Riflessione 00_Progetto e rappresentazione

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* Enrico Giacopelli /// Compendio al Corso di Composizione Architettonica ////////////////////// FacoltĂ di Architettura /// Politecnico di Torino /////////////////////////////////////////////////////

Progetto e rappresentazione



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Indice

Il progetto e le sue rappresentazioni I.

Premessa

II.

Le fasi del progetto e le loro specifiche rappresentazioni

III.

La fase creativa iniziale: la messa a punto dell’idea

IV.

L’elaborazione preliminare del progetto

V.

L’affinamento definitivo del progetto

VI.

Lo sviluppo esecutivo del progetto

VII.

Riferimenti bibliografici

VIII.

Allegati

IX.

Check-List

Enrico Giacopelli

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g r a f i c a e c o n t ro c a n t o a c u r a d i Andrea Cassi


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I. Premessa “Dove comincia il progetto e dove finisce il disegno? Dove comincia il pensierio e dove comincia il disegno? Dove finisce il progetto e inizia la costruzione?...” Franco Purini Il progetto di architettura è un processo creativo finalizzato a definire la sostanza formale, fisica, economica di oggetti concreti1 e a mettere a punto le procedure che ne consentano la realizzazione. Alla base di ogni progetto c’è un’idea che viene messa a fuoco e sviluppata per approssimazioni successive, attraverso percorsi concettuali non lineari che ammettono anche ripensamenti, ritorni su sentieri battuti e vicoli ciechi da cui si esce solo rimettendo in discussione l’intero processo e adottando nuovi approcci al tema. Il progetto di architettura è, per sua natura, un’attività tecnico-artistica basata sulla potenzialità operativa e sull’efficacia comunicativa di specifici apparati grafici. Non a caso gli esiti di tale attività si identificano sempre con i disegni che li illustrano ancor più che con gli elaborati descrittivi, contrattuali ed economici che li corredano. Il disegno è dunque il principale strumento di simulazione della realtà2 a disposizione dell’architetto per rivelare in modo preventivo la natura e la forma degli oggetti che costituiscono lo scopo della sua ricerca. Attraverso la forma grafica idee e scelte progettuali possono essere formalizzate in modo semplice, economico ed efficace e, per una felice condizione di cui godono pochi campi disciplinari3, le informazioni espresse in tal modo possono essere facilmente decodificate.4 La natura dei disegni di architettura è di tipo “funzionale”, il loro scopo esclusivamente strumentale. Per tale ragione sono strutturati secondo le regole proprie di un linguaggio formalizzato in grado di comunicare in modo non ambiguo le proprietà materiali e funzionali di oggetti potenzialmente destinati ad essere realizzati.5 Fortunatamente per i suoi utilizzatori, quello grafico è un “linguaggio convenzionale non verbale” dotato per sua intrinseca natura6 di una formidabile capacità comunicativa fondata sull’uso di un sistema di segni e di forme espressive con cui possono essere trasmessi concetti il cui significato è comprensibile indipendentemente dall’appartenenza

Leonardo Da Vinci, Studio per la Adorazione dei Magi, 1481 c.a.

“Scienza è detto quel discorso mentale il quale ha origine da’ suoi ultimi principî, de’ quali in natura null’altra cosa si può trovare che sia parte di essa scienza, come nella quantità continua, cioè la scienza di geometria, la quale, cominciando dalla superficie de’ corpi, si trova avere origine nella linea, termine di essa superficie; ed in questo non restiamo satisfatti, perché noi conosciamo la linea aver termine nel punto, ed il punto esser quello del quale null’altra cosa può esser minore.” Leonardo Da Vinci, Trattato della pittura

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“ Il viso di Francesca appare dalla porta. - Sì? - Ci sono due studenti che vengono da Firenze. Vorrebbero parlarle. La guardo, Non so. -Va bene. Falli venire. Due giovani ragazzi carini, molto gentili. Uno ha in mano una mela giallo-verde e dice: - Le ho portato questa mela. Viene dalla fattoria di mio padre, sulle montagne, nelle Dolomiti. Sottsass non è un nome delle Dolomiti?” - Sì, lo è. Grazie. Sei delle Dolomiti? - Sì. E il mio amico è di Bologna. Studiamo all’Università di Firenze. Ma non facciamo niente lì. È un casino. Ci insegnano... non so. Cosa dovrebbero fare i giovani come noi? Tirare bombe molotov oppure stare tranquilli, lavorare, lavorare, lavorare e vendere anima e corpo alla produzione, sposarsi, fare figli ecc.? Ubriacarsi? O cosa? - Cristo: non so. Davvero non so. È un problema vostro. È una vostra responsabilità. Andate in giro. Non restate in quella nobile università. Datevi da fare. Non so... Cercate di capire cosa succede...” Ettore Sottsass, 1977

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culturale del fruitore del messaggio e dal suo grado di addestramento linguistico specifico. Per questa ragione nel caso del linguaggio grafico la condizione fondamentale dell’informazione7 - quella per cui “soggetto emittente” (nel nostro caso: il disegnatore) e “soggetto ricevente” (l’utente del disegno) devono condividere il significato delle “parole” che si scambiano – è facilmente soddisfatta. Ciò non esclude però che l’uso di tale linguaggio possa prescindere dal rispetto di alcune convenzioni, regole grammaticali e sintattiche che devono essere conosciute e rispettate da chi voglia farsi perfettamente comprendere esprimendosi in tal modo. Le regole sintattiche del linguaggio grafico corrispondono alle forme codificate di rappresentazione: piante, prospetti, sezioni, prospettive, assonometrie, ecc; le regole grammaticali agli attributi grafici tipici di ciascuna di queste forme (oggetto di descrizione dettagliata nei paragrafi successivi); le forme retoriche alle convenzioni grafiche che si applicano per attribuire ad ogni tecnica rappresentativa la capacità di esprimere qualità specifiche agli spazi ed ai volumi che si intendono descrivere e che la semplice applicazione delle regole canoniche non consentirebbe.8 In perfetta analogia con il linguaggio orale l’emittente di un messaggio grafico deve dunque esprimersi con appropriatezza di termini evitando formulazioni ambigue9, comunicando i concetti con precisione attraverso espressioni e forme retoriche note al proprio interlocutore e senza “difetti di pronuncia” che confondano l’ascoltatore. E’ fuori di dubbio che questa capacità di esprimersi con proprietà di linguaggio e chiarezza che esprime competenza nell’espressione grafica – nelle forme storicamente consolidate e in quelle che si stanno rapidamente affermando - sia un requisito fondamentale per sviluppare idee interessanti in architettura e per comunicarle in modo appropriato e accattivante. Tale competenza non ha nulla a che fare con quella propria dell’espressione artistica – frutto di una capacità innata sempre diretta a rappresentare in modo espressivo contenuti soggettivi – ma solo con la capacità di governare l’uso di segni convenzionali per comunicare concetti altrimenti inesprimibili. Esattamente come il linguaggio verbale e quello scritto, anche questa capacità linguistica si può dunque apprendere: con l’applicazione e l’esercizio.


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In questa sede – guardando alle finalità del laboratorio - ci soffermeremo su un particolare aspetto della competenza grafica di un architetto: quella che riguarda l’uso appropriato delle diverse forme grafiche in funzione dei vari gradi di affinamento dell’idea iniziale.

II. Le fasi del progetto e le loro specifiche rappresentazioni La scansione e il contenuto delle fasi di elaborazione del progetto di architettura si sono lentamente precisate attraverso la prassi professionale a partire dal Rinascimento assumendo la struttura a noi più nota verso la fine del XVIII secolo.10 L’affermarsi in questo lungo periodo di una cultura tecnica specifica 11 all’interno di un contesto culturale e professionale omogeneo come quello europeo, egemone per secoli a livello mondiale anche sul piano culturale, ha fatto si che le procedure attraverso cui si controllano le fasi di affinamento di un’idea in architettura siano oggi sostanzialmente uniformi in tutto il mondo e praticamente identiche nei paesi della Comunità Europea. In ambito europeo un passo decisivo verso l’omogeneizzazione delle pratiche tecnico-professionali è stato compiuto con la recentemente adozione a livello locale di direttive comunitarie che attribuiscono una struttura formale precisa e cogente a procedure che adattano la prassi consuetudinaria agli obiettivi di un mercato delle costruzioni in evoluzione in cui si affermano nuove figure professionali e nuovi processi produttivi. L’Italia ha compiuto questo passo nel 1994 con la Legge sui Lavori Pubblici n. 19412 (la cosiddetta “Legge Merloni”) con due obiettivi: quello dichiarato di definire una procedura certa e certificabile diretta ad arginare comportamenti illeciti nel campo degli appalti pubblici esitati negli anni ’90 nel cosiddetto “sistema tangentopoli”, e quello sottinteso di favorire il processo di concentrazione produttiva nel settore della progettazione edilizia.13 Il risultato di questo doppia finalità è un apparato normativo complesso che sembra confondere la qualità del processo con quella del prodotto, imbriglia la prassi professionale in formalismi talvolta superflui e pone in sottordine le procedure potenzialmente orientate a sostenere la qualità architettonica degli interventi. Unico merito che gli va riconosciuto,

“(...) The ultimate goal of all visual artistic activity is construction! Architects, painters and sculptors must learn again to know and understand the multi-faceted form of building in its entirety as well as its parts. Only then will they of their own accord fill their works with the architectonic spirit they have lost in the art of the salon. Let us establish a new guild of craftsmen without the presumption of class distinctions building a wall of arrogance between craftsmen and artists. Together let us call for, devise and create the construction of the future, comprising everything in one form: architecture, sculpture and painting.” Walter Gropius, Manifesto, 1919

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quello di assegnare a ciascuna fase del progetto specifici obiettivi, attribuendo un’importanza inedita (per l’Italia) ai documenti grafici, cui viene demandato in modo più stringente che nel passato il compito di farsi garanti – attraverso la propria precisione e completezza – dei patti contrattuali stipulati tra stazione appaltante e appaltatore. Per quanto riguarda le forme della rappresentazione,14 la principale novità introdotta dalla norma consiste in una maggiore articolazione dell’apparato grafico del progetto conseguente alla sostituzione dell’anacronistica ripartizione tra “Progetto sommario” e “Progetto esecutivo”15 con una scansione in quattro fasi (“Studio di fattibilità”16/ “Progetto preliminare” / “Progetto Definitivo” / “Progetto esecutivo”17) più coerenti con l’attuale complessità della progettazione edilizia e delle procedure autorizzative e di verifica ad essa connesse. La scansione, alleggerita di qualche formalismo, si applica ormai anche ai progetti per la committenza privata, sicché il “modus operandi” definito dalla legge pervade l’intero ambito di azione di un architetto. Per questo lo useremo come traccia per un ragionamento sui contenuti del progetto e delle sue rappresentazioni grafiche, osservando da vicino la difficoltà con cui il processo creativo trova spazio all’interno dell’attuale prassi professionale.

III. La fase creativa iniziale: la messa a punto dell’idea

Bruno Munari, illustrazione tratte da Arte come mestiere,1966

Nonostante lo sforzo di razionalizzazione e il dettaglio delle prescrizioni, le procedure previste dalla norma aderiscono solo in modo approssimativo alla natura specifica del progetto architettonico: ad impedirlo è la visione tecnocratica di cui la legge è espressione che riduce il progetto a semplice “servizio di ingegneria”.18 Ignorare l’essenza di atto creativo del progetto pone la norma in contrapposizione frontale con la visione umanistica dell’architettura coltivata dalla cultura disciplinare e promossa dalle scuole di architettura.19 Non stupisce dunque che essa sottovaluti l’importanza il momento di elaborazione iniziale dell’idea progettuale. L’essenza “volatile e indefinita” di tale momento sfugge infatti alla visione puramente operativa della legge20 che non sembra rivolta a garantire un controllo della qualità del processo progettuale fin dal suo germogliare: né attraverso le procedure


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schematiche dello “Studio di Fattibilità”, né con quelle del “Progetto Preliminare” - generiche e fortemente orientate ad una visione burocratica del processo. Pertanto questo cruciale aspetto del problema resta ancora in attesa di una più precisa collocazione normativa. Resta il fatto che averne ignorato deliberatamente l’esistenza, ha sancito ufficialmente la convinzione – già largamente diffusa in una cultura disabituata ad ogni forma di progettualità come quella italiana - che la genesi e l’incubazione di un’idea siano frutto di un processo automatico o, peggio, un fatto burocratico da sbrigare in fretta per far spazio alle fasi “vere e concrete”: quelle dell’ingegnerizzazione e della realizzazione. Noi sappiamo però che, contrariamente a ciò che oggi sembra affermare il pensiero dominante, il progetto non nasce “già grande”. E’ “ricerca paziente”, frutto del progressivo evolvere di un nucleo di pensiero che richiede tempo e metodo per diventare concreto.21 Praticare la difficile arte dell’oblio che consente alle idee di permeare chi le elabora è probabilmente oggi la cosa più difficile da imporsi e da realizzare,22 eppure un progettista deve imporsi questo esercizio anche nell’epoca della fretta fine a sé stessa, dell’indifferenza della controparte per la qualità specifica del prodotto e della risposta in tempo reale imposta dalla cultura del cellulare. Tempo e calma sono due ingredienti indispensabili per avviare il processo;23 devono però essere supportati da alcuni strumenti grafici adeguati quali lo schizzo, il concept e i modelli, nessuno dei quali ovviamente viene prescritto dalla norma codificata. Lo schizzo Lo schizzo è per l’architetto lo strumento più semplice ed immediato con cui dare forma alla propria riflessione progettuale; il medium più diretto fra la sua immaginazione e l’espressione della propria idea; l’insostituibile mezzo per simulare l’esito del processo progettuale nel momento stesso del suo costituirsi; il modo più rapido e personale di fissare graficamente le immagini – spesso ancora labili – di un’idea che sta evolvendo e per comunicarla con sufficiente chiarezza (o con il necessario grado di ambiguità e di indeterminatezza che ne aumenta la suggestione) a sé stesso ed ai propri interlocutori. Sul piano degli esiti formali esso rappresenta perciò il primo risultato tangibile del processo di sintesi progettuale. C’è addirittura chi, ritenendo

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Charles Joseph Minard, Diagramma della campagna di Russia di Napoleone, 1869

“There is no such thing as information overload, just bad design. If something is cluttered and/or confusing, fix your design.” Edward Tufte

“Un bon croquis vaut mieux qu’un long discours.” Napoleone Bonaparte

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“Fuggite, amanti, Amor, fuggite ‘l foco; l’incendio è aspro e la piaga è mortale, c’oltr’a l’impeto primo più non vale né forza né ragion né mutar loco. Fuggite, or che l’esemplo non è poco d’un fiero braccio e d’un acuto strale; leggete in me, qual sarà ’l vostro male, qual sarà l’impio e dispietato gioco. Fuggite, e non tardate, al primo sguardo: ch’i’ pensa’ d’ogni tempo avere accordo; or sento, e voi vedete, com’io ardo.” Michelangelo Buonarroti

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artificiale e sviante la separazione tra l’azione mentale che produce l’idea e la sua rappresentazione istantanea, lo identifica con “la forma-pensiero fondamentale dell’architetto, il luogo elettivo nel quale la forma appare, e nella sua forma più pura e durevole … il luogo nel quale il pensiero formale si fa manifesto e quindi il luogo stesso della sua esistenza…” giungendo a sostenere che “… non esiste pensiero formale prima della sua rappresentazione nel disegno.” Ma lo schizzo è anche “… pensiero, comunicazione e memoria”,24 strumento di esplorazione del mondo e di costruzione del proprio immaginario. Con uno schizzo si appuntano idee e suggestioni, si analizzano le regole compositive e le strutture formali di oggetti ed architetture che ci incuriosiscono, si fissano ricordi visivi di viaggio o, più prosaicamente, si copiano dettagli e soluzioni progettuali altrui da tener buoni per futuri progetti. Per questo si tratta di una modalità che da lungo tempo occupa una posizione privilegiata nello “strumentario” dell’architetto. Almeno dal XIV secolo quando la diffusione della carta ha reso meno costosi i supporti per la grafica, non vi è infatti processo creativo in architettura che non prenda origine da una sua prima formalizzazione attraverso uno schizzo. Da Michelangelo a Rem Koolhas non vi è architetto che non abbia chiarito prima di tutto a sé stesso con tale rapido mezzo le proprie intenzioni e le proprie intuizioni prima di renderle pubbliche. Esso rappresenta dunque l’unico momento “inventivo, irripetibile, decisivo”25 a disposizione dell’architetto prima che la sua idea venga fagocitata da un processo di affinamento in cui il peso di altri contributi tecnici diventa sempre più determinante man mano che aumenta la complessità dell’oggetto progettato. Nel momento in cui la complessità del progetto ne impone uno sviluppo attraverso il contributo di competenze plurime che diluiscono la figura dell’autore unico e che l’automatizzazione del processo grafico crea una cesura tra la formalizzazione iniziale (che ancora può esser prodotta dall’architetto come testimonia l’agiografia di celebri maestri contemporanei) e quella degli elaborati tecnici (prodotti da soggetti diversi all’interno di un processo produttivo che ha adottato i metodi della divisione tecnica del lavoro) lo schizzo si conferma dunque il vero luogo dell’autografia del progettista. Purtroppo l’attitudine a ragionare graficamente attraverso lo schizzo – non adeguatamente coltivata da una scuola distratta26 – stenta ad


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affermarsi presso le nuove generazioni di studenti, che le preferiscono acritiche e bulimiche raccolte di immagini tratte dalla rete o realizzate con apparecchi digitali e un uso troppo precoce e totalizzante di tecniche grafiche informatizzate. In particolare queste ultime, nonostante vengano troppo spesso utilizzate in tal senso non sono (ancora) in grado di condurre agli stessi esiti espressivi e di sintesi dello schizzo. Lo impedisce la loro natura tecnologica che frappone troppe mediazioni tra il luogo in cui l’idea si forma (il cervello) e lo strumento in cui essa si manifesta (lo schermo digitale), la rigidità del mezzo che le supporta (tragicamente bisognoso di elettricità e meno “easy” di un moleskine e di una matita) e l’incompetenza con cui vengono spesso maneggiate da studenti abbandonati all’autoapprendimento. Sicuramente in pochi anni i programmi di computer grafica e i supporti hard-ware riusciranno a superare le loro attuali inadeguatezze rendendo obsoleta ogni considerazione sul pericolo dell’abbandono della rappresentazione manuale.27 Oggi è però ancora troppo presto per coltivare l’illusione di affidare la parte creativa del proprio lavoro a strumenti strutturalmente incapaci di assumersi questa responsabilità. Resta quindi ancora valida per un architetto (soprattutto se in formazione) la necessità di addestrarsi all’uso dei mezzi tradizionali di espressione grafica e di ricercare il proprio segno espressivo personale necessario ridurre in modo semplice la distanza tra la propria immaginazione e la rappresentazione dei suoi frutti.28

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“Qual’è il problema di oggi? (...) è la ridondanza: miliardi di cose vengono raccontate...tutte e il loro contrario, in un infinito di ripetizione (...) i dati? ma il problema dei dati oggi è eliminare il 90 per cento dei dati! (...) guardarli uno e per uno e vaffanculo! eliminare i dati che ci portano alla morte.” Enzo Mari

Il “concept” Come abbiamo visto in una precedente riflessione, talvolta l’idea guida del progetto (il “componente principale di progettazione” come lo definiva Castiglioni) può essere imbrigliata in una “rappresentazione concettuale” o, secondo la dizione inglese oggi più in voga, in un “concept”. Un “concept” è il frutto del tentativo di condensare in un’icona l’intera essenza di un progetto, riducendone la complessità alla sola idea portante (in caso di progetti semplici) o allo schema strutturale portante (nel caso di progetti di maggiore complessità). In qualche misura può essere assimilato ad una sorta di “marchio di fabbrica” del progetto che tende a condensarne le caratteristiche peculiari esaltandone le differenze rispetto alla concorrenza. Non a caso l’affermazione di questa forma grafica è andata di pari passo con l’aumento dell’importanza degli aspetti comunicativi e di marketing nel lavoro dell’architetto imposti dalla diffusione dell’istituto del concorso – in cui è utile sintetizzare la propria proposta in un “logo” 11


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- e dall’urgenza di definire strategie di comunicazione per promuovere i propri progetti in un mercato fortemente concorrenziale. Si tratta di una forma di rappresentazione dotata di una indubbia efficacia comunicativa che sembra avere molti punti di contatto con lo “schizzo” con cui però non deve essere confusa avendo le due forme grafiche finalità assolutamente diverse. Il “concept” è uno strumento di comunicazione rivolto a trasferire con forma grafica complessa la sintesi di un ragionamento compiuto presso i referenti del progetto; lo schizzo è spesso un fatto privato, un espediente per fissare in modo ancora incerto ed evocativo una sezione del ragionamento progettuale e un mezzo di comunicazione interna al team di progetto. Un concept inoltre, possiede una posizione mobile all’interno del processo progettuale. All’inizio, può essere utilizzato - ad uso interno del team di progettisti o nei confronti della committenza - per fissare l’idea centrale del progetto; alla fine per sintetizzarne i contenuti e per illustrarli con forza icastica. Non si tratta in realtà di un passaggio grafico indispensabile ed inevitabile, tuttavia le sue potenzialità nel fissare le idee e dare evidenza didascalica al processo progettuale, possono tornare utili. BIG, il padiglione danese all’expo di Shanghai del 2010

Oma, Casa della Musica a Porto

Modelli e plastici L’uso dei modelli è una prassi antica, precedente persino alla istituzionalizzazione dell’architettura come pratica sociale riconosciuta. Tuttavia l’importanza di questa pratica “arcaica” resta intatta anche nell’epoca della rappresentazione virtuale, soprattutto nella fase di prima messa a punto dell’idea, quando l’interesse è rivolto a indagare gli aspetti più generali dell’oggetto in via di definizione: la sua sagoma, il suo volume, i rapporti fra le masse, le proporzioni dell’insieme. In questa fase il plastico è dunque il giusto compagno dello schizzo e ne deve possedere le stesse caratteristiche: una natura effimera (una volta usato lo si deve poter gettar via senza rimpianti), una spiccata tendenza alla proliferazione (se ne deve produrre uno per ogni nuova idea che si aggiunge alla prima) e una certa “imprecisione espressiva” (quella che i materiali privi di aspirazioni imitative della realtà posseggono in massima misura). Ciò richiede, per la realizzazione, l’uso di materiali poveri e tecniche di realizzazione veloci ed economiche: cartoncino e montaggio con colla e nastro adesivo ad esempio, in modo da evitare che una lavorazione laboriosa riduca l’entusiasmo per il progetto e trasformi


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il plastico in un feticcio intangibile invece che in un agile strumento dalla forte capacità evocativa e dalla spiccata disponibilità alla continua trasformazione.

IV. L’elaborazione preliminare del progetto Come abbiamo già accennato il progetto di architettura procede secondo il metodo “per prova ed errore” che determina percorsi tutt’altro che lineari verso la soluzione dei problemi. Non è perciò affatto detto che l’idea iniziale sommariamente messa a punto nella prima fase creativa sia effettivamente in grado di condurre ad un progetto realizzabile e convincente sul piano formale. Verificarne in prima battuta la capacità di reggere l’impatto con le condizioni generali del contesto senza perdite di identità e forza iconica è compito del “Progetto preliminare”. Non di rado le intuizioni del progettista sottoposte alle prime prove di resistenza non reggono, rendendo inevitabile un ripensamento del progetto, un nuovo inizio del processo ideativo.29 Fortunatamente però, un’idea che regge al primo test è normalmente in grado di reggere anche ai successivi, affrontando per intero il processo di “progressivo raffreddamento della traccia iniziale”30 che dal “Progetto preliminare” procede, attraverso successivi approfondimenti e affinamenti, fino al “Progetto esecutivo”. Le esplorazioni del “Progetto preliminare” riguardano di norma la verifica sommaria della coerenza dell’idea con il programma, il budget, le norme urbanistiche ed edilizie, le caratteristiche del sito. La norma assegna al “Progetto preliminare” il compito di fissare le caratteristiche e i contenuti del progetto rendendole vincolanti per le fasi successive. Più realisticamente – e al di fuori dell’ambito di validità della norma - il progetto preliminare deve invece essere inteso come un momento di definizione transitoria delle caratteristiche generali del progetto in vista della loro precisazione – che non esclude affatto miglioramenti e cambiamenti anche significativi del programma iniziale – nella successiva fase del “Progetto definitivo” in cui i problemi si osserveranno con maggiore dettaglio. Per queste ragioni l’esplorazione dell’idea iniziale richiede un approfondimento grafico da condurre di norma a scale comprese tra

Peter Zumthor, la pianta delle terme di Vals in tre momenti progettuali diversi

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1/500 e 1/20031 che consentono una buona visione generale del progetto e una messa a punto degli aspetti distributivi e volumetrici generali. Le finalità del “Progetto definitivo” e la scala a cui sono affrontati i temi progettuali richiedono - ed allo stesso momento rendono possibile - la convivenza di rappresentazioni grafiche di natura simbolica e iconica.32 Le rappresentazioni simboliche (finalizzate a visualizzare schemi distributivi e di flusso, distribuzione delle destinazioni d’uso, ecc.) possono godere di una ampia libertà, mentre quelli descrittivi – pur privi di dettaglio a causa dei limiti imposti dalla scala di rappresentazione – devono essere realizzati con un segno grafico essenziale che garantisca una sufficiente precisione e la dovuta efficacia descrittiva di aspetti generali e caratteri peculiari dell’oggetto progettato. In pianta, i muri sono perciò indicati come tratti di diverso spessore a colore pieno nero o grigio, la maglia dei pilastri non è evidenziata se non quando un pilastro cade solitario al centro di un ambiente, porte e finestre sono schematizzate e, di regola, sono rappresentate senza il senso di apertura. Le piante sono rappresentate vuote nei disegni in scala 1/500; arredi, dotazione dei wc e materiali costruttivi possono invece comparire in quelli a scala superiore. Le quote in pianta si limitano a quelle generali e, in alzato, a quelle altimetriche riferite ai vari piani e alla copertura rispetto alla quota del piano di campagna. Anche in questa fase lo sviluppo progettuale dovrebbe essere verificato con l’uso di plastici semplici e schematici (normalmente da realizzarsi in scala 1/2000-1000 per gli interventi urbani e 1/1000-500 per quelli edilizi) in grado di restituire la natura volumetrica dell’oggetto progettato e di rivelarne con “astratta esattezza” i valori compositivi e la relazione con l’intorno.

V. L’affinamento definitivo del progetto

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L’affinamento definitivo del progetto coincide con il momento in cui il l’oggetto progettato in modo approssimativo nelle fasi precedenti assume la sua definitiva fisionomia. E’ il momento della prevalenza delle scelte architettoniche, in cui l’architetto esercita con maggiore pienezza il proprio ruolo di coordinatore del processo progettuale incidendo non solo sugli aspetti formali ed


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estetici del problema ma anche sulla natura e le caratteristiche generali di strutture e impianti ponendo un argine alla loro “naturale” propensione all’autonomia dagli aspetti compositivi. In questa fase, infine, vengono prese le decisioni in merito al cantieramento dell’opera e fissato in modo immodificabile il budget. Nel “Progetto Definitivo” gli aspetti formali, dimensionali, strutturali, materiali, tecnologici del progetto devono essere definiti in modo chiaro e con un dettaglio sufficiente a fissarne le caratteristiche in modo vincolante per il successivo passaggio di affinamento tecnologico e costruttivo effettuato con il “Progetto Esecutivo”. Scendere di scala è un’azione che comporta sempre la messa in discussione delle scelte precedenti, la loro possibile modifica e la ricerca di percorsi nuovi per migliorarle. Malgrado dunque la norma sui lavori pubblici assegni al “Progetto Definitivo” il compito di congelare l’idea originale consegnandola intatta alla fase esecutiva, occorre essere convinti che anche in questo caso l’idea originale, emersa già modificata dalle fasi iniziali di messa a punto, debba poter essere nuovamente messa in discussione. Operativamente il “Progetto Definitivo” è finalizzato a due scopi principali: illustrare compiutamente l’idea alla committenza e richiedere le autorizzazioni necessarie alla realizzazione. Entrambi gli scopi richiedono una descrizione efficace, chiara ed esaustiva dell’oggetto progettato che ne consenta un’analisi approfondita da parte di soggetti diversi (committenti, commissioni edilizie, enti decisori, utenti, ecc.) sotto molti punti di vista (formali, igienico-sanitari, funzionali, urbanistici, estetici, di sicurezza, costruttivi, economici, ecc.). Gli elaborati grafici di un “Progetto Definitivo” devono perciò contenere informazioni in merito a tutte le scelte progettuali, rappresentando sullo stesso piano e senza confusione quelle relative alla distribuzione degli spazi, alle destinazioni d’uso e alle principali scelte tecnologiche, attraverso una forma grafica capace di comunicare lo “spirito” oltre che la sostanza materiale del progetto. Di norma la rappresentazione del “Progetto Definitivo” avviene alla scala 1/100. A questa scala i disegni di prospetto, rigorosamente eseguiti in bianco e nero, possono essere arricchiti da ombreggiature, retinature e tratteggi discreti che evidenzino la natura volumetrica dell’oggetto e gli effetti prodotti dall’articolazione dei piani che ne caratterizzano la composizione, accennando anche alla natura dei materiali costruttivi. Nelle piante (che rappresentano sezioni orizzontali eseguite

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“(...) La pratica che si fa con lo studio di molti anni in disegnando è il vero lume del disegno e quello che fa gli uomini eccellentissimi.” Giorgio Vasari

Tex Willer visto da Ticci

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Le Corbusier mentre studia sul posto una pianta di Chandigar

John Berger, Bento’s sketchbook

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convenzionalmente a ca. 1,20 m dalla quota di pavimento) i muri sono rappresentati a semplice contorno nel loro esatto spessore e conformazione o campiti con una retinatura che descrive le diverse tessiture murarie previste dal progetto; gli elementi strutturali (pilastri, setti, ecc.) sono indicati con le loro dimensioni e nella loro esatta posizione; i serramenti interni ed esterni sono indicati con le giuste dimensioni, partizione e verso di apertura delle parti apribili; talvolta possono essere accennate le pavimentazioni mentre le dotazioni fisse dei servizi igienici sono sempre disegnate nella esatta posizione e con le forme giuste; scale, ascensori, accessori vari, frangisole, facciate ventilate, ecc. devono essere rappresentate seguendo precise convenzioni grafiche e con il massimo livello di dettaglio compatibile con la scala dei disegni. In sezione occorre distinguere con un tratto più spesso le parti attraversate dal piano di sezione e con tratto più chiaro quelle sullo sfondo e le linee di discontinuità tra i componenti di un elemento sezionato (ad esempio i vari strati che compongono un solaio) evidenziando le diverse parti dell’edificio con la stessa retinatura utilizzata nella rappresentazione in pianta. Le quote – portate all’esterno dell’immagine per non comprometterne la leggibilità - sono limitate a quelle strettamente necessarie per consentire la corretta certificazione delle dimensioni dell’oggetto progettato e sono riferite all’insieme (prevedere sempre le quote totali), ai singoli ambienti, e ai principali elementi strutturali (di cui devono evidenziare la scansione spaziale) e costruttivi.33 Sui disegni devono essere riportare le destinazioni d’uso di ogni singolo ambiente e i dati caratteristici del progetto: volumi, superfici coperte, superfici utili (generali e in dettaglio) e rapporto aero-illuminante specifico di ogni ambiente abitabile. Per verificare l’effettiva fruibilità degli spazi occorre infine rappresentare gli arredi su una tavola non quotata. Poiché l’operazione può risultare impietosamente critica nei confronti delle soluzioni adottate, è pratica utile e da attuare sistematicamente. Per evidenziarne infine il radicamento del progetto nelle pieghe del sito in cui sorgerà e la sua capacità di coglierne creativamente vincoli e potenzialità, è buona regola rappresentare (sicuramente in pianta e talvolta anche in prospetto) l’oggetto progettato all’interno di un ambito spaziale sufficientemente ampio.


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L’amplificazione dell’effetto descrittivo e la comunicazione suggestiva dei contenuti del progetto sono ormai quasi esclusivamente affidate alle rappresentazioni virtuali computerizzate (rendering, elaborazioni di foto ritocco ecc.) di cui, nella fase del “Progetto definitivo”, si fa oggi ampio uso su sollecitazione di committenti e enti di verifica. La formidabile capacità di queste rappresentazioni nel restituire immagini “concrete” di oggetti ancora inesistenti ne fa, sul piano concettuale, lo strumento un po’ inquietante di una visione del mondo in cui si realizza la perfetta coincidenza tra oggetti e loro rappresentazione, di cui abbiamo spesso evidenza quando non riusciamo a capire se l’immagine su una rivista si riferisca ad un oggetto realmente costruito o ad uno solo immaginato.34 Tuttavia, sul piano pratico esse risultano indispensabili per consentire una lettura del progetto attraverso un media più consono alle capacità percettive di osservatori non specializzati e a generare fotoinserimenti con cui valutare – sebbene con livelli di approssimazione figurativa e di ambiguità rappresentativa che possono essere governate ad arte – l’impatto del futuro intervento sul sito prescelto per la realizzazione. La capacità di realizzare rappresentazioni virtuali efficaci ha molto a che fare con le competenze specifiche necessarie alla rappresentazione artistica e meno con l’uso corretto del linguaggio grafico architettonico. Ottenere un buon risultato in questo campo comporta perciò la messa in gioco delle stesse sensibilità e abilità necessarie ad eseguire un dipinto. Il mezzo elettronico amplifica solo le possibilità espressive, non produce idee. Queste devono sempre essere messe in campo dalla sensibilità dell’autore. Più raramente il “Progetto Definitivo” è illustrato attraverso un plastico, non più semplice e spartano come quello che ha accompagnato le fasi precedenti e per questo spesso realizzato da specialisti. Prodotto normalmente alla scala 1/100, il plastico – destinato a convincere della bontà del progetto committenti e enti di controllo – deve essere in grado di offrire una chiara descrizione delle caratteristiche formali e materiali dell’oggetto rappresentato attraverso l’uso di materiali e di lavorazioni capaci di rendere i dettagli con accettabile precisione ma senza effetti iperrealistici. Non dimenticando mai che il plastico è pur sempre un simulacro semplificato dell’oggetto reale e non il fine ultimo del progetto.

“(...) Pablo Neruda ha detto che il poeta quello che ha da dire, lo dice in poesia, perchè non ha un altro modo di spiegarlo. Io, che faccio l’architetto, la morale non la predico: la disegno e la costruisco.” Renzo Piano

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VI. Lo sviluppo esecutivo del progetto

Carlo Mollino, Bisiluro

Disegno di Carlo Scarpa

“Il disegno è la sincerità nell’arte. Non ci sono possibilità di imbrogliare. O è bello o è brutto.” Salvador Dalì “Cancellare, cancellare, cancellare e alla fine trovare un componente principale di progettazione; noi mentre progettavamo eravamo contro l’invadenza del disegno, eravamo alla ricerca del tratto minimo che serviva alla funzione; volevamo arrivare a dire: meno di così non si può fare.” Achille Castiglioni

Imparare a sviluppare a livello esecutivo un progetto non è lo scopo di questo laboratorio, tuttavia accenniamo almeno in termini generali al problema per offrire un quadro completo della fase che intercorre tra la concezione iniziale e la costruzione dell’edificio. Sviluppare un esecutivo significa determinare in ogni dettaglio i lavori da realizzare e il relativo costo verificando le scelte ad un livello tale da consentire la definizione dell’esatta forma, dimensione, tipologia, qualità prestazionale e materiale, prezzo di ogni elemento di cui è composto l’oggetto progettato. La settorializzazione delle competenze e le regole del mercato dell’edilizia agiscono in direzione di un progressivo affidamento della fase esecutiva a soggetti diversi da quelli che hanno governato le fasi iniziali del processo.35 Non sempre e non necessariamente il progetto esecutivo è perciò oggi affare che riguardi il progettista e, più in generale, gli architetti. In linea di principio non si tratta di un fatto negativo. Nel caso delle opere complesse dove tale prassi è ormai regola, l’affidamento dell’ingegnerizzazione del progetto a strutture specializzate è – almeno in teoria - garanzia di maggiore qualità finale del prodotto. In una situazione come quella italiana in cui i progetti definitivi vengono però allestiti sempre in fretta e con inevitabili lacune, l’espropriazione della progettazione esecutiva al progettista, conduce invece spesso allo stravolgimento dell’idea iniziale o, per lo meno, alla sua banalizzazione. Capita però ancora che un architetto debba sviluppare a livello esecutivo i propri progetti, soprattutto nel caso in cui siano di modesta complessità. In tal caso, dimenticando i piaceri della creazione, egli rivolgerà la propria attenzione alle esigenze di una fase progettuale in cui gli aspetti procedurali diventano preminenti sugli aspetti grafici e dove il rispetto del budget diventa obiettivo assoluto di ogni scelta. Il compito è faticoso e spesso noioso ma ha il pregio di offrire al progettista un’occasione straordinaria per entrare in contatto con la concretezza delle proprie idee che si materializzerà pienamente nella realizzazione ma che in questa fase può già essere assaporata. Si tratta dunque di una attività tutt’altro che spregevole e da sfuggire e di un momento formativo attraverso cui affinare la propria competenza sugli aspetti concreti del costruire e l’attitudine a immaginare oggetti realizzabili.


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I disegni esecutivi rappresentano la dimostrazione grafica della compatibilità reciproca delle decisioni prese da soggetti diversi su tutti gli aspetti della costruzione (architettonici, strutturali, impiantistici, esecutivi, manutentivi, ecc.) e della possibilità di realizzare con materiali, procedure e costi certi e definiti un certo manufatto. Per questo devono essere eseguiti solo quando tutte le scelte sono state prese ed è stata preventivamente verificata la loro compatibilità reciproca e con gli obiettivi economici del programma. Solo raramente si tratta di disegni accattivanti; ciò che conta è che contengano tutte le informazioni che consentiranno agli appaltatori di valutare l’entità dell’opera, di esprimere la propria offerta economica e di realizzare l’opera come era negli intendimenti dell’autore e nei desideri della committenza. Caratteristica principale dei disegni esecutivi è perciò la loro estrema precisione, la completezza delle quotature e il livello di dettaglio elevato oltre alla loro ricchezza di informazioni sulle caratteristiche costruttive, strutturali, impiantistiche, materiali di finitura dell’oggetto progettato che consentono di descriverne in modo completo ed esaustivo ogni aspetto, anche minuto e nascosto. I disegni non risultano però mai sufficienti a svolgere compito. Devono perciò essere integrati da elaborati di genere diverso (capitolati speciali d’appalto, analisi prezzi, computi metrici, relazioni specialistiche, ecc.) con cui i disegni devono essere correlati attraverso rimandi che permettano una verifica incrociata della completezza dell’elaborazione progettuale e della completa computazione e descrizione di ciò che è rappresentato graficamente sulle tavole di progetto.

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Atelier Bow How, sezioni e dettagli

Esistono tuttavia temi progettuali che non possono essere risolti all’interno del progetto esecutivo. Ad esempio quelli relativi alla realizzazione di componenti caratterizzati da elevata complessità tecnologica (facciate vetrate complesse, facciate ventilate, sistemi di partizione interna modulari, strutture prefabbricate, impianti speciali, ecc.) che vengono sviluppati e prodotti da ditte specializzate per essere scelti “a catalogo” (spesso dal costruttore che poi li suggerisce o li impone al direttore dei lavori) e adattati alle specifiche esigenze del progetto attraverso “Progetti Costruttivi” elaborati – anche in fase di cantiere - dalle stesse ditte produttrici. In tal modo l’adozione di specifiche tecnologie per la realizzazione di molti componenti edilizi dipende sempre più spesso dai rapporti commerciali 19


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Andrea Pazienza, Pertini

Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

dell’impresa costruttrice e da questioni economiche, e sempre meno da dettagliate indicazioni del progettista, essendo gli obiettivi prestazionali ed estetici previsti dal progetto raggiungibili ormai in molti modi alternativi. Un’altra causa che favorisce l’intervento progettuale diretto dell’appaltatore risiede nella recente diffusione di nuove forme di appalto delle opere edili (concorso appalto, concessione, project financing) in cui le imprese agiscono in qualità di General Contractors assumendosi l’onere dello sviluppo dell’intero ciclo produttivo - dalla progettazione alla costruzione - con un approccio orientato verso l’industrializzazione e la standardizzazione di ciascuna fase del processo. In questi casi il ruolo del progettista impegnato nella fase esecutiva coincide spesso con quella del “project manager” –coordinatore di processo che si avvale di uno staff di consulenti specialistici per risolvere i problemi tecnici specifici che agisce secondo procedure tipiche dell’attività industriale finalizzate a raggiungere un obiettivo che, solo accidentalmente, coincide con la costruzione di un edificio. Niente di più lontano probabilmente dalle romantiche aspirazioni di un architetto; eppure niente di più vicino a quello che nel prossimo futuro sarà il ruolo di molti laureati in architettura, in un mercato della progettazione sempre più connotato dalla specializzazione e dalla concentrazione delle fasi creative nelle mani di pochi e – ai nostri occhi, privilegiati - soggetti.36


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VII. Riferimenti bibliografici L. Benevolo, Corso di disegno per i licei scientifici, vol.I, Bari, Laterza, 1975 F. Purini, Comporre l’architettura, Laterza, Bari, 2000 R. Recht, Il disegno d’architettura. Origini e funzioni, Jacka Book, Milano, 2001 S. Bracco, Disegno Com.e. Testo e Immagine, Torino, 2001 J. S. Hakerman, Architettura e disegno. La rappresentazione da Vitruvio a Gehry, Electa, Milano, 2003 P. Zumthor, “Il corpo dell’architettura” in: Pensare architettura, Electa, Milano, 2003 G. Di Napoli, Disegnare e conoscere, Einaudi, Torino, 2004 G. Sartori, Homo videns, La Terza, Bari, 2004 A. Rossi, “Introduzione a Boullée”, in: E.L. Boullée, Architettura. Scritti sull’arte, Einaudi,Torino, 2005 F. Purini, Una lezione sul disegno, Gangemi, Roma, 2007 E. Mari, Lezioni di disegno, Rizzoli, Milano, 2008 P. Tosoni, Il gioco paziente. Biagio Garzena e la teoria dei modelli per la progettazione, Celid, Torino, 2008 A. Rolando, Forma, geometria, struttura, Città Studi Edizioni, Novara, 2008 F. Mattew, 101 microlezioni di architettura, 22 Publishing, Milano, 2009 J. Ruskin, Gli elementi del disegno, Adelphi, Milano, 2009 C. Olmo, Architettura e Novecento. Diritti, conflitti, valori. Donzelli, Roma, 2010 www.richardrogers.co.uk

21


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VIII. Allegati Il corpo di illustrazioni che correda la riflessione segue liberamente il ragionamento sviluppato dal testo concentrandosi su tre aspetti: - l’uso dello schizzo, la ricerca del segno personale e la funzione del disegno nell’esplorazione di possibili universi architettonici immaginari. - il processo di elaborazione di un’idea, dalla concezione alla realizzazione. - il contenuto e la forma degli elaborati grafici da utilizzarsi nell’atelier In appendice è allegata anche una check-list per la redazione dei disegni di progetto e l’illustrazione di un esempio di sua corretta applicazione. La riflessione e il suo apparato illustrativo non hanno la pretesa di esaurire gli argomenti di cui si occupano e che gli studenti approfondiranno in modo più efficace e specifico nei corsi dedicati al disegno. Intendono solo introdurre alcuni temi relativi agli aspetti grafici del progetto utili allo sviluppo del lavoro di atelier. Il piccolo “manuale di buona condotta progettuale e grafica” che questa riflessione produce ha, ai fini dell’atelier, una finalità didattica ed un valore prescrittivo: il suo contenuto dovrà trovare qualche forma di applicazione nello svolgimento dell’esercizio d’esame e le illustrazioni dovranno esser considerate modelli di standard grafico minimo a cui riferirsi nella rappresentazione dei progetti.


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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

Lo schizzo concettuale: dal concept al progetto

Mauro Galantino, Studi per la chiesa del Redentore, 1998

Lo schizzo di viaggio

GLI SCHIZZI DI FILIPPO JUVARRA F. Juvarra, studi sul proporzionamento di targhe e stemmi

F. Juvarra, chiesa di S.Filippo. Idee per la facciata ed il presbiterio

Alvaro Siza, Studi, 1995 GLI SCHIZZI DI FILIPPO JUVARRA

Gli schizzi di Filippo Juvarra F. Juvarra, studi sul proporzionamento di targhe e stemmi

F. Juvarra, chiesa di S.Filippo. Idee per la facciata ed il presbiterio

F. Juvarra, veduta del castello del principe Chigi e dellla chiesa dell’Assunta ad Ariccia

GLI SCHIZZI DI FILIPPO JUVARRA

zionamento

F. Juvarra, chiesa di S.Filippo. Idee per la facciata ed il presbiterio

F. Juvarra, veduta del castello del principe Chigi e dellla chiesa dell’Assunta ad Ariccia

1.

2.

Filippo Juvarra, Studi sul posizionamento di targhe e stemmi e studio della facciata e del presbiterio della Chiesa di San Filippo (1) Filippo Juvarra, Veduta del castello del principe Chigi e della Chiesa dell’Assunta ad Ariccia (2)

F. Juvarra, veduta del castello del principe Chigi e dellla chiesa dell’Assunta ad Ariccia

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Le mani degli architetti

Glenn Murcutt

Renzo Piano

Carlo Aymonino

Oscar Niemeyer

Jean Nouvel


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Aldo Rossi

Ryue Nishizawa (Sanaa)

Carlo Mollino

Richard Rogers 25


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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

L’architettura disegnata

Antonio Sant’Elia, Centrale idroelettrica, 1914

Etienne Louis Boulle, Cenotafio di Newton, 1784

Claude Nicolas Ledoux, Casa delle guardie forestali, 1804

Lauretta Vinciarelli

Franco Purini, Cercando una città, 1997


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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

Aldo Rossi, L’architettura assassinata, 1974

Francesco Moschini, Promenade, 1974

Massimo Scolari, Acropoli, 1984

Arduino Cantafora 27


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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

Il plastico concetttuale

G-studio, Nuovo rifugio Torino, 2009

Il plastico di lavoro

Achille Castiglioni, Casa Graglia, 1974

Il plastico rappresentativo

Accademia di Mendrisio, Atelier di Mario Botta, 2008-2009


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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

Il progetto preliminare

G-Studio/Rosset Ass., Centro visitatori Parco Monte Avic, 2009. Schizzi progettuali; plastici di lavoro; pianta e sezione

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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

Il progetto definito ed esecutivo

1.

G-Studio/Rosset Ass., Centro visitatori Parco Monte Avic, 2009 (1) Piante relative al progetto definitivo ed esecutivo N창geli Zander, 2000 (2), esempio di pianta in scala 1:200 (progetto definitivo)

2.


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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

Il progetto costruttivo

1.

2.

1, II Fac. Architettura- Politecnico di Torino, esercitazione 5° anno, studente Stefano Fantucci 2. Ecocentro a Zaragozza, MagÊn Arquitectos

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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

Sistemi di quotatura e scale grafiche

SISTEMI DI QUOTATURA SISTEMI DI QUOTATURA DELLE PIANTE - EDIFICIO SEMPLICE, IN MURATURA PORTANTE QUOTE TOTALI QUOTE ARCHITETTONICHE (CON POSIZIONE DEI VANI DEI SERRAMENTI DATE ALL'ASSE)

SISTEMI DI QUOTATURA SISTEMI DI QUOTATURA DELLE PIANTE - EDIFICIO SEMPLICE, IN MURATURA PORTANTE QUOTE TOTALI

QUOTE INTERNE QUOTE ARCHITETTONICHE (CON POSIZIONE DEI VANI DEI SERRAMENTI DATE ALL'ASSE)

SISTEMI DI QUOTATURA DELLE PIANTE - EDIFICIO CON STRUTTURA IN C.A. E PARAMENTO ESTERNO IN LATERIZI QUOTE TOTALI QUOTE STRUTTURALI QUOTE INTERNE A RIF. AL CASELLARIO DEGLI INFISSI

A

B

QUOTE ARCHITETTONICHE

SISTEMI DI QUOTATURA DELLE PIANTE - EDIFICIO CON STRUTTURA IN C.A. E PARAMENTO ESTERNO IN LATERIZI QUOTE TOTALI

A RIF. AL CASELLARIO DEGLI INFISSI

A

QUOTE STRUTTURALI QUOTE INTERNE

B

QUOTE ARCHITETTONICHE

SISTEMI DI QUOTATURA DELLE PIANTE - EDIFICIO CON PARAMENTO MODULARE QUOTE TOTALI RIF. ALLA GRIGLIA STRUTTURALE

1

2 QUOTE STRUTTURALI QUOTE INTERNE

3

QUOTE ARCHITETTONICHE MODULARI (VANI DEI SERRAMENTI DATI COME INGOMBRO NEL RETICOLO MODULARE) C

MOD.

C

RIF. AL CASELLARIO DEGLI INFISSI

C

SISTEMI DIAQUOTATURA DELLE PIANTE - EDIFICIO CON PARAMENTO MODULARE QUOTE TOTALI 1

Sistema di quotatura

RIF. ALLA GRIGLIA STRUTTURALE

2

3

QUOTE INTERNE QUOTE STRUTTURALI

QUOTE ARCHITETTONICHE MODULARI (VANI DEI SERRAMENTI DATI COME INGOMBRO NEL RETICOLO MODULARE) C

MOD.

C

RIF. AL CASELLARIO DEGLI INFISSI

C

RAPPRESENTAZIONE DELLE SCALE GRAFICHE

A

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 10 metri

QUOTE INTERNE

1 : 2000

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 2 metri 50 m 100 m

150 m

200 m

250 m

300 m

350 m

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 10 metri

RAPPRESENTAZIONE DELLE SCALE GRAFICHE

20 m

30 m

40 m

50 m

60 m

70 m

80 m

90 m

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 10 metri 1 : 2000

QUESTA LUNGHEZZAQUESTA RAPPRESENTA 2 metri LUNGHEZZA RAPPRESENTA 1 metro 50 m 100 m

150 m

200 m

250 m

300 m

350 m

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 10 metri 1 : 500

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 10 metri 15 m

20 m

30 m

20 m

40 m

25 m

50 m

60 m

30 m

35 m

70 m

80 m

90 m

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 1 metro

1 : 200

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 1 metro

1m

2m

3m

4m

5m

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 10 metri

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 10 metri 6m 7m 8m 9m 15 m

1m

11 m

12 m

20 m

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 100 mm

13 m

14 m

25 m

15 m

16 m

17 m

30 m

18 m

1 : 500

35 m

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 1 metro

1 : 100

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 1 metro

1 : 200 QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 10 metri

1m

Scale metriche

2m

3m

4m

5m

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 100 mm

6m

7m

8m

9m

1m

11 m

12 m

13 m

14 m

QUESTA LUNGHEZZA RAPPRESENTA 1 metro

15 m

16 m

17 m

18 m

1 : 100


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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

Tipologie di scale

PROGETTAZIONE DELLE SCALE L1 = 120

L1 = 180

Formula magica per determinare il corretto rapporto tra alzata e pedata di una scala: 2a + p = 63 cm

135

75

55

passo = 72 ALTEZZA LIBERA MINIMA DA PEDATA A SOFFITTO

MISURA MEDIA DI UN PASSO D'UOMO

POSIZIONE MANCORRENTE

S C A L E A D U N A R A MP A I N L I N E A O C U R V E

LARGHEZZA SCALE A DUE TRANSITI

S C A L E A D U E O T R E R A MP E

LARGHEZZA SCALE A TRE TRANSITI

S C A L E C O MP L E S S E

L

L

L

L

L

L

2L

L

L

L

R=L

L

L

L

L L

L

L

L

Rm = n x p x 4 6,28 Ri = Rm - 40 cm Re = Ri + L

2L

p

L

L

L

Re.

L

Rm = n x p x 2 6,28 Ri = Rm - 40 cm Re = Ri + L

Rm.

L

Re. L L

Ri.

2L

Rm = n x p x 4/3 6,28 Ri = Rm - 40 cm Re = Ri + L

L

40

L

Ri. min. 30

L

L

L

L

Rm .

40

Ri .

Rm. ASCENSORE

Re. min. 30

L

L

L

40

33


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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

La rappresentazione delle scale


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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

Dimensioni di riferimento: la scala umana

DIMENSIONI DI RIFERIMENTO DELL’UOMO E DELLA DONNA 710 330

2185 2030 1880

SCAFFALE ALTO 1905 1770 1640

1790 1665 1540

SPECCHIO

1575 1460 1345

1475 1365 1260

1515 1405 1295

1420 1315 1215

PIANO PER SCRIVERE

1175 1090 1005

650 605 575

1105 1025 935

MANIGLIA

965 915

PIANO ALTO PIANO DELLA CUCINA

915 865

915 865

865 815

845 780 710

790 730 660 610 535 610 535

VISIONE LATERALE

SPECCHIO INTERO 40

25

VISIONE BINOCULARE 560 485

610 510

535 330

UOMO DONNA

455 405

1590 1455

760 685 610

LIMITE DISTORSIONE

210

LIMITE VISIONE COLORI

760 610

405 380

LIMITE DI ABBAGLIAMENTO

1590 1465 1355

LIMITE VISIONE SUPERIORE 1475 1360 1265 1345 1240 1155

1370

1445 1335 1235

1325 1225 1135

1270

LIMITI VISIONE COLORI

1230 1140 1055

1055 965 890

975 895 830

695 650 605

800 675 715 655 600 635

TAVOLO

240

UOMO DONNA

455

215

405

650 605 575

660 605 550

PIANO PER TASTIERA

UOMO DONNA

LIMITE VISIONE INFERIORE

610

470 425 395 430 400 365

400

PERCORSI, CORRIDOI, DISIMPEGNI, ECC MIN. 330

MIN. 2 PERSONE 535 760

965

1065 1370

3 PERSONE 1700

4 PERSONE 2250

MI N . 800

1 PER.

2 PER.

1015

2110

MI N . 965

D.

PROGETURALE STRUTT

E.NTROLLO CO AMBIEN

F.

IALI,

MATER

35


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Il p ro g e t t o e l e s u e r a p presentazioni

NENTI,

COMPO

DIMENSIONI DI RIFERIMENTO 15°

MENSOLA

40° K

MIN.

C

150

LAVORO

Q

LAVANDINO

R

S

Q distanza braccioli

R largh. sedile

S largh. tavolo

280

G

MIN.

LAVAGNA A

E K

P D

15°

F

M O

H

B

J

L N

BAMBINI IN PIEDI

BAMBINI SEDUTI

BAMBINI - MISURE RELATIVE A MOVIMENTI RICORRENT B

C

2085 1915 1765

815 730 665

735 685 635

1440 1375 1315

660 610 570

1215 1160 1100

Età

15

15

1675

760

915

460

650

370

405

150

175

445

380

760

12

1860 1705 1545

705 630 560

665 620 565

1320 1250 1185

600 555 510

1100 1040 990

12

1485

685

795

420

590

340

370

145

160

420

370

710

9

1320

635

695

380

525

300

325

135

140

355

330

610

9

1645 1510 1345

605 555 510

600 550 485

1175 1120 1040

540 495 435

975 925 880

7

1220

585

635

355

480

275

290

130

130

330

305

610

545 510 485

550 495 445

1080 1015 960

500 445 395

890 850 815

5

1090

485

570

330

445

250

265

120

125

305

280

535

7

1505 1370 1245

5

1330 1210 1085

500 465 425

480 435 390

970 915 865

430 385 345

815 770 720

455 560

E

DATI RELATIVI AL DIMENSIONAMENTO DI ARREDI SPECIFICI RICORRENTI

A

580 915

D

I

Età

F

G H J altezza altezza altezza mensola lavandino lavoro

635 760

760

585

330

K L profondità altezza lavoro tavolo

560

M N profondità altezza sedia sedile

115

O P da sedile a altezza schienale scienale

L

125

205

H

L

125

125

L

785 915

660

H

495

L

L

SPAZI MINIMI DI LAVORO : ISPEZIONE A CABINE, CAVEDI, AUTO, ECC.

660

1905

915 1270

815 915 510 610

710 915 1930 1525

2440

1420

1220

1015 430 510

POSTI A SEDERE

685

180

1725 865

510

710

405

1980 1700

1450

MIN.

MIN.

1930

2030

2030

840

1345

1220

MIN.

965

725 445

MAX. 305


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Dimensioni minime degli spazi abitativi

DIMENSIONI MINIME DEGLI SPAZI ABITATIVI

Le dimensioni minime dei locali abitabili e di servizio non devono essere inferiore ai seguenti valori: Locale

Superficie

Larghezza

soggiorno

mq 14

m2

Altezza m 2,70

soggiorno con angolo cottura

mq 18

m2

m 2,70

cucina – pranzo

mq 9

m2

m 2,70

cucina di sola cottura

mq 5

m 1,80

m 2,70

c a me r e a d u n l e t t o

mq 9

m2

m 2,70

mq 14

m2

m 2,70

dell’unità abitativa)

mq 7

m2

m 2,70

primo servizio igienico

mq 4

m 1,30

m 2,40

ulteriori servizi igienici

mq 1,50

n.d

m 2,20

ripostiglio locali ad uso diverso dall’abitazione,

mq 1,50

n.d.

m 2,20

studi professionali, ecc.)

mq 9

m2

m 2,70

servizio igienico in unità ad uso diverso dall’abitazione

mq 1,20

m1

m 2,20

c a me r e a d u e l e t t i studio (inserito all’interno

mm

destinati alla permanenza di persone non limitata nel tempo (negozi, uffici,

L’altezza interna netta dei locali è misurata dal pavimento al soffitto finiti. Nel caso di soffitto inclinato l'altezza media non deve essere inferiore a m 2,70 con un minimo di m 1,80; nel caso di solai con travi a vista l’altezza netta media ponderale non deve essere inferiore a m 2,70. Non vengono computate nella superficie utile e nel calcolo dell’altezza media le parti dei locali aventi altezza inferiore a m 1,80. l'altezza del primo servizio igienico può essere ridotta a m 2,20 e per ulteriori servizi igienici am 2,00. Gli altri vani accessori devono avere un’altezza media non inferiore a m 2,20.

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Dati dimensionali degli ambienti


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Esempi di camere da letto matrimoniali di dimensioni minime

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Arredi

Illustrazioni e testi tratti da F. Cellini, Manualetto, CittĂ Studi, De Agostini, Novara, 2009


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Bagni e misure standard degli apparecchi


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Rappresentazione di veicoli, frecce e frecce di orientamento geografico

Rappresentazione di persone e alberi

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Approccio al progetto (Richard Rogers)

1.

2.

Analisi della casa tradizionale (1); Il concetto dell’ecohat (2); Diverse opzioni di spazi abitativi (3)

3.


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IX. Check-list Contenuti • Prima di iniziare a disegnare un progetto compilare un elenco degli elaborati da produrre. • Abituarsi ad individuare un titolo - che può corrispondere ad un tema - per ogni tavola e per ogni disegno in essa contenuto e accertarsi che il titolo sia corrispondente ai contenuti espressi nell’elaborato. • Verificare che le tecniche grafiche scelte siano le più efficaci a rappresentare gli elementi (informazioni, messaggi, contenuti, concetti) che si volevano indicare nella tavola. • Scegliere la scala di rappresentazione in base al “tema” dell’elaborato. (Ad esempio dovendo impostare la descrizione dell’area di analisi (inquadramento), partire da una scala territoriale per poi avvicinarsi (zoom) alla scala architettonica calibrando via via le informazioni). Forma e tecnica di rappresentazione Progetto della tavola: • Le tavole devono essere progettate. • Prima di iniziare a disegnare una tavola compilare un elenco dei contenuti che si vogliono rappresentare attraverso di essa: ad ogni punto dell’elenco corrisponderà un grafico o un testo nella tavola. • Prima di iniziare a disegnare definite lo spazio adeguato ai grafici e ai testi necessari ad illustrare i contenuti previsti. • E’ importante riuscire a sintetizzare i contenuti di ciascun tema all’interno del formato prescelto, soprattutto nel caso dell’A3 che concede uno spazio limitato all’illustrazione dei temi. Intestazione della tavola: • Il “cartiglio” deve essere di dimensione contenuta e non invasiva, in formato predefinito e riportato sempre nella stessa posizione e uguale per tutte le tavole. Il suo contenuto deve essere sintetico ma deve sicuramente contenere il nome ed il cognome dell’autore del progetto. Impaginazione: • I grafici non devono essere sparsi a caso nella tavola ma devono 45


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essere sempre correlati tra loro (pianta/sezione/prospetti/assonometrie…), secondo i criteri delle proiezioni ortogonali e secondo una sequenza logica: da sinistra a destra, dall’alto al basso; essi sono il racconto del progetto e come tale devono poter esser letti. Orientamento disegni: • Tutti i grafici (e in special modo le piante) in tutte le tavole devono essere rappresentati secondo lo stesso orientamento che deve essere sempre indicato con un simbolo semplice e discreto ed eventualmente anche con l’aiuto di un “key plan”. • Identificare i prospetti con riferimento al loro orientamento (prospetto N,E,S,W…) ed eventualmente con riferimento a qualche affaccio significativo (prospetto su via Roma, su cortile, ….) Toponomastica: • In caso di rappresentazioni alla scala superiore a quella dell’edificio (scala di quartiere, urbana, territoriale, ecc.), occorre indicare il nome del luogo geografico oggetto del disegno corredato dalle indicazioni ritenute utili all’orientamento e ad una chiara identificazione dell’area di intervento. Bordi - confini: • Tutti i grafici devono “finire” per cui occorre sempre definire dei confini coerenti con gli scopi della rappresentazione per tutti gli elaborati. Bordi – riquadri: • L’area di progetto deve essere evidenziata su tutti gli elaborati. • Riferimenti, riquadri, indicazioni di zoom devono avere corrispondenza reciproca. Scritte: • I caratteri, la dimensione e lo stile delle scritte devono essere sempre uguali e proporzionati alla gerarchia delle informazioni (titolo tavola, titolo disegni che compongono, didascalie ecc.). • Le scritte (titoli e/o didascalie) devono essere chiaramente relazionate all’oggetto a cui si riferiscono e non devono essere “sparse” per il foglio ma raggruppate in modo logico (prima indicare “che cosa è”, poi le “caratteristiche generali” infine la “caratteristica o denominazione specifica” ecc. / statale / a scorrimento veloce”).


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Simboli: • Utilizzare sempre gli stessi simboli semplici e chiari per indicare il nord, le sezioni, le quote, ecc. Scale grafiche: • I grafici devono contenere informazioni proporzionali alla scala di rappresentazione usata. • Deve esserci coerenza tra la scala di rappresentazione e l’oggetto rappresentato: no agli ingrandimenti con fotocopiatrice/scanner o riduzioni del tipo scalato (“scaled to fit”). Coerenza tra grafici: • Attenzione alla confrontabilità di grafici che trattano argomenti simili. Omogeneità delle informazioni e della grafia: • Prospetti, sezioni, piante devono contenere informazioni omogenee e coerenti, perciò elementi visibili in pianta saranno tali anche in sezione dove saranno rappresentati con la stessa grafia. (Ad esempio: se si disegnano in una sezione orizzontale di un edificio dove i muri con una certa campitura, lo stesso linguaggio deve essere utilizzato anche in un’analoga sezione verticale, in cui gli stessi muri dovranno apparire con la medesima campitura). • Naturalmente, quanto più il disegno sarà in scala di dettaglio (1:501:20-1:5), tanto più le campiture corrisponderanno alle caratteristiche fisiche dell’oggetto rappresentato attraverso l’adozione di un linguaggio grafico progressivamente tendente al tipo “iconico”. Sezioni: • Le sezioni devono essere fatte in posizioni significative in modo da “dire” qualche cosa che non si vede in pianta (rapporti tra edifici, passaggi, altezze, ecc.) ed estese in modo da consentire un confronto tra l’oggetto del progetto e il suo intorno. • Ci deve essere corrispondenza tra le linee di sezione e le sezioni stesse. • Indicare sempre in modo chiaro in tutte le piante la traccia del piano di sezione che individua il “limite” della sezione. • Le sezioni si indicano convenzionalmente in un modo solo: con coppie di lettere di cui una apostrofata (A-A’, B-B’.....). 47


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• Le piante sono delle sezioni orizzontali dell’edificio eseguite ad una quota convenzionale di +120 cm. A questa quota si intercettano quindi le finestre poste ad altezza normale (il cui davanzale è a quota +100 cm ed è quindi visibile in un piano inferiore a quello di sezione dei serramenti) ed i primi 6-7 gradini delle scale che salgono al piano superiore e tutti i gradini provenienti dal piano inferiore (gli unici ad essere quindi disegnati, mentre il resto della scala è, al massimo indicato con un tratteggio che ne rappresenta la proiezione). Convenzioni grafiche: • Segnare in modo chiaro le linee di proiezione e quelle di sezione. • Il linguaggio convenzionale richiede che si presti attenzione allo spessore delle linee: linea spessa = sezione, linea sottile = proiezione. Linea normale = contorno oggetti in vista • Utilizzare in modo appropriato campiture per individuare i vuoti e i pieni: campitura entro perimetro in linea spessa = sezione, campitura sottile entro perimetro in linea sottile = proiezioni con specificazione del materiale. • Operativamente: prima tracciare linee di costruzione sottili; poi “arricchire” progressivamente il disegno, specificando con le linee spesse le tracce dei piani di sezione e lasciando sottili le parti in proiezione. Geometria: • Le assonometrie e le prospettive devono essere costruite rigorosamente attraverso l’utilizzo delle regole geometriche. Colori: • Per gli oggetti architettonici adottare solo rappresentazioni al tratto in bianco e nero con eventuale uso di retini nelle sfumature del grigio per campire i piani di sezione e evidenziare le ombre in prospetto. • Usare i colori solo se indispensabili e solo in seconda istanza limitandone l’uso, di norma, agli schizzi, alle rappresentazioni schematiche, tematiche e prospettiche. • In tal caso però tenete comunque sempre conto della gerarchia dei “fatti” da rappresentare: la scelta dei colori deve essere fatta in rapporto alle categorie da rappresentare.


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“fatti” da rappresentare: la scelta dei colori deve essere fatta in rapporto alle categorie da rappresentare. • Rispettare le scelte di colore quando sono presenti grafici alle diverse scale che riguardano il medesimo oggetto, non indicate perciò con colori diversi la stessa categoria su tavole diverse. • Curate la coordinazione tra colori e contenuto nei disegni che compongono la tavola. • Applicare i colori per rappresentare con coerenza fatti diversi. Usare perciò campiture continue per le aree, linee (continue, tratteggiate ecc.) per elementi lineari, punti o simboli per elementi puntuali. Legende: • Tutti i segni (simboli, colori, concetti...) utilizzati nelle tavole devono essere resi espliciti attraverso una legenda. • La legenda deve essere posizionata in relazione al grafico corrispondente; deve essere leggibile e realizzata con la stessa grafia e con i colori utilizzati nel resto della tavola. • Le informazioni devono essere coerenti e organizzate gerarchicamente: vanno perciò individuate categorie principali e sottocategorie ed occorre domandandosi sempre se la voce individuata appartenga alle categorie già individuate o ad una nuova. (Ad esempio: in una carta tematica delle destinazioni d’uso prevalenti, non ha senso mettere nella stessa legenda le aree a verde e le aree di uso pubblico, in quanto le aree verdi possono essere sia pubbliche che private. Semmai, occorrerà distinguere le aree verdi pubbliche da quelle private, oppure le altre aree libere in generale, specificando poi quali aree libere sono sistemate a verde e quali, magari a zona pedonale, distinguendole poi ulteriormente tra pubbliche e private). Linguaggio e tecniche grafiche: • Usare in modo opportuno il linguaggio iconico e quello simbolico. (Ad esempio, è inutile rappresentare con eccessiva precisione fatti che non si conoscono in modo adeguato. Lo stesso vale per le tecniche grafiche: gli spessori delle linee devono essere adeguati alla precisione che si è in grado di garantire)

Si ringrazia il prof. Andrea Rolando del Politecnico di Milano, cui si deve l'idea della check-list, per aver gentilmente messo a disposizione il testo da cui siamo partiti per elaborare la nostra versione 49


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Note 1.“L’architettura è sempre materia concreta. L’architettura non è astratta, bensì concreta. Un progetto disegnato su carta, non è architettura, ma soltanto una rappresentazione più o meno incompleta dell’architettura, paragonabile allo spartito musicale. La musica ha bisogno dell’esecuzione. L’architettura ha bisogno della realizzazione. E’ allora che il suo corpo prende forma. Ed è sempre corpo sensuale.” P. Zumthor, (2003) pag 56, 2. In contrasto con la precedente perentoria affermazione di Zumthor, nel corso della storia molti autori non hanno affatto attribuito al disegno di architettura lo scopo di predire la forma di oggetti concreti e reali. Piranesi, Boullée, El Lissitzky, Cook e Archigram, Archizoom, Rossi, Eisenman, Purini ad esempio, rifiutandosi di identificare l’architettura con l’opera costruita, hanno infatti utilizzato il disegno come strumento di indagine critica e di esplorazione di ipotesi futuribili. Tuttavia secondo un autorevole punto di vista (A. Rossi (2005) pag. XXXII) nemmeno in questi casi l’atteggiamento degli autori potrebbe essere ascritto al puro ambito dell’utopia e dell’astrazione perché ciò che essi descrivono non sarebbero ipotesi progettuali astratte e prive di concretezza, bensì frammenti di una realtà concreta popolata di “opere difficili”, di architetture ipoteticamente possibili che incontrano, per essere realizzate in assoluto o in un dato momento storico, notevoli difficoltà di carattere economico e sociologico. 3. Ambiti disciplinari come la matematica o la chimica ad esempio che utilizzano per trasmettere i propri contenuti sistemi di simulazione espressione di codici basati su sistemi convenzionali complessi (le equazioni differenziali o le formule chimiche ad esempio), sono evidentemente privi di capacità comunicativa immediata e risultano molto più selettivi nei confronti dei loro destinatari e totalmente incomprensibili a chi non abbia affrontato periodi di istruzione estremamente specializzata. 4. “Un immagine non si legge in inglese, in russo o in francese. Si legge e basta” G. Sartori (2008), pag 5 5. “La differenza fondamentale che sussiste tra un disegno “funzionale” (il cui compito puramente strumentale può riguardare la trasmissione di alcune informazioni relative alle proprietà visibili, ad alcuni aspetti tecnici e costruttivi di un oggetto, quanto quella di visualizzare dei dati logici) e un disegno autonomo, quale espressione artistica in sé finita e indipendente, risiede nel fatto che il primo genere di disegno è strutturato secondo una sempre più settoriale forma di decodificazione del segno grafico, una sorta di norma grafica; mentre il disegno cosiddetto “artistico” richiede un approccio opposto di continua trasgressione e invenzione della forma grafica del segno, un’incessante ricerca verso sempre nuove possibilità espressive … In sintesi il disegno artistico svolge una funzione meramente espressiva, mentre il disegno funzionale è tale in quanto è predisposto per svolgere una singola funzione per volta: descrittiva, operativa, tassonomica, illustrativa …” G. Di Napoli (2004) pag. 441 6. O piuttosto per l’intrinseca natura dei processi percettivi umani, come sostiene la teoria della percezione elaborata all’inizio del XX secolo dalla psicologia della Gestalt (o psicologia della Forma), secondo cui la competenza in campo percettivo deriva da una organizzazione presieduta dal sistema nervoso che consente di attribuire senso e compiutezza alle immagini in modo immediato e indipendente dall’influenza dell’apprendimento e dell’esperienza personale . 7. La comunicazione è strutturata come una catena. Il primo anello, elemento chiave di emissione del messaggio, è l’ EMITTENTE , il quale, attraverso un CANALE DI EMISSIONE, invia il corpo della conversazione, il MESSAGGIO , che a sua volta contiene un REFERENTE , o argomento ed è strutturato secondo un CODICE . Infine, attraverso un CANALE DI RICEZIONE, il


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RICEVENTE , recepisce il messaggio inviato dall’emittente. 8. Ackerman (2003), capitolo 12 9. Ovviamente qui ci stiamo riferendo solo a quella specifica area dell’espressione grafica connessa con la progettazione architettonica, il cui scopo è quello di comunicare in modo chiaro ed intellegibile il contenuto dei messaggi grafici a committenti, decisori, realizzatori, ecc. Esistono altri campi – quello dell’arte ad esempio - in cui invece l’uso del linguaggio grafico può risultare tanto più interessante ed utile quanto più risultano ambigui e aperti i significati veicolati attraverso tale mezzo. In questo caso le regole vengono spesso deliberatamente ignorate o assunte come elementi da sovvertire poeticamente per indagare confini ignoti dell’espressione grafica determinando condizioni di spaesamento e di spiazzamento dello spettatore. 10. Recht (2001),cap. VII e Ackerman (2003), capitolo 2 11. In estrema sintesi, la cultura prodotta e diffusa nell’arco di alcune centinaia di anni da istituzioni e strutture di formazione e organizzazione del sapere tecnico quali le Gilde, le Accademie e le Scuole Politecniche. 12. Oggi sostituita dal d.lgs 163/2006 13. Avallando in tal senso il processo di affermazione delle Società di Ingegneria e dei General Contractors come interlocutori privilegiati della grande committenza e come motori di un processo di trasformazione della professione del progettista in campo edile caratterizzata dalla spinta alla concentrazione e alla specializzazione delle strutture professionali e dalla speculare emarginazione dai grandi processi di trasformazione urbana della figura dell’ “architetto-artista” progressivamente destinata a gestire frazioni residuali della produzione edilizia totale. 14. Cfr. Titolo II, Capo I, articoli 14-43 del D.P.R. 5 ottobre 2010/207 per una conoscenza del dettaglio dei contenuti e degli elaborati specifici di ciascuna fase progettuale. 15. Scansione introdotta dalla legge 143/1949 “ Approvazione della tariffa professionale degli ingegneri ed architetti”. 16. In realtà questa fase, che potremmo con buona approssimazione assimilare a quella di messa a punto dell’idea e del contenuto del progetto che tradizionalmente caratterizza l’inizio del processo progettuale, è stata normata in modo chiaro solo recentemente dall’art. 14 del Regolamento dei Lavori Pubblici (D.P.R. 5 ottobre 2010/207) approvato nel dicembre 2010. 17. Cfr. commi 3,4,5 dell’art. 93 del DLgs 163/2006. 18. La L. 194 e le sue successive modificazioni non fanno mai riferimento al termine “Architettura” né sembrano interessate a regolare gli aspetti che dovrebbero stare più a cuore agli architetti: la qualità del progetto, l’espressività, il valore formale ecc. A questa lacuna hanno invano cercato di porre rimedio l’istituzione nel 2001 della ormai abolita “Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea” (DARC) presso il Ministero dei Beni Culturali e un decreto legge del 2003 sulla “Qualità in Architettura” mai approvato dal Parlamento. 19. C. Olmo, (2010), pag.81. 20. Un’altra manifestazione della sottostima dell’importanza determinante della fase ideativa iniziale è rappresentato dalla mancata regolamentazione dei tempi minimi di progettazione che autorizza un’eccessiva compressione del tempo di ideazione nei concorsi per i lavori pubblici e negli incarichi privati.

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21. Vedi in particolare nella Riflessione n 1, il passo di Campo Baeza. 22. Sul ruolo dell’oblio nella progettazione si veda : Purini (2000) pag. 34 e Tosoni (2008) pag. 33 23. Ovviamente non sono così ingenuo da non sapere che oggi le condizioni del mondo del lavoro impongono anche agli architetti tempi rapidi di reazione e tempi strettissimi di realizzazione dei propri progetti, ma sono altrettanto convinto che tale capacità possa essere acquisita solo con l’esperienza. Diversamente essa è frutto di un innato talento che non ha bisogno di alcun addestramento o – come capita più facilmente – di arroganza supportata da una sterile approssimazione. 24. Purini (2007), pag. 33 25. Purini (2007), pag. 41 26. Una buona guida per apprendere i rudimenti del disegno a mano libera d’architettura è il libretto di S. Bracco (2001); per un approfondimento teorico-pratico della tecnica del disegno artistico può essere invece utile il testo di J. Ruskin (2009)./ 27. Tentativi positivi in tal senso sono già realizzati dai programmi BIM (Building Informatic Modelling) che consentono un controllo integrato delle operazioni progettuali dallo schizzo alla realizzazione, ma la loro applicazione – nelle versioni più avanzate e performanti - è ancora limitata a progetti di estrema complessità e di elevato valore economico. Un programma di questo tipo è stato ad esempio utilizzato da F. Ghery nello sviluppo del recente progetto della Beckam Tower a New York, (cfr. «Casabella», n. 797/2011, pagg. 8-19) 28. Per questo tipo di scopo, gli esercizi suggeriti in E. Mari (2008) possono risultare utili. 29. “Comporre è come giocare a scacchi. Occorre pensare a lungo prima di fare la mossa di apertura perché se questa non è esatta, se non è quella proprio necessaria o, se si vuole, se essa non fa parte di un ristretto numero di scelte compatibili con il programma prefissato, bisogna ripartire da capo.” Purini (2000), pag. 12. 30. Purini (2000) pag.12 31. In casi eccezionali l’approfondimento può essere ancora maggiore; è il caso ad esempio del “Progetto Preliminare” del grattacielo della Fondazione Intesa-San Paolo a Torino sviluppato per talune parti addirittura alle scale 1/100 e 1/50 (cfr. Catalogo della mostra: ”Un grattacielo per la spina. Torino 6 progetti su una centralità urbana. 27.10.2007 al 13.01.2008 – Palazzo Madama”, Umberto Allemandi & C., Torino, 2008). 32. Sul significato e l’uso delle rappresentazioni simboliche e iconiche, vedi A. Rolando (2008), pag.23-32 33. Per il “Progetto Definitivo” valgono in modo specifico le raccomandazioni della Check-list contenuta nell’allegato a questa riflessione. 34. La rivista on line www.evolo.us in cui sono presentati esclusivamente immagini di edifici realizzati con l’utilizzo - spesso magistrale - di programmi di rappresentazione virtuale manifesta al massimo grado questo livello di ambiguità. L’obiettivo editoriale, non dichiarato ma evidente, appare infatti quello di dar forma ad un universo iconicamente omogeneo, completamente autoreferenziale, collocato in uno spazio parallelo a quello della realtà concreta e popolato da architetture dalle forme tanto fantastiche e immaginifiche quanto irrealizzabili.


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35. La legge consente gare di affidamento separato per i vari livelli di progettazione, mentre in caso di appalto concorso, di realizzazione in concessione o di project financing, affida addirittura alla ditta esecutrice il compito di sviluppare il progetto definitivo e esecutivo. 36. La tipologia dei soggetti nei quali si concentra la fase creativa del processo progettuale in edilizia sta rapidamente mutando. Oltre alle grandi firme dell’architettura che tradizionalmente si sono sempre ritagliate la “parte buona” del lavoro delegando quella noiosa a studi satelliti, assistiamo oggi all’entrata in scena di nuovi protagonisti. Da un lato strutture professionali specializzate nello sviluppo di lay-out e progettazioni preliminari di infrastrutture complesse (aeroporti, ospedali, porti, grattacieli, ecc.); dall’altra uffici tecnici delle amministrazioni locali e centrali che producono “in house” progetti di opere pubbliche appaltando all’esterno solo le fasi di ingegnerizzazione. Questo secondo fenomeno - tipico della situazione italiana – è legato ad una miope rincorsa al risparmio e alla possibilità per i responsabili dei procedimenti di accedere ad incentivi economici previsti dalla norma in caso di responsabilità progettuale. Il diffondersi della procedura è purtroppo causa dell’immissione sul mercato della progettazione di soggetti spesso impreparati e inadeguati culturalmente - con grave danno per la qualità media delle opere pubbliche – e la simmetrica estromissione dallo stesso mercato di soggetti certo più adatti e preparati al compito che, invece di partecipare alla concezione delle opere pubbliche – magari attraverso una severa selezione operata con i concorsi di progettazione – sono costretti ad affinare idee altrui e a svolgere opera di supplenza progettuale non remunerata per ovviare, anche radicalmente, ai frequenti errori presenti nei progetti degli uffici tecnici o per assegnar loro qualche valore formale.

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* Tutte le immagini e le citazioni che accompagnano il percorso bibliografico sono rigorosamente estratte e prelevate dalla rete in nome di una non meglio identificata Open Source Architecture (OsArch) sviluppatasi dall’avvento del World Wild Web ad oggi. L’invito è quello di indagare, di rubare a vostra volta.


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Rifle s s i o n i * Enrico Giacopelli /// Compendio al Corso di Composizione Architettonica ////////////////////// Facoltà di Architettura /// Politecnico di Torino //////////////////////////////////////////////////////

* Enrico Giacopelli (1959), architetto, parallelamente all’attività professionale svolge attività di ricerca e di docenza in campo universitario ed extrauniversitario, contribuendo ad orientare la propria attività professionale verso temi che comportano un approfondimento metodologico e una riflessione sui riferimenti storici dell’agire professionale. Ha sviluppato attorno al tema della conoscenza, della salvaguardia e della valorizzazione del patrimonio architettonico moderno parte della propria attività professionale attraverso progetti di restauro e recupero, approfondimenti scientifici, consulenze e attività di animazione culturale.Tra gli esiti di tale azione: la catalogazione del patrimonio dell’architettura moderna di Ivrea / la redazione delle Normative di Salvaguardia dell’architettura Moderna di Ivrea / la consulenza al Nuovo PRG di Ivrea relativa al tema dell’architettura moderna / la progettazione del MaAM / la consulenza per il restauro del Quartiere Canton Vesco / il restauro delle Officine ICO di Figini e Pollini / la consulenza per la conservazione del Centro Congressi La serra di Cappai e Mainardis. Al restauro delle Officine ICO sono stati assegnati nel 2009 la Menzione d’Onore “Medaglia d’oro all’architettura italiana” della Triennale di Milano e il “Premio In-Arch”. È professore a contratto di Composizione Architettonica presso la II Facoltà di Architettura di Torino ed è coordinatore e docente della “International Summer School of Ivrea”.


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