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Corriere della Sera Sabato 9 Luglio 2011

Cronache 25

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L’evento La due giorni nel Prato di Sant’Agostino con la regia di Francesca Comencini

Il commento

Libere e senza potere L’anomalia italiana di OLIVIA GUARALDO*

ILLUSTRAZIONE DI CHIARA DATTOLA

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I 120 comitati delle donne a Siena Operaie e imprenditrici: 3 minuti a testa L’appello di «Se non ora quando». «L’ora delle proposte» Tornano in piazza le donne. Se il 13 febbraio era stata una prova generale di «cambiamento», oggi e domani a Siena è il momento (dicono) della concretezza. A febbraio la chiamata a raccolta era sull’indignazione. Ora è sugli strumenti concreti per cambiare le regole. Oltre mille donne hanno risposto all’appello di «Se non ora quando», nonostante programma e mete siano ancora imprecise. Lo stesso luogo di raccolta è già cambiato tre volte. Avrebbe dovuto essere Santa Maria della Scala, poi mentre i numeri aumentavano, è diventata la piazza del Duomo di Siena. Ora è il Prato di Sant’Agostino: ombreggiato e ampio dove verranno sistemate 1.200 sedie. Forti dell’onda che dalle piazze di febbraio ha raggiunto Milano, con una giunta comunale con sei donne e una vicensindaco, il Prato di Siena si prepara a raccogliere non solo «parole d’ordine». «Sarà la prosecuzione analitica di quello che è stato portato intuitivamente in piazza il 13 febbraio», dice la regista («Mi piace lavorare») Francesca Comencini che cura la regia della due giorni senese. Narrazione e linguaggio emotivo erano gli ingredienti della regia della piazza di Roma. A Siena ritornano. «Abbiamo alternato relazioni di contenuto simbolico ad altre di analisi e dati», racconta la regista. Il suo intervento, «Corpo, maternità, lavoro, relazione», preparato con la filosofa Fabrizia Giuliani, sarà accompagnato dal flusso di immagini montate come una composizione sinfonica. Sono corpi di donne nell’arte, nella cultura, nella scienza. Saranno se-

guiti dalla relazione di Laura Linda Sabbadini dell’Istat. Dati, freddi dati a inchiodare quello che le emozioni hanno raccontato. E poi ancora immagini. «Un video sulla rappresentazione del corpo femminile anticipa l’analisi dell’economista Tindara Addabbo», dice la Comencini. «Relazioni calde ed emotive e interventi freddi e analitici. È in quest’alternanza di caldo e freddo che, a Siena, fotograferemo la realtà, dando strumenti concreti. Ma mesco-

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Relazioni calde ed emotive e interventi freddi e analitici lando i due ordini di cose». Da protesta il movimento delle donne mette a Siena i mattoni per diventare lavoro. Costruzione dell’impalcatura su cui il corpo rappresentato, partito dall’indignazione (tema che continuerà anche in questi due giorni attraverso l’analisi della rappresentazione del corpo femminile) diventa corpo fisico: della riproduzione biologica, dei bambini e della loro crescita, della salute, della scuola, dell’assistenza. Lavoro ed economia, grandi temi che com-

prendono welfare, maternità, relazioni sociali, i grimaldelli per farsi spazio. E, partendo dai «bisogni delle donne», per dare alla società italiana la misura degli individui. Trovare gli strumenti per affrontare il precariato, la conciliazione tra il lavoro e i tempi liberi fatti di figli, nonni e il tempo per sé stessi non è solo questione femminile. Scuole e prospettive, sono questioni «giovani», li affronterà Sofia Sabatino, portavoce nazionale di Rete degli studenti. A trovare insieme le strade da percorre nei prossimi mesi ci sarà la voce di 120 comitati, donne e uomini. «Alle riflessioni si aggiunge l’ascolto», continua Francesca Comencini. «Ci siamo date appuntamento per ascoltare i comitati e le persone singole. Si tratterà di governare ciò che accade in maniera non prevedibile, anche se canalizzata con l’iscrizione. L’orchestrazione del desiderio di parola e di ascolto sarà quella del qui e ora. Ma saranno voci libere a cui si intervalleranno storie di tre minuti: imprenditrici, come Margherita Dogliani, operaie e politiche». Sul prato ci sarà la politica con Giulia Buongiorno, Livia Turco, Flavia Perina, il sindacato, con Susanna Camusso, l’arte, con Cristina Comencini e le «straniere» con Souheir Kathouda, presidente delle donne musulmane d’Italia. «Un grande gruppo su il prato di donne e uomini disposti a parlarsi. Ed è la regia più difficile», dice la regista. A loro, i gruppi, che hanno lavorato in questi mesi, il compito di segnalare e condividere che cosa bolle in pentola, come i venti

Negli Stati Uniti

Provider e major, patto anti pirati online ROMA — Tempi duri per i pirati informatici, per chi cioè scarica illegalmente film e musica da Internet. Così, almeno, negli Usa. I grandi Internet provider statunitensi, fornitori di servizi Internet, si stanno infatti attrezzando per individuarli e scoraggiarli, in una prima fase inviando degli «alert» di avvertimento, nei quali li si invita a smetterla di scaricare senza pagare. E, in una seconda fase, a tutti quelli che non avranno tenuto conto di questi messaggi di avvertimento, verrà rallentata la capacità di navigazione sul web, fin quasi a bloccarla, per impedirgli l’operazione di download. I provider

sostengono che il sistema degli «alert» di avvertimento avrà una funzione «educativa». Negli ultimi tempi sono cambiati molto i rapporti tra i big di Hollywood che forniscono i contenuti dei media e i «carrier», fornitori di servizi Internet. Fino a qualche tempo fa si trattava di entità completamente separate, con i provider che favorivano l’accesso gratuito ai media, adesso invece i «carrier» puntano a fare profitti vendendo musica e film dopo essersi accordati sul copyright con le major dei media. © RIPRODUZIONE RISERVATA

nuovi hanno spirato nelle città. Sui loro progetti si svilupperà la manifestazione di domenica. Proteste che a Siena promettono di trasformarsi in azioni. Come? Questo è il compito che si è dato il Prato di Siena.

Sul prato Previste 1.200 partecipanti provenienti Luisa Pronzato da tutt’Italia © RIPRODUZIONE RISERVATA

e istanze sollevate dalla manifestazione del 13 febbraio e, a seguire, l’incontro nazionale di Siena, non sono meramente «femminili» o «femministe», non riguardano solo le donne, ma hanno l’ambizione di parlare alla nazione. Uno dei video più efficaci che nelle scorse settimane circolava su internet diceva, per bocca dell’attrice Claudia Pandolfi: «Stavolta senza le donne non si governa». Quindi il messaggio non è rivolto solo alle donne, ma al paese intero, alla politica e ai suoi «custodi», tradizionalmente e permanentemente maschi. I quali, non da oggi, faticano a prendere piena coscienza di cosa significhi esattamente una democrazia paritaria, una democrazia che non soffra, costitutivamente, di un deficit di rappresentatività così lampante come quello che affligge il nostro paese. Forse però c’è stata, nel nostro paese, anche una reticenza femminile nei confronti del potere, una sorta di timore o rifiuto a confrontarsi con quello che Max Weber chiamava l’ambito del diabolico, ovvero la sfera della decisione e della responsabilità. Le ragioni di questa reticenza sono molteplici: da una parte ha contribuito senza alcun dubbio l’egemonia della cultura cattolica, che ha sempre visto nella donna una figura della cura, della conciliazione, dell’amore e della modestia. Dall’altra però anche una certa cultura istituzionale di sinistra non ha fatto molto per far uscire le donne dall’ambito tradizionale, cooptando ministre e deputate per incarichi sempre a vocazione femminile. Il femminismo storico, indispensabile e prezioso strumento di una crescita sociale e culturale delle donne in questo paese, dal canto suo, ha svolto un ruolo critico e trasformativo, ma allo stesso ha visto con diffidenza la politica tradizionale.

Ora siamo ad un punto di svolta, provvidenzialmente emerso a livello pubblico dopo i celeberrimi «scandali sessuali». Il femminile che da quelle vicende è emerso rappresenti un insolito ibrido: donne «libere» — forse figlie inaspettate del femminismo — che però (apparentemente) scelgono per sé ruoli straordinariamente tradizionali, perché nulla c’è di più tradizionale della concubina, che ora però si chiama escort. Ma cosa c’è di tipicamente italiano in tutto questo? La persistenza di una cultura «machista», spesso assecondata con benevolenza e condiscendenza, sia dagli uomini che dalle donne? La mancanza di una genuina aspirazione al potere da parte delle donne? La scarsa volontà della politica di aprire le porte alle donne? Tutti questi fattori sono presenti e decisivi, e a livello nazionale incidono maggiormente che in altri paesi, anche per una struttura sociale ancora per certi versi arcaica, poco disposta a negoziare i suoi presupposti, se non nelle forme di una resistenza localistica e identitaria alle trasformazioni globali. Che il potere sia, come diceva appunto Max Weber, la sfera del comando e del dominio, forse alle donne non va a genio ed è per questo che, in Italia, data la lunga tradizione femminista di critica consapevole e raffinata a quel tipo di modello, molte donne hanno rifiutato di confrontarsi con esso. Tuttavia — e questa è la sfida — fino a che le donne non entreranno nelle stanze della decisione, della responsabilità, delle «potenze diaboliche», non sapremo se il potere possa anche dirsi altrimenti. Ed è per questo che la sfida posta oggi alla politica, alle istituzioni, al paese intero dal nuovo movimento delle donne non può che riassumersi nella frase «Adesso senza le donne non si governa». (*filosofa) © RIPRODUZIONE RISERVATA


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