UAO
Universale d’Avventure e d’Osservazioni
Cuca Canals
Il giovane Poe. La casa degli orrori
traduzione dallo spagnolo di Clara Serretta
della stessa serie:
Il mistero di Morgue Street
Lo strano caso di Mary Roget
ISBN 979-12-221-0839-1
Prima edizione italiana marzo 2025
ristampa 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
anno 2029 2028 2027 2026 2025
© 2025 Carlo Gallucci editore srl - Roma
Titolo originale dell’edizione spagnola:
El joven Poe. La mansion de los horrores
© 2017 Cuca Canals
© 2017 Edebé - Barcellona, Spagna
Pubblicato in accordo con Agencia Literaria Carmen Balcells, S.ABarcellona, Spagna
Gallucci e il logo sono marchi registrati
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Il giovane
La casa degli orrori
traduzione di Clara Serretta
Caro amico o cara amica, mi chiamo Edgar Allan Poe, ho 11 anni e abito con i miei genitori adottivi in Morgue Street, a Boston, capitale del Massachusetts.
Mia madre è morta 3 anni fa, ma mio padre è ancora vivo, anche se l’ho scoperto da poco. Grazie alle informazioni di un lontano parente, ho saputo che si è stabilito a Dublino. A quanto sembra, ci ha abbandonato dopo la morte di mia madre. Ho 2 fratelli biologici, Rosalie e William Henry. Vivevamo nello stesso orfanotrofio, finché, un paio d’anni fa, non siamo finiti in tre famiglie diverse. Per fortuna, Rosalie abita ad appena due isolati da casa mia. William Henry, invece, sta a Baltimora, a 642 chilometri da Boston.
I miei genitori adottivi hanno un altro figlio, Robert Allan. Ha 16 anni e non lo sopporto. Mi odia perché è convinto che mi prenderò i soldi della sua famiglia. Attacca sempre briga e sono convinto che mi voglia uccidere.
A scuola mi chiamano “Lo Strambo”. Dicano quello che vogliono, non me ne importa niente di ciò che pensano le persone. Faccio forse del male a qualcuno solo perché sono fatto a modo mio? Non siamo forse tutti un po’ strambi? Chi è che non ha una qualche mania? Non è peggio essere come quelle persone che si dichiarano “normali” e poi continuano a molestare il prossimo? Secondo me, essere strani significa essere unici. E questo, più che un difetto, mi pare un pregio.
Adoro creare forme geometriche: modello il purè di patate in tanti quadrati, faccio dei triangoli con i sassolini del giardino e disegno dei cerchi sulle superfici impolverate con la punta del dito. Non sopporto che i piatti o i gessetti colorati collocati uno di fianco all’altro si tocchino. Quando vado a letto, prima di chiudere gli occhi, devo contare fino a 13. E sono anche superstizioso. Ogni volta che arrivo in un posto nuovo devo fare un piccolo cerchio camminando in tondo. La mattina scendo sempre
dal letto posando a terra per primo il piede destro. Se per caso mi sbaglio resto a letto tutto il giorno, anche se significa dover fingere di stare male, perché altrimenti i miei genitori non me lo permetterebbero! Se di notte c’è un temporale, mi assicuro di dormire con la pancia ben coperta e la finestra chiusa. Faccio così da quando ho letto che i fantasmi possono rubarti l’ombelico e divorarti senza pietà.
Un altro motivo per cui mi definiscono strambo è che il mio patrigno è il proprietario di un’agenzia di pompe funebri, un posto in cui ovviamente vado spesso, perché ogni volta che si arrabbia con me mi manda là a spazzare per terra. Questo ha fatto sì che, oltre a essere diventato un esperto nella pulizia dei pavimenti, io abbia anche visto centinaia di morti. Per la precisione, 460 cadaveri a oggi. All’inizio mi facevano un po’ di paura e ribrezzo, ma ora sento solo una rispettosa indifferenza. A volte, quando ho finito di pulire, faccio un sonnellino in una bara vuota e sono grato ai defunti perché non spifferano niente al mio padre adottivo. È uno dei vantaggi della convivenza con i morti: non disturbano nessuno. Mi piace formare dei cerchietti con la scopa e immaginarmi che si trasformino in sca-
rabei, scarafaggi o ragni che strisciano sulle pareti, talmente ripugnanti che persino i cadaveri resuscitano alla loro vista.
Mi vesto sempre di nero per ordine del mio patrigno, che è un tipo molto pragmatico. In questo modo le macchie e l’usura dei tessuti non si notano tanto e la mia matrigna ha meno lavoro da fare. Questa è la lista di quello che c’è nel mio guardaroba (fare liste è un’altra delle mie cose preferite!).
I MIEI VESTITI
- 6 camicie nere - 3 maglioni neri a collo alto - 1 gilet nero - 2 cappotti neri - 2 paia di scarpe nere - 3 calzoncini neri - 6 magliette nere - 3 camicie da notte nere
Suppongo che vestirmi così non aiuti per niente a farmi sembrare un ragazzo come tutti gli altri, ma non mi importa, il nero è il mio colore preferito. Nero come le tenebre e la notte. Adoro inoltrarmi nell’oscurità. Quando chiudo gli occhi posso fare tutto quello che voglio, immaginare di poter volare o fronteggiare un’armata di bisonti. Lo stesso succede con la scrittura. Posso creare mondi nuovi, personaggi inventati, e persino torturare il mio fratellastro Robert Allan. Per questo da grande voglio fare lo scrittore. Ma la cosa più bella di tutte è che con la fantasia posso vedere mia madre ogni volta che lo desidero. Possiamo stare vicini e abbracciarci.
Qualche tempo fa, durante la lezione di arte, il professore mi ha chiesto di raffigurare un piatto di zuppa e io ho disegnato un rettangolo nero più o meno come questo:
Ho spiegato che lì dentro io ero perfettamente capace di vedere un piatto di zuppa. Gli ho detto di
usare la fantasia ma, come succede con la maggior parte dei grandi, continuava a non capire.
Così, ho cercato di rendergli il disegno di più facile comprensione:
Ho disegnato un cerchio e per lo meno sono riuscito a fargli immaginare il piatto, ma alla fine non ho preso un bel voto perché non c’è stato verso di fargli vedere la zuppa.
Ho un amuleto che, lo ammetto, non è molto “normale”: si tratta dell’occhio di un morto che conservo in un barattolo di formaldeide. L’ho rubato dalle pompe funebri del mio patrigno e lo tengo sempre in tasca. È la mia arma segreta. Se qualcuno mi dà fastidio, tiro fuori l’occhio, lo brandisco e nel 99% dei casi vengo lasciato in pace.
Ho anche una mascotte molto speciale, un corvo che ho chiamato Neverland. È l’unica parola che sa pronunciare! La ripete sempre, quindi non è stato
difficile trovargli un nome. Vive in un anfratto sotto il tetto di casa nostra e in inverno, quando fa molto freddo, lo lascio dormire nella soffitta dove teniamo i mobili vecchi. A volte mi segue, come se volesse proteggermi dall’alto. Quando mi accompagna a scuola gli chiedo sempre di restare a distanza di sicurezza, in modo che nessuno sappia che siamo amici.
La mia sorellina Rosalie è una dei pochi che lo conoscono. Naturalmente il mio patrigno e il mio fratellastro non sanno nemmeno che esiste, perché sono sicuro che se lo venissero a sapere lo spennerebbero e lo squarterebbero senza pensarci due volte.
Oltre alla scuola, mi dedico anche alla vendita di spaventi. Proprio così: la paura è assicurata. In cambio di una modesta quantità di denaro, i miei clienti possono scegliere uno tra i tanti spaventi in offerta. A cosa servono? Molto semplice: a terrorizzare la persona che detestano di più al mondo. Ho persino scritto un catalogo in cui spiego passo per passo come realizzarli. La mia gamma va da quelli più indicati per intimorire genitori crudeli o fratelli maggiori che fanno i bulli, fino a quelli adatti per professori ingiusti o tutori legali spietati.
Il mio sogno è guadagnare quanto basta perché io e i miei fratelli possiamo andare a cercare no-
stro padre a Dublino, in Irlanda. Grazie agli spaventi, ho già messo da parte una somma discreta e so che d’ora in poi riuscirò ad accrescerla. Auguste
Dupin, il più famoso ispettore di polizia di Boston, mi ha chiesto aiuto per risolvere due casi: quello delle due donne che sono state ritrovate assassinate in Morgue Street e quello della cantante di varietà
Mary Roget, il cui corpo senza vita è stato trovato nel fiume Charles. Grazie alla mia collaborazione, entrambe le indagini si sono concluse con l’arresto del colpevole e io, in cambio, ho ottenuto una lauta ricompensa. Adesso aspetto quindi di potermi rendere utile in altri casi. Il problema è che il mio fratellastro, Robert Allan, mi ha rubato tutti i soldi che avevo risparmiato, sia quelli delle vendite sia quelli ricevuti per aver aiutato la polizia. Non so come, ma li recupererò.
Basta, non perdiamo altro tempo, vi presento il mio terzo racconto.
Spero che sia di tuo (sinistro) gradimento. Molte grazie e un saluto cordiale, Edgar Allan Poe