Vite nei secoli dei secoli

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VITE, nei secoli dei secoli

“VITE, nei secoli dei secoli” è un progetto nato in Sicilia nei mesi di gennaio e febbraio 2016, durante la residenza BridgeArt #full(y)_grounding//1 – Fabrizio Cicero, Arash Irandoust, Germano Serafini, sul tema Le impalpabili impronte della carta e la geografia sensibile a cura di Helia Hamedani, presso Tenuta La Favola a Noto. gennaio/febbraio 2016 “La Sicilia, riesce ancora a mantenere una profonda tradizione legata al territorio. È tangibile, è presente in ogni strato di questa terra. Porta con sé l’esperienza centenaria dei mestieri, tramandati da generazioni di mano in mano. La Sicilia è un libro aperto che racconta se stessa senza l’ausilio di informazioni aggiuntive. Qui nella Contrada Buonivini il territorio sembra non esser mai cambiato, i vigneti e i mandorleti sono ultra centenari, delimitati da muri a secco che sono lì da sempre, apparendo come una conformazione rocciosa naturale. Questa è terra che produce da secoli “stratificazioni di memoria”. In questo luogo durante la notte si vede l’universo, e con il passare dei giorni si impara a riconoscerlo, torna ad essere un riferimento, una strada dove orientarsi. Una sensazione di casa, di famiglia. Ci si trova ad osservare la Stella Polare fino a percepire la rotazione terrestre, prendendo coscienza di quanto tutto è in eterna evoluzione sotto questo stesso cielo che i nostri predecessori hanno osservato”. febbraio 2017 Il progetto è strutturato in due fasi. La prima parte dall’osservazione delle tradizioni fino ad oggi conservate nella terra del netino. La connessione tra il presente e il passato di questi luoghi è avvenuta attraverso lo studio degli elementi e dei protagonisti che con il loro fare hanno lasciato traccia attraverso i secoli. Da queste premesse nasce il primo lavoro fotografico VITE, nei secoli dei secoli – Stella Polare, da cui prende nome l’intero lavoro siciliano. L’immagine deriva dallo studio dell’allineamento della Stella Polare (oggetto nello spazio cosmico) con il colmo del tetto del palmento in cui ho vissuto (oggetto sulla Terra). In questo modo il cielo, non solo sfondo, diviene soggetto dialogante. I cerchi concentrici sono le tracce che le infinite stelle presenti nello spazio hanno lasciato sul supporto fotografico nelle due ore di esposizione. Questo ponte immaginario ha concettualmente annullato lo spazio/tempo che divide l’oggi dallo ieri, aprendomi nuove possibilità interpretative, tali da rendere attuale un passato ormai radicato nella tradizione.


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