Il Sommelier n. 4 - 2017

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Cattura l’emozione, valorizza l’essenza e interpreta nuovi desideri

Rivista di enologia, gastronomia e turismo - Anno XXXV n. 4 - 2017

Anno XXXV - Numero 4 - 2017 - Dir. Resp. Roberto Rabachino - Reg. Trib. Pisa n. 21 del 15.11.1983 - Lg. 47/1948

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Anno XXXV - Numero 4 - 2017

Una FISAR che si rinnova di Graziella Cescon Italia leader del bio a cura del Direttore Responsabile Roberto Rabachino La Segreteria Nazionale comunica di Laura Maggi, Segretario Nazionale Il vino che verrà, tra delusioni e speranze di Giuseppe Martelli Degustando selezionati, richiesti e provati dalla Redazione Centrale

parola all’esperto

I vini di Volterra di Davide Amadei L’eleganza dei “giganti” di Napa di Davide Amadei Coturri Winery: naturalità e piacevolezza in Sonoma di Davide Amadei Aste vini da collezione di Stefano Borelli Bentornato Fieramonte Allegrini, il meglio della Valpolicella di Lara Loreti Andiamo a vendemmiar di Alice Lupi #IoNonSpreco di Roberto Rabachino

turismo nel mondo

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Progetta la Tessera FISAR 2018 a cura della Redazione Centrale

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Produttrici vitivinicole del Piave: storie, vini e territori da valorizzare di Patrizia Loiola

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La Cina, primato mondiale dello sviluppo economico, tecnologico e turistico di Jimmy Pessina Emanuele Costantini è il Miglior Sommelier dell’Anno – Trofeo Rastal a cura della Redazione Centrale FISAR si rifà il look. On-line il nuovo sito fisar.org di Valerio Sisti Cortona Doc: il Syrah più amato dagli italiani Fonte Consorzio di tutela dei vini D.O.C. Cortona La Stella Michelin di Luca Landi spende sul Lunasia Roof dell’Hotel Plaza e de Russie a Viareggio di Claudio Zeni Metti una sera a cena a Montecarlo con Fulvio Pierangelini di Lara Loreti Biblioteca a cura di Gladys Torres Urday

il piatto

Piccoli scrigni di grande bontà di Enza Bettelli con l’abbinamento di Nicola Masiello Slow Wine 2018: la viticoltura è l’avanguardia dell’agricoltura a cura della Redazione Centrale Cheese 2017 a Bra: vent’anni in cammino verso un cibo davvero buono, pulito e giusto a cura della Redazione Centrale The Blind: a Milano la prima gara fra Delegazioni di degustazione a squadre alla cieca di Augusto Gentilli Record storico per l’export di vino italiano di Roberto Rabachino In FAMIGLIA - Le notizie dalle Delegazioni

70 72 75 79 81 83


di Graziella Cescon, Presidente Nazionale F.I.S.A.R.

Una FISAR che si rinnova L’innovazione che desidero è strettamente legata ad un rinnovamento che parte dal cuore stesso della FISAR: Statuto con relativi Regolamenti e il Codice Etico.

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razie alla capillare presenza delle Delegazioni sul territorio e all’impegno di soci e sommelier, da sempre Fisar custodisce e diffonde la cultura del vino. In questi due anni di presidenza ho voluto investire sul nostro passato e sul nostro potenziale per valorizzare ulteriormente il ruolo della nostra Federazione. E insieme a voi ci sto riuscendo: il prezioso patrimonio di territori, varietà ed eccellenze di cui siamo ambasciatori, ha raggiunto con noi una nuova dimensione e Fisar, oggi più che mai, è punto di riferimento autorevole e strategico non solo della Sommelierie, ma dell’intero comparto vitivinicolo. Per potenziare la tradizionale presenza agli appuntamenti istituzionali, come Vinitaly, e i corsi di formazione professionale, che confermano la nostra competenza e preparazione, Fisar oggi si

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presenta con un’immagine coordinata, attuale e dinamica come gli eventi che portano la sua firma. In testa c’è sicuramente “Vinoè” che a novembre ha realizzato una strepitosa seconda edizione, doppiando e superando il successo dell’esordio. Oltre 8.000 ingressi, più di 800 etichette e 10.000 bottiglie stappate e servite dai nostri Sommelier, sarebbero già da soli motivo di grande soddisfazione. A rendermi particolarmente orgogliosa si aggiunge la poliedricità della nostra kermesse che coniuga intrattenimento ed informazione; degustazioni ed approfondimenti tematici; chef stellati ed eccellenza enologica. Abbiamo saputo proporre il vino in tutte le sue sfumature e io credo che non esista modo migliore per farlo conoscere ed amare: voglio ringraziare, ancora una volta, chi

ha partecipato e in particolare il delegato di Firenze, Lorenzo Sieni, e il suo staff per la splendida organizzazione ed accoglienza. L’innovazione che desidero è strettamente legata ad un rinnovamento che parte dal cuore di Fisar: entro gennaio voteremo il nuovo statuto con relativi regolamenti e stiamo lavorando al Codice Etico, strumento che ritengo sempre più necessario per regolarizzare i rapporti con i Soci e tra i Soci all’interno della nostra Federazione. Adesso, però è quasi Natale, è tempo di stare con chi ci è caro, di festeggiare quanto abbiamo ottenuto, riposare e ricaricare le energie per i prossimi mesi. Sapere che posso contare su una squadra forte e coesa come la nostra è per me il migliore regalo. Vi ringrazio e a ciascuno mando il mio migliore augurio di Buone Feste.


a cura di Roberto Rabachino direttore responsabile (fonte dati: Mipaaf e Il Sole 24ore)

Italia leader del bio L’Italia conferma la leadership nel settore biologico in Europa: 300mila ettari convertiti in Italia nel 2016, una superficie pari – a titolo di esempio – a tutta la provincia di Bologna, case e uffici compresi.

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l tasso di crescita è del 20% nelle superfici coltivate, negli operatori impegnati e nei consumi. Un patrimonio che si basa sulla fiducia e sulla voglia dei consumatori di sostenere un sistema produttivo col minor impatto sull’ambiente possibile. Al Sana, la più importante manifestazione del settore, il Ministro ha incontrato imprenditori, agricoltori e giovani e ha dichiarato che “le colonne portanti di questo successo siete voi e con voi vogliamo lavorare per rendere più forte il comparto con scelte concrete. Abbiamo istituito per la prima volta le mense scolastiche biologiche certificate, rivisto il sistema dei controlli per renderli più trasparenti ed efficaci. In Europa dove si discute la riforma del settore non siamo disponibili ad accettare passi indietro sulla sicurezza e sulla sostenibilità dei prodotti. Anzi in Italia vogliamo rilanciare ancora sul biologico!”. Per quanto riguarda il vino in Italia nel 2016 le vendite di vino bio hanno raggiunto 11,5 milioni di euro nella sola Gdo, registrando un +51% rispetto al 2015 (a fronte di un tiepido +1% delle vendite di vino in generale). Nonostante questo balzo in avanti, i dati Nielsen mostrano però come l’incidenza del vino bio sul totale delle vendite di vino sia pari allo 0,7%. Secondo i dati Nielsen, il vino rosso è la tipologia di vino bio

preferita dal consumatore italiano (57% delle vendite di vino bio in GDO, +42% rispetto al 2015), tuttavia i vini bianchi crescono in maniera più significativa (+93%) assieme ai vini sparkling (+59%). Il prosecco è comunque il vino bio più venduto nella GDO nel 2016 (17% delle vendite di vino bio a valore, +143% - crescita che è effetto sia di un forte interesse da parte del consumatore ma anche da una ampliamento delle referenze in assortimento); seguono il Montepulciano d’Abruzzo (15% delle vendite 2016 di vino bio a valore, in flessione del 7% rispetto al 2015), seguito dal Nero d’Avola (7%) e dal Chianti (7%). Quali sono i motivi di questo

successo? Il forte apprezzamento da parte del consumatore, che riconosce al vino bio naturalità (24% degli user individua in questo fattore il principale elemento distintivo), salubrità (20%) ma anche qualità (17%). Per tutti questi motivi questi, il wine user bio è disposto a spendere di più per acquistare un vino bio (il differenziale medio di prezzo in GDO è superiore al 20%).

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di Laura Maggi, Segretario Nazionale FISAR, segretario.nazionale@fisar.com

LA SEGRETERIA NAZIONALE COMUNICA Il grande successo del Congresso Nazionale e di Vinoè è un nuovo e importante risultato raggiunto grazie all’impegno e alla passione della Giunta Esecutiva, dei Consiglieri Nazionali, dei Delegati e dei Soci.

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i sono appena spente le luci della Stazione Leopolda sulla seconda edizione di Vinoè, l’evento dedicato al vino firmato FISAR che ha registrato un nuovo record con oltre 8.000 ingressi, più di 800 etichette coinvolte e 10.000 bottiglie stappate e servite dai Sommelier FISAR. Il palco di Vinoè ha visto la consegna di importanti riconoscimenti alle Delegazioni e ai Soci. Il premio alle delegazioni che hanno aumentato costantemente il numero di Soci negli anni: Milano,

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Genova, Portogruaro, Pordenone, Firenze, Siena, Viterbo. Il premio alla delegazione con maggior numero di Soci che ha visto la conferma della Delegazione di Treviso con circa 1.000 Soci. Il premio alle delegazioni che si sono particolarmente distinte per l’impegno: Empoli e Padova. Il premio alle nuove delegazioni: Cuneo e Bari. I riconoscimenti ai Soci che nel 2016 si sono distinti superando l’esame di Sommelier con il voto più alto: Roberto Olmonimi (Delegazione di Savona) e Luca Agostinetto (Delegazione


di San Donà di Piave). I premi speciali a Roberto Rabachino che da 20 anni dirige con successo la rivista Il Sommelier e a Silvio Dalla Torre per l’impegno e la disponibilità dimostrati in tanti anni alla guida del Centro Tecnico Nazionale. Per arrivare, infine, ai premi più attesi legati ai concorsi organizzati da FISAR. Il concorso Progetta la Tessera FISAR che ha visto vincitore il progetto di Lorenzo Corti (Delegazione di Firenze) che “vestirà” la tessera FISAR 2018 e il concorso Miglior Sommelier dell’anno 2017 dove si è aggiudicato il gradino più alto del podio Emanuele Costantini della Delegazione Le Due Valli vincitore del prestigioso Trofeo Rastal, di una magnum del Consorzio Vini Cortona celebrativa firmata da un artigiano del territorio e di un wine tour alla scoperta della DOC Cortona. Il grande successo del Congresso Nazionale e di Vinoè è un nuovo e importante risultato raggiunto grazie all’impegno e alla passione della Giunta Esecutiva, dei Consiglieri Nazionali, dei Delegati e dei Soci, in particolare di tutti i Soci che volontariamente hanno messo a disposizione di FISAR il proprio lavoro per la realizzazione di Vinoè e che ringrazio. Concludo con un ringraziamento a Carlo, Patrizia e Giovanni della Segreteria Nazionale e a Paolo ed Alessandro di FISAR Servizi: una grande squadra! Sono certa che lo stesso entusiasmo ci accompagnerà anche nel 2018 e ci guiderà nel raggiungimento di nuovi successi. A tutti i Soci auguro un buon Natale e un nuovo anno sereno e ricco di soddisfazioni. il Sommelier | n. 4 - 2017

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Registr. Tribunale di Pisa n° 21 del 15.11.1983

Rivista Ufficiale della F.I.S.A.R.

Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori Ric. di Pers. Giuridica PI. n.° 1070/01 Sett. 1 del 9.5.01

Direttore Responsabile: Roberto Rabachino

C.so Galileo Ferraris, 138 - 10129 Torino Tel. +39 011 5096123 - Fax +39 011 5087004 direttore@ilsommelier.com Redazione Centrale: Gladys Torres Urday

C.so Galileo Ferraris, 138 - 10129 Torino Tel. +39 011 5096123 - Fax +39 011 5087004 redazione@ilsommelier.com Editore: Pacini Editore S.r.l.

Via A. Gherardesca, 1 - 56121 Ospedaletto (PI) Tel. +39 050 313011 - Fax +39 050 3130300 info@pacinieditore.it Proprietà: F.I.S.A.R.

Via dei Condotti, 16 - 56017 Asciano (PI) Amministrazione: Sede Nazionale F.I.S.A.R.

SEDE NAZIONALE F.I.S.A.R. Via dei Condotti, 16 - 56017 Asciano (PI) Tel. +39 050 857105 Fax +39 050 856700

segreteria.nazionale@fisar.com

Via dei Condotti, 16 - 56017 Asciano (PI) Tel. +39 050 857105 - Fax +39 050 856700 segreteria.nazionale@fisar.com Grafica e Stampa: Industrie Grafiche Pacini Editore S.r.l.

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Il Comitato Tecnico Nazionale F.I.S.A.R. ctn@fisar.com Comitato di Redazione e Controllo

Graziella Cescon, Filippo Franchini, Laura Maggi, Valerio Sisti, Luigi Terzago redazione@ilsommelier.com Hanno collaborato a questo numero

Giuseppe Martelli, Gladys Torres Urday, Lara Loreti, Patrizia Loiola, Jimmy Pessina, Enza Bettelli, Nicola Masiello, Davide Amadei, Alice Lupi, Stefano Borelli, Claudio Zeni, Augusto Gentilli, Valerio Sisti, Consorzio di tutela dei vini D.O.C. Cortona, Ufficio Stampa Slow Food e le Delegazioni della FISAR Per la fotografia

Jimmy Pessina, Davide Amadei, Lara Loreti, Slow Food, Enza Bettelli, Roberto Rabachino, Consorzio di tutela dei vini D.O.C. Cortona e immagini di Redazione Immagine di copertina

Jimmy Pessina

Finito di stampare nel mese di Novembre 2017 presso le Industrie Grafiche della Pacini Editore Srl Via A. Gherardesca • 56121 Ospedaletto • Pisa Telefono 050 313011 • Telefax 050 3130300 www.pacinieditore.it

Distribuzione della rivista La rivista viene inviata in abbonamento postale a tutti i Soci (abbonati) F.I.S.A.R., a tutti gli organi di informazione, a tutti i giornalisti dei gruppi di specializzazione di settore, a tutte le Istituzioni, a tutte le Associazioni di settore e a tutti gli IPSSAR che ne facciano richiesta. La rivista è associata al USPI Unione Stampa Periodica Italiana

Abbonamento alla Rivista € 25,00 per 4 numeri Segreteria di Redazione Il Sommelier: Via dei Condotti, 16 - 56017 Asciano (PI) - Tel. +39 050 857105 - Fax +39 050 856700 - segreteria.nazionale@fisar.com


di Giuseppe Martelli, Presidente Comitato Nazionale Vini - MiPAAF

Il vino che verrà, tra delusioni e speranze Un’annata ricca di colpi di scena, difficile e complessa. Quantità: 39 milioni di ettolitri quasi il 30% in meno rispetto al 2016. Qualità: complessivamente buona ma molto eterogenea. Poteva essere un millesimo da incorniciare, sarebbe bastato che l’estate ci avesse regalato meno sole e qualche pioggia.

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a produzione vitivinicola 2017 entrerà negli annali come la più povera dal dopoguerra ad oggi. Terminate le operazioni di raccolta con i conferimenti degli ultimi grappoli di Nebiolo in Valtellina, di Aglianico in Campania e dei vitigni autoctoni sulle pendici dell’Etna, le stime danno una produzione complessiva di 39 milioni di ettolitri, quasi il 30% in meno rispetto agli oltre 54 milioni registrati nel 2016.

Ci lasciamo alle spalle un’annata ricca di colpi di scena, difficile e complessa dove gelate primaverili, siccità, grandine e caldo torrido hanno in molti casi sconfessato il detto “poco vino ma eccellente”. Complessivamente la qualità è a “macchia di leopardo”, ossia alquanto eterogenea non solo tra regione e regione ma anche tra zone vicine, visto che il buono si scontra con il mediocre e l’ottimo con il sufficiente.

Poteva essere un millesimo da incorniciare, sarebbe bastato che l’estate ci avesse regalato meno sole e qualche pioggia, ma così non è stato, anzi settembre è decorso regolare ma assai avaro di precipitazioni, non portando i benefici sperati. Quindi un’annata complessivamente buona, ma che ha deluso molte aspettative, nel senso che dopo le ultime vendemmie ci si attendeva qualche cosa di più.

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Generalizzando il discorso si può dire che i vini bianchi manifestano una discreta freschezza ed una certa potenzialità olfattiva in particolar modo quelli ottenuti da uve soccorse con adeguate irrigazioni nei periodi più critici. Estremamente variabile, a seconda della zona e della tipologia, il livello di quelli rossi; in febbraio, dal responso di cantina, sapremo dove e se ci saranno punte di eccellenza. In tutt’Italia i sopralluoghi fatti in vigna nel mese di maggio, dopo le gelate primaverili, erano negativi per la quantità, ma assai interessanti per la qualità. Con giugno le valutazioni sono scese ma con la certezza che le consuete piogge estive avrebbero 8

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riportato la situazione ai più alti livelli. Purtroppo invece l’estate è stata inesorabile in particolar modo al centro sud “bruciando” molte speranze. Non c’è stato un angolo della Penisola che non abbia boccheggiato con temperature sopra i 40°C e con picchi di anche 50°C di percepita. Il tutto caratterizzato da scarsissime precipitazioni, in molte zone praticamente nulle, tanto che il deficit pluviometrico di questa pazza annata supera i 20 miliardi di metri cubi d’acqua, in pratica più o meno quanti ne contiene il lago di Como. Il periodo di raccolta risulta il più anticipato degli ultimi settanta anni: tra i 10 ed i 20 giorni a seconda

delle zone e delle varietà. La prima regione a tagliare i grappoli è stata la Sicilia intorno al 20 luglio, seguita dalla Sardegna e dalla Puglia. In Piemonte la vendemmia è iniziata a fine luglio con le uve base spumante per la produzione dell’Alta Langa, che normalmente vengono conferite dopo Ferragosto. In pratica manca all’appello più un quarto della produzione dello sorso anno, che in bottiglie vuol dire una su quattro. Le regioni che hanno avuto le più alte diminuzioni sono Toscana, Sardegna, Lazio e Umbria con punte anche di -45% rispetto al 2016. Decrementi compresi tra -25% e -35% sono stati registrati in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna,


Marche, Abruzzo, Puglia e Sicilia. Per contro la regione che ha avuto il minor calo (-15%) è il Trentino Alto Adige. Una situazione solo italiana? Assolutamente no. Secondo i primi dati elaborati dall’Organizzazione internazionale della vite e del vino (Oiv), il 2017 segnerà un calo storico della produzione

vitivinicola mondiale. Sono stimati 246,7 milioni di ettolitri, oltre 22 in meno rispetto al 2016. Un decremento, viene sottolineato, dovuto principalmente alle assai contenute produzioni registrate in Europa a causa delle condizioni climatiche sfavorevoli. E visto che le valutazioni risalgono al mese di agosto, quindi basate più

sull’uva che sul vino, considerando l’andamento successivamente decorso, in Europa, potrebbero essere ritoccate al ribasso. Ed in effetti in Francia il decremento produttivo è molto vicino al 20%, per una produzione tra i 35 ed i 37 milioni di ettolitri di vino. In Spagna si parla di 33 milioni di ettolitri, ossia il 17% in meno rispetto al 2016. Anche la Germania che normalmente è stabile intorno ai 10 milioni di ettolitri quest’anno scende a 8,5 milioni. La situazione è quindi generalizzata ma non inconsueta visto che da alcuni anni le cose sembra stiano mutando; basti pensare alle ultime difficili stagioni in Borgogna o all’incremento che la viticoltura sta avendo nel sud del Regno Unito, dove fino a pochi decenni fa la vite non dava positivi risultati principalmente a causa delle eccessive piogge. Alcuni studiosi dicono che la viticoltura nei prossimi decenni si sposterà gradualmente verso le zone più fresche e quindi dal sud al nord. Altri asseriscono che si tratta di periodi ciclici che nulla hanno di drammatico. Altri ancora pensano che la viticoltura mediterranea, ossia quella che nel parlare comune si estende dalla Toscana alle Isole, nel tempo sarà sempre più occupata da vigneti di uva da tavola, più che da quelli di uva da vino. Sta di fatto che il problema esiste tanto che l’Università di Milano ha messo a punto dei porta innesti “anti siccità” che dovrebbero far risparmiare in vigneto circa il 30% di acqua e che i Vivai Cooperativi di Rauscedo, i più grandi al mondo, hanno già dato il via alla produzione di decine di migliaia di barbatelle anti stress idrico. il Sommelier | n. 4 - 2017

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Az. Agr. Isola Augusta di Massimo Bassani Palazzolo della Stella (UD) - www.isolaugusta.com Un tempo, secondo una leggenda, il suo territorio veniva lambito dai fiumi Tagliamento e Stella, che la cingevano come un’isola. Augusta, e questo è certo, perché era attraversata dalla via Annia, che collegava Roma ad Aquileia, all’epoca seconda città per importanza dell’Impero Romano. Il suggestivo toponimo esiste da sempre sulle mappe catastali di questa zona semplice ma di rara bellezza. Il mare è vicino e, giorno dopo giorno ”dona alle vigne il suo sospiro salmastro, che viene imprigionato nella loro vegetazione”. Il terreno forte ed argilloso, avaro come quantità di uve prodotte, permette di ottenere dei vini unici per la loro tipicità.

Verduzzo Friulano 2015 - Friuli Latisana DOP 100% Verduzzo su terreno prevalentemente argilloso con presenza di limo e sabbia. Macerazione sulle vinacce per due giorni a temperatura minore di 22°C. Lunga fermentazione in barriques di rovere francese mediamente tostato. Elevazione sui lieviti per due mesi. Affinamento in bottiglia per 4 mesi. Colore giallo intenso con riflessi dorati. Al naso miele, fichi secchi. Al palato una buona acidità. Amabile, particolarmente aromatico con una buona vena minerale.

Bottiglie prodotte: 4.000

Prezzo consigliato in enoteca: 6 euro

Az. Agr. Paglione di Albano & Figli Lucera (FG) - www.agricolapaglione.com La storia de L’Agricola Paglione è la storia di una famiglia. Nel 1994 le famiglie Faccilongo e Albano, da sempre agricoltori, iniziano con Beniamino e Maria Costanza la conversione dell’azienda in biologico per poi dotarsi di un proprio laboratorio di trasformazione e fare propria la filosofia della “filiera corta”. Azienda agricola dinamica, pone al centro del proprio lavoro il rispetto per la terra e la storia e la cultura enogastronomica del proprio territorio, la Daunia, la regione più settentrionale della Puglia, valorizzandone le varietà autoctone.

Caporale 2014 - Cacc’e Mmitte Doc Le varietà presenti sono Nero di Troia, Montepulciano e Bombino Bianco, in quantità proporzionali a quanto richiesto dal disciplinare della Doc Cacc’e Mmitte di Lucera. Colore rosso rubino intenso con leggeri riflessi granati. Al naso è delicato, pulito e fruttato con sentori di lampone, prugna, mora e un finale speziato. In bocca è fresco, nonostante la sua nota alcolica, mediamente fruttato e di facile beva.

Bottiglie prodotte: 4.600

Prezzo consigliato in enoteca: 10 euro

Amalia Cascina in Langa srl Monforte d’Alba (CN) - www.cascinaamalia.it Amalia Cascina in Langa è un esclusivo punto di partenza per avventurarsi alla loro scoperta. L’azienda in Langa si trova a Monforte d’Alba (Cuneo-Piemonte), uno dei più interessanti centri storici delle Langhe. Nasce nel 2003, quando la famiglia Boffa, sedotta dalla morbida quiete della zona, rileva una cascina dei primi anni del 1900 insieme ai vigneti che la circondano dove si producevano vini tipici del territorio.

Barolo 2012 - Barolo DOCG 100% Nebbiolo Le uve vengono raccolte manualmente e avviate immediatamente alla vinificazione. La fermentazione, con lunga macerazione delle bucce col mosto, per circa 20-30 giorni a seconda dell’andamento stagionale è condotta secondo tradizione. Maturazione in botti grandi di 2600 lt di rovere francese per circa 2 anni e mezzo, al termine dei quali è avvenuto l’imbottigliamento, un ulteriore affinamento in bottiglia e la messa in commercio Colore rubino intenso con lievi riflessi aranciati. All’olfatto netto complesso con note di rosa e frutti di bosco con una nota precisa di lampone e cacao. Gusto pieno armonico leggermente asciutto con finale persistente e gradevole.

Bottiglie prodotte: 3.000 10

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Prezzo consigliato in enoteca: 25 euro


Az. Agric. Bosco del Merlo Annone Veneto (VE) - www.boscodelmerlo.it I vigneti di Bosco del Merlo sono collocati tra le antiche Via Annia e Via Postumia, strade consolari che risalgono ai primi secoli avanti Cristo. Nasce nel 1977 ad Annone Veneto, fondata dai fratelli Carlo, Lucia e Roberto Paladin. Grazie alla collaborazione con l’Istituto Sperimentale per la Viticoltura di Conegliano viene subito attuato un attento e moderno lavoro di zonazione. Negli anni Novanta in località Lison di Portogruaro sono acquisiti altri 50 ettari di terreno, che raddoppiano così la tenuta, portandola a circa 100 ettari complessivi.

Prosecco Millesimato Brut - Prosecco DOC Ottenuto da uve Glera con metodo Martinotti. L’alto numero di ceppi per ettaro crea condizioni di elevata competizione tra le piante che porta a ottimali livelli di maturità aromatica, per dare un vino che mescola alla perfezione finezza e carattere. Perlage sottile per un colore giallo paglierino brillante, un profumo tipicamente fruttato con sfumature nel floreale quali glicine e acacia e le caratteristiche note di mela e pera. Il sapore è secco, asciutto e persistente, con una bella complessità.

Bottiglie prodotte: 400.000

Prezzo consigliato in enoteca: 12 euro

Az. Agric. Castello Bonomi Coccaglio (BS) - www.castellobonomi.it La storia e il fascino del luogo ispirarono la concretezza e la passione del progetto che guida Castello Bonomi trasformando un luogo incantato in una realtà aziendale dinamica in cui si producono vini di qualità superiore. La filosofia di Castello Bonomi pone al di sopra di ogni cosa una profonda dedizione e una grande passione nel produrre Franciacorta, che si manifesta costantemente nelle scelte inflessibili volte a creare un Franciacorta dal sapore sublime e dallo stile unico.

Cru Perdu Brut sboccatura 5/2016 - Franciacorta DOCG Cru Perdu nasce da uve Chardonnay e Pinot Noir della stessa annata. Dopo la prima fermentazione in acciaio e in legno, parte della cuvée matura per circa 8 mesi a temperatura controllata prima della presa di spuma. Affina pazientemente in bottiglia per oltre 36 mesi. Dal colore paglierino luminoso con riflessi verde oro, dal fine perlage. Nuance delicatamente erbacee e balsamiche, naso avvincente e complesso, all’insegna del frutto tropicale, lieviti e note tostate. Un palato morbido e avvolgente con note sapide e agrumate.

Bottiglie prodotte: 18.000

Prezzo consigliato in enoteca: 23 euro

Az. Agric. Castelvecchi Radda in Chianti (SI) - www.chianticastelvecchi.it Sulle colline più alte di Radda in Chianti crescono vigneti dai nomi evocativi: Maggio, Poggione, Madonnino, Giardino, Ciliegio, Colle Petroso. Qui uomo e natura nei secoli hanno selezionato i cloni migliori, adattati al terroir, per produrre oggi Chianti Classico, Chianti Classico Riserva e Chianti Classico Gran Selezione di grande stoffa e massima tipicità. Le vigne sono antiche, fatte di viti fitte e nodose, arrampicate su terreni ardui e sassosi, che producono pochi grappoli, ma di vero nettare.

Capotondo 2014 - Chianti Classico DOCG Sangiovese 88% e Canaiolo 12% in perfetta armonia. La macerazione è di media durata e si protrae per 25/30 giorni. Il vino è quindi posto ad affinare in serbatoi d’acciaio e successivamente effettua un passaggio in botte grande e barrique di terzo o quarto passaggio per 10-12 mesi. Segue un affinamento in bottiglia per 8 mesi. Colore rosso carico con gradevoli tonalità violacee. Note floreali prevalenti, sentori di rosa rossa e viola. Il profumo di frutti rossi mirtillo, ciliegia e prugna, leggermente speziato. Un vino di grande armonia, tipico ed equilibrato, di grande carattere.

Bottiglie prodotte: 25.000

Prezzo consigliato in enoteca: 12 euro il Sommelier | n. 4 - 2017

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Az. Agric. Foffani Trivignano Ud.se (UD) - www.foffani.it La proprietà risale fin dal 1600 alla famiglia di Maria Teresa Calligaris, mamma di Giovanni Foffani, ora unico proprietario e conduttore dell’ azienda vinicola, che produceva vino fin dal 1789. La casa padronale, nella piazza del borgo medioevale di Clauiano, riconosciuto esempio di architettura pre Veneziana. Giovanni Foffani, ingegnere, è oggi totalmente dedicato all’agricoltura e prende direttamente tutte le decisioni riguardanti la produzione.

Friulano 2015 - Friuli Aquileia DOC Prodotto da uve di Tocai Friulano. La vinificazione in acciaio a contatto con le bucce consente l’estrazione dei profumi tipici. Filtrazione sterile all’imbottigliamento senza uso di antifermentativi. Processi di tracciabilità controllata. Il colore è giallo tendente al verdognolo. Profumo leggermente fruttato, con caratteristico sentore di mandorla e profumo di fiori di campo. Secco e rotondo, appena amarognolo con un buona acidità.

Bottiglie prodotte: 6.000

Prezzo consigliato in enoteca: 9 euro

Az. Agric. Ciabot Berton La Morra (CN) - www.ciabotberton.it La famiglia Oberto vanta origini antiche, tanto che già nel 1200 in un documento catastale di La Morra si fa riferimento al cognome Obertus, di origine germanica. Dagli anni ‘90 i figli Marco, enologo, e Paola, agronomo, iniziano a lavorare con Luigi. Consapevoli della qualità e di tutto il potenziale delle vigne e delle uve Nebbiolo, decidono di vinificare separatamente le uve dei diversi vigneti, selezionando le migliori partite di Barolo da mettere in bottiglia.

Rocchettevino 2012 - Barolo DOCG Nebbiolo 100% in La Morra, nella sottozona Rocchettevino. Macerazione tradizionale, con permanenza del mosto sulle bucce per almeno 18–20 giorni a 30-32°C in vasche di cemento vetrificato. Affinato per 24 mesi in botti di rovere di Slavonia da 50 hl. e quindi viene imbottigliato. Colore rosso rubino brillante tendente al granato. Al naso spezie e fiori. Corpo equilibrato, buona acidità e tannino morbido in bocca. Molto persistente.

Bottiglie prodotte: 4.000

Prezzo consigliato in enoteca: 40 euro

De Faveri Spumanti srl Vidor (TV) - www.defaverispumanti.it La De Faveri Spumanti è un’azienda vinicola a conduzione familiare che produce Prosecco. È stato fondata nel 1978 da Lucio e Mirella De Faveri e si trova a Vidor, nel cuore della zona Docg del Prosecco. L’azienda produce vino Prosecco in tutte le sue varianti. Dopo quasi 40 anni di attività i vini De Faveri sono venduti in tutto il mondo e ogni giorno vengono apprezzati dai consumatori, i quali da sempre riconoscono la qualità e la professionalità del lavoro della famiglia De Faveri. Oggigiorno lavorano in azienda anche i figli Giorgia e Giordano.

Valdobbiadene Prosecco Sup. Extra Dry 2016 - Prosecco Valdobbiadene Conegliano DOCG Proviene da uve Glera dei vigneti di alta collina nei comuni di Valdobbiadene, Vidor e Farra di Soligo. Metodo italiano (Martinotti) con presa di spuma in autoclave inox tramite fermentazione naturale. Perlage fine e persistente di colore giallo paglierino. Al naso delicato con punte piacevoli di floreale e frutta a polpa bianca. Buona acidità.

Bottiglie prodotte: 320.000 12

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Prezzo consigliato in enoteca: 13 euro


Tenuta Il Poggione Montalcino (SI) - www.tenutailpoggione.it L’azienda fu tra le prime a commercializzare il Brunello di Montalcino e uno dei membri fondatori del Consorzio del Brunello di Montalcino. Dopo oltre un secolo, il lavoro di Lavinio Franceschi è ancora un punto di riferimento per i suoi eredi, Leopoldo e Livia che continuano a potenziare l’azienda con lo stesso impegno ed inalterata passione, coniugando l’antica e sapiente tradizione enologica, con le tecniche più innovative.

Brunello di Montalcino 2012 - Brunello di Montalcino DOCG È prodotto esclusivamente con uve Sangiovese raccolte a mano e provenienti dai vigneti più vecchi dell’azienda. Dopo un’accurata fermentazione a temperatura controllata matura in botti di rovere francese per 36 mesi. Successivamente il vino trascorre un periodo di affinamento in bottiglia, indispensabile per garantire quella piacevolezza e quella complessità che hanno reso il Brunello di Montalcino famoso in tutto il mondo. Colore rosso rubino, al naso è molto intenso, persistente, con note di frutti rossi. In bocca è caldo, bilanciato, con tannini vellutati. Acidità equilibrata. Lunga la persistenza aromatica.

Bottiglie prodotte: 200.000

Prezzo consigliato in enoteca: 50 euro

Dri Giovanni Az. Agric. Il Roncat Ramandolo di Nimis (UD) - www.drironcat.com In una zona a quasi 400 metri sul livello del mare, nella parte più fredda dei Colli Orientali, dal 1968 produce e valorizza vini da vitigni autoctoni e internazionali. Vignaiolo indomito e capace, ha avuto il merito di aver fortemente creduto nel Ramandolo, in un tempo in cui i vini passiti friulani non erano ancora così apprezzati.

Il Roncat Ramandolo 2010 - Ramandolo DOCG Verduzzo Friulano al 100% raccolte nella collina del Roncat, viene “cullato” durante la sua fermentazione in barriques francesi. Vendemmia manuale, normalmente nella seconda decade e terza decade di ottobre. Di colore ambrato. Al naso lavanda, fiori freschi, agrumi dolci, pesca gialla e lampi marini. Molto equilibrato, dolce con una buona acidità. Piacevolmente balsamico nel finale.

Bottiglie prodotte: 3.333

Prezzo consigliato in enoteca: 20 euro

Anna Maria Abbona Farigliano (CN) - www.annamariabbona.it Cominciò il bisnonno Giuseppe. Il nonno Angelo, nel ’36, piantò il vigneto Maioli e ingrandì la proprietà, così come fece il padre Giuseppe, che seppe resistere alle lusinghe di un posto fisso in città, e acquistò altri terreni. Nel 1989 la scelta di Giuseppe di espiantare parte dei vigneti convince Franco ed Anna Maria ad entrare in azienda e produrre solo vini di qualità.

Riesling L’Alman 2014 - Langhe DOC Riesling Renano 100%. Vendemmia manuale, in cassette arieggiate fine di settembre/inizio ottobre. Vinificazione in acciaio, a temperatura controllata di 16/18° e successivo affinamento in acciaio. Colore giallo paglierino. Minerale riconducibile agli idrocarburi e pietra focaia con note di agrumi e erbe aromatiche. Fresco e sapido.

Bottiglie prodotte: 3.500

Prezzo consigliato in enoteca: 12 euro il Sommelier | n. 4 - 2017

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Nusserhof – Heinrich Mayr Bolzano - www.annamariabbona.it Situato nella zona sudorientale di Bolzano, il maso Nusserhof è di proprietà della nostra famiglia dal 1788. I terreni di deposito dell’Isarco, ricchi di porfido e dolomia, e la posizione esposta ai venti offrono le condizioni ideali per l’impianto di frutteti e vigneti. Da sempre qui si coltivano le varietà autoctone del Lagrein e del Blatterle.

Lagrein Kretzer 2015 - Alto Adige DOC 100% Lagrein in produzione biologica certificata. Fermentazione con lieviti indigeni in acciaio e maturazione per 8 mesi. Poi affina per altri 8 mesi in bottiglia. Colore rosa con riflessi aranci. Al naso ciliegia, fragola e ribes. In bocca setoso e piacevolmente acido con percezioni di piccola frutta rossa.

Bottiglie prodotte: 1.500

Prezzo consigliato in enoteca: 15 euro

Farnese Vini Ortona (CH) - www.farnesevini.com I vini Fantini/Farnese riflettono tutti i colori della terra d’Abruzzo, dipingono incantevoli paesaggi di gusto e vivono della passione per i vigneti sconfinati che la Majella domina e protegge con le sue rotondità materne. Potete osservarli scivolare dalle colline fino al mare, distendersi alla ricerca delle esposizioni ottimali e godere di un microclima invidiato dall’Europa intera. Ecco perché i frutti di questa terra crescono bene e invecchiano anche meglio.

Edizione Cinque Autoctoni 16 - VDT 33% Montepulciano, 25% Sangiovese, 30% Primitivo, 7% Negroamaro e 5% di Malvasia Nera. Pigiodiraspatura soffice, macerazione-fermentazione per 25 giorni, fermentazione malolattica in barrique e affinamento per 13 mesi. Colore rosso intenso. Profumi di mora e ciliegia, erbe aromatiche, cannella, chiodi di garofano, cacao, liquirizia e un intrigante tocco minerale. Buona struttura. Il tannino è morbido con una buona venatura acida.

Bottiglie prodotte: 50.000

Prezzo consigliato in enoteca: 30 euro

Tenimenti Grieco Portocannone (CB) - www.tenimentigrieco.it Una costa baciata dal sole che dai suoi 150 metri di altitudine guarda il mare e oltre il mare le Isole Tremiti. Sorgono qui i vigneti e la cantina dei Tenimenti Grieco, un’azienda dinamica e innovativa, frutto di una realtà imprenditoriale determinata le straordinarie potenzialità del proprio territorio per una produzione vitivinicola di grande qualità. Vini di costa, capaci di esprimere al meglio l’essenza di una terra sospesa tra il cielo e il mare.

Bosco delle Guardie 2014 - Biferno rosso DOC Montepulciano 80%, Aglianico 20%. Fermentazione dell’intero uvaggio in acciaio a temperatura controllata tra 26-28° C per circa una settimana. Macerazione sulle bucce per circa 10 giorni. Fermentazione malolattica in acciaio e successivo trasferimento in tonneaux francesi per 12 mesi. Rosso rubino intenso con lievi riflessi violacei. Al naso si presenta con note di frutta rossa matura e sentori speziati. In bocca è equilibrato, dal tannino elegante, dotato di una buona freschezza gustativa.

Bottiglie prodotte: 7.000 14

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Prezzo consigliato in enoteca: 12 euro


Kellerei St. Pauls San Paolo Appiano (BZ) - www.stpauls.wine I vini sono anche un’espressione dell’ambiente da cui provengono, il terroir, un concetto che riunisce in sé fattori quali clima, condizioni del terreno, tradizione e stile di vita del posto e delle persone. La filosofia dell’azienda premia tutti quei vini che riflettono l’assoluta unicità dei loro luoghi di origine. San Paolo appartiene a una delle zone vinicole più belle dell’Alto Adige.

Gewurztraminer Passion 2015 - Alto Adige DOC 100% Gewurztraminer. Allevamento a Guyot con ceppi che hanno oltre 20 anni e una resa di 60 q.li /ha. Fermentazione in acciaio per otto mesi e poi in bottiglia per l’immediata commercializzazione. Colore giallo dorato, con aromi tipici che ricordano i petali di rosa, noce moscata e chiodi di garofano. Al palato è un vino di lunga persistenza aromatica e dal finale vellutato.

Bottiglie prodotte: 7.000

Prezzo consigliato in enoteca: 18 euro

Soc. Agricolo Dal Maso snc Montebello Vicentino (VI) - www.dalmasovini.com La storia inizia sul finire dell’Ottocento con il bisnonno Serafino Dal Maso, nelle splendide colline di Selva di Montebello in provincia di Vicenza, nel cuore della zona Doc Gambellara. Dalla fine degli anni ’60 il padre, Luigino Dal Maso, segna la grande svolta, seguendo, anzi anticipando sempre, le evoluzioni del mercato del vino negli anni ottanta e novanta.

Colpizzarda 2013 - Colli Iberici DOC Tai Rosso 100%. Diraspatura seguita da 10 gg di permanenza sulle bucce in tini da 50 Hl aperti con 6 follature giornaliere. 14 mesi in barrique di rovere, affinamento in bottiglia di circa 6 mesi. Colore rosso rubino intenso Profumo ampio, elegante, con sentori di piccola frutta rossa. Sapore pieno, armonico e persistente.

Bottiglie prodotte: 10.000

Prezzo consigliato in enoteca: 21 euro

Cantina Santa Barbara San Pietro Vernotico (BR) - www.cantinesantabarbara.it Sono tre le generazioni dei Giorgiani che si sono avvicendate alla guida di questa prestigiosa azienda del Salento. Grandi conoscitori della vite e dei suoi frutti, i membri di questa famiglia si sono dedicati con passione, di decennio in decennio, investendo tempo ed energie nell’affinamento del proprio vino.

Ursa Major 2012 - Rosso del Salento IGP 80% Primitivo e 20% Negroamaro. Dopo la pigiatura e la diraspatura il mosto rimane in macerazione con le bucce per sette/otto giorni. Affinamento in barrique per 10/12 mesi. Ha colore rosso rubino e profumi complessi con nota di amarena e, più in sottofondo, di legno dolce. Sapore pieno, leggermente tannico.

Bottiglie prodotte: 30.000

Prezzo consigliato in enoteca: 20 euro il Sommelier | n. 4 - 2017

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di Davide Amadei

I vini di Volterra

A Volterra il vino si fa da sempre: la città ha antiche origini e fu uno dei principali centri di potere degli Etruschi; faceva parte della cosiddetta Dodecapoli, la “lega” delle principali dodici città che dominavano la scena economica e politica dell’epoca.

F

ufluns era il dio del vino, il Dioniso (Bacco) degli Etruschi, a dimostrare e consacrare l’importanza della viticoltura, della produzione e del consumo del vino da parte di quelle popolazioni. Così, a Volterra da due anni si svolge la manifestazione DiVini Etruschi che raduna i produttori di tutte le 12 città della Dodecapoli. Più recentemente, non è un caso che proprio a Volterra nel 1972 sia nata la Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori (FISAR) Peraltro, la storia degli ultimi decenni, dal 1800 in avanti, è stata segnata dal costante abbandono delle compagne e soprattutto dei vigneti, per dedicarsi alla industria dell’alabastro, da sempre fiorente

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nella zona di Volterra, e sempre redditizia. Negli ultimi anni alcuni produttori hanno ripreso o impiantato vigne, hanno iniziato a vinificare ed imbottigliare, a proporre al pubblico ed agli appassionati vini di crescente qualità ed interesse. Parlando con i viticoltori si riescono ad individuare alcuni tratti comuni, che possono essere valorizzati per iniziare a parlare di terroir, di caratteristiche che rendono vocata ed originale la zona per la produzione di vino di qualità. Innanzitutto, dal punto di vista geologico, prevale l’argilla, e questo ha ingenerato un pregiudizio negativo riguardo ai vini volterrani; in realtà, i terreni sono tutti di origine marina: nel suolo e sottosuolo si trovano

agglomerati e pietre con conchiglie ed altri organismi fossili, sia nella argilla blu, sia nella sabbia o in altre composizioni. Dappertutto la ventilazione è elevata: nelle vigne si sentono sempre vento e aria, e si sa quanto ciò sia importante per raccogliere uve mature e sane. L’altitudine, sempre superiore ai 200 metri, garantisce importanti escursioni termiche tra giorno e notte, anche in estate e soprattutto quando le uve arrivano a maturazione: ne conseguono acidità, freschezza e profumi. Poi intervengono le diversificazioni: le aziende che hanno vigneti ad Ovest e Sud-Ovest guardano verso il mare, e risentono della sua influenza; altre godono di maggior freschezza ed hanno una piovosità


maggiore durante l’anno. Quanto ai vitigni, la tendenza delle aziende volterrane è oggi quella di valorizzare al massimo il Sangiovese, storico ceppo toscano; alcuni hanno piantato varietà internazionali, tra le quali, con espressioni anche sensibilmente diverse, ha grande importanza il Merlot, poiché i terreni argillosi gli sono particolarmente congeniali. Per i bianchi, si predilige il Vermentino, diffuso in tutta la costa e, quindi, fino all’entroterra volterrano. La zona non è coperta da alcuna DOC o DOCG, per cui i vini prodotti sono normalmente etichettati come IGT Toscana (Rosso, Bianco, o con indicazione del vitigno). Le quattro aziende qui sotto descritte, insieme a Mario Busato

di Podere dei Sogni, hanno costituito nel 2015 l’Associazione Vignaioli di Volterra, di cui è presidente Alessio Bernini del Mulinaccio: lo scopo è quello di organizzare manifestazioni per la promozione del territorio (Divini Etruschi a fine aprile, primi di maggio; Volterra Gusto), ma soprattutto coordinare le proprie realtà produttive per crescere nella qualità. Del resto, i titolari sono tutti giovani, sono tra loro molto amici, e, ad esempio, mettono a servizio reciproco i propri macchinari (presse a polmone, diraspatrici); dalle loro parole traspare una passione per la viticoltura che li qualifica, che li accomuna, che li unisce. Un auspicio che si può formulare è quello che le regole dello statuto dell’associazione possano

costituire un punto di partenza per il futuro riconoscimento di una denominazione di origine, senz’altro meritata. PODERE IL MULINACCIO Alessio Bernini ha sempre condiviso la passione dei genitori per la campagna. Il padre era un noto imprenditore di S.Croce sull’Arno, che forniva macchinari ai conciatori della zona; amava andare a caccia nei boschi attorno a Volterra, fino ad acquistare il podere in zona San Cipriano chiamato Il Mulinaccio, all’inizio degli anni 1990. Alessio si laureava in giurisprudenza ed iniziava a fare l’avvocato, ma la passione per la terra e l’ospitalità cresceva, e quando il padre è venuto a mancare, 5 anni fa, ha “svoltato”: si è cancellato dall’albo, e si occupa

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a tempo pieno dell’agriturismo, della raccolta di tartufi (anche bianchi pregiati) e della produzione di zafferano, nonché, naturalmente, del vino. Con l’annata 2010 ha, infatti, iniziato ad imbottigliare il proprio vino, mentre prima le uve venivano vendute a terzi. Al Mulinaccio si fa biologico da sempre, da almeno 25 anni; e nel vigneto si capisce molto della passione di Alessio: è tutto inerbito, pieno di piante diverse, di vegetali e di insetti, si respira un’aria pura, si percepisce la vitalità della natura della vite e di ciò che la circonda. Si fa sovescio con favino e senape bianca: il primo è ricco di azoto, come concime naturale; la seconda è un antibatterico naturale, che consente di evitare quasi completamente l’uso dello zolfo. Così, quest’ultimo è ridotto quasi a zero, da quattro anni, utilizzando anche prodotti francesi a base di alga; è usato soltanto qualche volta nella parte più bassa della vigna, verso il bosco, dove rimane un po’ di umidità ed è più elevato il rischio di oidio. Gli sfalci delle piante tra i filari 18

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sono poi usati come copertura, per creare un opportuno isolamento termico ed evitare eccessivi sbalzi di temperature per il terreno. Le lavorazioni sono ridotte al minimo e sono comunque tutte manuali (a parte l’uso del trattore per i trattamenti). La potatura è effettuata interamente da Alessio, che vi trova grande soddisfazione. Altri interventi sono svolti da una squadra rodata di 15 persone, chiamata al bisogno. Tra l’altro, per la conduzione del vigneto Alessio si avvale della consulenza di un grande agronomo come Ruggero Mazzilli, espertissimo di sangiovese (sua la creazione del Biodistretto del Chianti Classico); quando è arrivato al Mulinaccio e ha visto la conduzione del vigneto, nonostante l’esiguità della produzione, ha creduto nel progetto e se lo è preso a cuore. Dal punto di vista geologico la vigna di Alessio, che può essere considerata un vero e proprio cru, si distingue da tutte le altre dell’area volterrana perché, rispetto alla predominanza di argilla, qui ha sabbia per il 60%, poi scheletro

per il 17% e limo ed argilla per il resto. Drenaggio e penetrazione delle radici garantiscono qui una naturale freschezza e ricchezza minerale delle uve, di cui il sangiovese gode particolarmente. Altra caratteristica peculiare del cru del Mulinaccio è la collocazione su un altipiano, su un pianoro (mentre in genere Volterra è tutta su calanchi) a 205/215 m. di altitudine, con leggera esposizione Nord ed inclinazione ad Est che garantisce un’insolazione perfetta durante la giornata. In cantina fa tutto Alessio, comunque pochissimo. La fermentazione avviene in tini aperti d’acciaio, con lieviti autoctoni, per un processo esclusivamente spontaneo, con macerazione che si spinge anche a 20 giorni; il Nero di Cosimo, poi, si eleva per 8 mesi in barrique di castagno da 200 litri, prodotte in Sicilia, non tostate e nuove ogni due anni; successivamente, prima dell’imbottigliamento, il vino sosta altri 6 mesi in acciaio. Sul 2015 si è provato un affinamento in anfora non trattata, della capacità di 200


litri, ma per il momento Alessio non è soddisfatto, avendo rilevato un’eccessiva mineralità. I vini prodotti, entrambi rossi dedicati a Cosimo, figlio di Alessio e Federica, sua moglie, sono due, in attesa che entri in produzione il Vermentino. Cosimino 2015 – Senza indicazione geografica, è il vino che l’azienda propone come “base”, un Sangiovese 100% solo acciaio; in realtà, all’assaggio stupisce: ci si aspetta un vino semplice, ed invece è tutt’altro, grazie ad un naso fragrante, puro, netto, con terra e frutto rosso maturo, cenni floreali eleganti; ma soprattutto per un tannino vivace, importante, fine, a creare presenza gustativa insieme ad una buona sapidità; il finale è preciso e lungo, invitante e gastronomico. Nero di Cosimo 2013 IGT Toscana Rosso – È il vino che viene dalla selezione delle uve in vigna, al momento della vendemmia; assemblaggio di Sangiovese 90% e Colorino 10%. Ritornano i sentori che caratterizzano anche il Cosimino, terra umida, ciliegia matura, fiori rossi, ma il naso

è poco espresso, reticente; è in bocca che colpisce per una struttura veramente notevole, forse il vino più “materico” tra quelli assaggiati in zona; entra in punta di piedi e poi cresce, in progressione, con tanta tensione e sapidità a centro bocca, tannino netto e pulito, di bella presa sul palato; il finale è davvero molto lungo, un prodotto di carattere. TENUTA MONTEROSOLA Michele Senesi è agronomo, segue l’azienda, dal 2007, fino a diventare oggi amministratore delegato della nuova società proprietaria dal 2013; umile, competente ed appassionato, crede fortemente nel progetto e non si risparmia nel mostrare i vigneti, i macchinari, i contenitori, ma soprattutto il cantiere della nuova cantina, che ha contribuito a progettare: un’opera imponente, disegnata dall’Arch. Paolo Prati, che sfrutta la posizione, l’esposizione e la ventilazione naturale, per essere totalmente autosufficiente dal punto di vista energetico ed idrico (che nella zona di Volterra è sempre un problema); a regime,

tutte le lavorazioni saranno per caduta, con la massima spontaneità, e l’affinamento avverrà in contenitori in cemento a tulipano (Le Tulip) prodotti da una famosa azienda francese, disposti in un ambiente efficiente e scenografico. L’azienda è in zona Pignano, dove, nel Podere La Rosola, le vigne erano presenti da sempre, ed ancora durante la seconda guerra mondiale davano reddito a tre famiglie; poi, negli anni 1950 tutto è stato abbandonato, per la redditizia industria dell’alabastro. Nel 1999 il rudere della Villa La Rosola, che nel XV Sec. era forse una torre di guardia per il Castello di Pignano, e 7 ettari e mezzo di terreno vengono acquistati da un top manager tedesco della Procter & Gamble, che, con la moglie, aveva girato il mondo e voleva una tenuta in Toscana dove fare anche ottimo vino per la propria famiglia. Viene piantato nel 2000 un ettaro con un misto di tradizione e novità, cioè Sangiovese e Syrah, Cabernet Sauvignon, Merlot; nel 2003 si produce il primo vino, che nonostante l’annata caldissima, viene particolarmente apprezzato;

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così, nel 2004 si pianta un ulteriore ettaro, ma poi la proprietà si rende conto che le bottiglie sono troppe per l’uso personale e si inizia a pensare alla commercializzazione. Nel 2007 entra in azienda Michele e con la vendemmia 2008 inizia la collaborazione con il Gruppo Matura, con l’enologo Alberto Antonini, coadiuvato da Giacomo Cesari, e l’agronomo Stefano Dini; cresce l’attenzione per la conduzione biologica del vigneto, nonché la direzione verso la qualità, da sempre intrapresa, con selezione rigorosa in vigna, vendemmia verde, tavolo di cernita, ed altro; quando Antonini arriva in azienda rimane stupito dalla presenza di fermentini troncoconici di legno di Taransaud, rari in Italia e di elevata qualità. Sono però anche tante le spese, per una produzione comunque limitata, di circa 7000 bottiglie annue, per cui nel 2013 l’azienda viene acquisita da una famiglia svedese (B Thomaeus), facoltosa, di un ingegnere imprenditore titolare di brevetti diffusi in tutto il mondo, decisamente lungimirante; la società, appositamente costituita, acquista altri terreni, fino ad un totale di 125 ettari, senza modificare l’organizzazione, il personale e le collaborazioni, e spinge in alto il progetto di qualità. In proposito, emerge subito un dato qualificante dell’azienda, che è la grande attenzione dedicata alla ricerca delle caratteristiche e delle diversità dei suoli. Dopo l’acquisto da parte dei nuovi proprietari, sono stati individuati circa 50 ettari (sui 125 totali) idonei a vigneto, effettuando ben 26 campionature di suolo e realizzando una vera e propria zonazione aziendale, con relativo impianto dei vitigni adatti ad ogni 20

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diverso terreno. In particolare, è stata circoscritta una parcella di circa 1 ha, dove la vena di pietra di Panchino di Pignano, che prende il nome dal vicino Castello, è quasi in superficie, affiora; è una pietra che più sta all’aria e più diventa dura, molto simile al tufo; vi si è piantato nel 2016 Syrah, che dovrebbe andare a produrre il cru aziendale al top. Così, dopo aver acquistato i diritti di impianto da tutta Italia, nel 2015 vengono impiantati 5 ettari tra rosso e bianco, e nel 2016 altri 6 ettari. Oggi ci sono 11 ettari “in terra”, in attesa di produrre, oltre ai quasi due ettari originari del 2000 e 2004. I ceppi a bacca bianca (Vermentino, Viognier, Grechetto, ciascuno per 1ha e ½, oltre a 3000 piante di Incrocio Manzoni) dimorano in terreni esposti a Nord per puntare su freschezza e finezza. I ceppi a bacca nera sono impiantati sulla base della zonazione di cui sopra. Il posto dove sono i vigneti e la sede aziendale è bellissimo, tipico toscano, aperto, solare, con ventilazione elevata durante tutto l’anno; i suoli sono argillosi ma anche tufacei, ricchi di conglomerati fossili e marini, a garantire mineralità. Oltre ai vini descritti sotto, MonteRosola produce “Indomito”, Toscana Rosso IGT (75% Shiraz, 25% Cabernet Sauvignon), e “Crescendo”, Toscana Rosso IGT (quasi 100% Sangiovese). Corpo Notte IGT Toscana Rosso 2013 – Dal vigneto originario del 2000, è un assemblaggio di Sangiovese 70% e Cabernet Sauvignon 30%, dopo alcune ore di criomacerazione, fermenta con i lieviti delle uve; una volta svinato, si favorisce la malolattica in locali a

23°C , e poi l’affinamento avviene in barriques di rovere francese della Taransaud, mai nuove per il Sangiovese, mentre per le altre uve ce ne è sempre almeno una nuova. Il colore è concentrato, impenetrabile, intenso; all’olfatto presenta intense note speziate, terziarie, anche balsamiche (eucalipto), inchiostro; poi esce un frutto nero preciso, tra prugna e mora; in bocca colpisce per equilibrio, il tannino è preciso, risolto, quasi vellutato; rotondo ma sapido, ha leggero calore alcolico da integrare, ma il legno è ben digerito ed il finale è lungo e fruttato. Canto della Civetta IGT Toscana Rosso 2014 – Un “diversamente Merlot” dichiara Michele; e lo si capisce all’assaggio. Alla vista è rosso vivace, intenso, ma non impenetrabile; al naso ha note fresche di ginepro, erbe medicinali, fiori, terra, oltre ad un evidente frutto nero ancora fragrante; molto fine, inaspettato per un Merlot; ha sorso agile, dall’attacco rotondo, legno digeritissimo e finale succoso, lungo, balsamico e speziato. Ricorda quei Merlot chiantigiani dove la varietà cede il passo al territorio; è un Merlot d’altura, fresco ed elegante. TERRE DÈ PEPI Francesco Pepi è il vignaiolo più giovane del gruppo, e mostra grande consapevolezza sulle proprie scelte produttive: esercita un’agricoltura che definisce viva, perché “il valore di un terreno sano e vivo è inestimabile”, per “nutrire l’intera persona, corpo e anima”, interpretando la personalità di ciascuna pianta in connessione al vasto contesto che le dà vita; vuole che il vino parli di tutto questo. L’azienda è in località Villa Rioddi,


sul versante che scende da Volterra verso Saline e guarda il mare. I vigneti hanno esposizione Sud-Ovest, caratterizzati da scarsa piovosità; i terreni sono argillosi, come la maggior parte di quelli dell’area volterrana. Oggi può contare su poco più di 3 ha di vigna: il primo ettaro è stato piantato nell’agosto 2007; poi progressivamente sono stati realizzati gli altri impianti fino al 2012. La prima vendemmia è stata quella del 2010. Come vitigni, Francesco ha personalmente voluto piantare varietà non internazionali, ma soprattutto Sangiovese, e poi Montepulciano, Ciliegiolo, Colorino per i rossi e Vermentino (pochissimo) per i bianchi. Quanto alla conduzione, da due anni e mezzo è in conversione biologica; Francesco è agronomo, e prima di dedicarsi alla propria azienda, ha lavorato come responsabile di cantina per cinque anni a Sorbaiano, con Vittorio Fiore come enologo; poi, quando ha messo mano ai propri vigneti, ha impostato tutto in modo diverso rispetto alla esperienza maturata, avvicinandosi alla biodinamica. In particolare, del protocollo di quest’ultima, soprattutto quello Demeter, usa alcuni preparati che ritiene che funzionino per i suoi vigneti; ma ad esempio non usa mai il corno silice, che, com’è noto, serve per moltiplicare la luce in vigna per le foglie: nella zona in cui sono le vigne dei Pepi di luce ce n’è anche troppa. Così l’apparato fogliare non è mai sfoltito o aperto, non si effettua la cimatura, ma i tralci vengono arrotolati in alto sulle piante, cercando di riparare da luce e calore i grappoli in formazione e maturazione. In ogni caso, non

usa concimi o altri prodotti di sintesi, ma fa sovesci, in funzione soprattutto della rivitalizzazione del terreno. In cantina, dove si avvale della consulenza di un giovane enologo come Stefano Andreotti, tutto è naturale: non usa lieviti selezionati, nessun coadiuvante tipo sali d’ammonio o tannini; la fermentazione è spontanea, con i lieviti indigeni, in acciaio, con successiva malolattica; poi l’affinamento si svolge in barriques o tonneaux di legno francesce, mai nuove, acquistate (in particolare dall’azienda Caiarossa di Riparbella) già molto usate. Dalle parole e dagli occhi di Francesco traspare una grande passione per la terra e per ricerca di vini freschi e gastronomici. Terre dÈ Pepi Rosso Tascano IGT 2013 – È il primo vino prodotto dall’azienda, un blend in cui c’è sempre almeno il 50% di Sangiovese; questo ha Sangiovese 50%, Montepulciano 30% e Ciliegiolo 20%. Si offre al naso con un frutto nero ben espresso, ciliegia netta, centrata; la bocca è rotonda ma con una bella sapidità

al centro e un discreta freschezza a creare equilibrio; il finale, appena caldo, è tutto sul frutto ma non senza cenni balsamici freschi e minerali. Terre dÈ Pepi Sangiovese Toscana Rosso IGT 2014 – Nell’area in cui sono i vigneti di Francesco Pepi l’annata fredda e piovosa non ha condizionato il prodotto, perché è zona dove piove sempre molto poco ed anche nel 2014 vi ha piovuto meno che in altre parti. Il naso è intrigante, con belle note minerali quasi affumicate, terrose, non senza una puntuale ciliegia fresca; la bocca è affusolata, dinamica, di bel carattere, con finale decisamente succoso, invitante, ben contrastato, sia pure non lunghissimo; al naso si apre successivamente su toni anche speziati fini, pepe e ginepro, che tornano precisi e corrispondenti anche in bocca. MARCAMPO L’azienda di Genuino Del Duca e della figlia Claudia, titolari dell’omonimo storico ristorante in centro a Volterra, si trova su uno sperone che guarda verso il mare, il Sommelier | n. 4 - 2017

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panoramico, aperto, a 240 m. s.l.m., con tantissima ventilazione. Il suolo è prevalentemente composto da argilla blu, con tante conchiglie e animali fossili in conglomerati; sono presenti anche altri tipi di argille, a creare diversità di caratteristiche che poi si risentono nelle uve e nei vini. In produzione è un solo ettaro di Merlot; per il resto le uve di Sangiovese vengono da un vigneto in affitto in Maremma, che sarà lasciato quando entreranno a regime i nuovi impianti, e quelle di Vermentino sono acquistate da un viticoltore di Peccioli. Da poche settimane sono stati piantati 4 ha di vigneto intorno alla cantina. In particolare, nella parte più alta sono state messe a dimora piante di Incrocio Manzoni; a metà collina, un po’ a Nord e un po’ a Sud, Vermentino, cui è dedicato anche un vero e proprio cru a Sud-Est, per un vino di selezione in poche bottiglie; nella parte più bassa Merlot e Ciliegiolo (mezzo ettaro), con il primo in parte sul versante Nord-Est ed in parte sul versante Sud-Ovest, verso il mare, che garantisce

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sapidità; e poi, nell’ampio versante che guarda a NordOvest, il vitigno su cui più si punta nel volterrano: Sangiovese con due cloni diversi; in un piccolo appezzamento nella parte alta si è scelto il Pugnitello, interessante vitigno tradizionale toscano. La valorizzazione di terreni ed esposizioni è voluta, per creare complessità ed equilibrio nei vini: si pensi che, a parità di altitudine, tra il versante esposto a Sud-Est e quello esposto a Nord-Ovest intercorrono quasi venti giorni di differenza per la maturazione e la vendemmia. La prima annata prodotta è la 2007, con sangiovese (dalla Maremma) nel 2008. In cantina, si utilizzano contenitori d’acciaio per la fermentazione e macerazione, e poi i vini perlopiù si affinano in legno; progressivamente si sta passando dalle barriques a botti più grandi, soprattutto tonneaux da 500 litri, ma anche una botte grande da 20 hl per il Sangiovese; resteranno sempre comunque almeno due barriques nuove per una piccola percentuale di Merlot.

Quanto ai vini, l’azienda produce un bianco da Vermentino, chiamato “Terra Blu” dall’argilla che caratterizza il suolo della vigna da cui sono acquistate le uve e che è il medesimo dove intorno alla cantina è stato piantato il “nuovo” Vermentino; un rosso d’assemblaggio, 80% Sangiovese e 20% Merlot, il “Genuino” (dal nome di Del Duca, particolarmente adatto a un vino…), solo acciaio; il “Marcampo”, un rosso metà Sangiovese e metà Merlot, parte in acciaio e parte in barrique, assemblato dopo 12 mesi; il “Severus”, Sangiovese 100%, dal nome di uno dei due fratelli Cecina costruttori del Teatro Romano di Volterra (ricavato da un’iscrizione dello stesso); ed il Giusto alle Balze, Merlot 100%. Genuino Toscana Rosso IGT 2015 – Un leggero lato erbaceo non impedisce la percezione di ciliegia e sensazioni fresche; al gusto ha freschezza acida netta, tannino giovane e fine, mai eccessivo, per una beva piacevole, finale pulito, fruttato, invitante. Genuino, appunto. Giusto alle Balze Toscana Rosso IGT 2014 - Merlot 100% dalla vigna volterrana originaria, si presenta con una veste concentrata e viva ed al naso ha note balsamiche fresche, anche officinali, toni speziati, tanta mora, legno solo accennato; in bocca colpisce per l’equilibrio gustativo, tannino di grana molto fine; è rotondo ma subito sapido a centro bocca, a contrastare un netto calore alcolico; finale speziato di bel succo, anche rinfrescato da sensazioni di grafite e frutto nero. Se il Merlot ama l’argilla, qui il matrimonio è di quelli ben riusciti.


COL VETORAZ LA QUALITÀ È UNA QUESTIONE DI … NATURA

Seguire il ciclo evolutivo della Natura e darle voce nella sua integrità lasciandole piena libertà di espressione è la strada sulla quale si è da sempre delineato l’impegno di Col Vetoraz, ed è inoltre - come sostengono i soci - il modo migliore per ottenere e ritrovare poi nel calice tutte le declinazioni di equilibri ed armonie che la vite stessa sa donare. L’azienda di Santo Stefano di Valdobbiadene, la cui sede è adiacente al celebre Mont del Cartizze, lavora da sempre in questo territorio che racchiude in sé stesso un patrimonio di unicità e valore insieme culturale storico e paesaggistico

di tale portata da essere in attesa del verdetto finale per il riconoscimento a Patrimonio Unesco. Principio cardine della filosofia aziendale è una produzione focalizzata unicamente sulla tipologia Valdobbiadene Superiore DOCG e un metodo orientato a consistenti volumi di vinificazione al fine di garantire una più accurata selezione delle uve migliori provenienti dall’area più vocata alla coltivazione eroica del Valdobbiadene Docg dove la vendemmia viene eseguita rigorosamente a mano. Dall’amore e rispetto profondo per il territorio hanno origine spumanti di indubbia eccellenza. Etichette di pregio come il Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore dry Millesimato, vino che coinvolge con la sua spiccata aromaticità e rotondità, conferitegli da una intensa espressione di aromi garantita anche dalla favorevole disposizione dei vigneti da cui ha origine, adagiati in un anfiteatro naturale compreso tra le montagne alle spalle, strategico riparo dai venti freddi del nord, e le dolci colline di Valdobbiadene. O come il Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore brut ‘Dosaggio Zero’ che rappresenta l’evoluzione più moderna del Superiore, risultato di un grande lavoro volto a mantenere le caratteristiche di aromaticità morbidezza e leggiadria tipiche della zona di origine: è un vino che, pur con un residuo zuccherino pari a zero, è capace di mantenere una rotondità vellutata. Senza dubbio vincente in diverse opportunità di abbinamento, incontra bene i gusti del consumatore che ricerca l’unione di complessità e finezza. Col Vetoraz Spumanti S.r.l. Strada delle Treziese, 1 31049 S. Stefano di Valdobbiadene (TV) tel. +39.0423.975291 fax +39.0423.975571 e-mail: info@colvetoraz.it www.colvetoraz.it


di Davide Amadei

L’eleganza dei “giganti” di Napa Li chiamano giants, giganti, proprio come la blasonata e popolare squadra di baseball di San Francisco: sono i Cabernet Sauvignon (o Cabs, come spesso sono amichevolmente chiamati) della Napa Valley, che l’hanno resa celebre in tutto il mondo.

L’

immagine che spesso si ha di questi prodotti è quella di vini robusti, concentrati, spesso pesanti, dimostrativi, muscolari. Poi, capita di essere in zona, e di poterne assaggiare alcuni di produttori piccoli, per quantità, e meno noti

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fuori dai confini U.S.A., nella sala di degustazione (e vendita) Vintner’s Collective in centro a Napa, Main Street. Ed allora si scopre che ai “giganti”, oltre alla loro struttura, si può predicare anche tanta eleganza, dovuta a doti inaspettate di sapidità e freschezza.

Napa Valley è probabilmente la zona vinicola americana, ed in particolare californiana, più nota: vi si concentrano grandi produttori, anche commerciali, tutto ruota attorno al vino, l’economia è florida; basti pensare che in una delle strade principali della città


di Napa ha sede Wine Spectator, la rivista che più di ogni altra, insieme a Robert Parker, è capace di influenzare il mercato del vino mondiale. Tutta l’area è una AVA, American Viticolture Area, formalizzata nel 1981; sono circa 160.000 ettari, di cui 17.600 di vigneto. Nel tempo si sono poi riconosciute 16 sottozone, distinte per clima e suolo, identificate anch’esse come AVA, tra le quali Atlas Peak, Rutherford, Coombsville, Oakville, St. Helena sono le più note. Altitutini, suoli, climi, esposizioni, danno uve diverse; alcuni produttori valorizzano queste peculiarità, altri assemblano in ogni caso i vini delle diverse zone per creare il proprio stile e compensare o completare le produzioni. Ed ecco che durante la degustazione, i diversi territori di provenienza delle uve e dei vini sono stati evidenziati, per sottolineare differenze e caratteristiche, per valorizzare i diversi terroir di produzione. Una sensibilità inaspettata. Ed il Cabernet Sauvignon è il vitigno principe di Napa. Non è stato così da subito: nei primi decenni del 1800, quando si iniziarono a capire le potenzialità della zona, da parte dei pionieri (George Yount, Charles Krug) si piantarono Riesling, Sylvaner, Alicante Bouschet e Zinfandel. Solo

verso la fine del secolo e i primi del 1900 si sono messi a dimora ceppi di Cabernet Sauvignon, e da allora è stata una ascesa inarrestabile. In particolare, la svolta, in senso qualitativo, oltre che quantitativo, si è avuta grazie agli studi ed alle intuizioni del grande agronomo ed enologo André Tchelistcheff, vero “inventore” del terroir di Napa Valley: egli, forte anche dell’esperienza maturata in Europa, soprattutto a Bordeaux, selezionò ed impianto i migliori cloni di Cabernet, ritenendolo il vitigno più adatto per suoli e climi di Napa, e le aziende da lui seguite furono immediamente all’avanguardia nella produzione di qualità dei vini della zona. Negli anni 1970 il Cabernet esplode, diventa il simbolo dell’area, passa da 800 ettari a più di 2000, e non è un caso che sia stato un vino di Napa, da questo vitigno, a vincere la ben nota disfida di Parigi del 1976 in cui, in una degustazione alla cieca da parte di una commissione qualificatissima, prevalsero come miglior rosso il Cabernet Stag’s Leap Wine Cellars’ 1973 e miglior bianco lo Chardonnay Chateau Montelena 1973, rispetto ai più blasonati e storici chateaux bordolesi (per i rossi) e domaine borgognoni (per i bianchi). Significativa, poi, durante la degustazione, la conversazione

sul concetto di drinkable. Dopo i primi due vini molto freschi e sapidi, eleganti, con il legno quasi impercettibile, il terzo vino è apparso piuttosto morbido, largo, molle; la titolare di Vintners’ Collective, quando le si fa notare, dice che si tratta di un vino molto popolare proprio per il suo easy drinking. per la sua “bevibilità”; ma subito si discute su questo concetto: per il pubblico poco esperto di California è il vino morbido ad essere più facilmente bevibile, mentre io spiego che i primi due vini sono per me più bevibili grazie alla loro freschezza, al loro contrasto sapido-alcolico; difficilmente si finisce la bottiglia o si passa ad un secondo bicchiere se il vino è troppo morbido, mentre i prodotti più freschi invitano alla beva, sono più “bevibili” e si abbinano meglio con il cibo. Emerge quella che è l’opinione comune sui Cabernet di Napa: ma solo un vino, dei sette assaggiati, pur nella sua indiscutibile qualità, presentava questo stile. Gli altri, anche se nella loro struttura e concentrazione, avevano una inaspettata e sorprendente bevibilità, nell’eleganza. Infine, nei prodotti assaggiati ha colpito l’uso del legno. Spesso in Italia si trovano vini segnati dall’affinamento in barrique, dove la tostatura e i tannini del legno generano sensazioni amaricanti il Sommelier | n. 4 - 2017

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armonia con toni vegetali freschi; in bocca colpisce la elevata sapidità, oltre a tannini fini, quasi setosi, ed una struttura notevole; il finale è molto lungo, con una piacevole e contrastante scia minerale, anche su sensazioni balsamiche rinfrescanti.

e frenano il sorso. Qui il legno, inaspettatamente, è ben assorbito e digerito grazie alla struttura del vino (alla maturità e ricchezza delle uve da cui proviene), contribuisce alla finezza dei tannini, solo raramente genera qualche “dolcezza” (sentori di vaniglia), ma non prevale e non copre il frutto e gli altri aromi derivanti da vinificazione ed elevazione. 1) On Q Cabernet Sauvignon Napa Valley Coombsville 2013 Il frutto è ben espresso, nero, ma emergono anche fiori scuri, spezie fini, in un insieme elegante; in bocca i tannini sono fini, c’è un leggero calore finale, ma il legno è ben assorbito, quasi non si sente; manca forse un po’ di struttura, ma c’è freschezza ad invitare alla beva; il finale è ricco di more e spezie. L’AVA Coombsville è la più recente delle sottozone di Napa; ha terreni rocciosi vulcanici ed alluvionali; più caldo della sottozona Carneros, è però tendenzialmente più fresco rispetto alle denominazioni più a Nord, con meno punte di calore. Spesso c’è nebbia 26

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mattutina. La fioritura è precoce ma la maturazione è lenta e i grappoli sono vendemmiati più tardi di altre zone, così che ne derivano Cabernet strutturati con profili terrosi e minerali (oltre a freschi e profumati Sauvignon e Chardonnay). 2) Lagniappe Peak DBA 2012 È in realtà un blend di diverse uve (maritage, come dicono in Napa e Sonoma), dove il Cabernet Sauvignon è presente al 28%, con Syrah 33%, Malbec 27%, Merlot 12%, ma è ben rappresentativo della zona di provenienza. Proviene da vigneti della zona di Atlas Peak, famosa anche grazie agli impianti ed ai vini di Piero Antinori; l’altitudine è notevole, anche più di 800 m.; è un ambiente aspro, con pendii ripidi ed ampi affioramenti rocciosi; il suolo magro e vulcanico (definito super-rocky) e le fresche temperature diurne danno Cabernet densi e solidi, con frutto ricco e tannini morbidi. Il colore è impenetrabile, al naso ha note scure, cenni evoluti, il frutto è netto, maturo, centrato, in

3) Longfellow 2013 Al naso è molto vegetale, ma presenta anche cenni minerali scuri e spezie; la bocca è piuttosto morbida e larga, i tannini sono fini ma anche dolci; il finale è appena segnato dalle spezie dolci, senza alcuna percezione amara; è piacevole nonostante la netta morbidezza, grazie ad una discreta sapidità. Un vino definito molto popolare, senz’altro rappresentativo di quella che è l’immagine che si ha in Italia dei Cabernet di Napa, in quanto molto spostato sulla morbidezza e rotondità del gusto, che rischia di condizionare la bevibilità. 4) Las Bonitas “The Thinker” 2012 Al Cabernet Sauvignon fa da spalla il Petite Sirah, con piccole percentuali di Merlot, Malbec e Tempranillo. Il colore è scuro, inchiostro; l’olfatto è ricco, complesso, tra frutto nero, spezie, cenni di pietra lavica, vegetale fresco e balsamico; in bocca ha una bella grip del tannino, netto e di grana fine; sorso è dinamico, in progressione, con una marcata sapidità al centro e un finale appena caldo ma molto lungo, balsamico; il grande volume è ben contrastato, ed il vino acquista un’eleganza inattesa. 5) Mi Sueño Winery Napa Valley Cabernet Sauvignon 2012 Al naso è fine e complesso,


Come purtroppo è noto, nel mese di ottobre 2017 un gravissimo e vasto incendio, con più fronti e per vari giorni, ha colpito duramente le famose zone vinicole di Napa e Sonoma, distruggendo alcune aziende, edifici e case, e, soprattutto, devastando centinaia di ettari di vigneti, almeno il 30%. I danni per grandi e piccoli produttori sono enormi, e la FISAR, insieme alla Redazione della Rivista Il Sommelier, esprime la propria solidarietà e vicinanza, con l’auspicio che presto tutto ritorni alla normalità per la produzione dei vini d’eccellenza della Northern California.

ben espresso su note vegetali, erbacee, balsamiche fresche, mineralità, frutto nero; in bocca l’ingresso è morbido, ha tannini dolci, ma comunque netti e grintosi, con tanta sapidità minerale a creare tensione e contrastare l’alcol; il finale è intrigante, ricco, con sensazioni balsamiche, eucalipto netto, mineralità, legno presente ma ben dosato; un vino carnoso, volumico, ma complesso e ben contrastato, equilibrato. È un assemblaggio dei Cabs di quattro vigneti di Napa Valley, di cui tre della denominazione Coombsville, che, grazie al clima temperato, consente una maturazione lunga e lenta del frutto; il quarto vigneto è in Oak Knoll, dove il clima più caldo conferisce ricchezza e morbidezza. Matura per 24 mesi in barriques di rovere francese, per il 55% nuove, e per ulteriori 12 mesi in bottiglia. L’azienda ha lo stesso winemaker di Longfellow, ma qui alla morbidezza ed al volume fanno da contraltare una maggiore presenza sapida ed una rinfrescante acidità.

6) Clark-Claudon Vineyards 2012 Rutherford Il naso è ampio, con tanta canfora e mentolo, ma anche mora, pietra scura e spezie orientali; la bocca è di grande struttura, ma molto fresca e decisamente sapida; il tannino è netto ma vellutato, di grande presa; il sorso è progressivo, caratteriale; e sul finale, molto lungo, su sensazioni rocciose e balsamiche, quasi vulcaniche, emerge anche una piacevole e rinfrescante nota di frutto rosso maturo. Colpisce l’emersione del terroir di Rutherford, con suolo vulcanico, molto minerale, argilloso ed alluvionale, perfettamente drenante; è il cuore storico e geografico di Napa, dove hanno sede e vigneti le aziende più prestigiose ed antiche, ottocentesche; ha un clima più caldo rispetto ad Oakville, con maggiori escursioni termiche diurne. I primi ceppi di Cabernet, non a caso, sono stati piantati proprio qui. 7) Nellcôte 500 Chevaux Cabernet Sauvigon Napa Valley 2013

La Signora di Vintner’s Collective apprezza la conversazione, vede l’interesse, ed aggiunge un vino ai sei previsti; e vuole stupire con il miglior Cabernet del catalogo. È il “500 cavalli” dell’azienda di Tyler Olbres, imprenditore del mondo della moda e del lusso, ammiratore di Enzo Ferrari e delle sue auto potenti ed eleganti. Al naso è inizialmente chiuso, ma poi si apre su frutto nero, tra prugna, mora, mirtillo, tante spezie, pepe, pietra, balsamicità, in armonia e finezza; la bocca ha grande energia, tanta materia, ha una struttura che non cede mai. Colpiscono l’opulenza, la setosità del tannino e la struttura sapida minerale, quasi salata, in un contesto di eccezionale equilibrio; tutto è ad alti livelli, e promette un grande avvenire; il finale, profondo, è in crescendo, ampio, a “coda di pavone”, sul frutto, le spezie fini e le note di grafite, senza alcuna concessione al legno d’affinamento. Vino potente ed elegante, carnoso e sapido, morbido e succoso. Un assaggio istruttivo, indimenticabile. il Sommelier | n. 4 - 2017

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di Davide Amadei

Coturri Winery:

naturalità e piacevolezza in Sonoma Per arrivare alla fattoria Coturri si lascia la strada principale e con essa le aziende più commerciali e frequentate dai turisti. E non è solo un elemento geografico.

L’

azienda è sulle colline piuttosto elevate della Sonoma Mountain, nella zona conosciuta come Valle della Luna (Valley of the Moon), ricca di coltivazioni di frutta e verdura, oltre che di vigneti, e circondata da boschi rigogliosi, nella Sonoma Valley; in particolare si sale dal paese di Glen Ellen, legato alla

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fama dello scrittore Jack London, cui è anche dedicato un parco naturale che fa da corona ai vigneti. Si arriva al cancello, si entra e si arriva, passando tra i vigneti, a casa Coturri, dove si viene accolti da un docile pastore tedesco, in mezzo ad automobili vecchie o distrutte e ad altre cose

abbandonate. E subito arriva Tony Coturri con la sua lunga barba grigia, la stazza imponente, ed una grande affabilità, che invita a seguirlo per far due chiacchiere e bere qualcosa. La famiglia Coturri ha origini italiane: il nonno di Tony, Enrico, emigrò negli Stati Uniti da Farneta, frazione di Lucca in Toscana, nel


1901; l’azienda è stata poi fondata nei primi anni Sessanta, ed ha avuto un netto sviluppo dal 1979 grazie ad Harry Coturri, detto Red per il colore dei capelli, e ai suoi figli Tony e Phil. Red aveva imparato dal padre Enrico a far vino durante il Proibizionismo e la grande depressione, ed oggi Tony mantiene vivi i tradizionali metodi dei suoi predecessori. L’ambiente tra la cantina, la cuverie e la casa appare un po’ disordinato, ma sono in corso i lavori di sistemazione delle anfore appena arrivate dalla Georgia. Si assaggia in bicchieri senza stelo, su una vecchia barrique in piacevole conversazione. L’azienda è integralmente biologica (organic), con qualche esperimento di biodinamica; in particolare, in vigna non sono utilizzati pesticidi, funghicidi o erbicidi; le piante sono allevate e potate ad alberello (Italian goblet style), senza irrigazione o altre forzature, per consentirne lo sviluppo più naturale possibile. Parte delle uve è acquistata da un produttore, con il quale esiste da decenni un rapporto di piena fiducia e di cui Tony segue personalmente le vigne, di Mendocino, più a Nord: si tratta del Carignan, del Syrah e del Petite Syrah. Di Sonoma è invece tutto lo Zinfandel, ritenuto il vitigno tipico della zona, coltivato nella zona collinare e boscosa intorno alla cantina; soprattutto sono cloni Martini Monte Rosso, su portainnesti St. George resistenti alla fillossera. Il Carignan, molto utilizzato da Coturri, ha una storia difficile: era da tempo coltivato ampiamente nella zona di Mendocino, poiché veniva acquistato in grandissime quantità dalla E &

G Gallo Winery; agli inizi degli anni Duemila quest’ultima cessa di comprarlo e di produrlo, con grave pregiudizio per i viticoltori; successivamente ha ripreso quota, se ne sono comprese le potenzialità qualitative, ed oggi è molto gradito ai giovani enologi della zona perché non raggiunge mai, in California, elevati livelli di

zucchero e quindi di alcolicità nel vino che ne deriva. Lo Zinfandel è il vitigno più rappresentativo, quasi una bandiera di Sonoma e della California vinicola, e su di esso la famiglia Coturri ha sempre puntato, convinta anche delle sue doti di longevità. Del resto il terroir comanda. La Sonoma Valley è eterogenea, vi

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sono diversità naturali notevoli tra le varie zone (cinque denominazioni ben distinte, AVA), tra pianure fertili e ripide montagne; c’è abbondante luce solare calda, tipica di California, ma sempre domina la nebbia costiera, che tanto determina il clima di San Francisco e della Bay Area; anche qui per molte ore del mattino, soprattutto in estate, a causa dello “scontro” tra il caldo della Central Valley e le correnti dell’Oceano Pacifico, è sempre presente la nebbia, che rinfresca e porta umidità. E spiega Tony che appena finiscono le nebbie, a settembre, è tempo di vendemmiare. Nella peculiare sottozona della Sonoma Mountain, con colline che raggiungono i 700 metri di altitudine, i vigneti si ergono al di sopra della linea della nebbia, per cui il maggior numero di ore di luce solare consente alle uve di maturare più pienamente; allo stesso tempo, l’altitudine garantisce notti fresche e quindi ottime esclusioni termiche diurne; i suoli sono prevalentemente vulcanici ed eccezionalmente drenanti. 30

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In cantina Tony usa una pressa tradizionale in legno e poi la fermentazione avviene in tini troncoconici anch’essi di legno; ovviamente il processo è rimesso all’opera esclusiva di lieviti indigeni; successivamente, alcuni vini sostano in barriques, mai nuove, che vengono acquistate dai produttori della zona che le dismettono dopo due o tre passaggi; del resto, è chiara la scelta di evitare cessioni aromatiche del rovere, che è utilizzato solo per l’affinamento del vino e dei suoi tannini. Peraltro, nel giorno della visita, in agosto 2017, come si è accennato, erano appena arrivate dalla Georgia grandi anfore di terracotta (terracotta, per indicare il materiale ed il colore, è parola italiana anche nella lingua inglese), ed erano quasi pronti gli alloggiamenti per poterle interrare: l’intenzione è quella di farvi sostare, nei prossimi anni, almeno il 35% del vino prodotto. Non è aggiunta anidride solforosa (né altro) in alcun passaggio della vinificazione e dell’affinamento, ed

il vino non è soggetto a filtrazione. La scelta è quella di produrre vini che rispecchino il territorio di provenienza e acquistino in modo naturale il proprio potenziale di invecchiamento; vini principalmente fatti per essere bevuti, ed apprezzati a tavola, con il cibo. A tal proposito, ricorda Tony che spesso i vini di Napa, ma anche di Sonoma, sono “costruiti” per essere bevuti fuori pasto, o addirittura allungati con acqua per attenuare l’elevato grado alcolico. Nei vini Coturri, invece, la naturalità, la bevibilità e la sincerità territoriale sono prioritarie. Alla domanda se i suoi si trovano in zona, a Sonoma o a Napa, Tony risponde di no e spiega che non sono graditi, perché si cercano prodotti diversi; sono però molto apprezzati in mercati come quello di New York, dove il gusto è più evoluto, dove si cerca equilibrio nella freschezza, dove si valorizza la complementarietà tra vino e cibo. Un incontro davvero particolare, quello con Tony Coturri, sincero e


consapevole ambasciatore di una Sonoma contadina, attenta alla natura, al territorio, alla qualità. Tony ha proposto in assaggio i seguenti vini. Rosé 2016 - Nonostante qualche incertezza olfattiva, in bocca è molto fresco, piacevole e sapido, con tanti piccoli frutti rossi a rendere invitante la beva. Albarello 2016 - Da Carignan e Syrah di Mendocino, al naso è inizialmente un po’ chiuso, forse a causa della temperatura troppo bassa, ma in bocca emerge tutta la sua piacevolezza, con un bellissimo frutto rosso, ciliegia e lampone, spezie fresche, scarso tannino ma tagliente freschezza, con un’invitante succosità finale; un vero “vino da merenda”, goloso. Il nome ovviamente deriva dalla scelta di allevare e potare le viti ad alberello, sia a Mendocino sia a

Sonoma. Carignane Mendocino County 2016 - Ha uno sviluppo di grande naturalezza in bocca, frutto rosso centrato, spezie, pepe; il tannino è rustico ma piacevole e rinfrescante; un vino decisamente gastronomico. Red - Il vino dedicato al padre di Tony, di cui prende il nome, Red, particolarmente adatto, e che è rappresentato in etichetta, è davvero originale: si tratta di un assemblaggio, variabile ogni anno, tra vini da uve diverse e, soprattutto, di annate molto differenti, Sangiovese 2009, Cabernet Sauvignon e Carignan 2010, Merlot 2014 e una piccola percentuale di Zinfandel 2016. Al naso è inizialmente un po’ evoluto, ma poi escono frutta fresca e speziatura; la bocca ha volume, è un po’ caldo e morbido, ma il tannino è serrato, e la sapidità crea

una buona dinamica gustativa. Zinfandel Bruschera Vineyards Sonoma Valley 2001 - Colore granato vivo, al naso è speziato, balsamico, con sottobosco e terra umida (earthy); la bocca è perfetta, di gande equilibrio, profonda, con finale pulitissimo, decisamente sapido e terroso, sul frutto rosso e il sottobosco, con ritorni di legni pregiati, liquirizia e tabacco. Colpisce la tenuta a bottiglia aperta: riassaggiato nei giorni successivi non ha ceduto di un millimetro, ha mantenuto complessità e freschezza, si è anzi aperto su tante note fruttate e speziate nette. L’intento di Tony era dimostrare, contro l’opinione comune, che lo Zinfandel riesce ad essere longevo e a migliorare con l’invecchiamento. E c’è riuscito, con un assaggio indimenticabile per carattere, territorialità, naturalezza. il Sommelier | n. 4 - 2017

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di Stefano Borelli

Aste vini da collezione Qual è il vino più prezioso del mondo e cosa fa di un vino un pezzo da collezione? La paternità dei vini più pregiati spetta ancora alla Francia, ma negli ultimi anni anche quelli italiani stanno scalando le classifiche. Ma quanto costano quelli più pregiati? In alcuni casi, in presenza di bottiglie particolari, le cifre possono diventare da capogiro.

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ediamo qualche esempio. Il Cabernet Sauvignon 1941 di Inglenook, tenuta in California di propietà di Francis Ford Coppola e comprata grazie ai soldi guadagnati con “Il padrino”, è stata venduta ad un asta del 2004 a 18 mila euro. Anche per il vino più famoso ed ambito al mondo il Romanée Conti, che nasce in poco 32

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più di un ettaro da uvaggi di pinot nero in Borgogna, le cifre sono altissime. La casa d’asta Sotheby’s ha battuto una cassa da 8 bottiglie del 1990 a a 132 mila sterline, circa 20 mila euro a bottiglia. Il Grange di Penfolds è un vino austrialiano prodotto da uve syrah: l’annata 1951 è molto rara perché esistono solo una ventina di bottiglie e il

valore d’asta è di 28 mila euro ciascuna. Tra i Sauternes, nel 2006 un Chateau d’Yquem del 1787 è stato battuto a 73 mila euro, mentre una Jéroboam del 1945 di Chateau Mouton Rothschild è stata acquistata da un collezionista anonimo per 84 mila euro. Un altro grande Bordeaux uno Chateau Cheval Blanc del 1954, anch’esso


jéroboam da 3 litri, è stato battuto ad un’asta di San Francisco per 99 mila euro. Tra i pezzi più antichi una bottiglia che ha fatto parte della collezione privata del presidente americano Thomas Jefferson: uno Chateau Lafite del 1787, primo tra i crus classés del 1855. Oggi appartiene all’editore Macolm Forbes ed è valutato 117 mila euro. Nella famiglia degli sherry il primo posto per valore appartiene a quello di Massandra, situato in Crimea del 1775, battuto ad un asta di Sotheby’s per 31mila euro. Venendo all’Italia le stelle del nostro paese brillano soprattutto in Piemonte e in Toscana. Nell’ultima asta Bolaffi del 25-26 maggio di quest’anno, tra i migliori aggiudicati ci sono due lotti da sei bottiglie ciascuno di Barbaresco Asili Etichetta rossa 1967 di Bruno Giacosa a 6875 euro e della stessa cantina dodici bottiglie di Barolo Vigna Ronda Etichetta Bianca del 1967 ceduta a 7500. Tredici bottiglie di Barolo di Bartolo Mascarello sono state ventute a 7500 euro e sei Barolo Monfortino Riserva 1982 di Giacomo Coterno a 5.550 euro. Tra i vini toscani da citare una magnum di Sassicaia del 1985 battuta per 3.500 euro, sei bottiglie di Masseto del 2011 a 3450 e due lotti di Ornellaia a 1871 euro ciascuno. Ma vediamo quali sono le regole che fanno di una bottiglia di annata un pezzo da collezione. Nella stragrande maggioranza dei casi un vino ha valore di mercato se è ancora buono da bere. Fanno eccezione bottiglie talmente rare da risultare appetibili per i collezionisti, anche se il loro contenuto è imbevibile da un pezzo. Esistono in realtà alcuni

parametri di base per giudicare, che tutti possono prendere in considerazione. Vediamone alcuni. In primo luogo la tipologia del vino: se il vino è longevo come il Barolo, Barbaresco, Amarone, Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Taurasi, Aglianico del Vulture conserverà un certo valore anche dopo un ventennio e oltre ed è più probabile che sarà ricercato dai collezionisti. Viceversa se il vino è poco longevo come il Freisa,

Bonarda, Lambrusco, Moscato le possibilità che una bottiglia vecchia sia bevibile e abbia una qualche quotazione significativa nelle compravendite saranno molto scarse. C’è poi il livello di colmatura. Più passano gli anni, più cala fisiologicamente il livello del vino in bottiglia. A grandi linee: uno o due centimetri sotto il tappo sono un margine normale per vini di una decina d’anni, tre centimetri

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per i vini che hanno intorno ai vent’anni. Quando il liquido arriva alla “spalla” o si tratta di bottiglie di oltre trent’anni o si tratta di vini “andati”. Qualunque livello sotto la spalla è da considerarsi a rischio e rende le bottiglie poco interessanti dal punto di visto collezionistico. Passando allo stato di conservazione della bottiglia e agli altri accessori un vino può essere buonissimo da bere, ma una capsula e soprattutto un’etichetta danneggiata ne riducono significativamente il valore di mercato. Lo stato dell’etichetta può anche servire per scoprire i falsi in circolazione: se la carta tipica di un produttore è crema e opaca e si sta guardando un etichetta brillante

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di carta bianca lucida, potrebbe esserci un problema di autenticità. Lo stesso vale per un’ etichetta che dovrebbe dimostrare 60 anni e non sembrare stampata che tre anni fa. Anche il materiale, l’età e la condizione della capsula devono essere coerenti con la presunta età e l’origine della bottiglia e la condizione dell’etichetta. Va da sé che un gran cru Vogue Musigny del 1945 non può avere una moderna capsula di alluminio con un simbolo di riciclaggio. Ci sono poi i tappi, anch’essi un’enorme indicazione di frode: quelli con il marchio sbagliato, o troppo nuovi e in contrasto con la vecchiaia di un vino sono tutti campanelli di allarme. Infine ci si può aiutare con un po’ di ricerca storica. Se provano a vendervi un Domaine Ponsot del 1929 si tratta sicuramente di un falso, in quanto Ponsot non produsse il proprio vino in bottiglia fino al 1934. Veniamo infine, a chi vuole investire. Per gli acquisti sicuri, i dubbi sull’autenticità e per le vendite nel caso in cui si pensi di avere in cantina un vino importante, è bene rivolgersi alle case d’asta specializzate, italiane o straniere che siano. In Italia Pandolfini, Bolaffi, all’estero Christie’s o Sotheby’s. Secondo l’esperta di vini della case d’aste torinese Bolaffi, Laura Bianconi se si vuole investire in vini il consiglio è puntare su valori stabili scegliendo qualche brand italiano. Da segnalare i vini piemontesi, Baroli e Barbareschi in primis e tra i toscani Masseto, Ornellaia, Sassicaia, Solaia, Tignanello che fanno faville nelle aste e negli ultimi anni hanno visto raddoppiare le lro quotazioni.

Tra i francesi il consiglio dell’esperta è puntare sulla Borgogna – anche se l’anno in corso non è stata un’ottima annata – e sui Bordeaux. Secondo gli investitori più esperti ci sono comunque alcune regole d’oro da rispettare: non seguire le mode del momento poiché alcuni vini sostenuti da forti azioni di marketing tra vent’anni potrebbero essere sconosciuti. Bisogna poi comprare solo ottime annate preferibilmente nella versione riserva e vini all’inizio della loro commercializzazione e mai oltre due anni dall’immissione sul mercato, quando i prezzi potrebbero già essere lievitati troppo.


di Lara Loreti

Bentornato Fieramonte Allegrini, il meglio della

Valpolicella Nel blu dipinto di… viola. Il colore della Corvina e del Corvinone, vitigni principi della Valpolicella.

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he spettacolo ammirare dall’alto la distesa infinita dei vigneti che si aprono nelle campagne verdeggianti, morbide ed eleganti come ali di gabbiano. Tre mongolfiere dai colori dell’arcobaleno troneggiano sulle vigne Allegrini che si mostrano agli occhi increduli dei presenti in tutto il proprio fascino romantico. E’ ottobre, la vendemmia volge al termine e la Riserva Fieramonte è già in bottiglia dopo sei anni di affinamento. Lady Amarone alias Marilisa Allegrini ha voluto celebrare così, con un tour aereo sulla Valpolicella, il ritorno di un grande vino, simbolo della sua famiglia e soprattutto del territorio. Ed è in questa ottica che la signora veneta del vino ha anche organizzato un tour in vigna con tanto di vendemmia e banchetto tra i grappoli. Una giornata ricca di esperienze, culminate nella cena di gala in cui è stata stappata la prima magnum il Sommelier | n. 4 - 2017

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del “bentornato” Fieramonte. Un evento emozionante non solo e non tanto per la bellezza del paesaggio, quanto per il significato storico che il ritorno di questa etichetta assume nel panorama enologico italiano: una delle grandi famiglie del vino che rilancia la tradizione in chiave moderna e lo fa in grande stile, aprendo le porte della sua dimora, Villa della Torre a Fiumane. E allora eccola la tenuta Allegrini, nel cuore della Valpolicella, illuminata a festa in una serata speciale, pensata proprio per presentare la Riserva Fieramonte. Basti dire che l’ultima annata in commercio è stata la 1985. Sul giardino della villa appaiono delle onde luminose che si stagliano per diversi metri: sono la rappresentazione delle sinuose forme delle colline della Valpolicella

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dove nascono e crescono le uve che danno vita a questo vino speciale. Le stesse linee che ritroviamo sull’etichetta, pensata e disegnata da Caterina Mastella e Silvia Allegrini, figlia e nipote di Marilisa. “Abbiamo messo tutte noi stesse in questo lavoro e alla fine il risultato è arrivato: siamo molto soddisfatte”, dice Caterina. Tra la musica di un quartetto ad archi e le delizie dello chef Diego Speri, l’emozione di Marilisa Allegrini e di suo fratello Franco colora l’aria e contagia un po’ tutti. “Agli inizi degli anni 2000 si è dato vita al processo di rinnovamento dell’impianto, che si trova a 400 metri di altezza. Le viti così selezionate dovevano arrivare alla maturità, è per questo che abbiamo aspettato tanto. Poi nel 2011 abbiamo pensato che fosse

arrivato il momento: ed ecco il vino che rinasce – spiega Marilisa - Nella cassetta che ospita Fieramonte vedete le linee delle collina che degrada verso la valle perché anche dal punto di vista tecnico-espressivo volevamo mostrare l’ondulazione del terreno. Questo è un momento importante per la nostra azienda, che ricorderemo per tanti anni a venire”. Ogni fase del progetto è stata seguita da Franco Allegrini, che ha messo nella bottiglia anche la sua esperienza di enologo: “La base ampelografica è leggermente modificata rispetto al blend storico, con prevalenza di Corvina e Corvinone – racconta Franco - La nostra filosofia aziendale punta su un vino che venga identificato con la seconda pelle che ci sentiamo


addosso, cioè l’uva Corvina”. Ha l’eleganza della sua madrina, la fierezza del territorio della Valpolicella e le connotazioni cerimoniose e fastose dell’Amarone Classico questa Riserva Fieramonte Docg, già considerato l’archetipo della denominazione. Profumi di spezie, frutta rossa matura ed erbe aromatiche al naso, setoso e avvolgente in bocca, il vino rivela la sua nobile maturità senza rinunciare alla freschezza. E ha ancora tanta strada da poter fare in bottiglia, vantando 48 mesi in barrique, più di due in vetro, come spiega Silvia Allegrini. Ne sono state prodotte 5mila bottiglie “normali” e 500 magnum. “Ora l’etichetta si riappropria del suo nome e della antica storia e riappare, pur non essendo mai scomparso, sulle tavole dei consumatori”, dice orgogliosa Marilisa. Una storia che risale a quando l’antenato Allegrino Allegrini si batteva, a metà Cinquecento, per la conquista di preziose “fontanelle sorzive” situate proprio su questo particolare terreno dell’Alta Valpolicella. Giovanni Allegrini, padre di Walter, Marilisa e Franco, ne era orgoglioso perché grazie all’ottima esposizione ad oriente, lì le uve godevano e godono tuttora di una maturazione equilibrata. “La sua qualità è frutto di un’attenta selezione dei migliori grappoli di Corvina (45%), Corvinone (45%), Rondinella (5%) e Oseleta (5%) – spiega Lady Amarone - Alla base di questo vino c’è la convinzione esplicita di preservare la complessità delle uve attraverso un processo di appassimento che punta a mantenere il frutto totalmente integro oltre ad un delicato e paziente affinamento in botti di rovere”. Un’edizione limitata che ha tutti i numeri per stupire. il Sommelier | n. 4 - 2017

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di Alice Lupi

Andiamo a vendemmiar Se la festa vendemmiale, un tempo, era ristretta ai lavoratori della vigna, oggi, lo spazio sacro, del prezioso raccolto di fine estate-inizio autunno, ha allargato il cerchio, radunando attorno a sé numerose persone che vogliono celebrare, nella legittimità dell’adunanza, i risultati e i valori.

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oltissimi tra esperti, professionisti e amanti del mondo enoico affermano che il vino sia cultura, ma la maggior parte degli appassionati mette al primo, forse unico, posto la mera degustazione. Per quanto abbia una valenza di non secondaria importanza, l’assaggio, seppur attento e dovizioso, rimane pur sempre l’ultimo atto di un processo più grande. I sostenitori del vino, quale cultura, tentano di spostare l’attenzione dei winelover su altri importanti aspetti con idee ed eventi che possono essere coinvolgenti, come la vendemmia la quale veicola un messaggio molto positivo. La raccolta del’uva non è semplicemente un rito antico, ha un forte significato, non solo perché un tempo si legava all’aspetto divino attraverso il quale si esorcizzava la minaccia della natura sui raccolti, ma anche perché esso è pregno di valori, basti pensare che da sempre è il risultato concreto di un lavoro lungo un intero anno. Per la Cantina Dorigati, ad esempio, il fine vendemmia è caratterizzato da un gesto tradizionale tipico dell’area 38

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rotaliana: il lancio in aria dei cadini (imbuti per raccogliere l’uva). Un segno che il tempo dei vignaioli è oramai liberato dal lavoro e si dà il via a “La festa delle vigne” - per dirla come il titolo del libro di Ulderico Bernardi - che è la ricompensa dei sacrifici, la premiazione delle fatiche profuse. Ma è anche la celebrazione della promessa sociale, tramandata e mantenuta, che i sacrifici diano frutto. Se la festa vendemmiale, un

tempo, era ristretta ai lavoratori della vigna, oggi, lo spazio sacro, del prezioso raccolto di fine estate-inizio autunno, ha allargato il cerchio, radunando attorno a sé numerose persone che vogliono celebrare, nella legittimità dell’adunanza, i risultati e i valori. Passando da essere, il raccolto dell’uva, mera festa dei vignaioli a festa dei vignaioli e del pubblico. Dal 1993 gli aderenti al Movimento Turismo del Vino (MTV) hanno aperto le porte delle cantine


ai visitatori con l’intento di mostrare loro i luoghi e gli attrezzi dove avviene l’intero processo enologico. Un cambiamento per i consumatori che ha segnato un nuovo modo di pensare il vino. Tale evento è stato un successo, che si conferma nel tempo, tanto che MTV ha lanciato, nel 1997, un ulteriore appuntamento “Benvenuta Vendemmia” (divenuto poi “Cantine Aperte in Vendemmia”) che ancora oggi si svolge. Dal 2011 anche l’Associazione Strada del Vino Soave, all’interno dell’operazione culturale “Adotta Una Garganega”, volta a tutelare il paesaggio locale, ha offerto all’adottante una serie di diritti tra i quali la possibilità di partecipare alla vendemmia del filare (50 viti) che sostiene economicamente.

La presenza, voluta e cercata, di partecipanti (che di fatto sono soggetti estrani al team aziendale) durante questa fase topica è qualcosa che è partita vent›anni fa ma, recentemente, si è largamente diffusa anche per iniziativa delle singole aziende vitivinicole. Spesso per aderirvi si paga un qualcosa a titolo di costo di partecipazione, di ticket… e si assiste all’atto, si guarda, si osserva, in altri casi si fa esperienza di vendemmia attraverso la raccolta, la pigiatura. Una precisazione va fatta. La condivisione con i visitatori, durante questo momento cardine, non è stata solo una volontà delle azienda del settore, anche molti winelover premevano per assistere alla fase di raccolta dell’uva. L’incontro di queste due

volontà ha portato gli appassionati in vendemmia. Così, oggi, molte cantine vitivinicole invitano i clienti a partecipare a questa pratica pur non essendo addetti ai lavori. Curiosi e appassionati si apprestano con entusiasmo a prendervi parte. Molti inviti sono pubblici, basta prenotare. Sappiamo tutti che non ci si improvvisa vendemmiatori, ma l’intento di fondo è quello di far vivere un esperienza, seppur singola, che possa allargare il frame sul mondo del vino per andare oltre alla mera degustazione. Ma al contempo c’è un bisogno di aggregazione, di comunità, di riconnettersi con la natura, di far proprio un messaggio positivo tipico della società tradizionale: il sacrificio frutta.

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di Roberto Rabachino – fonte Mipaaf

#IoNonSpreco:

consigli e informazioni pratiche per ridurre gli sprechi alimentari tra le mura domestiche Bastano piccoli gesti quotidiani per ridurre sensibilmente le perdite di cibo attraverso un consumo più consapevole e sostenibile.

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l Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che è stato reso pubblico il vademecum “Io Non Spreco”. Si tratta di una lista di consigli e informazioni pratiche per combattere gli sprechi alimentari: dalla lista prima di fare la spesa alla lettura della data di scadenza, dalla corretta conservazione degli alimenti all’impiego degli avanzi in nuove ricette. Il 50% degli sprechi avviene ancora in casa, ogni anno infatti in Italia finiscono nella spazzatura 12 miliardi di alimenti. Bastano piccoli gesti quotidiani per ridurre sensibilmente le perdite di cibo attraverso un consumo più consapevole e sostenibile. “Ad un anno dall’entrata in vigore della legge contro lo spreco alimentare - ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina -, il

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cibo recuperato e donato ai più bisognosi è aumentato arrivando sempre più vicino all’obiettivo di un milione di tonnellate. Si tratta di una delle più importanti leggi che abbiamo approvato dopo expo. Una colonna portante dell’impegno del nostro paese verso modelli di sostenibilità che partono proprio dall’azzeramento degli sprechi”.

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Testo e foto di Jimmy Pessina

La Cina,

primato mondiale dello sviluppo economico, tecnologico e turistico La Cina non è una destinazione per turisti, ma soltanto per grandi viaggiatori. I primi rischierebbero di trovarla alquanto monotona e priva d’interessi; soltanto i secondi sono in grado di apprezzarne le indubbie peculiarità. Non si tratta comunque di una meta facile.

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a Cina è una Repubblica Popolare: il potere è esercitato dal solo Partito Comunista Cinese. Il governo, che ha sede nella capitale Pechino, esercita la propria giurisdizione su ventidue province, cinque regioni autonome, quattro municipalità direttamente controllate: Pechino, Tientsin, Shanghai e Chongqing; due le regioni amministrative speciali: Hong Kong e Macao. Le fondamenta della nuova Cina risalgono alla metà del secolo scorso (1949) con l’unificazione nazionale dovuta alla grande capacità di un personaggio di primissimo piano: Mao Tse-tung, che viene comunemente chiamato

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Presidente Mao, il grande Timoniere. All’apice del culto della personalità, Mao era comunemente noto in Cina come il “quattro volte grande”: “Grande Maestro, Grande Capo, Grande Comandante Supremo, Grande Timoniere”. A lui si deve la bandiera nazionale rossa con cinque stelle: la più grande l’ha dedicata al popolo cinese, le quattro stelle più piccole: i contadini, a lui molto cari, la seconda agli operai, la terza ai piccoli proprietari e la quarta alle piccole etnie. Alla morte del presidente Mao nel 1976, i successori hanno tenuto fede agli

ideali della democrazia del popolo, proseguendo nello sviluppo economico e sociale. L’area geografica Con una sua superficie di circa 9 572 900 chilometri quadrati la Cina è, per estensione, la terza al mondo. Il paesaggio della Cina è notevolmente diversificato: va dalle steppe ai deserti dei Gobi e del Taklamakan nell’arido nord, alle foreste subtropicali e umide del sud. L’Himalaya, il Karakorum, il Pamir e il Tian Shan, sono le catene montuose che separano la Cina meridionale dall’Asia centrale. Il Fiume Azzurro e il Fiume Giallo, rispettivamente


il terzo e il sesto più lunghi del mondo, scorrono dall’altopiano del Tibet verso la costa orientale densamente popolata. La costa della Cina, lungo l’oceano Pacifico misura circa 14.500 chilometri ed è delimitata dal mare di Bohai, dal mar Giallo, dal mar Cinese Orientale e dal mar Cinese Meridionale. Il nostro viaggio inizia proprio dall’ultima stella: le piccole etnie della Mongolia Interna, patria del grande condottiero Gengis Khan e dalla Prefettura Autonoma di Gansu, di fatto un’enclave tibetana. Per la maggior parte della sua storia la Mongolia Interna centrale e occidentale, soprattutto la regione

di Hetao, era alternativamente controllata da agricoltori Cinesi del Sud e Mongoli nomadi del Nord. Invece la Mongolia Interna Orientale è stata una parte della Manciuria e la sua storia consiste più nell’alternanza tra diversi gruppi piuttosto che tra agricoltori e nomadi. Questa regione presenta un ambiente aspro formato essenzialmente da steppe infinite, qualche foresta e una porzione di deserto del Gobi, un altipiano ondulato ad un’altitudine media di 1.500 m (ma con cime che arrivano a 4.356 m) con forti escursioni termiche diurne e stagionali, scarse precipitazioni, forti venti e una rete

stradale quasi inesistente, dove il principale mezzo di locomozione per questo fiero popolo di pastori seminomadi disseminati tra steppe e deserti è ancora rappresentato dal cavallo e dal cammello, solo di recente affiancati dalle moto. Un paesaggio infinito, dolce e vivace, tra il verde tenero delle praterie punteggiate da mandrie di cavalli selvaggi, cammelli a due gobbe e yak e le bianche gher, case dei nomadi, e il giallo ocra delle dune che cela uno dei maggiori cimiteri di dinosauri della terra. Eppure un simile contesto ambientale nel 1200 diede vita ad uno dei maggiori imperi dell’Eurasia. Il merito fu tutto di Gengis Khan, il Sommelier | n. 4 - 2017

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il mongolo più famoso e uno dei più geniali condottieri e politici di tutta la storia, che fu capace di trasformare dei pastori individualisti in un’invincibile armata, in grado di conquistare in pochi decenni un territorio che si estendeva dalla Cina settentrionale al mar 44

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Nero, dalla Corea alla Polonia, dall’Indocina fino alla Persia e alla Crimea. Questa regione possiede un clima molto secco e si trova nella parte centro-settentrionale della Cina. La Mongolia interna è un altopiano caratterizzato da deserti di sabbia, roccia e ghiaia

che a est degradano in fertili steppe. Questa regione, delimitata a est dalla boscosa catena del grande Khingan, comprende pianure ondulate divise da aridi piani rocciosi. Il capoluogo è Hohhot. Da non perdere una visita al Mausoleo di Genghis Khan, terminato di costruire nel 1957 per volontà del Presidente Mao, si trova a pochi chilometri della città di Ordos e comprende tre edifici che evocano le iurta mongole. In realtà non si conosce il vero luogo della sepoltura del condottiero mongolo, poiché alla sua morte il corpo venne riportato in Mongolia dalle migliaia di suoi seguaci. Ogni anno i Mongoli di Darhut, discendenti di Genghis Khan, partecipano alla grande cerimonia di sacrificio agli antenati. In questi anni a Xiangshawan, sulle sabbie del Deserto del Gobi, si trova una costruzione che sembra fluttuante e galleggiante in questa terra desola. Ma il Desert Lotus Hotel, immerso nel deserto del


Kabuqi, questo luogo esprime tutta la sensorialità e il fascino di questi spazi solitari. Corse con cammelli, gite tra le “dune che cantano”, seminari di yoga sono tra le attività che si possono praticare in vacanza in questo luogo. Tra le attrattive anche una ferrovia. La Prefettura di Gansu Interessante un viaggio per scoprire la provincia di Gansu, ai confini con Tibet, ancora molto poco frequentato dai turisti stranieri. Qui si respira la spiritualità dei monaci e il cibo è a base di carne (yak in primis), spezie, farine di orzo e legumi. Da non perdere una visita al monastero di Labrang a Xiahe. “Questo è un luogo di studio e di preghiera”. La nostra guida, ci introduce nel passaggio sul piccolo ponte, in legno, sospeso sul fiume Xia He. Pochi passi ed entriamo a Labrang, città-monastero abitata da 2mila monaci tibetani, nel cosiddetto Piccolo Tibet, prefettura

autonoma della provincia del Gansu, a nord della Cina. Tante le curiosità da scoprire: una grande Stupa per la conservazione delle reliquie, la pagoda del Gongtang, che custodisce le ceneri del Gongtang Lama, i “mulini di preghiere” con i rulli girevoli con le incisioni dei Sutra, le preghiere tibetane, e altro ancora. A 250 km Labrang, Lanzhou, è uno dei 6 monasteri dei “cappelli gialli”, i monaci più ortodossi. Fondato nel 1709, oltre che luogo di culto è la più importante accademia di Tibetologia al mondo, sorta di cittadella “universitaria” dove i giovani monaci studiano medicina tibetana, scienza tramandata oralmente con ripetizioni mnemoniche. Le tonache rosse camminano distratte tra centinaia di fedeli in coloratissimi abiti tradizionali, la pelle del viso segnata dal sole. Siamo gli unici occidentali e gli sguardi interrogativi lasciano intuire curiosità e un pizzico di

diffidenza. L’aura spirituale che pervade questo luogo dell’anima è disturbata solo da qualche segno d’inarrestabile modernità: qualche ragazza più alla moda gioca con il cellulare e un gruppo di monaci-studenti finisce di bere l’ultimo bicchiere di Coca Cola. Sarebbe uno spot perfetto per la multinazionale americana. A Linxia, da 7 anni, nel mese di giugno, si tiene il la “The Silk Road International Tourism Exposition”, alla quale partecipano circa 40 Nazioni, una via di mezzo tra una nostra BIT e L’EXPO. Dove ogni nazione presenta la propria tradizione turistica e gastronomica. Da non perdere una crociera notturna sul Fiume Giallo, per lo spettacolo di fantasie luminose che solo i cinesi sanno fare. Sempre nella regione di Gansu, in un immenso altopiano a 3.200 d’altitudine si trova la più alta e rigogliosa prateria del pianeta, vero paradiso per gli allevatori di ovini, bovini e equini. il Sommelier | n. 4 - 2017

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Redazione Centrale Il Sommelier

Emanuele Costantini è il Miglior Sommelier dell’Anno – Trofeo Rastal Alla Stazione Leopolda di Firenze, all’interno della manifestazione Vinoè 2017, il Concorso Miglior Sommelier dell’Anno FISAR 2017 – Trofeo Rastal.

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olti sono stati i momenti emozionanti vissuti durante l’Assemblea Nazionale di Firenze di questo inizio novembre. Indiscutibilmente il concorso per leggere il Miglior Sommelier FISAR è, da sempre, il più seguito e il più amato dal variegato pubblico degli associati FISAR e non solo. Il concorso vede la storica partnership con la Rastal, azienda leader nel settore calici e bicchieri professionali e la collaborazione del Consorzio Vini Cortona. Dopo una selezione che ha visto i quattro coordinamenti FISAR eleggere al proprio interno i migliori, a Firenze nelle giornate di sabato 4 e domenica 5 novembre 2017 si sono svolte le finalissime. La giuria era composta da Claudio Genova – Presidente, Carlo Guzzardi – Consigliere delegato dal Presidente Nazionale, Lorena Lancia – 1°classificata al Concorso Miglior Sommelier 2016, Luca Canapicchi – delegato dal

Coordinatore Unico dei Servizi e Mara Ferri – Marketing & Merchandising Manager di Rastal. Alla finalissima hanno concorso Luca Agostinetto della Delegazione di San Donà di Piave, Elena Caldera della Delegazione di Biella, Emanuele Costantini della Delegazione Le Due Valli - Cecina, Nicola Furlan della

Delegazione di Treviso, Michele Giurlani della Delegazione di Montecarlo, Ezio Biagio Gorretta della Delegazione di Alessandria, Cristina Lazzari della Delegazione di Treviso, Simone Zanin della Delegazione di Bologna e Olena Znakharyeva della Delegazione di Milano. La classifica finale premiava Olena

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Znakharyeva e Luca Agostinetto rispettivamente al secondo e terzo gradino del podio. Vincitore del Concorso Miglior Sommelier FISAR 2017 – Trofeo Rastal il rappresentante della Delegazione Le Due Valli - Cecina Emanuele Costantini, sommelier residente a Rosignano Marittimo (LI). A lui, oltre al Trofeo Rastal, alla copertina della rivista Il Sommelier e al Tastevin d’Argento, un soggiorno per due persone con “visita didattica del territorio” offerto dal Consorzio Vini Cortona e la loro prestigiosa bottiglia commemorativa. La cerimonia di premiazione è stata presentata da Tessa Gelisio, scrittrice e conduttrice televisiva.

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di Valerio Sisti – componente Giunta Nazionale FISAR

FISAR si rifà il look On-line il nuovo sito fisar.org FISAR si rinnova completamente: a partire del nuovo Logo dell’Associazione, passando per tutta la comunicazione visiva e naturalmente senza tralasciare il proprio sito.

F

ISAR.org cambia veste. Non solo un restyling, ma un rifacimento totale, strutturale e grafico, affidato alla Società Brand Made che ha vinto il bando per la comunicazione e l’ufficio stampa. Un nuovo sito più fluido e moderno, con una grafica accattivante, moderna e funzionale. Occorre dichiarare subito qual è

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stato l’obiettivo dell’operazione: creare un sito rivolto al mondo esterno, che ancora non conosce FISAR e che potrebbe essere interessato ad essa. Una vetrina dunque, che ha lo scopo di catturare l’attenzione dei cosiddetti “wine-lovers”, appassionati di vino che ancora non sono nostri Soci e non hanno frequentato i nostri corsi.

Con questo obiettivo in testa sono cominciati i lavori. Il nuovo sito, sempre corrispondente all’indirizzo www.fisar.org, è un sito responsive, come i device di oggi richiedono. È stato progettato con le più avanzate tecnologie grafiche, che consentono una navigazione dinamica, emozionale, ma sempre chiara ed immediata. Infine molto più ricco di contenuti.


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Proprio questi saranno la vera novità del nuovo sito di FISAR: innanzitutto la pagina delle Delegazioni, più snella, graficamente accattivante e con tutti i contatti necessari. Per offrire un servizio aggiuntivo è

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stato inserito l’elenco dei corsi in partenza che, a differenza del vecchio sito dove venivano caricati solo quelli approvati dal CTN e dalla Segreteria, comprenderà tutti i corsi programmati anche a lungo

termine, anche se non ancora approvati. La ragione di questa scelta è dar modo ai visitatori del sito di vagliare l’offerta formativa nella loro area di residenza anche in un lasso di tempo più ampio, adeguato alla programmazione di


un investimento di tempo e soldi quale l’iscrizione ad un corso per aspiranti Sommelier richiede. Non solo Delegazioni. Anche le iniziative nazionali ed internazionali inerenti al mondo del vino troveranno spazio nella nuova pagina “agenda”, dove Soci e non potranno consultare in maniera semplice ed efficace tutte le principali iniziative locali, nazionali ed internazionali del nostro settore, ad esempio Vinoè, passando per Vinitaly fino a ProWein… e molte altre ancora.

Altra novità assoluta di questo nuovo dito FISAR è la sezione tecnica, dove sono presenti il Glossario dei principali termini enologici (a cura del CTN) e la descrizione dei vitigni italiani e internazionali (in via di definizione - a cura di Slow Food), che si aggiungono alla parte sulla degustazione già presente nel vecchio sito, che è stata snellita e semplificata. Una precisazione: i Soci già Sommelier non visitino queste pagine pensando di trovarvi contenuti da enciclopedia del vino,

non sarà così. Saranno contenuti pensati per un pubblico ancora inesperto, colui che potrebbe essere il nostro prossimo corsista. Con lo stesso taglio sono state pensate le altre pagine che compongono il nuovo fisar.org, come ad esempio quelle utilizzate per spiegare i nostri corsi e per promuovere la nostra offerta formativa. Anche la rivista “Il Sommelier”, uno dei tanti fiori all’occhiello di FISAR, troverà il gusto spazio nel nuovo sito. Quattro articoli tra i più prestigiosi, oltre all’editoriale del Direttore, verranno pubblicati e sarà possibile da questi atterrare alle pagine per la consultazione online dell’intera rivista. L’area riservata, sia per i Soci che per le Delegazioni, per il momento rimarrà tale. È però in cantiere il progetto del suo rifacimento, cominciando dal database fino all’interfaccia grafica che è ciò che vediamo tutti noi come utilizzatori. Ancora un’altra novità è rappresentata dalla sezione Wine Stories, ovvero articoli scritti da Sommelier FISAR che trattano i temi più disparati, territori di produzione, itinerari enogastronomici o personaggi di rilievo del nostro settore. Numerosi articoli brevi, interessanti ed intensi, che verranno caricati con frequenza settimanale. Le novità sono dunque tante. Per scoprirle basterà navigare in rete, dato che gli aggiornamenti saranno costanti. FISAR è al passo con i tempi, lo è nella formula del suo congresso, nella comunicazione visiva, nelle partnership con importanti realtà del nostro mondo, lo sarà nel nuovo statuto e ora anche nella sua presenza online: il nuovo sito www.fisar.org, la nostra nuova meravigliosa vetrina. il Sommelier | n. 4 - 2017

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Fonte Consorzio di tutela dei vini D.O.C. Cortona

Cortona Doc: il Syrah più amato dagli italiani Ogni anno è tra i vini più premiati dalle guide internazionali. Da poco è stato protagonista di un seminario-master in Sicilia, altra patria del vitigno in questione, come esempio di grande qualità.

I

l Syrah a Cortona è ormai uno dei vitigni più utilizzati dalle aziende del territorio tanto che oggi l’80 per cento circa della produzione Doc fa proprio riferimento a questo vitigno che, dal nome, non sembrerebbe così autoctono. Eppure la scienza e alcuni studi in questi anni avrebbero dimostrato il contrario. Numerose sono state le notizie di

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arrivo di questo vitigno e molte regioni e/o parti del mondo si sono annoverate la sua origine. In realtà il Syrah è un vitigno di origine francese o almeno i suoi progenitori lo sono, in quanto da uno studio genomico del suo Dna del Syrah si parla proprio della sua nascita nella valle del fiume Rodano. La rivendicazione dell’origine da parte di altre località

come ad esempio, per quanto riguarda l’Italia, la città di Siracusa, deriverebbe invece da trascrizioni errate del nome del vitigno fatte nel corso dei secoli. Questo lo si evince da numerosi testi presenti presso la biblioteca La Vigna, biblioteca di Vicenza specializzata in testi sull’agricoltura e sulla viticoltura in particolare. Veniamo però a Cortona. Per quanto


riguarda l’arrivo del vitigno Syrah presso la Toscana si pensa che uno dei primi a portarla sia stato il Conte di Montecarlo di Lucca, nei primi del Novecento, di ritorno da un viaggio in Francia, fino ad arrivare per raccolte private prima nel territorio aretino, infine nel cortonese. Le prime testimonianze recenti di Syrah utilizzato a Cortona per produrre vini di qualità risale agli anni Sessanta del secolo scorso, quando alcune aziende private, trovandone traccia nei propri vigneti, decisero di coltivarlo e prima ancora di sviluppare delle indagini intorno alla sua origine genomica. Co l’ausilio del professor Attilio Scienza e dell’Università di Milano, vennero eseguite, ad inizio degli anni Settanta del secolo scorso, minuziose ricerche sulle caratteristiche del terreno e sulle caratteristiche del clima nel cortonese. Alla fine del percorso

di studio e ricerche, fu quind iimpiantato un vigneto definito “sperimentale”, dove furono sistemate diverse varietà e cloni di Syrah al fine di identificare quale tra questi meglio si identificasse con il microclima cortonese. Durante questo studio venne evidenziata anche la similarità del clima cortonese con quella della costa del Rodano, zona vitivinicola oggi riconosciuta a livello mondiale patria del Syrah. È per l’importanza di questo vitigno nella zona della Doc che nel 2004 a Roma sono stati invitati da alcuni produttori di Cortona Doc Syrah produttori di questo vino da tutto il mondo dando vita con l’occasione ad un vero e proprio “Club del Syrah”. Il vino nella storia a Cortona. Ancora oggi Cortona, dall’alto dei suoi 585 metri, si affaccia sul panorama vasto ed armonioso della Valdichiana, punteggiato

da ville e casali, tra vigneti ordinati, testimoni dell’antica e storica prelibatezza dei suoi vini. E se Plinio il Giovane parla di un pregiato vino bianco cortonese di nome Etesiaca, il buongustaio papa rinascimentale, Paolo III, amava fare grandi provviste del prodotto di questi vigneti, mentre Giosue Carducci trovava spesso la sua ispirazione poetica solo di fronte ad un bariletto dello “stupendo vino” di Cortona. L’origine geologica dei terreni del comprensorio di Cortona è essenzialmente riconducibile ai periodi del Miocene inferiore, del Pliocene superiore e del Miocene. Dal punto di vista litologico, il territorio è caratterizzato da arenarie, marne e scisti, con presenza di depositi fluvio-lacustri, di argille e di detriti di falda. La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione d’origine il Sommelier | n. 4 - 2017

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controllata “Cortona” ricade nella provincia di Arezzo e comprende i terreni vocati alla qualità di parte del territorio amministrativo del comune di Cortona. Oggi gli ettari interessati dalla produzione della Doc sono oltre 300, ma il potenziale è in espansione. Si produce ogni anno circa un milione di bottiglie contraddistinte dalla fascetta Cortona Doc, una denominazione ampia, dominata tuttavia dalla produzione di Syrah, Merlot e Sangiovese. Il Consorzio Vini Cortona Costituito nella primavera del 2000, il Consorzio svolge la funzione di controllo e tutela dei vini a D.O.C. Cortona e ne diffonde la conoscenza con un’efficace attività culturale, divulgativa e promozionale. Protegge l’immagine ed il prestigio della denominazione

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con continui controlli di qualità ed intraprende iniziative di carattere culturale tendenti a far conoscere nel mondo Cortona, il suo territorio ed i suoi vini. Le condizioni ambientali, la naturale vocazione dei luoghi e dei suoli,

la tradizione e la cultura del vino hanno portato al diffondersi di una viticoltura di estrema qualità ed alla produzione di vini di grande pregio. Il Consorzio ha il compito di interpretare, trasmettere e garantire questa qualità.


di Claudio Zeni

La Stella Michelin di Luca Landi spende sul Lunasia Roof dell’Hotel Plaza e de Russie a Viareggio La cucina di ricerca di Luca Landi, senza rinunciare a una tecnica raffinata, si riveste di concretezza quotidiana in ricette classiche completata da una ricca carta dei vini.

L’

esperienza al Green Park Resort di Tirrenia, con il “macaron” Michelin conquistato da Luca Landi, splende adesso nel più suggestivo Roof dell’hotel Plaza e de Russie di Viareggio, la terrazza che domina l’intero corso della celebre ‘Passeggiata a Mare’ e un ampio tratto di costa. Sul terrazzo dell’hotel vi è il “giardino delle erbe” dello chef, con quaranta varietà di erbe spontanee, che troviamo poi in alcuni suoi piatti. Queste colture nascono dalla sua amicizia con Marco Pardini, naturopata e omeopata viareggino, profondo conoscitore della natura nella terra lucchese, con il quale ha trascorso intensi periodi a “caccia” di piante autoctone sui pendii delle Alpi Apuane. Un’antica passione che del resto non ha mai nascosto, perché “contadino sono nato”, ama ripetere con una punta di orgoglio lo chef. Una decisa svolta “country local” dunque, che per il Sommelier | n. 4 - 2017

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LA RICETTA

Bianco di muggine all’agro con lattuga e limone Ingredienti per 4 persone: • 2 muggini (o cefali dir si voglia) da 800 gr sfilettati e spellati • 150 gr tra sedano, carote e cipolle in parti uguali tagliati a cubettini • 1/4 d’arancio • 6 grani di pepe nero • 500 gr di acqua • 100 gr vino bianco secco • 2 foglie d’alloro • 300 gr cuore di lattuga • 600 gr foglie esterne della lattuga • 70 gr mascarpone • 3 cucchiai di olio extravergine d’oliva • 200 gr yogurt magro • la scorza micro-grattata di 1 lime • 120 gr mollica di pane integrale sbriciolata • olio extravergine d’oliva • qualche fogliolina piccola del cuore del cesto della lattuga • sale pepe olio extra vergine La crema di lattughe Sbianchite in acqua bollente salata le foglie più interne della lattuga, freddatele in acqua e ghiaccio. Scolate strizzando bene per eliminare l’acqua che può avere assorbito. Mettetele in un frullatore con la lattuga verde cruda ed il mascarpone. Iniziate a frullare aggiungendo l’olio. Frullate per ottenere una crema verde brillante e molto liscia, aggiustate di sapore con sale e pepe. Riservate in frigorifero La salsa yogurt al lime Grattugiate finemente la scorza di un lime ed aggiungetela allo yogurt, condendo leggermente con olio, sale e poco succo di lime. Riservate in frigorifero Il muggine poché Prendere i filetti di muggine, deliscateli e spellateli con cura tagliando via anche la parte scura che si trova tra la pelle la polpa bianca. Tagliando per la lunghezza ottenete dei piccoli tronchetti. Immergete le verdure tagliate, l’arancio a pezzetti, il pepe in grani e l’alloro nell’acqua e vino bianco, portate ad ebollizione e cuocete per 8/10 min. Al momento di servirli immergeteci per 4 minuti il muggine, leggermente condito con sale. Finitura e presentazione del piatto Scolate il pesce dal liquido di cottura, ed anche le verdure asciugandole con carta assorbente. Collocare quest’ultime in un recipiente e unirle alle briciole di pane che nel frattempo avrete tostato in padella con olio e sale. Schizzate il piatto di portata con la salsa di lattughe e lo yogurt al lime, ricoprite i tronchetti di pesce con il mix condito di verdure e pane, in fine sistemateli in ordine sparso sul piatto. Condire con olio a crudo.

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Luca Landi è diventata attitudine quotidiana. Fino alla creazione di questo piccolo orto-giardino che si unisce alla sua cucina, dove troviamo le memorie sempre vive della Garfagnana e del Tirreno, dove ha visto pescare, ha pescato, ha imparato a scegliere il pesce. La cucina di ricerca di Luca Landi, senza rinunciare a una tecnica raffinata, si riveste di concretezza quotidiana in ricette classiche come il cacciucco, la trabaccolara, il gran crudo, il trancio di pescato, il gran bollito, sempre ideati e realizzati sul filo della creatività, come i tagliolini di cereali ai ricci e cicale e la carbonara di mare, preparata al tavolo, alla lampada, in ricordo della sua prima

esperienza da Angelo Paracucchi a Sarzana. E non mancano piatti di terra di superba esecuzione come la starna, le costolette di cinghiale, l’anatroccolo. Un menu degustazione in dieci portate, chiamato “Ad maiora” accompagna la cena attraverso alcuni dei piatti “cult” di Luca Landi. E la proposta punta poi su altri tre percorsi: “Per conoscerci” in tre portate, “Gli ingredienti dell’Angelo” a richiamare gli esordi ripensati nel tempo, e “Gli ingredienti in carta libera”, cinque piatti a piacere dello chef. Ma la vera novità è il menu per il pranzo. Con gli stessi piatti della Grande Carte declinati però anche in versione “tapas”, in assaggi e con prezzi ridotti

per una colazione sfiziosa in un percorso di grande gusto. Accanto, due menu degustazione, “Desinare in Versilia” in omaggio al maestro Paracucchi, mentre l’altro può essere costruito in un gioco tra scelte e sorprese dalla cucina. A completare la proposta della carta, una ricca lista dei vini curata dallo stesso Luca Landi e dal direttore di sala Claudia Parigi.

Abbinamento al piatto di Nicola Masiello La preparazione dello Chef Luca Landi, che ringrazio per la gentilezza riservataci, va

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Ogni vitigno apporta al vino il proprio carattere varietale per arrivare ad una eleganza olfattiva e gustativa che richiama il floreale di violetta, il sottobosco appena maturo con lampone e fragola, un elegante frutto rosso in maturazione. Al gusto è caldo, leggermente fresco di acidità, in buon rapporto con alcool e zuccheri residui, sapidità leggera, di beva elegante e capace di dare percezioni sensoriali, in abbinamento cibo/ vino, veramente piacevoli.

posizionata come antipasto al nostro ipotetico menù Natalizio. Una ricetta relativamente semplice che richiama ad un abbinamento in linea con la scaletta del menù è rispondente a requisiti di marcata eleganza e finezza senza mostrare la forza dell’alcol. La preparazione del piatto implica passaggi diversi per arrivare al suo equilibrio, sostanzialmente lo considero un piatto da servire a temperatura ambiente; gli ingredienti non lo marcano molto, ed i sapori risultano lineari, con note di vegetale fresco e una leggera nota acida a compensare la leggera grassezza; la consistenza e la concentrazione 60

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sono medie . Alla vista risulta una bella tavolozza cromatica , al gusto un piatto che gioca molto sul contrasto degli ingredienti ,confermato il tutto anche nella componente morbidezza/ croccantezza. Per l’abbinamento ho scelto il Piet Rosè - IGP Toscanadell’Azienda Agricola Baldetti Alfonso in loc. Pietraia,71/A –Cortona- Ar. Un vino Rosato ottenuto da uve che rappresentano la tradizione e la modernità del comprensorio enologico Cortonese: Sangiovese, Syrah e Merlot, sapientemente vinificato per raggiungere un colore rosa antico ed affinato per 6 mesi in acciaio.


di Lara Loreti

Metti una sera a cena a Montecarlo con Fulvio Pierangelini Le portate, chice gustose,si susseguono una dopo l’altra. E ad attirare l’attenzione degli ospiti, tra produttori vinicoli, imprenditori agricoli e manager industriali, sono anche i vini tipici delterritorio.

L

a serata inizia con una passatina di ceci con gamberi e olio evo, piatto simbolo di Fulvio Pierangelini. Lui è seduto in un tavolo elegante, tra fiori e candele, insieme con altre persone che si prodigano per rendere la sua serata speciale. Siamo a Montecarlo, nel cuore della Lucchesia, nel ristorante Forassiepi: il cuoco dello storico

locale montecarlese, Antonio Pirozzi, omaggia così il grande chef, pluristellato, fondatore del Gambero rosso, ristorante cult di San Vincenzo. La cena di gala è all’aperto e la vista è stupenda. Da lassù si possono ammirare sia il versante lucchese sia quello di Montecatini. Il verde circonda a 360 gradi questa affascinante collina nel cuore della Toscana.

Oltre cento gli ospiti, e tra autorità e personaggi della cultura, non manca la Fisar: presenti il vicepresidente nazionale Filippo Franchini e la delegazione di Montecarlo, rappresentata da Giorgio Bimbi. Ma cosa ci fa Pierangelini nel bellissimo paesino alle porte di Lucca? La storia è lunga e affascinante. E a tirarla fuori è Gino Fuso Carminagni, anima di Montecarlo, ristoratore storico e vignaiolo appassionato. Ma facciamo un salto nel passato. Il giovane Fulvio, adolescente brillante, è già un amante della cucina, da consumatore, e adora anche il mare. È per questo che nella meravigliosa San Vincenzo (in provincia di Livorno) frequenta un ristorante proprio a un passo dalla spiaggia. A gestire quel locale è Duilio Pieraccini, talentuoso chef di Montecarlo di Lucca. Fulvio, nato a Roma nel 1953 ma da sempre in Toscana, lì è di casa e spesso si aggira tra fornelli e tavoli, a caccia di qualche prelibatezza da gustare. Un giorno,a fine stagione, succede l’inimmaginabile per il Fulvio di quei tempi. Nel ristorante si presenta all’improvviso un gruppo di turisti. Pieraccini è in difficoltà e chiede aiuto a Pierangelini, che in quel momento si trova lì in cucina. il Sommelier | n. 4 - 2017

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È la prima volta che si cimenta sul serio ai fornelli, di solito si limita a guardare e assaggiare. Una prova in cui Fulvio non delude. Nonsolo non si tira indietro, ma dà il meglio di sé. È nata una star, anche se nessuno ancora lo sa. E Montecarlo ne è stata in qualche modo testimone. Ecco che allora in occasione della cinquantesima Festa del vino della cittadina, lo chef del Gambero rosso diventa l’ospite d’onore. “Sono molto emozionato e lusingato di stare qui – ha detto il maestro – Questo invito mi ha riempito di soddisfazione, mi sento a casa”. E infatti l’esordio ai fornelli con il montecarlese Pieraccini è sempre rimasto nel cuore del grande chef. E per crederci basta soffermarsi sul suo sguardo commosso quando riceve in dono dalla comunità, rappresentata dal sindaco Vittorio Fantozzi, un quadro di Roberto Pasquinelli, “Serata Invernale alla 62

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Fattoria del Teso” che raffigura il romantico paesaggio collinare. “Quando ho proposto a Pierangelini di essere ospite a Montecarlo ne è stato entusiasta – racconta Gino Fuso Carmignani – Fulvio sente forte il legame con il territorio, con questo in particolare.

E per noi è un onore. In fondo la crescita di Montecarlo è pari a quella della cultura dell’enologia che si intreccia alla gastronomia: un legame straordinario, destinato ad andare avanti nel tempo”. Ma torniamo alla cena. Le portate, chice gustose, si


susseguono una dopo l’altra. E ad attirare l’attenzione degli ospiti, tra produttori vinicoli, imprenditori agricoli e manager industriali, sono anche i vini tipici del territorio. Bollicine, bianchi, rossi e vini dolci offerti da tutti i 16

vignaioli del Consorzio del vino di Montecarlo doc. A servirli sono i sommelier della Fisar, impeccabili nello smoking arricchito dall’immancabile taste vin. “La nostra delegazione è una delle più piccole d’Italia, ma siamo anche

tra i più attivi – dice con orgoglio il delegato Bimbi – Abbiamo creduto da subito nella famiglia Fisar, di cui ci sentiamo con entusiasmo parte integrante. Il nostro impegno è stato sempre al massimo e abbiamo voglia e motivazione di andare avanti con determinazione, tenendo alta la bandiera della federazione. Questa bellissima cena ne è l’esempio”. Emozionato e soddisfatto il vicepresidente Fisar Franchini: “Tengo molto ar ingraziare l’organizzazione di una splendida manifestazione a cui abbiamo partecipato con piacere. E un grazie speciale va a Giorgio Bimbi che alla serata ha voluto fortemente la presenza di un rappresentante nazionale – dice Franchini – Un plauso particolare anche ai colleghi che hanno fatto il servizio: l’auspicio è che sia sempre Fisar a essere presente in queste prestigiosemanifestazioni”.

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di Gladys Torres Urday – gladys@torresurday.com

Il grande viaggio nel Vino italiano

Giancarlo Gariglio, Fabio Giavedoni e Fabio Pracchia - Slow Food Editore Un viaggio attraverso tutte le regioni italiane alla ricerca della “meglio gioventù” nel mondo del vino. 26 storie di grandi interpreti di un territorio, 26 cantine che producono alcune tra le migliori etichette del nostro Paese scelte da una guida autorevole come Slow Wine per raccontare tutto quanto sta dietro a un bicchiere di vino. Le star del futuro, i grandissimi produttori di cui sentiremo parlare negli anni a venire. 26 servizi fotografici che abbiamo realizzato girando le vigne, tra le botti e a tavola per mostrarvi gli uomini e le donne del vino italiano. Oltre alla storia di ognuno, nel volume si trovano i consigli sulle tre etichette che un appassionato di vino non può perdere e, in abbinamento, la ricetta dello chef che più ha contribuito al successo della cantina nella regione.

I sapori del Vino

Fabio Pracchia - Slow Food Editore Risulta difficile comprendere i nuovi vini che escono oggi dalle cantine con i vecchi strumenti della degustazione; questo libro vuole suggerire un metodo diverso per incontrare e accogliere il valore della differenza che la viticoltura contemporanea ha saputo esaltare. In effetti, grazie a una viticoltura sempre più sensibile al rispetto del luogo di origine, il canone espressivo dei vini italiani è stato protagonista di un radicale cambiamento. Il gusto si è lasciato alle spalle la rigidità formale imposta da un’eccessiva estetica enologica così diffusa nel recente passato, per restituire al vino elementi originali e densi di carattere che alla qualità formale intrecciano valori storici e geografici. Questi tratti inediti coincidono con la vera identità dei territori enologici di riferimento; il loro sapore si è perentoriamente affermato tra gli appassionati creando una netta divisione con l’enologia del passato.

Vino: femminile, plurale Cinzia Benzi - Giunti Editore

Il mondo del vino nell’ultimo decennio si è evoluto a una velocità vertiginosa, conquistando mercati sconosciuti grazie a una forte spinta creativa e a una nuova visione che hanno fatto saltare tanti luoghi comuni. A guidare questo nuovo Rinascimento del vino, tante donne che, dopo anni di lavoro e impegno, sono riuscite a farsi largo in un mondo presidiato da uomini, affermandosi sul panorama nazionale e internazionale. Dagli inizi non sempre semplici fino ai riconoscimenti mondiali, Cinzia Benzi narra con empatia, acume, delicatezza e ironia i percorsi di vita di queste donne tenaci e coraggiose


Redazione Centrale Il Sommelier

Progetta la Tessera FISAR 2018

A

nche per il 2018 la Segreteria Nazionale FISAR ha indetto il concorso “Progetta la Tessera FISAR”, terza edizione, aperto a tutte le associate e gli associati FISAR. La Giunta Nazionale ha visionato i lavori presentati da circa 90 associati e ha deciso di scegliere per l’edizione “Tessera 2018” il lavoro proposto da Lorenzo Corti della Delegazione di Firenze. Il vincitore, sul palco principale della Leopolda, ha ricevuto il prestigioso riconoscimento dalle mani della Segretario Nazionale FISAR Laura Maggi. La premiazione è inserita nel programma ufficiale di Vino è 2017 di Firenze, la manifestazione organizzata nell’ambito del 45° Congresso Nazionale FISAR. il Sommelier | n. 4 - 2017

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di Patrizia Loiola, Referente Fisar in Rosa Nord Est

Produttrici vitivinicole del Piave: storie, vini e territori da valorizzare

IN ROSA

Un territorio interessante quello del fiume Piave dal punto vitivinicolo, che domenica 1 ottobre 2017, a San Donà di Piave, all’interno della annuale Fiera del Rosario, è stato messo in luce con un’interessante degustazione a cura del progetto Fisar in Rosa: sei produttrici vitivinicole si sono raccontate, hanno presentato i loro vini, tutti da vitigni autoctoni.

L

a degustazione ha visto la presenza della Consigliera Nazionale Luisella Rubin, responsabile del Progetto Fisar in Rosa, che ha introdotto l’evento, per poi lasciar il palco a Patrizia Loiola, Delegata di casa e referente Fisar in Rosa Nord Est, che ha avuto il compito di presentare via via le produttrici. Una sempre mirabile Karen Casagrande ha guidato la degustazione dei vini.

testimoniano, si produce vino da

vini si sposano con i numerosi

oltre 3000 anni.

prodotti tipici di una terra che offre

I vini del Piave sono quelli compresi nella DOC PIAVE (una delle più ampie del Nord Italia) che si estende in una vasta area di pianura, in alcuni Comuni del territorio veneziano (12 per la precisione), fra cui San Donà di Piave, e del trevigiano (ben 50 comuni) prevalentemente collocati lungo le sponde del fiume: un territorio in cui, le ricerche lo 66

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prodotti preziosi come il celebre I suoli sono piuttosto variegati: si

radicchio rosso e il meno noto, ma

va dai terreni di sabbia a quelli di

non meno interessante, “radicchio

ghiaia, una forte presenza di terreni

verdon”, gli asparagi bianchi, il

argillosi su base di caranto e roccia

pesce di fiume e di mare ed una

dolomitica. E’ qui che l’azione del

solida tradizione d’insaccati e di

Piave si è fatta più sentire, con le

formaggi freschi.

sue frequenti inondazioni e con le derivazioni d’acqua sotterranee e

Un’appassionata ed entusiasta

che dona caratteristiche specifiche

Desirée Pascon Bellese,

ai vitigni di questo territorio: nei

produttrice dell’azienda Bellese

terreni ghiaiosi e magri il raboso e

Vini di Ormelle, ha rotto il ghiaccio

il manzoni bianco assumono le loro

raccontando della sua azienda, in

note aromatiche distintive.

particolare dell’impianto tradizionale a Bellussera dal quale si produce il

Se consideriamo l’intera area

vino presentato il “373” spumante

del Piave è difficile individuare

brut, un uvaggio di glera e una

caratteristiche uniche: la diversità

piccola parte di chardonnay,

di terreni e i diversi microclimi

fine e piacevole: le Bellussere

danno vita ad un’interessante

hanno caratterizzato in passato

varietà di corredi aromatici sia per i

il paesaggio architettonico del

vini rossi che quelli bianchi. Questi

Piave, impianti molto alti delle vigne


IN ROSA

giardino; purtroppo, negli ultimi anni, sono sempre più frequenti gli espianti di questa tipologia, a volte anche molto antiche, a favore dei metodi più moderni. Desirèe difende strenuamente e con passione questa tradizione tanto da dare al vino il nome del mappale delle sue vigne!

tipica di un raboso, decisa ma non prepotente, che lascia spazio ad un susseguirsi armonioso di sentori fruttati e sfumature vegetali. E’ un vino fresco, accattivante, reso allegro da una moderata effervescenza; sa presentarsi con rusticità ma anche indiscussa eleganza.

A seguire un altro vino leggiadro da vitigno autoctono, il Grapariol Veneto IGT 2016, dell’azienda Terre Grosse di Zenson di Piave, presentato da Linda Finotto, giovane produttrice, molto competente: il vitigno che lo compone è di origine antichissima, la rabosina bianca, un vino che al palato sorprende: leggermente amabile, ha l’acidità

Prosegue questo viaggio lungo le rive del Piave, Cristina Garetto, elegante produttrice dell’azienda Giorgio Cecchetto che ci ha fatto assaggiare un Incrocio Manzoni Bianco 2016, una versione molto ben riuscita di questo vitigno autoctono: un ottimo vino quotidiano, fruttato, dal sorso morbido ma anche teso, che racconta bene la tipicità del

vitigno, di cui Cristina ci ha fatto una presentazione approfondita e molto interessante, ricordando la storia del Professor Luigi Manzoni da cui il vitigno, un incrocio di Riesling Renano e Pinot Bianco, prende il nome. Siamo poi passati ad un vino a forte simbologia femminile, il “Madre” 2015, sempre da Manzoni Bianco, vino biologico prodotto dall’azienda Italo Cescon Storia e Vini Roncadelle di Ormelle (TV) presentato dalla Presidente Nazionale FISAR, Graziella Cescon che conduce l’azienda assieme alla sorella Gloria e al fratello Domenico: vino dedicato alla madre Chiara sempre presente accanto ai figli. Un vino che è il Sommelier | n. 4 - 2017

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IN ROSA

un’esplosione di frutta, pesca e arancia candita, dal palato fresco e avvolgente, molto caratteristico, che ci dice quanta espressività ha questo vitigno del Piave, perché qui nasce e si evolve al meglio delle sue caratteristiche. Si ridiscende il Piave fino a Noventa, terra di grandi opere di bonifica, dove il fiume diventa più ampio, per incontrare un vino a base raboso, il vitigno principe di queste zone, vinificato come metodo classico, dalle nuance dorate a “buccia di cipolla”, molto originali e particolari: lo spumante Redentor rosato di raboso (evocativo di una festa veneziana) 2010, prodotto dall’azienda agricola Tessère di Emanuela 68

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Bincoletto, conosciuta come “la signora del raboso” che vinifica questo vitigno caratteristico per la sua acidità, in diverse tipologie. Il Redentor, che va servito rigorosamente alla temperatura di 12 gradi per dare il massimo della sua espressività, sviluppa sentori complessi, con note di marasca e spezie, per poi comporsi in modo netto e persistente in bocca per gentilezza e carattere, proprio come Emanuela. Chiude questo percorso lungo le sponde del Piave il racconto di Sandra Zago e la sua giovane figliola Alessandra, titolare dell’azienda Terre di Grassaga che ci riporta a “casa”, a San Donà di Piave, con uno splendido vino il

Merlot 56, un vitigno internazionale che in queste terre esiste “da sempre”, fa parte della tradizione, della cultura enogastronomica del territorio: un vino fresco ma anche intenso con profumi di marasca e prugna, una leggera nota di spezia fresca e tabacco nel finale. Per chiudere un plauso per il servizio delle sommelier della Delegazione di San Donà di Piave, Maria Luisa Sessolo, Tatiana Perin e Cristina Palatron che hanno arricchito di beltà e professionalità questa intrigante degustazione nel segno di Fisar in Rosa e alla signora Luciana Carta, motore organizzativo della manifestazione. Arrivederci alla prossima edizione!


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di Enza Bettelli con l’abbinamento di Nicola Masiello Presidente Emerito F.I.S.A.R.

PICCOLI SCRIGNI DI GRANDE BONTÀ Nati probabilmente come recupero degli avanzi della mensa, ravioli & C. si sono evoluti nel tempo divenendo piccoli capolavori di gusto e manualità

Q

uando e dove siano nati i primi ravioli non è dato saperlo con sicurezza, come del resto non si è del tutto sicuri di dove e come sia nata la pasta fresca che, nelle ricette tradizionali, si differenzia per la presenza delle uova impiegate: molte in Centro Italia, quasi assenti al Sud e con parsimonia al Nord. L’idea di utilizzare la pasta fresca come involucro sembra sia nata per recuperare gli avanzi della mensa, ovviamente quella dei ricchi, in un’epoca in cui lo spreco di cibo era impensabile. Arrosti, stufati e tutte le altre portate che tornavano in cucina quasi intatte dalla tavola del padrone di casa erano distribuite tal quale tra la servitù e i poveri, ma dopo qualche giorno tritate e mescolate con formaggio, uova ed erbe, prendevano aspetto e sapore diversi. Racchiudere questo composto nella pasta fresca è il passo successivo. Infatti, accanto ai ripieni classici che prevedono di solito carni di vario tipo cotte e mescolate tra di loro, come per l’appunto quelle avanzate dai banchetti, ritroviamo altri ripieni appositamente creati, con utilizzo degli ingredienti più disparati. La creatività a volte si espande al condimento e ai classici ragù e burro e salvia, se

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ne affiancano altri la cui eccessiva originalità a volte spegne il gusto della farcia anziché ravvivarlo.

Un mondo di forme e colori Le forme classiche sono il quadrato, il rettangolo e il triangolo, pratiche perché non danno luogo a ritagli da reimpastare. Quadrati sono i ravioli, oppure raviolini o ravioloni, a seconda della misura. Dal quadrato, piegato a metà sul ripieno o poi chiuso in una specie di anello si ricavano tortellini, cappelletti e i minuscoli agnolini con farcia di carne e/o prosciutto, oppure i grandi tortelloni mantovani con la zucca.

I dischetti sono una variante più elegante, si piegano a mezzaluna per ricavare gli anolini, ma se di grosso formato diventano anch’essi tortelloni. Ci sono poi le caramelle, i casonsei, i panzerotti e altre forme fantasia a volte di dimensioni quasi esagerate. La pasta è naturale o colorata oltre che con erbe e verdure anche con gli ingredienti più vari. Ma la creatività non è sufficiente per arrivare alla perfezione che si ottiene solo tirando la sfoglia sottilissima, perché il palato non avverta nessuna differenza di spessore nei punti in cui la pasta viene sovrapposta e chiusa.


L’abbinamento La presentazione stimola sempre la ricerca di abbinamenti mai scontati o consueti. Si capisce benissimo il senso del piccolo scrigno che invita a delle riflessioni su come e cosa abbinare a quel determinato piatto. Inizierei facendo un’ osservazione sulla pasta: che sia all’uovo o no rappresenta l’involucro, il contenitore del ripieno. In questo caso, per linee generali, non ritengo di prenderla in considerazione in quanto, essendo essa leggermente dolce per l’uovo o leggermente grassa per olio aggiunto al posto dell’uovo, data la poca struttura fisica, non sposta l’abbinamento che va fatto sul ripieno e sul condimento . Analizziamo i ripieni e i condimenti: Ripieno di pesce: decisamente un ripieno raffinato per le specie ittiche impiegate, che non ama essere forzato con spezie e note amaricanti; la salsa di condimento dovrà essere in linea con il ripieno, dando leggera grassezza dove il pesce è ancora presente, sottoforma di riduzione o pesce di cottura, magari con una leggera nota acida data dal pomodoro sia in cottura breve che in aggiunta a crudo in concassè. Qui abbinerei vini bianchi freschi, con nota aromatica sottile di fiori e frutti a pasta bianca, corpo leggero quali un Orvieto Doc, un Ortrugo dei Colli Piacentini Doc, un Vermentino Colli di Luni doc, una Garganega o un Chiaretto prodotto nell’area del Gardesano Veronese. Ripieno di verdure, patate, legumi freschi e ricotta: considerando che questi ingredienti devono essere prima cotti e poi assemblati per il ripieno, si usa aggiungere spezie dolci o dure per dargli risalto. Il condimento sarà di varia natura,

dal classico burro e salvia al pomodoro, al ragù di carni bianche o ai ragù classici. Secondo la versione del piatto,il vino cambia; si va da vini bianchi con nota aromatiche ben delineate di frutta bianca e salvia, per passare a quelli con lo stesso frutto tendente al maturo, con note anche minerali, di acidità marcata, sapidi, quali un Soave Doc, un Frascati superiore Docg, una Falanghina del Taburno Doc. Per la tipologia dei rosati sicuramente quelli Bolgheresi a base di Cabernet e Merlot, i Sardi a base di Connonau o Carignano, quelli Pugliesi per antonomasia, a base di Negramaro o Primitivo. I ragù più importanti amano vini quali i Lambruschi Doc , preferibilmente nella versione fermi, Pinot dell’ Oltrepò Pavese, vini a base di uva Schiava, fino ad un Cerasuolo di Vittoria Docg. Dove invece il condimento è la cacciagione, i vini crescono di corpo e struttura, capaci di dare piacevolezza attraverso il buon grado alcolico, la tannicità evoluta , l’acidità vestita, come un Chianti

Classico Docg, un Barco Reale di Carmignano Doc,un Grignolino del Monferrato Doc ,un Dolcetto di Ovada Doc, un Cesanese Di Affile Doc,un Cirò rosso Doc. Queste stesse tipologie di vino bene si abbinano a preparazioni “Gratinati” o condite con formaggio di struttura, siano essi fusi o aggiunti a fine gratinatura. E le preparazioni in brodo? Si parla di cappelletti, tortellini, agnolotti, tutti piatti della cucina tradizionale Italiana. La loro collocazione sul menù segue gli antipasti e precede i primi piatti, quindi mai vini importanti; i bianchi devono essere semplici e sottili quali un Bianchello del Metauro Doc,un Colli di Scandiano Doc, un Pignoletto dei Colli Bolognesi Doc, senza tralasciare i sempre ben graditi Lambruschi in linea con l’abbinamento tipico. Queste preparazioni in alcune regione Italiane prevedono l’aggiunta di un vino rosso giovane al brodo, quindi va da sé che il vino abbinato sia lo stesso. il Sommelier | n. 4 - 2017

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da Redazione Centrale – Fonte Ufficio Stampa Slow Food. Fotografie Davide Amadei

Slow Wine 2018: la viticoltura è l’avanguardia dell’agricoltura

Presentata a Montecatini Terme la Guida Slow Wine 2018 che vede la collaborazione di FISAR. A supporto della degustazione i Sommelier della FISAR capitanati da Massimo Marchi, referente nazionale servizi Sommelier.

«I

ncontrare i viticoltori, conoscere la viticoltura italiana è fondamentale per capire dove sta andando tutto il settore agricolo. In particolare, sono loro che ci stanno indicando quale direzione sia necessario prendere per ridurre l’impatto dell’uomo e dell’agricoltura sull’ambiente. In questo i nostri vigneron sono l’avanguardia di tutto il settore agricolo. Perché sono riusciti più di tutti a valorizzare i terreni vocati, e a mettere in atto quella che per Slow Food è la strategia di marketing più efficace: il racconto

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minuzioso e senza veli di tutto il processo produttivo.» Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia, saluta così la platea di oltre quattrocento produttori arrivati da tutta Italia per festeggiare insieme a Slow Food l’edizione 2018 di Slow Wine, la guida che racconta l’Italia del vino (e non solo) edita da Slow Food editore. Una guida che da sempre non si limita a recensire i vini in base alla mera degustazione, ma che visita tutte le aziende censite, lungo i filari e in cantina con i produttori. Otre trecento collaboratori hanno

girato tutta Italia assaggiando oltre 24 mila vini per recensire alla fine le 1947 cantine che trovate in guida, coordinati da una redazione che, curatori a parte, conta sulle forze di una robusta redazione composta da Fabio Pracchia, Jonathan Gebser e Davide Panzieri. «Il nostro giudice ultimo è il lettore finale. Per questo scriviamo una guida che vogliamo sia di facile accesso anche per chi, per quanto appassionato, si sta avvicinando al mondo del vino e ha bisogno di qualche dritta. E poi Slow Wine può


essere un compagno di viaggio: segnaliamo infatti anche quelle cantine che offrono accoglienza e ristorazione», sottolinea Giancarlo Gariglio, curatore insieme a Fabio Giavedoni della guida: «È in questo contesto che si devono leggere le numerose indicazioni contenute dalla nostra guida. Tra queste ci sta particolarmente a cuore quella del Vino Quotidiano: per noi queste etichette hanno pari dignità dei grandi vini, perché si rivolgono a tutti. Proprio quest’anno è stato più complicato individuarli: non è facile stare sotto la soglia dei 10 euro con situazioni climatiche e ambientali sempre più complicate soprattutto a Nord, dove si fa agricoltura di pendenza. E l’annata 2017 non ci renderà la vita facile l’anno prossimo: con l’impennata del prezzo dell’uva temiamo incremento del 10, 20% del vino artigianale». In questo lavoro di ricerca e selezione è stata importante la collaborazione della Fisar: «Oggi, con la presentazione della guida Slow Wine 2018, Fisar torna a scrivere insieme a Slow Food un nuovo capitolo di una storia che si rinnova per altri tre anni nell’augurio di un sodalizio sempre più operativo e duraturo. Una partnership che racconta, con competenza e passione, tutte le storie e gli “attori” che hanno fatto grande il patrimonio vitivinicolo del nostro Belpaese», dichiara Valerio Sisti, Giunta Nazionale FISAR. Presentata la guida, i curatori pensano già alle sfide future: «Vogliamo esportare il metodo Slow Wine in altre parti del mondo. Quest’anno abbiamo iniziato con la California, ma vorremmo riuscire a lavorare anche

in altri Paesi in Europa. Ma la vera sfida che affrontiamo ogni giorno è quella di essere sempre più informati e presenti, e concentrarci sempre più per avere un quadro più completo possibile della catena di produzione in tutte le sue fasi. Se, come abbiamo fatto noi, si sposta l’attenzione dal bicchiere alla vigna, se si va oltre la mera degustazione e analisi sensoriale, sono richieste conoscenze tecniche e agronomiche più precise. A maggior ragione con

il cambiamento climatico in atto. Insomma siamo consapevoli di dover studiare e conoscere un’enologia e un’agronomia che si dovrà adattare a questi fenomeni». Un dato che vogliamo segnalare è sicuramente l’aumento delle cantine biologiche o in conversione. Otto anni fa, anno della prima edizione della guida targata Slow Food, era difficile trovare aziende che si avvicinassero a colture biologiche e naturali, soprattutto il Sommelier | n. 4 - 2017

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Slow Wine 2018 in pillole • 1947 cantine segnalate in guida • 24.000 i vini degustati • 195 chiocciole che interpretano al meglio i valori (organolettici, territoriali, ambientali) in sintonia con Slow Food • 281 Vini Slow oltre all’ottima qualità organolettica, riescono a condensare nel bicchiere caratteri legati a territorio, storia e ambiente • 175 Grandi Vini eccellenti sotto il profilo organolettico • 174 bottiglie i produttori che sanno esprimere un’ottima qualità per ciascuna delle etichette presentate • 237 Vini Quotidiani le migliori bottiglie a meno di 10 euro in enoteca • 99 monete le realtà che garantiscono un buon rapporto tra la qualità e il prezzo per tutte le bottiglie recensite • 100 Locali del Bere Slow • 727 cantine che offrono lo sconto del 10% sull’acquisto dei vini presentandosi con la guida e in più... il simbolo della chiave e quello della pentola per indicare rispettivamente quelle cantine che offrono la possibilità di fermarsi a dormire e/o mangiare: una vera e propria agenzia di viaggi enogastronomica prêt-à-porter!

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al Nord, mentre oggi il diserbo è praticamente assente. Un passo avanti incredibile: è del 60% l’incremento delle aziende biologiche o biodinamiche recensite in guida rispetto alla prima edizione. Una crescita determinata soprattutto della conversione delle aziende del Nord, una volta meno propense a rischiare a causa di condizioni climatiche meno vantaggiose rispetto al Sud. Non resta altro quindi che andare in libreria o cliccare sullo shop di Slow Food Editore per acquistare l’unica guida che conosce le cantine recensite una a una!


Redazione Centrale Il Sommelier con Ufficio Stampa Slow Food

Cheese 2017 a Bra: vent’anni in cammino verso un cibo davvero buono, pulito e giusto

Si festeggiano i primi due decenni della manifestazione dedicata al mondo del latte e delle produzioni casearie e in enoteca 498 etichette gestite dai Sommelier FISAR capitanati da Vincenzo Fragomeni sotto la direzione del Responsabile dei Servizi dei Sommelier Massimo Marchi. Lo stand FISAR è stato gestito dalla Delegazione di Cuneo.

N

on solo una kermesse gastronomica, ricorda il presidente di Slow Food Carlo Petrini aprendo l’undicesima edizione: «Non pensiate che questa sia solo un’esposizione di formaggi: l’umanità che arriva a Bra da

tutto il mondo mette in pratica un’economia alimentare diversa, che non distrugge la natura e non pensa all’interesse dei pochi ma alla distribuzione della ricchezza a più ampio raggio e alla salvaguardia dei patrimoni enogastronomici».

«Questo Cheese dei vent’anni – afferma il sindaco di Bra, Bruna Sibille – non si ferma soltanto a celebrare i traguardi raggiunti, ma si proietta verso obiettivi futuri. Se Slow Food lo fa sempre più in grande, Bra è al suo fianco. Le amministrazioni locali come quella

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che ho l’onore di guidare sono chiamate a dare il loro contributo, con i limiti contingenti che conosciamo, ma senza sottrarsi. Credo che anche un “pezzo” di isola pedonale in più, una ferrovia più efficiente per i pendolari, un “Pedibus” sempre più partecipato dagli alunni delle scuole siano uno contributo per rendere la nostra città e un piccolo pezzo di mondo più buono, pulito e giusto». Anche il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, elogia l’atteggiamento di una città intelligente e determinata, che fin dall’inizio ha saputo comprendere l’importanza di una riconversione dell’economia all’insegna della sostenibilità come quella promossa da Slow Food in tutto il mondo. Per rendere il senso delle rivendicazioni che Cheese porta avanti, non soltanto nei giorni della manifestazione, Petrini evoca l’immagine letteraria del “Palomar” di Italo Calvino: «Dietro ogni formaggio c’è un pascolo d’un

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diverso verde sotto un diverso cielo». La libertà di produrre formaggi a latte crudo, in particolare, oltre a essere il tema portante di Cheese 2017 è anche al centro di una battaglia che accompagna da sempre l’appuntamento: battaglia partita da Cheese vent’anni fa e che ha ottenuto importanti successi nel mondo a cominciare dagli Stati Uniti. Ma il percorso per arrivare alla piena affermazione dei formaggi a latte crudo è ancora lungo, perché questi formaggi sono caratteristici delle realtà di piccole dimensioni, dove c’è il pieno controllo sulla propria filiera. È la grande industria, al contrario, che non potendo controllare l’intera filiera deve ricorrere alla pastorizzazione. «Nel 2001, la terza edizione di Cheese si aprì pochi giorni dopo l’attentato alle Torri Gemelle – ricorda Petrini – con un omaggio alla piccola delegazione statunitense. All’epoca era solo

un gruppo di appassionati venuti da Oltreoceano per conoscere la straordinaria cultura dei formaggi europei. Non portavano nulla perché la legislazione statunitense vietava ancora di realizzare formaggi a latte crudo». Quel piccolo nucleo di pionieri è stato l’avanguardia di un movimento che oggi porta a Cheese 2017 un migliaio di delegati. Compresi i produttori caseari, finalmente liberi di utilizzare il latte crudo anche grazie all’impegno di Slow Food Usa in questo senso: «Ma non ci fermeremo finché la nostra rivendicazione non avrà trovato accoglienza anche in Australia e in molti altri Paesi che non tutelano questo tipo di produzioni». Le nostre scelte alimentari, continua il presidente di Slow Food, sono anche scelte politiche e culturali. E queste scelte incidono su eventi apparentemente lontani da noi: «Le comunità di Terra Madre del Kenya hanno perso


quasi tutte le greggi, sterminate dalla siccità di quest’anno. Ecco la risposta a chi si chiede cosa inneschi le migrazioni: è l’impossibilità di continuare a vivere sulla propria terra». Per questo Slow Food sceglie proprio Cheese per lanciare Menù for Change, la prima campagna di comunicazione e raccolta fondi internazionale che evidenzia la relazione tra produzione alimentare e clima che cambia: «Siate orgogliosi di mangiare a casa vostra, dei presidi di economia locale, dei vostri contadini e produttori. La sfida è grande e noi non abbiamo le risorse delle multinazionali dalla nostra parte». La bellezza di un evento come Cheese, sostiene il presidente di Slow Food Italia Gaetano Pascale, sta soprattutto nelle storie che racchiude: «Sono storie che ci danno speranza di poter impostare l’economia su un percorso di sostenibilità ma soprattutto sul benessere delle persone, anche in territori difficili. Scegliamo di far emergere gli esempi di chi rifiuta le scorciatoie che troppo spesso viaggiano a braccetto con la modernità e che testardamente continuano a produrre formaggi e alimenti rispettando naturalità, tradizione, gusto». Come nelle ultime quattro edizioni della manifestazione, con il premio Resistenza Casearia Slow Food ha scelto di premiare sei produttori, sei storie simbolo delle tante straordinarie esperienze racchiuse nei quattro giorni di Cheese: «Il nostro obiettivo – conclude Pascale – è far sì che queste esperienze divengano “esistenza” e non più “resistenza”». Siamo solo all’inizio, da questo punto di vista. Così come molto resta da fare su altri grandi il Sommelier | n. 4 - 2017

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temi che animeranno il nostro appuntamento. Si è parlato ad esempio del futuro delle Dop, minacciate da un mercato globale che favorisce la concentrazione produttiva anche nel settore delle produzioni casearie di alta qualità. In Francia le multinazionali acquistano marchi caseari storici, baluardi della tradizione casearia d’Oltralpe, mentre nei Balcani e nel Caucaso chi vuole salvare i formaggi tradizionali e i piccoli produttori guarda ancora alle Dop con speranza. Quali tipi di produzioni sono tutelate oggi dai marchi europei? Quanto conta la tradizione e quanto la capacità di imporsi sul mercato? Una riflessione sulle denominazioni d’origine, sul ruolo dei consorzi e sui disciplinari di produzione. Non è mancata una riflessione 78

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su come i migranti stanno ridisegnando il panorama sociale delle nostre campagne. Arrivano prevalentemente dal subcontinente indiano e trovano impiego nelle

stalle del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano o dai Balcani (con qualche esponente del Maghreb) per mantenere viva la nostra tradizione dell’alpeggio.


di Augusto Gentilli

The Blind:

a Milano la prima gara fra Delegazioni di degustazione a squadre alla cieca

S

i è svolta a Milano domenica 22 ottobre, presso i locali dell’Acquario Civico, l’edizione numero Zero di “The Blind”, gara a squadre di degustazione alla cieca riservata alle Delegazioni del nord ovest. A questa Edizione, organizzata dalle delegazioni di Milano Duomo e di Pavia con il patrocinio del Comune di Milano, hanno

partecipato 16 squadre alle quali è stato richiesto di riconoscere, per ciascun vino proposto, il vitigno prevalente, l’annata, la regione e la denominazione; i vini - 5 bianchi, 5 rossi e due dolci - erano prodotti almeno con l’80% del vitigno da identificare. Il regolare svolgimento della gara è stato garantito dalla giuria composta dalla Presidente Nazionale Graziella Cescon, dalla

Segretaria Nazionale Laura Maggi, dal Consigliere Nazionale Stefano Gosatti, dal Referente del Centro Tecnico Nazionale Claudio Genova e dalla miglior sommelier FISAR d’Italia 2016, Lorena Lancia. La gara si è conclusa con la vittoria della squadra della Delegazione di Torino, composta da Fiorenza Cambiaghi, Pietro Buscetto, Pasquale Colloca, Mario Righi e il Sommelier | n. 4 - 2017

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Giuseppe Santo e premiata con una magnum di Rubesco “Vigna Monticchio” Torgiano Rosso Riserva Docg 2009 offerta dalle Cantine Lungarotti, seguita dalla squadra della Delegazione di Pavia – premiata con una magnum di “Vigna Il Pino” Bianco di Torgiano Doc 2011 offerta dalle Cantine Lungarotti – e da quella della Delegazione Lodi, premiata con una magnum di “Aurente” Umbria Igt Chardonnay 2015, anch’essa offerta dalle Cantine Lungarotti; a tutte le squadre partecipanti è stata offerta una bottiglia di Castelcerino Soave Classico Superiore Docg 2015 messa a disposizione da Rocca Sveva - Cantina di Soave.

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di Roberto Rabachino – fonte dati Coldiretti

Record storico per l’export

di vino italiano

È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla proiezione dei dati Istat.

L

e esportazioni di vino Made in Italy fanno registrare, con un aumento del 7% in valore, il record storico e saranno raggiunti per la prima volta i 6 miliardi di euro, la prima voce dell’export agroalimentare nazionale. La crescita all’estero, in valore ed in volume, è una ottima premessa per la vendemmia appena conclusa che si classifica tra le più precoci e scarse del dopoguerra con un taglio della produzione del 26% rispetto allo scorso anno. Addio dunque ad una bottiglia di vino Made in Italy su quattro, anche

se l’Italia mantiene comunque il primato mondiale tra i produttori, davanti alla Francia, con circa 40 milioni di ettolitri destinati per oltre il 40 per cento ai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), il 30 per cento ai 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30 per cento a vini da tavola. Nel 2017 rispetto all’anno precedente le vendite all’estero hanno avuto un incremento in valore del 6% negli Usa che sono

di gran lunga il principale cliente, del 3% in Germania al secondo posto e dell’8% nel Regno Unito che nonostante i negoziati sulla Brexit resta sul podio. In termini di aumento percentuale pero’ la migliore performance con un balzo del 47% viene fatta registrare dalla Russia dove il vino è uno dei pochi prodotti agroalimentari Made in Italy non colpiti dall’embargo. Buona anche la crescita del 25% in Cina dove tuttavia la presenza rimane limitata rispetto ai concorrenti francesi che hanno superato quest’anno l’Italia anche

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sul mercato statunitense. A spingere la crescita del vino italiano sono soprattutto le bollicine che fanno registrare un aumento delle vendite all’estero del 15% e si accingono nel 2017 a raggiungere il record storico dell’esportazioni all’estero vicino a 1,2 miliardi, se il trend sarà mantenuto a fine anno. Tra le novità di quest’anno si registra anche uno storico ritorno del vino sulle tavole degli italiani con un aumento record degli acquisti delle famiglie trainato dai vini Doc (+5%), dalle Igt (+4%) e degli spumanti (+6%), secondo l’ analisi della Coldiretti sulla base dei dati Ismea del primo semestre dalla quale si evidenzia che, dopo aver conquistato bar e ristoranti, si registra complessivamente un balzo del 3% anche tra le mura domestiche, con una profonda svolta verso la qualità come dimostra il fatto che a calare sono solo gli acquisti di vini comuni (-4%). Dopo che negli ultimi 30 anni i consumi di vino si sono più che dimezzati toccando il minimo

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storico dall’unità di Italia con una stima di 33 litri a persona alla anno, il calo si è arrestato anche se i livelli nazionali restano di molto inferiori a quelli della Francia dove il consumo di attesta sui 45 litri. Il futuro del Made in Italy dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività che è stata la chiave del successo nel settore del vino dove ha

trovato la massima esaltazione la valorizzazione delle specificità territoriali che rappresentano la vera ricchezza del Paese”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “il vino italiano è cresciuto scommettendo sulla sua identità con una decisa svolta verso la qualità che ha permesso di conquistare primati nel mondo”.


In FAMIGLIA - Le notizie dalle Delegazioni Notizia inviata da Rossella Camerino della Delegazione FISAR di Bareggio

CONSEGNA ATTESTATI DELEGAZIONE FISAR DI BAREGGIO

A

l rientro delle vacanze estive, il 6 settembre 2017 presso l’Agriturismo Bullona di Pontevecchio di Magenta, nella splendida cornice del Parco del Ticino, si è tenuta la cena di fine corso durante la quale i neo diplomati hanno potuto condividere questo atteso traguardo gustando le specialità tipiche tipiche della zona. Alla serata hanno partecipato il segretario della delegazione Raffaele Novello, il responsabile

dei servizi Marco Barbetti e il direttore del corso Roberto Lorusso che al termine della cena ha consegnato gli attestati ed il tanto sognato tastevin ai soci Luca Colombo, Andrea Dalla Riva, Morena Fantato, Pietro Gualtieri, Andrea Idrini, Christian Lizzari, Daniele Merini, Annalisa Morelli, Adriano Paganuzzi, Antonella Fulgosi, Marco Riva, Federico Sala, Marco Sambo. Diamo quindi il benvenuto ai neo sommelier che auspichiamo

entrino presto a far parte delle attività della Delegazione.

Notizia inviata da Laura Grossi dalla Delegazione FISAR MILANO

IL CABERNET ALLA PROVA DEL TEMPO: DEGUSTAZIONE DI ANNATE STORICHE

U

n viaggio nel tempo per capire come il vino evolve e si affina con il passare degli anni. È quello che ha organizzato FISAR Milano lo scorso Giovedì 13 Luglio, in occasione del quale è stato possibile degustare vecchie e rare bottiglie, custodite gelosamente nelle cantine appartenenti a una collezione storica. Una serata esclusiva pensata per omaggiare quei vini dal lungo percorso, orgoglio di realtà storiche che ben conoscono l’importanza della longevità dei propri prodotti. I grandi vini, infatti, se ben conservati, migliorano col passare degli anni. E ogni bottiglia di vino d’annata racconta una storia, che si trasmette di generazione in generazione consegnando il proprio testimone di persona in persona.

Grazie alla memoria custodita è stato possibile assaggiare annate storiche di difficile reperimento sul mercato mettendole a confronto con gli stessi vini di annate più recenti in commercio dal 2010 in poi. Si è cominciato dal Cabernet più “giovane” con i suoi 43 anni di età (Cabernet Friuli 1974 dell’Azienda Agricola Colutta Bandut di Manzano), per andare indietro nel tempo con due vini le cui uve sono state vendemmiate ben 46 anni fa (Colli Orientali Friuli del Cabernet 1971 di Volpe Pasini di Togliano di Cividale e Cabernet Alto Adige 1971 della Bauernkellerei di Caldaro) e terminare con un “ultracinquatenne” Cabernet che compie ben 53 anni (Cabernet 1964 delle Cantine Nino Franco di Valdobbiadene): perle rare

della storia vitivinicola italiana con denominazioni e vitigni in grado di sfidare i decenni. Un percorso che ha permesso, in una sfida ricchissima di fascino, di conoscere l’evoluzione di questi vini d’annata, le storie che ognuno di loro cela in sé e di apprezzarne le potenzialità di invecchiamento che hanno dato prova di integrità e longevità.

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Notizia inviata da Laura Grossi dalla Delegazione FISAR MILANO

NON SOLO BAROLO: ETTORE GERMANO TRA CLASSICITÀ E INNOVAZIONE

U

n vitigno e un territorio con peculiarità uniche nel panorama enologico e una piccola realtà che oggi rappresenta una delle più rinomate realtà di Serralunga d’Alba, nel cuore della denominazione del Barolo: la stagione autunnale degli eventi FISAR Milano ha dedicato, lo scorso Giovedì 19 Ottobre, una serata alla storica cantina Ettore

Germano. La sua storia è lunga tre generazioni quando, nel lontano 1856, il bisnonno Francesco apre la strada al figlio Alberto che si dedica alla coltivazione dell’uva da vino destinata alla vendita di un esiguo numero di bottiglie. Il figlio Ettore continua l’attività contribuendo all’innovazione con la sua abilità di innestatore e, con lungimiranza, ristruttura i vigneti a partire dagli anni ’50 con la coltivazione di varietà locali quali Barbera, Dolcetto e Nebbiolo. Il tutto consolidato da un’ulteriore espansione della cantina e dall’acquisto di vigne in importanti località quali Cerretta, uno dei cru più estesi di Serralunga. Seguirà l’introduzione del vitigno Chardonnay che, insieme al

Riesling Renano vengono coltivati in 8 ettari a Ciglié, situato in Alta Langa dove il territorio risulta propenso ad accogliere vitigni a bacca bianca anche destinati alla produzione spumantistica. La serata si è aperta con un Langhe DOC Nascetta (raro vitigno autoctono piemontese) e un Herzù Langhe DOC Riesling Renano, prima di concentrarsi sul vero protagonista della serata: Barolo DOCG Serralunga 2013, Barolo DOCG Cerretta 2010, Barolo Prapò 2010 e Barolo Lazzarito Riserva 2010 degustati in compagnia della viva voce del produttore che ha raccontato come nascono le sue perle enoiche che rispecchiano alla perfezione il connubio tra classicità e innovazione.

Notizia inviata da Laura Brichese della Delegazione FISAR di Portogruaro

DELEGAZIONE FISAR DI PORTOGRUARO: CONSEGNA ATTESTATI CORSO I LIVELLO

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a consegna degli attestati del corso di 1° Livello per sommelier è stata una splendida occasione conviviale. Il giardino dell’Hotel Ristorante alla Botte di Portogruaro, sede del Corso, ha accolto il brindisi

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iniziale con Spumante Chardonnay Magnum, dell’Azienda Agricola “Guerrino Bellia & Figli” di Pradipozzo di Portogruaro. Il menù della serata con le ricette della giovane Chef ha incontrato i vini scelti dalla Delegazione fra i prodotti dell’Azienda “Vigneti Pittaro” di Codroipo serviti elegantemente dai Sommelier Loris Bortolusso e Marco Bon: “Crespelline con carni bianche e Montasio” con Friulano Pittaro 2015 (Doc Friuli Colli Orientali); “Risottino all’onda agli asparagi con perle di Asiago ed erbe” con Mousqué Pittaro 2015 (Doc Friuli Grave);

“Filetto in crosta e patate novelle” con Merlot Pittaro 2016 (Doc Friuli Grave); dessert con Moscato Rosa Pittaro 2015 (I.g.t. delle Venezie). Il cospicuo gruppo di aspiranti Sommelier, guidati dalla Direttrice del Corso, Nadia Salvador, ha completato il primo percorso formativo superando brillantemente il test finale di valutazione. Il delegato Fisar di Portogruaro, Giuseppe Tonetto, si è complimentato con i corsisti, augurando loro un buon proseguimento degli studi, per conseguire la qualifica di Sommelier Fisar.


Notizia inviata da Laura Grossi dalla Delegazione FISAR MILANO

LE ECCELLENZE DELLA FOOD VALLEY: LAMBRUSCO E ACETO BALSAMICO

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na visita alla scoperta di due eccellenze della tradizione enogastronomica emiliana – il Lambrusco e l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena – ha inaugurato il calendario Eventi 2017-2018 di FISAR Milano. La Cantina Cleto Chiarli (azienda simbolo di un territorio che affonda le proprie radici nella tradizione e nella storia della provincia di Modena) e l’Acetaia Boni (che sorge, insieme alla sua ormai secolare tradizione, nelle prime colline modenesi a Solignano di Castelvetro) sono state le tappe della visita organizzata lo scorso Sabato 23 Settembre 2017. Con un secolo e mezzo di vini alle spalle, una famiglia e milioni di bottiglie prodotte, la “Cleto Chiarli” affonda le proprie radici nella storia della provincia di Modena ed è sinonimo stesso dei migliori Lambrusco. Nata nella seconda metà dell’800, questa azienda è riuscita a coniugare con sapienza le migliori tecnologie, dando vita a prestigiosi vini, nonché icone enologiche fortemente

legate al territorio e alla storia, quali “Premium”, “Fondatore” e “Vigneto Cialdini”. Il pomeriggio è stato poi dedicato alla scoperta di una preziosa realtà italiana: l’Acetaia Boni porta, infatti, avanti l’antica eredità produttiva dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena che costituisce un prodotto unico al mondo nel panorama dei condimenti. La degustazione al

cucchiaino di quattro tipologie di Aceto Balsamico Tradizionale – di 15, 30 e 50 anni – (invecchiati in speciali legni di piante locali, molte delle quali ormai rarissime), ha arricchito di fascino la visita in una realtà che accudisce e perpetua la grande tradizione famigliare secondo canoni tramandati da generazioni e ancestrali processi di produzione.

La “Casa dei 7 Marchi” di Vinventions Vinventions, fondata nel 2015 dall’imprenditore Marc Noël insieme a Bespoke Capital Partners, Heino Freudenberg e altri partner, ha come mission quella di essere il fornitore più innovativo e più fidato al mondo per le soluzioni di chiusura completa per vini nel settore dei vini fermi e frizzanti. Dal gennaio del 2015 Vinventions ha acquisito Nomacorc, Ohlinger Group e Syntek Bouchage e ha creato partnership strategiche con leader del settore quali Preciosa (bicchieri VINVENTIONS SPRL SEDE SECONDARIA ITALIA via Luigi Dalla Via 3/b - Centro Direzionale Summano Torre A 36015 Schio (VI) - Tel. +39 0445 16 56 134

di cristallo) e Cork Supply (sughero naturale). Questo ha portato alla creazione della “Casa dei 7 Marchi” di Vinventions e alle sue soluzioni di chiusura complete per vini, che comprende Nomacorc (PlantCorcs), Syntek (sintetici), Ohlinger (sughero naturale), Vintop (tappi a vite) e Vinolok (chiusure in vetro), ma anche Wine Quality Solutions (servizi e analizzatori enologici) e Wine Marketing Solutions (servizi di marketing e insight sui consumatori di vino). info-it@vinventions.com il Sommelier | n. 4 - 2017

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Notizia inviata da Giorgia Chiopris della Delegazione FISAR UDINE

NUOVI TRAGUARDI PER FISAR UDINE

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unedì 3 luglio 2017 un nuovo importante obiettivo è stato raggiunto dalla FISAR Udine. Nella splendida cornice del rinomato Ristorante ‘La Taverna’ di Colloredo di Monte

Albano la Presidente Nazionale Graziella Cescon, unitamente a Lucio Chiaranda ed il Delegato Massimiliano Loca, e con la partecipazione straordinaria del Vignaiolo Paolo Rodaro, hanno consegnato attestati ad un numeroso gruppo di eno-studenti. La Cena di Gala ha coinvolto tre classi, due primi livelli ed un terzo livello, che nel primo trimestre 2017 sono stati coordinati e seguiti dai neo Direttori di Corso Marta Poian, Sandra Romano e Lorenzo Verona per un totale di oltre 50 studenti che applicandosi agli studi sono riusciti a varcare il traguardo. Hanno ottenuto il Tastevin ed

l’attestato di sommelier: Baiutti Ivan, Battellino Davide, Cargnelutti Fabio, Maion Riccardo, Melchior Andrea, Pivotti Elisa, Tomasoni Francesca, Zaffagnini Lisa. Passo dopo passo, con determinazione, la Delegazione sta incrementando le proprie risorse interne in modo da poter sostenere autonomamente la richiesta; nel nostro territorio, infatti, lo sviluppo culturale che ruota intorno al mondo enoico è in costante forte sviluppo. Per maggiori informazioni sui corsi potete contattarci via mail a udine@fisar.com. Photo Davide Marchesi

Notizia inviata da Germano Febo della Delegazione FISAR L’Aquila

LA VIA DELLE CANTINE 2017: ANCORA UN SUCCESSO!

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ncora un grande successo per la manifestazione “La Via delle cantine” che si è svolta lo scorso 5 agosto nel borgo autentico di Rocca di Botte in Abruzzo. L’evento, in collaborazione con la Fisar L’Aquila, oltre alla degustazione di importanti vini abruzzesi, prevedeva convegni

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sul mondo del vino. Quest’anno il tema, ideato dal sindaco di Rocca di Botte Fernando Marzolini, era: “Vino, storia e territorio”. Anche attraverso il tema trattato, il primo cittadino ha espresso il desiderio di poter tornare a fare il vino nel territorio del comune, proprio come un tempo, quando I terreni di zona erano coltivati a vigna. Con il prof. Carlo Felice Casula, ordinario di storia contemporanea all’Università Roma tre ed altro autorevole ospite del convegno, è stata ripercorsa la storia del vino in Italia sottolineando che il vino è soprattutto storia sociale, comunitaria ed enogastronomica. “Attraverso il vino-ha dichiarato Casula - possiamo segnare le

varie fasi della nostra storia che è storia di territori, genti e cultura”. L’agronomo D’Amario invece, ha illustrato come è possibile impiantare la vite in territori che sembrano eroici, ma che possono diventare nicchie per la coltivazione di uve atte a fare vini di qualità. Dopo il convegno la manifestazione è proseguita nel centro storico dove I partecipanti, accolti ed aiutati dai sommelier della Fisar, hanno degustato le eccellenze abruzzesi. Un nuovo grande successo dunque l’edizione 2017 de “La Via delle Cantine” evento frutto della sinergia tra Comune di Rocca di Botte, Borghi Autentici d’Italia e Fisar.


Notizia inviata da Gaetano Annunziata della Delegazione FISAR Milano Duomo

NUOVI SOMMELIER IN FISAR MILANO DUOMO

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a scienza ha conquistato lo spazio e non ancora il meccanismo delle infinite metamorfosi del vino, vi è qualcosa che sfugge, che si sottrae ad ogni analisi, qualcosa che noi non conosciamo, con cui solo noi comunichiamo, noi che amiamo il vino: la sua anima” (Luigi Veronelli, Il vino giusto – 1971). Con questa riflessione abbiamo accolto i 21 nuovi sommelier della Delegazione Fisar Milano Duomo, nella splendida cornice di Villa Campari a Sesto San Giovanni, il 18 febbraio. Ospiti d’onore alla cena di consegna dei diplomi, la Presidente Fisar Graziella Cescon14, il Consigliere Nazionale Valerio Sisti e il Delegato Fisar Pavia, Roberto Pace. Un

interessante racconto della storia di Campari è stato il tema della visita guidata al Museo, per poi proseguire a festeggiare i sommelier con la cena di gala e la consegna del meritato attestato. I nostri complimenti a Silvia Amoni, Nicola Calandriello, Maria Carla Casale, Antonio Colonna, Sergio Corona, Miguel Angel Couto Lopez, Paola Cremonesi, Alice De Benetti, Barbara Di Serio, Alessia Fuggetta, Nicolò Gordini, Davide Lembo, Maria Chiara Mignani, Ludovica Pecchioli, Luca Pedrani, Ilaria Pedrotti, Rossella Porrazzo, Louis Villareal, Lorenzo Viola, Massimo Viola, Matteo Volonterio, per il risultato conseguito, con il migliore proposito di averli tutti come parte attiva della nostra

Delegazione. E complimenti anche alla socia Angela Sarcina per aver conseguito la qualifica di Direttore di Corso. Un sentito ringraziamento da parte della Delegata Silvia Pedrotti e di tutto il Consiglio di Delegazione alla nostra Presidente per averci fatto sentire la vicinanza di Fisar Nazionale.

Notizia inviata da Laura Grossi dalla Delegazione FISAR MILANO

PINOT NERO ITALIA VS FRANCIA, CHI VINCE?

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ifferenti territori per un solo vitigno: è stato il Pinot Nero il protagonista della sfida ad armi pari organizzata lo scorso Giovedì 5 Ottobre da FISAR Milano attraverso la degustazione di 8 etichette dall’Italia e dalla Francia, con una competizione all’ultimo calice tra i vini nazionali e quelli transalpini. Il Pinot Nero, in realtà, rappresenta lui stesso una sfida essendo una delle uve più difficili da coltivare, bisognoso com’è di condizioni climatiche e di terroir idonei. Non si poteva che cominciare dalla Borgogna, terrra natìa del Pinot Nero, dove fieramente cresce da più di 2.000 anni, con il Santenay 1er Cru Gran Clos Rousseau 2015 del Domaine Claude Nouveau (piccola azienda

della Haute Côte de Beaune) e il Vosne Romanée 2013 (con il suo bouquet di frutti rossi e spezie che evolve in sentori più maturi e complessi equilibrando i tannini) del Domaine Naudin Jean Marc. L’Italia ha fieramente risposto con le eccellenze del Trentino Alto Adige, una delle regioni che meglio accolgono il Pinot Nero in Italia, dove viene coltivato dalla metà dell’800. Hanno spiccato il Ludwig Alto Adige DOC 2014 (16 mesi in barrique di rovere francese che danno luogo a sentori di frutta matura e a un bouquet complesso e sfaccettato, nonché elegante al palato e dai tannini gentili) di Elena Walch e il Pfarrhof Pinot Nero Riserva 2011 di Kellerei Kaltern (cooperativa storica nata dalla

fusione di due antiche cantine, composta da vignaioli dell’intero comune di Caldaro). I curiosi enoappassionati hanno, così, potuto cimentarsi nel confronto enologico tra Italia e Francia scoprendo l’origine e le peculiarità di uno dei più nobili vitigni a bacca rossa del mondo e apprezzandone le sue migliori espressioni.

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Notizia inviata da Daniele Acconci della Delegazione FISAR di Lodi

LODI, UN BIENNIO SCOPPIETTANTE

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a delegazione lodigiana ha festeggiato il 2016 e il 2017 con molti risultati positivi. Il consiglio direttivo ha avviato alcuni corsi per sommelier e ha organizzato diversi eventi. Il gruppo lodigiano è stato supportato dalla delegazione di Pavia e ha collaborato con quella milanese nella sciabolata con Lorena Lancia (sommelier dell’anno 2016) e Laura Sandoli. La delegazione ha organizzato la visita in Val d’Aosta alla cantina Pianta Grossa, in Trentino da Stefano Bailoni alla Cantina Bionatura, nell’Oltrepo alla cantina Monsupello, a San Colombano al

Lambro al Nettare dei Santi, ha predisposto una giornata sull’olio d’oliva con l’Azienda Agricola Ventura. In questo periodo sono stati organizzati due corsi di primo livello e due di terzo. Questi i corsisti e i diplomati: Primo Livello 2016: Benelli Carlo, Recchia Stefania, Acconci Daniele, Bignamini Claudio, Pievo Giuseppe, Giardini Luca, Gulli Giuseppe, Canevara Francesco, Sanfilippo Federica, Ventura Simone Salvatore, Ghizzardi Gloria, Scozzola Giuseppe, Bozzini Giuseppe, Guglieri Pietro, Pasetti Erich. Primo Livello 2017: Bertolli Alberto, Bonelli Lorena, Capelli

Fausto, Carkalo Ozren, Donelli Roberto, Garlaschelli Giorgio, Lorito Alessandro, Ferrandi Marco, Nava Veronica, Quartieri Matteo, Rossetto Andrea, Rusconi Giorgia, Sigismondi Marco, Valenti Vittoria, Corsari Roberto. Diplomati Sommelier 2016: Benelli Giovanna, Boscolo Zelda, Bosio Alberto, Eterno Simone, Eterno Fausto, Martinotti Riccardo, Milani Elena, Roberto Chiara. Diplomati Sommelier 2017: Crotti Daniela, Devecchi Monica, Pizzocheri Andrea, Rossi Alessia, Zireddu Salvatore. Attestati terzo livello 2016 e 2017: Bertoldi Biagio,Carlin Marco e De Savino Fabiana.

Notizia inviata dalla Delegazione FISAR Valdichiana

PREMIO “NERI – STIACCINI” A NICOLA MASIELLO

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n altro riconoscimento di merito è stato assegnato al nostro Ambasciatore FISAR, nonché Pass President, Nicola Masiello, che ha ricevuto dall’Associazione Cuochi Senesi, la sera del 26 ottobre 2017 alla Villa Volte di Vicobello in Siena, il premio “NERI- STIACCINI”. Mario Neri e Pierluigi Stiaccini, cofondatori

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insieme ad altri (Masiello, Castagnini, Palazzi, Drago…) nel 1982 dell’Ass. Cuochi Senesi, sono stati 2 insigni personaggi della cucina locale che hanno sempre operato nel campo gastronomico con spirito di amore e desiderio di crescere e far crescere il settore alimentare nella ristorazione. Il premio, che ha insignito Nicola Masiello del titolo “Ambasciatore della Cucina senese” e “Cuoco dell’anno” per l’opera di conservazione delle tradizioni culinarie del territorio, è stato consegnato dal Presidente dell’Associazione, Giuseppe Ferraro. L’evento ha visto attivi alla serata anche i Sommelier della FISAR Valdichiana e SienaValdelsa, nonché l’Associazione AICOO, come cultore dell’EVO e

MIXOLOGY con le varie fantasie di cocktail… E tutto questo all’insegna della solidarietà, dal momento che una parte del ricavato è stato destinato all’Associazione Valdelsa DONNA per l’acquisto di una bobina necessaria per la risonanza magnetica mammaria all’Ospedale di Campostaggia. Alla cena evento sono intervenuti anche il Presidente dell’Unione Regionale Cuochi Toscani, Roberto Ludovichi ed alcune autorità comunali e civili della Città di Siena. Un caldo ringraziamento è andato anche a Wilma Mascagni Neri e Mirella Verdiani Stiaccini, le mogli di Mario e Pierluigi, che sempre, a fianco dei loro uomini hanno condiviso con loro ogni momento della vita, più bello e meno bello, più facile e più difficile…


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