«Il tuo potere è forte, ma imprevedibile. Può essere pericoloso non solo per te, ma anche per coloro a cui vuoi bene. Linn sta meglio, ma non è abbastanza in forze da resistere a quello che nascondi dentro, Ava». Ava sussultò a quelle parole. «Non farei mai del male a Linn» disse con rabbia. «Dovrai imparare a controllare la tua ombra» rispose Nebula. «Quando la dominerai, potrai vedere tua sorella».
Young
Gry Kappel Jensen
La foresta oscura. Fairytale Saga traduzione dal danese di Emilia Carmen Cavaliere
della stessa autrice:
Rosenholm. Rose e Viole Rosenholm. Non ti scordar di me Rosenholm. L’ombra delle belledonne
ISBN 979-12-221-0997-8
Prima edizione italiana settembre 2025 ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
Pubblicato in accordo con Babel-Bridge Literary Agency
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Lei si svegliò molto prima che facesse giorno. Le bambine dormivano e tutto era silenzioso. Tuttavia non riusciva a liberarsi della sensazione che ci fosse qualcuno fuori. Alla fine rinunciò a rimettersi a dormire, si avvolse una coperta intorno al corpo e si sedette ad aspettare accanto alla finestra.
Quando il cielo iniziò a ingrigire, forme familiari emersero dall’oscurità. Le cime aguzze degli abeti, il colmo irregolare del tetto del fienile, l’ascia ancora nel ceppo.
E poi qualcosa che non avrebbe dovuto esserci. Strizzò gli occhi, ma la figura non scomparve.
La donna se ne stava al centro del cortile, con il viso rivolto verso la casa. Dritta come un albero nel bosco. Ai suoi piedi, sulla nuda terra, era disteso un bambino addormentato. Era una femmina, più o meno dell’età di sua figlia.
Quella vista la riempì di un palpito inquieto, il cuore le batteva forte nel petto e le fischiavano le orecchie.
La donna sarebbe rimasta lì fuori finché avesse avuto la consapevolezza che erano sole in casa. Era meglio agire prima che le bambine si svegliassero.
«Dammi la forza» sussurrò, e si fece il segno della croce. Poi si alzò e aprì la porta.
Si precipitò fuori e iniziò a urlare contro l’altra donna, che non ebbe nemmeno il tempo di battere ciglio.
«Non dovete stare qui, dovete andarvene!» La sua voce echeggiava fino al margine della foresta.
La donna non disse nulla, ma la bambina ai suoi piedi iniziò a muoversi.
«Sparite!» Indicò il bosco con mano tremante.
«Sono venuta per aiutarti» disse la donna calma, guardandola con i grandi occhi seri.
«Non abbiamo bisogno del tuo aiuto» ringhiò lei.
La donna scosse la testa. «Lo sai cosa succederà se non farai niente» disse, e accennò col capo alla casa. «Pensa almeno alle bambine».
Lei chiuse gli occhi per un attimo; la donna non doveva accorgersi di quanta paura aveva in realtà.
«Devi stare lontana dalle mie bambine». Le tremava la voce. «Devi sparire e non tornare mai più, mi hai sentita?»
La bambina, che prima era stesa a terra, si era alzata in piedi, ed entrambe la guardarono senza dire nulla.
«Andate nel bosco e lasciateci in pace!»
La donna rimase ferma davanti a lei. Poi scosse di nuovo la testa.
«Commetti un grosso errore» disse, e prese la bambina per mano. Lentamente, entrambe le voltarono le spalle e iniziarono ad avviarsi verso il margine del bosco. Presto sparirono fra i tronchi.
Lei prese a respirare affannosamente, un singhiozzo le sfuggì nel silenzio del mattino.
«Mamma?»
Si voltò. La figlia maggiore era sulla soglia.
«Sta’ tranquilla» disse, tentando di sorridere «è tutto a posto».
La raggiunse e la prese in braccio, era ancora calda di sonno.
«Siete al sicuro qui» sussurrò tra i capelli scuri della figlia, ma sbarrò la porta alle loro spalle.
Parte prima Il bosco
CapitoLo 1
Ava piantò di nascosto le unghie nella corteccia bianca. Aveva scelto una giovane betulla che cresceva dritta e pallida al margine del bosco. Se fosse stata troppo cauta, la scorza sarebbe venuta via in strisce sottili, trasparenti e lisce come seta, ma se fosse stata troppo energica ne avrebbe staccato grossi brandelli, elastici e coriacei come cuoio. Era importante che l’albero sopravvivesse, che lei non andasse troppo in profondità e non procurasse ferite che non potevano guarire. Altrimenti sarebbe rimasta sveglia di notte a pensare al giovane albero nel boschetto che forse avrebbe potuto vivere cento anni. Avrebbe immaginato le dita che laceravano la corteccia fino a far sanguinare l’albero, le mani rapide che imperversavano nella boscaglia in cerca di uova d’uccello, frugavano nel sottobosco in cerca di carcasse e scavavano nella terra con le unghie consumate in cerca di radici. «Hai trovato qualcosa?»
Ava sussultò: Linn le si era avvicinata di soppiatto.
«Corteccia di betulla» disse Ava, e le mostrò il cesto.
Linn ci guardò dentro delusa. «Non ci sono bacche»
«Sì, lo so» rispose Ava. «Stanno per finire per quest’anno. Ma forse riusciremo ancora a trovare qualche fungo. Tu hai avuto fortuna?»
Solo in quel momento Ava notò che Linn aveva entrambe le mani nascoste dietro la schiena. Gli occhi azzurri rivolti verso di lei erano seri, ma Ava notò una curva nella guancia sinistra. Una fossetta traditrice.
«Allora, cos’hai trovato?» chiese. Si mise una mano sul fianco, alzando un sopracciglio e osservando la sorella minore.
«Niente» rispose Linn, ma la fossetta si fece più profonda.
«Fammi vedere le mani».
Linn tese la mano destra con aria innocente. Le dita erano sporche di terra e il palmo era vuoto.
«E l’altra?» chiese Ava.
Linn sorrise furbescamente e alla fine svelò quello che aveva nascosto dietro la schiena. Un grosso fungo, dal cappello unto e lucido.
«Dove l’hai trovato?» chiese Ava.
«Giù al ruscello» rispose Linn, evitando lo sguardo della sorella.
«Sono già andata a cercare funghi laggiù» disse Ava. «Non ce n’erano».
Linn fece spallucce e mise il grosso fungo nel cesto.
«Linn…» Ava guardò la sorellina con gli occhi socchiusi. «Sei entrata nel bosco?»
«Solo un pochino» ammise lei. «Ma sono rimasta sul sentiero! Non è successo niente. Potremmo raccoglierne molti di più lì dentro».
Ava scosse la testa. «Lo sai fin dove devi spingerti» disse, e indicò un grosso tronco. «Non oltre quel faggio e mai nel bosco!»
Il sorriso era scomparso, le labbra di Linn tremavano. «Non dirai niente a papà, vero?»
Ava guardò il faggio che segnava la fine del loro mondo conosciuto. Un simbolo di protezione a forma di croce era inciso nella corteccia. Uno scudo contro il male. Lasciò vagare lo sguardo più in profondità nel bosco. Un sentiero proseguiva oltre il faggio e si inoltrava tra gli alberi; non sapeva dove portasse, ma lì fra i tronchi c’era un’oscurità bluastra che non le piaceva.
Un palpito inquieto nel petto la fece boccheggiare. Era il suo cuore che batteva tanto nervosamente? Vi premette contro il pugno serrato, come per costringerlo a calmarsi. Il padre aveva promesso che a loro non sarebbe mai accaduto nulla. Non finché avessero seguito le regole.
«No, non dirò niente». Si voltò verso Linn. «Però non devi farlo più».
Linn annuì, ma sembrava ancora sul punto di pian-
gere e all’improvviso Ava desiderò ardentemente sentirla ridere. Le sorrise perché sorridesse a sua volta, le premette il naso e le pizzicò le guance morbide. Le avrebbe fatto il solletico, se fosse stato necessario.
Il magro viso infantile, con gli occhi troppo grandi, si rivolse verso di lei. Linn si morse le labbra: faceva parte del gioco, si tratteneva finché poteva. Ava le punzecchiò il fianco e le soffiò nell’orecchio e alla fine Linn cedette, alla fine rise, un suono cristallino come l’acqua. Per un attimo Ava si rese conto di com’era bello lì, di come splendevano le foglie gialle delle betulle contro l’azzurro cielo autunnale. I raggi del sole calante cadevano fra i tronchi bianchi e incorniciavano il sottobosco di uno scintillante pulviscolo di luce, mentre le due sorelle ridevano sul limitare del bosco. Sembrava che tutto fosse di nuovo a posto.
Ava si voltò verso la betulla e diede dei colpetti affettuosi sul tronco. Se la sarebbe cavata, non aveva preso troppa corteccia, le sue mani rapide non avevano fatto danni.
La cosa peggiore della fame non è che ti rode le ossa e ti succhia la forza dalle braccia e dalle gambe.
La cosa peggiore è che intacca lentamente l’anima, la fende, la lima, la corrode, così che a poco a poco si riduce sempre più. Un essere umano che ha fame può diventare vuoto dentro.
Gry Kappel Jensen ha studiato lingue e letterature nordiche e lavora come editor e traduttrice. È anche autrice di libri per ragazzi e titoli young adult, tra cui la serie di Rosenholm, pubblicata da Gallucci. Vive a Århus, in Danimarca, con il marito e i figli.