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Sin dai suoi esordi in politica, Giorgia Meloni si èdimostrata erede di un ricco patrimonio culturale e portavoce di un’amia elaborazione teorica: la sua èsempre stata una «desra di destra» come èstata denominata, una destra con un sistema ideologico e valoriale molto ben definito, anche se sempre tenuto abilmente in secondo piano. La destra meloniana affonda infatti le sue radici nei movimenti francesi e tedeschi degli anni Sessanta e nei miti e nelle teorie che il mai apertamente citato Pino Rauti ha lasciato in ereditàai suoi successori riuniti in gran parte sotto il vessillo di Fratelli d’Itlia. Con mosse calcolate e piùo meno nascoste, negli ultimi anni sono tornate in auge le parole mussoliniane e le dottrine sovraniste e razziste che hanno alimentato il populismo, l’euoscetticismo e l’osilitànei confronti degli immigrati, visti come invasori pronti a distruggere l’idntitànazionale. Forte del suo apparato ideologico, Giorgia Meloni puòsuperare i suoi padri, da Fini a Berlusconi, e avventurarsi senza imbarazzo nelle sue giravolte politiche, da Putin a Trump passando per Biden, dagli attacchi all’Unone europea alla solidarietàcon von der Leyen. Chi sminuisce FdI e considera i suoi militanti e i suoi adepti degli impreparati capitati quasi per caso al governo
commette lo stesso errore che fecero gli antifascisti nei confronti delle camicie nere il giorno dopo la Marcia su Roma. Un errore imperdonabile al tempo e ancora di piùoggi.