordo e coerenti con il PGT riguardano: il tracciato diagonale parallelo alla linea ferroviaria, che si collega a Nord al sottopasso Lambruschini e a Sud con via Cenisio e via Valtellina; la connessione tra via Bovisasca e viale Lancetti; la connessione trasversale Caracciolo-Lancetti; il tracciato per la realizzazione di una nuova infrastruttura di trasporto pubblico su ferro, tra la stazione della M5 in via Cenisio e la stazione del Passante di Lancetti; nuove connessioni ciclo-pedonali longitudinali e trasversali.

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Zona speciale Farini Limite area strumentale Aree di riqualificazione esterne alla zona speciale Farini AdP: strada interquartiere AdP: strada urbana di quartiere Greenway regionale in progetto MobilitĂ ciclo-pedonale

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Analisi funzionale La conoscenza delle destinazioni funzionali è stata effettuata negli isolati circostanti l’area di progetto.

Come evidenziato nella tavola, la maggior parte del tessuto analizzato è residenziale, pur con contaminazioni di industriale, commerciale e terziario.

Rilevante è la presenza del polo del Politecnico di Milano a Bovisa che interessa due ex insediamenti industriali, nell’area denominata “goccia”. Vicino a questi insediamenti del Politecnico si trova anche la sede temporanea della Triennale Bovisa, sede di esposizioni temporanee riguardanti il design e l’architettura.

Subito a Sud dell’Università è presente l’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri.

Proseguendo verso Sud, a Nord-Ovest del cavalcavia Bacula, è situato un complesso scolastico, composto da una scuola elementare, una scuola media inferiore e un liceo scientifico.

Presenza di spicco in Via Stilicone è Villa Simonetta, edificio posto sotto vincolo risalente al XVI secolo e sede delle Scuole Civiche di Milano, Fondazione di Partecipazione: Accademia Internazionale della Musica.

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Procedendo ulteriormente verso Sud si leggono le rilevanze della Piccola Scuola di Circo, che propone corsi per avvicinare bambini ed adulti alle discipline circensi e della Fabbrica del Vapore, una riqualificazione di capannoni industriali che accoglie il centro della produzione culturale giovanile, saldamente collegato ai poli della produzione milanese e quindi una serie di spazi espositivi, di aule e laboratori e di sazi ricreativi. In questo contesto si trova anche una sede temporanea del Teatro CIAK. Vicino a questo centro culturale si trova il Cimitero Monumentale, un luogo complesso dove è possibile intrecciare diverse letture: in esso si riflettono non solo i passaggi delle varie stagioni artistiche, ma anche la storia e l’immagine più autorappresentative della città, un vero e proprio museo a cielo aperto.

Nelle adiacenze dell’area di Farini sono presenti ancora numerosi impianti industriali, molti di essi dismessi, qualcuno in funzione, tra cui quello in Viale Jenner della Fernet Branca, un’azienda sempre stata a conduzione familiare nata 160 anni fa.

Si nota inoltre la scarsa presenza di spazi verdi.

Residenza Industria

1. Deposito ATM 2. Officina Elettrica a2a Cabina Primaria di Volta 3. Fernet Branca 4. Edifici abbandonati delle poste

Cultura / Istruzione / Sport

1. Politecnico di Milano_Campus Bovisa 2. Politecnico di Milano_Campus La Masa 3. Scuola Elementare Statale “Rinnovata Pizzigoni” 4. Scuola Media “GIancarlo Peucher - Colombo” 5. Centro di aggregazione multifunzionale (CAM) 6. Tennis Master Soc.Coop 7. Scuole Civiche di Milano Fondazione di Partecipazione - Accademia Internazionale della Musica 8. Istituto “Regina Carmeli” (asilo e elementari) 9. Piccola Scuola di Circo 10. Fabbrica del Vapore e Teatro Ciak 11. Istituti Suore Stigmatine Francescane 12. Istituto Comprensivo Confalonieri 13. Cimitero Monumentale 14. Triennale Bovisa TBVS

Parchi / Spazi verdi Uffici

1. Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri 2. Bodio Center

Chiese Servizi pubblici

1. Polizia Locale Provincia di Milano 2. Ufficio Elettorale e Comune di Milano, Polizia Municipale, Veicoli rimossi 3. Ufficio Auto Pubbliche 4. Comune di Milano: Area Tecnica, Settore tecnico cultura e bene culturali diversi; Settore anziani e Struture residenziali P.G.T., Ufficio di Piano 5. Vigili del Fuoco, Comando Provinciale di Milano 6. Nuovo Palazzo della Regione Lombardia 7. Centro di Uffici della Regione

Commercio / Esposizione Fronti commerciali

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Analisi verde Le aree verdi presenti nelle adiacenze di Farini sono state suddivise nelle seguenti tipologie: parchi e giardini riconosciuti, verde fruibile attrezzato, centri sportivi e campi da gioco, verde non attrezzato e di risulta, viali alberati.

Per quanto riguarda i parchi e i giardini riconosciuti la consultazione della guida “50+ Parchi e Giardini” edita dal Comune di Milano è stata utile per capire le tipologie e i servizi offerti.

1. Giardino Wanda Ausiris Superficie: 22.100 m2 Anno di realizzazione: 1995 Progettista: Luigi Griso 2. Giardino Gregor Mendel Superficie: 16.800 m2 Progettisti: Ufficio Tecnico Comune di Milano 3. Giardino Bruno Munari Superficie: 9.100 m2 Anno di realizzazione: 2005 Progettista: Francesco Megna 4. Giardino via Porro Jenner Superficie: 1.500 m2 Anno di realizzazione: 2000 Progettisti: Ufficio Tecnico Comune di Milano 82

5. Giardino Firenze Superficie: 9.600 m2 Anno di realizzazione: 1983 Progettisti: Ufficio Tecnico Comune di Milano 6. Giardino Antonio Cederna Superficie: 7.800 m2 Anno di realizzazione: 2000 Progettisti: Marcello Vecchi, Francesco Trabucco 7. Giardino Carmelo Bene Superficie: 10.800 m2 Anno di realizzazione: 2000 Progettisti: Marcello Vecchi, Francesco Trabucco 8. Parco Giovanni Testori Superficie: 62.000 m2 Anno di realizzazione: 1919 Riqualificazione: 1969, Ufficio Tecnico Comune di Milano

Parchi e giardini riconosciuti Verde fruibile e attrezzato Centri sportivi e campi da gioco Verde non attrezzato e di risulta Viali alberati 1. Giardino Wanda Ausiris 2. Giardino Gregor Mendel 3. Parco Bruno Munari 4. Giardino Porro Jenner 5. Giardino Firenze 6. Giardino Antonio Cederna 7. Giardino Carmelo Bene 8. Parco Giovanni Testori

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Scalo Farini, stato di fatto Pianta delle coperture

1. Servizi comunali 1.a. Servizi comunali (magazzino edile) 2. Stazione Lancetti 3. Servizi amministrativi 4. Area in affitto per rimessa di auto pubbliche 5. EX-Centrale Enel 6. Deposito ATM 7. Stabili in affitto 8. Fabbrica del Vapore 9. Villa Simonetta, scuola civica di musica 10. SSE Lancetti 11. Giardino Cederna 12. Giardini di Piazzale Lugano 13. Crematorio 14. Ossario 15. Deposito San Rocco 16. F.A. 17. Nuovo P.M. Ghisolfa 18. Cabina 19. Spogliatoi 20. P.M. Farini 21. Pulitori 22. O.C.A. - Spogliatoi 23. Fabbricatino e Pozzo 24. Centrale termica 25. P.M.2 - O.C.A. 26. Fabbricato ex POLFER Aree di riqualificazione Zone speciali, Accordo di Programma Passante ferroviario Zone speciali, Accordo di Programma Edifici Aree Verdi 0 84

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Scalo Farini, stato di fatto Pianta dei piani terra

1. Servizi comunali 1.a. Servizi comunali (magazzino edile) 2. Stazione Lancetti 3. Servizi amministrativi 4. Area in affitto per rimessa di auto pubbliche 5. EX-Centrale Enel 6. Deposito ATM 7. Stabili in affitto 8. Fabbrica del Vapore 9. Villa Simonetta, scuola civica di musica 10. SSE Lancetti 11. Giardino Cederna 12. Giardini di Piazzale Lugano 13. Crematorio 14. Ossario 15. Deposito San Rocco 16. F.A. 17. Nuovo P.M. Ghisolfa 18. Cabina 19. Spogliatoi 20. P.M. Farini 21. Pulitori 22. O.C.A. - Spogliatoi 23. Fabbricatino e Pozzo 24. Centrale termica 25. P.M.2 - O.C.A. 26. Fabbricato ex POLFER Aree di riqualificazione Zone speciali, Accordo di Programma Passante ferroviario Zone speciali, Accordo di Programma Edifici Aree Verdi 0 86

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Analisi edifici Cimitero Monumentale Il Cimitero Monumentale è un luogo complesso dove è possibile intrecciare diverse letture: in esso si riflettono non solo i passaggi delle varie stagioni artistiche, ma anche la storia e l’immagine più autorappresentativi della città, si tratta di uno straordinario Museo a Cielo Aperto. Si configura come un enorme recinto che da una parte fa da fronte prospettico alla città e dall’altra si apre verso il tessuto esterno al perimetro dei bastioni, tagliato dalla forte presenza delle attrezzature e dei binari dello scalo Farini. Il cimitero è monumentale anche nelle dimensioni: il viale d’accesso, largo 40 metri, conduce nell’ampia piazza antistante, su cui si affaccia l’ingresso di questa enorme corte aperta che misura 260 metri.

Il cimitero sorge al di fuori della cinta dei bastioni, sul sedime dell’antico cimitero della Mojazza, in seguito alla promulgazione dell’”editto di Saint-Cloud” che impone in tutto l’impero napoleonico il trasferimento dei luoghi di sepoltura all’esterno del nucleo abitativo. Pertanto, anche la città di Milano provvede a collocare il nuovo cimitero nell’area a Nord-Ovest della città, all’esterno del bastione di Porta Volta.

La decisione definitiva della creazione di un nuovo cimitero per l’intera città di Milano 88

risale al 1829, ma si deve attendere il 1838 per la pubblicazione di un bando di concorso, la commissione esaminatrice non premia nessuno dei progetti presentati, ma definisce una rosa di cinque progettisti per la stesura di ulteriori progetti, tra i quali si distingue quello dell’architetto Aluisetti. Egli decide di modificare l’orientamento del cimitero preesistente, ruotandolo di circa 90° in modo da disporre l’ingresso al cimitero in asse con la punta del bastione di Porta Volta.

In seguito alla sua morte, la direzione del progetto viene affidata a Carlo Maciachini, vincitore del concorso indetto nel 1863. Egli elabora un nuovo progetto, senza tradire le direttive del suo predecessore, aderendo ai dettami dell’architettura neoclassica ottocentesca: l’elemento di spina del progetto è l’asse di simmetria, prolungamento dell’asse del bastione, che àncora il cimitero alla città.

La conformazione rettangolare del recinto presenta una particolare distribuzione planimetrica che si organizza in base all’incrocio ortogonale di due assi principali e di numerosi assi secondari e che raggruppa sul fronte le principali strutture architettoniche, disponendole come in una gran corte d’onore affacciata sulla città,

mentre al centro del grande vuoto recintato si colloca il Famedio, inaugurato il 5 giugno 1887, da cui si dipartono le ali porticate che lasciano trasparire il paesaggio retrostante del cimitero. All’interno di questa maglia sono ospitati i diversi monumenti funerari che si distinguono per varietà di gusto, di scelte artistiche e di credo religioso che contribuiscono alla definizione di un linguaggio architettonico eclettico, che si rifà alla tradizione lombarda medioevale, come testimoniato dalla scelta dei materiali e della bicromia bianco-nera.

Il Famedio consiste in un campo riservato ad onorare i milanesi più illustri. Questo risulta avere pianta a croce greca con una cupola ottagonale, e poiché al suo interno trovano sepoltura, appunto, milanesi eminenti, il cimitero ospita monumenti, cappelle, statue ed opere d’arte di importanti architetti e scultori, tra cui Luca Beltrami, Mosé Bianchi, Pietro Cascella, Giacomo Manzù, Francesco Messina, Medardo Rosso, Vincenzo Vela, Ettore Ximenes, Adolfo Wildt.

Sull’asse maggiore del Cimitero sorge l’Ossario, anch’esso progettato da Maciachini. Si compone di un corpo inferiore a forma di ampio basamento e coperto a terrazza che ospita all’interno le celle più

antiche e di un corpo superiore a impianto quadrato e cupola ottagonale, con pilastri angolari arricchiti da pinnacoli e trattati come piccoli campanili. All’esterno fasce alternate in pietra e mattoni a vista riprendono la bicromia caratteristica dell’intero progetto del Monumentale

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1) Disegno della vista a volo d’uccello del Cimitero Monumentale di C. Maciachini, Milano, 1866 2) Fotografia dei primi del Novecento dell’ ingresso principale al monumento 3) Crematorio 4) Ossario 5) Vista aerea dall’asse centrale del Cimitero Monumentale 6) Vista fronte principale 7) Confine tra Cimitero Monumentale e ferrovia pagina precedente: Progetto del Cimitero Monumentale, C. Maciachini, 1863 91

Villa Simonetta Villa Simonetta è un manufatto di origine rinascimentale, uno dei più importanti esempi di villa suburbana milanese, interessante sia dal punto di vista tipologico sia per il rapporto che ha instaurato con il territorio.

L’antica divisione fondiaria determina inizialmente la giacitura del primo nucleo della villa, successivamente è la villa stessa a imporre la propria regola alla campagna, con un rettangolo orientato NOO-SEE. A partire dal ‘500 la villa entra a far parte di un progetto che coinvolgerà non solo l’edificio, ma anche il disegno del suolo circostante, secondo i principi rinascimentali che aspiravano al controllo e alla misura dello spazio. Oggi tale ordinamento è soffocato dal sovrapporsi di disegni di più recente formazione, in particolare l’orientamento Nord-Ovest determinato dall’asse del Sempione e riconfermato dal piano Beruto.

La costruzione del primo nucleo di Villa Simonetta risale al 1502, quando il cancelliere di Ludovico il Moro, Gualtiero Bascapè, acquista un fondo agricolo, nei Corpi Santi di Porta Comasina, fuori dalle mura cittadine. Ordina la costruzione di una villa residenziale e di rappresentanza, in suo nome chiamata “La Gualtera”. La 92

costruzione consta di un unico massiccio volume rettangolare, con il fronte principale aperto da un porticato. Le facciate presentano i caratteri di una residenza suburbana di prestigio di tradizione lombarda quattrocentesca, con decorazioni in cotto.

Acquistata dal governatore di Milano, Ferrante Gonzaga, nel 1547, la “Gualtera” viene ampliata e trasformata in una sontuosa residenza di rappresentanza collocata in un contesto agreste, poi nota come la “Gonzaga”. Il nucleo originale, ampliato e alzato di un piano, tende ad aprirsi verso l’ambiente esterno, prima attraverso ampi loggiati, per poi disporsi secondo uno schema ad U con due elementi porticati simmetrici sormontati da terrazze. Si tratta di una radicale trasformazione che riconfigura completamente la villa, nel suo rapporto con la campagna. Si configura quindi come una villa rinascimentale, strutturata secondo una sequenza prospettica di spazi che si aprono verso il giardino e il paesaggio.

La facciata principale viene alleggerita dall’applicazione di un portico, formato da archi retti da pilastri e semicolonne addossate, sovrastato da due ordini di logge con balaustre, mentre le ali verso il giardino, sono caratterizzate da loggiati posti al piano

più alto.

Nel 1555 la villa passa alla famiglia Simonetta, da cui prese il nome con cui è oggi conosciuta.

Questa capacità della villa di organizzare prospetticamente i suoi elementi e le parti del suo intorno viene meno con la prima espansione ottocentesca e con la costruzione della ferrovia, che condanna l’intero paesaggio circostante ad un declino accentuato dal cambiamento di destinazione d’uso, di Ospedale per colerosi. Da questo momento la villa assume il ruolo di contenitore per le più svariate attività: da fabbrica di candele a officina meccanica, da casa operaia a caserma, da falegnameria fino a osteria. Durante la Seconda guerra mondiale i bombardamenti degli scali ferroviari limitrofi la colpiscono profondamente, distruggendone la facciata e determinando il totale abbandono delle strutture. Dagli anni ‘60, il Comune, divenuto proprietario del complesso, si è impegnato con gli abitanti della zona in una bonifica ambientale e in un restauro che ha portato ad una ricostruzione degli ambienti per adibirli a scuola musicale.

1) Veduta a volo d’uccello della Simonetta, incosio Dal Re, 1726 , Raccolta Bertarelli, Milano 2) Prospetto facciata principale del Palazzo, incisione Dal Re, 726 , Raccolta Bertarelli, Milano 3) Veduta prospettica del fronte posteriore secondo l’ipotesi costruttiva di U. Tarchi 93

Dogana e le attrezzature ferroviarie L’edificazione dello Scalo Farini avviene successivamente alla dismissione dello Scalo del Sempione nel 1905.

Nel corso di un decennio il nuovo scalo si configura come uno dei punti focali di interscambio per le merci in transito tra il Nord-Ovest e il Nord-Est, trovandosi in una posizione privilegiata, andando quindi a rivestire il ruolo di Dogana.

Già nella carta IGM del 1914 è possibile rilevare la presenza degli edifici principali della Regia Dogana, che occupano gran parte dello scalo stesso. La completa saturazione dell’area si ha entro gli anni ’80 con l’ampliamento dei binari in entrata lungo il confine con il Cimitero Monumentale, e a ridosso di via dell’Aprica, con anche l’aggiunta di nuovi edifici più a Nord.

Risulta evidente come alcuni elementi si relazionino maggiormente con gli edifici: il Cimitero Monumentale che, essendo precedente all’edificazione dello scalo, ne rappresenta un margine fisso; i binari che, con il loro andamento da Nord-Ovest verso Sud-Est hanno determinato la giacitura degli edifici di servizio ai binari stessi.

Confrontando la carta del Beruto del 1885, con la Carta IGM del 1914 è possibile dedurre l’andamento di via Valtellina: il Piano 94

Beruto prevedeva un nuovo asse, parallelo a quello del Cimitero Monumentale, di raccordo tra via Farini e la nuova circonvallazione; con l’edificazione dello scalo, l’asse viene realizzato, come dal Piano Beruto, solo nel primo tratto, adattandosi poi al perimetro dello scalo nel secondo tratto, parallelo a via Farini, fino al raccordo con la circonvallazione.

Lungo la via Valtellina si attestano la Porta d’Ingresso (1), oggi protetta dalla legislazione sui Beni Culturali; il Fabbricato con Uffici (2), attualmente condiviso dalle Ferrovie dello Stato e dagli uffici della dogana; il Fabbricato per Pacchi soggetti a Dogana (4) che, pur avendo la facciata principale su via Valtellina, si sviluppa poi parallelamente ai binari.

Secondo la giacitura dei binari si dispongono anche i restanti edifici: il Magazzino Merci (7), di notevoli dimensioni, occupa una posizione centrale all’interno dell’area, accogliendo i binari tra i due corpi; la Caserma delle Guardie Doganali (5), ospita oggi la Guardia di Finanza; l’Edificio per le Piccole Partite (6), attualmente versa in uno stato di abbandono; l’edificio con Uffici e Magazzini Doganali (3), anch’esso di dimensioni considerevoli, è affiancato al magazzino merci.

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6 3

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4 1 2

1) Porta d’ingresso alla Regia Dogana 2) Fabbricato con uffici 3) Smistamento merci 4) Fabbricato per pacchi soggetti a dogana 5) Caserma delle Guardie doganali 6) Edificio piccole partite 7) Magazzino merci

Porta d’ingresso alla Regia Dogana (1) Realizzata nel 1923, la porta d’ingresso risale alla prima fase di edificazione dello Scalo Farini.

Si tratta dell’edificio più rappresentativo dell’intero complesso dello scalo. Costituisce l’unico ingresso urbano del settore della Regia Dogana e affaccia su via Valtellina in posizione baricentrica rispetto a tale

comparto.

La porta è costituita da tre volumi definiti: quello centrale maggiormente decorato costituisce la vera e propria porta di ingresso, dove si eseguiva un meticoloso controllo del traffico di entrata ed uscita delle merci; nei corpi laterali più bassi risiedevano invece gli uffici delle Guardie di Finanza. Il corpo centrale presenta tre varchi d’entrata, due laterali pedonali ed uno centrale carrabile, dotati di cancelli in ferro. Queste aperture sono scandite da pilastri in cemento armato, decorati da fasce orizzontali che ne simulano l’esecuzione in rocchi, i quali proseguendo verso l’alto ritmano un fregio, dove si alternano otto aperture di forma rettangolare e piccoli pilastri decorati con motivi geometrici; per trovare poi conclusione in una fascia orizzontale dove, una volta, era posta la scritta REGIA DOGANA. In posizione centrale e posta sopra quest’ultima fascia è posto l’antico stemma delle Ferrovie dello Stato.

I due corpi laterali, tra loro perfettamente simmetrici, presentano verso la città una sola finestra in posizione centrale, decorata ed arricchita da elementi prefabbricati in cemento e da una griglia in ferro battuto il cui disegno richiama quello dei cancelli 95

d’entrata. Verso lo scalo questi corpi presentano una porta d’ingresso in posizione centrale e due finestre laterali identiche a quelle del lato opposto.

L’edificio presenta una struttura in cemento armato organizzata in travi e pilastri con tamponamenti in elementi di laterizio.

Esternamente è presente un rivestimento ad intonaco cementizio che evidenzia una zoccolatura perimetrale di 90 cm ed una ripartizione a fasce orizzontale nei pilastri.

Le divisioni interne dei locali sono costituite da pareti in elementi in laterizio, mentre la componente serramentistica dell’edificio è costituita da elementi in legno verniciato.

I tre corpi costituenti la porta hanno sistemi di copertura indipendenti tra loro: quello centrale ha un tradizionale tetto a falde inclinate, mentre i due corpi laterali presentano una copertura orizzontale aggettante verso il lato interno dello Scalo.

Fabbricato con uffici (2) L’edificio, realizzato nel 1923, appartiene al primo complesso edificato all’interno dello scalo.

La struttura si compone di un tradizionale sistema a muratura portante in elementi di laterizio, mentre le divisioni interne, sia 96

originarie che di più recente fattura, sono realizzate con elementi di laterizio forato.

Il sistema di copertura è a due falde, sempre rivestite con elementi in laterizio.

Le facciate sono caratterizzate da una fascia orizzontale che ne marca la separazione tra il piano rialzato ed il primo piano; agli angoli si pongono falsi pilastri in bugnato.

I serramenti sono in legno verniciato, con grate metalliche per il piano rialzato.

Un primo intervento di ampliamento al manufatto originario, ha riguardato la realizzazione di due nuovi corpi laterali più bassi, come elementi di prolungamento del volume esistente e caratterizzati da una differente divisione dei tramezzi interni.

La pianta risulta semplice e rettangolare, di 64x16 metri, con una diminuzione di profondità del corpo di fabbrica di 2,2 metri, nella parte centrale del fronte interno.

Lo sviluppo verticale è di tre piani fuori terra con uno di seminterrato, inoltre l’edificio è posto su di un basamento che lo solleva di 1 metro dal terreno.

La copertura a due falde è sostenuta da capriate tradizionali, con una luce massima di 13 cm.

L’interno si sviluppa a partire da un corridoio longitudinale, alle cui estremità si pongono

le due uscite verso lo scalo; a questo si accede tramite altre due entrate simmetriche in prossimità delle quali sono posti i due corpi scala a pianta quadrata.

Un secondo intervento di ampliamento ha previsto l’innalzamento e l’allungamento della struttura di 17,4 metri per parte.

All’estremità Sud sono stati aggiunti due piani con copertura terrazzata, mentre in quella opposta si è intervenuti per l’intera altezza del fabbricato, rendendo necessaria una rimessa in sistema di tutte le coperture.

I corpi laterali affiancati presentano una continuità formale nella definizione di alcuni dettagli, come il disegno delle finestre e quello della zoccolatura perimetrale.

Grazie ad un intervento di sostituzione del vecchio intonaco, si è riusciti a donare maggior omogeneità all’intervento, mentre la discontinuità è stata sottolineata tramite l’allineamento del prospetto lungo via Valtellina, con uno scarto di 6 metri rispetto al filo dall’edificato degli anni ’20.

Recentemente l’edificio ha subito un nuovo intervento di ammodernamento delle strutture e dell’impiantistica, con l’aggiunta di una scala esterna in ferro, resa necessaria per l’adeguamento alle normative vigenti.

La destinazione d’uso è sempre stata riservata

agli uffici amministrativi doganali, solamente negli ultimi anni il manufatto ha subito una suddivisione trasversale interna, destinando una parte degli uffici alle Ferrovie dello Stato e una parte alla Dogana.

Magazzino merci (7) Come per gli edifici precedentemente presentati, anche il fabbricato destinato al magazzino merci è riconducibile al 1923, prima fase di edificazione dello Scalo Farini.

Posto in posizione centrale rispetto all’area dello scalo, si tratta dell’edificio principale del comparto doganale.

Assimilabile per struttura interna e per principi compositivi al magazzino per arrivi e partenze delle Ferrovie dello Stato, il magazzino merci si sviluppa in due corpi lineari, affiancati longitudinalmente e collegati trasversalmente in corrispondenza delle estremità orientali. Una differenza tra i due magazzini è riscontrabile nella minor profondità e nello sviluppo lineare dei corpi.

Lo spazio libero, delimitato dai due bracci dell’edificio, è attraversato da un fascio di binari che permette il transito dei treni fino all’interno del magazzino doganale; il passaggio è favorito dall’andamento dentato del profilo interno dei due corpi longitudinali 97

e dalle aperture di 3,5x4,6 metri localizzate nei tratti inclinati delle mura perimetrali.

Ad eccezione delle trincee destinate ai carri merci, l’intero edificio risulta essere sopraelevato di 1,05 metri da terra; tale innalzamento era stato previsto per un agevolamento delle operazioni di carico e scarico merci dai vagoni e degli autotrasportatori, attestati lungo i lati più esterni dei due bracci. L’edificio è stato successivamente dotato di due piani caricatori coperti, collocati in proseguimento dei corpi longitudinali; quello posto nelle vicinanze al Cimitero Monumentale presenta una superficie coperta di 2096 mq, mentre quello sul lato opposto risulta essere di soli 935 mq.

Ogni braccio longitudinale appartenente al magazzino doganale è suddiviso in tre parti principali: ciascuna di 1447 mq e tre punti di libero passaggio interno per i treni.

La struttura portante in cemento armato, è costituita da una maglia regolare di pilastri di 55x55 cm di sezione e organizzati secondo una griglia di 8x8,8 metri. La soletta di copertura posta a 6,7 metri, è sostenuta da un sistema di nervature orizzontali primarie e secondarie, di 80 e 50 cm rispettivamente; all’interno di questa maglia trovano posto 98

i lucernari di forma rettangolare, con una sezione rettilinea di 1,8x2,4 metri. Tra i pilastri posti alle estremità, si inseriscono delle pensiline in ferro che, sostenute a loro volta da profili reticolari metallici affondati nel cemento, fuoriescono dal filo dell’edificio per una luce di 4,5 metri, prolungandosi per l’intera lunghezza dei fronti.

Il disegno esterno è caratterizzato da un’uguaglianza tra i lati corrispondenti ai due corpi di fabbrica e una ripetizione in serie degli elementi di una campata all’interno del fronte stesso.

Analogamente, nei lati interni, quelli rivolti verso i binari, si ha la continua ripetizione di una campata, chiusa da una finestra quadrata di 4,4x4 metri, tripartita e posta in posizione centrale. I lati esterni presentano invece una ripetizione in successione alternata di due campate differenti, con passo sfalsato rispetto a quello del resto dell’edificio; elemento comune è invece la finestra a nastro di 2,2x2,7 metri, posta a filo copertura e sormontata da una apertura finestrata ad arco.

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2

4

3

1) Fotoraddrizzamento Porta della Dogana 2) Rilievo dell’edificio della Dogana: prospetto e pianta 3) Fotografia del fronte della Dogana 4) Fotografia del magazzino merci 99

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Accordo di programma Le aree dei sette scali ferroviari dismessi rientrano tra i beni immobili trasferiti all’ente “Ferrovie dello Stato”, parte del patrimonio su cui l’ente ha piena disponibilità secondo il regime civilistico della proprietà privata.

Nel perimetro delle stesse sono ricomprese sia aree ormai dismesse sia aree ancora strumentali all’esercizio ferroviario. La società FS Sistemi Urbani, ha il mandato di valorizzare le proprietà del gruppo non strumentali alle attività di trasporto in tutta Italia.

Il percorso di pianificazione delle aree ferroviarie dismesse ha avuto avvio nel 2005, quando Comune di Milano, Ferrovie dello Stato Italiane (FSI) e Regione Lombardia hanno deciso di perseguire un modello di pianificazione volto a integrare rigenerazione urbana e sviluppo ferroviario.

gli scali, la crescita dell’offerta di impianti sportivi diffusi sul territorio.

Il riuso degli scali come politica urbanistica ecologica Sarà la prima occasione per considerare il verde una vera e propria “green infrastructure”. L’obiettivo è, per la prima volta a Milano, pensare il verde come perno del cambiamento, attraverso un nuovo grande parco centrale a Farini, un’oasi naturalistica, le connessioni ecologiche tra

Gli scali come ambiti dell’innovazione sociale e delle nuove economie È indispensabile che gli scali contribuiscano a creare nuovi posti di lavoro, attraverso uffici, artigianato, manifattura e logistica. I nuovi quartieri vedranno forte la contaminazione tra sistema produttivo, commerciale, turistico/culturale e residenziale.

Accordo sugli scali come politica metropolitana della mobilità sostenibile Urbanistica e trasporti vanno di pari passo.

La “Circle Line” è un elemento fondamentale dello sviluppo dell’area metropolitana milanese, attraverso il miglioramento dei collegamenti con i comuni limitrofi e tra i quartieri. L’Accordo sugli scali si concentra nel finanziare le nuove stazioni in una strategia regionale e nazionale volta a migliorare le connessioni sul nodo di Milano, creando un servizio ferroviario con caratteristiche progressivamente simili a quelle della metropolitana. Anche per questo le aree degli scali si prestano ad ospitare servizi, pubblici e privati, fortemente attrattivi.

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Gli scali per la coesione sociale La nostra città sta puntando molto sulla fascia anagrafica 20-40 anni. Nello scalo di Farini l’offerta di case risponderà alle esigenze della classe media creando quartieri misti con offerte per ogni reddito, dalle case di pregio fino all’edilizia popolare.

Migliorare le condizioni sociali nelle periferie è l’obiettivo principale dell’Amministrazione.

La rigenerazione degli scali eliminerà barriere fisiche invalicabili, avvicinando le periferie al centro, integrando il piano di investimenti da 300 milioni rivolto alle periferie.

Circle line e sistema ferroviario La trasformazione degli scali connessa al potenziamento del nodo ferroviario, è un’opportunità fondamentale per dare impulso a una visione che superi la struttura radiocentrica. Attraverso la ferrovia, i nuovi insediamenti potranno contribuire alla creazione di un sistema di mobilità sostenibile basato su un sistema multimodale di servizi integrati, in grado di connettere la città con la periferia comprensoriale. La struttura “storica” della cintura ferroviaria potrebbe essere messa in grado di svolgere questa nuova funzione attraverso una densificazione delle stazioni, su cui impostare un aumento 102

di linee suburbane, delle frequenze e dei livelli di servizio.

29,5 km: lunghezza Circle Line.

11 stazioni: 4 esistenti (Rho Fiera, Certosa, Lambrate, Forlanini), 5 nuove (Tibaldi, Romana, Stephenson, Dergano, Istria), 2 rifunzionalizzate (San Cristoforo, Romolo).

Attuazione e usi temporanei Prevedere l’uso temporaneo degli spazi come strumento per restituire alla cittadinanza aree non più dismesse e degradate, ma vive e accessibili permettendo altresì l’attuazione per fasi dei complessi programmi urbanistici e anticipando in tal modo una prima disponibilità collettiva delle aree, con particolare riferimento alla realizzazione immediata di aree verdi che possano essere rese fruibili provvedendo ad una adeguata sorveglianza e garantendo la sicurezza delle stesse; sul punto dovrà essere coinvolta con continuità la Commissione Consiliare competente.

Allegato F: Norma tecnica di attuazione.

Edificabilità Zone Speciali 1) Sono definite Zone Speciali le aree destinate a insediamenti misti residenziali, compresi quelli di edilizia residenziale

sociale, terziari, ricettivi, commerciali, artigianali, ad attrezzature pubbliche o di uso pubblico e collettivo, a funzioni di interesse generale, a servizi privati per attività culturali, educative, sanitarie e assistenziali, sportive e per lo spettacolo, nonché alle funzioni complementari accessorie o compatibili, con i limiti di edificabilità.

Nelle Zone Speciali sono ammesse le medie strutture di vendita, sia di grado inferiore che superiore.

2) Le definizioni e i parametri urbanistici utili ai fini dell’attuazione della presente disciplina urbanistica, nonché le modalità di calcolo della s.l.p., sono quelli generalmente applicabili ai sensi dello strumento urbanistico generale e del Regolamento Edilizio vigenti al momento della presentazione della richiesta di rilascio dei titoli edilizi.

3) In ogni Zona Speciale, con esclusione delle Aree Strumentali, sono ammessi i seguenti parametri di edificabilità massima: - Zona Speciale Farini: 402.460 mq di s.l.p. complessivi, destinati a funzioni urbane, e suddivisa in due Unità d’intervento: 1. Unità Farini – Scalo: 362.947 mq di .sl.p., di cui il 30% minimo destinato a funzioni non residenziali; 2. Unità Farini – Valtellina: 39.513 mq

di s.lp., di cui il 50% minimo destinato a funzioni non residenziali.

Nella s.l.p. dell’Unità Farini-Scalo è compresa una quota pari a 2.000 mq di s.l.p. riservata ad alloggi, in locazione o vendita, destinati alla ricollocazione degli attuali occupanti di immobili compresi nelle Zone Speciali.

4) Al fine della ricollocazione degli attuali occupanti di immobili ad uso abitativo compresi nelle Zone Speciali dovranno essere garantiti alloggi, in vendita o locazione, a condizioni riferibili a quelle dell’edilizia residenziale pubblica, ovvero destinati a tutti i soggetti già detentori di contratto di locazione ad uso residenziale con società del Gruppo FS Italiane SpA. Qualora in sede attuativa venissero individuate soluzioni alternative per la ricollocazione dei predetti soggetti, la superficie, residua o integrale, di 2.000 mq di s.l.p. destinata a tale scopo potrà essere liberamente destinata a funzioni urbane.

Quote minime riservate alla residenza sociale e convenzionata 1) Compresa nella s.l.p. massima per ogni singola Zona Speciale, è prevista una superficie minima complessiva di edilizia residenziale sociale, pari a 156.498 mq di 103

s.l.p. totali, da reperire nelle Zone Speciali di Farini - Unità Farini-Scalo e Unità FariniValtellina,Greco-Breda, Lambrate, Romana, Genova e Rogoredo. In tale superficie minima non sono conteggiati i 2.000 mq di s.l.p. destinati alla ricollocazione degli inquilini presenti nelle Zone Speciali.

2) L’edilizia residenziale sociale si articola nelle seguenti tipologie: a. edilizia convenzionata agevolata e/o edilizia convenzionata agevolata in locazione con patto di futura vendita e coabitazioni con servizi condivisi (co-housing); b. edilizia in locazione a canone moderato e/o a canone concordato, a canone convenzionato, residenze per studenti universitari, coabitazioni con servizi condivisi (cohousing) di natura sociale; c. edilizia in locazione a canone sociale, non sostituibile mediante ricorso alle monetizzazioni.

3) La quota minima di s.l.p. destinata a edilizia residenziale sociale viene così articolata e distribuita: − nella Zona Speciale Farini - Unità FariniScalo 52.170 mq totali min., di cui 33.851 per edilizia di tipo a., 6.606 mq min. per edilizia di tipo b. e 11.713 mq min. per edilizia di tipo c.; 104

− nella Zona Speciale Farini - Unità FariniValtellina 9.878 mq totali min., di cui 5.971 mq per edilizia di tipo a., 2.605 mq min. per edilizia di tipo b. e 1.302 mq min. per edilizia di tipo c..

La quota di s.l.p. destinata a edilizia residenziale sociale indicata è da considerarsi minima e sempre incrementabile nei limiti della quota massima di s.l.p destinabile a funzioni residenziali; all’interno delle tipologie indicate precedentemente sono sempre incrementabili le quote di edilizia di tipo b. e c. mentre è da considerarsi massima la quota complessiva indicata di tipo a..

4) Compresa nella s.l.p. massima assentibile, è prevista inoltre una superficie minima complessiva di edilizia residenziale convenzionata ordinaria – in vendita, in locazione convenzionata o in locazione convenzionata con patto di futura vendita pari a 47.213 mq di s.l.p. totali, da reperire nella Zona Speciale di Farini - Unità FariniScalo – per 30.213 mq min.

Dotazioni minime di aree e attrezzature pubbliche e di uso pubblico 1) Negli strumenti attuativi e nelle relative convenzioni di attuazione dovrà essere garantita una dotazione complessiva di aree

e attrezzature pubbliche e di uso pubblico pari al 100% della s.l.p. per le funzioni residenziali, ivi incluse quelle di residenza sociale, per le funzioni ricettive, direzionali e commerciali, o ad esse riconducibili, fatte salve maggiori dotazioni di legge per le medie strutture di vendita, e il 20 % della s.l.p. per le funzioni artigianali.

2) Per ogni singola zona dovrà comunque essere garantita la cessione o l’asservimento all’uso pubblico delle aree da destinare a verde attrezzato - comprensivo di aree pedonali pavimentate ed attrezzate, percorsi, strutture e servizi connessi, spazi sosta adibiti alla fruizione dei parchi - articolati come segue ed espressi in percentuale minima sulla Superficie Territoriale: - nella Zona Speciale Farini - Unità FariniScalo 65% min.

- nella Zona Speciale Farini - Unità FariniValtellina 70% min Aree Strumentali 1) All’interno delle Zone Speciali di Farini - Unità Farini-Scalo sono individuate le Aree Strumentali destinate all’esercizio ferroviario, costituite dagli spazi e dai fabbricati destinati alle infrastrutture e agli impianti ferroviari; gli interventi in queste zone sono finalizzati alla

riqualificazione delle attrezzature esistenti e delle connessioni.

2) All’interno delle aree strumentali devono essere inoltre messe in atto opere di contenimento degli effetti e degli impatti delle attrezzature ferroviarie sugli spazi urbani circostanti.

3) In tali aree sono sempre ammessi manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, nonché di ristrutturazione edilizia anche mediante demolizione, ricostruzione dei fabbricati destinati all’esercizio ferroviario, nonché la realizzazione di recinzioni, opere di contenimento e compensazione degli effetti e degli impatti delle stesse infrastrutture ferroviarie, parcheggi e spazi destinati a verde piantumato e mantenuto.

4) L’esatta estensione e delimitazione delle Aree Strumentali per ciascuna Zona Speciale, in sede di intervento attuativo e nel rispetto degli obiettivi generali espressi per l’ambito interessato dalle Schede di Indirizzo per l’assetto del territorio, può variare in funzione delle esigenze ferroviarie fino ad un massimo del 12% della superficie totale di dette aree. Nel caso di aree ferroviarie non incluse e adiacenti alle Zone Speciali è ammesso uno spostamento della linea 105

di confine delle aree ferroviarie fino a un massimo di cinque metri per garantire la funzionalità del fascio ferroviario, e fino ad un massimo di 10 metri per la realizzazione puntuale di singoli manufatti tecnologici.

Prescrizioni particolari aggiuntive per singole Zone Speciali Nelle Zone Speciali di Farini - Unità FariniScalo, gli interventi, indicati nelle Schede d’indirizzo per l’assetto del territorio del PGT, di connessione morfologica trasversale alla linea ferroviaria, da realizzare mediante copertura parziale dei fasci-binari o manufatti pensili per connessioni ciclo-pedonali, viarie e del trasporto pubblico, sono destinati all’uso pubblico e possono concorrere alla verifica del raggiungimento dei parametri minimi.

Allegato G: relazione illustrativa Assetto viabilistico L’impatto causato dalla presenza della vasta area ferroviaria sulla rete viabilistica del settore urbano è considerevole e riguarda sia le direttrici in senso tangenziale che radiale, anche a causa della conformazione generale della rete primaria urbana, largamente basata sulle circonvallazioni, quali i Bastioni 106

e la circonvallazioni filoviaria. Le maggiori criticità viabilistiche nell’area interessata si verificano in corrispondenza degli scavalchi ferroviari di Bacula e di via Farini e della relativa viabilità di adduzione, quali viale Bodio/p.za Lugano a nord, e via Nono/p.za Cimitero Monumentale a sud, lungo i quali si incanalano i flussi di aggiramento dell’area ferroviaria. Un ulteriore elemento di criticità è costituito dall’innesto sulla viabilità urbana di viale Enrico Fermi, che porta ad aggravare il carico veicolare sull’asse di via Farini/via Valtellina e sul relativo scavalco ferroviario.

Relativamente ai nodi, le maggiori criticità si rilevano principalmente: su p.le Lugano; sul nodo all’imbocco Sud del ponte di via Farini, dove si incrociano i flussi provenienti da Nord con quelli provenienti dalla direttrice di Viale della Liberazione - viale Don Sturzo - via Cenisio; sul nodo all’imbocco nord del ponte di via Farini, dove convergono i tre assi viari di via Farini, via Bassi e via Valtellina.

Contenuti della nuova disciplina urbanistica e indirizzi per la pianificazione attuativa Il progetto dovrà avere la capacità di mettersi in relazione con i grandi piani che si stanno sviluppando sull’asse di Nord-Ovest, quindi

a Sud con il nuovo polo direzionale di Porta Nuova e a Nord con il sistema Bovisa - Quarto Oggiaro - Expo, mentre a scala locale, avere la capacità di creare nuove relazioni morfologiche fra i quartieri separati dalla ferrovia e di dotare la zona di nuovi spazi a verde e nuovi servizi qualificati. La prossimità con il tessuto urbano consolidato all’intorno, rende l’area idonea alla ricostruzione della continuità funzionale e tipologica tra le parti che separa; la sua trasformazione dovrà tenere conto del recupero delle aree di frangia ed essere attenta alle aree sensibili e alle presenze storico-architettoniche (villa Simonetta, edificio della Dogana).

Per raggiungere tali obiettivi, l’Accordo di Programma interessa anche aree esterne e limitrofe alle Zone Speciali, individuate come Aree di Riqualificazione, disciplinate dallo strumento urbanistico generale vigente e finalizzate alla sistemazione delle reti, dello spazio pubblico e delle attrezzature pubbliche viarie e ciclopedonali, da realizzare anche mediante l’impiego degli oneri disurbanizzazione e dei contributi di monetizzazione derivanti dalla trasformazione. Si tratta per quest’ambito delle aree comunali di via Cenisio e di via Pecetta e del fascio binari tra il ponte di via

Farini e la stazione Garibaldi, nonché di piazza Freud, a Garibaldi.

La nuova disciplina prevede, per la trasformazione della Zona Speciale Farini, la realizzazione di un nuovo assetto urbanistico finalizzato a saldare i quartieri oggi separati dalla linea ferroviaria. I piani attuativi previsti, in attuazione della nuova disciplina urbanistica, dovranno pertanto sviluppare un mix urbano caratterizzato dalla presenza di funzioni residenziali, terziarie e commerciali, nonché di residenza agevolata e sociale, in vendita e in affitto, qualificato e arricchito dalla presenza di funzioni di interesse generale, che potrebbero essere connesse alla presenza nell’ambito di poli universitari e di ricerca, da individuare e precisare meglio in sede di progettazione urbanistica esecutiva.

Complessivamente i piani attuativi saranno caratterizzati da interventi di ristrutturazione urbanistica con demolizione dei fabbricati esistenti, ad eccezione di singoli manufatti che per i loro caratteri architettonici verranno ritenuti meritevoli di mantenimento; in particolare verrà conservato l’edificio della Dogana in via Valtellina in quanto dichiarato di interesse storico-artistico.

E’ prevista inoltre la possibilità a tutela degli 107

abitanti insediati, da valutare e verificare in sede di pianificazione attuativa, di mantenere due immobili residenziali situati all’interno dello scalo e individuati graficamente nella cartografia allegata all’Accordo di Programma, rispettivamente in via Valtellina n. 5 e 7 e in piazza Lugano n. 23.

La saldatura morfologica tra i tessuti urbani adiacenti sarà consentita anche da interventi di scavalco della barriera rappresentata dalla linea ferroviaria che, ancorché compattata e razionalizzata, rimarrà in esercizio sull’asse centrale dell’area; i possibili interventi connessione trasversale e di parziale copertura delle aree strumentali dovranno garantire dimensioni significative atte a dare continuità anche formale agli spazi a verde. Il nuovo parco dovrà essere connesso, mediante percorsi ciclo-pedonali, agli interventi di Porta Nuova, Bovisa/ Gasometri e Parco Palizzi.

Con la trasformazione urbanistica dell’Unità Farini-Scalo pertanto, oltre alle viabilità di servizio ai nuovi insediamenti e di connessione alla rete locale sono previste connessioni viarie necessarie alla ricucitura e al completamento delle reti pubbliche esistenti previste dal PGT; si tratta della realizzazione della nuova connessione 108

trasversale tra via Caracciolo e via Lancetti, del tracciato di viabilità diagonale, di connessione tra via Bovisasca e via Valtellina, e della connessione di trasporto pubblico tra la M5 in via Cenisio e la stazione Lancetti.

Nelle Schede di Indirizzo per l’assetto del territorio allegate al Documento di Piano del PGT, si prevede altresì che l’area di Farini venga trattata come un’area ambientale all’interno della quale favorire la mobilità lenta e il trasporto pubblico, concentrando il traffico di attraversamento su determinate direttrici, pertanto la progettazione delle direttrici di nuova previsione dovrà garantire particolare attenzione nel mitigare l’impatto con il nuovo parco, con l’edificato adiacente e con le presenze storiche e funzionali più sensibili.

A nord dello scalo, in prossimità di piazzale Lugano e del cavalcavia Bacula, il progetto dovrà raccordarsi, soprattutto per i temi di nuova viabilità, con il nuovo assetto dell’area occupata dall’edificio dismesso di Poste Italiane, inizialmente incluso nel perimetro dell’Accordo di Programma, in seguito stralciato dalla Zona Speciale Farini, e per i quale il Piano di Governo del Territorio prevede una autonoma disciplina di trasformazione urbanistica.

Area di riqualificazione esterna Pecetta

1 Area strumentale

2

Area di riqualificazione esterna Cenisio

Area di riqualificazione esterna Garibaldi

Zona speciale Farini 1_UnitĂ Farini - Scalo 2_UnitĂ Farini - Valtellina Limite area strumentale Aree di riqualificazione esterne alla zona speciale Farini 109

Allegato J: schede di indirizzo per l’assetto del territorio Strategie generali L’Ambito di Trasformazione Urbana “FariniLugano” risulterà caratterizzato dalla presenza di un parco unitario. L’area sarà servita della Circle line del ferro alla quale risulterà collegata attraverso interventi infrastrutturali di nuova realizzazione.

L’attraversamento trasversale dell’area verrà garantito attraverso direttrici utili Nord e a Sud. All’interno dell’Ambito di Trasformazione la mobilità sarà lenta, garantita da attraversamenti ciclo-pedonali e da trasporti pubblici, utili a ricucire il rapporto tra i diversi tessuti urbani cresciuti ai limiti dello scalo ferroviario.

Obiettivi 1) Realizzazione di un nuovo assetto urbanistico con funzione di “cerniera” fra i quartieri oggi separati dalla linea ferroviaria.

2) Le caratteristiche e la forma dello spazio aperto devono garantire un parco lineare unitario di dimensioni significative.

3) L’area di Farini deve essere trattata come un’area ambientale all’interno della quale favorire la mobilità lenta e il trasporto pubblico concentrando il traffico di 110

attraversamento su determinate direttrici.

5) Una buona qualità architettonica deve essere garantita anche negli interventi destinati all’edilizia convenzionata e all’housing sociale.

Prescrizioni 1) Realizzazione di un parco compatto pari al 65 % della superficie territoriale, calcolata escludendo le aree destinate alla mobilità e le aree ferroviarie strumentali.

2) Copertura parziale della linea ferroviaria in esercizio tale da consentire significative connessioni trasversali, prevalentemente sistemate a verde e spazi pedonali.

3) Realizzazione di nuove connessioni viarie sia sull’asse nord-ovest/sud-est, collegandosi alla viabilità trasversale a nord e al sistema Farini-Monumentale, che sull’asse trasversale allo scalo.

4) Connessione di trasporto pubblico tra la stazione Bovisa, la stazione Lancetti e la MM5 in via Cenisio.

5) Prevedere il ripristino del giardino all’italiana del 1500 di Villa Simonetta, gravemente mutilato con la realizzazione dello scalo ferroviario, aggiungendo un area di circa 7.000 mq all’attuale superficie del giardino.

Ambito di trasformazione Verde esistente Verde di progetto Verde pensile di progetto Aree interessate dai temi di progetto Collegamenti verdi MobilitĂ ciclo-pedonale Rete ciclabile di progetto Rete metrotranvia in programmazione 111

Allegato K: trasformazione degli scali ferroviari milanesi Lo scalo Farini si posiziona a cavallo di parti diverse della città; da quelle semicentrali che ruotano attorno a Porta Nuova a quella della periferica Bovisa.

I bordi dello scalo si configurano come parti differenti da far interagire. Sui bordi dello scalo e sulle adiacenze, si trovano alcuni elementi di caratterizzazione: un “muro dello scalo” ancora abitato dalle famiglie dei ferrovieri in due situazioni specifiche, un muro che si raddoppia quando si trova a costeggiare il perimetro del cimitero Monumentale, un muro che ingloba il giardino, anche quello mancante, della quattrocentesca Villa Simonetta.

La parte interna dello scalo contiene manufatti di differenti categorie senza pregi architettonici se non quelli della “memoria”, dai capannoni per il ricovero dei treni agli edifici collegati alla dogana. Lo scalo è attraversato anche da presenze sotterranee: il passante e i servizi connessi sono da tenere in considerazione nel ridisegno di questa parte di città.

Lo scalo Farini è perno di un sistema di parti di città che in alcuni suoi tratti si raccontano attraverso una dinamicità anche 112

contrastante, fatta da un lato di trasformazioni “eccezionali” per la città, che si confrontano con trasformazioni più calibrate ai bisogni quotidiani: così il versante Est dello scalo si confronta contemporaneamente con la città dei nuovi grattacieli del centro direzionale.

Nei margini a Nord dello scalo si riscontrano problemi di insicurezza, dovuti all’abbandono del Palazzo delle Poste e all’uso improprio del terreno sottostante il ponte della Ghisolfa.

Lo scalo a sud trova una possibile relazione con la nuova linea metropolitana che però rischia di non generare alcun effetto positivo sul recupero dell’area, oltre a non permettere di fare sistema con la fermata di Lancetti.

Le parti di città che si dispongono all’intorno dello scalo sono uniformate e caratterizzate dalla carenza di sistemi ambientali di pregio, mentre questi si possono trovare lungo la direttrice Nord-Ovest, dalla prima periferia (area ex gasometri di Bovisa) alla cintura metropolitana.

Lo scalo è circondato da due importanti sistemi di traffico “fluido” che costituiscono una sorta di barriera: a Nord il sistema della circonvallazione della linea 90-91 e a Sud la viabilità del sistema GaribaldiFirenze-Fiera. Ciò avviene in forma diversa nel sistema viario Nord-Sud caratterizzato

dall’essere un’enclave automobilistico locale, anche se la recente realizzazione del centro commerciale e della bretella di collegamento al ponte della Ghisolfa ha contribuito a rompere questo isolamento.

Bordi e connessioni. Nuove relazioni tra parti di città diverse Il tema dei bordi e delle connessioni risulta particolarmente sentito a Farini perché il vuoto dello scalo ha segnato e rafforzato un confine tra quartieri e parti di città molto diversi tra loro. Molti attori locali hanno segnalato in questa direzione la necessità di creare un “linguaggio” urbanistico, architettonico, funzionale che permetta di far dialogare e legare queste parti di città. Molti hanno anche suggerito che tali ricuciture dovrebbero avvenire sfruttando l’insediamento nello scalo di funzioni attrattive che fungano da collante tra i diversi tessuti urbani circostanti.

Superamento della ferrovia attraverso nuove connessioni alternative al cavalcavia Bacula Il rischio percepito è relativo alla possibilità che il nuovo progetto costruisca dei nuovi confini e non offra importanti occasioni di

porosità e di scambio. Ad esempio, l’area strumentale che rimarrà rappresenta una barriera molto forte, per cui bisognerà pensare a opere che ne permettano il superamento; anche il fascio di binari che verrà mantenuto all’interno dello scalo costituirà una forte barriera.

Molti richiamano la necessità di collegamenti Est-Ovest che, alleggerendo la pressione del traffico sul cavalcavia Bacula, mettano in comunicazione i due quartieri separati tutt’oggi dalla ferrovia. Rispetto ai collegamenti Est-Ovest sono emerse da parte degli interlocutori diverse ipotesi di trattamento: • un asse di attraversamento; • un passaggio sotterraneo; • percorsi per la mobilità dolce di attraversamento (alternativi al cavalcavia Bacula); • la connessione con Villa Simonetta e più in generale del quartiere Cenisio alla stazione Lancetti del passante, connettendo via Cucchiari con viale Lancetti.

Nuovi percorsi di mobilità dolce e integrazione con il sistema degli spazi aperti 113

La grande area dello scalo viene interpretata come una occasione per creare nuovi sistemi e nuove centralità connesse ai quartieri.

I percorsi ciclopedonali che verranno realizzati dovranno essere continui e permettere di entrare e uscire dallo scalo senza interruzioni. Le piste ciclopedonali potrebbero essere inserite a livello zero e unire le principali vie che si affacciano sul perimetro dello scalo. In particolare, dovrebbero unirsi a via Valtellina e centro città a sud lungo il ponte di via Farini. Una pista dovrebbe tagliare trasversalmente lo scalo, combinando la Stazione BovisaPolitecnico (passando sotto il ponte Bacula) con l’area Garibaldi. È possibile prevedere un collegamento tra gli spazi aperti all’interno dello scalo e il Parco Testori, passando alle spalle della scuola Rinnovata-Pizzigoni. In questa prospettiva potrebbero anche giocare un ruolo le nuove infrastrutture.

Spazi aperti. Un parco di cerniera tra parti di città, una spina verde in ingresso a Milano L’immagine proposta dalla maggioranza degli interventi descrive la realizzazione di un grande parco che unisce due parti di città 114

oggi distanti e separate: a Sud i quartieri Cenisio e Mac Mahon (con il fulcro di Villa Simonetta), a Nord viale Jenner e Dergano.

Il parco, che si auspica sia esteso su almeno il 60% dell’area, potrebbe unire le due parti di città attraverso percorsi ciclabili e pedonali e poche ben individuate vie di attraversamento. La stessa immagine di un grande parco unitario è stata riproposta alla scala dell’intero settore Nord-Ovest della città, da Bovisa al cimitero Monumentale e da qui all’ambito trasformato di GaribaldiRepubblica. Il parco, in questa accezione, assume le dimensioni di vero e proprio “Central Park milanese”, una spina verde tra Quarto Oggiaro e il centro di Milano che connette linearmente le aree verdi esterne alla città e il centro urbano.

L’idea condivisa da molti è quella di un parco di scala metropolitana che entra in profondità nel corpo della città, radicalizza la visione del riuso delle aree dello scalo riducendo gli spazi destinati alla sola valorizzazione e spinge verso una visione integrata che favorisca la creazione di un sistema continuo di spazi aperti naturali e attrezzati. Lo scalo e il futuro parco costituiscono inoltre un sistema articolato, un continuum con gli spazi aperti e gli edifici pubblici già esistenti,

oggi frammentati e delimitati da spazi e recinzioni, posti a i margini che possono a loro volta essere ben integrati e ridisegnati.

Servizi. Creazione di spazi per i giovani: scuole, sport, musica e laboratori Nella zona di Farini sarebbero necessari servizi legati all’istruzione: un nuovo polo scolastico potrebbe così dotare la Zona 8 di licei e istituti superiori dei quali oggi risulta sprovvista. Ma anche generare risorse da destinare alla ristrutturazione dei complessi scolastici già esistenti.

L’area centrale dello scalo potrebbe essere adatta ad affrontare la domanda di servizi per le attività sportive; viene chiesto che le nuove attrezzature siano pensate per le attività prevalenti ed immerse nel verde.

Lo scalo potrebbe diventare sede per una nuova biblioteca, multimediale e interattiva, che attragga i giovani durante tutto l’arco della giornata. Sarebbe utile prevedere inoltre uno spazio aggregativo per i giovani e uno spazio dove poter svolgere grandi concerti. Eventualmente si potrebbe valorizzare l’identità della parte sud dello scalo, vista la presenza di Villa Simonetta, dedicandone una vasta porzione (anche anticipando la trasformazione completa

dello scalo) alla creazione di uno spazio concerti e connotando questo brano di città come “città della musica”.

Infine, la trasformazione dello scalo potrebbe essere l’occasione per realizzare anche “una città dei bambini” con spazi loro dedicati utili allo svolgimento di laboratori tematici.

Previsione di spazi e attrezzature per gli anziani Nella zona vive un gran numero di anziani e per questi il recupero dello scalo potrebbe offrire l’occasione di trovare un loro centro di aggregazione aperto alla possibilità di incontro e uso congiunto con adulti e ragazzi. Nuove realizzazioni che coesistano con interventi di recupero delle strutture esistenti: dall’ampliamento del centro anziani adiacente alla scuola di circo, al potenziamento del CAM Pecetta e delle funzioni che può accogliere.

Una componente, quella del mondo adulto, che esprime il bisogno di legami sociali attraverso le diverse realtà associative presenti nelle zone adiacenti allo scalo; un servizio di cui si prevede l’utilità è quello di una “casa delle associazioni” le quali solitamente non necessitano più di 15 mq per un piccolo ufficio e uno spazio comune, 115

da condividere, per assemblee e riunioni.

Realizzazione di luoghi e ambienti per integrare saperi e socialità Le necessità degli adulti e quelle dei giovani sono ricondotte a unitarietà attraverso la richiesta di servizi “nuovi” che permettano di sperimentare forme contemporanee dello stare insieme: questi servizi si immagina si possano rapportare agli spazi aperti in modo positivo. Immaginando che sul perimetro a Nord venga istallato un laboratorio frequentato dagli abitanti per le loro esigenze, esso si potrebbe occupare anche della manutenzione delle panchine e delle attrezzature di cui verranno dotati gli spazi aperti, magari insegnando ai ragazzi tecniche di manutenzione quale espediente per legare le persone adulte che frequentano il laboratorio ai giovani che vivono, studiano e giocano in quella zona e che fruiscono quotidianamente degli spazi aperti. In questa prospettiva lo scalo potrebbe rafforzarsi con la creazione di uno spazio simile ai repair cafè olandesi: grandi laboratori dove si possono eseguire riparazioni di ogni tipo, socializzando con altri. Si propongono inoltre i tale ottica servizi funzionali al riciclo, come ad esempio una ricicleria protetta deputata 116

alla raccolta di tutto ciò che viene scartato ma è ancora utilizzabile.

Recupero di strutture esistenti per servizi di quartiere La dotazione di nuovi servizi alla città attraverso il recupero dello scalo deve fare riferimento, anche se esterno all’area identificata dall’Accordo di Programma, all’ex Palazzo delle Poste che si chiede venga riconvertito per usi pubblici. In particolare, le funzioni che potrebbe ospitare sono: una biblioteca, un centro polifunzionale che al suo interno contenga anche un teatro o un cinema (servizi attualmente assenti nella zona) e un luogo aggregativo.

Ferrovia Linea metro Fermata ferrovia Fermata metro Parchi e aree verdi urbane Scali: aree in dismissione Scali: aree strumentali Parti di città da connettere Connessioni ciclopedonali da realizzare Connesioni carrabili da realizzare Bordi da rendere permeabili Luoghi critici/opportunità di connessione Apertura di nuove relazioni

localizzare funzioni di servizio per la città e per i quartieri: biblioteca multimediale, città dei bambini, attrezzature sportive, laboratorio artigianale, servizi per il riciclo, casa dele associazioni, polo scolastico, aggregazione anziani, ampliamento area mercantale P.le Lagosta

Bovisa

e

valorizzare l’intorno della stazione come nuovo spazio pubblico

Piazzale Lugano

ex Palazzo delle Poste Via Lancetti

Via Valtellina

Lancetti

Cavalcavia Bacula

Parcheggio multipiano Edifici strumentali

Villa Simonetta Via Caracciolo Agenzia delle dogane

spazio aperto a servizio della città e dei quartieri da valorizzare come: grande parco botanico, orto urbano

Via Cenisio

aprire una nuova connessione come: grande boulevard

Porta Garibaldi localizzazione funzioni di servizio per la città: città della musica

Milano Domodossola

117

Allegato U: documento di visione strategica Lo scalo Farini, di eccezionali dimensioni, costituisce storicamente una forte cesura lungo l’asse urbano nord-ovest tra i quartieri di via Cenisio- Mac Mahon e Isola. Si tratta di un’area che ha una forte accessibilità metropolitana e urbana, ma presenta problemi di accessibilità locale, anche in ragione della prossimità al Cimitero Monumentale, che ne definisce il confine a Sud-Est, e del complesso confine a NordOvest, rappresentato dal cavalcavia Bacula e da piazzale Lugano. La riprogettazione dello scalo offre l’occasione per realizzare a Milano un grande parco urbano di circa 300.000 mq, dello stesso ordine di grandezza del parco Sempione: ampi spazi aperti a prato e boscati, ma anche uno spazio articolato che possa offrire altre prestazioni, come giardini, servizi immersi nel verde, soprattutto lungo i margini e facilmente raggiungibili dalla città esistente. All’interno di questo sistema verde potranno trovare spazio aree ed edifici dedicati allo sport agonistico.

Per consentire la continuità di questo spazio aperto sarà opportuno realizzare un verde pensile di superamento della ferrovia per favorire la connessione tra le parti di città a nord e a sud, attraverso il nuovo parco.

118

In particolare, in corrispondenza di villa Simonetta questo scavalcamento sembra essere particolarmente fertile, per valorizzare questa presenza importante nella zona che può diventare un landmark lungo i confini del parco.

La presenza della fermata Lancetti del servizio SFR è un elemento che può svolgere un ruolo importante nelle logiche localizzative di attività attrattive che generino flussi da bacini ampi.

L’area, per le sue grandi dimensioni può ospitare servizi di innovazione per attività artigianali e manifatturiere, ma anche funzioni e servizi di carattere pubblico, oltre a una quota significativa di residenza in affitto a prezzi accessibili. Strutture sotterranee del Passante possono essere reimpiegate per la realizzazione di parcheggi interrati, in prossimità della fermata SFR Lancetti.

L’edificio delle ex-Dogane è di qualità e in buono stato di conservazione, per cui si presta per un uso temporaneo senza interferire con le opere che si svolgeranno nello scalo, e potrebbe ospitare in futuro attività culturali e diventare una sede di associazioni e gruppi, un vero e proprio Community Hub in relazione al vivace tessuto associativo del quartiere Isola.

Il grande edificio al centro dello scalo, che già ospita attività temporanee durante il periodo estivo, è una grande risorsa che può accogliere usi temporanei per parti definite e per una ampia gamma di programmi, anche in una prospettiva incrementale.

Lo spazio aperto interno, in parte duro e impermeabile, in parte verde e con presenze di alberature si presta ad usi temporanei di varia natura, anche legati al tempo libero, a manifestazioni sportive amatoriali, a eventi musicali e legati alla moda.

Il nuovo parco Farini costituisce il recapito di un insieme di connessioni di diverso peso e natura che innervano il settore urbano in cui è collocato. Dall’ambito di Villa Simonetta è possibile consolidare la continuità di una serie di spazi aperti disposti a sud della linea ferroviaria, passando dal parco Testori fino alla stazione di Villapizzone e, all’altezza del viadotto Bacula, diramarsi fino alla stazione di Bovisa, con un progetto di verde che potrà riconnettersi al parco che si realizzerà all’interno della “goccia” della Bovisa.

Alcune presenze verdi rilevanti nel settore, ma isolate, possono essere connesse mediante trattamenti dello spazio stradale e pedonale al parco Farini: a nord il Parco Savarino (da via Guerzoni a via Maloia); il parco scuola

Villani Murat e piazzale Maciachini (mediante via Valtellina), a sud piazza Firenze lungo via Caracciolo fino al parco di via Principe Eugenio; a sud-est i giardini di Porta Nuova (lungo via Pepe).

Connessioni della mobilità dolce principali possono attraversare il parco Farini da nordovest (Bovisa-Atu9-piazzale Lugano) fino a sud-est (stazione Garibaldi e giardini di Porta Nuova) e connettere la stazione della metropolitana di Cenisio con il Passante a Lancetti. Si prevede un attraversamento viabilistico per connettere via Caracciolo a Lancetti. Particolare cura dovrà essere posta nel trattamento dei bordi dell’area di intervento in modo da assicurare una continua permeabilità verso l’interno, sia in presenza di spazio aperto, sia nel caso di edificazioni lungo il confine. In particolare in alcuni punti sembra necessario fare in modo che lungo i bordi siano presenti elementi che assicurino una visibilità in profondità dai tessuti esistenti contermini, ad esempio in corrispondenza di via degli Imbriani, di via Bernina, di via Alserio.

Due situazioni che coinvolgono in parte le aree in trasformazione dovranno essere assoggettate ad una progettazione dettagliata e coordinata, al fine di risolvere 119

condizioni complesse e a volte di degrado, ad integrazione di quanto avviene all’interno dello scalo. A sud, l’ambito frammentato e complesso compreso tra via Messina e il Monumentale, a nord della fermata di Cenisio. A nord l’ambito che gravita attorno a piazzale Lugano con l’area delle Poste e il margine sud dell’Ambito di trasformazione di Bovisa assicurando la continuità dello spazio aperto e della percorrenza ciclopedonale sotto il viadotto Bacula, verso nord.

Nel quadro delle trasformazioni previste alcune presenze di rilievo nel quartiere Cenisio vanno valorizzate: Villa Simonetta (che ospita la Scuola civica di musica) e il suo spazio aperto che potrebbe essere consolidato e ampliato, impiegando parte delle aree disponibili fino alla linea ferroviaria; la Fabbrica del Vapore, facilitando le connessioni con il sistema degli spazi aperti a nord e con l’interno del parco Farini.

Riduzione del tempo impiegato per gli spostamenti a piedi attraverso gli scali grazie alla copertura parziale dei binari, ai ponti, alle passerelle e ai sottopassi previsti.

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Continuità del sistema dello spazio aperto collettivo e dello spazio verde, in modo da ottenere connessioni verdi che coinvolgano ampie parti della città Linee privilegiate di connessione tra gli spazi aperti previsti all’interno dello scalo con quelli presenti nel settore urbano Edifici rilevanti Connessioni della mobilità di attraversamento e di percorrenza interna dell’area di trasformazione Connessioni della viabilità di attraversamento Trattamento dello spazio aperto e degli edifici lungo il margine urbano dell’area di intervento in modo da assicurare la permeabilità allo sguardo e all’accesso fisico Aree problematiche e/o opportunità ai margini degli scali che necessitano di una progettazione di dettaglio Punti lungo il confine dell’area di intervento che si prestano a stabilire relazioni visive “in profondità” con il tessuto urbano lungo alcuni assi stradali Spazi aperti ed edifici che si prestano a essere impiegati per usi temporanei Aree in corso di trasformazione la cui progettazione dovrà prevedere spazi aperti collettivi collocati in modo da integrare il sistema complessivo Zona speciale Farini Aree di riqualificazione esterne agli scali Area strumentale degli scali

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Questione della residenza Questa sezione riguarda un’analisi dell’accordo di programma per la riqualificazione degli scali milanesi dismessi, con particolare attenzione allo Scalo Farini.

Gli obiettivi dell’ Accordo prevedono la riqualificazione delle aree dismesse, che occupano una superficie di circa 1.250.000 mq, promuovendo politiche per la mobilità sostenibile e il trasporto pubblico su ferro, sostenendo l’innovazione sociale e produttiva, accogliendo nuove attività economiche ed ecosostenibili che favoriscano nuovi posti di lavoro. Particolare attenzione è rivolta alla riqualificazione degli edifici esistenti all’interno degli scali, ai quali sono destinate funzioni che permettano l’apertura dello scalo verso la città, e alla presenza del verde, che non deve essere inferiore al 65%, con la progettazione di una “cintura verde” che connetta e che renda possibile un collegamento diretto tra i diversi scali, e che termina, o che inizia, con la Stazione di San Cristoforo per la quale è previsto un grande parco verde.

Lo scalo Farini, di eccezionali dimensioni, costituisce storicamente una forte cesura lungo l’asse urbano Nord-Ovest. Lo scalo si colloca in un contesto urbano soggetto da tempo a fortissime trasformazioni: la zona di Porta Nuova con la nuova stazione Garibaldi 122

e l’area di Bovisa. Si tratta di un’area con una forte accessibilità urbana, che tuttavia presenta problemi di accessibilità locale, anche a causa della vicinanza con il Cimitero Monumentale, che ne definisce il confine a Sud-Est. L’area, per le sue grandi dimensioni, può ospitare servizi di innovazione e servizi di carattere pubblico, oltre a una quota significativa di residenza sia in affitto a privati che a prezzi calmierati. Dopo un’analisi dell’area sono stati pensati, a partire da alcuni esempi ben noti e consolidati nella storia dell’architettura, diversi sistemi compositivi che possano rispondere alle esigenze delle residenze. In questo modo si è cercato di mettere in relazione il tipo edilizio e la superficie di ogni caso studio con la geometria dell’area e le esigenze, in termini di superficie, espresse dall’Accordo di Programma.

618.733

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Quartiere Dammerstock

Walter Gropius, Karshule, 1929 Dammerstock SLP 31.418 mq NUMERO ALLOGGI 228 NUMERO ABITANTI -

A.d.P Farini SUPERFICIE TOTALE 618.733 mq SLP 402.460 mq SUPERFICIE RESIDENZE 136.036 mq (34% s.l.p)

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136.063

31.418

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Ville Radieuse

Le Corbusier, 1930 Ville Radieuse SLP 237.040 mq NUMERO ALLOGGI NUMERO ABITANTI -

A.d.P Farini SUPERFICIE TOTALE 618.733 mq SLP 402.460 mq SUPERFICIE RESIDENZE 136.036 mq (34% s.l.p)

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Ville Radieuse

Le Corbusier, 1930 Ville Radieuse SLP 237.040 mq NUMERO ALLOGGI NUMERO ABITANTI -

A.d.P Farini SUPERFICIE TOTALE 618.733 mq SLP 402.460 mq SUPERFICIE RESIDENZE 136.036 mq (34% s.l.p)

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237.040 128

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Case a torre, Viale Etiopia Mario Ridolfi, Roma, 1949-55 Ville Radieuse SLP 28.244 mq NUMERO ALLOGGI NUMERO ABITANTI 864 (32 mq/ab)

A.d.P Farini SUPERFICIE TOTALE 618.733 mq SLP 402.460 mq SUPERFICIE RESIDENZE 136.036 mq (34% s.l.p)

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28.244

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Villaggio Forte Quezzi

L.C. Daneri, E. Fuselli, R. Morozzo Della Rocca, A. Sibilla, M. Pateri, G. Piltzer Finali, C. Andreani, Genova, 1956-57 Forte Quezzi SLP 366.565 mq NUMERO ALLOGGI 856 NUMERO ABITANTI 4500 (81,5 mq/ab)

A.d.P Farini SUPERFICIE TOTALE 618.733 mq SLP 402.460 mq SUPERFICIE RESIDENZE 136.036 mq (34% s.l.p)

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366.565 132

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Villaggio Olimpico

Luigi Moretti, Adalberto Libera, Roma, 1958-59 Villaggio Olimpico SLP 44.076 mq NUMERO ALLOGGI 298 NUMERO ABITANTI 648 (68 mq/ab)

A.d.P Farini SUPERFICIE TOTALE 618.733 mq SLP 402.460 mq SUPERFICIE RESIDENZE 136.036 mq (34% s.l.p)

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44.076

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135

Quartiere Gallaratese

Aldo Rossi, Carlo Aymonino, Milano, 1967-74 Gallaratese SLP 65.523 mq NUMERO ALLOGGI NUMERO ABITANTI 2500 (25 mq/ab)

A.d.P Farini SUPERFICIE TOTALE 618.733 mq SLP 402.460 mq SUPERFICIE RESIDENZE 136.036 mq (34% s.l.p)

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65.523

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Quartiere Corviale

Mario Fiorentino, Roma, 1975-84 Corviale SLP 198.100 mq NUMERO ALLOGGI 1200 NUMERO ABITANTI 8500 (23 mq/ab)

A.d.P Farini SUPERFICIE TOTALE 618.733 mq SLP 402.460 mq SUPERFICIE RESIDENZE 136.036 mq (34% s.l.p)

618.733

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198.100 138

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Quartiere Runcorn

James Stirling, Runcorn New Town, 1977 Runcorn SLP 98.610 mq NUMERO ALLOGGI 1500 NUMERO ABITANTI 6000 (16 mq/ab)

A.d.P Farini SUPERFICIE TOTALE 618.733 mq SLP 402.460 mq SUPERFICIE RESIDENZE 136.036 mq (34% s.l.p)

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98.610

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PROGETTO

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Sistema del verde 144

Masterplan Il progetto dell’ampliamento dell’Accademia di Brera a Scalo Farini, ha rappresentato tramite la realizzazione di un nuovo campus universitario, l’occasione di riqualifica di un’area oggi dismessa e in disuso.

L’idea di progetto nasce dall’impossibilità della sede storica, il Palazzo di Brera, di soddisfare la richiesta di nuovi spazi destinati alla didattica, diventati necessari all’Accademia.

Oltre a tale ampliamento, il progetto ha previsto la realizzazione di nuove residenze, sia convenzionate che destinate agli studenti del campus; il dimensionamento dei suddetti spazi ha seguito le quantità previste dell’Accordo di Programma, che per lo Scalo richiede specificatamente una percentuale di costruito da destinare a residenze.

Un altro elemento di progetto che è emerso dallo studio e dall’analisi dell’Accordo di Programma è rappresentato dal verde attrezzato e non, con una percentuale richiesta all’interno dello Scalo pari al 66% della superficie totale.

La scelta di non rappresentare nel Masterplan la distinzione tra le due tipologie di verde è derivata dall’idea di rappresentazione dell’area sotto un aspetto più concettuale e storico; il disegno è stato sviluppato a partire

dalla sovrapposizione di due diverse epoche storiche, all’attuale perimetro dello Scalo è stata sovrapposta la trama derivante dalla Carta del Catasto Teresiano (1718 – 1760).

Una delle maggiori caratteristiche dello Scalo Farini è rappresentato dalla fascia di binari, attualmente funzionante tra le stazioni di Milano Bovisa e Milano Porta Garibaldi, denominata dall’Accordo di Programma come “zona speciale”. Tale fascia divide in due parti l’area dello Scalo, una particolarità che ha comportato a livello progettuale la scelta di ricongiungere un ampio territorio che risulta ormai sconnesso.

Il progetto propone due passerelle pedonali e sopraelevate rispetto ai binari come elemento di connessione tra le due aree: quella a Nord-Est, dedicata al campus universitario e alle residenze con quella a Sud-Ovest, dedicata a parco e contenente la storica sede di Villa Simonetta.

L’area a Nord-Est dello scalo Farini è caratterizzata dalla presenza di edifici un tempo destinati a magazzini merci; il loro particolare orientamento verso NOSE, evidenziato dal contrasto con gli isolati circostanti, ha influenzato a livello progettuale la scelta di seguire la medesima disposizione per i nuovi edifici di progetto.

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Quelli destinati prettamente all’Accademia e alle residenze risultano come cursori; prendono spunto dal progetto per una città lineare di Lavrov (1928), caratterizzato dalla ripetizione del modulo.

L’area a Sud-Ovest è invece contraddistinta dalla presenza dell’ex deposito San Rocco.

Secondo l’Accordo di Programma tale edificio si sarebbe dovuto demolire al fine di traslare il fascio di binari più esterno (quello di collegamento tra Milano Porta Garibaldi e Milano Villapizzone) per ricomporre la fascia di binari preesistente.

Altro importante elemento dell’area è costituito dalla presenza di Villa Simonetta, oggi sede della Scuola Civica di Musica. Il progetto prevede la ricostruzione del giardino storico della Villa, integrato con un nuovo disegno del verde previsto per lo Scalo. Una scelta anch’essa che nasce dal desiderio di interazione tra presente e passato.

V. Lavrov, Progetto per un complesso abitativo nella città lineare, 1928 146

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Accademia La composizione dell’edificio destinato a ospitare il campus universitario nasce e si sviluppa dallo studio dell’edificio per la sede Reale Accademia Belle Arti di Milano, progettato da Giuseppe Terragni nel 1935; la sua composizione era stata pensata per essere in relazione con il Palazzo Storico di Brera. Diversi elementi di progetto sono stati da noi pensati come rielaborazione del suddetto caso studio.

Uno dei primi elementi di affinità è rappresentato dai materiali utilizzati; il progetto per la sede Reale, come Terragni stesso afferma, avrebbe dovuto esaltare l’utilizzo dei materiali dell’epoca a cui apparteneva: acciaio, vetro e pietra; elementi che tutt’oggi risultano rappresentativi e contemporanei. Un altro elemento di ripresa è rappresentato dal fronte principale, pensato interamente vetrato per permettere una maggior penetrazione della luce naturale negli ambienti interni destinati allo studio.

La divisione in tre volumi, separati ma collegati con corridoi sopraelevati, rappresenta una rielaborazione della tripartizione funzionale proposta da Terragni. Lo “Scalone d’Onore” è invece stato riproposto sotto l’aspetto di una scala di distribuzione esterna ai volumi, che permette l’accesso diretto ai piani comuni.

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Si è voluto mantenere una proporzionalità armonica nella progettazione degli ambienti e della struttura, in richiamo alla proporzionalità numerica proposta da Terragni; elemento di distacco è invece rappresentato dell’orientamento scelto per i tre volumi, fortemente influenzato dalle preesistenze e dettato dal fascio di binari adiacenti.

SPAZIO ESPOSITIVO

G. Terragni, Reale Accademia di Belle Arti di Milano, 1935, primo piano G. Terragni, Reale Accademia di Belle Arti di Milano, 1935, facciata anteriore L. Figini, P. Lingeri, E. Mariani, G. Pollini, G. Terragni, Primo progetto per il palazzo delle Scuole di Brera a Milano, 1935, veduta del modello

LABORATORIO

LABORATORIO

DEPOSITO MATERIALI

LABORAORIO

TEATRO

PIANO TERRA +0.00 METRI PIANO PRIMO +4.80 METRI

LABORATORIO

LABORATORIO

SPAZIO POLIFUNZIONALE (Spazi studio, esposizioni)

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Residenze L’edificio destinato ad accogliere le residenze si sviluppa a partire dallo studio del progetto di Lavrov per una città lineare (1928), in particolare osservando il modulo per un complesso abitativo costituito da una torre centrale e da edifici in linea collegati ad essa. Per quanto riguarda, invece, l’aspetto esterno, di facciata, il riferimento preso in considerazione è l’edificio progettato da Polesello per il centro direzionale a Firenze (1977), caratterizzato da una maglia quadrata e dei controventi a X in alcuni punti specifici.

Gli edifici dedicati alle residenze sono caratterizzati da un mix funzionale nei piani terra e nei primi piani, dove gli edifici in linea ospitano in alcuni casi uffici, spazi commerciali, servizi ai residenti e residenze speciali. È, inoltre, presente un piano comune a doppia altezza, dedicato a luoghi di incontro e riunione.

Gli alloggi stessi presentano un mix compositivo e dimensionale, con monolocali, bilocali, duplex ecc.. che vanno a inserirsi all’interno degli edifici in linea e delle torri.

La maglia presente in facciata, caratterizzata da moduli quadrati e da controventi a X, è organizzata in modo tale da far emergere le differenti funzioni presenti all’interno di questi edifici.

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V. Lavrov, Progetto per un complesso abitativo nella città lineare, 1928, assonometria G. Polesello, R. Agosto, P. Grandinetti, G. Marcialis, S. Zanella - Centro direzionale a Firenze, 1977, prospettiva e sezione torre

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Teatro La composizione dell’edificio destinato a ospitare il teatro ha come riferimento l’edificio per il Teatro di tradizione a Taranto, progettato da Guido Canella nel 1987; l’edificio era stata pensato per essere costruito all’interno della corte del Palazzo degli uffici, per arrestare il degrado dell’immobile e valorizzarne la presenza nel Borgo.

L’idea è quella di avere un teatro adatto ad ospitare qualsiasi forma di spettacolo tradizionale e in stretta connessione con l’Accademia; verrà, quindi, sfruttato come luogo per sperimentare scenografie e allestimenti teatrali. Il teatro viene posto in prossimità dei corpi centrali di scalo Farini, così da avere ampi spazi da poter sfruttare come laboratori e depositi delle scenografie.

Il complesso comprende: atrio d’accesso, sala teatrale organizzata su due ordini di palchi, palcoscenico e servizi al palcoscenico.

La sala teatrale ha impianto a ferro di cavallo, richiamando il teatro settecentesco/ ottocentesco italiano, denominato “teatro all’italiana”. L’interno della sala risulta scandito orizzontalmente dai parapetti dei palchi. la facciata principale è caratterizzata da travi reticolari che aiutano a sorreggere la copertura della sala e dell’atrio di ingresso.

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G. Canella, Teatro di tradizione per Taranto,1988, sezione prospettica, pianta, sezione

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Struttura Premessa Nel seguente capitolo abbiamo deciso di presentare le scelte strutturali effettuate per i rispettivi edifici ‘’ in linea ‘’ e ‘’ a torre’’ con destinazione commerciale e prevalentemente residenziale convenzionata. Gli appartamenti sono stati previsti di diverse dimensioni: monolocali, bilocali, duplex, residenze per anziani e residenze universitarie con i rispettivi spazi comuni e servizi.

Riferimenti legislativi L’analisi della struttura e le verifiche sugli elementi sono state condotte in accordo alle vigenti disposizioni legislative ed in particolare al Decreto ministeriale (infrastrutture) del 14/01/2008, “Norme tecniche per le costruzioni” (di seguito NTC08).

Descrizione dell’opera Gli edifici sono localizzati in un’area a Nord Ovest di Milano, più precisamente nell’area dello Scalo Farini ( latitudine: 9.1799501° longitudine: 45.4932121°) , ad una quota pari a 122 s.l.m.

La classe d’uso a cui appartengono entrambi gli edifici è la numero II, per costruzioni il cui uso prevede normali affollamenti e attività non pericolose per l’ambiente.

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Per quanto concerne l’azione sismica, le informazioni sono state tratte dalle carte presenti sul portale della Regione Lombardia, pertanto secondo le informazioni fornite della carta geologica (tavola G01), l’area presenta un terreno di sabbia con ghiaia debolmente limosa, mentre la categoria di appartenenza della zona sismica (tavola G03) è la n. IV. Entrambi gli edifici presentano una maglia strutturale quadrata in facciata, di modulo pari a 3 x 3 m. Il primo blocco, quello in linea, si sviluppa per 6 piani fuori terra con destinazione d’uso mista tra commerciale – per i primi due piani– e residenziale con i relativi servizi ai piani superiori.

Il medesimo schema funzionale è stato previsto per gli edifici ‘’a torre’’ con la differenza di uno sviluppo verticale di 18 piani fuori terra, per un totale di 54 m.

La struttura prosegue per altri 4 moduli rispetto alla copertura dell’ultimo piano, raggiungendo una quota pari a 30 m per gli edifici in linea e di 66 m per le torri.

La pianta del primo blocco è di 19 x 90 m (pari a 30 x 6 moduli), mentre il secondo presenta una pianta quadrata di 18 x 18 m (pari a 6 x 6 moduli).

La struttura è stata pensata come puntuale con travi in acciaio HEB 300, setti in calcestruzzo armato nel corridoio distributivo e solai con lamiera grecata collaborante e getto il calcestruzzo.

Il blocco destinato alla distribuzione verticale è da unione dei due edifici residenziale, i tre volumi risultano essere staccati e indipendenti dal punto di vista strutturale, ma collegati tramite giunti sismici.

Elementi strutturali La luce tra le travi principali è pari a 6 m, interrotta da una trave secondaria posta ogni 3 m.

- - -

Travi principali verticali: HEB 300 Pilastri principali orizzontali: HEB 300 Travi secondarie: HEB 160

Controventi È stata prevista una controventatura sia verticale che orizzontale. Per la prima sono stati inseriti cavi in acciaio posti simmetricamente ai vertici dell’edificio per l’intero sviluppo verticale e a fasce orizzontali in corrispondenza dei piani destinati agli spazi comuni – commerciali.

Per la controventatura orizzontale sono stati

ipotizzati a piani alterni, in corrispondenza dei vertici e dei moduli centrali, disposti simmetricamente su ogni lato.

Calcoli strutturali e predimensionamento I calcoli sono stati svolti analizzando la sommatoria di - carichi permanenti strutturali: lamiera grecata collaborante con getto di calcestruzzo - carichi permanenti portati: il pacchetto del solaio interpiano e la stratigrafia del solaio di copertura (tipologia carrabile e tipologia a copertura verde) - carichi accidentali: destinazione d’uso, neve e vento A partire dal totale della sommatoria dei carichi ipotizzati, è stato possibile verificare la correttezza e la robustezza sopportata delle travi e della lamiera scelti precedentemente.

-Area Zona: Milano (long. 45.4932121 lat.

9.1799501) Tipo di costruzione: n II – opere ordinarie – (NTC 2008) Vita nominale: Vn > 50 anni Classe d’uso: II Coefficiente d’uso (Cu): 1 Periodo di riferimento azione sismica: Vr = 155

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Vn x Cu = 50 x 1 = 50 anni -Azione sismica Carta geologica: terreno di sabbia con ghiaia debolmente limosa (tav. G01) Carta sismica: Zona 4; grado buono; classe B (tav. G03) -Effetto temperatura Variazioni termiche: DT : +/- 15 °C per strutture in acciaio protette -Struttura Modulo: 6 x 6 m Interpiano: 3 m Trave principale (luce): 6 m Solaio lamiera grecata collaborante ‘’HIBOND’’, TIPO A 55/P 600 - spessore 0,80 mm -Carichi caratteristici - Solaio interpiano Verticali A. Carichi permanenti strutturali Peso proprio solaio: - Travi (HEB 300): 117 daN/m x 103 m = 12 051 daN / 225 m2 = 53,56 daN/ m2 (Il calcolo delle travi è effettuato al metro lineare, calcolando i metri disposti su un piano tipo); - Lamiera grecata (passo travi ogni 3m): spessore (s) : 0,8 mm peso lamiera: 6,28 Kg/m2≅ 0,63 kN/m2 ≅ 63 daN/m2 - Soletta calcestruzzo ( con CLS 25/30): spessore medio (s) : 5 cm peso: 25 000 N/m3 x 0,05 m = 1 250 N/ m2 ≅ 125 daN/m2

Sommatoria carico: qstr = 63 + 125 + 53,5 ≅ 241,56 daN/m2 ≅ 2,41 KN/m2 B. Carichi permanenti portati B1. Finiture solaio interpiano - controsoffitto: 14 daN /m2 - isolante termoacustico (polistirene espanso): 1,6 daN/m2 - massetto monostrato (0,5 m) peso calcestruzzo ‘’LECA cls 1800’’: 1600 daN/m3 x 0,05 ≅ 80 daN/m2 - pavimento ‘’lastre slimtech Lea gres porcellanato’’ da 4 mm: 7,0 daN/m2 Sommatoria carico: qfin = 14 + 1,6 + 80 + 7 = 102, 6 daN /m2 ≅ 1,03 KN/ m2 B2. Stratigrafia copertura verde intensiva - controsoffitto : 14 daN /m2 - massetto monostrato (0,5 m) peso calcestruzzo ‘’LECA cls 1800’’: 1600 daN/ m3 x 0,05 ≅ 80 daN/m2 - strato drenante e di accumulo idrico ‘’DAKU FSD 20’’ in polistirene espanso (82 mm): 2 daN/m2 - strato colturale ‘’DAKU ROOF SOIL 1’’ (15 cm): 112 daN/m2 Sommatoria carico: qfin = 14 + 80 + 2 +112 = 208 daN/m2 ≅ 2,1 KN/ m2

C. Carichi accidentali C1. Funzione residenziale (Categoria A): 2 KN/m2 ≅ 200 daN /m2 Funzione ristorante – caffetteria (Categoria

C1): 3 KN/m2 â&#x2030;&#x2026; 300 daN /m2 Funzione biblioteca (Categoria E1) : 6 KN/ m2 â&#x2030;&#x2026; 600 daN /m2 C2. Neve qs = đ??ť x qsk x Ce x Ct Con đ??ť: 0,8 (per aree tra 0 â&#x20AC;&#x201C; 30 °C) qsk: 1,5 (zona alpina I ; a < 200 m ) Ce: 0,9 Ct: 1 Totale: qs = 1,08 KN/m2 â&#x2030;&#x2026; 110 daN / m2

C3. Vento Zona per vento: Vb,o = 25 m/s (NTC 2008) Pressione vento (w) : p x Ce x Cp x Cd P: pressione cinetica : ½ x p (1,25 kg/m3) x Vb2 : 391 N/m3 Ce: 4 (perchĂŠ la classe di rugositĂ del terreno è D, priva di ostacoli, e la categoria di esposizione II, con la zona di Milano a 120 s.l.m. ovvero z < zmin (200 m)) Cp: 0,8 â&#x20AC;&#x201C; (-0,5) : 1,3 (perchĂŠ 0,8 è sopravento e 0,5 pressione sottovento ) Cd: 1 (< 80 m di h) w: 391 (N/m3) x 4 x 1 x 1,3 = 2033 (N/m3) -Combinazione delle azioni di calcolo - carichi permanenti : 241 + 103 = 344 daN/m2 â&#x2030;&#x2026; 3,4 KN/m2 - carichi accidentali: 200 daN/m2 â&#x2030;&#x2026; 2 KN/m2 SLU: Fd = ď &#x201C;(ď §gixGki) + ď §qx[Q1k + ď &#x201C;(Ď&#x2C6;0ixQik)] [( 1,3 x 2,41 ) + (1,3 x 1,03 )] + 1,5 x [ 1

x 2] = 3,13 + 1,34 + 3 = 7,47 KN/m2 â&#x2030;&#x2026; 747 daN /m2 SLE : Fd = ď &#x201C;(ď §gixGki) + ď &#x201C;(Ď&#x2C6;0ixQik) [( 1 x 2,41 ) + (1 x 1,03 )] + 2 = 5,41 daN /m2 -Verifica scelta lamiera grecata - Slu: 7,47 daN /m2 allora abbiamo bisogno di una lamiera in (acciaio 30 TIPO A 55/P 600) spessore 1,20 con appoggio di travi secondarie ogni 3 m; con resistenza max. 869.

Noi avevamo scelto di spessore 0,8 ma non basterebbe perchĂŠ supporta 583.

Se cambiamo e inseriamo gli appoggi intermedi, poi dobbiamo inserire le nuove travi anche nel carico portato strutturale giusto?

- Area di influenza: area setto : 5 m x 0,3 m = 1,5 m2 N (sforzo di taglio) : [(16,74 x 21,75 ) + ( 1,5 x 3 x 25 )] x 20 piani = [ 364,1 + 112,5 ] x 14 = [ 476,6 ] x 14 = 6672 KN ď ł = 667200 / 15 000 (area pilastro) = 44,5 daN/cm2 ď łpil < ď łcls (25 N/mm2 ) â&#x2030;&#x2026; 250 daN/m2 - Portata trave HEB 300 sollecitata a flessione : 35,0 daN/m2 < slu di progetto (842) 157

MAGLIA STRUTTURALE Modulo 6x6 metri

CONTROVENTATURA

SOLAIO COPERTURA

SOLAIO COPERTURA

TETTO PIANO GIARDINO 1

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SOLAIO INTERPIANO

TETTO PIANO PRATICABILE 9

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1. Trave principale HEB 300 2. Trave secondaria HEB 160 3. Lamiera grecata collaborante 4. Getto di completamento (50mm) con rete elettrosaldata 5. Massetto delle pendenze <1.5% 6. Barriera al vapore 7. Isolamento termoacustico (80mm) 8. Massetto porta impianti (50mm) 9. Strato di scorrimento 10. Impermeabilizzazione (20mm) 11. Pannello polistirolo espanso 12. Telo geotessile 13. Terriccio (80mm) e vegetazione

1. Trave principale HEB 300 2. Trave secondaria HEB 160 3. Lamiera grecata collaborante 4. Getto di completamento (50mm) con rete elettrosaldata 5. Massetto delle pendenze <1.5% 6. Barriera al vapore 7. Isolamento termoacustico (80mm) 8. Massetto porta impianti (50mm) 9. Malta allettamento (15mm) 10. Pavimentazione gres (20mm)

2

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1. Trave principale HEB 300 2. Trave secondaria HEB 160 3. Lamiera grecata collaborante 4. Getto di completamento (50mm) con rete elettrosaldata 5. Isolamento termoacustico (50mm) 6. Massetto porta impianti (50mm) 7. Malta di allettamento (15 mm) 8. Pavimento in gres (20mm)

HEB 300

HEB 300

A 4.35

B SETTO CLS

HEB 160

6.00

14.70

CONTROVENTO

C 4.35

D

14.70 6.00

1

2.70

2

6.00

3

4 159

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Ringraziamenti Vorrei ringraziare i miei genitori, che nonostante la mia scelta, mi hanno sempre supportato e aiutato in questo mio percorso.

Ringrazio mia sorella Laura che mi è stata di grande aiuto e ha saputo sempre consigliarmi la cosa giusta (e i laboratori da frequentare in questi 5 anni).

Ringrazio anche i miei compagni di corso, sia quelli che mi sono rimasti accanto, sia quelli con cui non sono più rimasta in contatto, che mi hanno fatto sentire meno “sola”.

Ringrazio in particolare i prof. Luca Monica e Michele Ugolini che in questi due anni hanno contribuito nella mia crescita, non solo come futuro architetto, ma anche come persona.

Ringrazio, infine, le mie compagne (e soprattutto amiche) di tesi, Bea e Ludo, che in questi due anni ci siamo supportate e sopportate a vicenda, nei momenti più o meno facili, nei momenti di incomprensione, ma soprattutto nei momenti di allegria e svago.

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