CAOS nr.0

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legislativi, adottati per adeguare la normativa interna a quella comunitaria. A seguire, occorre citare la riforma attuata con il d.lgs. 21 novembre 2007 n. 231. La Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 ottobre 2005 (n. 2005/60/CE), relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e la successiva Direttiva della Commissione del 1° agosto 2006 (n. 2006/70/CE), che reca misure di attuazione per quanto riguarda la definizione di persone politicamente esposte ed i criteri tecnici per le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela e per l’esenzione nel caso di attività finanziaria esercitata in modo occasionale e su scala molto limitata. In ultima analisi, non perché di minore importanza, deve richiamarsi la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi del crimine e sul finanziamento del terrorismo adottata dal Consiglio d’Europa e aperta alla firma di Varsavia il 16 maggio 2005, unitamente alla Convenzione sulla prevenzione del terrorismo; nonché la Convenzione ed i Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale a Palermo rispettivamente il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001, strumenti ideati per far fronte a varie condotte delittuose, tra le quali il riciclaggio. La Convenzione ed i Protocolli sono stati ratificati e resi esecutivi in Italia con la l. 16 marzo 2006 n. 146. Infine la l. 4 agosto 2008 n. 135, con la quale è stato ratificato ed è stata data esecuzione al secondo Protocollo alla Convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari, stabilito in base all’art. K3 del trattato UE del 26 luglio 1975, fatto a Bruxelles il 19 giugno 19978. È evidente come la politica internazionale9 é orienNel Protocollo, oltre a richiamarsi la definizione di riciclaggio fornita dall’art. 1 della ricordata direttiva n. 91/308/CE del 10 giugno 1991, si precisa che costituiscono presupposto del delitto di riciclaggio la corruzione passiva e attiva e la frode, che consiste nella condotta descritta dall’art. 1 della Convenzione, e si ribadisce che ogni Stato deve adottare le misure necessarie affinché le persone giuridiche, come già previsto nel nostro ordinamento giuridico, possano essere dichiarate colpevoli di tali reati commessi a loro beneficio da qualsiasi persona che agisca per loro conto e, nei casi di omesso controllo, che abbia reso possibile la loro perpetrazione. 9 La lotta all’evasione fiscale rientra nelle raccomandazioni all’Italia in materia di politica economica adottate dal Consiglio Ecofin l’08 luglio 2014, laddove si chiede di sviluppare ulteriormente il rispetto degli obblighi tributari, semplificando le procedure, migliorando il recupero dei debiti fiscali e modernizzando l’amministrazione fiscale, nonché di perseverare nella lotta all’evasione fiscale e adottare misure aggiuntive per contrastare l’economia sommersa ed il lavoro irregolare. Si veda ancora, in tema di emersione di capitali detenuti all’estero, la proposta di modifica della direttiva 2003/48/CE sulla 8

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tata, senza ombra di dubbio, al rafforzamento della lotta all’evasione fiscale consentendo, nello stesso tempo, il raggiungimento di molteplici scopi: la salvaguardia dei principi etico-giuridici e soprattutto la possibilità di incrementare ulteriori entrate collegate alla tassazione dei capitali depositati off shore e non denunciati nei paesi d’origine. Basti pensare che l’intervento normativo in esame si colloca nel quadro delle misure introdotte dalla legge europea n. 97 del 2013 che hanno ampliato la platea di soggetti obbligati alla compilazione del quadro RW del modello Unico e hanno rimodulato le sanzioni. In questo contesto, il nostro legislatore ha ritenuto di rispondere all’esigenza europea di contrastare le attività finanziarie offshore, anche attraverso l’introduzione del delitto di autoriciclaggio; nelle relazioni al disegno di legge, infatti, è stato dichiarato che l’autoriciclaggio consentirebbe di intervenire su un’ingente massa di risorse attraverso procedure mirate. • La mancata tipizzazione del reato presupposto dell’autoriciclaggio ed i reati tributari. Strategie o lacune? L’opzione normativa adottata dalla Camera dei deputati, è stata quella di non circoscrivere la condotta criminosa a presupposto base per l’integrazione del reato di autoriciclaggio. La scelta è caduta, tra l’altro discostandosi dalle precisazioni dettate dalla Convenzione di Strasburgo sul riciclaggio dell’otto novembre 199010, solo sull’esclusione dei reati colposi11. Di contassazione dei redditi da risparmio, che mira ad estendere il campo di applicazione della direttiva, basato sullo scambio automatico di informazioni, per includervi non solo i pagamenti di interessi ma anche tutti i redditi da risparmio, nonché i prodotti che generano interessi o redditi equivalenti. Tale proposta è strettamente connessa alla revisione degli accordi in materia di tassazione dei redditi da risparmio con alcuni Stati terzi (Svizzera, Andorra, Liechtenstein, San Marino, Principato di Monaco), al fine di introdurre – anche in questi accordi – il principio dello scambio automatico delle informazioni. 10 L’analisi del concetto di reato presupposto, trova le sue radici nella Convenzione di Strasburgo sul riciclaggio dell’otto novembre 1990, modificata dalla Convenzione di Varsavia del 16 maggio 2005. Per reato presupposto s’intende, secondo quanto previsto dall’art. 1, lettera e) della Convenzione suddetta, “qualsiasi reato in conseguenza del quale si formano proventi che possano diventare oggetto di uno dei reati definiti dall’art. 9 della presente Convenzione”. La lettera della Convenzione, quindi, in materia di riciclaggio, si estende a macchia d’olio su qualsiasi reato (doloso o colposo) dal quale possano trarsi proventi da riciclare. 11 In materia di riciclaggio, l’ordinamento italiano ha recepito in parte i dettami della Convenzione di Strasburgo. L’art. 648-bis c.p., infatti, stabilisce che il denaro, i beni e le altre utilità debbano essere provenienti da delitto non colposo. Il legislatore, dunque, ha optato per una “apertura” dei delitti presupposto a tutti i delitti non colposi con

seguenza il reato presupposto può essere di qualunque natura, finanche tributaria12, indifferentemente dal bene giuridico protetto dalla norma penale di cui all’art. 648 ter.1 e prescindendo dall’ammontare della sanzione che l’ordinamento vi riconduce. Infatti, i reati tributari previsti dal D.Lgs. n. 74/2000 e s.m.i. sono tutti delitti, tra l’altro anche a dolo specifico. La mancata o falsa fatturazione, così come la mancata dichiarazione sono tutte definite delitti dall’ordinamento. Questi delitti, dunque, potrebbero generare utilità detenute illecitamente che, evidentemente, potrebbero essere oggetto di riciclaggio. In altri termini, potrebbe sostenersi che anche il denaro risparmiato a seguito di dichiarazione fraudolenta o infedele fosse di provenienza illecita. Problematiche potrebbero sorgere, senz’altro, nel momento in cui debba dimostrarsi che “proprio quel denaro”, proviene dal delitto tributario ed è frutto di una condotta dolosa. Nella maggior parte dei reati fiscali, infatti, il reo non ha una somma di denaro come provento di reato, ma al più il risparmio derivante dal mancato versamento dell’imposta dovuta. È dunque arduo identificare l’oggetto da riciclare o impiegare illecitamente13, atteso che il risparmio d’imposta non può essere facilmente associato ad un determinato flusso monetario, confondendosi, evidentemente, con le altre disponiuna sola attenuante prevista per le ipotesi in cui il reato presupposto sia punibile con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. 12 L’orientamento maggioritario secondo cui i reati tributari possono considerarsi potenziali presupposto del riciclaggio, è stato fatto proprio sia dal “Decalogo-ter” della Banca d’Italia sia dalla circolare della Guardia di Finanza del 18 agosto 2008. La Banca d’Italia nelle sue “istruzioni operative per l’individuazione di operazioni sospette aggiornato il 24 agosto 2010, ha stabilito che le violazioni delle norme tributarie sono strumento utilizzato per precostituire fondi di provenienza illecita da reinserire nel circuito economico ovvero possono rappresentare una delle manifestazioni di più articolate condotte criminose volte ad immettere in attività economiche apparentemente lecite disponibilità derivante da altri illeciti. Operazioni connesse a condotte che non costituiscono delitto sotto il profilo fiscale possono comunque costituire strumento per occultare attività criminose di altra natura. Secondo un autorevole e differente tesi, vedi L. D. Cerqua “I soggetti attivi e l’oggetto materiale del delitto di riciclaggio” in Diritto e Pratica delle società n. 4/2009 pag. 37 ss., occorre operare una distinzione: dalla categoria dei delitti-presupposto devono essere esclusi i delitti in materia di imposte dirette e sul valore aggiunto, che non producono ricchezza, mentre in detta categoria devono essere ricompresi i delitti di contrabbando doganale, che invece producono ricchezza, la quale proviene quindi da essi. Nei reati previsti dal D.Lgs. n. 74/2000 viene punita la dissimulazione diretta ai fini di evasione d’imposta, in quanto non vi sono beni che provengono da attività delittuosa. 13 Sul punto si è pronunciata giurisprudenza di merito (Tribunale di Milano, ufficio Gip, 19 febbraio 1999, in Banca dati Pluris) e di legittimità (Cass. Pen. n. 2206 del 1999, in Banca dati Pluris) affermando che il profitto dei reati tributari resta confuso nel complesso delle disponibilità di chi ne ha tratto vantaggio, sottraendosi a qualsiasi specificazione in senso civilistico.

bilità finanziarie14. Tuttavia, un diverso orientamento ermeneutico sostiene un’interpretazione ampia del concetto di “provenienza” tale da permettere la configurazione delle fattispecie citate, anche qualora i beni non abbiano una provenienza materiale diretta dal delitto-presupposto15. La nozione di “altra utilità” avrebbe una portata così estesa da ricomprendere ogni beneficio economico, sia esso consistente in maggiori entrate, che in minori spese. L’espressione “proveniente da delitto” ricomprenderebbe, dunque, ogni risorsa o bene che si ricolleghi al fatto criminoso, non solo in termini di profitto, prodotto o prezzo, ma anche in riferimento ad ogni cosa che è servita o è stata destinata alla realizzazione del reato. Ebbene, tale corrente di pensiero sembra condivisa dalla giurisprudenza maggioritaria16 la quale afferma come il riciclaggio sia “svincolato dalla pregressa tassativa indicazione dei reati”. Più recentemente, lo stesso giudice di legittimità ha affermato come nella locuzione “altre utilità” deve “farsi rientrare anche tutto ciò che costituisce il frutto delle attività fraudolente a seguito delle quali si impedisce che il patrimonio si impoverisca”, come nel caso di una frode fiscale, da cui il soggetto ottenga “una evidentissima e solare utilità economica”17. Oltre alla citata criticità nell’individuazione del risparmio fiscale, emergono difficoltà legate alla stessa struttura dei reati tributari. Infatti, per le ipotesi più significative, la consumazione si perfeziona soltanto con la presentazione della dichiarazione ed il superamento della soglia di punibilità. Questo causerebbe uno sfasamento temporale fra le condotte, ad esempio, di omessa annotazione di corrispettivi ed il momento consumativo del reato, che coincide con la presentazione della dichiarazione18. Risulta censurabile, dunque, la mancata selezione dei reati presupposto, al cospetto del generico inciso allusivo ai reati non colposi: una simile opera, seppur richiedente una selezione frutto di grande impegno, avrebbe evitato qualche problema rispetto ai reati contro il patrimonio di minor rilievo, avuto riguardo alle prospettive di tutela nelle quali la norma incrimi-

S. Casetta, Il nuovo delitto di autoriciclaggio: aspetti positivi e profili critici, pubblicato il 24 settembre 2015 in www.altalex.com. S. Casetta, Il nuovo delitto di autoriciclaggio: aspetti positivi e profili critici, cit.. 16 Si veda sul punto Cass. Pen. n. 1025 del 2009, in Banca dati Pluris. 17 Cfr. Cass. Pen. n. 6061 del 2012, in Banca dati Pluris. 18 S. Casetta, Il nuovo delitto di autoriciclaggio: aspetti positivi e profili critici, cit.; A. D’Avirro, M. Giglioli, I reati tributari, Ipsoa, 2012. 14

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