360 ottobre 2010

Page 1

Periodico a distribuzione interna realizzato dagli Studenti Luiss e finanziato dalla Luiss Guido Carli.

Il giornale con l’Università intorno

Ottobre 2010

luiss_guido_carli

JOIN YOUR FUTURE


Ottobre 2010

Sommario

Editoriale

L’Eretico

• L’importanza del percorso . . . . . . . . .pag. 3

• Scrivere, perchè? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 23

CosmoLuiss

Cogitanda

Direttore: Alex Giordano

• Intervista al Rettore della LUISS: Massimo Egidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 4

• La vertiginosa pluralità del possibile . . . .“ 24

Responsabile Organizzativo: Federico Ronca

• Flessibilità e nuove competenze . . . . . . . .“ 5

• Quattro chiacchiere davanti ad un caffè . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 25

Fondato nel 2002 Fondatori: Fabrizio Sammarco, Luigi Mazza, Leo Cisotta

Cosmoluiss SP: Zaira Luisi Cosmoluiss EC: Elena Pons Francesco Sbocchi Cosmoluiss GP: Gabriele Maria Spagnoli Speaker’s corner: Giuseppe Carteny Alessandro Tutino International: Robert Mair Alessandra Micelli

• La rappresentanza al servizio degli studenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 6

• Tutta questione di culo . . . . . . . . . . . . . . . .“ 24

• Gli errori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 25

• LUISS: Istruzioni per l’uso •

Con i nostri occhi . . . . . . . . . . . . . . .“ 7

MGM: Manuale delle Giovani Matricole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 8

• Mettiamoci un po’ di mondo . . . . . . . . . .“ 9 • Le nostre menti, la loro voce . . . . . . . . . . .“ 10 • Quattro chiacchiere con il professor Giorgio Di Giorgio . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 11

Ottava nota • John Frusciante: l’antieroe della chitarra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 26 Artificio • Gocce d’arte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 27

• A tu per tu con Michele Lo Re . . . . . . . . .“ 12 • La situazione della triennale . . . . . . . . . . .“ 12

Cinema & Teatro

• La visione del preside Pessi . . . . . . . . . . . .“ 13

• Si parte! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 28

• Un caffè con Filippo Macchini . . . . . . . . .“ 14

• La solitudine dei numeri primi . . . . . . . . .“ 28

L’Eretico: Edoardo Romagnoli

Speaker’s Corner

Lifestyle

• C’eravamo tanto amati (o quasi) . . . . . . .“ 15

• Riprendere Berlino . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 29

Artificio: Mariafrancesca Tarantino Tiziana Ventrella

• L’eredità di K . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 16

• Scegli oggi chi essere quest’inverno . . . . .“ 29

• La politica italiana spiegata (d)ai foreigners . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 17

Calcio d’Angolo

• Scusate, ma...la sinistra? . . . . . . . . . . . . . . .“ 17

• Estate al calcio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 30

Cogitanda: Dario De Liberis Elisabetta Rapisarda

International

• Nazionale, l’esigenza di un cambiamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 30

• La moschea della discordia . . . . . . . . . . . .“ 18

• A tu per tu con Massimo Schirinzi . . . . .“ 31

Cinema & Teatro: Giulia Montuoro

• Sakineh Mohammadi Ashtiani . . . . . . . . .“ 19

• Meglio uno straniero oggi che un italiano domani . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 31

Fuori dal mondo: Nicola Del Medico Flavia Romiti

Ottava nota: Andrea Buccoliero

Lifestyle: Martina Monaldi Calcio d’angolo: Matteo Oppizzi Emanuela Perinetti Delegato fondi: Cristiano Sammarco

Stampato su carta riciclata da: Rubbettino Industrie Grafiche ed Editoriali Impaginazione e copertina: Diego Lavecchia Se volete contattarci scrivete a: 360gradiluiss@gmail.com

• Dopo 65 anni, un americano ad Hiroshima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 19 • I Pirati proteggono Wikileaks . . . . . . . . .“ 20 • Campbell goes to...Aja . . . . . . . . . . . . . . . .“ 20 fuori dal mondo • Hasta la indipendencia? •

Irlanda del Nord: una questione irrisolta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 21

Diario Catalano . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 22

Aspettando il De Gaulle serbo, l’Aja dice si . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .“ 22


editoriaLe

3

L’importanza del Percorso Ci sono, nella vita, dei momenti in cui ti trovi costretto, volente o nolente, a fare delle scelte. Magari capita che non ti senti pronto, oppure succede che ti trovi a dover indirizzare la tua vita quando di competenze per farlo te ne riconosci poche. E’ successo a tutti noi quando abbiamo dovuto scegliere cosa fare dopo le scuole medie, succede quotidianamente anche nelle piccole cose, come quando entri in un McDonald’s e ti lasci superare da trentacinque persone in fila mentre ti arrovelli il cervello scegliendo fra un Crispy McBacon e il sempreverde McRoyal Deluxe. Eppure alla fine scegliamo sempre e un attimo dopo siamo già pronti a maledirci per quello che abbiamo appena deciso. “Ogni scelta implica, di per sé, l'abbandono di tutte le alternative. Se non fossimo costretti a scegliere, saremmo immortali. (Paolo Maurensig). Una volta fatta una scelta c’è poco da fare: bisogna portare avanti quello in cui si crede e cercare di tirare fuori il meglio dalle situazioni che la vita ci pone davanti. ENTER: accedere, cominciare, partecipare, entrare a far parte di. ENTER. E’ il nuovo scenario che si apre prepotente davanti agli occhi di molti di voi, quello del primo anno universitario. I cancelli dell’Università che avete da poco superato per la prima volta vi hanno accolti lasciandovi dentro un misto di speranze, paure e angosciante curiosità. La LUISS diventerà per voi il palcoscenico di una nuova rappresentazione, probabilmente la più impegnativa che abbiate dovuto inscenare fino a questo momento. Ma adesso importa poco: lasciatevi travolgere dal turbinio di facce, gadgets, giacche e cravatte. Che vi piaccia o no, questo è il vostro momento. ENTER. E’ il tasto da schiacciare ogni volta che vogliamo far partire un programma o accedere ad un qualsiasi sito internet. E, metaforicamente parlando, è quello che anche voi avete “schiacciato” per avviare questo nuovo processo di formazione umana e professionale che l’Università vi offre. Avete conseguito la maturità, avete superato i test di ammissione e adesso vi ritrovate qui, ai nastri di partenza di una nuova realtà proprio quando, una volta finito il liceo, vi eravate quasi convinti di aver tagliato il traguardo. Potrebbe apparire come un crudele scherzo di chissà quale destino ingannatore, ed invece quel traguardo raggiunto da poco non è affatto l’illusione di un arrivo trionfale, quanto la base che avete interiorizzato per presentarvi competitivi a questa nuova, fondamentale, corsa ad ostacoli. L’augurio, com’è ovvio che sia, è che tutti voi possiate arrivare alla meta nel miglior modo possibile. Non nel minor tempo possibile, attenzione. Non abbiate fretta nel superare gli ostacoli, non abbiate fretta nello scorgere il rettilineo finale. L’importante è finire la gara con la consapevolezza di aver imparato tanto

durante il percorso, di aver scoperto qualcosa in più su voi stessi, di aver lasciato esplodere le vostre attitudini, di aver coltivato nel migliore dei modi gli interessi che il viaggio vi ha stimolato. “Lo straordinario risiede nel cammino delle persone comuni. Quando si va verso un obiettivo, è molto importante prestare attenzione al cammino. E’ il cammino che ci insegna sempre la maniera migliore di arrivare, e ci arricchisce mentre lo percorriamo.” (Paulo Coelho). ENTER. Inizio di un nuovo paragrafo, di un nuovo capitolo. Nel giornalismo, una volta chiuso un discorso o esaurito il periodo, dopo aver messo un punto a quello che si è appena scritto, premendo “Invio” si da vita all’inizio di un nuovo capoverso che può essere collegato al precedente, come può essere completamente slegato da quanto antecedentemente detto. Non importa quanto impegno ci sia voluto per scrivere e portare a termine un paragrafo: la vita spesso ci impone di andare a capo e di ricominciare, di partire nuovamente da zero. Nel nostro piccolo, anche questo giornale ha subito dei cambiamenti. Un nuovo direttore e una nuova squadra di gente valida e con tanta voglia di fare bene. E’ doveroso ringraziare chi è venuto prima di noi, in particolar modo Mariastella Ruvolo e Pierdamiano Tomagra, che hanno diretto in maniera esemplare il 360° e che, con la loro passione e la loro preparazione, hanno permesso ai

nuovi arrivati di affezionarsi a questo progetto e di decidere di portarlo avanti nel migliore dei modi, nella speranza di non deludere le aspettative di nessuno e di poter continuare a far crescere il giornale che adesso avete fra le mani, ormai giunto al suo ottavo anno di vita. Aria e periodo di cambiamenti: questo è quello che Settembre porta inevitabilmente con sè, per tutti noi. Per i nuovi arrivati, ovviamente. Ma anche per chi ha appena finito di dare gli esami della sessione precedente e si trova ad iniziare un nuovo anno, con nuovi corsi e, ahimè, nuovi esami. E capita anche a chi ha da poco tagliato il traguardo, triennale o magistrale che sia, e deve voltare pagina dopo aver concluso un ciclo. A tutti voi va il più caloroso in bocca al lupo: da adesso inizia un nuovo capitolo della vostra vita, un capitolo che, nel bene o nel male, porterà tanti di quei cambiamenti al punto tale che, forse, sarà difficile riconoscervi guardandovi indietro. Facendo tesoro di tutto ciò che avete imparato fino ad ora è il momento di cominciare per l’ennesima volta un nuovo cammino, con la fiducia di chi sa di aver tanto da ricevere da questo ateneo e tanto da dare, nello scambio interpersonale, a tutti coloro che, da oggi in poi, costituiranno una seconda “famiglia” che vi accompagnerà in questo nuovo e sorprendente percorso ad ostacoli. Se vi sentite pronti a scrivere la vostra storia, basta soltanto premere ENTER. ALEX GIORDANO


coSMoLUiSS

4

intervista al rettore della LUiSS: Massimo egidi 1) Questo numero di 360° è indirizzato soprattutto alle matricole , che si apprestano ad iniziare un percorso fondamentale sia sotto il punto di vista umano che su quello professionale. Cosa ha da offrire la LUISS in più rispetto agli altri atenei italiani? Gli studenti della LUISS si trovano in un ambiente aperto e amichevole, in cui verificano personalmente che “le cose funzionano”, che i corsi sono svolti con cura e competenza, e che i loro problemi ricevono molta attenzione sia dai professori che dal personale amministrativo. Un rilevante numero di professori che ha prestigio scientifico o elevata reputazione professionale offre loro opportunità notevoli per la futura carriera. 2) Qual è stata la risposta della LUISS alla crisi delle università italiane, seguite ai recenti progetti di riforma sull’istruzione? Siamo davvero l’isola felice di cui si sente parlare o anche noi ne stiamo subendo gli effetti? Per ora la riforma universitaria è ferma in parlamento; se verrà varata in autunno, noi potremo approfittare di alcune norme, in particolare quella che, in stile anglosassone, conferisce maggior potere ai Dipartimenti , per modernizzare ulteriormente il nostro sistema di governo e di gestione. Le Università non statali, come la nostra, potranno comunque sfruttare molti più spazi di autonomia rispetto alle altre, per iniziative innovative che ci permettano di essere sempre più all’altezza nella sfida internazionale della ricerca e della formazione. 3) L’anno scorso è stata inaugurata la School of Government, un progetto sul quale si è investito molto e sul quale tutti, studenti compresi, ripongono molta fiducia. Che possibilità può offrire, secondo Lei, quest’istituzione innovativa di ricerca e formazione? La School of Government è nata principalmente per dare ai giovani una formazione adatta ad operare nelle grandi istituzioni internazionali , come l’ONU, la Fao, il Fondo Monetario Internazionale, le istituzioni della Comunità Europea; senza escludere l’alta dirigenza del settore pubblico e il mondo della politica. Settori nel quale l’Italia non è abbastanza competitiva, e che offrono invece importanti opportunità di carriera. 4) La nostra Università si sta dando molto da fare per colmare il GAP che ci separa dai più prestigiosi atenei internazionali. Ci stiamo riuscendo? E quali sono i prossimi obiettivi da raggiungere? Nell’ultimo ranking del CENSIS, La Luiss ha fatto significativi progressi, anche se c’è ancora molto da fare. Il più importante obbiettivo è quello di divenire un punto di attrazione per i giovani a livello europeo, e di permettere ai nostri studenti di

fare una seria esperienza internazionale, frequentando corsi in università partner in Europa, in America o in Cina . 5) Lo scorso anno i corridoi delle nostre facoltà sono stati letteralmente invasi da studenti Erasmus, sintomo della reputazione di cui gode la LUISS all’Estero. Quanto è cresciuta l’affluenza degli studenti stranieri e quali sono le previsioni per i prossimi anni? Negli ultimi tre anni il numero di studenti LUISS che vanno all’estero è aumentato del 50% ed il numero di studenti stranieri alla LUISS è aumentato del 25%. A mio parere questi numeri debbono crescere a ritmi ancora maggiori nei prossimi anni, compatibilmente con i costi – tra cui rilevanti sono quelli per alloggiare gli studenti stranieri – perché è uno strumento essenziale per creare un ambiente aperto ed internazionale. 6) Che regole deve seguire e quali scopi deve prefiggersi la “matricola modello” secondo il Suo parere? Consiglio agli studenti di dedicarsi allo studio con intelligenza e capacità di riflessione su se stessi, in modo da comprendere pian piano quali sono le aree più congeniali, nelle quali ci si sente più ca-

paci di ottenere risultati brillanti: lavorare divertendosi. Tutto ciò senza dimenticare di entrare il più possibile in contatto con persone ed idee nuove, che aiutano a formarsi una personalità ricca e aperta, a diventare non solo buoni professionisti, ma anche cittadini della società contemporanea. alex giordano

Chi è Massimo Egidi Dal 1976 Professore Associato presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino. Dal 1987 al 2005 Professore di Economia Politica presso la Facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Trento, in cui è stato anche Direttore del Dipartimento di Economia (19891995). Dal 1996 al 2004 è stato Rettore dell’Università di Trento, e nell’ultimo biennio membro dell’Ufficio di Presidenza della CRUI con delega ai Rapporti con l’Unione Europea e rappresentante presso l’EUA (European University Association), con delega ai Rapporti tra ricerca e industria. Dal novembre 2005 è professore all’Università LUISS Guido Carli, di cui è attualmente Rettore. Nell’ultimo decennio è stato ospite di varie Università e centri di ricerca, tra cui Ecole Politecnique (Parigi), Ecole Normale Superieure (Cachan, Paris), il Santa Fe Institute (USA), University of California at Berkeley, (USA), lo IIASA, Laxenburg, (Austria).E’ Co-Direttore, con Axel Leijonhufvud, del Laboratorio di Economia Sperimentale e Computazionale (CEEL, Trento). E’ membro fondatore e Consigliere di amministrazione di Campus Europae-European University Foundation, Luxembourg, e membo fon-

datore dell’Università Italo Tedesca, di cui è attualmente Direttore. Inoltre è membro del Comitato scientifico dell’ESNIE - European School on New Institutional Economics, Université de Paris X, della Società Italiana degli Economisti, dell’European Economic Society, dell’European Association of Evolutionary Economics del Dottorato in Economics a SciencePo (Parigi). E’ associated editor di alcune riviste italiane e straniere, tra cui Industrial and Corporate Change, European Journal of Economic and Social Systems, Mind and Society. Referee di diverse riviste, tra cui: Economia politica, Journal of Evolutionary Economics, Journal of Economic Behaviour and Organization, Manchester Journal e inoltre Referee di programmi e progetti per il MIUR, per il CNVSU e per il CIVR. E’ autore di oltre 50 pubblicazioni scientifiche su argomenti di Economia Sperimentale e Cognitiva, Teoria dell’organizzazione e dell’ apprendimento organizzativo, Teoria delle Decisioni a Razionalità limitata. Nell’ultimo decennio è stato invited spiker in molte decine di Congressi di grande rilievo internazionale.


5

Flessibilità e nuove competenze Intervista al Direttore Generale della Luiss, Pier Luigi Celli

Pier Luigi Celli ci accoglie nel suo ufficio dopo aver ricevuto uno dei tanti studenti che si rivolgono a lui per ottenere un consiglio sul proprio futuro. L’occasione per fargli delle domande è la vigilia del nuovo anno accademico. Iniziamo l’intervista mentre il Dottor Celli ravviva con un accendino il sigaro che ci accompagnerà per l’ora successiva. L'idea che si ha della Luiss è quella di un ateneo che assicura un posto di lavoro una volta finiti gli studi. Quanto c'è di vero? E come si conciliano gli sforzi della nostra università per garantire sbocchi occupazionali con la crisi del mercato del lavoro? Dal momento che questa è l’università della Confindustria teoricamente ci dovrebbe essere più facilità a trovare uno sbocco lavorativo alla fine del percorso universitario. Negli ultimi anni tutto ha funzionato molto bene. Abbiamo avuto qualche problema in più quest’ultimo anno, perché la crisi ha inciso molto sull’occupazione disponibile. Il problema reale è che ormai il mondo del lavoro muta continuamente. Fare lo stesso lavoro per molto tempo è diventata una possibilità aleatoria. Bisogna abituarsi ad avere una flessibilità che permetta di seguire il cambiamento del mondo del lavoro, adattandosi, interpretando e anticipando i segnali. Abilità che s’imparano attraverso la pratica. E la pratica bisogna anticiparla. In questo la Luiss sta facendo uno sforzo fornendo agli studenti la possibilità di sperimentare certi fenomeni come il giornale, la radio e la televisione. Cosa non può mancare al giorno d'oggi ad un giovane laureato per essere competitivo una volta conseguito il diploma di laurea? Un buon voto certamente. Una buona conoscenza dell’inglese e una seconda lingua. Una terza cosa: fare delle esperienze pratiche, che lo aiutino a capire: come si lavora in gruppo, come si governa un gruppo, come si negozia all’interno del gruppo, come si litiga e si risolvono i conflitti. Queste sono competenze determinanti. Ci sono le conoscenze e ci sono le competenze. Le conoscenze ti danno l’asse attorno al quale ti devi muovere; le competenze sono quelle che ti aiutano a non cadere da una parte o da un’altra.

Ci avviamo verso un mercato del lavoro nel quale la parola d'ordine sembra essere "Nuove competenze per nuovi lavori". La Luiss si sente al passo con questo diktat? Offre davvero delle nuove competenze ai suoi laureati? Credo che stiamo facendo uno sforzo molto grande per ridisegnare i profili professionali accentuando la competenza pratica. Chi fa economia ha visto che insegnano molti manager esterni; anche a giurisprudenza ci sono molti professionisti, provenienti dalle istituzioni pubbliche o dagli studi professionali. Questo è fondamentale. La stessa scienze politiche ha cambiato il suo profilo, tant’è vero che quest’anno parte la magistrale in inglese. In più abbiamo affiancato a scienze politiche la school of government, che specializza nelle scienze di governo. Tutta un’articolazione che aiuta nel ridisegnare nuove professioni. Si parla sempre degli alti standard della Luiss: quali sono, invece, i punti deboli del nostro Ateneo? In che modo vuole migliorare la nostra università? Un punto critico nonostante tutto quello che abbiamo fatto è che abbiamo bisogno di allargarci dal punto di vista logistico: ci servono più aule, più aule studio e più studi per i professori: questo problema è legato al fatto che abbiamo 5-6000 mila metri quadri occupati dalla scuola inglese. Attualmente stiamo cercando una location dove spostarla per riprenderci quella parte che è nostra ma che non possiamo usare. Speriamo di riuscirci presto. Un altro punto critico è l’aumento della disponibilità di posti e quindi anche di facilities per gli studenti stranieri, come le residenze. Fino a quattro anni fa non c’erano, ora ne abbiamo già due. Infine bisogna anche pensare alla residenza dei professori stranieri, che stanno aumentando. A tal pro-

Chi è Pier Luigi Celli Pier Luigi Celli è direttore generale dell'università Luiss Guido Carli di Roma. È inoltre membro dei consigli di amministrazione di Lottomatica, Hera SpA e Messaggerie Libri. Tra gli altri, ha ricoperto in passato gli incarichi di Direttore Risorse Umane dell'ENI dal 1985 al 1993, è stato fra i manager partecipi dello start-

up di Omnitel e Wind, direttore generale della RAI dal 1998 al 2001, presidente di IPSE2000 dal 2001 al 2002, responsabile della Direzione Corporate Identity della Unicredit dal 2002 al 2005 e direttore Personale e Organizzazione in Enel dal 1996 al 1998. È laureato in sociologia a Trento. È presidente onorario dell'Istituto italiano per gli studi filosofici di Napoli

posito cominceremo l’anno prossimo la restrutturazione di Villa Blanc, vicina a via Po. In una frase secca, perchè scegliere la Luiss? Perché è un’università che si prende cura dei suoi studenti, una cosa che altrove non succede. Di recente lei è diventato Presidente dell’associazione Italiacamp, sicuramente uno dei progetti più interessanti legati al mondo Luiss. In cosa consiste e dove può arrivare questa nuova idea? I meriti vanno tutti ai ragazzi che hanno costituito quest’associazione che, dopo il grande successo del BarCamp tenutosi qui in Luiss l’anno scorso, ha ottenuto la collaborazione della Presidenza del Consiglio. Il progetto ha l’intento di contribuire a migliorare attivamente il nostro paese attraverso una serie di BarCamp (tra Roma, Lecce, Milano e Bruxelles) dove raccogliere idee interessanti per innovare il sistema italiano in tutti i suoi ambiti. Come impone la prassi, la lasciamo chiedendole qualche consiglio per i nuovi arrivati. Io gli direi di avere coraggio. Cinque anni di niversità sembrano tanti, ma in realtà corrono via in fretta. Spesso, molti ragazzi qualche mese prima di laurearsi vengono presi d’assalto dall’angoscia. D’altronde l’università è l’unico periodo della vita umana in cui ognuno spera e si impegna affinchè arrivi al più presto la fine, perché la rapidità con cui si arriva alla fine è misura del successo dello studente. La vita al contrario ci fa sperare ed impegnare affinchè la fine arrivi il più tardi possibile. L’università, operando in senso opposto può ri sultare molto affascinante ma anche sconvolgente e pertanto auguro a tutti i nuovi studenti di avere coraggio per affrontare al meglio la propria carriera universitaria. Federico Ronca Alessandro Tutino


coSMoLUiSS

6

La rappresentanza al servizio degli studenti Intervista a Giuseppe Clemente, rappresentante degli studenti al C.D.A. LUISS Il Consiglio di Amministrazione è l'organo collegiale più importante all'interno dell'Ateneo, quello a cui competono le decisioni più importanti per quanto riguarda la programmazione del complesso delle attività universitarie e che sovrintende alla gestione amministrativa, finanziaria ed economica dell'università stessa. Accanto a quelli che amiamo chiamare "i pezzi grossi", in Consiglio siede anche uno studente, eletto nel corso delle ultime votazioni dopo una lunga ed estenuante campagna elettorale. Stiamo parlando di Giuseppe Clemente, iscritto alla facoltà di Giurisprudenza. Il suo, com'è facile immaginare, non è un compito facile, ma la voglia e le capacità per far bene sembrano esserci tutte. Prima di lasciare spazio alla sua intervista, ne approfitto per augurare a lui ed a tutto il Consiglio di Amministrazione un anno accademico denso di soddisfazioni e di ottimi risultati. A più di un anno dalla tua elezione, quali sono stati i risultati conseguiti durante il tuo mandato? Quali obiettivi puoi dire di aver già raggiunto? Volendo analizzare quello che è stato realizzato nel mio primo anno di mandato ritengo di poter affermare che i risultati conseguiti siano stati superiori a quanto da me auspicato in sede di campagna elettorale. Ciò ad onor del vero è stato reso possibile non grazie ad una "politica" fatta di proclami, ma attraverso il ricorso ad una programmazione inerente necessità concrete e, nei limiti degli strumenti a nostra disposizione risolvibili. Coerentemente con quanto sopra affermato provo ad elencare quelli che sono stati sul piano dei fatti gli obiettivi perseguiti, con la quasi certezza di tralasciare qualcosa : in materia di alloggi universitari, i posti a disposizione dei nostri colleghi studenti sono stati triplicati; in materia di servizi numerosi sono i contratti di convenzione stipulati con esercizi commerciali, impianti sportivi, assistenza medica e sanitaria; l'intensificazione del servizio navetta che collega le tre sedi della nostra Università; la gratuità della duplicazione del badge di identificazione universitario; i monitor LCD con funzione di bacheca per la didattica nella sede di Giurisprudenza; la possibilità per gli appassionati di musica di poter usufruire di uno studio prove presso la nostra residenza Don Mazza, e di un pianoforte presso la sede di Viale Pola; l'impegno finalizzato al coinvolgimento degli studenti in tutte le iniziative culturali svoltesi nel nostro Ateneo; la promozione di progetti interamente realizzati dagli studenti, tra i quali il Cineforum, la visita alle Istituzioni Europee differenziata sulla base delle competenze acquisite e delle materie studiate in ciascuna delle tre facoltà, la nascita di Madama Louise, giornale universitario, periodico di informazione realizzato da studenti di tutte tre le facoltà

della nostra Università, il sostegno a favore delle associazioni di volontariato presenti in LUISS. Per questo nuovo anno accademico le iniziative in cantiere sono numerose. Alle porte di questo nuovo anno accademico, quali sono i tuoi prossimi obiettivi? Hai già in mente qualcosa da realizzare? Dal punto di vista culturale sicuramente saranno organizzati in LUISS numerosi convegni, seminari su temi che stanno molto a cuore a noi giovani ed a noi studenti di una importante e prestigiosa Università. La presentazione di alcuni libri, con la presenza degli autori. L'abolizione del libretto degli esami in versione cartacea che mi auspico possa essere sostituita dalla versione elettronica. L'ampliamento degli spazi riservato agli spazi di studio. Ovviamente ripetere le iniziative svolte lo scorso anno con l'obiettivo di migliorarsi. Per il resto dei progetti preferisco poter tornare a parlarne subito dopo la realizzazione degli stessi. Non amo parlarne prima. Posso dirvi che farò del mio meglio anche quest'anno, cercando di coinvolgere i nuovi studenti e rafforzare lo spirito di squadra con il quale sono abituato a lavorare. Finora credi che il tuo ruolo sia stato importante più per il tuo personale curriculum o più per gli studenti che rappresenti? Ritengo che il ruolo da me ricoperto, mi permetta di poter fare gli interessi degli studenti; essendo io stesso ancora uno studente, tutelando la categoria ho tutelato anche me stesso. In conclusione penso che i benefici del mio operato siano fruibili dagli studenti di ogni singola facoltà.

Cosa pensi delle prossime elezioni che si terranno a maggio? Che scenari si prospettano? Pensi di potere azzardare qualche previsione? Credo che sarà dura nella misura in cui lo è stato per me. Affrontare una campagna elettorale non è mai impresa facile. All'interno di un Ateneo come il nostro la differenza la faranno i programmi concreti e i rapporti di amicizia costruiti negli anni. L'auspicio è quello di poter assistere ad una campagna elettorale dove si faccia "Politica" e ci si trovi di fronte a degli avversari piuttosto che dei nemici, poiché soltanto attraverso la competizione sana, il dialogo ed il confronto si potrà legittimare il ruolo che si andrà a ricoprire. Non possiamo che concludere con un messaggio di benvenuto, un saluto, un consiglio per le matricole. Voglio complimentarmi con i nuovi ammessi, le selezioni sono sempre più dure, per loro la scelta della LUISS mi auguro possa essere una scelta vincente come lo è stato per me. Una Università che al di là dell'ottima didattica ti consente di formare la tua coscienza attraverso le tante attività svolte nelle quali gli studenti sono sempre al centro di tutto; di poter apprendere ogni giorno quel quid in più che arricchisce la tua mente ed il tuo cuore. In LUISS le cose si impara a farle con passione e lo si percepisce nel lavoro quotidiano dei nostri docenti e dei nostri dirigenti. Pertanto il consiglio che sento di dare ai ragazzi al primo anno è di studiare e vivere l'università a 360°.

alex giordano


7

LUiSS: istruzioni per l’uso con i nostri occhi...

interviste a cura di Zaira Luisi aSP - associazione Scienze Politiche Cos’è ASP? ASP è un eccezionale opportunità. Per un aspirante scienziato politico non è sufficiente limitarsi allo studio. Ad un ottima media bisognerebbe riuscire ad affiancare una serie di attività pratiche che vanno a completare quella preparazione poliedrica e quella visione globale che caratterizzano un laureato in scienze politiche. Ebbene, ASP è un’associazione studentesca molto presente e sentita tra gli studenti soprattutto per l’alto grado di coinvolgimento dei ragazzi. Ognuno progetta, ognuno realizza. Inol-

erasmus e Scambi internazionali Come ti ha cambiata l’esperienza di studio all’estero? L'esperienza di studio a Buxelles ha completamente cambiato le mie prospettive. Sono sempre stata affascinata dalla vita in un paese diverso e dal confronto con una cultura differente, ma credo che vivere fuori mi abbia fatta crescere e imparare moltissimo, sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista universitario. Il metodo di studio negli atenei di quasi tutto il

Web tV LUiSS Cos’è la Web Tv? La web tv è una televisione sul web fatta da studenti della LUISS per gli studenti della LUISS. Ti da un insegnamento extra rispetto ai normali corsi, più basato sulla pratica, insegnandoti le tecniche di ripresa, di regia e di montaggio. Ci dai 3 buone motivazioni per cui i ragazzi dovrebbero collaborare con voi? Il primo motivo valido è che impari cose utili che nei corsi universitari non impareresti, e lo fai in un modo diverso e più coinvolgente. Un altro moti-

radio LUiSS Requisiti fondamentali per diventare speaker, registi, insomma per collaborare con Radio Luiss? La cosa bella della radio sta proprio nel fatto che non esistono requisiti! Ogni persona ha le potenziali capacità per diventare uno speaker, un autore o un regista! Ciò che viene richiesto sono solamente dedizione e tanta passione, oltre che un’abbondante dose di creatività! Il gruppo Radioluiss è molto aperto e non esistono selezioni di alcun tipo… tutti possono fare tutto!

avuto l’opportunità di partecipare ad tre ASP è un utilissimo punto di riun progetto in Olanda con altri stuferimento per le matricole e i “fuori denti di scienze politiche proveniensede”. Soprattutto se si è stati appena ti da diverse parti del mondo. E’ stacatapultati in una città come Roma, to un’interessante momento di connon è cosa da poco sapere di poter fronto, nonché un’importante especontare sui consigli dei ragazzi più rienza “pratica”, come dicevo prima, grandi che ti aiutano a integrarti apper toccare con mano quello che uno pieno nella vita universitaria! scienziato politico dovrebbe un giorQual è l’area progettuale dello scorFederico Ronchi no saper fare, oltre che conoscere. so anno di cui si è occupata l’assoColgo l’occasione per ricordare che i ciazione che ti ha più interessato? L’area progettuale che più mi ha interessato è quel- prossimi appuntamenti saranno ad Ottobre, presla internazionale. L’anno scorso, infatti, abbiamo so York (England) e ad Aprile presso Lisbona.

resto d’Europa è molto diverso dal nostro, basato Credo che l’ufficio Relazioni Internazionali delsul lavoro dello studente, attraverso progetti da l'università funzioni bene per quanto riguarda l'assistenza agli studenti pre- erasmus consegnare o lavori di gruppo. e segue i ragazzi anche durante la perNiente di più stimolante e arricmanenza all’estero. chente! Purtroppo però, tornata in Italia, non E poi c'è tutto il divertimento Eraho trovato nessuna opportunità di smus che inevitabilmente coinvolge fare scambi o soggiorni in un altro gli studenti con feste e gite di ogni paese e ho scoperto che da quest'anno genere e che diventano aneddoti non c’è più la possibilità di fare riquasi mitici al ritorno nelle proprie cerca tesi all'estero tramite bando. università! Spero di essere smentita al più presto! Come pensi che funzioni il servizio Giulia Boschis Relazioni Internazionali in Luiss?

dello scorso anno accademico. Si é tratvo è che con essa hai l'occasione di sbiztata di una cerimonia tenutasi presso zarrire la tua creatività, attraverso anl’Aula Magna, a cui hanno partecipache la realizzazione di un tuo proto importanti personalità come il gramma o di sketch. Infine, interviPresidente del Senato Schifani, oltre standoli, hai l'occasione di conoscere alle più alte cariche dell'università. E' personalità importanti del mondo stata un’esperienza emozionante, sodella politica e dello spettacolo in viprattutto quando siamo andati a fare sita alla LUISS. le interviste ai vari personaggi che staQual è stato l'ultimo progetto con la vano uscendo dalla sala, perche ci web tv in cui sei stato coinvolto e che Jacopo Pizzi siamo ritrovati a lavorare al fianco di ti ha entusiasmato? Uno dei progetti più interessanti a cui ho parte- giornalisti professionisti anche di notiziari e testate cipato è stato la ripresa in diretta dell'inaugurazione nazionali.

Qual è l’aspetto più formativo di questa esperienza che c'è dietro a un programma, bhe, parlando da e quale la parte più divertente, a tuo giudizio? speaker, è proprio il prodotto finale, andare in diretta! (specialmente quando conduEssere parte di Radio Luiss vuol dire ci un programma di intrattenimento essere parte integrante di un gruppo e puoi dare libero sfogo alle castrocon determinate responsabilità, ed è nerie!). secondo me un’ottima occasione per Tra l’altro le cose ora si sono fatte molcapire come funzionano le dinamiche to più interessanti perché Radioluiss di una piccola radio! sta collaborando da aprile con una raOgnuno all’interno della radio ricodio FM, Radio IES, e quindi abbiamo pre infatti un ruolo specifico inserito l’opportunità di poter provare cosa siin un ingranaggio più grande che fa gnifica essere parte di una radio che funzionare il palinsesto! La parte Giorgio Sartarelli trasmette su una frequenza romana! più divertente, oltre a tutto il lavoro


coSMoLUiSS

8

MGM: Manuale delle Giovani Matricole

L come Luiss Guido Carli. La nostra università è composta di tre facoltà: Giurisprudenza, Economia e Scienze Politiche. In questo numero di Ottobre ho voluto elaborare un testo in grado di presentare l’universo Luiss a trecentosessanta gradi. Per fare ciò ho scelto di strutturare questa rubrica come se fosse un glossario. Ad ogni lettera dell’alfabeto corrisponde un qualcosa di significativo all’interno del nostro ateneo, tentando di dare una piccola base da cui partire alle matricole. A come Associazione: una cosa che noterete presto nel panorama Luiss è la presenza di una moltitudine di associazioni studentesche. Fin dal primo giorno di accoglienza matricole, troverete numerosi “stand” che illustrano l’operato di queste e molte persone pronte ad esporvi i loro progetti e i loro obiettivi. Queste associazioni studentesche sono, nella maggior parte dei casi, delle opportunità per lo studente. Si ispirano alle confraternite dei college americani in cui lo studente può realizzarsi dedicandosi a ciò che più preferisce, coltivando quindi i suoi hobby. Ci sono associazioni che spaziano in innumerevoli campi:dallo sport alla tv, dal teatro alla musica, ecc. Lo studente ha la possibilità di trovarsi con persone che condividono gli stessi interessi nel tempo libero. B come Badge: all’interno dell’università è il documento personale d’identità grazie al quale si ha accesso ai locali della Luiss, si possono prenotare gli esami, si possono consultare i “totem”; è quindi il documento per eccellenza dello studente. C come Computer: la Luiss mette a disposizione le aule computer grazie alle quali lo studente può effettuare ricerche in Internet, stampare i files che più gli interessano ed elaborare documenti. La modalità per accedervi è semplice: recarsi nell’aula computers muniti di numero di badge ,numero di matricola e password personale. E come ERASMUS: un piano di studi grazie al quale lo studente ha la possibilità di studiare in un intervallo di tempo compreso tra i sei e i dodici mesi in un paese estero. F come Frequenza: la frequenza dei corsi presenti alla Luiss è obbligatoria. Questo non vuol dire che non è possibile fare assenze o che se effettuate non è possibile sostenere l’esame, ma significa che al di sotto di un numero minimo di presenze non è possibile sostenerlo. G come Giurisprudenza: per Giurisprudenza s’intende il complesso di decisioni dei giudici in merito all’interpretazione delle leggi e alla loro applicazione a questioni concrete. L’interpretazione

della legge da parte del giudice (cosiddetta “interpretazione giudiziale”) ha valore soltanto nei confronti delle parti che si trovano in giudizio e solo in relazione al caso specifico oggetto della sentenza. Nel nostro ordinamento, a differenza da quello anglosassone, i giudici non sono vincolati dalle precedenti sentenze (pur non negando la loro autorevolezza). Per Giurisprudenza intesa come facoltà di giurisprudenza s’intende il ciclo di studi incentrato sulle norme giuridiche ovverosia le regole emanate da un’autorità (in genere un’azione del parlamento in quanto titolare della potestà legislativa) e dirette ad organizzare la collettività e a risolvere i conflitti che in essa dovessero sorgere. I come Internet: in tutte le aule è presente la connessione Wireless L come LUISS : la sigla LUISS sta per “Libera Università Internazionale degli Studi Sociali” M come Mensa: presso le sedi di viale Romania e viale Pola sono presenti le mense adibite per gli studenti. Per accedervi bisogna essere muniti del badge LUISS e di un’apposita card ricaricabile della mensa. Il costo del pranzo è diverso a seconda del proprio reddito ISEE. N come Navetta : la navetta è un piccolo pullman che collega le sedi della LUISS. E’ uno strumento che risulta molto utile soprattutto ai fuori sede. Lo studente può spostarsi liberamente,in modo veloce e senza fermate intermedie, da una facoltà all’altra e ciò permette, ad esempio, ad uno studente fuori sede di poter prendere casa non per forza vicino alla propria sede universitaria,ma vicino ad un’altra dello stesso ateneo, conscio di avere a disposizione un mezzo per raggiungere i locali in cui si svolgono le lezioni che deve seguire. O come Opportunità: il mondo LUISS è pieno di opportunità, sta a noi studenti saperle cogliere e trarre da esse le soluzioni che più ci aggradano. P come Prenotazione esami: gli esami possono essere prenotati attraverso i totem o comodamente da casa attraverso il sito LUISS muniti di numero di badge, numero di matricola e password personale. R come Rappresentanti: sono coloro che ci rappresentano davanti alle istituzioni, studenti come noi eletti ogni due anni dalla comunità studentesca. Vi sono i rappresentanti di Facoltà, il rappresentante al CDA (consiglio d’amministrazione) e i rappresentanti allo Sport. Sono persone a vostra disposizione, pronte ad ascoltare i vostri problemi universitari e che tenteranno di risolverli nel migliore dei modi. Sono un punto di contatto con

le istituzioni , uno “stumento” grazie al quale le istituzioni,i professori e gli addetti ai lavori vengono a conoscenza delle esigenze degli studenti e grazie al quale gli studenti possono dialogare meglio con queste stesse persone. S come Sessione d’esame: l’arco di tempo durante il quale si possono sostenere gli esami. Questa è divisa in appelli. L’esame può essere sostenuto in date diverse all’interno della sessione d’esame, di solito sono a disposizione due o tre date. In gergo universitario queste date (o giorni) d’esame sono chiamate appelli (primo,secondo e terzo appello) T come Totem : i Totem sono piattaforme interattive presenti nei corridoi delle facoltà LUISS grazie ai quali si possono effettuare svariate operazioni: prenotare esami, stampare i documenti dello studente, calcolare la media, ecc.. Per utilizzarli basta inserire nell’apposita fessura il proprio badge ed inserire la propria password personale V come Vademecum: è un libretto scritto dalla LUISS con le nozioni di base dei vari corsi universitari e sui vari professori (ad esempio il corso x è eseguito dal professore y che adotta il testo z). Queste sono solo piccole “pillole” dell’universo LUISS, un piccolo riassunto delle voci principali inerenti la nostra università. Sono presenti le nozioni di base, le più semplici, ma credo anche le più utili per una matricola, grazie alle quali si possono muovere i primi passi e cominciare ad orientarsi in questo nuovo mondo. gabriele maria spagnoli


9

Mettiamoci un po’ di mondo Intervista al Preside della Facoltà di Scienze Poltiche, Sebastiano Maffettone Preside Maffettone, ad un anno dall’inizio del suo mandato, può dire di essere stato protagonista già di numerose novità all’interno della Facoltà di Scienze Politiche. Alla luce di ciò, che bilancio può trarre da questa esperienza? Lo scorso anno è andato tutto terribilmente bene. Merito nostro, ma anche merito del passato, non c’è dubbio. È grazie alla stretta e costante collaborazione tra le istituzioni dell’università che abbiamo ottenuto risultati sorprendenti. A cominciare dalla presidenza, Montezemolo prima, la Marcegaglia oggi, la direzione generale, il rettorato e le presidenze di facoltà. Insieme abbiamo raddoppiato l’offerta formativa e le applications sono aumentate più del sessanta per cento. Quale segnale più eloquente? Ciò è dovuto alle due novità salienti dello scorso anno, la School of Government e i corsi in inglese. Abbiamo docenti stranieri di fama mondiale come Held, Lazar, Fitoussi, e italiani accreditati in tutto il mondo quali Fabbrini e Morlino e altri ancora. L’inglese è una determinante di grande importanza per attirare gli stranieri. Sebbene in Italia la nostra Facoltà è la numero uno, all’estero non ci sono riconosciuti i nostri meriti, non rientriamo nemmeno nei primi 50 atenei del mondo. Questo perché non c’è tradizione dell’accademia italiana, abbiamo docenti e corsi tra i migliori del mondo ma non veniamo ancora accreditati per questo. I risultati li vedremo nel lungo periodo. Noi continuiamo con la nostra politica. Grande attenzione alle Scienze di Governo sfruttando il fatto di essere a Roma, al centro della vita politica del paese, e attenzione alle Relazioni Internazionali, dal momento che siamo figli della globalizzazione ed è importante capire una decisione presa in un qualsiasi angolo del pianeta perché avrà ripercussioni anche da noi. *fonte Dossier sulla popolazione studentesca a.a. 2009-10

L’indagine sui laureandi, svolta lo scorso anno accademico su proposta del CNVSU, ha rilevato che il 20% dei laureandi Luiss iscritti alla Facoltà di Scienze Politiche se potesse tornare indietro nel tempo si iscriverebbe ad un altro corso dello stesso ateneo, ma non rifarebbe la stessa scelta. Come si concilia questa percentuale non trascurabile con l’altissima quota (86%) di domande ai corsi di laurea magistrali di Scienze Politiche provenienti dall’esterno*? Chi è dentro sembra scappare, chi è fuori vorrebbe entrare. Economia e giurisprudenza depauperate, con una spruzzata di scienza politica sopra. È questa la ricetta degli insegnamenti previsti nella nostra facoltà. I ragazzi lo sanno, magari però dopo il triennio decidono di specializzarsi in uno dei tre settori. A giudicare dai giudizi positivi che riscontro sulle schede di valutazione dei corsi, dubito sia un problema di docenti o piani di studio, bensì semplicemente voglia di cambiare. La formula 3 più 2 lo permette. Cambiare dopo la triennale è legittimo se

gli studenti desiderano conoscere un altro metodo di insegnamento. In ogni modo resto della mia opinione; con lo stato attuale del mercato del lavoro si richiede di cambiare professione ogni 5 anni! Se così fosse, è necessario un insegnamento a pioggia che formi delle figure professionali versatili e che abbiano competenze in vari settori. D’altro canto l’altissima quota di domande d’ammissione ai corsi di laurea magistrali provenienti dagli altri atenei è sintomatica di quello che dicevo prima, e cioè che in Italia non abbiamo eguali e attiriamo studenti da ogni dove. La nostra università vanta un alto grado di internazionalismo. Oltre al programma comunitario Erasmus, ci sono nuovi progetti in cantiere di accordi bilaterali con università extra-europee che interesserebbero in particolare la nostra facoltà? Uno dei miei principali obiettivi è proprio quello di mettere “un po’ di mondo” nella nostra facoltà. Sono entusiasta dell’Ufficio Relazioni Internazionali e di come lavora, sono contento di mandare i miei studenti all’estero perché credo fermamente che conoscere cultura e tradizioni di un paese è molto più formativo che studiarne semplicemente la lingua restando a casa. Mi spiego meglio, è diverso essere mediterraneo che parlare del mediterraneo. È per questa ragione che i nostri dottorandi sono sparsi in tutto il mondo. Ragazzi meritevoli sono stati in India, Turchia e in Tunisia, ma anche in Africa, in Burkina Faso, in Eritrea e in Ciad. Se i risultati sono stati molto buoni intellettualmente, un po’ meno lo sono stati dal punto di vista organizzativo. È facile comprendere quanto possano essere diverse abitudini e metodi di insegnamento in un paese del Terzo Mondo rispetto alle nostre. Sigleremo a breve un accordo con l’università del Cairo e nei progetti c’è anche

la Siria, ma la difficoltà logistica di mandare studenti in questi paesi rimane. Per quanto riguarda il nord Europa poi, siamo in trattative con il King’s College di Londra per convalidare un anno accademico della nostra magistrale in un master sostenuto lì nell’università inglese. Semestre di rodaggio per il nuovo Corso di Laurea Magistrale in “International Relations”. Come sono state le risposte degli studenti in termini di domande d’iscrizione? E quali gli obiettivi che il ciclo di studi si prepone di raggiungere? Le risposte degli studenti hanno superato le aspettative. Non ci aspettavamo così tante applications per cui abbiamo dovuto stirare il limite di studenti che ci eravamo imposti. L’obiettivo è creare un ciclo di studi parallelo a quello classico di Relazioni Internazionali, ma diverso. Per rendere sensato il 3più2 bisogna sfruttare i due anni di specialistica. Abbiamo eliminato la scelta di indirizzo alla triennale, per cui tutti i pre-laureati avranno un insegnamento omogeneo sulle materie fondamentali. Col biennio poi, si cercherà di rendere più concreto lo studio delle materie di specializzazione. Un’idea è quella di sostituire un terzo delle lezioni del biennio con lectures su casi concreti tenute da ambasciatori o personalità eminenti che lavorano quotidianamente nelle realtà studiate. Solo un dato ha deluso le nostre aspettative sulle domande d’iscrizione di questo corso, ed è la proporzione di studenti italiani e stranieri. Anziché il cinquanta e cinquanta che speravamo, ci saranno solo pochi studenti stranieri e questo perché, ripeto, all’estero non siamo abbastanza conosciuti. In definitiva, come presenterebbe la facoltà alle matricole? Avete l’opportunità di studiare nella migliore facoltà d’Italia, dove si sperimenta, si innova e ci si apre al mondo. Un clima così è adatto ai ventenni, a chi sennò? Zaira Luisi

Chi è Sebastiano Maffettone E’ Master of Science presso la L.S.E. ( University of London). E’ stato “Visiting Professor” presso la New York University, Harvard University, e Tus University. E’membro di numerosi Comitati Scientifici, tra cui la Fondazione Olivetti, Curriculum la Fondazione Einaudi e la Fondazione Professore Ordinario di Filosofia Politica presso Ernst&Young. Dirige due collane editoriali (c/o la Facoltà di Scienze Politiche della Luiss Guido Liguori e il Saggiatore). Dirige la rivista “Filosofia e questioni pubbliche” (Luiss-Edizioni). Carli.

Note biografiche Nato a Napoli il 10/04/’48. Laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Napoli nel 1970.


coSMoLUiSS

10

Le nostre menti, la loro voce Intervistiamo i rappresentanti degli studenti della Facoltà di Scienze Politiche claudio Landi. rappresentante alla triennale Comincia quest’anno la tua esperienza da rappresentante degli studenti, Claudio, un anno in ritardo rispetto ai tuoi colleghi delle altre facoltà. Quali sono i progetti che pensi di avviare? Mi viene da dire: meglio tardi che mai! Sono onorato di ricoprire questo incarico e cercherò di sfruttarlo nel migliore dei modi, nonostante il tempo a disposizione. Da subito mi impegnerò ad attivare un portale interattivo tra gli studenti e tra studenti e rappresentanza con svariati servizi sulla falsariga di "Rappresentanza in diretta". Poi subito dopo sarà mia premura avviare i lavori per il Laboratorio Politico che necessita di un impegno notevole e serio e per il quale mi piacerebbe trovare un riscontro forte tra gli studenti di ogni corso o anno accademico. Pensi saranno sufficienti i mesi che ci separano dalle prossime elezioni di maggio per realizzarli o temi che servirebbe più tempo? La quantità di tempo conta fino a un certo punto. Saremo in grado di intensificare i lavori al massimo per valorizzare il tempo a disposizione. Anche se non potranno essere portati a termine chissà quanti obiettivi, il tempo sarà utile per gettare basi solide per il lavoro dei prossimi rappresentanti. Questione di breve e lungo periodo. Dopo due anni trascorsi qui in Luiss hai preso dimestichezza con le istituzioni e i meccanismi dell’ateneo, hai conosciuto gente e tessuto relazioni. Tonando indietro, rifaresti la stessa scelta universitaria? Non c'è alcun dubbio sul fatto che se avessi fatto una scelta sarebbe stata proprio la Luiss e in essa la facoltà di Scienze Politiche, per pura vocazione o addirittura amore. Non dimentichiamo che la li-

Claudio Landi

sta con la quale mi presentai alle elezioni e con la quale continueremo a collaborare è chiamata "I Love SP" cosa che lascia ben intendere come uno studente di questa facoltà sia legato sentimentalmente al suo percorso di studi. Legami che vanno ben oltre alle dinamiche occupazionali sulle quali anche mi piacerebbe organizzare degli incontri informativi con i vertici delle università per chiarire l'utilità nel mercato del lavoro della nostra amata facoltà (cosa che già è avvenuta in manifestazioni di spicco come il Job Day). Inoltre devo sottolineare che qui alla Luiss le matricole troveranno non dei semplici colleghi bensì un'intera famiglia con la quale collaborare e confrontarsi giorno per giorno. Matteo tebaldini. rappresentante alla Magistrale Matteo, sei giunto quasi al traguardo del tuo percorso universitario e, con quello, anche alla fine della tua esperienza di rappresentante degli studenti. In un ipotetico bilancio dello scorso anno, cosa rifaresti e cosa invece miglioreresti del tuo operato? Non so bene se interpretare questa domanda come un augurio per i miei ultimi (pochi) esami oppure come un esortazione a finire in fretta (ride, ndr). Fino a quando non sarò laureato resterò in carica ma ho ancora un intero anno accademico di mandato, fino a maggio 2011, quindi non siamo proprio alle battute finali. Un bilancio direi abbastanza positivo. Fortunatamente la presidenza di Scienze Politiche è sempre stata propensa ad ascoltare le mie proposte ed è stato fatto un grande lavoro ad esempio per l’assegnazione del contributo monetario per le tesi all’estero grazie al quale, nonostante le scadenze dei bandi fossero abbastanza scomode per gli studenti della nostra facoltà, siamo riusciti a far coincidere le date con le nostre esigenze e ad ottenere un altissima percentuale dei contributi, quasi il 70%. Onestamente non c’è quasi nulla che non rifarei, se invece dovessi scegliere qualcosa da migliorare direi la giornata “Scienze Politiche e Mondo del Lavoro” che nonostante la grande partecipazione è stata, a mio modo di vedere, meno concreta di come non l’avessimo immaginata. La scorso anno, come membro del gruppo di laureati “20alle venti”, hai contribuito all’organizzazione del progetto Bar Camp e del Job Day Scienze Politiche. In linee generali, in cosa consistono? Ci sono in cantiere progetti simili per quest’anno? Il gruppo venti alle venti è quanto di meglio mi sia capitato in questi anni di università, insieme a 360gradi. Persone fantastiche che con costanza e impegno portano avanti, in parallelo ai rispettivi lavori, un progetto importante e sempre più ambizioso. Innanzitutto nel mese di ottobre verrà ri-

Matteo Tebaldini proposto il LUISS BarCamp, ma questa volta all’interno di una cornice differente che porterà alla realizzazione di altri tre BarCamp (Lecce, Milano e Bruxelles) e che si pone come obiettivo la scoperta e la realizzazione, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, delle dieci migliori idee per il nostro paese. Per quanto riguarda invece il “Job Day” dedicato alla nostra facoltà spero si possa riproporre e realizzare il progetto che grazie alla Presidenza di Facoltà ed alla Direzione Generale ha ottenuto un ottimo riscontro ma che dopo l’esperienza del primo anno saremo in grado di migliorare. Parte quest’anno il nuovo corso di laurea magistrale in International Relations. L’offerta formativa prevista è la stessa del “classico” Relazioni Internazionali, con la determinante della lingua inglese. Uno tra i problemi che gli studenti hanno sempre lamentato della specialistica è la somiglianza dei piani di studio con quelli della triennale. Ci sono stati miglioramenti rispetto allo scorso anno o il nuovo corso partirà con queste inefficienze? Le inefficienze che lamenti sono terminate durante lo scorso anno accademico. Gli esami doppi sono stati eliminati con la riforma del corso di laurea triennale, i nuovi iscritti alla magistrale non avranno più questi problemi. Per quanto riguarda il corso in lingua inglese credo che il successo dell’esperimento sia evidente già dal numero di studenti triennali che si sono interessati,forse ci vorranno un paio di anni di rodaggio per avere classi con un gran numero di studenti stranieri ma la caratura dei Professori del corso credo sia una garanzia di successo. In bocca al lupo a loro ed anche alla nuova squadra 360! Zaira Luisi


11

Quattro chiacchiere con il professor Giorgio di Giorgio Abbiato intervistato il Preside della Facoltà di Economia presso la nostra università, Prof. Giorgio Di Giorgio. Approfittiamo dell’occasione per ringraziarlo per la sua risposta e per la sua celerità nel farlo. Di seguito l’intervista. 1- Ci sono dei progetti particolari in corso per la facoltà di economia quest'anno? La nostra programmazione è fatta con largo anticipo, quindi le novità in partenza nel 2010-2011 riguardano progetti finalizzati circa un anno fa. Sono relativi ad una offerta formativa triennale più snella (19 esami invece di 20), all'introduzione di un programma di merito che intende premiare gli studenti triennali più bravi (quelli che a fine luglio del secondo anno hanno la media del 28 e 80% dei crediti dei primi due anni nel cassetto) e l'introduzione di un profilo addizionale di specializzazione nel corso di laurea di general management, dedicato all'e-business e al management dell'ICT. Per quello che riguarda l'internazionalizzazione, da quest'anno sono operativi i double degrees in economics, in finance e in management con l'Università Nova di Lisbona, dedicati agli studenti iscritti a General Management e al profilo in inglese (financial economics) di Economia e Finanza. Speriamo entro la fine del semestre di chiudere anche l'accordo con l'Università di British Columbia a Vancouver, sempre dedicato a studenti che decidono di percorrere in lingua inglese il secondo ciclo di studi. 2-Cosa pensa si potrebbe migliorare e in quale direzione verranno investite le vostre forze? Ha qualche appunto da fare a noi studenti? Gli investimenti da fare riguardano gli spazi da dedicare a didattica e ricerca, il core business dell'Ateneo: aule, uffici per docenti e ricercatori e spazi per studiare. Rimane ancora il problema di una biblioteca decentrata e non al "cuore", come dovrebbe essere della biblioteca, il posto dove i professori dovrebbero preparare la lezione e curare il proprio aggiornamento e gli studenti passare il tempo tra una lezioen e l'altra e preparare gli esami quando non studiano a casa.Agli studenti della facoltà non ho richiami d fare, solo incoraggiamenti. Siate avidi di apprendere e di conoscere, senza trascurare troppo attività divertenti e importanti come lo sport e gli appuntamenti sociali: a venti anni sono sacrosanti! 3-A quasi due anni dalla crisi del mondo finanziario, ci sa dire quanto questa abbia inflenzato le assunzioni degli studenti Luiss? E a parità di titolo di studi quanto ha invece inciso su un ragazzo che ha frequentato una università pubblica? Il mondo della finanza sta iniziando a riprendersi, ora a soffrire è più l'economia reale, con situazioni drammatiche in alcuni settori e zone del paese. E' dura per giovani laureati, ma la crisi offre an-

che opportunità. Quando una azienda chiude, si aprono spazi per altre. E viviamo in un mondo che premia le idee innovative e la capacità di osare. Le aziende che assumono diventano più selettive, e il "marchio di fabbrica" di dove si ha studiato può contare molto. Il mio consiglio poi è di guardare al mercato del lavoro in ottica globale, e non solo "sotto casa", ci sono mercati che anche nel 2010 crescono a ritmi vicini al 10%, pieni di occasioni interessanti. Anche in Italia, ovviamente, ci sono spazi per esperienze professionali di grande valore. Siate flessibili, svelti e concreti e troverete la vostra strada. 4- Reputa che un'eventuale minore incidenza della crisi sulle assunzioni degli studenti LUISS sia dettata da una questione di una maggiore preparazione tecnica o da altre, meno edificanti, ragioni (possibile proseguo del lavoro del genitore, piuttosto che "giuste" conoscenze )? Credo che ogni fattore che aiuta a trovare la propria strada in modo lecito e trasparente sia da considerare positivo. La presentazione di un laureato ad una azienda o ad uno studio professionale fat-

ta da un docente perchè in quel laureato ha visto potenzialità è positiva, è stata meritata. La raccomandazione degenere (assumilo perchè è mio figlio o figlio di un mio amico) è più frequente nel settore pubblico e dominato da interessi di basso livello, preferisco non occuparmene neanche. Vale comunque, generalmente, più per lavoratori meno qualificati e meno per i laureati, in particolar modo per quelli con un master (alias laurea magistrale). 5-Quali raccomandazioni si sente di fare alle matricole che entreranno quest'anno nella nostra facoltà? Di vivere pienamente quelli che spero possano essere gli anni più belli della loro vita, in un ambiente stimolante e sanamente competitivo, ma dove potranno curare anche valori come l'amicizia, il rispetto delle regole, la lealtà, il merito. Siete di fronte ad una bella sfida, ma nel pieno delle vostre forze: usatele bene. elena pons francesco sbocchi

Chi è Giorgio Di Giorgio Current Position: - Dean, School of Economics and Management, LUISS University, Viale Pola 12, 00198 Roma. - Professor of Macroeconomics and Monetary Economics, LUISS University, Viale Pola 12, 00198 Roma. Past Academic and Related Experiences: - Research fellow, Ente Einaudi (2002-2007) - Deputy Rector for International Relations, LUISS University, Viale Pola 12, 00198 Roma. (2003-2005) - Associate Professor of Monetary Economics, LUISS University, Viale Pola 12, 00198 Roma. (2000-2002) - Assistant Professor of Economics, University of Rome La Sapienza (1994-2000) - Advisor, Treasury Department, Ministry of the Treasury of the Italian Republic (1997-2002) - Scientific Director, Research Project on Deposit Insurance, FITD, Rome (2001) - Member of the Technical Secretary of the Economic Policy Evaluation - Unit, Ministry of the Treasury of the Italian Republic (1997-2000). - Visiting Professor at Columbia University (Fall 1996, Fall 2003) and at Universitat Pompeu Fabra (1998-1999). Education:

- 1996 Ph.D. in Economics, Columbia University, NY (M.Phil 1994, M.A.1992) - 1989 Laurea in Economia, Università “La Sapienza” di Roma , 110/110 cum laude. Fellowships and Honours: - CNR, 1999, Ente L. Einaudi, 1993-94, President’s Fellow at Columbia - University, 1993-94, “Marco Fanno” sponsored by Mediocredito Centrale, 1991-1993. LUISS Fellow 1989-91. Services to the Profession: - July 2009 - Editor, Rivista Bancaria - Minerva Bancaria - 2009 - Associate Editor, Studi e Note di Economia - 2008 - Member of e Editorial Committee, Rivista Italiana degli Economsiti - 2003- Member of the Advisory Board, Rivista di Politica Economica - 2006-2007, Editor, Journal of Banking and Finance - 1997-98, Editorial Secretary of the Rivista Italiana degli Economisti. Referee for several journals including the Economic Journal, e Journal of Money, Credit and Banking, Economics and Politics, e Journal of Banking and Finance, Rivista di Politica Economica, Rivista Italiana degli Economisti.


coSMoLUiSS

12

a tu per tu con Michele Lo re Intervista con il rappresentante degli studenti della Facoltà di Economia - Lauree Magistrali E'iniziato un altro anno accademico,che coincide con il tuo secondo anno di mandato:quali sono i progetti portati a termine e cosa invece vorresti provare a migliorare per il prossimo anno? Cari ragazzi,sono molto felice di avere l’opportunità di augurare a tutti gli studenti un glorioso anno accademico. Voglio sottolineare,come altre volte ho fatto,che il nostro è un intervento a supporto dei ragazzi e dell'intera organizzazione, alla cura dei piccoli problemi presenti e che siamo in grado di risolvere one to one grazie alla conoscenza vera dell’esigenza degli studenti. I vari compiti sono quelli di agevolare la didattica, di presentare nuovi progetti, di creare un’ armoniosa relazione tra studenti e Università, soprattutto l’effettuazione di attività di orientamento e creazione di eventi nell’interesse comune. Vi invito pertanto, a parteciparvi! Il tuo cavallo di battaglia,lo scorso anno, è stato il progetto "Drop In Job":presentalo ai ragazzi che iniziano quest'anno la propria personalissima aventura in LUISS. Il DROP IN JOB, ha come obiettivo quello di far “respirare aria di azienda” per conoscere il mondo del lavoro. Esso prevede l’organizzazione di diverse visite presso i siti industriali delle più prestigiose aziende dei settori: food, automotive, aerospace, farmaceutico, trasporto/logistica e manifatturiero. In un anno , siamo stati ad Elica, sinonimo di efficienza, innovazione e design nella produzione di cappe da cucina. Gli studenti hanno visitato il colosso STMicroelectronics, leader mondiale per la produzione di componenti elettronici a semiconduttore . Addirittura, fornisce una particolare tecnologia chiamata accelerometro implementata nell’ I-phone di Apple per effettuare movimenti in verticale ed orizzontale dei telefoni cellulari. Successivamente l’azienda Bialetti è stata meta di un’altra visita aziendale. Ci siamo fermati qui? Ovviamente no! Per le ragazze, la LUISS è stata a Fater, società che si occupa di produzione e commercializzazione di prodotti assorbenti per la cura della persona. Per i maschietti e non solo, il programma ha previsto la visita a Honda: leader mondiale nell''intera produzione di veicoli a 4 e soprattutto 2 ruote. Incredibile è che da un progetto creato da un gruppo ristretto di persone - il Placement prima di tutto e il mio gruppo di lavoro si è pavimentata la possibilità di passare dalla logica del sapere a quella del poter imparare e fare; le imprese hanno la possibilità di selezionare i migliori, i più volenterosi ed i più affidabili per costruire una squadra di persone che possa fare la differenza. Mi ricordo, quando siamo stati ad Honda, molti studenti sono rimasti soddisfatti di vedere come è una catena di montaggio e come qualità, innovazione ed efficienza vengono integrati quasi magi-

camente. “Toccare con mano”, finalmente ciò che si studia è veramente interessante. Io penso che, capire come si implementa un kaizen, (metodologia giapponese di miglioramento continuo , passo a passo, che coinvolge l’intera struttura aziendale), come esso si connette a concetti come il TQM, il Just in time (diminuizione drastica delle scorte, quasi zero), piuttosto che al kanban, debba essere l’industrial religion di un laureato in economia. Ovviamente non possono mancare le novità, infatti proprio in occasione della giornata delle matricole i nuovi iscritti alle Lauree Magistrali potranno entrare in contatto con l'associazione studentesca LMT (Luiss Magistrale Team). Essa si propone come obiettivo la creazione di un canale diretto, per gli studenti più smart, per condividere e promuovere numerose attività inerenti al mondo lavorativo. L’ingresso è senza barriere possono iscriversi ragazzi di tutti i corsi di laurea. Ed è per questo che siamo orgogliosi di invitare tutti gli studenti ad incontrarci presso lo stand allestito per la giornata di benvenuto alle matricole. Sarà l'occasione per presentare ufficialmente l'associazione per l'inizio del nuovo anno accademico. Un ringraziamento a tutto il team, in particolare ad Annarita ed Andrea che porteranno avanti in prima persona l’avventura di LMT. Un consiglio a chi inizia quest'anno per vivere al meglio la vita da studente LUISS? Concludo affermando che il mio impegno verso questa università e soprattutto verso gli studenti è profondo e sincero. Il mio mandato è quasi arrivato alla conclusione a Maggio 2011 ci saranno nuove elezioni e spero che prenderà il mio posto

porterà avanti rilevanti iniziative studentesche. Approfitto, per ringraziare il Preside Di Giorgio per il suo formidabile lavoro e tutte le persone che lavorano in Segreteria di Facoltà per rispondere alle esigenze dei ragazzi. Inoltre, ringrazio tutto il mio gruppo di lavoro sempre eccezionale. Vi ricordo i miei contatti: email mlore@luiss.it; mobile 3282638081. Per qualsiasi richiesta di chiarimento, piuttosto che scambiare semplicemente due chiacchiere sono sempre a vostra disposizione Elena Pons Francesco Sbocchi

La situazione della triennale Cari ragazzi, come potete vedere, in questa rubrica abbiamo pubblicato l’intervista a Michele Lo Re, rappresentante degli studenti di Economia Facoltà lauree Magistrali. Non serve un occhio molto critico per notare l’assenza dell’intervista al rappresentante di economia Facoltà Lauree Triennali. La situazione quest’anno, risulta essere un po' particolare: l’attuale rappresentante è Vito Pinto, sarà lui la vostra figura di riferimento fino ad ottobre, quando finirà il suo corso di studi presso la nostra Università. Dopo questa data, subentrerà,alla rappresentanza, Carolina Parisi: studentessa del terzo anno, nelle elezioni del mag-

gio 2009 si classificò dietro l'attuale rappresentante, nonchè dietro Andrea Carmignani, anche lui giunto alla fine del suo corso di studi triennale. Il giornale pubblicherà l’intervista alla vostra nuova rappresentante nel numero di novembre, ossia da quando inizierà a ricoprire ufficialmente la carica. Approfitto dell’occasione per fare un grosso in bocca al lupo a Vito Pinto, per la sua laurea e carriera futura. E, ovviamente, un grossissimo in bocca al lupo anche a Carolina e a tutti i ragazzi che iniziano quest’avventura nel mondo LUISS! francesco sbocchi


13

La visone del preside Pessi Intervista al preside di Giurisprudenza, “bussola” per l’orientamento di matricole, studenti e laurerandi Preside della Facoltà di Giurisprudenza della Luiss Guido Carli dal Giugno 2007, Roberto Pessi, come si è già avuto modo di descrivere nel precedente numero della rivista, ma che è doveroso ripetere per coloro che si affacciano oggi per la prima volta nel nostro ateneo, è famoso nel mondo universitario, oltre che per essere uno dei più importanti giuslavoristi del panorama italiano e per tutte le cariche da lui ricoperte nella sua carriera (come giù menzionato), perchè ha voluto fortemente, riuscendovi, pianificare un nuovo corso di studi che permettesse al laureando in Giurisprudenza di avere la possibilità di approfondire alcuni rami giuridici. Ciò è ormai conosciuto come “il metodo Pessi” che consta di tre anni e mezzo di studio generale del mondo giuridico e delle sue materie ed in un anno e mezzo di specializzazione in un dato campo giuridico. Grazie a tutto questo lo studente avrà avuto la possibilità di approfondire ciò per cui si è sentito più portato, fermo restando i tre anni e mezzo di competenze generali. I tre anni e mezzo sono, metaforicamente parlando, un “paracadute” grazie al quale una volta uscito dall’università il neolaureato è pronto per tutto il mondo del lavoro giuridico e che gli permetterà di fare ciò che vuole della propria vita professionale. L’anno e mezzo di specializzazione, invece, sarà quel “quid” in più, un’arma che permetterà al laureato di avere una competenza specifica che lo renderà più ricercato nel mondo del lavoro e allo stesso tempo eviterà, a chi lo chiamerà a lavorare, di doverlo istruire su temi già trattati in facoltà, facendo così risparmiare al datore di lavoro tempo e denaro. Fondamentale resta il “paracadute” che consentirà al laureato di fare ciò che desidera. La maggiore difficoltà nell’effettuare tali cambiamenti è stata quella di differenziare due tipologie diverse di studenti: coloro per i quali la riforma sarebbe entrata da subito in pieno vigore e coloro che, essendo già agli ultimi anni, avrebbero usufruito solo in parte del nuovo metodo. La soluzione, per questi ultimi, è

stata l’adozione di un ordinamento “transitorio”, con una graduale diminuzione del numero degli esami che è servita a far usufruire realmente anche a questi studenti del nuovo metodo. Grazie a quanto appena descritto e ad una flessibilità mentale che gli permette di approcciare molteplici problemi diversi il Preside è divenuto per noi tutti, usando ancora una volta una metafora che rende appieno il concetto, come una bussola ovverosia un basilare elemento di orientamento dal quale acquisire importanti informazioni utile per scegliere la migliore via da seguire. Proprio per questo il primo numero del nuovo anno accademico non poteva che cominciare con un’intervista a Roberto Pessi in cui emergono importanti considerazioni in tutte le declinazioni possibili dalle matricola al laureando passando per gli studenti impegnati nel corso di studi. Il nuovo anno accademico porta con sé nuove matricole che si affacciano per la prima volta al palcoscenico universitario e, nello specifico, nel nostro ateneo. Si troveranno di fronte a questa nuova realtà prese da due differenti sentimenti: curiosità e fascino del nuovo contrapposto a tensione e timore dell’inesplorato. Che cosa si sente di suggerire loro per poter trasformare la curiosità in progetti universitari concreti e l’inesplorato in un crescente senso di sicurezza? Prima di rispondere alla domanda voglio rivolgere un caloroso benvenuto a tutti i nuovi iscritti, con l'augurio che i prossimi cinque anni siano, oltre che un periodo splendido, il terreno su cui costruire il proprio futuro. Quanto ai sentimi che citavi credo che la curiosità sia il motore della vita: non vi sarebbero né progresso né evoluzione se non ci fosse, se l'uomo non provasse quell'insaziabile voglia di sapere e di migliorarsi che da millenni alimenta (anche) gli studi giuridici. L'inesplorato, inteso come mondo nuovo con cui ci si confronta, deve esser considerato invece come null'altro che una

Chi è Roberto Pessi Note biografiche Nato a Roma il 30/04/’48. Laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” nel 1970. Curriculum Professore Ordinario di Diritto del Lavoro presso la Facoltà di Giurisprudenza della Luiss Guido Carli. Docente di Diritto della Previdenza Sociale presso la medesima Facoltà. Docente di Diritto del Lavoro presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.

Insignito dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana (2005). Presidente del Comitato Amministratore del “Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito del personale già dipendente dall’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato”. Membro del Collegio di Conciliazione ed Arbitrato dell’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica (con competenza esclusiva su tutte le controversie di lavoro della Santa Sede) istituito con Motu Proprio del febbraio ‘89 da S.S. Giovanni Paolo II.

grande occasione, come un'opportunità di crescita che ciascuno può e deve cogliere. In un momento di estrema difficoltà per i giovani d’inserirsi nel mondo del lavoro, quali indicazioni pensa di poter dare ai laureandi per fornire loro un sostegno nell’affrontare tale realtà? Non esistono ricette magiche, valide "in ogni tempo ed in ogni luogo". Credo che ciascuno debba seguire le proprie inflessioni, le proprie passioni e darsi costantemente da fare per il raggiungimento di quegli obiettivi che bisogna sempre aver ben delineati nella propria mente. Occorre dunque studiare, approfondire e vivere appieno ogni esperienza per eccellere e dar il proprio contributo alla società.Consapevoli, però, che la vita potrebbe condurci ad aggiustare il tiro, ad accantonare (magari temporaneamente) qualche nostra aspettativa per perseguire una strada diversa, che potenzialmente può risultare propizia. Pazientando, il valore alla lunga premia sempre. Alla luce del dibattito politico e dei temi caldi della “globalizzazione” e dell’economia, quali temi di approfondimento può suggerire agli studenti della facoltà per acquisire una preparazione precisa e puntuale sugli argomenti che più influenzeranno il nostro futuro? Non credo sia tanto un problema di temi, quanto di approccio: la globalizzazione ha infatti determinato una completa rivisitazione degli schemi classici della nostra materia, imponendo all'interprete l'assunzione di nuovi punti di riferimento in relazione da un lato ad un’economia che ha abbattuto ogni restrizione nazionale e dall’altro ad una regolazione che si fa sempre più transazionale ed extrastatuale. Se infatti prima ci si confrontava soltanto con il diritto interno, adesso il giurista deve sempre più spesso muoversi in ambiti che prescindono dai nostri confini. Per questo l'università intera, e nello specifico la Facoltà di giurisprudenza è molto attiva nella promozione di programmi che consentano allo studente di vivere esperienze all'estero per diversificare le proprie competenze e dar sostanza alla propria formazione. gabriele maria spagnoli


coSMoLUiSS

14

Un caffè con Filippo Macchini Intervista al rappresentante di Giurisprudenza

Con il nuovo anno accademico entreranno a far parte del mondo Luiss nuove matricole, che si affacciano per la prima volta sul “palcoscenico” universitario. Numerose saranno le novità che questo anno porterà loro, una tra queste è la figura del rappresentante di facoltà, ruolo che ormai ricopri da un anno e qualche mese. Potresti spiegare che cosa sia all’interno di un ateneo il rappresentante di facoltà, cosa fa e perché può essere un punto di riferimento per una matricola e per ogni studente in generale? Il rappresentante degli studenti in consiglio di facoltà è l'anello di collegamento tra lo studentato e la presidenza, colui che pone all'attenzione del preside i problemi , le necessità e le esigenze della popolazione studentesca. E' un incarico importante e per essere svolto al meglio necessità costante presenza in facoltà e pronta disponibilità verso ogni tipo di esigenza-problematica degli studenti. Volgendo lo sguardo al passato e ricordando i tuoi momenti iniziali alla Luiss, hai qualche consiglio da poter dare ai nuovi arrivati o un episodio da raccontare che potrebbe essere per loro spunto di riflessione? Consiglio vivamente a tutte le matricole di saper cogliere al meglio le grandi opportunità che studiare alla Luiss Guido Carli offre ; applicandosi e non rimanendo indietro con gli esami cominciando bene sin dal primo anno. I ragazzi che verranno a studiare nella nostra amata Via Parenzo hanno un doppio onore; oltre al fatto del prestigio che comporta essere studenti LUISS devono essere consapevoli che la nostra facoltà,grazie al lavoro del nostro Preside il Prof. Roberto Pessi e del corpo docenti,è stata riconosciuta come la prima facoltà di Italia per giurisprudenza in base agli ultimi dati Censis. Con questo auguro a tutti un caloroso benvenuto e per le matricole di Giurisprudenza rinnovo la mia più completa disponibilità! Alla luce dell’anno accademico che si è appena concluso e che ti ha visto impegnato nel tuo ruolo di rappresentante di facoltà di giurisprudenza, in che modo potresti descrivere il tuo rapporto quotidiano con gli studenti? E come riesci ad essere presente in modo efficace nei loro problemi di tutti i giorni? Il ruolo di rappresentante di facoltà è piuttosto delicato e necessita di un rapporto fiduciario con il singolo studente, ma anche con la comunità studentesca intesa in senso lato. Riuscire ad ottenere questo risultato non è semplice e scaturisce da un lavoùro incessante che non si deve limitare all’orario universitario o all’interno dell’ateneo. Ciò che tento di fare è di essere disponibile per tutti coloro che manifestano i più disparati bisogni. E’ quindi necessario calarsi in ogni singola richiesta “di aiuto” ed essere sempre presenti cercando di trovare la risposta più adeguata. Per essere sempre

al fianco dello studente tento di usare tutti gli strumenti di comunicazione che sono a mia disposizione : sono sempre presente nei corridoi della Luiss per favorire un rapporto diretto interpersonale , tento di sfruttare al meglio la bacheca personale sita in facoltà, uso molto i mezzi interattivi come facebook e le mail personali (fmacchini@luiss.it) e spesso mi capita di ricevere domande e di dare risposte anche via cellulare personale. Quali sono i presupposti su cui si basa il rapporto che hai instaurato con i referenti istituzionali cui ti rivolgi in questo tuo ruolo di “anello di congiunzione”? Quali le maggiori difficoltà che hai incontrato e come le hai risolte? I presupposti su cui si basa il rapporto che si è instaurato con i referenti istituzionali sono fondamentalmente riconducibili ad una condotta coerente e rispettosa dei ruoli e delle responsabilità che ognuno di loro riveste. La chiarezza, ma al tempo stesso il profondo rispetto nei loro confronti, anima ogni singolo contatto o rapporto che mi trovo di volta in volta ad avere con loro. La maggiore difficoltà che ho incontrato è stata

quella di trovare i momenti più opportuni per confrontarmi con loro, dato il grande impegno che li tiene incessantemente occupati nello svolgimento dei loro compiti istituzionali. Tuttavia “sfruttando” la profonda disponibilità di animo che i referenti istituzionali hanno nei confronti degli studenti, al fine di risolverne i problemi, ho potuto ricavare degli spazi vitali per dedicare alle problematiche più urgenti la necessaria attenzione e le risposte più adeguate. Un saluto a tutti da Filippo Macchini, rappresentante in consiglio di facoltà di giurisprudenza. gabriele maria spagnoli

Daniele De Caro E' il secondo rappresentante della facoltà di giurisprudenza e, insieme a Filippo Macchini, sarà il vostro punto di riferimento ed il portavoce dei vostri interessi. Eletto anche lui per la prima volta nella tornata elettorale tenutasi nel Maggio del 2009 rimarrà in carica fino alla fine dell'anno accademico appena iniziato, ovvero fino a quando nuove elezioni cambieranno i volti di tutti i rappresentanti degli studenti. Daniele, nel momento in cui il giornale è anda-

to in stampa, stava seguendo dei corsi intensivi fuori Roma e, pertanto, non è stato possibile intervistarlo sulle pagine di questo numero. Da parte nostra, come redazione del 360°, assicuriamo a tutti voi lettori che anche a lui verrà dedicato spazio per un'intervista, compatibilmente con le nostre esigenze editoriali e con i suoi impegni, possibilmente già nella prossima pubblicazione del giornale che avverrà, come molti di voi sanno, nel mese di Novembre. Cogliamo l'occasione per tranquillizzare i nuovi arrivati sulla massima disponibilità sia di Daniele che di Filippo e per augurare ad entrambi i rappresentanti un sereno anno accademico la redazione di 360°


SPeaker ’ S corner

15

c’eravamo tanto amati (o quasi) Tra Fini e Berlusconi situazione sempre più insostenibile: quanto durerà?

In principio fu il Partito dell’Amore: ricordate? “L’amore vince sempre sull’odio e sull’invidia”, il magnifico slogan che faceva da sfondo alla manifestazione pre-elezioni regionali del PdL (quella da un milione di persone!): sono passati poco più di 5 mesi ma sembra passata un’eternità. Come mai? Quali potrebbero essere i problemi di un partito che ha vinto le elezioni politiche, europee e regionali? Che gode ancora di consenso popolare, nonostante la crisi? In realtà sembra che dentro il PdL di amore ce ne sia rimasto ben poco tra i due principali “innamorati”, ovvero il Presidente del Consiglio Berlusconi e il Presidente della Camera Fini. I problemi coniugali sono cominciati all’incirca un anno dopo l’inizio della legislatura, quando, di fronte alle quotidiane sortite del Presidente del Consiglio contro il Parlamento, definito “pletorico e inutile”, contro i giudici, definiti “estremisti di sinistra”, contro la Costituzione stessa, definita “filosovietica”, il Presidente Fini ha cominciato a ribattere punto su punto, sottolineando la centralità del Parlamento all’interno delle istituzioni democratiche e l’indipendenza della magistratura dal potere politico e rimarcando come la Costituzione sia la stella polare della nostra società e la pietra miliare della Repubblica. Tutte queste dichiarazioni, che in un paese normale verrebbero considerate banali e scontate, in Italia vengono accolte con stupore, incredulità, meraviglia: sembra quasi di vivere in una delle bellissime novelle di Verga, dove lo straniamento, ovvero far passare per normale ciò che normale non è e viceversa, la fa da padrone. Berlusconi non accetta che qualcuno gli dica che deve sottostare agli obblighi della Costituzione e rispettare la centralità del Parlamento, soprattutto se questo qualcuno è Gianfranco Fini. Per molti mesi dunque è continuata questa appassionante telenovela, dove ad ogni (o quasi) dichiarazione di Berlusconi seguiva il “controcanto” di Fini, fino a giungere a quel fatidico 22 aprile, giorno della convocazione della Direzione Nazionale del partito. In molti speravano che finalmente tra i due vi fosse un chiarimento e, da un certo punto di vista, è stato così: chi non ricorda infatti i volti contratti dall’ira, i diti indici roteanti nell’aria come spade, il tutto in diretta tv? Chi non ricorda quel “che fai mi cacci?” pronunciato e gesticolato da Fini? Quel giorno sono emerse veramente quell’incompatibilità e quell’antipatia che erano sempre state celate e che emergevano solo indirettamente, attraverso i retroscena o le dichiarazioni dei rispettivi fedelissimi. Eppure per molti anni la collaborazione Fini Berlusconi aveva sempre resistito alle intemperie, ancor più di quella Bossi Berlusconi: basti pensare al famoso ribaltone del 1995, quando il Senatur, oltre a urlare contro “il mafioso di Arcore”,

sostenne il Governo Dini insieme al centro-sinistra di allora. Oggi la situazione è completamente opposta, con Bossi miglior alleato di Berlusconi e Fini nel ruolo di “bastian contrario”. Ed è proprio il ruolo fondamentale della Lega nel Governo e nella maggioranza che infastidisce Fini: più e più volte, infatti, il Presidente della Camera ha accusato il proprio partito di essere subalterno al Carroccio e di appiattirsi sulle sue posizioni, soprattutto in materia di immigrazione e di federalismo. Ma le ostilità contro Fini e suoi uomini sono esplose in occasione di alcuni avvenimenti che hanno creato scompiglio all’interno del partito, come le dimissioni dei ministri Scajola e Brancher e del sottosegretario Cosentino, la vicenda degli appalti per il G8 e per i Mondiali di nuoto gestiti dalla “cricca”, per arrivare poi all’associazione segreta ribattezzata P3, il tutto con il coinvolgimento di personaggi di prim ordine del PDL . Per aver chiesto a tutti questi galantuomini di farsi da parte e al partito di prendere le distanze, molti finiani sono stati tacciati di “giustizialismo”, come se chiedere di fare chiarezza in merito ad alcune vicende a dir poco oscure sia da forcaioli rivoluzionari. Ed è in questo clima così infuocato che il 30 luglio ha visto la luce un nuovo gruppo parlamentare, Futuro e Libertà, che si trova

ancora nella maggioranza e che continuerà a garantire la fiducia al Governo, ma che dalla ripresa dei lavori parlamentari deciderà di volta in volta come comportarsi nelle votazioni. é chiaro che non si scontrano soltanto due persone, ma due visioni della politica, troppo lontane per conciliarsi: l’una, quella di B., tipicamente aziendalistica e padronale, che non ammette interferenze o limiti; l’altra, quella di Fini, che crede invece nella centralità del Parlamento e di tutte le istituzioni di garanzia, a partire dal Presidente della Repubblica. Una cosa è certa: la più vasta maggioranza che la storia repubblicana ricordi sembra non riuscire a portare a termine nemmeno una delle grandi riforme (dal fisco, alla giustizia, al federalismo) che erano state promesse appena due anni fa. Come ha denunciato alcune settimane fa Luca Cordero di Montezemolo, siamo in un “paese bloccato, invischiato in una transizione infinita e privo di un progetto comune”. La soluzione? Si parla di elezioni anticipate, di governi tecnici: l’unico augurio che possiamo farci è che a guidare questo paese siano persone serie e responsabili, che sappiano dare risposte vere ai veri bisogni delle persone. antonio grifoni


SPeaker ’ S corner

16

L’eredità di k Fu tra coloro che riuscirono ad intravedere più lucidamente la caduta della prima Repubblica e a teorizzare la seconda. La sognava presidenziale e plebiscitaria. Voleva esserne il traghettatore oltre che teorico. Intuì che in quel preciso momento storico, mentre le macerie del muro di Berlino ricoprivano i vecchi simboli, si apriva uno spiraglio per le sue aspirazioni. E allora si buttò nella mischia, sperando che l'entropia di quegli anni, che lui stesso contribuì ad alimentare, potesse giocare a suo favore. Qualcuno lo prese per pazzo, ma Francesco Cossiga non lo era. Non si risparmiò nel sembrarlo ma non perse mai il senno. E forse ora, dopo la sua morte, ci si comincia a rendere conto che la sua eredità politica giace in quelle esternazioni che molti semplicisticamente reputarono frutto della sua instabilità umorale. Il momento chiave per comprendere la parabola di Cossiga sono certamente i suoi ultimi due anni da Capo dello Stato, ma non fu la sua battaglia per una repubblica presidenziale a segnare la storia politica degli anni successivi. Anzi, a ben vedere, è la cifra di quello che fu il suo agire politico a dirci qualcosa sul regime attuale. Il suo sogno presidenzialista finì per infrangersi contro un regime partitocratico che si stava immolando per poi rinascere dalle ceneri, ma Cossiga fu maestro inconsapevole di stile politico. E se in politica la forma è contenuto, inintenzionalmente influenzò i modi con cui il potere

sostiene oggi la seconda Repubblica. Non ci si può dimenticare di come durante la sua carriera l'ormai ex senatore a vita smarrì, spesso e volentieri, qualsiasi freno inibitore. Alla fine del suo settennato da Presidente della Repubblica insulti e minacce contro coloro che mettevano a repentaglio le sue aspirazioni (i partiti) e il suo mondo (la magistratura) divennero pane quotidiano. Sembra il resoconto di un giorno come tanti della seconda Repubblica e invece fu l'epilogo di uno spettacolo in cui Cossiga contribuì a gettare le basi per il successivo; gli anni del berlusconismo. Infatti se oggi abbiamo una classe politica che ha perso quasi del tutto il senso della misura e delle istituzioni lo dobbiamo anche a lui, al disprezzo che spesso mostrò nei confronti dei limiti imposti dalla legalità repubblicana. Se oggi un Presidente del Consiglio si può permettere di definire "formalismi costituzionali" il rispetto delle prassi che la Costituzione prevede, lo dobbiamo anche a Francesco Cossiga. Un antesignano del politico anti-magistratura; redarguì giovani magistrati antimafia perché ritenuti incapaci per un tale compito, insultò altre toghe perché impegnate a indagare su vicende di cui probabilmente egli era al corrente, minacciò l'utilizzo della forza pubblica per presidiare le sedute del CSM. Fu un pioniere; anticipò temi portanti della discussione e polemica politica degli ultimi venti anni.

Ma non è qui che si esaurisce il suo contributo a plasmare il regime attuale; difatti il Cossiga Presidente della Repubblica fu solo l'apice di una concezione del potere maturata invece nel corso della sua lunga carriera politica. E proprio per questa precocità nel presentare caratteri che poi si manifesteranno con più chiarezza nel dopo Tangentopoli che Cossiga è da ritenersi l'esponente più postmoderno della prima Repubblica. Come ha scritto Gianni Barbacetto su Il Fatto, amava l'intrigo, il segreto, le logge coperte, i servizi, i complotti. L'agente di polizia infiltrato è l'icona della parabola di Cossiga; emblema di una vita immersa nei meandri del apparato statale. Fu sì uomo dello Stato, ma di quello, come dice sempre Barbacetto, "segreto e sotterraneo che utilizzava le istituzioni democratiche come un simulacro entro cui impiantare i poteri reali". E anche in questo marcò il sentiero per gli anni del berlusconismo, in cui gli scandali sui servizi e l'uso personalistico degli apparati di intelligence non sono mancati. Non deve meravigliare quindi se nelle foto che ritraggono coloro che un mese fa hanno reso omaggio alla salma dell'ex Presidente emerito della Repubblica, compare un certo Renato Farina; un giornalista che qualche anno fa era al soldo dei servizi segreti e che oggi è parlamentare del Pdl. Chi meglio di Farina può ritenersi un prodotto della storia cossighiana? Un uomo che, sotto il nome in codice "Betulla", fu utilizzato dai servizi di Nicolò Pollari per spiare l'attività di giornalisti, magistrati e politici e che fu incaricato di creare falsi dossier e false notizie per depistare le indagini sul rapimento a Milano di Abu Omar. Farina è un'icona del doppio Stato, esempio di come il potere politico possa operare al di fuori di qualsiasi controllo di legalità E in questo Cossiga fu maestro già a partire dal 1966 quando da Sottosegretario alla Difesa ricevette la delega a sovrintendere Gladio. Sarà una coincidenza, ma la morte del picconatore cade in uno dei momenti di crisi di un sistema che deve molto al defunto politico sardo. Il problema è: quanto sopravviveranno queste prassi? Si evolveranno? Come si evolveranno? Quali soluzioni potrebbero correggere queste storture? La palla però è in mano ad una classe politica che ancora oggi non riesce a dare un giudizio (per miopia e per malafede) alla realtà che ci circonda. Forse rileggere la parabola cossighiana potrebbe aiutare molti, ma a pochi converrebbe. E per ora, come scrive Alessandro nel suo articolo, a noi non resta che sperare.

giuseppe carteny


17

La politica italiana spiegata (d)ai foreigners

La risata di Faizul è fragorosa. Faizul viene dal Bangladesh: l’ho conosciuto lo scorso agosto alla London School of Journalism. Mentre ci servono l’ultima tapas provo a riprendere un discorso sulla nostra politica, aiutato da dei ragazzi milanesi. Non so come sia possibile finire a parlare sempre delle stesse cose. Forse come ha detto una delle nostre insegnanti, una giornalista greca trapiantata a Londra, gli italiani sono espansivi: devono parlare, spiegare e, oh, lamentarsi. Questo ci riesce benissimo. A questo punto è necessario chiederselo: come fai a non riferirti a lui? In quale maniera puoi non citare alti momenti nella storia delle relazioni internazionali come il “bubbusettete” ad Angela Merkel o l’accoppiata mascella cadente braccia allargate a dire: “Che gnocca Michelle Obama”? Facce grigie, musi lunghi trasformati in sorrisi tirati, noi italiani ci guardiamo con un sentimento simile a una mistura fatta d’auto-compassione e voglia di reagire, mentre gli altri sono piegati in due dalle risate. Non solo sorrisi però, ma anche argomenti che sollecitano più sguardi perplessi di un intero pomeriggio con Barbara d’Urso. Jennifer vive in Virginia, Usa. Ce la mette tutta per provare a capire i nostri discorsi sulla mafia, ma quando proviamo a spiegarle le differenze tra ‘ndrangheta, camorra e mafia la vedo desistere dal suo tentativo di comprensione. Nonostante cose come il pizzo (“why don’t they call the Police?”, beata innocenza) e i legami stato-mafia le sembrino echi di un altro mondo, riesce comunque a farci una domanda che tanti italiani non si pongono più: perché non reagire, liberarsi da questi individui? La sua domanda mi ricorda quella di una ragazza inglese, che con semplicità e curiosità mi ha chiesto perché gli italiani continuassero a votare Berlusconi. Avrei tanto voluto darle una risposta semplice e illuminante, ma la sto ancora cercando: me la sono cavata parlandole di tangentopoli, di conflitti d’interessi e della debolezza dell’opposizione. Faizul mi guarda sbalordito: “it seems so similar to Bangladesh ‘politics.” La mia risposta lo farà ridere per tutta la sera: “Ora il Bangladesh sembra un posto molto più bello, vero?”. E’ sempre bello poter far ridere delle persone. Il problema sorge quando ti ricordi che quello di cui stai parlando non è una storia inventata: è la tua realtà, è il tuo pane quotidiano fatto di bugie, crudeltà e proclami politici che ricordano le barzellette di un cabaret trasmesso da un’emittente locale. Fosse così, si potrebbe almeno spegnere o cambiare

canale. Ma proprio nel paese dominato dalla telecrazia, il telecomando della vita politica è sprovvisto del tasto off o, per lo meno, del tasto flash forward: vai avanti veloce. Invece siamo qui, pronti per un’altra stagione di repliche mascherate da incredibili novità politiche. Il giorno che Faizul non riderà più di noi vorrà dire, forse, che qualcosa è cambiato. Io non posso fare altro che sperare e continuare ad agire in questa direzione. ALESSANDRO TUTINO

Scusate, ma...la sinistra? I mancini, le pecore nere (o rosse, per compiacere i destrorsi), lo sanno, che il governo attuale è uno sbaglio. Probabilmente distribuirono il daltonismo a gocce per confondere i simboli, casa per casa (mi scusino per l’assonanza storica). E’ ovvio che un disastro del genere non lo si può volere, come a dire “ohibò, perdindirindina, accipicchia, ma non pensavo mica che andasse a finire così!”. Tuttavia, è da ammettere che criticare il malgoverno e piangere sul latte versato (certo: copiosamente e dagli altri) sia un po’ inutile, fine a se stesso e infruttuoso; cosa costruttiva sarebbe proporre, innovare, creare un’alternativa; far nascere un’idea, un pensiero, un senso del giusto e del logico che spinga le lampadine dei più recidivi ad accendersi e a credere in qualcosa di nuovo, quantomeno in qualcosa. Ed è questo che un partito politico dovrebbe rappresentare, questa dovrebbe essere la sua missione, il suo ruolo. In Italia, ad oggi, di “schieramenti”, con buona approssimazione, ce ne sono tre: i berlusconiani, derivati e simili (adesso in un periodo di sofferenza), gli antiberlusconiani e/o quelli di sinistra, e “i peccatori che mai non fur vivi”, gli abitanti del limbo. Non ragioniamo di questi ultimi e dei primi ma guardiamo e passiamo ai secondi. Gli antiberlusconiani e coloro che rispondono alla definizione più genuina di “sinistra” sono quelli che cercano di evitare, almeno utopicamente e senza azioni concrete, che la storia di pressappoco un secolo fa si ripeta; tendono quindi a dimenticare che la politica non è solo opposizione platonica. La triste processione dei Prodi, Veltroni, Franceschini e Bersani di turno, francamente, ha stancato. E’ una ricerca disperata di un leader che, anche con le sue imperfezioni ma con le sue idee più o meno condivisi-

bili, possa in qualche modo orientare chi spera in altro. L’astensionismo ne è indice, ci apre gli occhi di fronte all’assenza di un’altra scelta. Gli astenuti alle ultime elezioni, esclusi gli ignavi e gli impossibilitati, sono persone antiberlusconiane o di sinistra, per forza di cose; persone che credono in qualcosa ma che non riescono a identificare in nessun partito quei valori, quei pensieri. Ciò implica che le pecore nere sono, senza ombra di dubbio, la maggioranza degli italiani; non sono poi così nere come si crede. E’ a dir poco drammatico che, in un Paese, la maggioranza non abbia un rappresentante valido. Non è assolutamente concepibile che con una Costituzione come la nostra, si voti solo perché si tratta di un dovere civico, alla meno peggio; si disegni una croce su un simbolo rappresentativo di quel qualcuno che, si ritiene, faccia meno danno possibile, e questo nel migliore dei casi. Necessitiamo di credere che “C’è un’Italia migliore di Tremonti, di Brunetta e di Berlusconi. C’è un’Italia migliore di Cosentino e della Gelmini”, e vagliando questo sinistro elenco di soggetti, lasciatemelo dire, non è che ci voglia molto. letizia di berardino


internationaL

18

La moschea della discordia Cosa succede se si vuole costruire una moschea proprio a Ground Zero?

11 Settembre 2001. Negli Stati Uniti, dopo nove anni, la ferita è ancora aperta, il taglio ancora profondo e il lancio di un progetto per costruire una moschea di tredici piani a pochi isolati dal cratere di Ground Zero è stato come spargervi sopra del sale. Brucia! E anche se il progetto è stato poi subito abbandonato - per il volere stesso dei leaders musulmani interessati che speravano così di calmare le acque - continua a bruciare ancora di più dopo che lo stesso presidente degli Stati Uniti, Barack Obama si è proclamato favorevole a tale realizzazione. Gli attacchi sono immediatamente arrivati dalla destra conservatrice (ma non solo) della politica americana che accusa il presidente di essersi allontanato dalla nazione e di aver smesso di difendere gli interessi degli americani. Sarah Palin ha affermato che la moschea è “una provocazione dell'Islam radicale” a cui non bisogna assolutamente cedere, mentre Newt Gringrich, ex portavoce della House of Representatives per la Georgia, ha addirittura affermato che “costruire una moschea vicino a Ground Zero è come apporre un simbolo nazista vicino al museo dell'olocausto.” Tuttavia l'attacco più duro, probabilmente, non è stato quello proveniente dalle forze politiche, bensì dalle associazioni di semplici cittadini americani. Una fra tutte, l'Associazione Famiglie dell'11 Settembre per un' America Sicura e Forte, ha accusato il proprio presidente di “aver abbandonato l'America, là dove il suo cuore era stato spezzato nove anni fa, e dove i suoi valori autentici erano in mostra per tutti.” Ed è così che la popolarità di Obama scende ai minimi storici (il 52 % degli americani non lo appoggia). Certo la sua popolarità non è aiutata dalla ripresa lenta dell'economia né tanto meno dalle controversie relative al ritiro delle truppe dall'Iraq o alla guerra ancora in corso in Afghanistan. Ma è proprio l'appoggio alla costruzione della moschea che può essere considerato un vero e proprio suicidio politico a ridosso delle elezioni di metà mandato che si terranno a Novembre. Questa vicenda ha scoperto nuovamente in maniera drammatica le profonde contraddizioni presenti all'interno della società americana. Contraddizioni che, se potevano essere considerate superficiali nell'America pre 11 Settembre - che usciva dai prosperosi anni Novanta - ora minano il futuro degli Stati Uniti.

Il presidente Obama, con la sua cultura e la sua formazione multietnica, si trova ad anni luce di distanza da quella parte del paese che vede la chiusura come l'unico modo per sentirsi al sicuro e per vedere protetti quelli che considerano loro valori. La distanza tra Obama e il suo paese è ancora più evidente se si considera un sondaggio condotto dalla Pew secondo il quale il 18 % degli americani è convito che Obama non sia cristiano, come egli stesso ha più volte dichiarato, ma piuttosto musulmano. Il Tea Party, un partito di destra estrema che sta aumentando in maniera preoccupante il suo seguito negli Stati Uniti, ha addirittura messo in discussione la cittadinanza americana del quarantaquattresimo presidente, chiedendo di vedere il suo certificato di nascita. Sul web, poi, circolano mail diffamatorie in cui si afferma che Obama abbia giurato sul Corano e non sulla Bibbia e si trovano link e siti in cui le critiche a Barack Obama non si limitano alla materia politica, ma diventano attacchi di puro odio verso la persona stessa. Barack Obama è lontano da questa parte degli Stati Uniti ed è per questo che i suoi consiglieri avevano tentato di dissuadere il presidente dal prendere una posizione riguardo la questione della costruzione della moschea. Questione peraltro di competenza locale, per la quale non era richiesto alcun intervento da parte di Washington. Ma il presidente Obama non ha voluto tenersi in disparte e, durante l'Iar (il pasto serale che interrompe il digiuno quotidiano durante il Ramadan) con i leaders musulmani invitati alla

Casa Bianca, ha voluto ricordare alla nazione quali sono i principi e i valori su cui si è basata la grandezza degli Stati uniti. Principi e valori che fanno della libertà di culto un diritto inalienabile e che professano la parità di ogni religione. Principi e valori non cristiani, musulmani o ebrei, ma semplicemente americani, maturati nei secoli grazie ad una forte tradizione che per sopravvivere dovrebbe andare avanti anzichè guardare indietro. Ma - per fortuna - l'America non è solo chiusura e diffidenza. Se da un lato c'è l'Associazione Famiglie dell'11 Settembre per un' America Sicura e Forte dall'altro si è creata l'Associazione delle Famiglie dell'11 Settembre per un Domani di Pace che ha sostenuto il progetto della moschea, vedendo in essa un simbolo della riconciliazione e un primo passo verso un futuro di pace. Se da una parte c'è chi si chiede “Perchè costruirla proprio lì?”, dall'altra c'è chi si chiede “Perchè non lì?”. Una parte degli Stati Uniti, dopo l'11 Settembre 2001, ha deciso di barricarsi dietro una loro immaginaria linea Maginot. Una linea Maginot da abbattere se gli Stati Uniti vogliono ritrovare la loro perduta identità. Costruire una moschea a Ground Zero? Potrebbe essere considerato un gesto ironico, contraddittorio, provocatorio, ma risulterebbe inevitabilmente come un grande simbolo in grado di dimostrare la capacità di una nazione di reinventarsi, partendo proprio dalla sua ferita più profonda.

chiara vitiello


19

Sakineh Mohammadi ashtiani “Le cercarono l’anima a forza di botte”

Inizia il 15 maggio 2006 la tortura di Sakineh Mohammadi Ashtiani, giovane donna iraniana condannata a morte dalla corte di Tabriz per rapporto illecito con due uomini. Inizia quattro anni fa con novantanove frustate punitive e la condanna alla lapidazione a causa di un possibile coinvolgimento nella morte del marito. Inizia e non si ferma, nonostante l’intervento dell’Unione Europea, delle Nazioni Unite, delle organizzazioni internazionali per i diritti umani. La donna si dichiara da sempre innocente, nega la sua partecipazione all’omicidio del marito, rifiuta l’accusa di rapporto illecito. Non si dichiara colpevole neanche dinanzi alle infinite torture subite: privazione di pulizia, cibo e acqua e alla quotidiana violenza fisica. Ciò sino alla metà di questo agosto, quando accetta di apparire in un programma televisivo della tv di regime, dove coperta da un abito nero, e con volto pixellato ammette tutte le sue colpe. Am-

mette di aver tradito suo marito con il cugino di lui, con il quale avrebbe poi conseguentemente pianificato il suo assassinio. Ammette colpe che probabilmente non sono sue. Confessa annientata dal-

dopo 65 anni, un americano ad Hiroshima “Il mondo sappia che la prima bomba atomica è stata sganciata su Hiroshima, una base militare. Abbiamo vinto la gara per la scoperta dell'atomica contro i tedeschi. L'abbiamo usata per abbreviare l'agonia della guerra, per risparmiare la vita di migliaia e migliaia di giovani americani, e continueremo a usarla sino alla completa distruzione del potenziale bellico giapponese.” Questa è la celebre dichiarazione con cui il 33° Presidente degli Stati Uniti, Harry Truman, annunciava il bombardamento su Hiroshima. Poche parole, chiare, concise, eppure sufficienti per affermare la supremazia americana sui suoi nemici, in primis tedeschi e giapponesi (e sovietici). Era il 6 agosto 1945, quando la bomba a fissione nucleare incontrollata -più comunemente nota come bomba atomica- fece la sua prima apparizione sulla scena internazionale. Sono passati 65 anni da quella terribile mattina in cui la città di Hiroshima fu distrutta, portandosi con se circa 130.000 tra gli inconsapevoli civili nipponici. 65 anni di silenzio da parte dei rappresentati americani, irremovibili nella decisione di non rilasciare alcuna scusa ufficiale. Fin dall’inizio del dopoguerra nessun membro dell’Amministrazione in carica Usa ha mai partecipato alle commemorazioni o -più semplicemente- si è mai dichiarato disposto a rivedere le proprie posizioni in merito a quei tragici eventi. Nessuno almeno fino ad oggi. Il nuovo stile diplomatico del Presidente democratico Barack Obama ha portato il vento del cambiamento anche nei rapporti con il Paese del Sol Levante.

Dopo due anni dalla visita al Memoriale della Pace di Hiroshima da parte di Nancy Pelosi, speaker della Camera dei Deputati, anche l’ambasciatore americano a Tokyo, John Roos, ha partecipato alla commemorazioni del disastro atomico. E’ ancora presto per parlare di apertura ufficiale, eppure qualcosa in pentola sta chiaramente bollendo. In caso contrario, verrebbe spontaneo domandarsi il perché di queste due visite così vicine l’una dall’altra, dopo anni e anni di silenzio. In realtà la sua presenza non ha avuto tutto il riconoscimento sperato. Abbastanza lampante il disappunto mostrato dal Presidente dell’Associazione dei sopravvissuti alla bomba atomica, Kazushi Kaneko, che, riferendosi alla presenza del rappresentante statunitense, ha così commentato: “Quale è stato lo scopo della sua visita a Hiroshima? L'ambasciatore Usa non ha nemmeno offerto un omaggio floreale." In una nota rilasciata solamente una volta ritornato all’ambasciata di Tokyo, Roos ha dichiarato che: “per il bene delle generazioni future è necessario continuare a lavorare insieme per realizzare un mondo senza armi nucleari.” Anche in questo caso poche parole e nessun riferimento agli eventi di Hiroshima. Ennesimo esempio che dimostra come, nonostante il trascorrere degli anni, il binomio politica - morale rimanga sempre incompatibile: se al tempo di Truman “il fine giustificava i mezzi”, al giorno d’oggi nulla è cambiato. roberto cerroni robertocerroni89@gmail.com

la propria posizione di funambolo sul filo della vita, autorizza la sua esecuzione stremata dalle violenze subite. Le hanno cercato la confessione con la violenza, dopo quattro lunghi anni, ci sono riusciti! Ma la confessione di Sakineh Mohammadi Ashtiani non convince nessuno. Non convince le potenze europee ed americane, non convince i suoi figli, non convince gli stessi iraniani: desta sospetti la sua accusa verso i media occidentali che da anni ormai seguono e s’impegnano per la sua causa. Desta sospetti il suo volto mai scoperto. Desta sospetti la traduzione in persiano che sovrasta la voce della donna che parla nella sua lingua madre. Desta sospetti un’ammissione di colpa a pochi giorni dall’intervista concessa al Guardian attraverso una terza persona rimasta anonima in cui la donna avvertiva che il Governo iraniano avrebbe mentito sul suo caso, affinchè la pena potesse esserle inflitta in segreto e al più presto possibile. Desta sospetti, ma non importa. Con la confessione della donna, la lapidazione potrebbe avvenire da un momento all’altro. Una folla che scalpita. Applaude. Freme. La testa del colpevole è l’unica parte del corpo che si intravede, sopra un corpo sotterrato nel terreno. Poi il via, gli spettatori che urlano, ma non di indignazione. Così inizia il lancio della pietre sul capo della vittima. Non sempre coperto, di modo che si possa vedere la paura nei suoi occhi, e leggere sulle sue labbra le preghiere di un dio che non la aiuterà. Pietre aguzze e taglienti, affinchè possano penetrare nel suo volto, ma non troppo grandi, cosìcchè la morte non giunga troppo velocemente. Questo è quello che avverrebbe a Sakineh, questo è quello che è avvenuto a tantissime donne come lei. Nulla più e nulla meno che l’espressione della deviazione umana; la manifestazione del lato sadico che si nasconde in alcuni di noi; la celebrazione della vergogna dell’essere umano. alessandra micelli alessandramicelli@gmail.com


internationaL

20

i Pirati proteggono Wikileaks Il Partito Pirata svedese offre protezione giuridica a Wikileaks in attesa che il progetto di legge islandese sulla libera informazione diventi realtà. Il progetto di Wikileaks consiste nel diffondere online notizie, anche riservate o segrete, provenienti da ogni parte del mondo, secondo il principio di un’informazione sempre libera. Questa missione ha messo spesso in difficoltà l’organizzazione, rendendola sensibile ad azioni legali dirette solitamente a colpire l’accesso ai server. Wikileaks ha scoperto però di avere anche degli amici, come il Partito Pirata in Svezia. Rick Falkvinge ha fondato il Partito Pirata nel 2006 con lo scopo di analizzare in Parlamento il sistema del copyright, reputato eccessivamente piegato allo sfruttamento commerciale. Il Partito Pirata dopo la sua nascita si è diffuso velocemente in Germania e negli Usa, e simili movimenti si sono velocemente sviluppati in molti altri Stati, Italia compresa. Cosa ha però di speciale il partito svedese? Oltre ad essere il primo, Piratpartiet è anche l’unico ad essere riuscito a ottenere effettivamente un seggio nel Parlamento europeo con il 7,1% dei voti. Il seggio garantisce a Falkvinge la possibilità di offrire a Wikileaks una speciale immunità all’interno dei server del Partito che ricadono sotto la stretta responsabilità dell’eletto. Tuttavia secondo le dichiarazioni di Julian Assange, volto di Wikileaks, si tratterebbe di una sistemazione

provvisoria: la prossima sede di Wikileaks dovrebbe essere l’Islanda. Dai primi mesi di questo anno, Birgitta Jonsdottir, deputata anarchica, ha presentato un progetto di legge, approvato dal Parlamento di Reykjavik, che prevede la possibilità di diffondere senza restrizioni documenti ritenuti di interesse generale, indipendentemente dalla provenienza e dal tipo di informazione. Questa legge, in linea con le idee di Wikileaks, porterebbe l’Islanda a diventare un

paradiso delle libere informazioni, accessibili attraverso la rete da ogni parte del mondo. La decisione sulla posizione dei futuri server non rallenta il lavoro di Wikileaks. Dividendo a metà l’opinione pubblica, il 18 agosto Assange ha dichiarato di avere pronti oltre 15 mila file riguardanti il conflitto afghano, che si sommano ai 74 mila già raccolti. Questa notizia ha rinforzato le accuse all’organizzazione, già definita da Reporter senza frontiere «incredibilmente irresponsabile». Dopo la Casa Bianca, numerose Ong fra le quali Amnesty International e CIVIC hanno accusato Wikileaks di mettere in pericolo la sicurezza delle persone citate nei documenti chiedendo che almeno ne vengano cancellati i nomi. Le accuse non fermano Wikileaks: «questi documenti descrivono oltre 90 mila diversi incidenti. Oscurano tutto quello che è stato detto in precedenza sull’Afghanistan. Cambieranno la nostra prospettiva non solo sulla guerra in Afghanistan, ma su tutte le guerre moderne» continua Assange «gli uomini più pericolosi sono quelli responsabili delle guerre. Se questo mi rende pericoloso ai loro occhi, che sia». Gianfranco Addario

campbell goes to...aja È veramente strano! Il processo, davanti alla corte speciale per la Sierra Leone trasferitosi per motivi di sicurezza all' Aja, a uno dei dittatori più crudeli che l’Africa ha visto negli ultimi decenni, riceve solo attenzione per un regalo di questo a una nota modella. Stiamo parlando del processo dell’ex presidente della Liberia Charles Taylor, imputato per crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Taylor è accusato di aver in gran parte diretto le azioni criminose dei ribelli della Sierra Leone durante la guerra civile là in atto tra il1991 e il 2001, che ha provocati più di 200 mila morti e infiniti mutilati Devo amettere che anche io non ne sarei venuto a conoscenza di tutto il processo, che ha iniziato già nel Giugno 2007, se non ci fosse stato questo particolare regalo. Diamanti insanguinati della Sierra Leone, che il dittatore ha probabilmente ottenuto in cambio di armi dal comandante dei rebelli della Sierra Leone Foday Sankoh. Proprio questo fatto potrebbe portare alla condanna per crimini di guerra di Taylor, che ovviamente non si ritiene colpevole, perché dimostrerebbe il legame e la influenza che lui aveva avuto con e su Foday Sankoh. Alcuni di questi diamanti nel 1997 sono stati regalati alla modella Naomi Campbell a una cena di

beneficenza per la fondazione “Children Fund” di Nelson Mandela. Secondo la dichiarazione della Campbell, che non viene considerata un testimone cruciale, dopo aver parlato con il suo agente Carol White e la nota attrice Mia Farrow, le voleva regalare alla fondazione e le ha dato a una persona di fiducia, Jeremy Ractliffe, che si sarebbe occupato della donazione, ma alla fondazione nessuno ha conoscenza di una donazione del genere. Così le pietre restano scomparse e i due testimoni si accusano a vicenda. Un altra accusa verso la modella arriva dal attrice Farrow, nota anche per la lotta contro le ingiustizie in Africa, che smentisce la dichiarazione di questa affermando che si sarebbe trattato di un solo diamante enorme. L’impegno si comprende soprattutto sotto il punto di vista che il diamante o i diamanti vengono considerati come dimostrazione del possesso di diamanti sangue da parte di Taylor. Mentre un altro punto di imputazione sembra oramai chiarito. L’im-

putato, dopo una visita in Sudafrica, è tornato con un aereo pieno di armi destinati alle truppe ribelle in Sierra Leone. Il processo quindi continua e forse andremo a sapere del suo esito se nuovamente la signora Campbell o Farrow, per un qualche loro intervento, rivolgono l’attenzione mediale a fatti di importanza internazionale.

Robert Mair mairob1@hotmail.com


FUori daL Mondo

21

Hasta la indipendencia? irlanda del nord: una questione irrisolta Incontro con Silvia Calamati, giornalista e collaboratrice di RAI NEWS 24 «Io non ho scelto l’Irlanda. È l’Irlanda che ha scelto me». Silvia Calamati, oggi giornalista e scrittrice, inizia a raccontare la sua storia quasi sempre in questo modo. «Nell'agosto 1984 mi trovavo a Belfast» ha raccontato Calamati. «Presi parte a una manifestazione a ricordo dell’"Internamento senza processo", il tragico periodo di storia irlandese durante il quale, tra il 1971 e il 1974, migliaia di persone furono rinchiuse in carcere senza accusa né processo. Quel giorno, lungo Falls Road a West Belfast, a manifestare erano intere famiglie, giovani, bambini, anziani. C'era un bel sole e un'aria di festa. Al termine della manifestazione la polizia cominciò a spingere le sue jeep contro la gente seduta a terra e a sparare proiettili di plastica. Ci furono 20 feriti e un morto: Sean Downes, un un ragazzo di 22 anni colpito al cuore da un proiettile di plastica sparatogli a meno di due metri di distanza. Il giorno dopo un giornale italiano titolava: “Giovane morto durante scontri in Irlanda del Nord”. Ma non vi era stati scontri, né veniva detto chi aveva sparato a quel ragazzo, morto a pochi metri da me. A quel punto che dovevo fare?» - ha continuato la giornalista - «Ritornare in Italia e mettermi a scrivere la mia tesi di laurea, come se nulla fosse accaduto? Non ce l’ho fatta. Altrimenti sarebbe stato come uccidere Sean Downes una seconda volta». Da allora Silvia Calamati ha continuato a recarsi in Irlanda del Nord e a dar voce a persone le cui storie, altrimenti, sarebbero cadute nell’oblio o mai raccontate. La giornalista era arrivata per la prima volta a Belfast nel luglio 1982, poco più di un anno dopo la morte di Bobby Sands, il prigioniero repubblicano irlandese di soli 27 anni che, tra il maggio e l'agosto 1981, assieme ad altri nove suoi giovani compagni si era lasciato morire di fame nel carcere di Long Kesh per rivendicare lo status di prigioniero politico. Sands, oggi divenuto l'icona della lotta del popolo irlandese per la propria l'indipendenza, era stato incarcerato senza processo una prima volta nel 1972 e poi, dopo un processo per possesso di un'arma, nel 1977. A partire dal 1° marzo 1976 il governo di Londra aveva abolito lo status di prigioniero politico: una decisione che comportò trattamenti durissimi per tanti giovani detenuti irlandesi, molti dei quali incarcerati senza alcuna colpa grazie alle leggi d'emergenza ancora oggi in vigore in Irlanda del Nord. Rifiutandosi di essere considerati "criminali comuni" i prigionieri del carcere di Long Kesh, a partire dal settembre 1976, diedero inizio alla “blanket protest” (“protesta delle coperte”), indossando una coperta anziché l’uniforme carceraria. Nel 1978 a questa forma di contestazione se ne aggiunse un’altra, la “dirty protest” (“protesta della sporcizia”): i detenuti decisero che non si sarebbero più serviti dei bagni, dato che, ogni qual volta ciò accadeva, venivano brutalmente maltrattati e picchiati dai secondini.

Silvia calamati Giornalista e scrittrice, si occupa della questione irlandese dal 1982. Ha vissuto per due anni a Dublino e trascorso lunghi periodi a Belfast. Tra il 1990 e il 1995 ha seguito il problema dell’Ulster per il settimanale Avvenimenti. Dal 1995 collabora, dall’Italia e da Belfast, con emittenti radiotelevisive nazionali ed estere, in particolare con RAI NEWS 24. Per il suo impegno, nel 2002 ha ricevuto a Belfast il premio internazionale TOM COX AWARD. Tra le sue opere: - Irlanda del Nord. Una colonia in Europa (Edizioni Associate, 2005); - Qui Belfast. 20 anni di cronache dall’Irlanda di Bobby Sands e Pat Finucane (Edizioni Associate, 2008); - Figlie di Erin. Voci di donne dell’Irlanda del Nord (Edizioni Associate, 2001) - pubblicato anche in inglese, spagnolo e gaelico. Ha inoltre tradotto in italiano: - Un giorno della mia vita (Feltrinelli, 1996) di Bobby Sands; - Guerra e liberazione in Irlanda. La Chiesa del conflitto (Edizioni della Battaglia, 1998), scritto dal sacerdote nord-irlandese Joseph McVeigh; - Il diario di Bobby Sands. Storia di un ragazzo irlandese (Castelvecchi, 2010), biografia di Bobby Sands scritta da Calamati, Laurence McKeown e Denis O’Hearn.

Poiché i contenitori degli escrementi e dell’urina posti nelle celle non venivano più svuotati i prigionieri cominciarono a spalmare le proprie feci sulle pareti delle celle. Nel giro di pochi mesi le condizioni di vita dei detenuti di Long Kesh si fecero insostenibili, accompagnate da quotidiane violenze e brutalità dei secondini. I prigionieri furono così costretti a intensificare la loro protesta. Dopo un primo sciopero della fame, condotto dall'ottobre al dicembre 1980 da un gruppo di detenuti di Long Kesh e tre prigioniere del carcere femminile di Armagh, a causa dell'inflessibilità e dell'intransigenza del governo di Londra, Sands decise di iniziare lui stesso uno sciopero della fame, il 1° marzo 1981. Altri detenuti si unirono a lui a intervalli regolari, per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale sulla questione irlandese e sulle disumane condizioni dei carcerati nell'inferno di Long Kesh. A seguito della morte del parlamentare della circoscrizione di Fermanagh e South Tyrone Sands fu nominato candidato alle elezioni suppletive che si tennero il 9 aprile 1981. Due giorni dopo, al suo 42 giorno di sciopero della fame, venne eletto al parlamento britannico, ottenendo più volti di Margaret at-

cher quando era stata eletta a Westminster. Morì nelle prime ore del 5 maggio 1981, dopo 66 giorni di sciopero. Tra il maggio e l'agosto 1981 altri nove detenuti fecero la sua stessa fine. La protesta e il sacrificio di Sands e degli altri giovani prigionieri di Long Kesh, tuttavia, non si rivelarono fallimentari, come aveva sostenuto Margaret atcher. Dopo qualche mese Londra si vide costretta a venire incontro alle cinque richieste dei detenuti, senza peraltro reintrodurre lo status di prigioniero politico. Inoltre nel 1984, nel corso delle prime elezioni politiche che si tennero dopo la morte di Sands, lo Sinn Féin, a quel tempo mero braccio politico dell'IRA, cominciò ottenere un sempre più crescente sostegno politico che lo ha portato a diventare oggi, dopo la firma dell'Accordo di Pace, partito di primaria importanza nell'Assemblea nord-irlandese di Stormont. «Tutto questo non sarebbe stato possibile senza la lotta di Sands e dei suoi compagni» ha commentato Calamati, curatrice del diario scritto da Sands in carcere ("Un giorno della mia vita", Feltrinelli) e autrice di un volume che raccoglie le testimonianze di Bobby Sands e degli altri nove giovani repubblicani morti a Long Kesh ("Il diario di Bobby Sands. Storia di un ragazzo irlandese", Castelvecchi Editore). «Oggi in Irlanda del Nord è in atto un processo di devolution di competenze e di poteri da Londra a Belfast, ma la concessione dell'autonomia è ancora qualcosa di formale. La pace non è ancora raggiunta. Occorre che sia una pace con giustizia. C’è bisogno di maggiore impegno da parte governo britannico. Le recenti dichiarazioni del primo ministro David Cameron relative al "Bloody Sunday", con il riconoscimento dell'innocenza delle vittime del massacro del 1972, devono rappresentare solo l'inizio. Il Bloody Sunday è stata la punta di un iceberg di una lunga serie di uccisioni compiute dalle forze di sicurezza in Irlanda del Nord. Ricordo ad esempio che, un anno prima di quella tragica "domenica di sangue" di Derry, a Belfast era avvenuto il "massacro di Ballymurphy" (11 persone uccise, tra cui una donna incinta e un sacerdote, il 9-10 agosto 1971). Occorre inoltre che le armi in mano ai gruppi paramilitari lealisti vengano messe fuori uso, così come ha fatto l'IRA» ha concluso Calamati. «E' necessario infine che vengano smantellate tutte le strutture e le istituzioni governative che, in trent'anni di conflitto, hanno avallato e sostenuto la politica delle collusioni tra servizi segreti, soldati e polizia con i gruppi paramilitari lealisti. Una politica di morte che ha portato all'uccisione di centinaia di civili innocenti, per la stragrande maggioranza cattolici nazionalisti».

Nicola Del Medico


FUori daL MondoaL

22

diario catalano

Miquel Fullana I Llompart, originario di Palma de Mallorca, dibuixant, pintor i gravador. Nel 1962 è uno dei fondatori dell’ “ Obra cultural de Balear”; l’anno dopo inizia a scrivere il “Diccionari de l’art i dels oficis de la costrucció”. L’intento è quello di far rinascere la lingua e la cultura catalana dopo la lunga oppressione di Franco. Quando la nonna di Aina, mia buona amica, mi regala questo libro mi dice: “Guarda, alla fine c’è un glossario di termini tecnici Catalano-Castigliano. Mio padre non voleva che l’uno vincesse sull’altro, e nessuno di noi lo vuole oggi. Ma il Catalano è la nostra lingua, la nostra storia, la nostra casa. E tutti noi vogliamo che sopravviva, accanto al Castigliano”. Nicola Tanno nasce a Campobasso, si laurea in Scienze politiche alla Sapienza e poi fa un master a Barcellona. 11 luglio 2010: finale Spagna-Olanda. Le strade della città sono in piena festa, Nicola è lì, vuole immortalare il momento con la sua videocamera, per poi riportarlo sul blog dove sta raccontando la sua esperienza in terra spagnola: “Diario Catalano”. All’improvviso salta in aria. Una pallottola di gomma l’ha colpito in un occhio; una pallottola dei Mossos d’Esquadra, corpo di polizia autonomo della Catalogna. La situazione era degenerata: bruciate alcune bandiere catalane, aizzati cori contro la Catalogna, il tutto probabilmente innescato dal fatto che ad alcuni Castigliani lì presenti non era andata giù la manifestazione pro-indipendenza della Catalogna del giorno precedente. Nicola ha perso un occhio, e la fiducia verso le istituzioni italiane e spagnole, che se ne sono praticamente lavate le mani. C’è un limite, a volte tragicamente sottile, tra il desiderio di salvaguardare le proprie radici, facendo della diversità elemento di ricchezza e scambio, e l’esasperazione identitaria, preludio alla violenza e all’isolamento. Quella della Catalogna è la storia dell’anelito all’indipendenza di una comunità che affonda le sue radici nel sedicesimo secolo, in bilico tra l’affrancamento dalla sovranità spagnola e il rischio di sudditanza alla Francia, storia che approda alla Renaixença (Risorgimento Nazionale catalano del diciannovesimo secolo) e finalmente nel 1931 allo Statuto di regione autonoma. Il regime franchista sopprimerà dopo pochi anni l’autonomia catalana e cercherà persino di cancellarne lingua e cultura. Nel 1975, con la morte del caudillo e la fine della dittatura, la Catalogna riconquista, dopo questo tormentato percorso, la condizione di regione au-

tonoma all’interno della Spagna, con ampi poteri del governo regionale (la Generalitat de Catalunya), una propria forza di polizia (i Mossos d’Esquadra), ma non l’autonomia fiscale, come i Paesi Baschi o la Navarra. Oggi la Catalogna è una realtà che, sia per i fenomeni migratori globali che per la sua storia , si presenta variegata per composizione etnica e culturale, forte la componente castigliana e d’immigrati dell’America Latina. In questo quadro la comunità catalana sente più che mai il bisogno di mantenere in vita la propria identità: il confine

tra pacifica convivenza e conflitto corre lungo l’interpretazione di questo bisogno, qui come in ogni altro luogo di incontro tra culture e civiltà. Il rischio di una deriva violenta di tale bisogno è sempre presente, anche quando la storia recente di una comunità non sia segnata da episodi laceranti (il terrorismo dell’Eta o dell’Ira). La vicenda di Nicola, drammatica e assurda, ce lo rammenta.

Clara della Valle

aspettando il de Gaulle serbo, l’aja dice si La dichiarazione d’indipendenza del Kosovo non è contraria al diritto internazionale. Così si sono pronunciati lo scorso 22 luglio i 15 giudici della Corte internazionale di giustizia, in risposta al quesito che l’Assemblea Generale dell’ONU, su iniziativa della Serbia, aveva rivolto loro. Il 17 febbraio 2008 il Kosovo aveva infatti proclamato unilateralmente la propria indipendenza, scatenando così una interminabile catena di reazioni, che, partendo da Belgrado, ha visto coinvolti quasi tutti i Paesi del mondo: 69 di questi (tra cui 22 dei 27 stati UE) hanno deciso di riconoscere il neonato stato ancora prima che intervenisse il parere della Corte, il quale comunque, bisogna ricordarlo, essendo di natura consultiva, rimane non vincolante per gli stati UE. E’ proprio tale parere a fare oggi discutere: secondo molte voci autorevoli, tra cui giudici e docenti universitari, la decisione si baserebbe su un’interpretazione estremamente tecnica e restrittiva del quesito posto dall’assemblea. La risposta dei giudici dell’Aja, infatti, evita accuratamente di toccare temi di importanza essenziale, quali ad esempio l’esistenza di un diritto di secessione delle minoranze interne agli stati e del diritto di autodeterminazione dei popoli che fanno parte di uno stato sovrano. Tali temi rivestono oggi un importanza essenziale e la Corte, non avendo precisato la sua posizione a riguardo, rischia di creare un precedente pericoloso a cui potrebbero appigliarsi tutti quei popoli e quelle minoranze etniche che rivendicano l’indipendenza dal loro Paese. Sicuramente il Kosovo rappresenta una realtà sui generis, non tanto dal punto di vista giuridico quanto di fatto: sottoposto alle persecuzioni perpetrate durante il regime di Slobodan Milosevic, ad un’amministrazione ad interim esercitata dall’ONU e in seguito dall’Unione Europea, si configura come un caso non assimilabile a nessuno di quelli che oggi tanto fanno preoccupare i governi in tutto il mondo. Ma resta da ricordare che il di-

ritto internazionale difende e tutela il principio d’integrità territoriale degli stati sovrani e la mancanza di una voce forte e autorevole che chiarisca le circostanze legate all’episodio specifico potrebbe condurre a temibili conseguenze. A Pristina, d’altra parte, la reazione al parere della Corte è stata entusiastica: Hashim aci, primo ministro kosovaro dal febbraio 2008, ha definito il 22 luglio un giorno storico, mentre il ministro degli Esteri Skender Hyseni ha dichiarato di aspettarsi dalla Serbia un tentativo di dialogo, precisando che “le discussioni possono aver luogo solo come discussioni tra due stati sovrani, tra due vicini”. Da parte sua il governo di Belgrado sembra non avere nessuna intenzione di tentare l’avvicinamento auspicato da Hyseni: il presidente serbo Boris Tadic ha ribadito fermamente che il suo Paese non riconoscerà mai l’indipendenza della ex provincia e continuerà la sua lotta pacifica e diplomatica per preservare l’integrità della nazione. La questione insomma sembra essere tutt’altro che conclusa, anche se la discussione ufficiale si riaprirà solo a settembre quando, di fronte all’Assemblea Generale dell’ONU, gli stati potranno discutere il parere della Corte e chissà se in tale circostanza la linea guida tracciata dai giudici dell’Aja non possa riportare quei 5stati UE che ancora non riconoscono il Kosovo a rivedere le loro posizioni. Flavia Romiti


L’ eretico

Scrivere, perchè? “lo non ho alle mie spalle nessuna autorevolezza: se non quella che mi proviene paradossalmente dal non averla o dal non averla voluta; dall'essermi messo in condizione di non aver niente da perdere, e quindi di non esser fedele a nessun patto che non sia quello con un lettore che io del resto considero degno di ogni più scandalosa ricerca." Pier Paolo Pasolini, Scritti Corsari Si sa, chi non ha talento ne ingegno, ha due strade: il silenzio vuoto o la citazione. Così ho deciso di cominciare questa, che vorrei fosse una relazione e non un’isolazione, con le parole di un genio, un genio contemporaneo che alla domanda scelta come titolo, rispondeva: “Io scrivo per abitudine, perché l’ho sempre fatto”. Vorrebbe essere questo il senso, scrivere non per qualifiche, non per dei ruoli, ma per denudarci, perché solo in questo modo, credo, si possa costruire qualcosa. Solo sapendo, realmente, quello che, chi abbiamo di fronte, pensa. Io scrivo perché sento di non avere voce. Come molti della mia età. Il mutismo di cui soffre la nostra generazione è un mutismo che mi stupiva, poi ho capito, che da persone nate fra l’incidente del reattore di Cernobil e lo scoppio di Tangentopoli, l’assenza di voce, di una voce reale è il male minore che ci si poteva attendere. Scrivo e , alle volte, non so bene neanche di cosa. Ma lo scrivo e così facendo, già, mi sembra di capirci un po’ di più. Scrivo per non perdermi in ciò che viene scritto. Ecco perché scrivo e alle volte leggo, con le dovute precauzioni. Non da sempre, da qualche tempo, più precisamente da quando non mi prendevo alcuna coscienziosa premura nel farlo. Erano periodi movimentati senza alcun dubbio. Ricordo quando credevo che il nemico pubblico numero 1 fossero i mercenari delle ditte private come la MPRI o la Sandline International e volevo andare a cena con Francesco Vignarca per saperne di più. Mitiche illusioni soppiantate poi dai problemi ed i perché che hanno portato al crollo del Pci, qui lo zampino lo mise Reichlin con “Il midollo del leone”, ma tempo dopo era come fosse già stata risolta, in qualche modo, perché Genchi e le sue verità mi proiettarono su una misteriosa collina palermitana, nei pressi del castello di Utveggio, un posticino appartato uno tra i preferiti dal Sismi come base operativa. Mi salvò il Nesi e mi riportò in Toscana, nella mia Prato, o meglio, quella d’un tempo con il Barrocciai, ma neanche lì che ero a casa mi fermai così a lungo come avrei voluto. Vidi “La Bellezza e l’Inferno” raccontata da Saviano, ma poi dovetti correre ai funerali di Anna Politkovoskaja e guardare in faccia la realtà cecena, la Russia di Putin e il declino della pravda sotto i colpi del Cremlino. Il tempo di fare un ultimo giro di giostra con Terzani e mi ritrovai , qui

si per molto tempo, in Vaticano con Nuzzi a fare i conti in tasca allo Ior. I primi cedimenti li ebbi con Baumann, il vecchio polacco mi aveva fatto entrare in un vortice nichilista dove tutto è ormai liquefatto e sfuggente, dove il potere , adattatosi ad una nuova realtà postpanottica, gioca le carte della deresponsabilizzazione. Poi presi la mia decisione. Lo ricordo bene, fu quando provai a leggere il Corano, ma la problematicità della radice jm nell’espressione ricorrente jam al-qur’an e il termine hafiza spiegata da Alfred Louise de Premare, mi fece assumere l’odierno atteggiamento d’approccio alla lettura. Sì perché i libri, come tutte le cose scritte ti mettono subito sotto, in un inchino che dura fino all’ultimo pagina. Non si può pensare di leggere tutto, tanto meno di ricordarsi tutto, dovremmo imparare ad educarci, iniziando ad asciugarci, partendo dai nostri di eccessi. Ottimizzare il passaggio d’informazione in una società sempre più collegata e sempre meno comunicante. Ridurre al minimo i rischi manipolativi, cercando di ridurre a zero quelli coercitivi. Ma come tutte le cose scritte anche i buoni intenti restano lì o, quando si realizzano, lo fanno sempre con costi altissimi. Dovremmo ridurre anche il parlare o quantomeno il parlar male, lungimirante in questo senso il Moretti di Palombella Rossa e la sua sfuriata sull’importanza del parlar bene. Il parlare può fun-

zionare, ma tende perennemente al basso, può essere contrattato e smentito, ma soprattutto le parole stanno perdendo il loro vero significato, il loro gusto originale, un po’ come succede al gusto della frutta che usano per fare i succhi per bambini.. Sì perché se nel parlare vi si ritrova il fascino dell’immediatezza e quindi , spesso, della spontaneità, nello scritto risplende il fascino della risolutezza, di un qualcosa che, fosse anche solamente per il tempo impiegato nel far scorrere la penna per comporre le singole parole, merita qualche attimo del nostro tempo. Ed è per questo che scrivo. Per distrarmi, molte volte proprio da me stesso. Scrivo perché odio la fotografia. Perché? Perché mente. Ci mostra spiagge assolate, cinte da mari azzurri e carezzate da venti morbidi. E poi ti ritrovi pieno di borse frigo su una sabbia bollente, che il vento ti porta in bocca con schiaffi violenti davanti a un mare in tempesta. Scrivo perché un giorno se potrò parlare non mi dimenticherò quel che avevo da dire. Scrivo perché in fondo dopo tutte le parole, ciò che ci è rimasto era tutta roba scritta. Scrivo perché lo fa anche Andreotti, ma alle volte penso che lui scriva roba molto più interessante. Scrivo e quando provo a farlo di pancia mi rimane sempre la penna incastrata nell’ombelico. Scrivo e vi scrivo , nella speranza d’ottenere qualche risposta. edoardo romagnoli


coGitanda

24

“Non ho mai conosciuto un uomo che vedendo i propri errori ne sapesse dar la colpa a se stesso” (Confucio – I colloqui)

La vertiginosa pluralità del possibile C’è chi…crede di conoscersi, chi ha mille certezze, chi parte convinto, chi non lo è mai stato, chi torna confuso, chi ha i sensi di colpa, chi si sente tradito, chi è spensierato. Ed eccoci qua, l’Estate è passata e Cogitanda torna come sempre, per i vecchi e i nuovi lettori, a raccontare e a raccontarsi. Dopo i mesi che sono trascorsi e le tante vicende che un’Estate inaspettatamente serbava può essere più difficile cominciare a scrivere. Quasi ci si dimentica come in ogni lettera sia riflessa la nostra immagine, come riempire una pagina bianca significhi guardare dentro se stessi….e tutto questo intimorisce ma allo stesso tempo regala un sorriso e una frenesia tale che le parole una dietro l’altra si “inseguono” perché hanno bisogno di essere scritte. Come un labirinto è la vita, una molteplicità di scelte e prospettive. Imboccare la via giusta o anche solo quella che si vuole non è sempre facile. Anzi, nel labirinto perdersi è quasi la regola, basta una svolta sbagliata per ribaltare tutto il

proprio percorso. Spesso le intenzioni, le sicurezze non contano, non sono che un sottile filo di Arianna capace di spezzarsi per averlo tirato con troppa forza. C’è poi chi vede il labirinto come un recinto in cui tutto mediocremente si ripete tra persone ormai “autoctone” che non sono state capaci di uscirne. Chi si sente solo in un labirinto di specchi e rimpiange gli errori ma non le scelte. C’è chi desidererebbe le ali per volare sopra ogni dubbio, chi sente di averle e si crede più forte ma poi la certezza si dissolve, tutto si scioglie come al sole la cera e arriva il momento in cui si deve atterrare. Errare significa anche vagare, così è il vagare nel labirinto e dentro se stessi, perdersi e riscoprirsi interrogandosi. In Greco eremnòs significa oscuro, infatti nel momento in cui sbagliamo brancoliamo nel buio e siamo sconosciuti anche a noi stessi. Errare significa anche scorrere perché gli errori si superano, si rimediano….ma si pagano. Arriva sempre,o quasi, il momento in cui la persona che i tuoi

errori colpiscono ti dice “guardati!” ed è in quell’istante che vedi un nuovo “tu” che non credevi, che non conoscevi, che non avresti mai voluto. Cari lettori, come ben potrete immaginare non sarò certo io a poter dare una soluzione a questo quesito. Non posso indicarvi la strada giusta perché anche io in questo labirinto più volte mi sono persa e riscoperta. Forse è vero nessuno di noi sa incolparsi degli errori commessi, ma la domanda che si affaccia nella mia mente è:”Esistono davvero gli errori o sono invece scelte o esperienze inevitabili?” Di certo se non li commettessimo ci priveremmo di tante emozioni piacevoli e orribili, di sorrisi e lacrime, di allontanarsi e avvicinarci riscoprendosi nuovi per perdersi di nuovo nello sguardo profondo di chi percorre con noi le strade tortuose di quel labirinto che costantemente rinnova e rende imprevedibile ogni attimo della nostra vita. Elisabetta Rapisarda

tutta questione di culo Poco tempo fa stavo ascoltando la radio, c'erano due tipi che parlavano di errori. Cercavano di farci credere, a noi radioascoltatori, che sbagliare fosse positivo. Un errore, dicevano, è solo il nome che dà la massa alle idee che non riesce a capire. Così ho cominciato a pensare. Ho cercato di riassumere la mia vita in una sequenza di immagini, sapete, come fanno nei film. Ma chiaramente non ci sono riuscito. Mi sono limitato allora a rievocare i miei errori. Uno dei primi ancora me lo ricordo alla perfezione. Avevo undici anni, stavo dando il mio primo bacio. Non so per quale assurdo motivo, ma credevo che in un buon bacio non si dovesse usare la lingua. Per un po' ci sono riuscito, ma poi ho ceduto alla stanchezza. La mia lingua ha fatto capolino, ha dato un'annusata alla situazione e poi si è data da fare. Che fesso, ho pensato. Stavo mandando tutto all'aria. Il bacio, però, era diventato inspiegabilmente più bello e così decisi di perseverare. Quella sera non lo capii, ma in realtà non stavo sbagliando un accidente: avevo solo scoperto il bacio alla francese. Forse quei due ci stavano vedendo giusto allora. Anche Fleming, se non sbaglio, mica voleva studiare le muffe giusto? Fece un errore, eppure scoprì la pennicillina. E non vogliamo parlare di Colombo? Uno che dichiara di andarsene in India e si ritrova a scoprire un nuovo continente può solo che benedire i propri errori. Non è male, credo, guardare gli errori da questo

punto di vista. Certo a prima vista sembrerebbe solo una banalissima apologia dell'errore, una paraculata tanto per capirci. Forse lo è, ma dopottuto credo ci sia un fondo di verità. Fermiamoci a riflettere. Il primo passo è quello di ammettere che tutti, prima o poi, nella vita commettiamo uno sbaglio. Ma fin qui niente di nuovo, anzi a ben vedere mi sembra di parafrasare Gesù nel celebre “ chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Ad ogni modo per evitare blasfemie meglio lasciare la religione fuori da questo articolo. Ecco, ammesso che tutti sbagliamo, e questa era la parte facile, ora bisogna fare uno sforzo di riflessione. Cos'è che rende uno sbaglio diverso da un altro sbaglio? L'entità forse. Alcuni errori durano per sempre, come i diamanti ( si, la mia mente è stata traviata da anni e anni di pubblicità in tivvù). Altri invece si incasinano la vita solo per poco tempo, a volte solo qualche istante. No ma non credo sia questo il punto, grande o piccolo che sia un errore rimane sempre un errore. A ben vedere non credo che ci sia qualche criterio particolare che permetta di classificare un errore come positivo o negativo. Probabilmente è solo una

questione di grandi numeri. E' difficile, ma è statisticamente possibile che da uno sbaglio nasca qualcosa di buono, o addirittura a volte qualcosa di geniale come nel caso di Fleming e Colombo. Quello che non bisogna scordare è che per ogni Colombo e per ogni Fleming ci sono un'infinità di anonimi e ignoti Cristoforo e Alexander che dai loro sbagli non riescono a ricavare nulla di buono, ne tantomento di geniale. dario de liberis


coGitanda

25

Quattro chiacchiere davanti ad un caffè

1) Il cultore dell’Amuchina Suppongo che l’errore è l’unica scelta possibile. Ti svegli la mattina e il caffè non lo prendi regolare, ma corretto con lo zucchero. Peggiora il giudizio per chi sceglie il macchiato, sebbene ho compassione per i “macchiato caldo”, perché il cerchio bianco è morbido, come una reminescenza del cuscino abbandonato per correre dietro al tram. Il peggiore errore della mattina è sentenziare “macchiato freddo grazie”. Come si può uccidere il bollore della tazzina con il latte ghiacciato? Odio accettare la comodità di un caffè pronto da bere. Meglio aspettare qualche secondo e magari scottarsi le papille nel dubbio di essere pronti. 2) Il vagabondo ricco di famiglia Italiani che bevono cinque caffè e li cercano anche nelle terre che stillano tazzine di “brodaglia alla liquirizia”, seguite un fiume diverso da domani mattina, accettate l’errore della preparazione, della tostatura del chicco spaccato e troppo diluito. Se l’esigenza è svegliarsi, perché esigere la perfezione senza aver provato a diluirsi tra le braccia della strada? Me lo chiedo perché i perfezionisti sono bestie, cani da corsa drogati. 3) La casalinga sposata con il venditore di auto Non sbaglio mai, digiuno e niente tazzina. D’altronde il chicco di caffè è grasso, non aiuta la forma fisica. Me l’ha detto la compagna del proprietario della profumeria nella traversa di Corso Italia davanti la chiesa del Suffragio. Poi è dannosissimo, reazioni a catena disastrose si impossessano del mio corpo dopo averlo bevuto: nervosismo, voglia di fumare, tachicardia, bisogno di gomme sbiancanti, ulcera. Di solito preferisco una bomba con la crema o una ciambella, il fritto aiuta a metabolizzare le incazzature. 4) Uno qualunque Sbaglio ad andare a lavoro, sbaglio a voler bene a mia figlia che tanto mi dissangua. Un caffè la mattina così mia moglie impreca contro la macchinetta che non si avvita, invece che contro di me. Un caffè non è mai un errore. Un caffè è per sempre, come l’ipertensione e i tatuaggi. Però da quando c’è la Red Bull, prendere otto caffè al giorno non mi diverte più. Dal nostro sondaggio emerge che l’italiano medio apprezza il caffè nelle sue sfumature, fatta eccezione per la donna che

preferisce il fritto: chiara dimostrazione dell’istinto autolesionista caratterizzante la popolazione femminile. L’italiano accetta l’assunzione della droga caffeina e i rischi correlati in cambio di sana nevrosi necessaria a far girare…l’economia. In conclusione si può esprimere un parere freudiano su come l’uomo tenda a sublimare, nell’atto del bere, l’ansia da prestazione causa rifiuto: la

pulsione delle 10.30 o dei dopo pasto è trasferita nel bacio sulla ceramica della tazzina, fenomeno della “dama bianca”. Inoltre il rito della tazzina si ricollega al teatro greco, per la sua funzione catartica: la paura di annichilirsi a causa di una quotidianità error-free spinge il genere umano a ricercare l’errore nel “caffè di troppo”. Agnese Curti

Gli errori Gli errori,la cosa peggiore che possa mai capitarci di fare. Commettere un errore è ciò che più ti segna nella vita: muore qualcuno a cui tieni, è orribile,ma non è colpa tua. Invece un errore lo fai tu, non dipende da nessun altro. Gli errori che commettiamo noi ,qualsiasi errore,dal più futile al più rilevante,hanno per noi stessi la stessa importanza. La diversa intensità degli errori è data dalla reazione che hanno gli altri,a seconda di quanto quella azione o scelta sbagliata abbia cattive conseguenze per chi ci sta attorno. Questo fa sì che un errore commesso da un politico per la comunità sia ‘peggiore’ di quello commesso dal politico nei confronti di se stesso. A volte capita anche di essere vittime degli errori degli altri,ma quando siamo stati noi a cacciarci nei guai,l’errore ha un valore e un peso maggiore. Perché? Perché abbiamo la possibilità di rimediare. Quando si ha sbagliato in qualcosa,è inutile piangersi addosso,ma scorciarsi le maniche e fare di tutto,ma proprio tutto il necessario per rimediare, consapevoli che ciò richiederà certamente del sacrificio e tanta forza. Queste riflessioni sono nate quando,dopo tre lunghi, lunghissimi mesi, finalmente finii il libro che ci aveva assegnato la prof di italiano per rovinarci l’estate – e,per la cronaca,ci riuscì benissimo. Parlo di “Delitto e castigo” di Dostoevskij, titolo secondo me poco equilibrato,visto che il libro non è diviso equamente in delitto e in castigo: a mio parere doveva chiamarsi “1/6 di delitto e il resto di castigo”,visto che solo le prime cento pagine sono dedicate al primo argomento, mentre e il rimanente parla dello stato di angoscia,apatia e a tratti delirio in cui cade il protagonista. Nonostante non sia un libro allegro,né leggero,mi ha insegnato qualcosa di importante : mi ha fatto capire il peso che hanno gli errori sulle persone. Un errore commesso in un momento in cui non eri nemmeno tu,in un istante nel quale non stavi neanche pensando, può davvero cambiarti la vita. Ma mi ha fatto anche capire che c’è un modo per cambiare le cose,se non

ci si rassegna al dolore, alla solitudine e al rimpianto. Un modo doloroso, crudele, scomodo,ma c’è. La prima cosa da fare è ammettere di aver sbagliato. Questa è già un’enorme cosa e purtroppo veramente pochi ne sono capaci. Quando si ha la forza di farlo,però, bisogna essere consapevoli che la gente non si fiderà più di te,che perderai la stima di coloro che ami e di conseguenza quella di te stesso. Ma,il bello di quando si tocca il fondo,è proprio che da lì si può solo risalire,ma naturalmente il fatto di trovarsi più in basso implica anche che la scalata sarà più dura. Ciò è esattamente quello che accade quando Raskòl’nikov confessa il suo crimine a Sonja: con questo suo atto di coraggio, inizia la sua ‘redenzione’. E Raskòl’nikov perde molto dopo la confessione: stima,amici,e,soprattutto,la sua libertà. Ma non Sonja: magari lei non lo stima più come una volta,ma l’amore vero che prova per lui la spinge comunque a seguirlo in Siberia. E’ stato proprio quest’amore,un amore vero, che ha spinto Raslòl’nikov a confessare. Consapevole che avrebbe sempre avuto lei mentre tutti gli altri lo avrebbero abbandonato e ,spinto dalla volontà di essere all’altezza dell’anima pura - anche se peccatrice di prostituzione -della ragazza , il ragazzo confessa gli omicidi commessi e ricomincia a vivere. Rachele Petillo


26

ottaVa nota

John Frusciante: l’antieroe della chitarra Uno dei “loser” più caratteristici e famosi degli anni ’90, la cui immagine è entrata ormai nell’immaginario collettivo. John Frusciante è un icona. Un’icona strettamente legata alla sua chitarra, lo strumento che gli permette di creare un collegamento tra ciò che è terreno e ciò che trascende ogni materialità. La musica che produce è un canto a due voci; la sua e quella della chitarra, che assume un ruolo quasi alchemico, mistico e soprattutto di redenzione. Un elemento metafisico prima che musicale. Sembra difficile riconoscerlo al di fuori di un contesto peppersiano tuttavia egli è un’anima inquieta, alla continua ricerca di sensazioni, stati della mente, paesaggi interiori. Le sue canzoni ben riflettono questo frenetico, a tratti frustrante, desiderio di eternare le emozioni, belle o brutte che siano, e questo anelare ad un sommo equilibrio, spesso assente nel passato del chitarrista, con conseguenze spesso drammatiche. Fin dagli esordi, nel disco “Mother’s Milk”, Frusciante si è mostrato come un musicista carismatico, capace di influenzare il suono di una band dall’importanza storica non marginale come i Red Hot Chili Peppers. La sua forza non sta di certo nella tecnica ma piuttosto nella capacità di emanare emozioni con il semplice suono di una nota. Di certo è uno dei chitarristi più rappresentativi degli anni ’90. Frusciante è stato, insieme a Kurt Cobain, un antieroe della chitarra, in aperta opposizione a musicisti più egocentrici e magniloquenti come Slash, Dave Navarro, Kirk Hammett, che riscuotevano in quel periodo un grande successo. Il primo lavoro da solista viene pubblicato nel 1994, due anni dopo la sua clamorosa dipartita dai rossi peperoni, in quel momento all’apice della fama; un gesto che segnerà indelebilmente la vicenda del chitarrista, come quella della band losangelina. Frusciante si trova così solo nel suo mondo, dove può perdersi indisturbato nelle passioni e nei vizi che iniziò a coltivare con i Peppers. Sono otto le overdose che lo colpiscono nel periodo lontano dal gruppo; anni di tormenti, di dolore solitario, attenuato unicamente dagli effetti dell’eroina. Rinchiuso nella sua

casa, tra musica e droga, John dà libero sfogo al suo animo ferito, deluso e gracile. È qui che si forgia la sua poetica, impregnata di morte e sesso, ma senza veri e propri slanci catartici. Il primo lavoro di Frusciante, “Niandra LaDes & Usually Just A T Shirt”, è un canto di libertà sconfinato. E’ un’opera che parla da sola, risultando spesso straniante e stordente, ma esprimendo in modo unico le sensazioni taglienti e degradanti provate dall’artista. I brani che compongono il disco sono come un affresco, un desolante distillato di decadenza, espressa eloquentemente dai teatrini folli di Frusciante che ci mostra il suo totale disordine mentale. Sono pochi i musicisti che si sono immersi in un intimismo e sincerità tali. Da questo punto di vista, l’opera non ha nulla da invidiare ai lavori più riusciti di Neil Young, ma anche ai viaggi folli di Syd Barrett. “Niandra LaDes” è un album che viaggia fuori dal tempo; sregolato ed affascinante, è certamente il capolavoro di John Frusciante. Probabilmente la maggior parte delle persone non troverà alcun piacere nell’ascoltare queste folli ballate; ma leggendo tra le righe si può trovare conforto ascoltando la libertà che vola nell’aria intorno a noi. Con il declinare dell’impegno e dell’interesse e con l’aumentare dei problemi personali la musica di Frusciante perde pesantemente qualsiasi valore artistico. Il disco successivo “Smile From e Streets You Hold” è stato prodotto solo per poter guadagnare i soldi necessari a comprare altra droga. Con il successivo ritorno nei Red hot chili peppers, la vita di Frusciante cambia radicalmente. Oltre a disintossicarsi, egli ritrova, almeno parzialmente, un motivo per vivere, qualcosa che lo trascini fuori dal baratro della morte in cui ha rischiato di cadere. Sono l’amore per la musica e l’amicizia a riportarlo in vita. Ma questa rinascita non è per niente facile. Al di là di “Californication”, che lo ritrae in vesti fin troppo candide, è il disco del 2001 “To Record Only Water For Ten Day” a darci un ritratto dettagliato del nuovo John Frusciante. Troviamo un uomo che fatica a ritornare alla vita di prima, trovandosi come legato ad una catena che lo trascina inesorabilmente, impedendogli di scegliere quale via percorrere nel futuro. Ne è un manifesto “Going

Inside”, un vortice subliminale di frustrazioni e paure. Tre anni dopo arriva “Shadows Collide With People”, primo disco prodotto in un vero e proprio studio di registrazione e con una band a disposizione. Sono infatti Flea e Chad Smith, oltre a Josh Klingoffer, a suonare per John. Questo fatto influisce non poco sul suono del disco, sicuramente più disteso e godibile del precedente, ma anche molto più ampio, a livello di influenze e stili. Ciò che però stupisce sono tre pezzi strumentali; tre deliri elettronici che ben illustrano quanto si siano estese le competente e la voglia di trovare nuove vie dell’artista. Un lavoro che ci consegna un John finalmente sereno ed in pace con se stesso. È il terzo ed ultimo disco esistenziale della sua carriera. Esistenziale in quanto esprime l’essenza e la vita dell’autore. Dopo il declino di “Niandra…” e la rinascita di “To Record…”, arriva finalmente la vita nuova di “Shadows…”. La molteplicità e varietà del quarto disco si esprimono ancora più chiaramente nella Record Collection, sei dischi pubblicati tra il giugno 2004 e il gennaio 2005. Un progetto ardito quindi, che a tratti ha fatto inciampare il buon John, ma ha saputo anche mostrare l’estrema versatilità del chitarrista, che si cimenta qui in diversi stili musicali, dal pop rock semplice alla psichedelica, dal folk all’elettronica. Lo slancio creativo di Frusciante non sembra ancora arrestarsi. Il 20 gennai del 2009 esce così “the empyrean”. Il disco riporta all’intimismo primordiale, amplificato dal materiale pregiato di cui John si serve: esempio ne è la cover di “Song to the syren” presa in prestito da Tim Buckley. L’album è pieno di spunti e di brani interessanti, ma lascia veramente senza fiato se ascoltato a tarda ora, in un luogo buio e con la mente vuota. Insomma, John Frusciante è uno di quei geni che non possono mancare nella playlist di nessuno. Decisamente un genio. andrea buccoliero


artiFicio

Inaugurando, anche quest’anno, una nuova stagione per la rubrica Artificio, si prospetta come sempre un nuovo percorso, fatto di lavoro di un gruppo, curiosità intellettuale, riflessioni ed approfondimenti. L’invito è rivolto a tutti gli amanti degli innumerevoli volti dell’Arte. “L'arte: la grande creatrice della possibilità di vivere, la grande seduttrice della vita, il grande stimolante per vivere”, Friedrich Nietzsche. L’arte è libera, un concetto che guarda a formule sempre nuove, che genera risposte estremamente individuali; l'arte è strettamente connessa alle emozioni, per cui le espressioni artistiche sono tutte indistin-

27

tamente destinate ad essere interpretate ed elaborate intimamente, soggettivamente. Mostre, musei, eventi, professionisti affermati od esordienti, dalla tradizionale arte figurativa fino a quella multimediale, passando naturalmente attraverso fotografia, fumetto e tutto quant’altro possa, nel variegato mondo dell’arte, attirare la nostra curiosità. La nostra rubrica ha l’ambizione di ospitare tutto questo: vuole essere uno spazio, per tutti gli studenti della nostra Università, in cui tener vivo l’interesse per tutto ciò che il mondo artistico può significare. Questo potrebbe essere – lo sarà con molta probabilità – il

mio ultimo anno al timone di questa rubrica, di cui ho avuto certamente molta cura, come ne si ha di tutte le cose che ci appassionano davvero. A chi, dopo di me e come me, avrà la fortunata opportunità di collaborare con i ragazzi di 360 gradi, guardo con un po’ di benevola invidia…! Partecipare sarà non solo un’esperienza appagante per chi ha velleità di scrittore, ma anche e soprattutto molto piacevole, perché vi vedrà collaborare con ragazzi sempre in gamba e pieni di iniziativa. A tutti coloro che intraprenderanno questo percorso… Buon viaggio! Mariafrancesca Tarantino

Gocce d’arte La stanca calura settembrina segna ormai da tempo, per noi di ARTIFICIO, il preludio a inevitabili cambiamenti. Impossibile sottrarsi ad un destino cui ogni opera umana è condannata: per quanto bello e voluttuario, tutto annoia, tutto si usura. Ma si badi bene, ciò non significa che siano a noi preclusi quei sottili, arguti espedienti capaci, se non proprio di evitare, quanto meno di ovattare, con quella morbida sensazione di fragrante novità, l’ineluttabile ruvidità di un quid che, per quanto intensamente amato, iniziamo a percepire come una sorta di opaco cimelio. Ed eccoci dunque, timorosi più che mai della crudeltà del tempo e dei suoi segni, maggiormente sottolineati da un clima di freschi bollori (ossimoro che prende immancabilmente corpo ad ogni apertura di un nuovo anno accademico), a rinnovare per quanto possibile un prodotto che l’affetto chiamerebbe a preservare intatto, ma che il trascorrere di sessioni e semestri impone di ammodernare. Spazio dunque alle novità. Novità che consistono in nuovi percorsi, nuove tematiche e parametri con i quali appropinquarci al mondo della bellezza, consapevoli del fatto che talvolta un’inopportuna prospettiva può mortificare anche la più sublime delle opere. Le chiavi di lettura delle nostre rubriche mensili saranno quindi le cosiddette GOCCE D’ARTE, minuscole entità opalescenti che compongono, ciascuna, la complessa trama di un’opera d’arte... ma che sono in realtà esse stesse, singolarmente, dei capolavori a sé, capaci di dar vita a tematiche artistiche indipendenti e, allo stesso tempo, fortemente interconnesse. Diamo dunque inizio a questo seducente percor-

so, sperando che il fascino esercitato su di noi da un’idea talmente ardita e dai contorni così elastici e indefiniti, possa anche suscitare in chi legge, se non un eguale trasporto, quantomeno un impeto di salutare curiosità. IL COLORE Linguaggio in codice tra occhi e anima Ho scelto questa “goccia” come prima tappa della nostra rubrica perché credo fermamente che se l’arte visiva venisse paragonata a quella letteraria sarebbe necessario assegnare al colore la collocazione che spetta all’alfabeto nei riguardi della prosa: base imprescindibile, nonché elemento costitutivo e caratterizzante. Con le infinite sfumature che inframmezzano i sempre amati colori primari, a loro volta moltiplicati dalle carezze o violenti accenti di luci e ombre, come da curve o asperità di superfici e materiali, il colore si erge quale interprete trasversale in quelle aeree misteriose e insondate adibite al dialogo tra i nostri sensi. Da secoli l’uomo ha imparato a conoscere e sfruttare i delicati poteri che l’elemento cromatico esercita sui piani più diversi. La giusta intensità di rosso è capace di accendere nell’altro sesso l’impeto del desiderio (non a caso le donne dipingono labbra e unghie prevalentemente con questa tonalità da tempo immemore); a molti sono note le grandi proprietà distensive e rilassanti di particolari punti di blu (“oltremare”, secondo gli esperti, amanti del cosiddetto “linguaggio da catalogo per arredamento d’interni.. il quale per inciso viene sempre più di frequente adottato anche da stilisti e ingegneri edili). Insomma, un’autentica miniera di sensazioni sopite tra gli anfratti più reconditi dei colori dell’iride, un bacino inesauribile cui designer, grafici pubblicitari e finanche proprietari di iperbolici centri benessere non fanno altro che attingere, alla ricerca di nuove tonalità cui affibbiare nomi dall’efficacia mnemonica irrisoria (ricordo ancora le insormontabili difficoltà per riportare alla mente la misteriosa entità rispondente alla dicitura “ Terra di Siena “ o “Carta da Zucchero”.. per non parlare del criptico “Crocus” , nel quale mi sono inopinatamente imbattuta sfogliando un catalogo di biancheria intima femminile!) e cui collegare miracolosi effetti, tutti riconducibili all’immenso calde-

rone, non meglio definibile, della cromoterapia. Difficile infine, se non impossibile, sembrerebbe il tentativo di offrire una panoramica sintetica relativa all’uso del colore nel corso delle più significative epoche pittoriche. Ritengo tuttavia individuabili, su vasta scala, tre tappe emblematiche attraverso le quali il colore ha assunto funzioni e ruoli differenti, ma sempre strumentali a ciò che di volta in volta l’artista mirava a trasmettere.Prima tappa è quella del COLORE COME SIMBOLO, parallelismo che risulta palese in tutte le opere d’arte, di stampo prevalentemente religioso, che affollano gli anni dal ‘300 al ‘500: santi, apostoli e personaggi biblici di rilievo sono contrassegnati ciascuno da una precisa tonalità, mediante una correlazione biunivoca basata su elementi emotivi o esoterici di atavica (e spesso pagana) origine, ma che col passare dei decenni si radica nella tradizione divenendo un patrimonio quasi indistinto dai dogmi della cristianità.. Fondamentale è poi l’epoca del COLORE COME SENSAZIONE, nota a tutti come Impressionismo. Artisti audaci e indomiti liberano il colore dal giogo delle convenzioni rappresentative, mirando, più che a rappresentare il reale, ad evocarne la percezione. In ultimo l’epoca contemporanea, del COLORE COME FORMA. Opere sempre più ermetiche ed essenziali, al punto da spogliarsi di qualsiasi elemento altro rispetto alla purezza della singola macchia di pittura. Un viaggio denso di significati molteplici, ma che ha consegnato intatta ai nostri tempi la consapevolezza di quell’immenso potere racchiuso in piccoli, preziosi pigmenti. Tiziana Ventrella


28

cineMa e teatro

Si parte! Si parte! L’estate è finita e si riapre un nuovo anno, intenso, ma speriamo anche pieno di soddisfazioni, qui alla LUISS. Come prima cosa dedichiamo un grande in bocca al lupo alle matricole, augurandoci che vivano a pieno la vita universitaria e , perché no, collaborino anche con il nostro giornale. La rubrica “Cinema e Teatro” si occuperà durante l’anno di proporre alla vostra attenzione spettacoli teatrali di ogni genere e recensioni cinematografiche, con lo scopo di informarvi sulle novità proposte dai teatri e cinema romani. Ma rivolgiamo ora lo sguardo alla appena trascorsa estete 2010: come hanno passato le serate gli appassionati di cinema e teatro che sono dovuti rimanere a Roma nonostante le alte temperature? Anche quest'anno la splendida cornice delle Terme di Caracalla ha fatto da scena agli spettacoli del Teatro dell'Opera. Nel cartellone Romeo e Giulietta di Shakespeare, musiche di Prokof 'ev; l'Aida e il Rigoletto di Verdi. Le Terme , da settant’anni sono un luogo caro ai romani e ai turisti per la magica atmosfera che si respira in quelle serate trascorse alla luce dei suoi spazi verdi, tra ruderi imponenti e i richiami di una storia millenaria. E in questa cornice unica di antichità il Teatro dell’Opera, insieme con l’Orchestra, il Coro e il Corpo di ballo, ambienta da anni i suoi spettacoli estivi. Spostandoci verso il quartiere Flaminio, entriamo a villa Borghese dove, al suo interno troviamo l’unico teatro elisabettiano in Italia: il Globe eatre. A partire dal mese di luglio sono andati in scena vari spettacoli shakespeariani: “I due gentiluomini di Verona”, “Molto rumore per nulla” “La bisbetica domata” “ Sogno di una notte di mezza estete” e infine, con la regia di Giorgio Albertazzi: “La tempesta” Passiamo ora a parlare della programmazione dei film in uscita a settembre e ottobre perchè, si sa, l’estate, con le sue belle giornate non si adatta granchè all’ambiente chiuso di una sala cinematografica. A chi piacciono le commedie proponiamo “Amore a 1000 miglia” con Drew Barrymore, un film in cui sarà possibile riconoscersi soprattutto per

coloro cui è capitato di avere una storia d’amore a distanza. Dal 17 settembre troviamo nelle sale “Mangia, prega, ama”, dove Julia Roberts torna al cinema nei panni di una divorziata disperata alla ricerca di se stessa. Per chi, invece, è più attratto dal genere drammatico, informiamo che il 10 settembre è uscito nelle sale “La solitudine dei numeri primi” tratto dall’omonimo bestseller di qualche anno fa. Infine per il genere avventura è consigliata la visione

di “Innocenti bugie” con Tom Cruise e Cameron Diaz al centro di un intrigo internazionale iperbolico e farsesco. Concludo augurando a tutti gli studenti (vecchi e nuovi) un ottimo anno accademico e una buona visione!

Giulia Montuoro giulia.montuoro@tiscali.it

La solitudine dei numeri primi Un impenetrabile e labirintico percorso nell’introspezione, un viaggio, lungo una vita, nei meandri dell’animo umano, l’emozione, la perenne ricerca di un posto nel mondo di cui non ci si sente di far parte, la vivida speranza di riuscire a non sentirsi più soli. Sono questi temi a diventare protagonisti di uno dei migliori scritti della letteratura e del cinema degli ultimi tempi. A due anni dal romanzo firmato dal giovane scrittore Pietro Giordano, e il regista Saverio Costanzo a portarne in scena il contenuto e a siglarne l’uscita per il 10 settembre in tutte le sale italiane. Un tuffo nella realtà così come si presenta ai nostri occhi oggigiorno; quasi un monito diretto ad un pubblico giovane, a quella nuova generazione che fa sempre più fatica ad emergere e trovare una collocazione sicura in un mondo che di sicuro non ha niente. Due storie che viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda, due ragazzi, Mattia ed Alice, cresciuti forse troppo in fretta; due vite segnate dalla volontà di fuggire dal mondo e dalle sue brutture rifugiandosi in una realtà fatta di idee e di sogni. Non la piatta e monotona storia di adolescenti al loro primo amore come ci ha abituati il brutto cinema degli ultimi tempi, ma di ragazzi nel loro percorso di crescita da bambini ad adulti che sembrano accettare passivamente ciò che gli viene offerto senza guardare alla vita con entusiasmo o sguardo disincantato, con la speranza di prendere in mano le redini della vita, speranza che viene del tutto disattesa. “Aveva imparato a rispettare il baratro che lui aveva scavato tutto intorno a se… anni prima aveva provato a saltarlo quel baratro e ci era cascato dentro… ora si accontentava di sedersi sul ciglio con le gambe penzoloni nel vuoto”. Si parlava prima delle vite dei protagonisti come di due vite parallele e tristemente simili; Mattia, isolato dapprima dalla società, umiliato e non ac-

cettato dai suoi coetanei per la presenza della sorella più piccola affetta da una grave sindrome di ritardo mentale, finirà con il rifiutare egli stesso l’interazione con gli altri, sperimentando la vera solitudine e rifuggendo ogni forma di comunicazione. Del pari Alice, claudicante in seguito ad un incidente sciistico porterà per sempre con se i segni di questa invalidità dapprima cadendo nell’anoressia, poi sviluppando un rapporto conflittuale con il padre. Come scrive l’autore del romanzo, a cui il film è ispirato: “i numeri primi sono divisibili soltanto per uno e per se stessi […] sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio. Altre volte, invece sospettava che anche a loro sarebbe piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci”. E da questo emerge l’incomunicabilità, il nuovo male del secolo, e da qui la solitudine e l’incapacità di adattarsi agli schemi propinati dalla società. Tutto perfettamente emblematizzato dalla metafora dei numeri primi gemelli, che diventano più rari man mano che si procede nella numerazione e sono comunque sempre separati da un numero pari (es. come l’undici e il tredici, il diciassette ed il diciannove “vicini ma non abbastanza per potersi toccare”); ecco, i protagonisti sono due numeri primi gemelli, chiusi nella loro vita votata all’isolamento, ma destinati ad incrociarsi sul loro cammino. La critica è stata notevolmente ingenerosa verso l’autore del libro, ricordiamo vincitore del Premio Strega nel 2008 e del Premio Campiello, giudicato da molti un’esasperazione di temi già forti e sentiti nella coscienza individuale, ma Giordano non è l’autore di parole eccessivamente sofisticate; anzi, le sue parole sono come frecce che scagliate al momento giusto raggiungono la sensibilità del lettore. Ciò che resta da chiederci è: Costanzo si sarà dimostrato all’altezza del capolavoro già acclamato? E agli spettatori, questa volta, l’ardua sentenza. eleonora la rocca


LiFeSt yLe

29

riprendere Berlino Fuori dall’enorme finestra della caffetteria turca il cielo è grigio. La strada, però, è un inarrestabile caleidoscopio di colori. Milioni di biciclette sfrecciano accanto al marciapiede, molto più pericolose per gli indifesi pedoni delle grosse auto - tutte rigorosamente tedesche. Ogni persona sembra venire da un pianeta diverso. Il vivace turbinio di veli griffati sulla testa di giovanissime ragazze turche crea un singolare contrasto con il nero borchiato delle giacche di punk attempati che tracannano birra appoggiati ai muri, e il tutto è perfettamente intonato al fucsia fluo degli occhiali delle turiste inglesi. Il negozio vintage all’angolo sta aprendo i battenti, e già una piccola folla si accalca all’entrata. Questa è Kreuzberg, l’Istanbul tedesca. Ma basta qualche fermata di U-Bahn, la Untergrund berlinese, ed eccoci tornati in pieno occidente: c’è Postdamer Platz con i suoi grattacieli ultramoderni e i futuristici centri commerciali, c’è il KaDeWe di Schöneberg, in cui una volta varcate le grandi porte a vetri non rimpiangerete neanche Harrods, c’è Charlottenburg con mille e più H&M dalle vetrine ipnotiche. Berlino è pronta a soddisfare qualsiasi inclinazione in fatto di shopping, e non solo. Se pensate che Roma sia una città che non dorme mai, dovrete ridefinire il significato di questa espressione dopo aver sperimentato le settandue ore di musica non stop al Berghain, dove i reduci delle prime gloriose Love Parade degli anni ’90 si fanno largo a fatica nella pista tra le nuove leve di ravers (e non) che da tutto il mondo vengono qui per ascoltare la migliore techno d’Europa. Ma queste sono solo chiacchiere da guida turistica. Nessun libro ti dice le cose che avresti davvero bisogno di sapere quando sbarchi a Tegel con tanta italica baldanza nel cuore e venti (ventuno) chili di vestiti in valigia. Innanzitutto scordati i tacchi. Le selezioni all’ingresso delle discoteche vengono fatte apparentemente in base a criteri opposti a quelli italiani: più elegante sei e più è probabile che non ti facciano entrare. Eppoi quale WonderWoman potrebbe ballare aggraziatamente dalle due del mattino all’una del pomeriggio seguente su un tacco 12? Nessuno ti dice, inoltre, che la splendida bici “vintage” (leggi rubata) che compri al mercatino domenicale di Mauerpark per quaranta euro - ripromettendoti con fervore religioso di usarla ogni singolo giorno - non è dotata di normali freni, bensì di freni a pedale.

Tempo di imparare ad usarli avrai già investito una dozzina di passanti, e il proposito di abbandonare per sempre la metro comincerà a venire meno. Ah, riguardo la metro. Se durante il viaggio vedi gruppi di ragazzi cominciare ad agitarsi e poi fug-

gire alla vista di due gracili nonnine con tanto di cagnolino, non stupirti. Anzi, se non hai il biglietto è il caso di unirti alla fuga generale. Lo stesso vale se al posto delle vecchiette ci sono punkabbestia, donne incinte o Babbi Natale fuori stagione. I controllori sono in borghese, e interpretano il concetto di “in borghese” in modo davvero fantasioso – diversamente dal concetto di “multasalasso”: quella è una faccenda serissima. Ma la cosa a cui niente e nessuno potrà mai prepararti è il modo fisico e violento in cui Berlino ti colpisce e ti seduce, che tu sia la reginetta del ballo della scuola o uno squatter partito in autostop senza prospettive di ritorno. Come disse anni fa un certo Presidente americano sullo sfondo di una città divisa, Ich bin ein Berliner!

martina monaldi

Scegli oggi chi essere quest’inverno! ...senza annegare nella malinconia estiva. Sì lo so che l'estate è appena finita e l'idea di tornare sui libri e tra le solite mura dell'università vi sconforta più della vista di un paio di Jimmy Choo super scontate di cui sono disponibili TUTTI i numeri tranne il vostro; e che la parola "inverno" non vorreste sentirla nominare se non tra 2 mesi (lasciamo almeno che l'abbronzatura se ne sia andata...!!). Ma se vi parlassi di moda invernale, dei nuovi meravigliosi capi, accessori e colori che, nonostante il freddo e la pioggia, riempiranno di sfizi le nostre giornate, vi farei sentire meglio? Nella speranza che sia così, vi informo subito sulle nuove tendenze. Innanzitutto dimenticatevi il look da donna fatale fatto di borchie e scarpe con il plateau che hanno spopolato quest'estate per passare ad uno stile decisamente "bon ton", ricco di dettagli eleganti ma semplici, impreziositi da pizzi e cristalli. Il tutto condito da un netto gusto retrò, evidente dall'uso di velette per i cappellini stile anni '20 che ci rendono sì tutte brave ragazze, ma sempre con

un velo di seducente mistero. Un' altra novità dell'inverno 2010 sarà l'uso di piume, tessuti di pelliccia e cammello per cappotti, gonne e borse che renderanno caldissime le nostre piovose serate. E per i colori?? Intramontabile ovviamente il nero e le giacche in pelle black, adatte a qualsiasi occasione, questo inverno le passerelle hanno riempito le loro sfilate con tutti i toni del beige, perfetto tra l'altro in questo periodo che la nostra pelle ancora abbronzata ne esalta magnificamente ogni sfumatura, dal più chiaro color carne al dorato scintillante. Ma il vero protagonista di questa stagione sarà il rosso! Una volta lo si vedeva principalmente su lussuosi e provocanti abiti da sera (indimenticabile la sbrilluccicosa mise di Jessica Rabbit), ma quest'anno divertirvi a usarlo praticamente per tutto: vestitini, cappotti, scarpe, cappelli e ovviamente...rossetti!! In effetti quale miglior dettaglio di due labbra infuocate per riflettere il ritorno al bon ton e all'eleganza di una volta? E allora ragazze, siete piene di alternative: dal fascino retrò dei rombanti twenties, allo stile prorompente delle pellicce e dei vestiti dal collo piumato, di una cosa dovete essere certe: quest'inverno potrete essere chiunque vogliate.

alisia sansoni


caLcio d ’ anGoLo

30

estate al calcio E vinse la Spagna. Per provare a ripartire e dare nuovo vigore al nostro calcio in evidente difficoltà la Federazione sceglie Prandelli, allenatore intelligente, generoso e col sorriso. Sono esattamente queste le caratteristiche che si chiedono ( e che lui stesso chiede) alla Nazionale. In una della prime conferenze “Cesarino” ,come lo chiama il maestro Trapattoni, ha così riassunto il concetto: “chi arriva in azzurro ha già ricevuto tanto, ora è il momento di dare tanto”. Il debutto con la Costa d’Avorio possiamo lasciarlo in secondo piano, la strada intrapresa è quella giusta, perché è quella maestra in questo sport: pensiero fisso rivolto alla qualità. Infatti un gruppo compatto può trasformare tanti campioni in una squadra vincente ma non è dato l’inverso: non si può ciecamente confidare che una squadra mediocre faccia miracoli solo perché unita nello spogliatoio. Questa è la lezione del mondiale sudafricano.: il Signor Gruppo non segna né fa le giuste diagonali difensive. E poco importa che gli uomini simbolo, gli ambasciatori del bel calcio parlino barese, abbiano accento bresciano come Balotelli o mezzo brasiliano come Amauri. Con le sue prime convocazioni Prandelli dà agli Italiani una doppia lezione, sportiva e civile, dimostrando abilità nel comprendere i caratteri più significativi del calcio moderno: talento in campo, cosmopolitismo come vocazione. In Italia c’è una squadra che tale apertura mentale la ha nel nome, l’Internazionale ,ovviamente, che, non a caso, viene da una stagione trionfale. Il rimpianto sarà che, salvo sorprese ( iago Motta, Santon?) i campioni d’Italia e d’Europa non forniranno alla Nazionale nemmeno un elemento. La cessione al Manchester City di SuperMario è questione controversa: scelta tattica, difficoltà gestionale o vantaggio economico? Pensiamo di poter scartare la prima opzione perché troppo forte il giocatore in questione. Di certo la maglia gettata sul campo dopo Inter- Barcellona aveva almeno temporaneamente compromesso i rapporti tra giocatore , squadra e soprattutto tifosi.; ma la versione ufficiale ( quella di Moratti) è un’ altra: cessione resa quasi obbligata in nome del fair-play finanziario che la Uefa farà scattare dal 2012. Il mercato dell’Inter si propone dunque di essere a basso profilo, cioè economicamente razionale. Il City degli sceicchi al contrario è regina di spese in Europa, davanti a Real, Barça, Chelsea, Juve e… al Genoa di Preziosi! Il giocattolaio più imprevedibile del panorama italiano ha rifatto (come ogni anno) il look al suo grifone con –ad oggi- 10 acquisti e 8 cessioni- Ha del clamoroso la posizione del Milan che del Genoa sembra addirittura divenuto satellite: Preziosi acquista Boateng per 5,7 milioni e lo gira in prestito al Milan! Per i tifosi rossoneri l’incubo declino continua… La rosa di Allegri può vantare non a caso l’età media più alta della Serie A ( che tra i maggiori campionati è di per sé il più anziano): 29.6 anni per i diavoli che si avvicinano sempre più al pensio-

namento. Per gli amanti delle statistiche anagrafiche il giocatore più anziano del prossimo torneo sarà Antonioli ( Cesena,41) che resta però lontano dal recordman Ballotta (Lazio), che disputò l’ultima partita nel 2008 vantando 44 primavere. Oltre al Genoa grandi attese ( e altrettanti incognite) per la Viola di Mihajlovic il quale dovrà inventarsi un modulo che sappia fare a meno dell’infortunato Jovetic, per il Parma di Giovinco e il Napoli di Cavani, tutte squadre che sognano da big. Proveranno a restarlo la Roma che ha scommesso sull’Imperatore dal sinistro ( e dal palato!) raffinatissimi e la Doria che ha cambiato tecnico ma non giocatori ( di Ziegler, Pazzini, Palombo alla Juve, Cassano all’Inter nessuna traccia nonostante Studio Sport abbia annunciato tali trasferimenti ogni giorno per tre mesi, con poco rispetto ed evidentemente con nessuna presunzione di attendibilità).Ultime due questioni spinose e delicate sempre in primo piano: la moviola in campo, la tessera del tifoso. Ad entrambe dico un no motivato. L’arbitro di porta è auspicabile (magari il sensore per i gol fantasma), non così – a mio avviso- la richiesta da parte di allenatore o capitano di far consultare all’arbitro un replay su piccoli teleschermi a bordo campo: questa una delle innovazioni proposte con insistenza dalla Gazzetta dello Sport all’interno de suoi dossier “ Moviola, è ora!”. Partite più eque ( ma siete sicuri che i giudizi saranno sempre unanimi e senza doppie possibili letture?) ma di certo meno coinvolgenti. Pensate ad interrompere la partita un paio di volte a tempo, per un paio di minuti, pensate a Cassano che segna di testa sotto la Sud nel derby: tifosi della Samp in delirio. Fermi tutti! E’ richiesta la moviola: l’arbitro Tagliavento corre dal bordo-

campista, dà un’occhiata, torna in campo dopo un minuto, tutto ok, niente fuorigioco, riprendete a festeggiare…a me sa di farsa, di emozioni col telecomando. Se è questo che si vuole allora ben venga anche il calcio spezzatino con partite al venerdì, alla domenica ore 12.30, al lunedì: poi ci si lamenta che gli stadi sono vuoti! E si dice: sono vuoti perché sono vecchi… ma anche gli autobus sono vecchi eppure sono sempre pieni! Un tifoso se ne frega di stare scomodo, se è tifoso come lo intendo io sente la necessità di andare allo stadio proprio come di prendere l’autobus. Infine questa famosa tessera: qualche tempo fa era la volta della schedatura dei bambini rom, ora degli appassionati di calcio. E’ una schizofrenia della modernità, questa di voler sempre tutto sotto controllo, coi tifosi –in questo caso- censiti come fossero clienti ( peraltro, tra le righe, potenzialmente pericolosi). Peccato che cultura dello sport e civiltà più in generale siano qualcosa che non si insegna con un banale censimento, come non s’insegna l’ordine coi soldati nelle strade. Ma per fortuna si gioca, e buon campionato a tutti! (in ricordo di Maurizio Mosca). matteo oppizzi

nazionale, l'esigenza di un cambiamento Il "bad boy" Balotelli, l'oriundo Amauri, un ritrovato Cassano: sono questi i pilastri del nuovo corso Prandelli. Dopo mesi di polemiche contro la gestione Lippi, con tanto di cori e canzoncine, la nazionale è finalmente rifondata. Ma bastera un ringiovanimento repentino dell'ambiente per riportare gli azzurri ai fasti di un tempo? La sconfitta del 10 agosto contro la Costa d'Avorio dimostra che quello intrapreso dal tecnico di Orzinuovi sarà un lungo cammino, ad imitazione di altre grandi nazionali, come l'Olanda o la Germania. La nazionale di Loew, in particolare, con i suoi terribili "young boys" ha meritatamente conquistato la semifinale in Sudafri-

ca umiliando potenze mondiali come l'Inghilterra e l'Argentina. L'Italia, a differenza dei tedeschi, sembra non poter contare in un buon ricambio generazionale. Per poter tornare a vincere, bisognerà "lanciare" nuovi talenti, pescando direttamente dai vivai di grandi e piccole squadre. Un lavoro di gruppo, dunque. Senza addossare le responsabilità sul groppone di Prandelli nè tantomeno del suo staff. Perchè la nazionale cambi, occorre che ogni singolo club partecipi direttamente al cambiamento. Forse allora potremo ritornare a sognare. gianluca puglisi


31

a tu per tu con Massimo Schirinzi Intervista al nostro Rappresentante allo Sport

1 - Cosa vuol dire in concreto essere Rappresentante allo Sport in una Università come la Luiss? Quali sono i tuoi compiti e le tue responsabilità nei confronti dell'Associazione Sportiva? La Luiss è una delle pochissime Università ad aver dato vita ad una vera associazione sportiva, con una propria organizzazione ma sempre a strettissimo contatto con l'Ateneo; essere rappresentante degli studenti all'interno di un'organizzazione che cresce sempre di più è un ruolo comunque di grande responsabilità. Il mio compito è quello di permettere a tutti gli studenti di partecipare alle nostre attività sportive, promuovere eventi e ovviamente portare in Consiglio tutte le esigenze e le proposte della comunità studentesca. 2 - Un ruolo immagino comunque ricco di soddisfazioni dati i risultati delle squadre Luiss: Basket maschile che disputa la finale dei play-off C1, calcio maschile per la prima volta al campionato dilettantistico, calcio femminile vincente nel calcio a 5 ecc...Senti un po' tuoi i successi dei ragazzi ? Sicuramente la passione per lo sport mi coinvolge molto nei risultati delle nostre squadre, come coinvolgerebbe credo ciascuno studente nel vedere i successi dei gruppi che appartengono alla propria comunità; poi io mi occupo in particolare della squadra di calcio a 5 femminile, e dopo averle seguite e sostenute per un'intera stagione, vedere le ragazze alzare la coppa è stata un'emozione molto forte, mai provata, indescrivile credimi.

3 - Uno studente Luiss ha la possibilità di praticare qualsiasi tipo di attività sportiva dal Basket, al calcio anche femminile, alla pallavolo. Ma se già non pratica qualche sport, perchè dovrebbe iniziare in Luiss? Cosa diresti per convincere una matricola ad accostarsi ad una squadra Luiss, il che rappresenta comunque un impegno da conciliare con lo studio? L'impegno all'interno delle nostre squadre è una cosa seria, certamente; però penso che sia anche una grande soddisfazione far parte del gruppo sportivo della propria Università, portare avanti un nome e dei colori e condividere con i propri compagni di squadra/colleghi universitari anche un'esperienza come questa. Un senso di appartenenza sano, ecco, capace di ripagarti con emozioni molto forti. 4 - Perchè secondo te la Luiss investe tanto nello sport? E credi che in qualche modo possa essere per un Università motivo di orgoglio il successo sportivo di un proprio studente? (Ricordo

Meglio uno straniero oggi che un italiano domani L’estate sta finendo, ricomincia la solita routine: il lavoro riprende il suo pieno ritmo, si riaprono le scuole e come ogni anno inizia un nuovo entusiasmante campionato calcistico. Nuovi acquisti e nuovi pronostici, al via le scommesse e i sogni di tanti tifosi. Chi sarà il nuovo fenomeno? L’Inter dominerà nuovamente la classifica? Sono ormai ben lontane le penose prestazioni della Nazionale al mondiale sudafricano. Ora c’è solo da ricostruire i cocci di quel disastro e sperare in un promettente Prandelli. La delusione però resta , tanto che nel mirino dei giornali ora vi è il calcio italiano e i suoi nuovi acquisti. L’ invasione di atleti stranieri nei nostri campionati è sempre più intensa. L’ingresso nel campionato italiano di giocatori extracomunitari , favorisce un calcio libero, senza frontiere. E’ positivo avere un campione nei club italiani per il gioco della squadra e per i soldi che incassa in ogni partita , ma sta diventando penalizzante per i calciatori italiani che trovano sempre meno spazio per poter emergere e spesso sono costretti ad emigrare all’estero. Un tempo, almeno,

giungevano in patria campioni come Kakà e Ibrahimovic, ora il livello si è decisamente abbassato. C’è un vero e proprio problema ricambi, bisogna convincere i club a favorire gli italiani. Non si hanno più giocatori nelle classifiche internazionali come il “Pallone d’Oro”, la stessa nazionale maggiore non riesce più a raggiungere i vertici delle classifiche mondiali. Famosa è la frase del 2009 di Sebastian Giovinco: “ se fossi stato brasiliano o argentino, a quest’ora giocherei di più e sarei preso maggiormente in considerazione!”. Basti pensare al caso Balotelli e l’incapacità della società neroazzurra di gestire l’irruento giocatore. Come lui tanti giovani talenti, poco apprezzati in Italia, espatriano in squadre inglesi e spagnole a cercare fortuna. Le società italiane non rischiano più ma preferiscono puntare su un campione straniero già affermato. Eppure i nostri giovani non hanno nulla da invidiare a talenti come Coutinho e Pato se non il fatto di non essere italiani! Rossella Pacilio

a tal proposito la vittoria del mondiale di canottaggio registrata il 25 Luglio da Vincenzo Capelli, studente di economia) Io penso che sostenere le attività sportive dei propri studenti sia uno degli impegni più nobili che un'Università possa assumersi; per questo la Luiss riesce a darci una formazione non solo accademica, ma anche umana, versatile, affinchè queste importanti esperienze possano trasformarsi un domani in valore aggiunto; e poi sicuramente i successi dei nostri studenti sono un motivo di orgoglio per la nostra Università, come sicuramento sarà stato un motivo di orgoglio per Vincenzo e tutti i nostri sportivi portare con fierezza i simboli della propria comunità universitaria. 5-Oltre ai tradizionali sport c'è anche la possibilità di fare Vela. Ci spieghi cos'è il Luiss Sailing Accademy? Luiss Siling Accademy è un progetto sperimentale nato quest'anno e che ha avuto un successo notevole; per diversi week-end alcuni nostri studenti si sono addestrati su barche a vela imparando le più importanti tecniche di navigazione e rispettando la bellezza del mare, per poi terminare in una regata finale. Sono sicuro che come tutte le buone idee crescerà e permetterà la partecipazione di un numero di studenti sempre più maggiore. 6 - Quando sei stato eletto il tuo slogan elettorale era “Allo sport vado al Massimo”. A Maggio finirà il tuo mandato, credi di aver ottenuto il “massimo” o qualcosa può ancora migliorare? Quello che mi sento di dirti è che sicuramente io ho cercato di dare il massimo. Il lavoro è tanto, però se molto è stato fatto, molto altro ancora si potrà e dovrà fare; riuscire ad estendere le nostre attività ad altre discipline sportive e ampliare la partecipazione degli studenti nelle nostre squadre, come anche agli eventi di cui l'Associazione Sportiva Luiss è promotrice, saranno i punti fissi del mio impegno in quest'ultimo anno accademico. 7 - Quali i progetti per questo “nuovo anno sportivo”? Un progetto che stiamo cercando di sviluppare è una cooperazione con gli altri gruppi sportivi universitari, iniziata già con il 1° Rugby University Challenge (vinto dai nostri ragazzi battendo la Bocconi in finale) per poter estendere a tutte le nostre discipline queste competizioni con altri Atenei; sarebbe bellissimo vedere anche le nostre squadre di calcio, basket e pallavolo giocare contro le più importanti Università italiane. Inoltre continueranno gli appuntamenti e i lavori del progetto Movimento per l'etica e la cultura nello sport, di cui l'As Luiss è promotrice, che ha ormai raggiunto le più importanti città italiane. Infine, una Festa dello Sport che possa coinvolgere tutti gli studenti Luiss, perchè il mondo dello sport un domani potrebbe diventare anche un'opportunità lavorativa e professionale per molti di noi. Emanuela Perinetti



Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.