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Da leggere (o rileggere)

Per il momento, con il mio bastone, vado ancora ovunque da sola. Certo, confinata qui dentro, nella erre-esse-a ; giro per i corridoi, prendo l’ascensore, entro ed esco dalla sala mensa, vado in giardino, riesco a infilare una specie di chiave pagante nella macchinetta del caffè per bermelo dopo pranzo, e telefono alle mie amiche . Ormai ne sono rimaste vive ben poche e quelle poche sono molto noiose! Mi parlano delle loro malattie o dei nipoti, che barba! Io sto bene e non ho nipoti. Mi potevo aspettare da quella impedita di mia figlia che sfornasse figli solo per me? Figurati! Sapere che li desideravo sarebbe stato un motivo in più per non farne. E per quel che ne so, è zitella. E ben le sta, è quel che si merita.

Un tempo leggevo anche i quotidiani. Mah, carta da imballo già allora. A casa lo acquistava mio marito che non sapeva stare senza e doveva essere il primo a sfogliarlo, poi lo leggeva nostra figlia, e a fine giornata era il mio turno; ma era mia la scelta di essere l’ultima, perché mi potevo dedicare meglio, con calma e senza distrazioni, al suo disfacimento: finalmente lo potevo spiegazzare come volevo.

Ecco: questa era una soddisfazione, un piacere, una felicità. Ero felice di ciancicare il quotidiano, disfarlo, lasciar cadere sul pavimento i fogli già letti e poi raccoglierlo la mattina seguente per conservarlo, perché un’utilità poteva ancora averla: metti che si allaghi casa, i giornali assorbono.