NOVE STORIE DI PUBBLICITARI

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DINOVESTORIEPUBBLICITARI ALCUNI APPUNTI DI PAOLO GIOSUÈ GENOESE

La successiva evoluzione portò infatti alla creazione di manifesti, locandine e periodici, sui quali venivano inseriti i primi annunci pubblicitari. Durante gli anni ‘20 e ‘30 negli Stati Uniti, il settore pubblicitario era già in grande espansione (primo tra tutti il brand Coca-Cola), mentre in Italia si può parlare di comunicazione moderna solo dal 1960 in poi. Ecco quando tutto è iniziato, con le prime campagne di comunicazione della storia.

INTRO

È abbastanza complesso stabilire l’inizio esatto delle prime campagne di comunicazione: già nell’epoca romana, esistevano le prime forme di pubblicità, posizionate come insegne sopra all’ingresso delle botteghe. Con l’invenzione della stampa di Gutenberg ci fu una grande rivoluzione: da quel momento si sono iniziate a gettare le basi per la comunicazione che chiamiamo moderna.

Le prime campagne di comunicazione risalivano a molto prima dell’invenzione della stampa: a Pompei ad esempio, esistevano dei precursori degli attuali manifesti elettorali, mentre in Siria è stata ritrovata una tavoletta sumera che promuoveva la birra di una taverna. Si trattava comunque di forme di comunicazione rudimentali, che non hanno nulla a che vedere con le campagne di comunicazione che conosciamo oggi. L’evoluzione delle tecniche di comunicazione infatti si è modificata in concomitanza con i cambiamenti storici, sociali e politici, per questo se si riguardano ad esempio i manifesti o i cartelloni pubblicitari di fine ‘800, il linguaggio visivo e verbale era completamente diverso da quello attuale.

Tra la metà del‘800 e i primi del ‘900 in Italia si erano iniziate a diffondere le prime campagne di comunicazione sui quotidiani. In quel periodo si comunicava solo attraverso i

In Italia intanto il Manifesto di ricostruzione Futurista dell’ universo, datato 1915 e firmato da Giacomo Balla e Fortunato Depero, avvia il Futurismo verso una seconda fase nella quale l’esigenza di un’arte totale aspira ad influenzare molti aspetti dell’esistenza attraverso una radicale trasformazione dell'ambiente: dall'arredo alla moda, dal cinema al teatro, dalla musica alla danza, dal manifesto pubblicitario alla progettazione dell'oggetto d'uso. Balla con la sua casa d’arte aveva progettato e realizzato l'intero arredamento, Depero invece con la produzione di arazzi e cuscini crea uno spazio per realizzare oggetti d'arte, mobili, giocattoli, maquettes

Dai primi del ‘900 in poi, le tecniche di comunicazione subirono una veloce evoluzione, in particolare in Francia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

disegni e alcuni brevi testi, caratterizzati dall’uso dell’imperativo.L’obiettivodelle pubblicità era quello di mostrare i prodotti e impartire una sorta di ordine agli spettatori.

caratterizzati da strutture essenziali e da linee dinamiche. L’idea di autopromozione prende piede grazie all’editoria e la corrispondenza, testimoniata in mostra attraverso documenti e fotografie che mostrano la genesi di un manifesto che cambia per sempre il senso di marcia del movimento futurista, orientato verso un’attività ricostruttiva, operosa, lontana dalla pars destruens della prima fase futurista.

La comparsa del cinema ha reso possibile la comunicazione di tipo audiovisivo e la pubblicità è diventata un linguaggio potente della modernità che, esattamente come il cinema, fonde insieme la tradizione dello spettacolo con le tecnologie produttive dell'industria. Perciò, grazie ai fratelli Lumière e alla loro storica proiezione del 28 dicembre 1895 al Grand Café di Boulevard des Capucines a Parigi, si è dato inizio allo spettacolo cinematografico ed si è creato uno stretto rapporto tra cinema e pubblicità. Non a caso, in quella stessa proiezione del 1895 i Lumière hanno mostrato l'uscita delle officine Lumière, che presentava i dipendenti della loro fabbrica che uscivano dal lavoro e che può essere considerato il primo filmato di propaganda commerciale. Questo è stato il primo film ad essere visto da un pubblico e dunque viene considerato di solito il punto di partenza della storia del cinema. Poco dopo, nel 1898, i Lumière hanno firmato anche quello che può essere considerato il primo vero spot pubblicitario realizzato su commissione: un filmato per il sapone Sunlight di Lord Lever, Filmato che è stato seguito negli anni successivi da altri messaggi pubblicitari, come quello prodotto nel 1904 per lo champagne Moët & Chandon. D'altronde, anche il grande rivale dei Lumière, il regista Georges Méliès, ha realizzato in quegli anni una ventina di filmati pubblicitari, tra cui uno di animazione commissionato dall'azienda di whisky Dewar.

A partire dal primo dopoguerra, grazie soprattutto al ruolo svolto dalla società parigina Publi-Ciné, è nata la pubblicità cinematografica. È stato però soltanto dopo la seconda

guerra mondiale, con quella creascita esplosiva del pubblico del cinema che è stata resa possibile dall'introduzione del sonoro e del colore, che tale forma di pubblicità ha avuto un intenso sviluppo. Ma i rapporti tra il cinema e la pubblicità sono sempre stati molto intensi. In Italia, durante l'epoca di Carosello , durata dal 1957 al 1977, moltissimi registi cinematografici importanti hanno lavorato per creare dei messaggi pubblicitari. E in tutto il mondo, nei decenni successivi, la pubblicità ha "rubato" al cinema delle professionalità di valore. Ecco quindi che numerosi registi hanno cominciato a fare il "doppio lavoro". Ridley Scott, Tony

Scott, Wim Wenders, Martin Scorsese, David Lynch, Roman Polanski, Spike Lee, Woody Allen, Franco Zeffirelli, Gabriele Salvatores, Giuseppe Tornatore. Persino Federico Fellini non ha resistito al fascino della pubblicità e ha diretto diversi spot: nel 1984 per il Bitter Campari, nel 1986 per i Rigatoni Barilla e nel 1992 per la Banca di Roma. Era il 1931 quando apparve per la prima volta l’illustrazione realizzata da Sundblom su carta stampata, che ritraeva un Babbo Natale florido e felice, mentre reggeva un bicchiere di Coca-Cola. La locandina recitava “My hat’s off to the pause that refreshes” ed era la prima volta che Babbo Natale veniva idealizzato in quel modo. Coca-Cola utilizzò Babbo Natale per

Per vedere le prime campagne di comunicazione in TV, si devono attendere gli anni ‘50, prima negli Stati Uniti sulla NBC, poi due anni dopo in Italia con il Carosello.

le sue pubblicità fino al 1964, idealizzando in tutto il mondo il personaggio diventato il più grande testimonial della storia.

In questo periodo in Italia nacquero le pubblicità del Glen Grant, della Lavazza, dell’amaro Ramazzotti che lanciò la Milano da Bere e infine, il famoso tormentone “No Alpitour? Ahi, ahi, ahi”. Insieme a questo si sviluppò anche una centralità del corpo, in particolare quello femminile, come negli spot Golden Lady e Campari. Se fino alla fine degli anni ‘80 la comunicazione si era concentrata sulla massa, dagli anni ‘90 ha iniziato a focalizzarsi invece sull’individuo e le

Negli anni ‘70 venne introdotta la Unique Selling Proposition quindi la comunicazione doveva evidenziare un solo beneficio per il consumatore, mentre durante gli anni ‘80 si diffusero sempre di più le pubblicità spettacolari, che stupivano il pubblico, come quella di Citroen o di Club Med del francese Jacques Séguéla.

Il Carosello era un momento di intrattenimento, oltre che di promozione, quindi si alternavano 100 secondi di spettacolo a 35 secondi commerciali. Le prime aziende ad utilizzare questa forma di comunicazione sono state il Brandy Stock 84, la Shell, L’Oréal, Singer e Cynar.

Una Unique Selling Proposition è una qualità del tuo prodotto, servizio, marchio o azienda in grado di differenziarlo (e renderlo migliore) da quello offerto dai tuoi concorrenti.

Un’altra campagna di comunicazione che ha riscosso un successo straordinario è stata “We Can Do It”, creata nel 1943 da J. Howard Miller per la Westinghouse Electric, che ancora oggi viene riprodotta in locandine e gadget.

La storia delle campagne di comunicazione rappresenta anche la storia della società: in un manifesto, in una locandina o in uno spot sono racchiusi i valori e il linguaggio di un’intera epoca. Non è un caso infatti, che molti dei ricordi d’infanzia siano legati a uno specifico pay off o ad un personaggio televisivo protagonista di uno spot. Le campagne di comunicazione riflettono il pubblico che le osserva e a volte ritornano, a distanza di decenni, proprio come ha fatto Alpitour nel 2015: “Turista fai da te? No Alpitour? Ahi, ahi, ahi”. Dunque nessuno sa con certezza quale sia il primo brand a rendersi conto che, oltre al proprio prodotto, aveva tra le mani un'idea di marca di cui sfruttare e poter comunicare i propri vantaggi in modo diverso in un determinato periodo di tempo. E nessuno lo sa, perché quando i team creativi delle agenzie si sono seduti attorno a un tavolo per farsi un'idea della campagna, secondo fonti (Ogilvy, Burnett, Reeves, ecc.), non è stata prestata alcuna attenzione al fatto che quella cosa chiamato idea o concetto creativo, serviva per poter vendere il proprio prodotto in più di una pubblicità.

Questa dispensa vuole mettere insieme le storie della pubblicità attraverso le storie di 10 creativi, fondamentali nell’evoluzione dello stile, del linguaggio, nella visione e nella produzione. In conclusione, ci sono nomi che hanno segnato in modo indelebile la storia della pubblicità, innescando una vera e propria rivoluzione culturale. Alcune campagne sono ancora oggi fonte di ispirazione, alcuni stili inconfondibili e alcuni pubblicitari talmente capaci da aver dato vita a grandi agenzie internazionali che tutt’ora esistono e collaborano con i maggiori brand.

pubblicità hanno ripreso ad essere più informative, valorizzando il prodotto. Anche il linguaggio si era avvicinato a quello dei tempi del Carosello con la saga Telecom con Massimo Lopez e Parmacotto con Christian De Sica.

• LEO BURNETT 1891 1935 • DAVID OGLIVY 1911 1938 • JAQUES SEGUÈLA 1934 1958 • ROSSER REEVES 1919 1952 • WILLIAM BERNBACH 1911 1957 • GABRIELE D’ANNUNZIO 1863 1971 • FORTUNATO DEPERO 1892 1916 • ARMANDO TESTA 1917 1937 • OLIVIERO TOSCANI 1942 1982

Ha otto dipendenti e un solo cliente, una ditta di piselli del Minnesota. Visto l’inferno lì fuori, gli altri gli danno al massimo un anno di vita: 12 mesi dietro un sogno da pazzi, prima di ritrovarsi coperto di debiti e senza più assicurazione. Eppure lui torna a casa e dice a moglie e figli di non preoccuparsi. Il mattino dopo, appena entrato in agenzia, piazza all’ingresso una ciotola piena di mele. Un simbolo di accoglienza, energia, di ottimismo. In quel momento Dio solo sa se ne ha bisogno.

BURNETTLEO

N

1891-1971

el 1935 Burnett aveva 44 anni, la grande depressione ne ha 6 e va tutto a fuoco: ogni giorno bruciano montagne di dollari, stipendi, aziende. Quello stesso anno, con tipica incoscienza creativa, Leo Burnett mette un’ipoteca sulla casa, prende in anticipo 25.000 dollari dalla sua assicurazione sulla vita e fonda un’agenzia di pubblicità a Chicago.

A Chicago Leo era arrivato 5 anni prima. Veniva dai laghi del Michigan, 400 miglia più a est. Dopo la laurea aveva fatto il giornalista di cronaca a Peoria (Illinois), poi a Detroit era diventato copywriter della Cadillac Motor Company. Non aveva ancora 30 anni e di motori non sapeva praticamente

nulla, eppure si trovava nella città delle automobili e in qualche modo sentiva che quei bolidi rappresentavano il futuro. Un po’ come la pubblicità. Al ritorno dalla grande guerra si trasferisce ad Indianapolis come advertising manager in Fayette Motor Company, poi lavora a Chicago insieme alla moglie Naomi, inizialmente nel ruolo di advertising manager per la Erwin, Wasey & Co. Cinque anni dopo è il fondatore della Leo Burnett Company.

Dureranno per decenni e fino ai giorni nostri. Per ognuno Burnett disegnerà un’idea perfetta, dando vita ai più celebri e longevi brand-character di sempre. Nel 1936 per la vecchia ditta di piselli del nord — la Minnesota Valley Canning — viene ideato il colossale Jolly Giant Green: un gigante allegro e colorato che si impone come sinonimo universale di forza e “ritorno alla natura”.

I clienti arrivano. E non vanno più via.

Le relazioni commerciali avviate dalla sua nuova agenzia con alcuni grandi marchi si riveleranno tra le più solide della storia della pubblicità americana.

Piuttosto che affascinare il pubblico con orecchiabili giochi di parole , Burnett preferiva far leva su grandi sentimenti popolari. Idee semplici a cui lui stesso, in quanto fiero rappresentante dell’America profonda, si sentiva legato. È con questo spirito che nascono figure leggendarie come quella di Charlie the Tuna o il famosissimo Tony the Tiger di Kellogg’s.

TOO MANY ADS THAT TRY NOT TO GO OVER THE READER’S HEAD END UP BENEATH HIS NOTICE

Prima ancora che alle ricerche di mercato, dedicava la sua attenzione alle iconografie che caratterizzano le grandi culture del mondo. Era assolutamente certo della superiorità dei visual rispetto ai meccanismi verbali, e spingeva i suoi creativi a ricostruire grandi archetipi visivi capaci di rassicurare e invogliare all’acquisto masse di consumatori. Nella sua pubblicità le immagini sono sempre al centro: eloquenti, decisive, indimenticabili.

Nel 1954 arriva Philip Morris. Il giorno in cui il gigante del tabacco bussa alla porta di Burnett, Marlboro gode ancora della quota di mercato più piccola della sua categoria. L’agenzia si inventa un completo riposizionamento del prodotto e lancia una delle strategie più efficaci di sempre. Questa volta il brand character è il “Marlboro Man”, un cowboy affascinante, moderno, epico. Per l’immaginario dei consumatori si tratta di un richiamo irresistibile, un nuovo

Non “creava” pubblicità, in un certo senso le vedeva.

Tra i grandi della rivoluzione creativa degli anni ’50, Leo Burnett è stato senza dubbio l’uomo delle immagini.

Se Bill Bernbach ha coniato i simboli-mito di una nuova smart generation, se l’elegante razionalismo di David Ogilvy ha integrato l’efficienza delle statistiche con le frecce della creatività, Burnett è stato invece il pubblicitario che ha creato le maggiori icone visive dell’immaginario commerciale moderno.

Da allora i clienti aumentano anno dopo anno: Procter & Gamble (1952), Allstate (1957), Heinz (1958), United Airlines (1965), General Motors Oldsmobile (1967). Con ciascuno Burnett instaurerà un rapporto solido e personale, costruito su un’idea di qualità che metteva in ogni lavoro. Oggi il suo network conta agenzie in 49 paesi.

modello di seduzione che però arriva da lontano, dalle profondità della storia americana. E infatti non resiste più nessuno: entro la fine del decennio Marlboro diventa la sigaretta più venduta in tutti gli Stati Uniti.

*•* LA PUBBLICITÀ È LA CAPACITÀ DI SENTIRE, INTERPRETARE,DI DI INMETTERESIMBOLI,

CON CARTA E UN'AZIEDELTUTTIINCHIOSTROIBATTITICUOREDI NDA” LEO BURNETT

CHAKA SOBHANI È LA NUOVA GLOBAL CHIEF CREATIVE OFFICER DI LEO BURNETT

Tre le aree di cui avrà responsabilità: continuare a innalzare gli standard creativi di Leo Burnett in tutto il mondo in collaborazione con i CCO e gli ECD dei vari mercati; reclutare e far crescere la nuova generazione di talenti creativi, con attenzione alla diversità della loro estrazione; rappresentare Leo Burnett nelle varie occasioni a livello globale. Sobhani ha 20 anni di esperienza come regista, scrittrice e creativa, è stata nelle giurie internazionali e ha vinto numerosi premi ai principali festival. E’ stata responsabile di campagne per i clienti McDonalds, Kellogg’s, Samsung, Boots, Coca-Cola, Agent Provocateur e Adidas.Prima di entrare in Leo Burnett London nel 2016, Sobhani lavorava in Mother e prima ancora ha trascorso 10 anni nella tv come creative leader e film-maker, creando la prima agenzia in-house di ITV e format come ‘The X Factor’ e ‘Downton Abbey’.

I consigli di Ogilvy sono senza tempo: arrivano dagli anni ‘70 ma sono talmente efficaci che sono tuttora applicabili.

Per Ogilvy: “La pubblicità non è una forma d’arte, è un mezzo di informazione, un messaggio con un unico scopo, vendere”.

E ancora: “Quando scrivo un annuncio, non voglio che tu mi dica che lo trovi ‘creativo’. Voglio che lo trovi così interessante da comprare il prodotto”.

OGILVYDAVID

1911-1999

e la pubblicità oggi è così, è merito suo. A lui, l’Advertising deve moltissimo. A 35 anni, nel 1946, comprò una fattoria in Pennsylvania e si mise a fare l’allevatore. 5 anni dopo era diventato il pubblicitario più famoso al mondo. Le sue tecniche pubblicitarie hanno rivoluzionato il mondo della comunicazione, e che voi siate marketer, copywriter, grafici, art director, e-commerce manager, proprietari di una web agency, insomma, in qualsiasi forma o modo voi tocchiate il mondo della pubblicità, i suoi sono comandamenti che dovete assolutamente conoscere

S

FARE PUBBLICITÀ SIGNIFICA VENDERE

Le buone idee non sono un trend, trascendono il tempo stesso. Sono vere, e quindi intramontabili.

Scopri cosa vuole il consumatore e daglielo!

Sul sapone Dove: “Avrei potuto posizionare Dove come un sapone detergente per gli uomini con le mani sporche, ma ho scelto invece di posizionarlo come un prodotto di bellezza per le donne con la pelle secca. Funziona da 25 anni”.

“Il consumatore non è un deficiente, è tua moglie

Mai sottovalutare il consumatore: “Insulti la sua intelligenza se ritieni che un semplice slogan e alcuni aggettivi insulsi la convinceranno a comprare qualcosa. Lei vuole tutte le informazioni che puoi darle”. Cosa ce ne facciamo di millemila annunci creativi, arguti, giochi di parole, se non sappiamo informare e sedurre il pubblico?

Vuoi che le persone ti scelgano? Spiega, in modo breve e chiaro, cosa vendi e perché, quali vantaggi il tuo prodotto o servizio porterà a chi lo acquista. Punto.

Non sacrificare le informazioni rilevanti per la mera creatività: non si tratta di una gara a chi è più creativo, più intelligente o più colto, si tratta di saper vendere o no.

Parla come mangi

Parla al tuo pubblico come parleresti a un tuo caro amico: “Dovresti usare la loro lingua, la lingua che usano ogni giorno, la lingua in cui pensano”. Niente tecnicismi o frasi complicate da interpretare. Se non ti capiscono, non ti scelgono.

Fai una promessa, ovviamente vera, e dai un’immagine realistica del tuo prodotto, coinvolgendo il pubblico.

“In media, cinque volte più persone leggono il titolo rispetto al bodycopy. Quando hai scritto il titolo, hai speso ottanta centesimi del tuo dollaro”.

Niente tempo da perdere i lettori hanno bisogno della giusta quantità di informazioni in pochi secondi, talmente giusta da convincerli a proseguire nella lettura.

8 persone su 10 leggono solo il titolo di un articolo

Si inventa di fatto il concetto di brand image ed è il primo a riporre grande fiducia nell’importanza della ricerca di mercato sui consumatori, statistiche la cui efficacia aveva potuto apprezzare negli anni trascorsi alla Gallup.

Segnato a fondo dall’esperienza giovanile di venditore a domicilio, preferisce una comunicazione diretta, chiara, che enfatizzi immediatamente i plus del prodotto senza perdersi in frizzi e calembour (“Non devi far ridere, devi vendere. Nessuno comprerebbe nulla da un clown“).

Dal 1973 Ogilvy & Mather è una multinazionale con sedi in tutto il mondo, David Ogilvy ha superato da un po’ i 60 e decide improvvisamente di ritirarsi.

*Per General Foods Ogilvy convince Eleonor Roosvelt a fare da testimonial, per Dove conia l’immortale formula della “crema detergente” mentre con American Express fa realizzare una serie di divertenti video con Karl Malden che sottolineano come viaggiare con una carta di credito sia più comodo e assai meno rischioso. Lo slogan della campagna, che divenne un autentico tormentone negli States, era: “Don’t leave home without it“.

Via via che si susseguono i trionfi professionali Ogilvy mette a punto una sua personale concezione dell’advertising, una filosofia di lavoro che descriverà in “Confessioni di un pubblicitario”, il suo grande best-seller.

Per quanto sregolato e ribelle nella vita relazionale, Ogilvy sviluppa paradossalmente un approccio rigoroso, quasi scientifico, alla professione pubblicitaria.

E ancora: “Non usare mai titoli ingannevoli o irrilevanti. Le persone leggono troppo velocemente per capire cosa stai cercando di dire”.

“FATE*•* ASSAGGIAR E ALLE PERSONE UN SORSO DI OLD CROW, E DITE LORO CHE È OLD CROW. POI DATE LORO UN ALTRO

ASSAGGIO DI OLD CROW, MA DITE LORO CHE È JACK PENSERANNOPREFERISCONO.SUINTERROGATELIDANIELS.QUELLOCHECHE

LE DUE BEVANDE MOLTOSONO DELLEDEGUSTANDOSTANNODIVERSE.IMMAGINI.” DAVID OGLIVY

e gli scatti degli artisti sono diventati il contenuto di una campagna hyperlocal digital e OOH che ha celebrato la loro musica, il loro stile e i loro quartieri.

"Le strade sono il nostro palco" La campagna hyper local di Ogilvy per Zalando.

Nella settimana in cui tutti i riflettori sono puntati sul Festival, Ogilvy e Zalando dimostrano come musica e stile non hanno bisogno di un grande palco per farsi notare, ma delle strade e dei quartieri a cui appartengono.BigMamaaNolo, Livio Cori tra le vie dei Quartieri Spagnoli e Laila Al Habash alla Garbatella,hannoportato il loro stile tra le strade reinterpretando un classico del festival “Nessuno mi può giudicare” che è diventato un vero e proprio manifesto da cantare a squarciagola.I3videomusicali

uesto potrebbe essere l’incipit del racconto della vita di ogni pubblicitario, una professione “poco comprensibile” per i non addetti ai lavori. In realtà è il titolo del primo libro di Jaques Séguéla, le Publicitaire en France, ma non Nonsolo.molto

conosciuto in Italia, al di fuori del contesto professionale naturalmente, Séguéla, ancora in vita, ha contribuito al pari dei suoi illustri colleghi americani, alla costruzione della scienza della comunicazione pubblicitaria con il suo pensiero strategico. Un creativo capace di coinvolgere, senza pudore, nei suoi primi anni da Art Director, artisti del calibro di Dalì e Prevert come co-autori di sue campagne pubblicitarie, sfidò in modo frontale l’approccio consolidato dell’advertising di stampo anglosassone.

In antitesi alla Copy Strategy, alla base della strategia pubblicitaria di ogni brand per i guru delle Madison Avenue e quelli londinesi, Jaques coniò la STAR STRATEGY teoria secondo la quale una Marca è come una persona: ha un proprio fisico, un proprio carattere ed una propria

Q

SÉGUÉLAJACQUES 1934

non dite a mia madre che faccio il pubblicitario…… lei mi crede pianista in un bordello.

personalità. Il manifesto è il suo secondo libro “Hollywood lava più bianco”, citazione del claim tra i più celebri degli anni 60/70, in cui spiega come una marca debba trasferire lo stesso mondo dei valori che una stella del cinema – come Grace Kelly, Cary Grant e altre icone dell’epoca – trasmette al proprio pubblico.

La prima delle sue campagne memorabili è quella che lo mette in luce come giovane pubblicitario e che verrà

Nel 1969 con l’amico e collega Bernard Roux fonda la sua Agenzia avviando l’evoluzione di quella che oggi è diventata, attraverso vari passaggi (RSGG, EURO RSCG, ARNOLD WORLWIDE, HAVAS) uno dei più importanti poli dell’advertising mondiale. Avendo carta bianca dal socio amico e non dovendo più rispondere a nessuno, Jaques dà sfogo a tutto il suo estro creativo, ai limiti dell’irriverenza in nome della sua Star Strategy e del “ritratto cinese”, l’intervista da fare al cliente per raccogliere il brief. Con una serie di domande Seguelà raccoglie informazioni sulla marca descrivendola come “Se fosse” qualcosa di completamente diverso da ciò che è: per delinearne il FISICO (le sue caratteristiche intrinseche), il CARATTERE (le sue doti estrinseche) ed il suo STILE (il suo modo di porsi nel comunicare agli altri).

un claim fortissimo “les produits libres”, una metafora della libertà usata per rafforzare un prodotto apparentemente senza nome, come se ci fosse una tirannia da parte di un qualsiasi brand (una contraddizione in termini, giacché son marcati Carrefour).

Jaquesconsolidata).conia

La head-line non è da meno: “Voici l’huile Huile”, “Voici le café Café” con il secondo termine in maiuscolo per dichiarare

considerata in patria “la migliore pubblicità degli ultimi 30 anni”, l’obiettivo di comunicazione è il lancio dei prodotti “a marchio” CARREFOUR (parliamo degli anni 70, la Grande Distribuzione non è ancora arrivata in Italia, ma in Francia è già

una “veridicità del prodotto”, come se ci fossero dei falsi in giro, nel senso che l’olio Olio e il caffè Caffè stanno per il vero olio, il vero caffè.

Pubblicitario di tutte le grandi Aziende francesi, la già citata CARREFOUR, AIR FRANCE, ha contribuito anche a dare un FISICO, un CARATTERE e uno STILE alla CITROEN ed ai suoi particolarissimi modelli, che sembravano studiati ad hoc per le sue campagne.

Va citata, anche se non è questo il contesto giusto, la campagna di comunicazione politica, che determinò l’affermazione di Séguéla come grande comunicatore pubblicitario internazionale, e che permise a Mitterand di essere il primo Presidente Socialista francese, nello stupore di tutti. Il claim LA FORCE TRANQUILLE, semplice, lineare, un apparente ossimoro che mette insieme però due concetti convincenti per gli elettori (la FORZA per guidare una nazione, la TRANQUILLITA’ per rassicurare i suoi abitanti) è ancora oggi un punto di riferimento per ogni campagna di comunicazione politica.

*•* “COSA MARLBORO.INVECE,GUARDATE,IINTERE?PERMAMMOUTHDICEGIORNATESTRACCIOPREZZI.ÈUNA

SIGARETTA CHE, ALLA TRASFORMATIRATA,PRIMAVI IN UN COW-BOY. È QUI LA MAGIA NOSTRADELLAARTE.“ JAQUES SÉGUÉLA

Approfittando della sua ormai consolidata amicizia con il Presidente, Séguéla lo incontrò per chiedergli… “una portaerei ed un sottomarino atomico”.

Séguéla e Mitterrand

Nello SPOT VIDEO fece lanciare una VISA GTI dalla portaerei alla pari di un JET da guerra facendola finire in mare per poi riemergere trionfante sul dorso del sottomarino. Una pubblicità rimasta nel cuore e nell’immaginario degli automobilisti dell’epoca.

“E cosa ci deve fare, mio buon amico”, chiese Mitterrand. “Uno spot per Citroën”, rispose Séguéla. “Li prenda, certo meglio per la pubblicità che per fare la guerra…”

1919-1984

REEVESROSSER

ato all’inizio degli anni 20 in Virginia, Rosser Reeves si iscrisse all’università con lo scopo di diventare avvocato, ma la Grande Depressione lo obbligò a lasciare gli studi e iniziare a lavorare come reporter. Nel 1934 si trasferì a New York, dove iniziò a lavorare come inserzionista. È proprio in questa città che conobbe l’executive Ted Bates con cui avrebbe fondato la Ted Bates & Co. Reeves era convinto che l’unico scopo della pubblicità fosse quello di vendere, per questo il suo stile era semplice e scientifico. Non credeva nell’umorismo o nei giochi di parole, ma nel dimostrare perché quel prodotto dovesse essere comprato e che vantaggio potesse portare all’acquirente. Sosteneva che la pubblicità dovesse essere onesta, semplice e diretta. Reeves è stato un pubblicitario controverso, spesso criticato per il suo modo di pensare. Contemporaneo di Bernbach, ma con uno stile diametralmente opposto al collega più creativo, Reeves prediligeva la modalità di comunicazione hard selling, costituita da evidenza scientifica e uno stile concreto. Hard, sta per duro, e l’hard sell è una comunicazione concreta, precisa, logica, razionale, che si preoccupa meno dello stile e più del contenuto. Il suo obiettivo è informare, esaltare le caratteristiche qualitative del prodotto, mettere in mostra i vantaggi rispetto ai prodotti della concorrenza, evidenziare l’ottimo rapporto qualità/prezzo.

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UNIQUE SELLING PROPOSITION

Credeva fermamente nel fatto che la pubblicità non potesse creare domanda dove non esisteva e che esaltare un prodotto senza qualità portasse solamente all’aumento del numero di persone insoddisfatte, velocizzando così il processo di distruzione del brand.

ci fossero due tipi di pubblicità: quella intelligente, capace di rimanere nella testa del consumatore e quella che fungeva solo da intrattenimento.

Reevesmodo.riteneva

Non si opponeva alla creatività, ma detestava artifici e abbellimenti che oscuravano i reali motivi per cui una persona dovesse acquistare un prodotto, infatti ripeteva sempre che:

“I pubblicitari sono venditori, non uomini di spettacolo.”

La vera rivoluzione di Reeves fu l’introduzione della USP, un unico elemento forte che caratterizzasse un determinato prodotto e non potesse essere replicato dalla concorrenza.

Il pubblicitario riteneva che una strategia claim-based fosse più efficace di una basata sull’immagine di marca: le immagini potevano essere portatrici di diversi messaggi, mentre il giusto claim poteva essere interpretato solamente in un

Spesso le USP venivano proposte con degli slogan, come quello creato per M&M’s “si sciolgono in bocca, non in mano”, diventato talmente iconico da essere ancora utilizzato dal brand.

Reeves riteneva che non si dovesse sprecare denaro rivendicando unicità non esistenti: in quel caso il denaro doveva essere speso nella creazione di un vero vantaggio competitivo per il prodotto, non in pubblicità artificiali.

Una volta individuato, questo elemento distintivo doveva essere comunicato ripetutamente nel tempo senza variazioni, in modo da convincere il consumatore nel lungo termine.

La USP si trova nel punto di incontro tra quello che il consumatore vuole e quello che l’azienda sa fare bene

La Ted Bates Angency sotto la guida di Reeves ebbe un grande successo e poté annoverare tra i suoi clienti brand del calibro di Colgate, Palmolive e Minute Maid. Successivamente fu acquisita da Bates CHI & Partners.

Altro celebre successo per il pubblicitario riguarda il medicinale per il mal di testa Anacin. Lo spot, considerato dalla maggior parte delle persone fastidioso, portò ad un incredibile e inaspettato successo capace di triplicare le vendite del prodotto.

Possiamo sicuramente ricordare Reeves tra i nomi di coloro che hanno fatto la storia della pubblicità, soprattutto grazie al suo approccio al valore reale del prodotto. Molte volte le sue campagne sono state considerate antiestetiche,

Una caratteristica che la USP perfetta deve sempre avere è una sola: la sincerità.

ma non c’è dubbio che fossero efficaci e capaci di ottenere risultati che nel tempo hanno fatto scuola.

“DEVI*•* RENDERE IL DIVERSO.L’ANNUNCIORENDERENONINTERESSANTE,PRODOTTOSOLO

ED È QUELLO CHE ROSSERNONOGGINEGLICOPYWRITERTROPPISTATIUNITIANCORACAPISCONO“REEVES

Unique Selling Proposition: cos’è e come si crea

Un concetto che si avvicina molto alla USP è proprio quello della value proposition di un Anchebrand.se possono sembrare simili hanno due sfumature leggermente diverse.

La USP è il riassunto in breve dell’argomento unico di vendita su cui la promozione di qualunque brand deve poggiare. In generale la USP è quella frase, quella promessa, che il brand rivolge al consumatore riguardo all’esperienza che avrà con il prodotto o servizio proposto.

La Unique Selling Proposition esprime in maniera chiara e diretta quello che l’azienda promette al proprio cliente in termini di soluzione di un problema finora irrisolto o del compiacimento di un desiderio ancora insoddisfatto;LaValueProposition invece parla complessivamente dell’esperienza del consumatore con il brand, comprendendo il prodotto offerto e il rapporto con chi lo fornisce;IlPayoff infine è un’altra frase ad effetto, ma non parla del prodotto direttamente, esprime la natura del brand, la sua vision e, più in generale, l’essenza dell’azienda.Sonodifferenze che possono essere percepite come leggere, ma in realtà sono sostanziali e molto importanti per realizzare un brand unico e differenziante in un mercato sempre saturo di prodotti simili e complementari.

1911

BERNBACHWILLIAM

La sua era una famiglia agiata, ma modesta che viveva una vita di continue regole date dal padre severo, come lo ricordava Bernbach. Proprio grazie a questa vita ferrea, senza lussi eccessivi, durante la “Grande Depressione” i coniugi Bernbach poterono far continuare i studi a William che, all’epoca, ancora non aveva la vocazione per la pubblicità. Una volta divenuto adulto, scattó in lui una forte passione per la pubblicità, a cui si dedicò con grinta e costanza, ma nel frattempo continuava a lavorare come fattorino. Quando notarono il suo estro creativo, i superiori lo spostarono all’interno dell’ufficio marketing. Mai scelta fu più azzeccata in quanto proprio lui fu tra i promotori della “Rivoluzione Creativa” che si ebbe negli anni ‘50 e che lo rese famoso in tutto il mondo.

Si occupò anche dell’autonoleggio “Avis” e dell’intramontabile maggiolino Volkswagen.

Lui era un vero creativo a 360 gradi. Non teorizzava e non lasciava testi scritti. Era puro, geniale, istintivo.

illiam Bernbach, anche conosciuto come “Bill”, era un creativo pubblicitario statunitense di religione ebraica che nacque nel Bronx nel lontano 1911.

Una delle sue campagne più famose è stata proprio quella del panificio ebraico “Levy’s”. Famoso il pay-off utilizzato: «non devi essere ebreo per amare Levy’s, il vero pane di segale ebraico».

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Fu proprio lui l’inventore della “coppia creativa”: Bernbach capì per primo il potenziale della fusione tra parole

L’ironia e il negative approach sono i suoi tratti distintivi. L’approccio negativo aveva il compito di prevenire eventuali obiezioni dei consumatori, anticipando ed enfatizzando i punti di debolezza del prodotto. Una scelta che nessun creativo aveva mai fatto prima.

Tutte queste innovazioni portate in campo pubblicitario e ancora usate oggi lo hanno portato a diventare uno dei personaggi più influenti del XX secolo.

e immagini e così scelse di accoppiare copywriter e grafico per creare campagne pubblicitarie colme di persuasione.

Il volto “umano” della pubblicità

Con la campagna “Think Small” di VolkWagen Bill ruppe ogni schema ed esitazione; egli insegnò al mondo pubblicitario l’importanza di non circuire il cliente con messaggi pieni e colorati, di non stordirlo con mezzucci da bordello privi di significato, quanto piuttosto di proporre il prodotto per le sue caratteristiche: per una vettura dalle

dimensioni contenute, com’era considerato il Maggiolino, era necessario parlare chiaro con il pubblico di riferimento: Think Small divenne presto uno status, uno “j’accuse” al mondo consumistico

Ovviamenteamericano.inquesta

ADV tutto pensa in piccolo, anche il visual.

Per la prima volta nella storia della pubblicità il focus di cui discutere non è più il prodotto, ma un cambio necessario di approccio al consumo: Maggiolino non è più un oggetto, quanto piuttosto una risposta alle “necessità umane” nella verità di quello che Bernbach chiama “L’ uomo che non cambia” con le sue debolezze e le sue increspature, ataviche e primordiali.

“We try harder”(1963): “noi ce la mettiamo tutta, proprio perché non siamo dei numeri uno, perché veniamo dal basso”. Si tratta dell’autonoleggio Avis, che ancora oggi usa questoSovvertirecopy.

le convenzioni legate all’advertising, sovvertire gli status symbol di un’America in crescita, per dare reale valore a un messaggio che non deve partire per forza da basi opulente e ultra-positive: perché il vantaggio si vede ancora meglio se non è evidenziato in maniera prepotente. Basta essere creativi e scappare dalle forzature.

THINK SMALL: in pubblicità le dimensioni non contano Tutto ebbe inizio con una piccola, grande provocazione. In un epoca dove il consumismo dilagava e l’ambizione era di fare le cose sempre più in dimensioni “macro”, la DDB Group capitanata da Bernbach propone una campagna pubblicitaria che va controcorrente con un annuncio destinato a fare la storia della cultura americana.

Possiamo dire con certezza che Bernbach aveva già inteso, ben prima del marketing moderno, che il focus primario della vendita non è il prodotto, quanto piuttosto l’individuo e i suoi bisogni. In questa ADV per Chivas una bottiglia “svuotata” ci parla di amicizia, evocando una serata di condivisione.

Per lui il pubblico non va convinto della bontà di un prodotto, ma va conquistato.

A contrario delle “reclame” che andavano in voga a quel tempo, l’annuncio proposto dalla DDB e i suoi Mad Man era in bianco e nero a dispetto delle illustrazioni ad aerografo che la facevano da padrone ai tempi. Inoltre mostrava il veicolo in alto a sinistra, piccolo, con un grande vuoto nel resto della pagina. Il titolo, secco, recitava “Think small”, letteralmente “pensa in piccolo”, un vero azzardo per quella che era una società spinta a produrre e accumulare sempre di più.

Nel primo annuncio si vedeva semplicemente l’auto della Volkswagen in primo piano e un titolo di una sola parola: Lemon, ossia “scarto”. Nel testo del così detto “bodycopy” veniva spiegato che la macchina in questione, all’apparenza perfetta, aveva in realtà una piccola imperfezione. Ciò l’aveva estromessa dall’essere messa sul mercato. Un pensiero laterale molto sottile che metteva in evidenza la serietà del brand.

UNA PICCOLA GRANDE SAGA.

Ma era ancora solo l’inizio: la strada che stava spianando il binomio DDB-VW era ancora lunga e piena di incredibili tappe.L’elenco sarebbe infinito e impossibile da riproporre in un articolo di blog. Ma tra tutti sarebbe un sacrilegio non ricordare tre tra i più geniali annunci sfornati da una mente creativa per poter vendere un’automobile.

Ironia del caso vuole che uno dei più grandi casi di buona comunicazione – se non il più grande – cominci con un titolo che inviti a pensare in piccolo. Però è proprio così!

NESSUN COMPROMESSO.

Da quel momento in poi, niente (in pubblicità) fu più lo stesso. L’invito a optare per un’auto dalle dimensioni contenute – all’epoca il Maggiolino era considerata poco più di un’utilitaria – fu accolto con grande entusiasmo. Il Beetle diventò ben presto il veicolo di punta della casa tedesca, contribuendo a trasformare il marchio in un sinonimo di affidabilità e quella che oggi si definirebbe “smartitudine”.

Se credete che il genio di Bill Bernbach e il coraggio della divisione marketing VW si fosse fermato a questo, vi sbagliate di grosso… Un altro colpo messo a segno dal dream team dell’ADV degli anni ’60 fu un annuncio che anni dopo sarebbe stato “rubato” da un’altra casa automobilistica tedesca, la BMW per la Serie 5, sotto proposta di un’agenzia creativa italiana che negli anni 2000 faceva la parte del leone nel panorama pubblicitario nostrano, la DLV (acronimo di D’Adda, Lorenzini, Vigorelli) poi fusa con la DDBO di New York.Iltitolo dell’annuncio recitava “Nobody is perfect” (nessuno è perfetto), il visual mostrava un uomo accovacciato a guardare “l’imperfezione” del suo Maggiolino: semplicemente uno pneumatico forato.

La fulgida creatività di Bernbach non si fermò alla sola trasformazione di un brand in un sogno, ma si spinse oltre… fino alla Luna per risolvere un grande problema. Se, infatti, il Maggiolino sembrava essere un mezzo privo di difetti, ci si mise la sua estetica un po’ desueta di mezzo. Gli americani consideravano questo veicolo funzionale, ma “brutto”, in antitesi con i canoni di bellezza e vanto che erano in vigore. Fu qui che il padre concettuale del moderno copywriting si mise nei panni di quello che dopo anni sarebbe diventato uno dei più apprezzati personaggi Tarantiniani: mr. Wolf, colui che risolve problemi.

NON È BELLO CIÒ CHE È BELLO, MA È BELLO CIÒ CHE FUNZIONA.

Nacque così uno dei primi annunci che parlava del prodotto senza mostrarlo, sfruttando la figura retorica della metafora per sconvolgere un intero mondo, non solo della

Non vi ricorda nulla? Vi diamo un aiutino: anni (decenni) dopo lo stesso insight fu usato per una pubblicità di un famoso formaggio italiano che in comune col Maggiolino aveva il fatto di essere apprezzato ed esportato in tutto il mondo: sua maestà il Parmigiano Reggiano.

LA PERFEZIONE NON ESISTE. O QUASI.

Due assunti che sembravano vivere nel mitico Maggiolino, capace di far innamorare, con la sua linea, milioni di persone. E di avere inoltre delle grandissime performance nonostante i bassi consumi (stiamo sempre parlando di parametri relativi agli anni ’60). Anche su questo nacque un annuncio che fa ancora brillare gli occhi a chi ci si trova davanti.

LESS IS MORE, ANCHE NEI CONSUMI.

Bill Bernbach fu anche il promotore delle filosofie alla base della pubblicità moderna. Con la prima “the magic is in the product” (la magia è nel prodotto) il creativo affermava il concetto avveniristico per l’epoca di creare un modo attorno al prodotto così da poterlo trasformare da semplice oggetto a desiderio irrinunciabile. L’altro assunto fu l’ormai noto “less is more” (letteralmente “meno è di più”) ossia il manifesto della sintesi, dove meno si era didascalici e descrittivi più un messaggio prendeva forza e diventava dirompente.

comunicazione. “It’s ugly, but it get you there.” (“è brutto, ma vi ha portato fino a lì”) una frase secca di sole sette parole, otto se si considera il verbo dopo l’apostrofo, un titolo da manuale del copywriter, sotto a un immagine che ritraeva l’Apollo 13 appena sbarcato sul suolo lunare. Una pagina pubblicitaria che, tra le altre cose, poneva l’accento su di un punto debole del Beetle ribaltandolo e trasformandolo in un incredibile pregio. Il tutto nel 1969, anno dell’allunaggio quando Armstrong e Aldrin toccarono per primi la superficie del nostro satellite. Oltre a tutto ciò che abbiamo appena elencato, siamo di fronte anche al primo esempio di istant marketing di tutti i tempi.

“PUOI DIRE LA COSA GIUSTA SU UN PRODOTTO E NESSUNO ASCOLTERÀ;TI DEVI DIRLA IN MODO CHE LA GENTE LA SENTA DENTROREALMENTEDISÉ;

PERCHÉ SE NON SE LA BERNBACHWILLIAMNULLA”.“SUCCEDERÀSICURAMENTEDENTRO,VERAMENTESENTEALLORANON

La carta stampata non fu l’unico media che determinò il successo del Maggiolino VW. In quel laboratorio di idee che fu la DDB di New York fu realizzato anche uno degli spot più belli e d’impatto che si potessero pensare per il segmanto dell’automotive. L’insight era semplice e forte e in quanto tale diventò anche il claim di campagna che chiudeva il film. Ovvero: vi siete mai chiesti come l’addetto allo spazzaneve faccia a raggiungere il suo mezzo per poter liberare le strade dalla neve?

CHE NON SI FERMA DAVANTI A

NULLA.

MAGGIOLINO VW: L’AUTO PER TUTTI

Un annuncio pubblicitario creativo è la combinazione di immagini e parole in un in una unica essenza

Bernbach. Stravolge il come fare un annuncio:•Unannuncio è il frutto di una idea creativa•L’ideazione deve essere un nucleo indipendente dalla strategia ed esecuzione

Non potete vendere ad un uomo che non vi ascoltaFarconoscere un prodotto non è la risposta. Farlo desiderare è la risposta.

Bernbach esalta la fase ideativa. La magia sta nell'idea non nella tecnica.

è persuasione e la persuasione non è una scienza ma un'arte. Se vogliamo avanzare, dobbiamo emergere con una personalità distinta. Proviamo al mondo che il buon gusto, la buona arte, la buona scrittura possono creare una buona vendita.

Unire la semplicità di una forte immagine grafica con un buon titolo. Quello che ne escerà saranno campagne pubblicitarie che hanno fatto la storia della pubblicità.

• Il processo creativo è formato da copywrites e art director che lavorano insiemeLapubblicità

Il pensiero è di cercare un'idea che si esprima nell'insieme di immagine e testo. Il copy e l'art non sono separati. Sono parti differenti che giocano ruoli complementari e non simmetrici in un messaggio.

La rivoluzione creativa.

Il nome, dicevano gli antichi è un presagio. D’Annunzio, dell’Annunzio.

1873

«Mio caro Senatore, in questo momento ritorno dal mio campo di Desenzano, con la Sua macchina che mi sembra risolvere la questione del sesso già dibattuta. L’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza».

ato a Pescara nel 1863, Gabriele d'Annunzio è stato uno dei pochi scrittori italiani del Novecento ad avere fama europea, l'ultimo dei nostri grandi poeti capace di imporsi come modello imprescindibile.

D’ANNUNZIOGABRIELE

N

Del resto, non era la prima volta che D’Annunzio influenzava le scelte di marketing. Già nel 1907, avvertendo i

Con queste parole, il 18 febbraio 1920, Gabriele D’Annunzio suggeriva a Giovanni Agnelli di sancire definitivamente la femminilità dell’automobile, quantomeno in virtù delle più evidenti caratteristiche del nuovo mezzo di locomozione; suffragata da pur spicce argomentazioni, la tesi dannunziana ebbe una discreta influenza sulla decisione finale di Agnelli, che abbandonò per sempre l’ipotesi di mettere in commercio «lo automobile».

cambiamenti sociali ed economici in atto, egli aveva compreso l’importanza di un’immagine capace di indirizzare i consumi verso un obiettivo predefinito e si era convinto di poter diventare egli stesso quell’immagine: intuendo la forza espressiva del testimonial, dunque, aveva brevettato l’«Acqua Nunzia», un profumo che era stato sicuro di vendere in forza del proprio nome.

Scrive a tal proposito lo storico Giordano Bruno Guerri: « Mentre i cartelloni pubblicitari di Marcello Dudovich diventavano i nuovi monumenti estetici della vita moderna, il poeta ra ffi nato si faceva protagonista anche della prosperosa civiltà dei consumi, in una società abbagliata dalla disponibilità di oggetti nuovi e alla portata di tutti. Diventerà anche un copywriter, come si direbbe oggi, richiesto e molto ben retribuito, specializzato nell’inventare nomi di prodotti, come i liquori Aurum e Unicum, o quello dei grandi magazzini La Rinascente. Abituati a una concezione anacronistica della figura dell’intellettuale, critici e polemisti di professione ebbero gioco facile a canzonare il poeta divenuto profumiere».

«La Rinascente» (risultato del renaming cui furono sottoposti i magazzini Bocconi a seguito dell’incendio che li

distrusse) fu solo uno dei molti nomi coniati da D’Annunzio per il nuovo mercato e, se sono in pochi ad entrare in questi grandi magazzini sapendo che a lui devono il nome, probabilmente sono ancora meno coloro che, mangiando biscotti «Saiwa» o «tramezzini» (ex-sandwich, da ordinare

“tra” “in mezzo” ai due pasti), dal poeta

gustano nomi

brevettati.AlVate, ha ricordato l’imprenditore in una recente trasferta veronese, «si attribuisce anche il nome dei cioccolatini Fiat prodotti dalla Majani, degli orologi Veglia della Borletti e anche dei Vigili del Fuoco, sostituito al meno elegante pompieri».

o

TRAMEZZINO Il termine “tramezzino” fu inventato da D’Annunzio a Torino, durante una visita al Caffè Mulassano nel 1925, quando assaggiò un particolare tipo di panino farcito con burro e acciughe. “Ci vorrebbe un altro di quei golosi tramezzini…”, avrebbe esclamato: da allora, la pietanza prese questo nome. Il termine, probabilmente in risposta al sandwich inglese, trova origine nel linguaggio architettonico: “tramezzo” significa infatti “elemento posto in mezzo ad altri elementi

I NUOVI VOCABOLI

VIGILI DEL FUOCOIn origine (dal 1800) il nome con cui ci si riferiva ai Vigili del Fuoco era “pompieri“, con calco dal francese sapeur-pompier. Durante il regime fascista, nel 1938, D’Annunzio suggerì di modificare il nome del Corpo

SCUDETTO cucito dietro sua indicazione sulla divisa indossata dagli italiani in una partita di calcio organizzata durante l’occupazione di Fiume (7 febbraio del 1920).

L’AUTOMOBILE (al femminile)

IL PIAVE (al maschile) Il caso di cambio di genere voluto da D’Annunzio per l’automobile non è unico: il Piave, fiume importantissimo per la storia italiana, era originariamente femminile (“la Piave”). In seguito alla vittoria italiana durante la Grande Guerra, D’Annunzio decise di cambiare il genere con cui ci si riferiva al fiume, per celebrarne la potenza e consacrarlo “fiume sacro della Patria”: da allora, si parla di Piave al maschile.

VELIVOLO Gabriele D’Annunzio era anche un provetto aviatore: ideò la parola “velivolo” dal latino velivolus, “che va e par volare con le vele”. La spiegazione della scelta del termine, trovato dal Vate perfetto per definire il nuovo mezzo di trasporto, è fornita da D’Annunzio stesso durante una conferenza sul Dominio dei cieli (1910): “La parola è leggera, fluida, rapida; non imbroglia la lingua e non allega i denti; di facile pronunzia, avendo una certa somiglianza fònica col comune veicolo, può essere adottata dai colti e dagli incolti”.

il Volo su Vienna”. L’ operazione aveva esclusivamente uno scopo politico – dimostrativo , infatti era previsto il lancio di manifesti, per fiaccare il morale dei viennesi. Questo il testo del volantino che doveva essere lanciato sulle teste degli austriaci, scritto in italiano e tedesco:

VIENNESI!

Imparate a conoscere gli italiani. Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà. Noi italiani non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle

SAIWA Come nel precedente esempio, anche in questo caso ci troviamo di fronte a un marchio ormai conosciuto in tutta Italia inventato da Gabriele D’Annunzio. Nel 1922 suggerisce di chiamare SAIWA una piccola società genovese che produceva – appunto – wafer, fondata nel 1900 e che all’epoca conobbe un’improvvisa crescita: quel che forse non tutti sanno è che il nome, in realtà, è l’acronimo di “Società Accomandita Industria Wafer e Affini“.

La Rinascente è oggi un grande magazzino famoso in tutto il mondo, presente nelle principali città italiane. Forse non tutti sanno, però, che “Rinascente” non è il nome dalla fondazione: inizialmente conosciuti come “I grandi magazzini dei fratelli Bocconi”, dal nome dei fondatori (che costruirono la prima sede a Milano nel 1865), dal 1880 mutuarono nome in “Alle città d’Italia”. Fu solo dopo un devastante incendio nel 1917 che D’Annunzio scelse come nome “Rinascente“, a indicare il momento della rinascita dei magazzini, risorti dalle proprie ceneri.

Nazionale nato pochi anni prima in “Vigili del Fuoco“, ispirandosi ai vigiles dell’antica Roma.

LA RINASCENTE

La mattina del 09 agosto del 1918, 8 velivoli dell’87a squadriglia “Serenissima” prendevano il volo verso la capitale imperiale, la squadra era composta da 7 biplani monoposto Ansaldo SVA 5 e da un biplano biposto (l’aereo di D’Annunzio) SVA 5. Sull’obbiettivo arriveranno tutti i velivoli

Noidonne.facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d’odio e d’illusioni.VIENNESI! Voi avete fama di essere intelligenti. Ma perché vi siete messi l’uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo s’è volto contro di voi. Volete continuare la guerra? Continuatela, è il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria decisiva è come il pane dell’Ucraina: si muore aspettandola. POPOLO DI VIENNA, pensa ai tuoi casi. Svegliati! VIVA LA LIBERTÀ!VIVA L’ITALIA!VIVA L’INTESA!

il volo aveva una valenza militare pari a zero, sul piano della propaganda e sul morale l’esito della missione ebbe un grande successo in Italia, nei paesi dell’Intesa e nella stessa capitale nemica dove fu criticato in modo positivo.

Il Raid aereo mise anche a nudo le carenze militari austriache, infatti la capitale aveva “accolto” in modo inerme le squadriglia aerea mancando di qualsiasi reazione contraerea, poteva essere una strage se al posto dei volantini gli italiani avessero sganciato degli ordigni.

che sganciato il loro carico propagandistico ritorneranno alla base di StrategicamenteVenezia.

*•* “DIFENDETE LA D’ANNUNZIOGABRIELEOFFICIO.”VOSTROÈBELLEZZA!QUESTOILUNICO

COPYWRITER & COPYWRITING

Il copywriter è che chi si occupa dei testi. Il suo compito è quello di scrivere contenuti per il pubblico cercando di raggiungere l’obiettivo. In linea di massima il copywriter lavora con l’art director per il visual. Il copywriting è l’attività di scrivere testi nell’ambito del marketing. È strettamente legato con lo storytelling.

Naming sta a indicare tutte le attività volte a individuare il nome per un'azienda, un prodotto, un servizio, un progetto e rappresenta un aspetto così determinante ai fini di un successo nel mercato che sottovalutarlo sarebbe l'errore più grande che si possa fare. E' infatti principalmente dal naming che dipende una serie di risultati quali, ad

NAMING

Prima di vendere, i testi devono creare un legame. Non è mai questione di quantità, ma di qualità. Il copywriting è ciò a cui ci affidiamo per catturare l’attenzione del pubblico,lavora con le parole per influenzare il pubblico in modo da influenzare le vendite.

Il naming NON è frutto di fantasia o intuizioneInfatti, contrariamente a quello che si immagina, il naming non è frutto di fantasia o intuizione, ma il prodotto di un lavoro che si basa su una forte conoscenza dei principi del marketing, una profonda comprensione del mercato e uno studio mirato al segmento di riferimento.

esempio, il posizionamento del prodotto o dell'azienda, le sue modalità di comunicazione verso l'esterno, le sue possibilità di successo e sovente la sua stessa sopravvivenza sul mercato. Individuato il nome, occorrerà poi definire le relative declinazioni in una veste grafica adeguata, costituita dal marchio e da un logotipo riconoscibile, capaci di sintetizzare l'identità aziendale, veicolarne valori e mission

PERSONAL BRANDING

Al contrario di quel che si può essere spinti a pensare, non si tratta però di una strategia nata negli ultimi anni con l’avvento del digitale. D’Annunzio, con il suo culto dell’immagine personale era un vero maestro del personal branding.

Come rivela lo stesso termine, il personal branding si riferisce all’insieme di strategie volte alla promozione della propria immagine personale. Si tratta sostanzialmente di una forma di marketing applicato alla persona, la quale si trasforma in un vero e proprio brand, con il fine ultimo di promuoversi agli altri e alle aziende.

asce a Fondo (TN) il 30 marzo 1892. Trasferitosi con la famiglia a Rovereto pochi anni dopo la sua nascita, si iscrive alla Scuola Reale Elisabettina, un istituto a indirizzo tecnico e di arte applicata, frequentato negli stessi anni da personalità come Luciano Baldessari, Carlo Belli, Fausto Melotti, Lionello Fiumi e Tullio Garbari. Respinto all’esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti di Vienna, inizia a lavorare come tirocinante presso lo scultore Scanagatta. Dopo le prime esperienze espositive in ambito roveretano, nel dicembre del 1913 si trasferisce a Roma con Rosetta Amadori sua futura e fedele compagna di vita. A Roma conosce Balla, Cangiullo, Marinetti e visita una mostra di sculture di Boccioni alla Galleria Sprovieri, che lo colpisce profondamente. Nel 1914 realizza una serie di disegni ispirati alla simultaneità e al dinamismo boccioniani ed espone all’Esposizione Libera Futurista Internazionale presso la Galleria Sprovieri. Nel 1915 viene accolto in seno al movimento. Nel marzo del 1915 firma con Giacomo Balla il manifesto intitolato Ricostruzione Futurista dell’Universo che apre una nuova stagione del Futurismo, esprimendo l’esigenza di un’arte totale, estesa a tutti gli ambiti dell’esistenza, dalla musica alla cucina, dalla moda al teatro, dal design alla pubblicità. Crea assemblaggi di materiali diversi, che producono effetti sonori, visivi e tattili, cui dà il nome di “complessi plastici motorumoristi”.

1892

N

DEPEROFORTUNATO

Igor Strawinskij. In quel periodo Depero incontra il ballerino Massine, il poeta Cocteau e molti altri artisti, fra cui Picasso, Larionov, la Gontcharova.

“Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile. Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo, poi li combineremo insieme, secondo i capricci della nostra ispirazione, per formare dei complessi plastici che metteremo in moto.”

Nel 1916 riceve nel suo studio romano l’impresario dei Balletti Russi Sergeij Diaghilev, il quale gli commissiona la scenografia e i costumi per il balletto Le chant du rossignol di

Il 1919 vede l’artista impegnato in una fitta serie di mostre realizzate sul territorio nazionale; nel giugno rientra a Rovereto e con la moglie Rosetta apre la “Casa d’Arte Futurista Depero”, dove vengono prodotti tarsie in panno, collages e oggetti d’arte applicata. Realizza, in quegli anni, decorazioni e arredamenti d’interni, come quella per il Cabaret del Diavolo a Roma.

Nel 1923 viene invitato alla “I Mostra Internazionale d’Arte Decorativa” di Monza, dove ottiene una grande sala personale.

Nel 1917 conosce Gilbert Clavel, poeta svizzero, e con lui soggiorna a Capri, dove realizza le illustrazioni per il libro Un istituto per suicidi; in questo periodo prepara anche spettacoli teatrali ed elabora le prime idee del Teatro Plastico. Nel 1918 realizza in collaborazione con Clavel lo spettacolo dei Balli Plastici, sostituendo gli attori con marionette di legno colorato. Lo show è costituito da cinque atti sulle musiche di Casella, Malipiero, Bartok, Tyrwhitt, presentati a Roma al Teatro dei Piccoli.

dove è presente insieme a Balla e Prampolini, riscuote un notevole successo, tanto che nel dicembre dello stesso anno tiene una personale al Theâtre des Champs Elysées, decidendo di rimanere a Parigi fino alla primavera del 1926. Nel 1927 pubblica Depero-Dinamo Azari, più conosciuto come il “libro imbullonato”, primo esempio di libro-oggetto

Nel 1924 realizza il balletto meccanico Anihccam del 3000, con musiche di Franco Casavola, che viene messo in scena a Milano dalla Compagnia del Nuovo Teatro Futurista di Marinetti. Con il 1925 iniziano le esperienze regolari di Depero in fatto di esposizioni all’estero. Alla “Exposition Internazionale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes”,

futurista, che mette in risalto la sua vena innovativa nel campo della grafica e della pubblicità.

Nel settembre 1928 parte per New York, deciso a sperimentare di persona la vita nella grande metropoli nordamericana. Già a dicembre tiene una personale alla Guarino Gallery, dove espone dipinti e arazzi, seguita da molte altre nel 1929 e nel 1930. Realizza, poi, gli ambienti del Ristorante Zucca (tutto l’arredo e i dipinti murali) e della sala

da pranzo del Ristorante Enrico and Paglieri (ambedue distrutti neanche un anno dopo per far posto al Rockefeller Centre), studia soluzioni sceniche e costumi per il Roxy Theatre, per il balletto “American Sketches”, oltre che per coreografie di sua ideazione come “Cifre e Motolampade”. Lavora, inoltre, nel settore pubblicitario e dell’illustrazione, realizzando le copertine di alcuni numeri di “Vogue”, “Vanity Fair”, “Sparks”, “The New Yorker”, “New Auto Atlas”, “Atlantica”.

Nel 1948 si trasferisce nuovamente a New York, dove tiene due mostre personali e pubblica So I think so I paint. Cerca anche di promuovere, senza fortuna, il buxus. Ritornato in Italia, si dedica alla pittura e alla realizzazione di commissioni

Nel 1934 vengono pubblicate le sue Liriche radiofoniche, espressamente create per la lettura via radio. Negli anni seguenti partecipa a numerose mostre nazionali ed internazionali, mentre nel 1938 realizza un volume con 96 tavole a colori dedicate ai Dopolavoro delle Province italiane. Nel 1940 esce l’importante autobiografia intitolata Fortunato Depero nelle opere e nella vita, edita a cura della Legione Trentina e contenente scritti, disegni, recensioni, riproduzioni delle sue opere.

Nell’ottobre del 1930 rientra in Italia. Nel 1931 espone con il gruppo futurista alla “I Quadriennale Nazionale d’Arte” di Roma e pubblica il libro Numero Unico Futurista Campari. Nel 1932 fonda e dirige la rivista “Dinamo Futurista”, che uscirà fino al numero cinque, e partecipa con il gruppo futurista prima alla XVIII Biennale di Venezia, dove ha a disposizione una sala personale, e poi alla V Triennale di Milano.

Roma. Nel 1957, in collaborazione con il Comune di Rovereto, allestisce la Galleria Permanente e Museo Depero, istituzione che oggi conta più di 3000 fra dipinti e disegni, circa 7500 manoscritti e una nutrita biblioteca sul Futurismo. Fortunato Depero muore a Rovereto il 29 novembre 1960.

pubbliche, come la decorazione della Sala del Consiglio Provinciale di Trento, che lo impegna dal 1953 al 1956. Nel 1950 lancia il Manifesto della Pittura e Plastica Nucleare. Successivamente, è presente a una serie di esposizioni importanti: nel 1951 alla IX Triennale di Milano, nel 1952 alla XXVI Biennale veneziana e nel 1955 alla VII Quadriennale di

Depero vive una concezione totale dell’arte in prima persona nella sua eclettica carriera artistica: rifiutato all’Accademia di Vienna, va a Torino come decoratore per l’Esposizione Universale, poi torna nella natia Rovereto per disegnare lapidi da un marmista. Poi fu scultore, poeta, pubblicitario, editore, pittore, in un mix di abilità e declinazioni che in qualche modo anticipava i designer di oggi. Non è un caso se il secondo Futurismo si moltiplicò in forme di espressività che entrarono a diretto contatto con la vita quotidiana delle persone: dalla comecopertinebottigliettemanifestiDeperoallaall’arredamento,pubblicitàdallanumismaticamodaecosìvia.imbastiscearazzi,ideapubblicitari,disegnaledelCampari,firmaledirivisteinternazionaliVanityFaireVogue,istituisce la Casa d’Arte Futurista a Rovereto (oggi sede del MART). Fu anche in qualche modo stilista e i “panciotti” che realizzò fra il 1923 e 1924 attirarono l’attenzione per i colori sgargianti e i disegni fantasiosi (foto d’epoca ritraggono lui e Marinetti che posano baldanzosi indossando quei gilet).

“Quando vivrò di quello che ho pensato ieri, comincerò ad avere paura di chi mi copia”

Fortunato Depero è artista di grande creatività, senso estetico audace e spirito giocoso, teso a far “ridere apertissimamente”, capace di trasformare ogni cosa, perfino un libro, in un oggetto ludico. Sperimenta nuove tecniche e nuovi stili, in rapporto al progressivo e veloce rinnovamento della tecnologia del tempo; mira all’astrazione, alla resa del movimento come espressione del Dinamismo universale, parla di plasticorumorismo, di macchinismo, di pittura nucleare.

NECESSITÀINDISPENSABILEMAMEGALOMANIA,ESPRESSIONEESAGERATAINUTILENON“L’AUTO-RÈCLAMEÈVANA,ODIBENSÌPER

FAR FORTUNATOCREAZIONI”.PROPRIEPUBBLICORAPIDAMENTECONOSCEREALLEIDEEE

CARTOLINE DELLE PROVINCE

Nel 1938, Fortunato Depero fu incaricato di disegnare le illustrazioni degli stemmi comunali delle province italiane in occasione del Terzo Congresso Mondiale "Lavoro e Gioia", a Roma.

Per celebrare l'evento, il direttore generale dell'Opera nazionale del Dopolavoro affidò a Depero la realizzazione di 96 illustrazioni a colori per rappresentare i circoli ricreativi aperti dalle aziende di diverse province italiane. Le composizioni di Depero evidenziano, con silhouette marcate, le peculiarità di ogni località. All'inizio furono pubblicate in un enorme libro di oltre mille paqine, ricco di reportage e documenti vari.Ma

Depero fece in modo che De Agostini, che aveva pubblicato il volume, gli desse quasi subito gli originali delle sue illustrazioni, e pubblico un nuovo libro interamente incentrato sulle sue opere, rilegato in tela di iuta con il lungo titolo stampato nella sua grafia. La nuova edizione, stampata dalla tipoarafia Manfrini, fu limitata a duecento copie ed è ormai un reperto molto raro.

Nato a Torino nel 1917, frequenta la Scuola Tipografica Vigliardi Paravia dove, grazie al pittore Ezio D'Errico, si appassiona all'arte contemporanea. Nel 1937 vince il suo primo concorso per la realizzazione di un manifesto, un disegno geometrico ideato per la casa di colori tipografici ICI.

P

1917-1992

ubblicitario, disegnatore, animatore e pittore italiano.

TESTAARMANDO

Lines. Tra gli anni '50 e '60 nascono gli slogan e le animazioni che tutti ricordiamo ancora oggi e che hanno fatto la storia della pubblicità. Citiamo tra gli altri: i pupazzi Caballero e

Nel 1956 nasce lo Studio Testa dedicato alla pubblicità grafica e televisiva. Lavora con aziende leader di settore come, per esempio, Lavazza, Sasso, Carpano, Simmenthal,

Dopo la guerra lavora come illustratore per l'editoria e collabora con importanti case come Martini & Rossi, Carpano, Borsalino e Pirelli.

Negli anni '80 realizza manifesti per eventi e istituzioni culturali e sociali, come Amnesty International, Croce Rossa, il Festival dei Due Mondi di Spoleto al Teatro Regio di Torino.

Carmencita per il caffè Paulista di Lavazza (1965) e Pippo l’ippopotamo azzurro per i pannolini Lines (1966-67).

Dal 1965 al 1971 tiene la cattedra di Disegno e Composizione della Stampa presso il Politecnico di Torino. Nel 1968 riceve la Medaglia d’oro del Ministero della Pubblica Istruzione per il suo contributo all’Arte Visiva, mentre nel 1975 la Federazione Italiana Pubblicità gli tributa la Medaglia d’oro come riconoscimento per i successi conseguiti all’estero.

L’indiscutibile qualità delle immagini pubblicitarie di Testa è senza dubbio legata alla sua formazione e parallela attività di artista.

Tra gli anni '80 e '90 si concentra più liberamente sulla sua attività grafica e pittorica, allestendo mostre a livello internazionale come, per esempio, quella presso il PAC di Milano nel 1984, presso la Mole Antonelliana di Torino nel 1985, presso il Parson School of Design Exhibition Center di New York nel 1987 e presso il Circulo de Bellas Artes di Madrid nel Armando1989.Testa

Realizza anche i marchi per enti culturali come il Salone del Libro e il Festival Cinema Giovani di Torino, e il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea.

muore a Torino il 20 marzo 1992. Tra le mostre antologiche postume ricordiamo quelle di Palazzo Strozzi a Firenze nel 1993, del Museo di Arte Contemporanea di Rivoli e Castel Sant’Elmo nel 2001 e all’Istituto Italiano di Cultura di Londra nel 2004.

Fai grande il segno, non c’è differenza tra arte e pubblicità

“Quando negli anni Sessanta mi parlavano di marketing pensavo fosse un ballo tradizionale delle Marche”

Fonte per lui di ispirazione furono soprattutto Mondrian e Malevič, dai quali eredità l’amore per l’astrazione geometrica: Caballero e Carmencita sono infatti ricavati da semplici coni di carta; Papalla, il pupazzo ideato per Philco, è sferico; l’immagine per il vermut Punt e Mes è composta da una sfera e da una semisfera scarlatte.

Nelle immagini di Testa, ritroviamo forme, suggestioni e intuizioni dei grandi maestri del Novecento, dai quali l’artistapubblicitario ha tratto, in un dialogo costante, un multiforme campionario di temi formali tradotti, tuttavia, in una personalissima cifra stilistica.

L'Italia che si avvia verso la massiccia industrializzazione ancora non ha dimestichezza col linguaggio pubblicitario. Per allettare i consumatori c'è il Carosello, celeberrimo spazio televisivo in cui i marchi possono mettersi in mostra, a patto di inscenare sketch indipendenti dal messaggio promozionale. Si deve insomma imbastire una storiella lunga 135 secondi, poi se ne hanno altri 25 per vendere il prodotto, ma i due segmenti devono restare disgiunti.

C'è da promuovere una marca di wafer? Armando Testa mette in fila degli uomini serissimi che “fanno il trenino”, nel

Se oggi siamo bersagliati dalla pubblicità e ossessionati dallo storytelling, gli esordi di Armando Testa raccontano uno scenario ben diverso.

Le sue invenzioni grafiche sono una diretta emanazione delle sperimentazioni condotte pochi anni prima dalle Avanguardie storiche, in primis Astrattismo e Dadaismo, ma anche dal surrealismo e dalla Pop Art americana, reinterpretate e rivitalizzate con una formidabile capacità visionaria.

senso che si comportano come i vagoni di un treno su uno sfondo innevato. Che c'entrano i wafer, vi chiederete? Niente, e proprio qui sta il punto. Armando Testa sceglie il nonsense per comunicare a un livello più profondo, il suo sguardo ironico e trasognato tira fuori il lato imprevedibile delle cose e lo mostra allo spettatore senza il bavaglio della logica, ma con il solo tramite dell’emozione. Un'emozione primaria, inconscia, elementare, che ha il sapore del gioco e dell’infanzia.

“SAREI*•* CONTRO LA PUBBLICITÀ BIECA DELLA BIANCO".DELINFORMAZIONE;DELLAMOTIVAZIONE,FALSAFALSA"LAVAPIÙCONTRO

TUTTO QUELLO CHE SFRUTTA LA STUPIDITÀ TESTAARMANDOPUBBLICO.“DEL

più con tono negativo o spreg., parola formata col suffisso -ismo, con riferimento a movimento, tendenza, indirizzo, spec. in campo culturale e artistico, caratterizzati da artificiosità, inconsistenza o labilità.

In contatto diretto con le energie e le sperimentazioni delle avanguardie storiche, le invenzioni di Testa sono caratterizzate da una formidabile capacità visionaria che assume e rielabora suggestioni e stilemi dei grandi maestri del Novecento. A questo universo di riferimenti è dedicato il percorso della mostra che, ispirandosi nel titolo a una dichiarazione di Testa, ne esplora a tutto tondo l’opera. Emergono i numerosi temi formali: dita e mani, forme sferiche, animali e mondi fantastici, declinati in un multiforme campionario di tipologie e tecniche. Scandito da alcune tra le principali interviste storiche all’autore, il progetto espositivo esplora la modernissima costellazione di “ismi” - Futurismo, Astrattismo, Surrealismo - di cui Testa è stato un traduttore d’eccezione.

GLI ISMI DI ARMANDO TESTA

Per*ISMOlo

Toscani ha ereditato dal padre l’amore per la fotografia. A sei anni ricevette la sua prima Rondine, una fotocamera semplice che gli ha permesso di capire come le fotografie sono realizzate con il cervello, con l’occhio interiore piuttosto che un dispositivo. Oliviero Toscani pubblicò la sua prima foto a quattordici anni quando, accompagnando il padre durante un reportage, ebbe modo di immortalare Rachele Mussolini.

Nel 1962 fu ammesso alla Scuola di Arti Applicate di Zurigo (dove si laureò nel 1965), dove capì che la sensibilizzazione sociale era un tema particolarmente importante ed al contempo forte al quale dedicarsi.

O

Dopo aver lavorato diversi anni nel mondo delle pubblicazioni rock e pop (dove ha avuto modo di sperimentare in assoluta libertà la rappresentazione della forma), fu notato da alcune riviste di moda che apprezzarono particolarmente il suo lavoro provocatorio, colorato, scanzonato.

TOSCANIOLIVIERO 1942

liviero Toscani è probabilmente il fotografo italiano contemporaneo più noto nel mondo. Nato nel 1942 a Milano dal primo foto-giornalista italiano (in forza presso Il corriere della Sera), è anche considerato uno dei fotografi pubblicitari più provocatori del XX Olivierosecolo.

Nel 1965 cominciò a lavorare per riviste quali Donna, Vogue, Elle Moda e Paris.

Nel 1968, mentre l’Italia (come il resto del mondo) la rivoluzione sociale faceva da padrona, Oliviero Toscani cominciò muovere i suoi primi passi realmente importanti nel mondo della fotografia. Il fotografo divenne in pochissimo tempo sinonimo di ritratti originali delle tendenze sociali contemporanee e dei movimenti.

In questo periodo ne negli anni successivi è stato un crescendo di collaborazioni, progetti e campagne pubblicitarie. Oliviero Toscani ha infatti firmato campagne per Esprit, Chanel, Robe di Kappa, Fiorucci, Valentino, Prenatal, Jesus, Inter, Snai, Toyota, Ministero del Lavoro, Ministero della Salute, Artemide, Woolworth e tanti altri. Senza dimenticare inoltre le collaborazioni con il Ministero dell’Ambiente e della Salute, con la Regione Calabria, con la Fondazione Umberto Veronesi, e le innumerevoli campagne d’impegno sociale dedicate alla sicurezza stradale,

all’anoressia, alla violenza contro le donne e contro il randagismo.Ladataprobabilmente

più importante nella carriera di Oliviero Toscani fu il 1983 quando fu chiamato dalla famiglia Benetton per la creazione dell’immagine dell’omonima azienda. Per oltre 17 anni (fino al 2000) ha praticamente contribuito in maniera fondamentale a trasformare la ditta italiana in uno dei nomi e dei marchi più famosi al mondo, con le sue pubblicità, spesso inquietanti e controversi, esposte in ogni angolo del globo.

«Conoscevo da anni il patron di Robe di Kappa, Maurizio Vitali. Alla fine degli Anni 60 insistevo con lui “fai i jeans”, perché quelli erano l’immortale simbolo dei tempi. Lui disse che non poteva perché l’azienda non era sotto il suo controllo e i manager non volevano. Anni dopo mi venne a trovare a New York e mi disse che si era deciso a produrre i jeans, che ci saremmo dovuti inventare qualcosa. Io abitavo tra la cinquantasettesima e la settima, decidemmo di andare a cenare a Broadway e camminavamo continuando a chiederci come li avremmo chiamati e, a un certo punto, ecco

davanti a noi il manifesto di Jesus Christ Superstar. Dissi a Maurizio “li chiamiamo così”. Mi chiese se ero matto, ma dopo qualche secondo capì. Il resto è stato naturale. Devo dire che ricevemmo attacchi pesanti. L’unico a difendermi fu Pier Paolo Pasolini, dalla prima pagina del Corriere della Sera».

Alla fine degli anni novanta, in parallelo alla sua attività pubblicitaria, Oliviero Toscani ideò e diresse Colors (rivista di proprietà della famiglia Benetton, rivista che fondò insieme a Tibor Kalman), il primo giornale globale al mondo.

La particolarità delle immagini era tale da creare, nel pubblico, una specie di attesa per vedere cosa Toscani fosse stato capace di presentare, al pari dell’attesa che può generare il sequel di un libro o di un film.

A partire dagli inizi degli , le immagini pubblicità firmate da Toscani cambiarono genere, divenendo ancora più controverse e discusse. Nelle campagne pubblicitarie fecero la comparsa temi fino al momento tabù per il mondo patinato della pubblicità, come l’antirazzismo o l’anti-stereotipi: scelta che ha suscitato non poche reazioni e dibattiti sia a livello politico che morale ma che alla fine hanno permesso a lui come al brand di riferimento fama e notorietà.

persone ospitate nel braccio della morte. Una campagna, come detto, molto controversa ma che al contempo ebbe un successo planetario. Questa campagna segnò comunque

Nel 1993 fu la volta di un’altra sua invenzione, Fabrica (sempre sotto la supervisione della famiglia Benetton), un vero e proprio centro di ricerca per la creatività nella comunicazione moderna.

non solo il successo di Oliviero Toscani ma anche la fine della sua collaborazione con la famiglia Benetton. A partire dal 2000, Toscani si dedicò quindi ad altri progetti, senza mai comunque variare il suo stile, sempre dissacrante, anticonformista e soprattutto fortemente di sfida. Ricordiamo ad esempio la campagna pubblicitaria “Non Uccidere” (2004) per la Polizia di Stato, nonché la campagna di promozione turistica (2003) per la Regione Calabria.

Un’altra campagna di fortissimo impatto fu firmata dal Oliviero Toscani nel 2007: la campagna choc contro l’anoressia nervosa. Il soggetto di Toscani fu la modella Isabelle Caro, fortemente colpita dalla malattia (di cui ne morì praticamente 3 anni dopo), il cui corpo nudo (devastato dalla malattia) fu pubblicato su delle gigantografie installate in giro per le città.

“L'UNICA CHE MI SENTO ESCLUDEREDI È LA FOTO DI ME

Talenti creativi under 25 da tutto il mondo sperimentano la comunicazione Fondatacontemporaneanel1994 da una visione di Luciano Benetton e Oliviero Toscani, ha sede a Treviso in uno spazio di architettura magica restaurato e ampliato da Tadao Ando.

attraverso una costante contaminazione tra diverse discipline, quali fotografia, video, grafica, design, musica e digital.

TOSCANI FABRICA

Di ispirazione rinascimentale e con un approccio che si basa sull’imparare facendo, Fabrica accoglie giovani creativi under 25 provenienti da tutto il mondo che sperimentano la comunicazione contemporanea

Fabrica organizza inoltre un ricco programma culturale dove il mondo dell’arte, della cultura e della ricerca si confrontano elaborando nuove idee. Collaborano con Fabrica architetti, musicisti, storici dell’arte, designer, artisti, interaction designer, art director, filosofi e sociologi di fama mondiale.

Advertising media: i mezzi di comunicazione classici della pubblicità (stampa, televisione, radio, affissioni, cinema).

Advertiser: persona o impresa che investe in pubblicità.

Address list: elenco di indirizzi utilizzato per le attività di direct marketing.

Advertising manager: il manager che in azienda gestisce la pubblicità e tiene i rapporti con l’agenzia.

Advertisement: annuncio pubblicitario.

Acquisizione: acquisto di un’altra società o di una licenza di fabbricazione al fine di espandere la capacità produttiva di un’impresa.

Account director: la fi gura che in un’agenzia ha la responsabilità del servizio clienti.

Analisi del consumatore: studia le caratteristiche del consumatore secondo diversi parametri sociodemografici (sesso, area di residenza, professione, reddito) e psicologici.

Affissione: mezzo pubblicitario esterno, come manifesti, poster e cartelli in spazi esterni a loro riservati. Agenzia di pubblicità: agenzia che provvede a pubblicizzare prodotti o servizi per conto dei clienti. Fornisce i seguenti servizi: ideazione, progettazione e realizzazione dei messaggi; pianificazione dei mezzi; prenotazione di spazi e successivo controllo; attività di consulenza e altri servizi legati alla comunicazione e all’immagine del cliente e dei suoi prodotti. La retribuzione può avvenire in due forme: prezzo fisso prestabilito per i lavori che non prevedono l’uso di mezzi di comunicazione di massa (per esempio cataloghi e depliant), e a commissione.

Account conflict: conflitto di interessi che si crea quando un’agenzia gestisce i budget di due aziende concorrenti.

Account executive: funzionario di un’agenzia di pubblicità che ha il compito di curare i rapporti con il cliente, di interpretarne le esigenze e di trasmetterle correttamente all’interno dell’agenzia affinché, il reparto creativo produca messaggi conformi agli obiettivi di comunicazione voluti.

Acquisto d’impulso: acquisto non programmato da parte del consumatore effettuato in seguito alla percezione di uno stimolo.

Brand positioning: posizione e ruolo di una marca in relazione ai bisogni che intende soddisfare .

Brand strategy: tutto ciò che concerne gli aspetti della marca, e dalla distribuzione al packaging e che costituisce la

Audience: gruppo di persone raggiunte da un mezzo pubblicitario in un determinato periodo di tempo.

Art director: chi nel settore creativo di un’agenzia studia la creazione della parte visiva di un annuncio.

Bozzetto: schizzo di un annuncio pubblicitario, sul quale compaiono, oltre le figure, gli ingombri del testo e, in genere, l’headline. Viene chiamato anche “rough”.

Blind test: test in cui diversi prodotti vengono presentati in forma anonima, cioè senza marca, ad un gruppo di potenziali consumatori che sono chiamati a esprimere le loro preferenze. Serve a valutare la capacità del consumatore di distinguere le caratteristiche proprie del prodotto senza essere influenzato dalla notorietà della marca.

Below the line: forme di comunicazione diverse della pubblicità. Le principali sono: direct marketing, promozioni, sponsorizzazioni e pubbliche relazioni.

Benefit: vantaggio, beneficio. E’ usato sia per identificare i vantaggi da proporre al consumatore, sia per indicare i vantaggi ottenuti od ottenibili dall’impresa mediante un’azione di marketing.

Brain storming: metodo decisionale consistente in sessioni intensive di dibattito volte a stimolare proposte e a identificare la soluzione migliore. Le regole generali di una seduta di brain storming sono: esclusione di ogni giudizio critico; accettazione di ogni forma di proposta; produzione di un gran numero di idee; sintesi delle idee espresse.

Brand: marca.

Body copy: la parte scritta di un annuncio pubblicitario in cui sono descritte le caratteristiche dell’azienda e/o del prodotto presentato.

Brand image: immagine di marca.

Brand awamness: capacità dei consumatori di riconoscere un marchio e di associarlo correttamente a un prodotto, a una linea di prodotti o a un’impresa.

Brief: documento che riassume gli obiettivi di una campagna pubblicitaria o di una ricerca di marketing, le caratteristiche del mercato potenziale ed eventualmente altre informazioni ritenute necessarie per de fi nire in termini più precisi un’iniziativa.

Business to business: attività aziendale (in genere di comunicazione) rivolta a un’altra impresa e non al consumatore finale.

Brochure: breve opuscolo pubblicitario, caratterizzato spesso da una rilegatura di prestigio .

Claim: promessa principale fatta al consumatore in campagna di comunicazione . Comunicazione aziendale: nel marketing è l’insieme di tutti gli strumenti con cui l’azienda si presenta nel mercato; per esempio pubblicità, promozione, pubbliche relazioni, packaging, sponsorizzazioni e direct marketing.

base del piano di marketing .

Ciclo di vita del prodotto: descrive, basandosi sull’andamento delle vendite nel tempo, il passaggio di un prodotto attraverso quattro stadi successivi: introduzione, sviluppo, maturità, declino che corrispondono ad altrettante tipiche situazioni della domanda.

Breve periodo: concetto, che indica un lasso di tempo indefinito ma comunque vicino al momento attuale. In economia corrisponde al tempo che trascorre prima che le imprese possano modificare la proprietà capacità, produttiva.

Budget: bilancio di previsione; stima delle entrate e delle spese relative ad un periodo di esercizio o ad un esercizio intero. In esso sono indicati anche gli obiettivi da raggiungere. Nella comunicazione, oggi, con questo termine si intende semplicemente l’ammontare della spesa di una campagna pubblicitaria.

Case history: spiegazione di un fatto, azione, fenomeno attraverso un esempio concreto; molto utilizzato nei corsi di formazione, soprattutto in quelli di marketing, per completare, anche attraverso un dibattito tra i partecipanti, l’acquisizione di concetti teorici.

Copy: parte di testo di un messaggio pubblicitario.

Display: contenitore, spesso recante un testo pubblicitario, usato per l’esposizione della merce nelle vetrine o all’interno dei negozi al dettaglio.

Headline: In un annuncio pubblicitario è la parte del testo che apre il messaggio e che viene messa in risalto, usando tra l’altro caratteri di stampa più grandi (e di solito in maiuscolo) per attirare l’attenzione. Solitamente sintetizza il tema della

Follow up: seguito di una campagna pubblicitaria che mette in evidenza nuovi aspetti della comunicazione rafforzandola. Può essere usato per qualsiasi azione di marketing che ne rafforza una precedente.

Direct mail: invio di materiale informativo, promozionale e pubblicitario o di una proposta di vendita fatta dall’azienda, per posta al recapito del cliente potenziale. Da non confondere con il direct marketing, di cui il direct mail rappresenta solo una delle diverse leve.

Franchising: formula distributiva in cui il titolare di un marchio, ne concede lo sfruttamento a un dettagliante all’intemo di un contratto. In particolare l’azienda cede, in cambio del pagamento di un compenso (di norma definito come percentuale sul fatturato), il proprio marchio, i prodotti e più in generale il proprio know how commerciale.

Copywriter: chi nell’agenzia ha il compito di ideare i testi pubblicitari. Svolge la sua attività creativa in stretto collegamento con l’art director.

Direct marketing: tecnica di marketing con la quale l’impresa si propone di ottenere una risposta diretta da parte del cliente finale sia questa un ordine d’acquisto, una richiesta di informazioni, una domanda di campione di prova o di altro materiale promozionale. Non coincide necessariamente con la cosiddetta vendita diretta, cioè la vendita che esclude ogni intermediario nella distribuzione. L’azione di marketing diretto potrebbe, ad esempio, avere lo scopo di indirizzare il cliente ad un negozio indicato o di ottenere informazioni. La caratteristica saliente del direct marketing è perciò quella di indurre il consumatore a compiere l’azione propostagli (e ottenerne la prova) e non si identifica come invece molti ritengono con l’utilizzo della posta.

Mailing list: elenco di nominativi di persone fisiche o società cui recapitare per posta materiale promozionale o una proposta di vendita.

Marca: nome, disegno, segno grafico che identifica un prodotto o una linea di prodotti o un’impresa. Per il marketing la marca è un mezzo di differenziazione del prodotto avente lo scopo di simboleggiare in modo sintetico e continuativo l’immagine del prodotto presso il consumatore e i clienti. La marca costituisce il presupposto per una politica di differenziazione per le sue capacità di evocare univocamente

Layout pubblicitario: disposizione appropriata degli elementi che compongono un annuncio pubblicitario: figure, headline, body copy. Consente di visualizzare il messaggio prima di passare all’esecutivo. Indica anche la disposizione degli scaffali in un punto vendita.

Immagine: sintesi delle opinioni che il pubblico ha di un’impresa e lo dei suoi prodotti. Deriva da un processo di sedimentazione delle relazioni fra pubblico e impresa. Molti sono i fattori che intervengono nell’affermare l’immagine: la qualità dei prodotti/servizi, la pubblicità, la tipologia distributiva, il giudizio espresso dagli opinion leader, l’informazione dei mass-media e altri ancora. L’immagine ha significativi effetti sul comportamento del consumatore ed è caratterizzata da una certa inerzia al cambiamento per cui, se un’impresa riesce ad ottenere una buona immagine, ha acquisito un patrimonio di credibilità duraturo nel tempo. Con il termine corporate image ci si riferisce all’impresa o al gruppo industriale, con brand image si identifica invece l’immagine della marca.

comunicazione o della campagna. Questo termine viene ora utilizzato al posto di slogan, parola non amata dai pubblicitari.

Mailing shot: singola azione di invii in una campagna di vendite per corrispondenza.

Mailing: Invio per corrispondenza al recapito del cliente potenziale di una proposta di vendita o di materiale promozionale. Gli elementi di un mailing sono: la busta, il depliant illustrativo, la lettera che descrive il prodotto e invita il lettore a fare l’ordine e, infine, la cartolina d’ordine.

Marketing: identificazione dei bisogni e della loro possibile soddisfazione con merci o servizi adeguati. In realtà, gli esperti non sono concordi sulla definizione di marketing: secondo alcuni è tutto ciò che non è amministrazione o produzione. Per altri poi il marketing è genericamente tutto ciò che concorre a portare l’azienda sul mercato. Marketing mix: combinazione dei fattori di marketing dell’impresa. Riguarda tipicamente le decisioni relative al prodotto, al prezzo, alla pubblicità, alla promozione, ai canali di distribuzione e alla rete di vendita. L’ottimizzazione del marketing mix è il miglior uso combinato nella gestione e nella destinazione delle risorse tra i fattori descritti.

Menabò: modello dell’impaginazione di una pubblicazione stampata. In un fascicolo esattamente dello stesso formato e dello stesso numero di pagine del prodotto finito nel quale sono segnate, pagina per pagina, tutte le indicazioni per l’impaginazione con i relativi ingombri dei testi e delle illustrazioni.

Marchio: quella parte della marca che è riconoscibile ma non è pronunciabile, come un simbolo, un disegno, un colore o un tipo di iscrizione caratteristici.

Mercato: aggregato di individui e di altri operatori economici interessati a un prodotto, o servizio o risorsa, e che hanno un reddito adeguato all’acquisto dello stesso. Il concetto di mercato implica che le contrattazioni che vi avvengono si

Media: mezzi di comunicazione pubblicitaria: televisione, radio, stampa, cinema e affissioni. Il reparto media di un’agenzia pubblicitaria si occupa della pianificazione, della prenotazione e del controllo degli spazi per i messaggi nei vari mezzi. Nelle agenzie maggiori si distingue il media planner come responsabile della pianificazione dal media buyer, cioè colui che tiene i contatti con i concessionari di pubblicità ed eventualmente con le case editrici.

le qualità reali del prodotto e i valori psicologici a esso assegnati dal consumatore. Nel caso di marche con notorietà universale e permanente, le cosiddette grandi marche, questa capacità di sintesi diventa un valore autonomo che va al di là del prodotto e dell’impresa.

Merchandise: merce, prodotti.

Packaging: confezione o studio della confezione. Elemento di estrema importanza per la di ff erenziazione e la personalizzazione del prodotto oltre che per la sua distribuzione fisica e la sua esposizione nei punti vendita. Il packaging consente una politica di marca, è indispensabile veicolo per la fornitura di alcuni servizi impliciti al consumatore quali l’informazione sul prodotto e una migliore possibilità di conservazione. Il suo ruolo è andato aumentando con la diffusione del self- service perché, è uno strumento per comunicare stimoli al consumatore proprio sul punto di vendita e quindi la percezione dello stimolo può provocare immediatamente l’acquisto. Confezione: elemento di estrema importanza per la di ff erenziazione e la personalizzazione del prodotto oltre che per la sua distribuzione fisica e la sua esposizione nei punti vendita. Il packaging consente una politica di marca, è indispensabile veicolo per la fornitura di alcuni servizi impliciti al consumatore quali l’informazione sul prodotto e una migliore possibilità di conservazione. Il suo ruolo è andato

Merchandising: complesso di attività che hanno lo scopo di promuovere le vendite una volta che la merce abbia raggiunto il punto di vendita stesso; per esempio confezione, esposizione, sconti, offerte speciali, distribuzione di materiale promozionale. Tale attività può essere svolta dal fornitore, dal venditore o da entrambi.

Newsletter: pubblicazione, in genere di poche pagine, che riporta notizie scritte in modo sintetico. Ha per oggetto settori specifici e viene distribuita normalmente su abbonamento o allegata a giornali.

Merchandiser: persona od organizzazione che predispone l’esposizione e la promozione dei prodotti.

influenzino a vicenda in modo da determinare l’equilibrio tra la domanda e l’offerta. Si definisce mercato al rialzo la situazione in cui i compratori sono pronti ad acquistare quantità maggiori di quelle che i venditori sono in grado di offrire; poiché, ciò dà loro un maggior potere contrattuale, questa situazione viene definita anche mercato dei venditori.

Visual La parte che “si vede” di un annuncio stampa, la sua impostazione grafica. E composto, a seconda dei casi, dalla fotografia o dai disegni utilizzati, dai caratteri e dalla grandezza con cui sono scritte l’head line e la body copy.

Pay-off: frase conclusiva di un annuncio pubblicitario. Spesso è posta dopo la marea per qualificare e rafforzare la comunicazione. Si presta a essere l’elemento di continuità di campagne pubblicitarie diverse.

Visualizer Grafico che cura la trasposizione delle idee in bozzetti.

aumentando con la diffusione del self-service perché uno strumento per comunicare stimoli al consumatore proprio sul punto di vendita e quindi la percezione dello stimolo può provocare immediatamente l’acquisto.

CASO MAI NON VI RIVEDESSI, BUON POMERIGGIO,BUONASERA E BUONANOTTE!

NOVESTORIEDIPUBBLICITARI ALCUNI APPUNTI DI PAOLO GIOSUÈ GENOESE

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